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sabato 10 agosto 2024

Netanyahu e la guerra mondiale - Fabio Marcelli

 

Nonostante decine di migliaia di Palestinesi, in buona parte civili e soprattutto bambine e bambini, siano stati uccisi, sequestrati, violentati e torturati dalle Forze Armate israeliane e centinaia di migliaia costretti a vivere in condizioni disumane di fame, sete e malattia, Israele continua a giovarsi dell’appoggio delle Potenze occidentali. In realtà qualche crepa comincia ad aprirsi intorno e dentro Israele, ma Netanyahu per ottenere un salvacondotto punta a incendiare il mondo.

 

Il Medio Oriente è di nuovo in fiamme. Incendiari sono Netanyahu e l’Occidente, Italia compresa, che lo sostiene. La vera ideologia della destra, ovunque essa si trovi e comunque si mascheri, è la salvaguardia del potere ad ogni costo.

Il criminale internazionale Netanyahu, da qualche tempo al governo di Israele, è la conferma vivente di questo assunto. La sua azione politica è stata sempre ispirata, ben prima degli ultimi drammatici sviluppi iniziati il 7 ottobre dello scorso anno, coll’attacco a Israele di Hamas e di altre organizzazioni politico-militari palestinesi, dalla necessità di annientare una parte del popolo palestinese per espellerne i rimanenti lasciando così campo libero al suo Stato basato sull’affermazione del regime razzista dell’apartheid, con modalità tali da far impallidire col precedente sudafricano.

Dopo il 7 ottobre 2023 il genocidio strisciante si era convertito in genocidio aperto e conclamato, ravvisato dalla Corte internazionale di giustizia nella sua ordinanza del 26 gennaio 2024 e in quelle successive. Israele, forte della costante copertura politica, militare ed economica, degli Stati Uniti, per i quali costituisce un baluardo irrinunciabile nella regione mediorientale, si è sempre fatto beffe del diritto internazionale, ma tale fenomeno ha assunto dimensioni impressionanti dopo il 7 ottobre. Nonostante decine di migliaia di Palestinesi, in buona parte civili e soprattutto bambini, siano stati uccisi, sequestrati, violentati e torturati dalle Forze Armate israeliane e centinaia di migliaia costretti a vivere in condizioni disumane di fame, sete e malattia, Israele continua a giovarsi dell’appoggio delle Potenze occidentali.

L’Italia è tuttora il terzo esportatore di armi a Netanyahu, e una magistratura evidentemente non all’altezza del suo ruolo costituzionale si è di recente negata a bloccare la fornitura degli strumenti di morte al governo genocida, aggrappandosi a pretesto formalistici degni del Porto delle Nebbie di democristiana memoria, e sostenendo che non vi sarebbe documentazione in grado di provare senza ombra di dubbio l’esistenza di quei traffici evidentemente contrari all’art. 11 della nostra Costituzione repubblicana e alla Carta delle Nazioni Unite.

La sconcertante miopia e l’amara impotenza di una magistratura che abdica al suo ruolo di garanzia costituzionale è metafora desolante dell’Occidente che ha creato e alimentato nel suo seno questo cancro, un personaggio mostruoso, un Golem distruttore armato fino ai denti dall’industria bellica occidentale, compresa quella italiana, che oggi l’Occidente non riesce più in alcun modo a controllare e disciplinare. Un pazzo imbottito di nitroglicerina che si sta lanciando a tutta velocità contro la pace mondiale, mentre viene incensato da analisti internazionali, ponendo così le premesse per un inevitabile bagno di sangue nell’area.

Se ne è reso conto perfino Biden, in un ultimo sprazzo di provvisoria e malferma lucidità. Ma è troppo tardi. Il criminale provoca senza sosta l’Iran, Hezbollah, gli Houthi, mentre continua a massacrare senza sosta i Palestinesi, accanendosi con particolare ferocia contro i bambini, perché sa di avere sempre e comunque le spalle coperte. L’Occidente cinico e amorale, con in testa Stati Uniti, Germania e Italia, costituisce il retroterra sicuro del genocidio e della guerra e si fa pilotare dalla sua scheggia impazzita che lo porta a sbattere sul muro di un conflitto sempre più generalizzato e ad affondare sempre più nell’abisso dell’abiezione e della negazione di ogni umanità. Particolarmente negativo il ruolo del governo italiano delle destre che hanno fatto proprio l’operato di Netanyahu, come un’ottantina anni fa i loro padri spirituali coadiuvarono il Terzo Reich e nell’aggressione della Russia e nello sterminio degli Ebrei. Le strette di mani insanguinate tra l’assassino e la signora Meloni lo dimostrano in modo molto plastico e convincente. Né è meglio il Pd delle Picierno e simili, che sostiene che il vero problema non è Israele, ma l’Iran.

Netanyahu è sempre più isolato internazionalmente, ma anche dentro Israele. C’è pertanto del metodo nella sua follia, quello del criminale di qualche film o fumetto di fantascienza che, pur di ottenere un salvacondotto è disposto a distruggere il pianeta intero. Ma non esistono mondi extraterrestri oggi in grado di accoglierlo. Continuerà a spargere morte e distruzione e a costituire una piaga purulenta nella comunità internazionale.

Unica alternativa sarebbe il riconoscimento della Resistenza palestinese che di recente a Pechino ha raggiunto un’importante unità, e quindi la realizzazione del diritto di autodeterminazione di questo popolo con l’immediata fine del genocidio e il ritiro di forze militari di occupazione e coloni da tutti i Territori palestinesi. Ma inutile illudersi che i governi occidentali si muovano in questo senso, ripristinando i diritti violati e scongiurando la catastrofe. Essi infatti non solo sono parte della piaga purulenta, ma costituiscono la base e l’origine dell’infezione, alimentandone nuovi sempre più pericolosi focolai.

da qui

giovedì 7 dicembre 2023

La Bibbia è un libro dell’orrore?

