Per quanto tempo
possiamo vivere con la consapevolezza che la nostra esistenza dipende dal
sangue. Quando ci chiederemo se non ci sia davvero alternativa a un Paese di
sangue?
Israele si sta trasformando, con una velocità allarmante,
in un Paese che vive di sangue. I Crimini quotidiani dell’Occupazione sono già
meno rilevanti. Nell’ultimo anno è emersa una nuova realtà di Uccisioni di
Massa e Crimini di portata completamente diversa. Siamo in una realtà Genocida;
è stato versato il sangue di decine di migliaia di persone.
Questo è il momento in cui tutti gli israeliani
dovrebbero chiedersi se sono disposti a vivere in un Paese che si nutre di
sangue. Non si dica che non c’è scelta, ovviamente c’è, ma prima dobbiamo
chiederci se siamo disposti a vivere in questo modo.
Noi, gli israeliani, siamo disposti a vivere nell’unico
Paese al mondo la cui esistenza è fondata sul sangue? L’unica visione diffusa
in Israele ora è quella di vivere da una guerra all’altra, da uno spargimento
di sangue all’altro, da un Massacro all’altro, con intervalli il più possibile
distanziati.
Non c’è nessun’altra visione sul tavolo. Le persone
fiduciose promettono lunghi intervalli, mentre la destra promette una realtà
intrisa di sangue permanente: Guerra, Uccisioni di Massa, sistematica
violazione del Diritto Internazionale, uno Stato reietto, che si ripete in un
ciclo infinito.
I palestinesi continueranno a essere Massacrati e gli
israeliani continueranno a chiudere gli occhi? Difficile da credere. Verrà un
tempo in cui molti israeliani apriranno gli occhi e riconosceranno che il loro
Paese vive di sangue. Senza spargimento di sangue, ci viene detto, non
esistiamo, e facciamo pace con questa orribile realtà.
Non solo crediamo che un Paese del genere possa esistere
per sempre, siamo convinti che senza il tributo di sangue, non esisterebbe.
Ogni tre anni, un Massacro a Gaza, ogni quattro anni, in Libano. Nel mezzo, c’è
la Cisgiordania e, occasionalmente, una sortita di sangue verso obiettivi
aggiuntivi. Non esiste nessun altro Paese come questo al mondo.
Il sangue non può essere il carburante del Paese. Proprio
come nessuno immaginerebbe di guidare un’auto alimentata a sangue, non importa
quanto economica, è difficile immaginare 10 milioni di residenti disposti a
vivere in un Paese che si alimenta con il sangue. La guerra a Gaza è un punto
di svolta. È così che continueremo?
I media cercano di convincerci che questa sia una necessità. Attraverso campagne che demonizzano e disumanizzano i palestinesi, un coro unito e mostruoso di commentatori ci sta vendendo con successo l’idea che possiamo vivere per l’eternità di sangue. “Falceremo l’erba” a Gaza ogni due anni, giustiziaremo generazioni dopo generazioni di giovani oppositori del Regime, imprigioneremo decine di migliaia di persone nei Campi di Concentramento, espelleremo, abbatteremo, esproprieremo e, naturalmente, uccideremo, ed è così che vivremo: nel Paese del sangue.
Abbiamo già Massacrato il popolo palestinese. Abbiamo
iniziato con l’Uccisione di Massa a Gaza, e ora ci siamo concentrati sulla
Cisgiordania. Anche lì verrà versato sangue a fiumi, se nessuno fermerà il
Massacro. L’uccisione è sia fisica che emotiva. Ora non rimane più nulla di
Gaza.
I detenuti, gli orfani, i traumatizzati, i senzatetto,
non torneranno mai più a essere ciò che erano. I morti di certo non torneranno.
Ci vorranno generazioni perché Gaza si riprenda, se mai ci riuscirà. Questo è
Genocidio, anche se non soddisfa la definizione legale. Un Paese non può vivere
di una simile ideologia, certamente non quando intende continuare a esistere.
Supponiamo che il mondo continui a permetterlo. La domanda
è se noi, gli israeliani, siamo disposti a permetterlo. Per quanto tempo
possiamo vivere con la consapevolezza che la nostra esistenza dipende dal
sangue. Quando ci chiederemo se non ci sia davvero alternativa a un Paese di
sangue? Dopotutto, non c’è nessun altro Paese come questo.
Israele non ha mai seriamente provato un altro modo. È
stato programmato e diretto a comportarsi come un Paese che vive di sangue,
ancora di più dopo il 7 ottobre. Come se quel giorno terribile, dopo il quale
tutto è lecito, avesse suggellato il suo destino di Paese di sangue.
Il fatto è che non è stato sollevato alcuna altro
argomento per la discussione. Ma un Paese di sangue non è un’opzione, proprio
come un’auto alimentata a sangue non è un’opzione. Quando ce ne renderemo
conto, inizieremo a cercare le alternative, anche solo per mancanza di altre
opzioni. Sono lì e aspettano un giro di prova. Possono sorprenderci, ma nella
realtà attuale è impossibile anche solo suggerirle.
Gideon Levy è editorialista di Haaretz e membro del
comitato editoriale del giornale. Levy è entrato in Haaretz nel 1982 e ha
trascorso quattro anni come vicedirettore del giornale. Ha ricevuto il premio
giornalistico Euro-Med per il 2008; il premio libertà di Lipsia nel 2001; il
premio dell’Unione dei giornalisti israeliani nel 1997; e il premio
dell’Associazione dei Diritti Umani in Israele per il 1996. Il suo ultimo
libro, La punizione di Gaza, è stato pubblicato da Verso.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org