Drammaturgia

La drammaturgia di Lucia Calamaro sembra muoversi in uno spazio scenico libero da ogni interpretazione mimetica, luogo significante in sé, fuori da una semplice riproduzione del reale. La scena non è più metafora, ma diventa un territorio dai limiti invalicabili, con un dentro e un fuori ben delineati e insormontabili. Al di là della pura scrittura, le parole si nutrono quindi della tensione da parte di chi scrive a immaginare la scena. Se infatti i monologhi sono per lo più scritti a tavolino, le zone intermedie di dialogo nascono dalle prove con gli attori. È quindi un teatro scritto, recitato, messo in scena, soprattutto col corpo e la voce degli attori, le loro attitudini e il modo in cui rendono mobile la pagina scritta. Uno sguardo attento sul lavoro di Lucia Calamaro ci illumina quindi sulle mobilità del teatro: non tanto il passaggio dal testo alla scena piuttosto quello dalla scena al libro.

Thinking on contemporary Sicily, as visual and so- cial palimpsest of it historical composition, makes the idea of a stage concept in a possible match with social archeology concerning late XX century and the big betrayed social and cultural projects’ utopia. Cinema and linked stage design, is used as narration instrument in the relationship be- tween human being and landscape and justifies aestethic study, drama’s media depth and didac- tic purpose.
Background is the contemporary Pirandello’s myth filmed by Paolo and Vittorio Taviani and scr- renplaied with Tonino Guerra in Kàos (1984). In particular “Colloquio con la Madre”, pure invention episode adapted from Luigi Pirandello’s novel.
In the Taviani’s movie, an aged Pirandello travels alone by train to Girgenti, his born land. The journey has not a real reason, perhaps not totally sensed, till memories of his mother get personi- fied in her self.
The stage is immersed in a research like a ground- work, in thin and difficult balances between the history weight and contraddictory arises on the issue about fields to grow and worker world. The city of Militello in Val di Catania, open sky mine of sicilian architectonics genius, it’s the place where the screenplay is visually designed.
In this journey into the labyrinth-city’s viscera made by memories, the visual costruction corresponds to a discovery, or re-discovery of the city, working as a modulation of detail, memories, streets and square’s views.
A world, Sicily, where nothing is real surreal: a Sic- ily that is summation of what has been and what it is. About realism all concernes, about Pirendello’s realism or on a Verga’s verism evolution, toward a philosophical avangarde way: Metaverismo, or metaphisical verism, or rather a not satisfied reality, but depth in search the essence through abstration, exasperation and de-structuration.
Finally, this thesis tries to deepen and insist on the experimental use of Cinema, or rather Cinema as reflection place, creative workshop for society, on daily dramaturgy and on never ending questions born from historical and architectonic composition of our cities and the identity of humans who continue to live.

Ho scelto di sviluppare questo elaborato per approfondire il metateatro pirandelliano. Seguendo la mia inclinazione ed il mio interesse personale, ho preferito concentrare la mia attenzione sull’opera teatrale Sei personaggi in cerca d’autore, la cui sofferta genesi ha portato Pirandello a costituire un vero e proprio capolavoro. La messa in forma del testo, che tiene conto dei Personaggi che si susseguono e compaiono nei racconti e nelle novelle dell’autore, prevede un lavoro di continua revisione da parte di Pirandello che, soltanto dopo quattro edizioni, considererà compiuta la sua opera.
Nella mia lettura dell’opera, ho cercato di porre l’accento sia sulla dimensione più prettamente letteraria, sia su quella teatrale, soffermandomi sulle parole chiave che caratterizzano il corpus pirandelliano e lo rendono così suggestivo e ricco di possibili letture.