 Francesco Masala vi invita a leggere ed ascoltare Mauro Biglino

Quando l’assassino primo ministro israeliano Netanyahu giustifica le sue decisioni, quelle dell’esercito (e dei coloni) con le parole scritte in un libro di tremila anni fa ti viene la curiosità di capire qualcosa in più, Mauro Biglino spiega che quel libro è un libro pieno di violenza senza pietà (ed è tutto scritto).

In realtà l’Impero del Bene e l’afflato messianico del blocco occidentale hanno le stesse radici. Uccidere, violentare, rapinare, sterminare, colonizzare, terrorizzare sono strumenti del Bene, a qualsiasi prezzo. 

Netanyahu sarà un bastardo, ma è il nostro bastardo – Francesco Masala

 

 

Bibbia e Sangue – Mauro Biglino


 

 I SALMI SONO CANTI DI GUERRA – MAURO BIGLINO

 


 

La guerra santa


 

Gaza e il ritorno degli Elohim


 

Gaza ai tempi della bibbia


 

lunedì 20 maggio 2019

Il paradiso e l'inferno che non sono Israele - Gideon Levy


MO

Due campi si sono distinti durante la settimana delle vacanze nazionali di quest'anno: uno che si rallegra e si gloria del paese, l'altro che è stufo e si vergogna. Il divario tra loro non è mai stato più ampio. Il primo gruppo si identifica con la destra, il secondo con la sinistra ed entrambi hanno torto. Paradossalmente entrambe le posizioni contraddicono la realtà: le vite di coloro che sono orgogliosi del paese non sono altrettanto buone; la maggior parte proviene da gruppi a basso reddito. I piagnoni in realtà hanno vite più facili. Israele oggi è diviso tra l'orgoglioso e il vergognoso. L'ex glorifica il presente, il secondo il passato.   I membri dell'area fiera, ultranazionalista e di destra adorano Benjamin Netanyahu e sono sicuri che il primo ministro abbia portato il paese a grandi altezze. Si rallegrano nelle cerimonie rituali nazionali, diventate culti della personalità. Venerano i militari, versano una lacrima alla vista di un volo aereo o di uno sciocco sbarco sulla luna e credono in un popolo eletto. Pensano che la forza sia l'unico mezzo per il successo, che gli arabi vogliano distruggerci e che il mondo intero sia contro di noi.
Se hanno qualche lamentela su questo paese, è che è troppo democratico e troppo morbido con i palestinesi. Sono la maggioranza e odiano l'altro campo.
I membri del campo vergognoso, liberale e umanista sono sicuri che l'altro gruppo ha rubato il loro paese. Odiano Netanyahu, fonte di ogni impurità ai loro occhi e sono sicuri che grazie a lui il paese è stato corrotto. Aborrono l'occupazione, l'aggressione, la violenza, il militarismo e la religione. Sono sicuri che la democrazia di Israele sta per essere distrutta in favore di una dittatura di stampo nordcoreano.
L' Alta corte di giustizia è il loro tempio, un falso tempio. Si domandano costantemente se Israele esisterà ancora tra un decennio. La loro speranza per i figli è partire e vivere altrove. Sentono che la vita qui è diventata un inferno. "Guarda cosa è successo a questo posto" è il loro motto. Hanno iniziato a odiare "questo posto". La realtà è questa: Israele non è né il paradiso del primo gruppo né l'inferno del secondo. Il primo gruppo è il risultato della propaganda sionista   che ha forgiato in loro il dogma: nulla è paragonabile a Israele, Israele può fare tutto ciò che vuole ed è la vittima universale, "democratico" significa tirannia della maggioranza ed "ebreo" significa ebraico dispotismo, i palestinesi non hanno diritti e non sono umani.
Le loro convinzioni sono un castello di carta fatto di ignoranza, arroganza, ultranazionalismo e paure infondate. Israele non è il loro paradiso; è aggressivo, manipolativo e privo di compassione anche per i propri cittadini. Mantiene una dittatura militare nei territori occupati, emana leggi anti-democratiche e si sta deteriorando.
D'altra parte non è il diavolo che descrive il secondo gruppo. Non è mai stato il paradiso da loro sognato: la sua democrazia comprendeva il dominio militare, la censura e il "libretto rosso" di appartenenza alla federazione sindacale di Histadrut.
Anche il militarismo non è nato ieri:  prima del 1973 era ancora più estremo. Anche la religione e l'ultranazionalismo esistevano nel passato. Il Likud non ha inventato il   lutto, l'occupazione o i coloni.
Sì, Israele si è deteriorato. Quelli che si vergognano del paese sono giustificati. C'è motivo di vergogna. Il più grande crimine, l'occupazione, in realtà ha scarso effetto sulla vita in Israele. Ci sono ancora isole buone e libere delle quali godono i piagnoni e dobbiamo lottare per conservarle.
Israele non è ancora un'area disastrata. C'è un divario intollerabile tra l'apocalisse descritta dai contestatori e la loro volontà di agire. Se è così terribile, perché non fanno qualcosa? E se non fanno niente, forse non è così terribile?
Israele non è la Turchia. Netanyahu deve essere processato e deve dimettersi, ma non è il Satana che i suoi detrattori descrivono. La loro indignazione è ipocrita: quando erano al potere le cose erano migliori, ma non così tanto come affermano. Da quando Netanyahu è al potere, qui le cose vanno male, ma non così male come suggerirebbe il loro allarme. Ho scritto questa colonna liberamente. L'inferno è nella Striscia di Gaza, ma nessuno ne parla.

