Una recente pubblicazione, Smoking Guns (Pistole
fumanti) prodotta nel giugno 2021 dal Transnational Institute (TNI),
mette in luce le connessioni tra produzione e commercio di armi da parte
dell’Europa, e spostamenti e migrazioni forzate di intere popolazioni. Oltre a
un inquadramento generale il testo presenta alcuni casi – studio, due dei quali
riguardano l’Italia. Qui vi propongo una sintetica traduzione dei paragrafi
introduttivi, rimandando al testo inglese per i casi studio.
I PRINCIPALI RISULTATI
Il Report che
indaga i nessi tra il commercio di armi e gli spostamenti forzati di
popolazioni inizia con una sintesi dei dati che gli Autori hanno trovato più
significativi nella loro ricerca, i ‘risultati chiave’.
• Armi ed equipaggiamenti militari prodotti e concessi in licenza in
Europa, e poi venduti a Paesi terzi, provocano spostamenti forzati e fenomeni
migratori. Il commercio di armi è motivato da interessi economici
(dipende da quanto è redditizio il settore); inoltre gli attuali meccanismi di
controllo e di monitoraggio sono problematici e facilitano, anziché limitare,
le pratiche di assegnazione delle licenze e le esportazioni.
• Il commercio di armi è una questione politica, è guidato dal profitto ma
è mal regolamentato. Altri settori commerciali, come il cibo e l’agricoltura,
che non minacciano il diritto fondamentale alla vita né altri diritti umani
come invece fanno le armi, sono molto meno sottoposti a regole e controlli.
• È possibile ricostruire in modo sistematico i percorsi compiuti da armi
ed equipaggiamenti tecnologici e militari, dai punti di origine in cui vengono
costruiti fino alle frontiere attraverso le quali vengono esportati, poi fino
ai luoghi in cui vengono utilizzate, e si possono documentare i loro effetti devastanti
sulle popolazioni. Il Report conferma, al di là di ogni ragionevole dubbio, che
le armi Europee sono usate direttamente non per difendere delle popolazioni o
per migliorare le condizioni di sicurezza locali o regionali – come spesso si
afferma – ma allo scopo di destabilizzare interi paesi o regioni.
• L’industria delle armi è coinvolta in evidenti violazioni delle clausole
relative al trasferimento e/o all’uso delle regole internazionali (EUAs)
nonostante un sistema di controlli che viene considerato efficace. I dati
raccolti dimostrano che – una volta che le armi siano state vendute – è
impossibile controllare come vengono usate. Inoltre, anche se è noto che certi
Paesi non soddisfano i requisiti richiesti, ci sono alcuni paesi dell’UE che
continuano a vendere loro armi ed equipaggiamenti militari.
• Le armi possono essere vendute agli organi ufficiali di scurezza di uno
stato, oppure a soggetti non ufficialmente riconosciuti; possono essere o no
rispettate le regole UEAs. Ma in tutti i casi il risultato è sempre lo stesso:
le armi Europee sono state utilizzate in operazioni militari che hanno portato
alla destabilizzazione politica, e a conseguenti sfollamenti e migrazioni.
La destabilizzazione facilitata dalle armi fornite dall’Europa ha a sua
volta contribuito a espandere enormemente – da parte degli stessi Europei – gli
apparati di sicurezza delle frontiere, per far fronte alla supposta minaccia da
parte dei rifugiati, che tentano di entrare in Europa e di chiedere asilo.
• I Paesi Europei sono tra i maggiori esportatori nel mondo di armi ed
equipaggiamenti letali, responsabili di circa il 26% delle esportazioni globali
di armi nel 2015. In testa alla classifica ci sono Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno
Unito, che complessivamente ne hanno esportato il 22% nel periodo
2016–2020.
• Le esportazioni di armi da Bulgaria, Croazia e Romania sono
aumentate molto negli ultimi anni, soprattutto verso i Paesi
dell’Asia occidentale. Un esempio: prima del 2012 la Croazia esportava munizioni
per un valore di meno di 1 milione di € all’anno, ma dopo l’inizio della guerra
in Siria il valore delle esportazioni è salito gradualmente, fino a raggiungere
il valore di 82 milioni di € nel 2016.
• Il Parlamento Europeo ha chiesto a Bulgaria e Romania di interrompere la
vendita di armi all’Arabia Saudita e agli USA (se
c’era il rischio che queste armi fossero deviate ad altra destinazione), finora
inutilmente.
• In Siria si stima che circa 13 milioni di persone
abbiano bisogno di aiuto e assistenza umanitaria, e più di metà della
popolazione ha dovuto abbandonare la propria casa – compresi 6,6 milioni di
rifugiati che vivono in paesi confinanti, come la Giordania e il Libano, e
tentano di raggiungere l’Europa, compiendo un tragitto opposto a quello delle
armi che hanno provocato la loro condizione di profughi. Altri 6,7 milioni di
persone sono profughi interni, che sono attualmente ospitati entro i confini
siriani.
CASI STUDIO
Il Report presenta 5 casi–studio a documentazione della relazione tra
vendita di armi dall’Europa e conseguenti movimenti di popolazioni obbligate a
lasciare le loro case. Qui traduco il riassunto dei due casi che
riguardano l’Italia. Rimando al testo originale sia per l’analisi completa di questi casi
che per le altre situazioni presentate (che riguardano Bulgaria, Regno Unito,
Germania, Francia).
- Componenti
e capacità di produzione dell’elicottero T-129 ATAK Italiano sono
stati esportati in Turchia e usati nel 2018 e 2019 in due
attacchi nel distretto di Afrin nel nord della Siria come
parte dell’operazione Olive Branch e
dell’operazione Peace Spring lungo il confine
Turco–Siriano. Secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite, durante
l’offensiva di Afrin, tra gennaio e marzo 2018, 98.000 persone hanno
dovuto abbandonare le loro abitazioni. A ottobre 2019, come risultato
dell’operazione Peace Spring, 180.000 persone sono state
costrette ad andarsene, di cui 80.000 erano bambini.
- Almeno
quattro motovedette italiane classe Bigliani sono state
donate alla Libia e usate dalla guardia costiera per pattugliare le coste
e trattenere migranti che cercavano di fuggire via mare. Nel 2019 la
guardia costiera libica utilizzò una motovedetta (forse con un cannone
montato appositamente a bordo) per risolvere un conflitto interno con
l’Armata Nazionale Libica. Ma ci sono state altre situazioni in cui
motovedette acquistate o ricevute in dono da paesi Europei sono state
utilizzate in conflitti con altri paesi, o africani o dell’Asia
occidentale. Insomma, a ogni tappa del viaggio di esportazione di armi,
i commercianti europei hanno incassato lauti profitti, prima creando le
condizioni perché le persone sfollassero, poi impedendo loro di partire e
respingendoli indietro.
I PRODUTTORI
Le aziende produttrici di armi che sono state identificate in questi
casi-studio comprendono:
Airbus (Franco-Tedersca), ARSENAL (Bulgaria), BAE
Systems (UK), Baykar Makina (Turchia), EDO
MBM (UK), Intermarine (Italia), Kintex (Bulgaria), Leonardo (Italia), Roketsan (Turchia), SB
Aerospatiale (Francia), TDW (Germania), Turkish
Aerospace Industry (Turchia), e Vazovski Mashinostroitelni
Zavodi ?AD (Bulgaria).
Fonte: The Transnational Institute (TNI), 28 luglio 2021 | Policy briefing
https://www.tni.org/en/publication/smoking-guns
Traduzione di Elena Camino per il Centro Studi Sereno Regis