Maria Stuarda da Schiller a Lebrun. Prove di romanticismo al Théâtre-Français (1820) note, traduzioni e stesura a cura di Cristina Pellegrino.  Università "Sapienza" di Roma Teatro e Spettacolo in Europa 2015/2016-Mara Fazio
Il 6 marzo 1820 debutta al Théatre-Français di Parigi un adattamento della Maria Stuarda di Schiller  a cura di Pierre-Antoine Lebrun: "Devo questa tragedia a Schiller. Desidero riconoscere apertamente che l'invenzione appartiene a lui e che ci sono poche scene nella mia opera che non mi siano state prestate o ispirate dalla sua. Esiste una traduzione della sua Marie-Stuart : il pubblico deciderà se ho avuto ragione a volte di seguire molto da vicino il testo di Schiller, a volte di abbandonarlo completamente. Renderò forse conto più tardi delle differenze che due sistemi di teatro del tutto opposti hanno dovuto necessariamente stabilire tra le nostre due opere , sia per quanto riguarda l'ordine e i caratteri, sia per quanto riguarda l'esecuzione e i dettagli. I critici francesi mi hanno rimproverato un'imitazione troppo prossima alla pièce tedesca; le critiche straniere troveranno

1 Il dramma di Schiller debuttò nel 1800 a Weimar, nel teatro che Goethe gestiva già da alcuni anni.

2 Pierre-Antoine Lebrun (1785-1873) è autore di quattro pièce teatrali: Pallas (1804) non rappresentata, Ulysse (1814), Marie-Stuart (1820) e Le Cid d'Andalousie (1825). Di fede liberale, Lebrun appartiene a un gruppo di nuovi autori nati come tali durante il periodo napoleonico. Dopo un primo periodo classicista subì l'influenza del romanticismo straniero. Oltre alle pièce di teatro, scrisse anche articoli pubblicati su La Renommée, giornale fondato da Benjamin Constant, e alcune Odi. Nel 1828 divenne membro dell'Académie française e alla sua morte fu Alexandre Dumas figlio a prenderne il posto (cfr "Discours de reception d'Alexandre Dumans fils, 11 février 1875" http://www.academie-francaise.fr/discours-de-reception-dalexandre-dumas-fils). Su Lebrun si veda la lunga introduzione di Saint-Beuve in: LEBRUN, Pierre-Antoine, OEuvres. Nouvelle Édition avec une notice par M. Sainte-Beuve, Paris, Didier, 1864, pp. III-XXXV. E anche LATREILLE, Camille, La fin du théâtre romantique et François Ponsard, d'après des documents inédits, par C. Latreille, … 1899, pp. 15-23. In ultimo il recente MELAI, Maurizio, Les dernieres feux de la tragédie classique aux temps du romantisme, Paris, PUPS, 2015 in cui viene analizzata la produzione drammaturgica francese tra il 1820 e il 1840 focalizzando l'interesse sul passaggio dal "codice" classico a quello romantico.

3 Nel 1820, quando Lebrun scrive la sua préface, esistevano già almeno tre traduzioni francesi della Maria Stuarda di Schiller: quella di M. J. G. Hess edita nel 1816, e destinata a un pubblico di lettori, quella ancora inedita di M. Barante e, in ultimo, la traduzione parziale con commento nel De l'Allemagne di Mme de Staël, riapparso in Francia, dopo la censura napoleonica, nel 1814. Nell'aprile del 1820 apparve in libreria anche la traduzione in prosa di Latouche, la più fedele al testo originale. Lebrun qui non specifica quale sia la traduzione a cui si riferisce, ma sappiamo che quella di cui si servì per scrivere il suo adattamento è la traduzione di M. Barante, il quale curò anche la prima edizione in francese di tutto il teatro di Schiller pubblicata poi nel 1821. Cfr. FAZIO, Mara, François Joseph Talma, primo divo. Teatro e storia tra Rivoluzione, Impero e Restaurazione, Leonardo Arte, 1999, p. 287 e anche EGGLI, Edmond, Schiller et le romantisme français [1927], Genève, Slatkine Réprints, 1970, vol. I, pp. 480-481 e 530-533. L'intero corpus dell'edizione in francese di M. Barante è consultabile sul portale gallica.fr. URL: http://gallica.bnf.fr/services/engine/search/sru? operation=searchRetrieve&version=1.2&collapsing=disabled&query=dc.relation%20all%20%22cb313150620%22 4 Non mi risulta, dalle ricerche finora effettuate, che lo abbia più fatto questo confronto. 5 Si riferisce al Journal des Débats che dedicò 5 articoli alla sua pièce (9 e 13 marzo, 7, 20 e 23 agosto). Cfr EGGLI, op. cit., vol 1, p. 518, nota 3. Alcuni numeri del giornale sono consultabili sul portale