The heaven and hell that aren't Israel


domenica 28 aprile 2019

Haaretz : guarda queste foto Netanyahu





La realtà nei territori occupati viene trasmessa ai cittadini di Israele quasi esclusivamente tramite il portavoce dell'esercito israeliano, ma le fotografie e  i video di scontri  tra esercito israeliano e palestinesi permettono di dimostrare l'orribile discrepanza tra le affermazioni dell'esercito al fine  di  plasmare la coscienza israeliana  e la realtà effettiva. La fonte della discrepanza non è necessariamente il risultato di bugie diffuse dall'esercito, ma piuttosto la scarsità del vocabolario usato per descrivere lo scontro in corso tra l'esercito e la popolazione civile sotto occupazione. L' obiettivo delle descrizioni del portavoce dell'esercito è di perpetuare l'apatia. Prendiamo, per esempio, questa dichiarazione del portavoce: "Giovedì scorso c'è stata una violenta perturbazione della pace nella zona del villaggio di Tuqu. Questa includeva massicci lanci di pietre contro le forze dell'esercito israeliano e i veicoli israeliani sulla strada, mettendo in pericolo la vita dei civili e delle forze [dell'esercito]. I soldati hanno risposto usando mezzi per disperdere le manifestazioni e, allo stesso tempo, hanno arrestato uno di quelli che disturbava la pace. Egli ha cercato di fuggire dopo il suo arresto.  I soldati si sono mossi per inseguirlo e hanno sparato nella parte inferiore del suo corpo. Le forze hanno fornito al palestinese cure mediche immediate. L'incidente sarà investigato. "Non una sola parola della descrizione del portavoce dell'esercito riesce ad attirare l'attenzione del lettore. Dal punto di vista degli israeliani è solo un'altra giornata di routine nei territori occupati. Ma le fotografie di questo incidente non possono aver risposte nell' apatia. In una delle immagini un soldato mascherato e armato è visto sopra il palestinese, seduto a terra, con gli occhi bendati, con le mani legate dietro la schiena. In un'altra foto il palestinese legato e bendato sta scappando da quattro soldati armati che lo circondano. Il palestinese ha 15 anni e mezzo. Il suo nome è Osama Hajajeh. È stato colpito all'inguine. Dopo che gli hanno sparato i soldati hanno cercato di trattenerlo sulla scena, ma in seguito a  uno scontro con un gruppo di palestinesi, i soldati hanno permesso loro di portare via il ragazzo ferito  . Vedendo le foto è chiaro che non c'era un vero motivo per sparargli. E' una persona di fronte a numerosi soldati. Le sue mani sono legate. E' bendato e completamente circondato da soldati armati. Le foto non documentano solo le azioni violente da parte dell'esercito. Sono i raggi X di 52 anni di occupazione, immagini di un'assenza cronica di iniziativa israeliana per risolvere il conflitto. Sono immagini che generano ingiustizia e crudeltà.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, appena eletto per il quinto mandato, deve dare un'occhiata a queste foto e capire che non è il legame con il presidente Trump, non sono  le sanzioni contro l'Iran e non è  la forza dello shekel ,ma sono queste foto a costituire il  vero lascito di un uomo che guida con orgoglio una politica di mantenimento dello status quo  . Una politica che alla fine potrebbe portare alla distruzione del progetto sionista.

domenica 14 aprile 2019

Per Israele è giunto il momento della verità - Gideon Levy





Martedì 9 aprile 2019 è nata la seconda repubblica di Israele. Sarà diversa dalla precedente. La prima repubblica ha ottenuto risultati impressionanti accompagnati da bugie e inganni. La seconda farà a meno di qualsiasi messinscena. Il nuovo Israele non avrà più bisogno di travestimenti. Con la vittoria in pugno e una popolarità crescente, Benjamin Netanyahu sarà in grado di annunciare la nascita della seconda repubblica, creata a sua immagine. Sia dato a Cesare quel che è di Cesare. Nessuno potrà più dire che quest’uomo non ha lasciato il segno sul paese e sulla regione. La nuova repubblica non nasconderà più quanto succede a casa sua né cercherà di costruirsi un’immagine più accettabile. La prima repubblica era caratterizzata da una miscela di realtà e inganno: unica democrazia del Medio Oriente ma dotata all’inizio di un governo militare nei territori arabi e poi di una dittatura militare nei territori occupati; beniamina del mondo libero ma anche ultimo regime coloniale del mondo; è una stimata esponente della famiglia delle nazioni, ma al contempo viola quasi ogni legge internazionale e non annette i territori occupati in modo da creare un falso senso di provvisorietà; si vanta dello stato di diritto e della corte suprema che operano nel paese, ma possiede due diversi ordinamenti fondati sulla nazionalità: è ebraica e democratica ma ha in sé un’intrinseca contraddizione, impossibile da risolvere. Tutto questo è finito. Il prossimo governo sarà in continuità con il precedente, ma più forte, più ultranazionalista e razzista, meno legittimo e democratico. E sarà, va ammesso, più coerente riflesso della realtà. Il 9 aprile gli elettori hanno proclamato a gran voce il loro sostegno a questo Israele. La scelta non era così difficile come può essere sembrato ad alcuni: era la scelta tra un governo di generali, che avrebbero dato seguito alla mascherata, con il plauso del mondo e degli israeliani illuminati, e un altro governo Netanyahu che modellerà Israele a sua immagine e somiglianza, senza scuse o messinscene.La vendetta degli elettori arabi è la punizione toccata in sorte a noi tutti. Le cose appariranno in maniera diversa. L’incendio che ha cominciato ad ardere col precedente governo si diffonderà. Tribunali, stampa, gruppi di difesa dei diritti umani e la comunità araba lo sentiranno presto sulla propria pelle. Alcuni editoriali in questo giornale non saranno più pubblicati, per legge. Sarà proibito, per esempio, criticare i soldati israeliani. Qualcuno è contrario? Sarà vietato sostenere un boicottaggio di Israele. L’aeroporto Ben-Gurion sarà ancora più inaccessibile per i detrattori del regime. Le ong saranno vietate. Gli arabi saranno ancora più emarginati di oggi, mentre ci avviamo verso la creazione di uno stato ebraico con legislatori unicamente ebraici. La rappresentanza degli arabi alla Knesset potrebbe presto riflettere sparire. E naturalmente c’è l’annessione di una parte della Cisgiordania in arrivo dietro l’angolo. Questo succede quando si ha a che fare con il Likud. Questo succede quando le elezioni riguardano solo Netanyhau, l’essere con lui o contro di lui. Questo succede quando i due principali partiti fanno a gara nelle loro affermazioni razziste contro gli arabi.Se c’è un luogo nel quale Benny Gantz, il candidato della coalizione centrista, dovrebbe immediatamente andare è una città vicino a casa sua, Kafr Qasem, per chinare la testa e chiedere scusa ai cittadini arabi di cui ha insultato i rappresentanti. Gantz ha perso anche perché ha preso le distanze da questa comunità, umiliandola come se fossero dei lebbrosi, proprio come ha fatto Netanyahu. La vendetta degli elettori arabi è la punizione toccata in sorte a noi tutti.
Ma forse non è una punizione. Forse la realtà è comunque preferibile. Lasciamo che il mondo osservi e giudichi. Lasciamo che gli israeliani progressisti osservino e giudichino, decidendo se è possibile continuare a vivere con questa accondiscendenza, fingendo di non vedere. Lasciamo che in Europa, nel Partito democratico americano e nei quartieri liberal di Tel Aviv continuino a osservare tutto questo. Forse l’annessione dell’area C in Cisgiordania senza la concessione della cittadinanza israeliana ai cittadini arabi, l’approvazione di altre leggi sullo stato-nazione, la chiusura delle organizzazioni non governative e la censura delle istituzioni culturali riusciranno a ottenere quello che, in tutti questi anni, l’incapacità di ammettere la realtà non è riuscita a ottenere.
Forse tutto questo risveglierà finalmente un’opposizione che per molti anni pochissimi hanno desiderato. Haaretz, di fatto, non ha pubblicato un necrologio dopo le elezioni. Ma il giorno precedente una dolce illusione era morta. Forse è meglio così.

