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domenica 15 maggio 2016

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si deposita

quando il 5 febbraio 2003 Colin Powell faceva la sceneggiata all'Onu con quelle poche gocce di sostanza bianca in una provetta è scoppiata una guerra.
da noi l'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha pubblicato l’edizione 2016 del Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque (qui il documento completo), su dati del 2013 e 2014, nel quale si legge che "le sostanze più vendute, oltre ai pesticidi inorganici, come lo zolfo e i composti del rame, sono 1,3-dicloropropene, glifosate, mancozeb, metam-sodium, fosetil-aluminium, clorpirifos, con volumi annui superiori alle 1.000 tonnellate"
1000 tonnellate, non una provetta, vere armi di distruzione di massa, praticamente un lento omicidio di tutti noi.
e solo per i profitti dei soliti, per produrre sempre di più, incassare soldi con le eccedenze di produzione, produrre ogm e crescere animali bionici.
per capire gli effetti del glisofato si legga fino in fondo.
già oggi succede tutto questo, il TTIP prossimo venturo sarà una marcia verso qualche tipo d'inferno (come ricorda qui Susan George).
abbiamo fatto le guerre peggiori, attaccando paesi e popoli che non ci hanno invaso, fregandocene della Costituzione italiana.

sappiamo chi e come ci sta uccidendo, per mezzo del cibo e dell'acqua, chi e come sta invadendo, giorno dopo giorno, i nostri corpi, questa sì che sarebbe una guerra giusta contro gli invasori, ma nessuno la dichiara.


dice il Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque*:
I pesticidi non sono un’invenzione recente, l’uso più antico documentato risale all’incirca al 2500 a.c. quando i Sumeri si cospargevano con composti di zolfo nella convinzione che l’odore avrebbe allontanato gli insetti. Il papiro di Ebers, il più antico documento medico noto (1550 a.c.), descrive oltre 800 ricette degli Egizi, molte contenenti sostanze riconoscibili come veleni e pesticidi. Omero descrive come Ulisse abbia "fumigato l’ingresso, la casa e il cortile bruciando zolfo", attestando che l’uso dei pesticidi era noto anche nell’antica Grecia. Per secoli l’uomo ha utilizzato sostanze chimiche per difendersi da agenti patogeni, e successivamente, soprattutto dal 1800, nelle pratiche agricole. Il ricorso massiccio alla chimica di sintesi, dopo la seconda guerra mondiale, ha sostituito quasi del tutto altre pratiche di controllo delle avversità agronomiche. La presa di coscienza delle conseguenze negative dell’uso delle sostanze chimiche: persistenza ambientale, trasporto nel lungo raggio, tossicità anche per gli organismi non bersaglio e per l’uomo, ha portato in tempi recenti allo sviluppo della difesa fitosanitaria integrata, con il ricorso a pratiche più ecosostenibili e l’obiettivo di minimizzare l’uso di sostanze chimiche.

Essendo concepiti per combattere organismi ritenuti dannosi, i pesticidi possono comportare effetti negativi per tutte le forme di vita. In seguito all’uso, in funzione delle caratteristiche molecolari, delle condizioni di utilizzo e di quelle del territorio, possono migrare e lasciare residui nell’ambiente e nei prodotti agricoli, con un rischio immediato e nel lungo termine per l’uomo e per gli ecosistemi.

In Italia in agricoltura si utilizzano ogni anno circa 130.000 tonnellate di prodotti fitosanitari. Ci sono, inoltre, i biocidi impiegati in tanti settori di attività, di cui non si hanno informazioni sulle quantità, manca un’adeguata conoscenza degli scenari d’uso e della distribuzione geografica delle sorgenti di rilascio. Il monitoraggio dei pesticidi nelle acque richiede la predisposizione di una rete che copra gran parte del territorio nazionale, il controllo di un grande numero di sostanze e un continuo aggiornamento reso necessario dall’uso di sostanze nuove.

Il monitoraggio dimostra una diffusione ampia della contaminazione. Pesticidi sono presenti nel 63,9% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali e nel 31,7% di quelle sotterranee, più che nel passato. Le frequenze sono più basse nelle acque sotterranee, ma i pesticidi sono presenti anche nelle falde profonde naturalmente protette da strati geologici poco permeabili. Sono state trovate 224 sostanze diverse, un numero sensibilmente più elevato degli anni precedenti. Indice, questo
soprattutto, di una maggiore efficacia complessiva delle indagini. La contaminazione è più diffusa nella pianura padanoveneta. Questo dipende largamente dal fatto che lì le indagini sono generalmente più rappresentative. Nelle cinque regioni dell’area, infatti, si concentra poco meno del 60% dei punti di monitoraggio dell’intera rete nazionale.

La presenza di pesticidi nelle acque pone la questione delle possibili ripercussioni negative sull’uomo e sull’ambiente. Il confronto delle concentrazioni misurate con i limiti stabiliti dalle norme ci dà indicazioni sulla possibilità di effetti avversi. Il 21,3% dei punti delle acque superficiali ha concentrazioni superiori al limite. Nelle acque sotterranee la percentuale di superamenti è 6,9%. La rete di monitoraggio da cui provengono i dati è finalizzata alla salvaguardia dell’ambiente e non al controllo delle acque potabili, ma, queste ultime, spesso sono prelevate dagli stessi corpi idrici. In caso di contaminazione, pertanto, si rende necessario operare interventi di depurazione.

Per alcune sostanze, più di altre, la contaminazione per frequenza, diffusione territoriale e superamento dei limiti di legge, costituisce un vero e proprio problema, in alcuni casi di dimensione nazionale. Tali evidenze indicano la necessità di un’analisi critica delle attuali procedure di autorizzazione delle sostanze, e richiedono che una corretta valutazione del rischio dovrebbe considerare in modo retrospettivo anche i dati di monitoraggio ambientale.