la fortuna del Tasso eroico tra sei e settecento. Modelli interpretativi e pratiche di riscrittura a cura di TancrediArticoedEnricoZucchi Edizioni dell'orso alessandria impaginazione a cura di Francesca Cattina È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno e didattico. L'illecito sarà penalmente perseguibile a norma dell'art. 171 della Legge n. 633 del 22.04.41 isBN 978-88-6274-790-5

Vivere, non si può vivere senza passato" A.Bocelli e G.Trovato -VIVERE I.1 Il Passato 1 : una stagione del Tempo "As time goes by" Frank Sinatra -AS TIME GOES BY Cos'è il Passato? Fatti? Sensazioni? Forse è fatto di sensazioni… forse un fatto di sensazioni. Sinceramente, non lo sappiamo; di sicuro il Passato è l'unica certezza dell'esistenza, l'unico inseparabile bagaglio di cui siamo muniti nell'affrontare quell'incerto viaggio che è la vita. Il vissuto individuale (si badi bene il <<vissuto>> e non il <<vivere>>) è l'immodificabile essenza della persona: ciò che è stato, ciò che ha fatto, ciò che ha sentito; tutto questo è inappellabile. Un'essenza, sia chiaro, immutabile nella realtà degli accadimenti ma non certo sui piani quantitativo e qualitativo. Il Passato, ci sentiamo di azzardare, è in costante espansione "spaziale": man mano che gli istanti di una vita trascorrono, esso naturalmente si allarga (aumenta il numero delle esperienze psicologiche, fisiche e sensoriali che lo sostanziano) ma il vissuto recente, aggiungendosi a quello remoto, non lo elimina, bensì lo illumina da

Facciamo finta che essere un burattino non significhi essere un pezzo di legno inanimato. Facciamo finta che il burattinaio non sia un deus ex machina bensì un braccio al servizio dei burattini. Facciamo finta che non esistano solo i burattini della tradizione. Facciamo finta che Arlecchino possa recitare il Macbeth e che un coniglietto possa essere ritrovato a casa del diavolo. Che Pulcinella abbia avuto una figlia con la Morte e che Pinocchio e Gesù possano dialogare da una cella all'altra di una prigione. Che un coccodrillo si sia mangiato tutte le fiabe e che il sipario sia stato rubato. Facciamo finta che una vita scorra dietro quel sipario. Facciamo finta che...
Proviamo a «verificare i tabù» e vediamo cosa succede.Questa tesi intende seguire la «direzione ostinata e contraria» in cui si è mossa la ricerca teatrale di Gigio Brunello. Dal 1978 autore di testi di drammaturgia di figura e di prosa, attore, burattinaio e sperimentatore di nuove possibilità del teatro in baracca, egli restituisce al teatro di figura quella poesia originaria che una logica sempre più museale e/o industriale ha via via intorbidito nel tempo.