(Traduzione di Federico Ferrone - Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano israeliano Haaretz.)


domenica 3 febbraio 2019

NETANYAHU NON VUOLE PIU’ LA TIPH. SCHIAFFO ANCHE ALL’ITALIA, CHE TACE - Umberto De Giovannangeli


Uno schiaffo all’Italia, nei giorni in cui il nostro ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, è in missione in Israele. Senza dare uno straccio di spiegazione all’ospite italiano, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato che Israele non accetterà il prolungamento della missione di controllo Tiph (Temporary international presence in Hebron) della quale fa parte l’Italia. E già di per sé questa decisione avrebbe meritato una risposta da parte del titolare della Farnesina. Ma la cosa è ancora più grave per le motivazioni addotte da Netanyahu, il quale ha spiegato che “non consentiremo la prosecuzione della presenza di una forza internazionale che opera contro di noi“.
Insomma, i carabinieri italiani che sono da sempre parte importante, non solo in quantità ma per la qualità del lavoro svolto, sarebbero, nella visione del primo ministro israeliano, parte di una forza ostile che “opera contro di noi“. Un’accusa gravissima, senza fondamento. Perché ad Hebron il Tiph è un avamposto di legalità, una missione di osservatori internazionali che monitora, senza poter intervenire, sui fatti di violenza che investono la città. La missione è composta da 63 elementi, tra i quali 14 carabinieri italiani (forte, e non solo nel numero, è la presenza femminile).
Chi scrive è testimone diretto di questo impegno. L’ultima volta che ho avuto occasione di visitare Hebron, assieme a Roberto Speranza e Arturo Scotto, sono alcuni di loro ad accompagnarci nella visita del centro di Hebron. I bambini palestinesi li riconoscono, si ricordano di loro, di ciò che hanno fatto (la costruzione di un centro sportivo, grazie anche la contributo della cooperazione italiana) e sorridono. Già questo è una vittoria, un gesto che dà significato ad un generoso impegno quotidiano. Secondo Peace Now, storica organizzazione pacifista israeliana, particolarmente impegnata nel monitoraggio degli insediamenti, “garantendo uno status ufficiale ai coloni di Hebron, il governo israeliano sta formalizzando il sistema di apartheid già vigente in città“. Il rispetto non alberga da queste parti. Il nemico non va solo combattuto, va spregiato. Non basta sbarrare le strade, militarizzare il territorio. L’odio cala anche dall’alto: dai rifiuti che i coloni scaricano dalle finestre delle loro abitazioni sulle strade del vecchio suq percorse dai palestinesi.
Gli osservatori del Tiph hanno provato a “mitigare” questa situazione, a difendere i più indifesi: i bambini, gli adolescenti palestinesi. Per questo il primo ministro d’Israele li considera una “forza ostile”. Perché testimoni scomodi di una illegalità che non conosce limiti. L’Italia non ha nulla da eccepire?


mercoledì 16 gennaio 2019

Fierezza sionista - Patrizia Cecconi





Netanyahu finalmente ammette E CON VANTO! di aver effettuato centinaia di raid in Siria per colpire l'Iran.

Qualunque altro paese avesse fatto qualcosa del genere, senza una dichiarazione di guerra ma per ingerenze arbitrarie, sarebbe stato sanzionato dall'ONU, ma Israele è uber alles e finché lo sarà non  scatterà nessuna sanzione.

Intanto questa mattina il piccolo Abdel Raouf Salha, colpito venerdì scorso alla testa da un assassino ebreo israeliano, è morto. Aveva solo 14 anni. Era a manifestare nell'accampamento a est di Jabalia al 42° venerdi per il diritto al ritorno e la fine dell'assedio.

Hanno provato a salvarlo i medici dell'Indonesian hospital, poi l'hanno trasferito allo Shifa Hospital, il più grande e più attrezzato, ma chi lo ha colpito alla testa voleva ucciderlo e l'agonia è stata inutile. Forse è stato usato un proiettile ad espansione, o forse un proiettile semplice, sempre arma criminale  come tutte quelle che usa Israele, ça va sans dire, e forse anche di questo si vanteranno i criminali sionisti.
La marcia del 42° venerdì aveva come parola d'ordine "la nostra determinazione spezzerà l'assedio". Forse hanno ragione i gazawi, è questione di tempo ma vinceranno. Forse!
Chi scrive ha partecipato a più di 20 marce e ha visto la determinazione e insieme l'incredibile entusiasmo con cui si svolgono queste manifestazioni. Nessuno vuole morirema tutti sono consapevoli che per guadagnare la libertà va messo in conto anche il rischio di perdere la vita. Anche i bambini come Abdel lo sanno, e anche gli altri piccoli martiri uccisi prima di lui lo sapevano. Non lo sapevano soltanto i neonati o i bimbi di due anni sui quali gli assassini in divisa hanno comunque fatto il tiro a segno, ma gli altri lo sanno tutti. E comunque vanno.