I dati evidenziano, ancora più che in passato, la presenza di miscele di sostanze nelle acque. È aumentato, infatti, il numero medio di sostanze nei campioni, e sono state trovate fino a un massimo di 48 sostanze diverse contemporaneamente. Dagli studi prodotti finora emerge che la tossicità di una miscela è sempre più alta di quella del componente più tossico. La valutazione del rischio deve, pertanto, tenere conto che l’uomo e gli altri organismi possono essere soggetti all’esposizione
simultanea a diverse sostanze chimiche, e che lo schema di valutazione usato nell’autorizzazione dei pesticidi non è sufficientemente cautelativo riguardo ai rischi della poliesposizione.

Il monitoraggio continua a segnalare una presenza diffusa di pesticidi nelle acque, con un notevole aumento delle sostanze rinvenute e delle aree interessate. Le ragioni sono diverse. In primo luogo c’è il fatto che in vaste zone del paese, solo con ritardo, emerge una contaminazione prima non rilevata da un monitoraggio non adeguato. La causa più preoccupante, però, è la persistenza di certe sostanze, che insieme alle dinamiche idrologiche molto lente (specialmente nelle acque sotterranee) rende i fenomeni di contaminazione ambientale difficilmente reversibili.
da qui  *per i numeri leggere il documento completo

Un fotografo argentino emergente ha deciso di realizzare un reportage di quelli davvero tosti. Come Davide contro Golia, i suoi nemici sono il glifosato e la Monsanto.
Il glifosato, uno degli erbicidi più usati al mondo in campo agricolo, ha effetti devastanti e drammatici sulla salute delle persone che sono costrette a vivere in suo contatto. Questa volta a sostenerlo non è un’organizzazione ambientalista o, meglio ancora, qualche agenzia che fa capo all’Organizzazione mondiale della sanità. Lo dimostra, con immagini e testimonianze, un reportage realizzato da Pablo Ernesto Piovano, un fotografo argentino che nel 2014 ha deciso di documentare la condizione della popolazione del suo paese che lavora o vive nei pressi dei campi coltivati a soia ogm dove si usano dosi massicce di diserbanti.
Il costo umano dei pesticidi
Il reportage si chiama El costo humano de los agrotóxicos, il costo umano dei pesticidi, ed è stato esposto all’edizione 2015 del Festival della fotografia etica di Lodi. Le foto di Piovano sono una denuncia senza appello alla Monsanto, la multinazionale che si è inventata l’accoppiata ogm-Roundup, ovvero la coltivazione di soia geneticamente modificata abbinata all’utilizzo del diserbante Roundup (al quale la soia è resistente) che contiene glifosato.
“Questo lavoro è stato dettato dal mio amore per la natura. Ho lavorato per trovare prove su questa situazione, trascorrendo giorni interminabili da solo con la mia macchina fotografica, viaggiando per oltre seimila chilometri sulla mia auto di vent’anni, per dare il mio contributo affinché tutto questo finisca”, ha dichiarato Piovano a Burn, il magazine dedicato ai fotografi emergenti.
Una breve storia del glifosato
La storia del glifosato inizia negli anni Cinquanta, ma la sua commercializzazione con il nome di Roundup da parte della Monsanto è partita nel 1974 negli Stati Uniti come strumento per liberare i campi agricoli dalle erbacce. Poi la cosa è “sfuggita di mano” quando il glifosato ha iniziato a fare coppia fissa con i cereali modificati geneticamente per resistere al pesticida. Oggi è commercializzato in tutto il mondo e il brevetto è scaduto quasi ovunque, Italia compresa dove è uno dei prodotti fitosanitari più venduti. In Europa sono quattordici le aziende che lo producono.
La scelta sciagurata dell’Argentina
Il dramma argentino ha avuto inizio nel 1996 quando il governo ha deciso di approvare la coltivazione e la commercializzazione di soia transgenica e l’uso del glifosato senza condurre alcuna indagine interna, ma basando la sua decisione solo sulle ricerche pubblicate dalla Monsanto. Da allora, la terra coltivata a ogm è arrivata a coprire il 60 per cento del totale e solo nel 2012 sono stati spruzzati 370 milioni di litri di pesticidi tossici su 21 milioni di ettari di terreno. In quelle stesse terre, i casi di cancro nei bambini sono triplicati in dieci anni, mentre i casi di malformazioni riscontrate nei neonati sono aumentate del 400 per cento. A dir poco incalcolabili i casi di malattie della pelle e i problemi respiratori riscontrati senza motivo apparente nei giovani come negli adulti.
Un terzo degli argentini soffre per colpa del glifosato
Un’indagine recente, secondo quanto riportato da Burn, ha calcolato che 13,4 milioni di argentini (un terzo della popolazione totale) ha subìto gli effetti negativi del glifosato. A fronte di tutto ciò, l’Argentina non ha preso alcuna decisione per bloccare questo dramma, né ha commissionato nuovi studi per capire cosa stia accadendo alla popolazione. Anzi, oggi in Argentina si trovano 22 dei 90 milioni di ettari coltivati a soia ogm nel mondo, secondo quanto riportato dal settimanale tedesco Die Zeit.
Il reportage, però, non è passato inosservato vincendo diversi premi come il Festival internacional de la imagen, in Messico, e si è piazzato al terzo posto del concorso POY Latam, nella categoria “Carolina Hidalgo Vivar el medio ambiente”. Ma l’omertà e la forza di una multinazionale del calibro della Monsanto sono nemici duri da sconfiggere, molto più potenti dell’evidenza e del dolore.