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Questo studio si propone di indagare il dramma Tannhäuser di Wagner cercando di individuare quali siano state le fonti leggendarie e letterarie che hanno portato alla grande fortuna del tema in Germania e nell'Europa intera. La leggenda di Tannhäuser si intreccia con leggende italiane e autori non solo tedeschi si sono occupati della storia del poeta e di Venere. Il tema in realtà affonda le sue radici addirittura in epoca antica. Il motivo dello smarrimento amoroso di un giovane di fronte alla statua di Venere risale alla tarda antichità 1 e un antico mito celtico narrava il soggiorno di un mortale nel regno di una dea. La mia analisi tuttavia considererà le fonti a partire dal Medioevo. Quando si parla di miti, leggende e temi è infatti quasi controproducente continuare ad andare a ritroso. La letteratura è fatta di influenze e ispirazioni a modelli e temi comuni. Per questo ritengo più utile che l'indagine delle fonti a un certo punto si fermi. E questo punto, nel nostro caso, sarà la nascita e lo sviluppo nel Medioevo delle leggende che confluiranno nell'opera di Wagner: quella di Tannhäuser e Venere e quella dei cantori sulla Wartburg. Un'analisi più dettagliata sarà riservata alla tradizione romantica tedesca e a quella medievale italiana. La prima è importante perché in essa troviamo le fonti più vicine a Wagner, mentre la seconda si mostra interessante per lo studio della formazione della leggenda e per dimostrare il suo carattere sovranazionale.

Il personaggio dell'Antigone di Sofocle è estremamente attuale, tanto che sin dalla sua messa in scena non ha smesso di essere mito eterno, metafora incarnante le leggi non scritte del sangue e della pietas. Antigone è l’incarnazione dell’Eroina tragica che si lega al tema della sepoltura. Nell'elaborato si studia un confronto tra Antigone e Katniss, protagonista del romanzo distopico Hunger Games (I Giochi della Fame). Tebe come Panem si “impossessano” moralmente e fisicamente dei caduti, la cui funzione è esclusivamente di propaganda. Il mezzo per pubblicizzare la morte è l’immagine mediatica. Il corpo di Antigone come quello di Katniss è sfruttato dal potere tirannico per dimostrare la validità delle leggi umane, a sfavore della trasgressione delle ribelli che mettono in dubbio, la prima davanti al Coro, la seconda televisivamente, l’autorità che li comanda.

«Ho puntato non tanto sulle recensioni, troppo legate alla fissità di uno spettacolo lontano, ma a “pezzi” su personaggi del teatro del ’900
(apparsi per lo più su “Gazzetta del Sud”). Temi, cioè, che avevano una loro attualità al tempo in cui sono stati scritti (una scomparsa, una ricorrenza, una prima…, senza alcuna intenzione esaustiva), che la conservano anche
adesso e che probabilmente l’avranno anche domani. E ho cercato di trasformare il tutto in qualcosa di utile per chi legge, con due accorgimenti. Il primo è un “ammodernamento” o “ristrutturazione” dei singoli capitoli (ed ex articoli), aggiungendo concetti e circostanze grazie a uno spazio maggiore di quello ristretto di una pagina di giornale. Il secondo è un complesso apparato di note (insieme con una nutrita bibliografia), appetibile per gli appassionati di teatro, che consente di ritrovare
facilmente (grazie anche a un dettagliato indice analitico) spettacoli famosi con la loro distribuzione di ruoli, che instaura collegamenti tra un personaggio e l’altro, che mette insieme nomi e date, utili anche a una “storia” (per carità, tra virgolette e con la s minuscola) del teatro,
soprattutto della seconda metà del Novecento».
Trentadue personaggi
Julian Beck, Samuel Beckett, Biagio Belfiore, Paola Borboni, Lilla
Brignone, Peter Brook e Jerzy Grotowski, Gabriele D’Annunzio,
Eduardo De Filippo, Rossella Falk, Giuseppe Fava, Dario Fo, Jean
Genet, Eugène Ionesco, Beniamino Joppolo, Alberto Moravia, Salvo
Randone, Leonida Rèpaci, Mariano Rigillo, Enrico Maria Salerno,
Stefano Satta Flores, Jérôme Savary, Leonardo Sciascia, Spiro Scimone
e Francesco Sframeli, Luigi Squarzina, Konstantin S. Stanislavskij,
Giorgio Strehler, Giovanni Testori, Aroldo Tieri, Leopoldo Trieste,
Anatolij Vasiliev.
E anche
Un palcoscenico dal cuore siciliano (Stabile di Catania), Cinquant’anni
di Piccolo Teatro (e di Strehler), Il palcoscenico terapeutico (lo
psicodramma).