Ma perché questo? e qui la domanda interroga tutti noi. Perché rischiare la vita per ottenere ciò che è un diritto dichiarato solennemente dall'Organizzazione delle Nazioni Unite?Perché lasciare che uno Stato distrugga un diritto di tutti ridicolizzando la massima espressione sovranazionale con l'impunità dei suoi crimini?

Se qualcuno si pone al di sopra del Diritto internazionale, questo Diritto non è più tale. Per sua definizione, o è valido erga omnes o non è diritto internazionale.

E allora fa bene Netanyahu  ad essere fiero dei suoi crimini, cioè di quelli ordinati alle forze militari del suo Stato, fa bene ad esserne fiero perché questo dimostra che è al di sopra di ogni legge umana comprese quelle emanate dall'autorità più alta.

 Forse si ispira alle pagine più feroci dell'Antico testamento per sentirsi tanto fiero. Magari alle pagine relative a Giacobbe, colui che sconfisse Dio acquisendo il nome di "Israele".

Del resto l'ONU rappresenta, almeno teoricamente, la massima espressione laica del Diritto e Israele la scavalca, quindi la vince, così come nella narrazione biblica cui il sionismo si ispira, Giacobbe vinse Dio, la massima espressione della fede, ricevendone in cambio, sempre secondo la narrazione biblica, la promessa di ottenere tutta la terra di Canaan. Ma questo appartiene a narrazioni religiose più o meno apprezzabili. Tornando invece alla realtà secolare, se uno Stato si pone al di sopra del Diritto internazionale, questo Diritto non è più tale. Quindi è l'intero consesso umano che viene ferito dalla fierezza sionista che offende il Diritto internazionale e che viola costantemente il Diritto umanitario universale. 

Il piccolo Abed è stato ucciso con un colpo alla testa, forse dallo stesso cecchino che nello stesso giorno ha sparato alla testa ad Amal la donna di 43 anni che era lì, a qualche centinaio di metri dalla rete a dire "la nostra determinazione romperà l'assedio". La loro determinazione! e perché la loro? avrebbe dovuto già romperlo l'ONU! Ma l'ONU non ha potere davanti a Israele e quindi ogni assassino israeliano è libero di giocare con le vite dei palestinesi senza pagare alcun prezzo, tranne quello di incontrare l'esasperazione di due ragazzini di 14 anni che potrebbero accoltellarlo per la strada, come successo al militare Weissman in Cisgiordania 3 anni fa. Omicidio per il quale il pubblico ministero israeliano ha chiesto la condanna a 35 anni, nonostante la minore età dei ragazzi, e una multa impossibile da saldare, pari a qualche milione di shekel.

Quindi Israele seguita a dimostrare al mondo la sua essenza "uber alles" e il mondo seguita a tollerare o, peggio, a condannare per antisemitismo chiunque si esprima contro i suoi crimini.  Dovranno arrivare i suoi missili anche sulle nostre città per capire che il mostro va fermato? Forse, però allora sarà troppo tardi.

Intanto riposino in pace i tanti martiri palestinesi che ora sarebbero tra noi, se l’ONU avesse ragion d’essere e capacità di agire nel rispetto della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.


