Rider, non c’è limite al peggio - Roberto Lamacchia
Sembra che non ci sia limite al peggio!
Nel mondo del lavoro stiamo assistendo ad avvenimenti gravissimi, che mettono
in discussione principi consolidati in tema di diritti.
Conosciamo tutti il fenomeno della
consegna di cibo e altro a domicilio, che ha creato un settore assai florido
dell’economia, fortemente rafforzato in questo periodo dal lockdown determinato
dalla pandemia da Covid-19. Sono sorte, così, numerose imprese che hanno
saturato il mercato e che hanno fatto ricorso all’attività lavorativa dei più
disperati tra coloro che cercano un lavoro.
Uber, Glovo, Deliveroo, Eats sono nomi
che abbiamo imparato a conoscere e, in particolare, abbiamo imparato a
conoscere i giovani che con le pettorine delle varie aziende, scorrazzano per
le città, con qualunque tempo per consentirci di approvvigionarci di cibo. Si
è, così, venuta a creare una forma di rapporto di lavoro sconosciuta in
precedenza e che aveva e ha bisogno di una classificazione.
Per lungo tempo, i rider, o
ciclofattorini, sono rimasti privi di tutela ed esposti alle decisioni del
datore di lavoro, sia in punto retribuzione che in tema di salvaguardia dei
loro diritti (alla salute, all’incolumità, alla previdenza). Lentamente, poi,
hanno cominciato a organizzarsi e a rivendicare i loro diritti.
È nota la sentenza della Corte di
Cassazione, Sezione Lavoro del 24 gennaio 2020 n. 1663 (https://volerelaluna.it/lavoro-2/2020/02/11/i-riders-hanno-diritto-a-tutte-le-tutele-del-lavoro-subordinato-parola-di-cassazione/) che ha
definitivamente risolto il contenzioso tra lavoratori rider di Uber e società,
stabilendo che a essi doveva essere applicata la normativa del rapporto di
lavoro subordinato, indipendentemente dalla qualificazione giuridica (rapporto
di lavoro autonomo o subordinato) loro attribuita. Recente è, poi, l’azione
della Procura della Repubblica e del Tribunale di Milano che ha commissariato
Uber Italy e ha emesso vari provvedimenti cautelari nei confronti dei
responsabili aziendali della società per il reato di intermediazione illecita e
sfruttamento del lavoro, oltre a vari reati fiscali: il manifesto del
13 ottobre 2020 pubblicava un articolo dal titolo esaustivo della situazione
“Uber sfruttava rider disperati a tre euro l’ora”.
Intanto le aziende del settore si sono
riunite in un’associazione sindacale, denominata Assodelivery e analogamente le
organizzazioni sindacali dei lavoratori hanno cominciato, sia pur tardivamente,
a occuparsi del problema. È nato, così, su iniziativa del Governo, intervenuto
per trovare una soluzione al problema che si faceva incandescente, un tavolo
sindacale, una sorta di osservatorio permanente, presieduto dal Ministro del
lavoro e composto dai rappresentanti dei datori di lavoro e delle organizzazioni
sindacali dei lavoratori più rappresentative. Ed è iniziata un’intensa attività
negoziale: nelle more della stipula di un contratto collettivo nazionale per il
settore, si è prevista l’applicazione del CCNL del settore Logistica, il più
simile per il tipo di attività, all’attività di consegna di cibo a domicilio.
Fin qui, tutto bene, nel senso di una normale dialettica tra datori di lavoro e
lavoratori, con l’intermediazione del Governo.
Ma a questo punto è nata l’iniziativa
che mi ha portato a scrivere «sembra che non ci sia limite al peggio»! Infatti,
mentre si svolgeva la trattativa al tavolo organizzato dal Ministro del Lavoro,
Assodelivery ha iniziato una trattativa segreta e parallela con
un’organizzazione sindacale, l’UGL che non risulta «comparativamente più
rappresentativa sul piano nazionale» rispetto a CGIL, CISL e UIL, firmatarie di
quel contratto collettivo nazionale Logistica di cui si era stabilita
l’adozione provvisoria. Tale trattativa ha portato alla stipula di un
«contratto collettivo nazionale per la disciplina delle attività di consegna di
beni per conto altrui, svolto da lavoratori autonomi, c.d. rider», contratto
che è stato trasmesso al Ministero il 16 settembre 2020.
Il Ministero ha risposto il giorno
successivo con una durissima lettera con la quale contestava la validità e la
legittimità di quel contratto perché non rispettava i parametri di legge, non
era sottoscritto dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello
nazionale, prevedeva un compenso legato al numero di consegne, a cottimo, contra
legem, non prevedeva un compenso minimo garantito e conteneva la
qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo, mentre tale potere di
determinazione spetta solamente al giudice. Anche le organizzazioni sindacali
CGIL, CISL e UIL hanno contestato l’atteggiamento inaccettabile di
Assodelivery, definendo quel contratto una «finta operazione di miglioramento
delle condizioni di lavoro dei rider» che riconduceva al cottimo l’attività di
quei lavoratori, cui non verrebbero retribuite malattia, tredicesima, ferie e
maternità.