El Público, scritto nel 1930 e rimasto incompiuto, insieme alla Comedia sin titulo appartiene al gruppo delle “comedias imposibles”, commedie irrappresentabili, opere spregiudicate per i temi enigmatici e arditi in cui la successione per quadri e successione di maschere e serve al drammaturgo per indagare le azioni parallele che si svolgono sulla scena.

Sta per uscire il quarto aggiornamento dal 1992 al 2012 del volume di Enrico Bernard "Autori e drammaturgie" la prima enciclopedia del teatro italiano contemporaneo. Come molti ricordano si tratta di un'opera fondamentale, adottata in diversi centri di ricerca nel mondo e che per le tre edizioni (1988-1990-1992) rappresentò un vero miracolo e successo editoriale. L'autore Enrico Bernard sulla base di quella esperienza rilancia la discussione sulla drammaturgia contemporanea con una divertita polemica sul numero degli autori e sulle loro scelte e visioni drammaturgiche.

Ripartendo da quanto Nencioni scrisse sulla lingua di Pirandello (non "grigia", bensì "partitura"), si è voluta qui tentare una disamina delle forme della ripetizione utilizzate dall'autore nei testi composti per il teatro tra il 1892 e il 1920, attraverso l'applicazione dei principi della linguistica testuale e della pragmatica.

Nel saggio si indaga la presenza della poesia dantesca quale ispiratrice di opere teatrali nella drammaturgia europea ed italiana fra Otto e Novecento. In the essay is investigated the presence of Dante's poetry as inspiration for theatrical works in the European and Italian dramaturgy between the XIXth and XXth centuries.

Intenzione del presente lavoro è quella di analizzare lo studio su Henrik Ibsen compiuto da Scipio  Slataper nelle sue differenti stesure ed edizioni, valutandone la genesi, le motivazioni critiche, il contesto e i precedenti, dando poi un’interpretazione dei principali giudizi critici slataperiani che concorrono a costruire il “suo” Ibsen.

Una nuova forma di saggio sperimentale presentato come monologo lirico-drammatico sul più grande rapporto d'amore della letteratura mondiale. Fu vero amore? Oppure Dante si prese qualche licenza poetica e qualche libertà espressiva? Un divertente cavalcata al femminile nei canti del Paradiso che vengono smontati e ridefiniti dalla protagonista stessa, Beatrice, che finalmente fa sentire la sua non più flebile, ma dura e contestatrice voce. In questo stesso sito la versione "scientifica": DANTE E IL PROBLEMA DELLE DUE LETTERATURE, QUELLA DEI RICCHI E QUELLA DEI POVERI

In occasione delle celebrazioni dei 750 anni dalla nascita di Dante Alighieri.

Dopo aver analizzato e aver letto la parte dei quattro vangeli secondo Marco, Matteo, Luca e Giovanni che trattano della Passione di Cristo e quindi di quello che si può definire come un 'momentaneo accecamento' della vista nei confronti di ciò che è reale, e averne creato un'unica traccia narrativa, l'intento è quello di voler ricostruire i moduli rappresentativi e narrativi della suddetta storia ripresa, però, da opere più contemporanee per capirne il punto di vista adottato, per riuscire a ricostruire le trame emotive e comprendere assieme l'effetto prodotto dall'immagine presentataci. Nel nostro caso verrano analizzate due opere cinematografiche significative e distanti tra loro sia per anno di realizzazione che per scelte stilistiche adottate: Christus e The Passion of The Christ. Nello stesso tempo ci proponiamo di analizzare un terzo film, nelle parti in cui ci è concesso, intitolato Maria Madre di Gesù per comprendere il solo punto di vista (finzionale) di Maria. Esse ci permetteranno di capire come la forma drammaturgica sia legata, in vero, ad una funzione proposta. !