martedì 1 gennaio 2019

I veri nemici d’Israele - Ugo Tramballi



Prima ancora di fissare le strategie elettorali con i partiti insieme ai quali ha governato e probabilmente governerà, Bibi Netanyahu ha incontrato i capi dei coloni subito dopo avere annunciato elezioni anticipate. ”Un governo di sinistra metterebbe in pericolo il movimento dei settler” nei Territori occupati palestinesi; “Dobbiamo vincere le prossime elezioni: è una battaglia per la nostra casa”, ha spiegato il premier.
Nethanyahu ha la capacità di dire cose diverse a diversi interlocutori: in politica è una qualità. Con la comunità internazionale non esclude di arrivare alla soluzione dei due stati per due popoli con i palestinesi; se ha di fronte i coloni, fa capire che quell’ipotesi è morta e sepolta.
Non tutti i capi di Yesha, il movimento che riunisce i consigli regionali di Giudea e Samaria, come loro chiamano la Cisgiordania occupata, hanno fiducia in Bibi. Alcuni di loro, soprattutto quelli delle organizzazioni più estremiste di un movimento già estremista, vogliono cose concrete: soldi, riconoscimento legale per gli avamposti: poche case mobili su terreni spesso legalmente posseduti dai palestinesi, destinate a diventare nuove colonie.
Pretendono anche protezione dall’esercito nonostante ne abbiano già molta, e loro stessi posseggano piccoli arsenali. “Se Netanyahu sostiene i coloni, noi sosteniamo lui”, “Devi scegliere fra noi e Talia Sasson”. Nel 2005 la commissione governativa guidata da Sasson, aveva censito gli avamposti, dimostrandone l’illegalità anche per le leggi israeliane – oltre che per la comunità internazionale – e suggerendone la demolizione. Le sue raccomandazioni sono state in gran parte ignorate.
Da anni i 700mila coloni condizionano come una cosca mafiosa la vita della maggioranza degli israeliani (7 milioni). Penetrano nel sistema giudiziario, in quello scolastico, fra i ranghi dell’esercito e dell’intelligence. “Agenti provocatori” dei coloni sono stati scoperti nelle organizzazioni pacifiste e di sinistra. Fra un decennio la Corte suprema e lo Stato maggiore delle Forze armate – i due principali baluardi della democrazia israeliana – saranno nelle loro mani. Attraverso i ministri del loro partito di riferimento, Habayit Hayehudi, già controllano il sistema educativo, il dicastero della giustizia e dell’agricoltura. A luglio, in una conferenza organizzata dal ministero per l’Educazione un leader colono e terrorista noto alle autorità, Moshe Zar, ha spiegato fra gli applausi: “Costruisci una casa ed è come eliminare centinaia di arabi; costruisci un insediamento ed è come uccidere migliaia di gentili”, i cristiani. Neanche Osama bin Laden avrebbe saputo dire di meglio.
Ministri e deputati di Habayit Hayehudi stanno cercando di far passare una legge che legalizzerà più di 60 avamposti. Se approvata, lo stato dovrà garantire a sue spese sicurezza, acqua, elettricità e tutti i servizi pubblici. Secondo il procuratore generale Avichai Mandelblit – lo stesso che deve decidere se formalizzare le accuse di corruzione nei confronti di Netanyahu – una legge così “in un paese democratico che rispetta le leggi non può essere presentata come una conquista politica”.
I metodi violenti, il potere dei coloni, canceroso per la democrazia israeliana, hanno cambiato anche il Likud, il partito del sionismo revisionista storicamente laico. La vecchia forza politica che dalla fine degli anni Settanta ha governato Israele molto più dei laburisti, si sta mutando in un partito religioso di estrema destra, senza più legami al centro. Sono ormai i coloni che definiscono il discorso politico su posizioni intolleranti e insostenibili.
La ramificazione del loro potere non si ferma dentro i confini d’Israele. Fra le leggi in attesa al Congresso, a Washington, c’è la Israel Anti-Boycott Acy che impone condanne civili e penali alle imprese e alle organizzazioni che boicottano Israele in difesa dei diritti palestinesi e contro l’occupazione della Cisgiordania. Personalmente sono contrario al boicottaggio di Israele: le sanzioni dovrebbero riguardare i prodotti delle colonie, non genericamente tutto ciò che è israeliano.  Le sanzioni alla Russia, per esempio, colpiscono gli oligarchi vicini a Putin, non la popolazione russa.
Nel provvedimento del Congresso è in gioco il diritto di esprimere opinioni. Anziché organizzare crociate contro Bds (Boicottaggio, Disinvestimento Sanzioni), il governo israeliano dovrebbe chiedersi perché questo movimento internazionale si allarghi sempre di più.
Chi è dunque il vero nemico d’Israele? Coloro che ne giudicano le politiche come accade a ogni paese democratico, o chi diffonde il cancro intollerante, ultra- religioso e nazionalista?
Nella sua ultima visita in Germania, Netanyahu ha consegnato ad Angela Merkel una lettera di sette pagine intitolata “Finanziamenti tedeschi a organizzazioni che intervengono negli affari interni israeliani o promuovono attività anti-israeliane”. Nel documento si chiede al governo di Berlino di tagliare i fondi a numerosi enti tedeschi. C’è anche il Festival del cinema e – ancora più incredibile – il Museo ebraico. Magnifico e commovente quasi quanto lo Yad Vashem a Gerusalemme, il museo aveva organizzato una mostra su Gerusalemme che, diceva la lettera, “principalmente riflette la narrativa musulmano-palestinese”. La rassegna si era limitata a offrire ANCHE la narrativa palestinese. Neanche il principe ereditario saudita avrebbe avuto la faccia tosta di presentare un documento così a un governo occidentale. La ministra della Cultura israeliana, promotrice della lettera, pretende d’imporre alla Germania la stessa “lealtà della cultura allo stato” che sta affermando in Israele.
E’ questo che fa bene a Israele, sono questi i valori che lo renderanno invincibile? Ed è questo che serve a sconfiggere gli antisemiti veri? Chi è, alla fine, il vero nemico di Israele: chi scrive un blog come questo o i fondamentalisti delle colline di Giudea e Samaria?

mercoledì 24 ottobre 2018

Perché parlare dell'occupazione israeliana all'estero? In modo che questa disgrazia possa finire - Hagai El-Ad



Al  primo ministro  Benjamin Netanyahu è  stata posta questa settimana dal redattore del documento di propaganda più letto in Israele, una domanda ossequiosa durante una  conferenza per la stampa cristiana . La propaganda nascosta è apparsa nella domanda stessa e nel  suggerire , più o meno esplicitamente , che le attività di B'Tselem  sono "antisemitiche".

Netanyahu non ha rifiutato ciò che gli era stato chiesto e ha aggiunto la sua definizione su B'Tselem: "una vergogna". Una vergogna è quando durante le proteste degli ultimi mesi, cecchini israeliani  uccidono  tre bambini di 11 anni nella Striscia di Gaza. Nassar Musbah, Yassar Abu Al-Haja e Majdi al-Sitri . Tre  dei 31 minori uccisi dall'esercito. Abbiamo ucciso  paramedici e anche  giornalisti e ferito  con fuoco vivo oltre 5.300 persone. Alcuni rimarranno  disabili per tutta la vita . Un disonore è che di fronte a questo orrore due membri del gabinetto di sicurezza discutano tra loro: uno è orgoglioso del gran numero di palestinesi feriti, l'altro richiede più sangue. 

È vergognoso che questa orribile "discussione" tra due membri del piccolo gruppo di alti responsabili delle decisioni in Israele sia vista come completamente normale e accettabile e, in quanto tale, è riportata dai media come una questione di routine. Quasi non importa  a quale livello di violenza l'oratore inciti :  è un ebreo che chiede più morti palestinesi, più  punizioni collettive, più superiorità e più truppe , le sue parole non saranno mai definite come "incitamento". La disgrazia è la routine dei  coloni violenti - in pratica, le milizie del regime di occupazione in  Cisgiordania  - Danneggiano i palestinesi e le loro proprietà , mentre i soldati li osservano e non fanno nulla per fermarli, tranne forse proteggere gli aggressori o addirittura unirsi a loro.


Il  sistema di progettazione israeliano in Cisgiordania è una disgrazia. È un meccanismo burocratico il cui unico scopo è quello di spianare la strada al  controllo su più e più terreni e costruire sempre più insediamenti. Al diavolo i palestinesi. Quanta spudoratezza e insensatezza è necessaria per far parte di questo sistema, una delle pietre miliari dell'impresa di espropriazione?