In tale situazione di palese violazione
di norme e di specifiche indicazioni provenienti anche dal Ministero, si
inserisce, ora ‒ ed è l’aspetto che maggiormente indigna e segna il passaggio
della vicenda da questione giuslavoristica a fattispecie penale ‒ il
comportamento di una delle associazioni del settore, Deliveroo Italy, che ha
inviato a tutti i lavoratori suoi collaboratori, circa 8000 (!), una
e-mail in cui comunica l’avvenuta adozione del CCNL Assodelivery-UGL, che
entrerà in vigore il 3 novembre 2020, affinché coloro che intendono proseguire
la loro attività con Deliveroo firmino un nuovo contratto che ne recepisca le
direttive. La e-mail Deliveroo conclude: «Se non firmerai il nuovo contratto di
collaborazione entro il 2 novembre, a partire dal giorno 3 novembre non potrai
più consegnare con Deliveroo poiché il tuo contratto non sarà più conforme alla
legge. Se non desideri continuare a consegnare con Deliveroo secondo i termini
previsti dal CCNL, questa e-mail costituisce il preavviso formale della
risoluzione del tuo attuale contratto che terminerà il giorno 2 novembre 2020»!
Dunque, davvero non c’è limite al
peggio! Si tratta, all’evidenza, di un comportamento che contiene un’aperta
minaccia a lavoratori che si trovano notoriamente in condizioni di grave
disagio economico e sociale: o firmi questo contratto o sei licenziato!
Non solo vi è un comportamento che pare
contenere tutti gli elementi del reato di estorsione, quanto meno nella
forma (attuale) del tentativo, ma si tenta, attraverso questo escamotage
contrattuale, di capovolgere il principio storicamente radicato in campo
sindacale per cui il Sindacato acquisisce la rappresentanza dei lavoratori e
poi stipula il CCNL; invece, così facendo, prima si firma il contratto
individuale di lavoro e poi si ottiene l’adesione di fatto dei lavoratori
all’organizzazione sindacale firmataria del CCNL. Insomma, una situazione che
merita di essere combattuta sotto tutti i punti di vista, sia sotto quello
della tutela dei diritti dei lavoratori, sia sotto quello del rispetto della
rappresentatività sindacale e del rapporto tra lavoratori e organizzazioni
sindacali.
A fronte di ciò l’associazione
“Comma2-Lavoro è Dignità” (composta prevalentemente da avvocati e docenti
universitari operanti nel campo del diritto del lavoro) ha ritenuto
imprescindibile intervenire nella sua qualità di associazione che ha, tra gli
scopi statutari – sul presupposto che «l’iniziativa economica privata non possa
svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla
sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (art. 41 comma 2) e che sia compito
della Repubblica tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni al
fine di affermare e regolare i diritti del lavoro (art. 35)» – quello di
«promuovere e tutelare i diritti dei lavoratori». Conseguentemente ha deciso di
presentare in numerose Procure della Repubblica, attraverso alcuni suoi
iscritti, esposti-denuncia volti a far verificare dall’autorità giudiziaria se
si ravvisino nel comportamento di Deliveroo Italy gli elementi tipici della
fattispecie del reato di estorsione, elementi che possono essere indicati nella
presenza evidente della minaccia di licenziamento, nel profitto ingiusto che
deriverebbe all’azienda che potrebbe applicare un contratto a lei più
favorevole e nel corrispondente ingiusto danno per i lavoratori.
Gli esposti-denuncia sono stati, ad
oggi, presentati presso le Procure di Torino, Roma e Napoli e saranno seguiti
da altre denunce depositate anche a Bologna, Milano e Firenze. La ragione della
presentazione presso più Procure risiede nella difficoltà di individuare con
certezza la Procura competente territorialmente che, ad oggi, pare ravvisabile
nel luogo in cui ogni lavoratore ha ricevuto la e-mail di minaccia.
Spetta ora all’Autorità Giudiziaria
verificare la sussistenza del reato e la competenza territoriale.
Sembra che la notizia del comportamento
di Deliveroo Italy abbia destato l’attenzione non solo delle organizzazioni
sindacali più rappresentative, ma anche di alcune forze politiche, che hanno
preannunciato la presentazione di interpellanze sul punto. A queste future
iniziative si deve aggiungere la sperabile opposizione alla iniziativa di
Deliveroo Italy da parte del Ministro e del Governo, che appare probabile alla
luce della durissima lettera con cui il Ministero ha stigmatizzato il
comportamento di Assodelivery.
Una volta tanto, e di fronte al peggio
del peggio, attendiamo fiduciosi gli sviluppi.
Nel video viene raccontata la storia di un piccolo gruppo di fattorini di Madrid i quali, dopo aver lavorato per Deliveroo, Glovo e altre aziende della gig economy, si stancano di paghe basse e condizioni di lavoro inadeguate (tuo il mezzo di lavoro; assenza di diritto alla malattia e all’infortunio, eccetera). Consapevoli del ruolo assunto dalla consegna di cibo a domicilio nelle città in lockdown, hanno creato una piattaforma digitale cooperativa autonoma, la Pájara Ciclomensajería, clonando il software delle multinazionali e distribuendolo come software libero ad altre cooperative.