I cosiddetti "Anni di Piombo", il periodo della storia italiana e tedesca in cui agirono simultaneamente le sigle terroristiche delle Brigate Rosse e della Rote Armeé Fraktion, in Italia non finiscono come in Germania con l’eliminazione fisica - parlo del sospetto suicidio di Andreas Baader, Gudrun Esslin e Ulrike Meinhof nel carcere di Stammheim in Germania nella seconda meta' degli Anni Settanta, - della cellula terroristica originaria. Paradossalmente, nonostante la complessità e dimensione del fenomeno terroristico in Italia, il panorama teatrale italiano è abbastanza avaro di opere sul terrorismo.
Sembrerebbe che gli Autori italiani - pur di fronte ad eventi storici e politici di grande importanza ed emotivamente coinvolgenti per il pubblico - abbiano, tranne alcune eccezioni, considerato quello del terrorismo un tema teatralmente trascurabile.

Edizione critica, traduzione e commento a cura di Armando Bisanti
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Prima delle sette commedie composte dall’umanista ferrarese Tito Livio Frulovisi (1400-1463 c.), la Corallaria è caratterizzata da un doppio intreccio, entro il quale si individuano frequenti contaminazioni fra temi di tradizione comica classica e motivi di origine novellistica. Rappresentata a Venezia nel 1432, probabilmente da una compagnia di attori professionisti, la Corallaria si configura come una commedia “stataria”, dal momento che la maggior parte degli eventi che vi si verificano, piuttosto che direttamente rappresentata, viene raccontata dai personaggi. Il titolo, di stampo evidentemente plautino, deriva dai coralli che il giovane Miles si fa prestare da Faceto e regala alla vecchia Claudipoti per incoraggiarne le speranze matrimoniali (che avranno, però, un esito ben diverso da quello da lei previsto). La scena è ambientata a Pisa, anche se risulta evidente, da allusioni e accenni disseminati nel testo, che il Frulovisi pensava a Venezia. Si sa, inoltre, che la recita della commedia provocò all’autore fastidiose accuse di plagio nei confronti di una commedia di Iacopo Languschi, oggi perduta, oltre che di immoralità. Da queste accuse il Frulovisi, comunque, si difese nel prologo dei Claudi duo, la sua seconda commedia, messa in scena a breve distanza di tempo dalla rappresentazione della Corallaria. L’edizione che qui si presenta, fondata sull’inspectio dell’unico manoscritto che ci ha trasmesso il corpus teatrale del Frulovisi (Cambridge, Library of St. John’s College, C. 10, del secolo XV), è la seconda dopo l’editio princeps, allestita da Ch.W. Previté-Orton nel 1932, ed è corredata da un’ampia introduzione, dalla traduzione italiana e dalle note di commento.

Personalità di spicco della cultura italiana del secondo Ottocento, lo scapigliato Arrigo Boito (Padova, 1842 - Milano, 1918), intellettuale colto e raffinato ma anche ambiguo, malizioso e dissacrante come pochi, visse la propria vocazione melodrammatica come perno centrale di una battaglia per il rinnovamento dell’arte nazionale e per la sua apertura al panorama europeo. Questo libro esamina la librettistica boitiana seguendo un percorso che, accanto a estese considerazioni generali e a un’analisi delle strategie formali, si sofferma con diverse modalità d’approccio su sei drammi emblematici: "Amleto", "Mefistofele", "Otello", "La Gioconda", "Pier Luigi Farnese" e "Iràm". Riforma del melodramma, valore del passato, esperienza giornalistica, rapporto col pubblico, impatto con Verdi e Wagner, poetica, drammaturgia, riscrittura, intertestualità, esoterismo e massoneria, invenzione scenica e strategie linguistiche e metriche sono alcuni dei temi affrontati per indagare la figura e la statura di Boito librettista e offrire nuovi spunti per una lettura a tutto tondo dei suoi drammi per musica.