E 'una disgrazia che tante denunce di palestinesi non siano mai state aperte, ma sono state coperte, fatte fallire o lasciate cadere .Ogni  madre palestinese sa, con quasi completa certezza, che se  suo figlio è ucciso da un proiettile israeliano , anche se tutto è registrato in video e  ci sono testimoni e prove, nessuno fornirà giustizia. È un disonore permettere ai nostri soldati di entrare nelle case palestinesi nel cuore della notte, a svegliare educatamente tutti i residenti, riunire tutti loro, giovani e vecchi, nel soggiorno o in una camera da letto e poi scrivere i loro nomi su un modulo e scattare  a loro foto.

È un disonore che un palestinese non possa sapere se può andare all'estero,  ricevere cure mediche ,  lavorare la propria terra,  arrivare al lavoro in tempo. Tutto ciò che sa è che nessuna di queste cose dipende da lui, ma da  una decisione arbitraria israeliana che non ha modo di influenzare. È una vergogna che battaglioni di giuristi israeliani -   negli uffici militari  o  nell'ufficio del Procuratore di Stato, i difensori militari , i  consulenti legali,i  giudici militari e i  giudici della Corte Suprema - uniscano le loro forze  per mantenere questo mostro da oltre 50 anni.

Utilizzando  formalismi  legali , ignorando convenientemente i fatti e il contesto, stanno utilizzando le loro conoscenze legali  per giustificare quasi ogni ingiustizia: demolizioni e demolizioni "punitive", detenzione a lungo termine senza processo, l'imprigionamento di quasi 2 milioni di persone nella  Striscia di Gaza, il fuoco vivo contro manifestanti palestinesi disarmati, il prendere  possesso della terra palestinese usando una vasta gamma di tecniche e altro ancora . Per legalizzare tutto questo, gli avvocati hanno inventato il loro linguaggio legale, basato su assurde interpretazioni legali.

 Questa situazione, nonostante l'ineguale equilibrio delle forze e il famoso potere di Israele, è una realtà pericolosa, violenta per sua natura e immorale. La documentazione di questa situazione, la sua esposizione, la condanna e la  richiesta di cambiamento non sono solo un imperativo morale, ma un modo per  salvare vite umane. È un disonorecontinuare a reprimere i palestinesi e a  ucciderli. Ed è una disgrazia guidare gli israeliani sempre più in basso lungo questo pendio. Perché parlare dell'occupazione  all'estero? In modo che questa disgrazia possa finire

Il direttore esecutivo di B'Tselem. Hagai El-Ad


venerdì 29 giugno 2018

Come il Guardian ha aiutato gli antisemiti - Jonathan Cook

Ecco un piccolo esperimento mentale con cui anche il direttore del Guardian, Kath Viner, dovrebbe riuscire a destreggiarsi.



Chi aiuti quando censuri una vignetta che descrive i ben documentati crimini di guerra israeliani contro i palestinesi – e lo fai con la motivazione che le critiche a Israele sono antisemite?
La risposta è: aiuti gli antisemiti.
Ecco la vignetta che il Guardian non vuole che i suoi lettori vedano (Copertina). È stata disegnata da Steve Bell, probabilmente il più importante vignettista politico britannico. Mostra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu seduto accanto alla sua controparte britannica, Theresa May, a Downing Street.
La loro intima alleanza è offerta alle telecamere a un prezzo terribile per i palestinesi. La minuscola figura di Razan al-Najjar, una giovane infermiera palestinese assassinata la scorsa settimana a Gaza da un cecchino israeliano mentre soccorreva altri palestinesi uccisi e feriti da altri cecchini israeliani, funge da simbolo. Bruciata nel cuore di Downing Street tra Netanyahu e May, è la vittima sacrificale che alimenta la loro relazione di potere.
Quindi possiamo chiedere, che cosa potrebbe essere antisemita nella vignetta? Fa una generalizzazione sugli ebrei? No. Fa una generalizzazione sugli israeliani? No. Si occupa solo del falco leader di Israele. Ma in realtà, si potrebbe sostenere che non è nemmeno principalmente su Israele o Netanyahu. Probabilmente è meglio leggerla come un’accusa sul modo in cui i leader come May si accostano a Israele, come se le vite dei palestinesi fossero così irrilevanti da non dover essere prese in considerazione.
La vignetta accusa i calcoli immorali compiuti nel perseguimento del potere politico, il prezzo terribile pagato dalle vittime, e la nostra – collettività di spettatori – collusione in un sistema che privilegia i potenti e ignora i deboli. In altre parole, rappresenta tutto ciò che è il meglio delle vignette, o di quello che potrebbe essere definito giornalismo grafico. Lì dentro c’è il potere – e noi – che deve rendere conto.
Eppure il Guardian ha deciso che i suoi lettori devono essere protetti da questo messaggio. Ha preferito schierarsi con i potenti contro i deboli e dare la priorità alla sensibilità di uno stato con armi nucleari sulla sofferenza di un popolo senza stato tenuto prigioniero dal suo occupante.
Ma per quanto questo sia orribile, il Guardian ha fatto qualcosa di ancora peggiore. Ha giustificato questo terribile atto di censura accusando il vignettista di antisemitismo. Dalla corrispondenza che abbiamo visto da Bell, sembra che Viner e altri redattori abbiano ritenuto che presentare Razan al-Najjar come un pezzo di carbone umano che brucia possa suggerire parallelismi con i nazisti, i crematori e l’Olocausto.
Potremmo riflettere su quanto questo rivela sui limiti dell’arte dei vignettisti quando si tratta di rappresentare Israele, uno stato altamente militarizzato che celebra attualmente il 51° anno della sua belligerante occupazione dei territori palestinesi. Uno stato che sta tuttora commettendo regolari massacri di dimostranti palestinesi non armati che cercano di liberarsi dalla prigione di Gaza.
Mostrare i palestinesi come vittime sacrificali, secondo il Guardian, è antisemita.
E, come ha scoperto alcuni anni fa un altro grande vignettista britannico, Gerald Scarfe, presentare la realtà quotidiana dei palestinesi che sanguinano sotto l’occupazione è, secondo il Sunday Times, una calunnia a sangue.



 Nel frattempo, il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung ha recentemente licenziato il suo vignettista per antisemitismo dopo che aveva disegnato Netanyahu con un missile in mano mentre festeggia la possibilità di sfruttare la vittoria di Israele al concorso Eurovision.


In un post del mese scorso, ho descritto questo processo come la mistificazione dell’antisemitismo. Ho spiegato perché è così pericoloso e di come se ne abusa per chiudere ogni sorta di conversazioni politiche di cui abbiamo disperatamente bisogno – e non solo riguardo a Israele.
Ma qui voglio fare un ulteriore punto. L’atto di censura di Viner aiuta in realtà a realizzare quello che lei e gli altri redattori sostengono di voler raggiungere? Contribuisce a ridurre la minaccia dell’antisemitismo? La risposta è che non è così. Anzi, è vero il contrario: può solo servire a alimentare l’antisemitismo.
Quando le dure critiche a Israele e ai suoi leader sono messe a tacere – e di aspre critiche a Israele è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno – Israele viene trattato come un caso speciale. Trae beneficio da una specie di antisemitismo all’inverso, o filosemitismo.
Quando una comune caricatura di Netanyahu – molto meno cruda delle caricature di leader britannici e americani come Blair e Trump – viene denunciata come antisemita, è facile dedurre che i leader israeliani si aspettano e ricevono un trattamento preferenziale. Quando si mostra Netanyahu immerso nel sangue – come molti altri leader mondiali sono stati – si è fatti a pezzi come per una calunnia a sangue, è probabile che si concluda che i crimini di guerra israeliani sono autorizzati in modo univoco. Quando Netanyahu non può essere mostrato con un missile in mano, possiamo supporre che Israele disponga di una dispensa speciale per bombardare Gaza, indipendentemente dal costo in perdite di civili.
E quando vediamo la furia creata da una vignetta come quella di Bell, possiamo solo supporre che altri vignettisti meno affermati ne trarranno la giusta conclusione: stai lontano dal criticare Israele perché danneggerà la tua reputazione personale e professionale.
In tali circostanze, la logica del vero antisemita inizia a suonare più plausibile. Dice che “gli ebrei” controllano segretamente il mondo, i loro tentacoli sono dappertutto. Nessuno, nemmeno i paesi più potenti della terra, può resistere loro. È per questo che “gli ebrei” possono ottenere che una vignetta di Netanyahu sia censurata, perché “gli ebrei” possono intimidire i più grandi giornali e emittenti televisive, perché “gli ebrei” hanno i nostri politici in pugno.
Quando non riusciamo a far rendere conto a Israele; quando concediamo a Israele, uno stato presidio con armi nucleari, la sensibilità di una vittima dell’Olocausto; quando confondiamo le priorità morali in modo tale da innalzare i diritti di uno stato sui diritti dei palestinesi sue vittime, non solo alimentiamo i pregiudizi dell’antisemita, ma rendiamo i suoi argomenti seducenti per altri. Non aiutiamo a eliminare l’antisemitismo, incoraggiamo a diffonderlo.
Ecco perché Viner e il Guardian hanno peccato non solo contro Bell, e contro l’arte delle vignette politiche, e contro la giustizia per i palestinesi, ma anche contro gli ebrei e la loro sicurezza a lungo termine.
 (Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org)


mercoledì 30 marzo 2016

L’esercito più morale del mondo colpisce ancora, senza pietà

Proprio il 27 marzo del 2016 un uomo ha sparato vicino alla Casa Bianca, a Washington, ferendo anche un poliziotto, è stato poi fermato e arrestato.
In Palestina, invece, se hai un coltello ti sparano, ma anche se non ce l’hai (qui) ti sparano lo stesso.
In omaggio alla frase attribuita (erroneamente) al generale Sheridan (qui) i soldati israeliani dimostrano che il loro motto è: Il solo palestinese buono è il palestinese morto.
L’aggravante (se fosse necessaria) è che l’assassino in divisa è un medico e lo slogan di un politico israeliano è una pizza per un terrorista (palestinese, naturalmente) ucciso.

B'Tselem, una ONG di traditori di Israele, secondo il governo e molti guerrafondai (qui), da qualche anno distribuisce videocamere ai palestinesi, per documentare omicidi e prevaricazioni israeliane che avvengono (quiqui e qui, giornalismo partecipativo).
Anche questa volta un video ha fatto il giro del mondo, e l’esercito israeliano si costerna e s’indigna, ha preso duri provvedimenti, dicono, dopo che tutti hanno visto il video dell’esecuzione, ma se per loro fosse davvero una cosa così grave, possibile che nel minuto successivo, nel filmato, un qualche collega o ufficiale non si sia avvicinato per prendere lo sparatore a calci in culo?
Chissà, forse aveva solo voglia di una pizza.





…L’agenzia Ma’an riferisce che almeno 203 palestinesi sono stati uccisi dallo scorso ottobre, quando è cominciata l’Intifada di Gerusalemme (nello stesso periodo sono stati uccisi almeno 30 israeliani). Per le autorità israeliane gran parte delle vittime palestinesi erano “attentatori intenzionati ad uccidere”. Più parti in questi mesi hanno criticato Israele denunciando quella che definiscono una politica di “esecuzioni extragiudiziali”.Quasi sempre i palestinesi responsabili di attacchi tentati o compiuti sono uccisi sul posto dalle forze militari. Pochi sono stati sino ad oggi i casi di attentatori arrestati. Per Israele invece i soldati semplicemente sparano per legittima difesa.
Molti spiegano gli attacchi all’arma bianca compiuti in prevalenza da giovani con la frustrazione che attraversa la nuova generazione palestinese di fronte a quasi 50 anni di occupazione militare israeliana. Per il premier israeliano Netanyahu invece gli attacchi sarebbero causati dal fanatismo religioso e dall’istigazione che, a suo dire, arriverebbe dai mezzi d’informazione. Ieri sera Netanyahu ha paragonato gli attacchi compiuti dall’Isis a Bruxelles agli accoltellamenti palestinesi.


qui la storia completa raccontata da Robert Mackey, nel sito The Intercept (diretto da Glenn Greenwald, Wikipedia spiega chi è)