La fortuna della drammaturgia gozziana e in particolare di Re Cervo, rappresentato sulle scene di parecchi paesi e per decenni completamente dimenticato, presenta una speciale caratteristica. Tre delle fiabe di Carlo Gozzi sono state rapresentate in forma di libretto e musicate da compositori di grandissimo livello. Turandot rappresenta sicuramente il caso più esemplare, ma anche L’amore delle tre melarance e La donna serpente si sono trasformate in opere di pregio. È ora la volta di Re Cervo, trasformato in libretto da Paolo Bosisio per suggestione della direzione della Fenice di Venezia, e quindi musicato dal compositore Angelo Inglese.
  Già a una lettura superficiale appare evidente, nel libretto di Bosisio, l’intento dell’autore di prendere le distanze dallo stile e dalla tematica del modello mediante l’introduzione di elementi innovativi e moderni che avvicinano l’opera all’epoca contemporanea senza per questo cancellare l’identità letteraria del 18° secolo e il contesto retro dell’atmosfera prettamente veneziana. Bosisio con questo libretto dimostra oltre ogni dubbio di conoscere a fondo la prassis teatrale, di sapersi muovere con perizia nell’arte della scrittura che per la prima volta in un ambito drammaturgico –e non più scientifico– supporta e pone in evidenza le abilità potenziali e le doti interpretative degli attori e dei cantanti.

Versione italiana del testo della conferenza in inglese di Enrico Bernard "Benigni between cinema and theatre" con le foto inedite del "Cioni Mario di Gaspare fu Giulia" di Giuseppe Bertolucci interpretato da Benigni  nella prima metà degli anni '70 all'Alberichino un teatrino off off  delle cosiddette "cantine romane".

Spinto dal desiderio di confrontarsi con la parola di Giovanni Testori, con la sua potente teatralizzazione della grammatica, Roberto Latini ha portato in scena il famoso monologo testoriano In exitu (1988). Il contributo analizza e interpreta lo spettacolo dell’attore-dramaturg romano attraverso una riflessione sul senso ideologico del testo, sul suo messaggio sociale ancora vivo e urgente. L’itinerario di indagine tracciato è perciò declinato in due momenti: il recap essenziale della storia e dei temi della drammaturgia di Testori che consente di contestualizzare, nella seconda parte del testo, la lettura critica delle forme di recitazione e di scrittura scenica adottate da Latini nella sua performance. La tesi che salda i due movimenti dell’analisi rileva un deciso ‘inarcamento’ di sensibilità artistica che avvicina Latini a Testori; una ‘corrispondenza d’amorosi sensi’ che assegna alla messinscena dell’attore un forte impatto emotivo, e soprattutto la rende paradigmatica del significato profondo dell’opera testoriana, del suo valore espressivo e morale.

E poi, tu credi, che si possa fare un sogno, non ricordarlo, e avere da questo sogno, mutata la vita? P. P. Pasolini, Poeta delle Ceneri https://www.youtube.com/watch?v=lgb-eUr0WP8 Il sipario si alza su una skenè semi-vuota e ingabbiata da pareti di mattoncini scuri, alte barriere di cemento che delimitano il perimetro claustrofobico di uno spazio/prigione al cui centro si staglia, unico corredo scenografico, il letto dove giace prossima al risveglio la protagonista Rosaura.

Una "nuova" visione della letteratura e dell'arte che abolisce i generi, drammatico e narrativo, lirico e figurativo per riconfigurare l'idea di arte totale, globale, giá  teorizzata dai movimenti del primo Novecento  ma di cui nella critica letteraria si sono perse le tracce. Il testo qui pubblicato é la traccia della confereza tenuta da Enrico Bernard alla Indiana University.

Junije Palmotić’s play Danica (1644) is a product of the lively Baroque culture of Dubrovnik and its openness to Italy. In his work, Palmotić puts Ariosto’s tale of Ginevra and Ariodante through a complex theatrical transposition in Croatian. From the reworking of the Ariostan plot to the attempt to respect the Aristotelian unity of time, from setting the action in Balkan geography to the addition of an innovative political theme, Danica reveals itself as a work that goes beyond the mere translation.