En
Attendand
Godot –
Aspettando
Godot
Opera Teatrale in due
Atti di S. Beckett –
1952
Tardugno Sandro
INTRODUZIONE E NASCITA DELL’OPERA
Di certo Samuel Barclay Beckett nato a Dublino il 13 Aprile 1906 e morto a Parigi il 22
Dicembre 1989, fu uno dei più riconosciuti autori e personalità della drammaturgia
novecentesca. Divenne noto soprattutto come rappresentante del “Teatro
dell’Assurdo”1, termine coniato da Martin Esslin, anche se mai espressamente
riconosciuto.
L’autore all’ interno del suo trattato, che porta lo stesso nome del termine che questi
introduce, per definire tale concetto, si collega a sua volta ad un definizione di Eugène
Ionesco che, in un essay su Kafka interpreta il termine assurdo nel modo seguente: “
Assurdo è ciò che è privo di oggetto, isolato dalle sue radici religiose, metafisiche e
trascendentali.”2
La struttura tradizionale in questo genere viene quindi rielaborata, il teatro dell’assurdo
si distingue per i dialoghi senza senso, i discorsi futili, movimenti ripetitivi e
apparentemente senza nessun significato, talvolta in grado però di rendere comica la
scena, nonostante la drammaticità di quello che stanno vivendo i personaggi. Beckett in
questa maniera, riesce a portare in scena l’oggettivazione dell’assurdo.
En Attendant Godot, titolo originale francese di Aspettando Godot, è stato scritto tra il
1948 e il 1949, ed è il dramma con il quale S. Beckett si rivela al grande pubblico, in tutto
il suo talento, in tutta la sua capacità descrittiva, nell’originalità dei suoi testi e nel suo
tentativo di descrivere la vita attraverso la nullificazione dell’esistenza umana e
dell’universo intero. Per quanto riguarda il contesto storico, è da pochi anni finita la
seconda guerra mondiale.
Venne rappresentato a Parigi nel 1952, nel modesto Théatre de Babylone, inizialmente
con scarso successo; la sua fama successivamente però crebbe notevolmente, la critica
in particolare , “concesse all’opera un certo valore sperimentale” sottolineando anche il
“lato ingenuamente avanguardistico da una parte e ottusamente conservatore
dall’altra”3.
1
Martin. Esslin, The Theatre of the Absurd, Garden City , Doubleday & Company, 1961
2
Ivi, p.23
3
Samuel. Beckett, Aspettando Godot, Torino, Einaudi, 2000 introd. di C. Fruttero, p. 6
En Attendand Godot riunisce diversi dei temi e delle idee che Beckett ha
precedentemente trattato nelle sue opere. In questo caso, l’utilizzo della forma teatrale,
invece del romanzo o della forma poetica (che lo stesso Beckett utilizzò) rende l’opera
più intensa e vera.
En Attendant Godot, “ è la prima opera teatrale che si svolge entro un tempo congelato,
un’enorme pausa; è questo che si vuol dire quando la si definisce un tour de force una
trovata sensazionale, ed è questo che spiega gran parte del suo fascino”4
ANALISI DELL’OPERA
I protagonisti del dramma sono due clochard , Vladimiro ed Estragone, che aspettano in
aperta campagna un certo Godot.
Beckett non definisce il rapporto sociale della coppia dei due vagabondi, questi infatti
potrebbero essere padre e figlio, fratelli, moglie e marito, o due semplici amici.
Il fatto di non definire con certezza il loro rapporto, è in un certo senso emblematico e
rafforzativo del senso di solitudine e di abbandono che Beckett vuole instillare nelle sue
opere, soprattutto in questo dramma, che è di per certo quello in cui questo senso di
vuoto e solitudine viene maggiormente espresso. Il senso di Beckett potrebbe essere
quello di caratterizzare attraverso i due personaggi, una varietà di sentimenti umani e di
intime relazioni. In questa concezione, Vladimiro potrebbe rappresentare la parte più
forte di ciascuno, quella razionale e intellettuale, che si lascia meno andare; mentre
Estragone potrebbe essere quella più intimistica, più fragile e sognatrice. L’obiettivo di
Beckett potrebbe voler essere quello di rappresentare due persone emotivamente
diverse, così da poter esprimere sulla scena una profonda varietà di sentimenti e
soprattutto di modi di essere umani; in questo modo chi legge può eventualmente
identificarsi in uno dei due personaggi.
Già all’inizio del primo atto colpisce subito la conversazione dei due:
Vladimiro: E se ci pentissimo ?
Estragone: Di cosa?
Vladimiro: Bé….(Cerca) Non sarebbe proprio indispensabile scendere ai particolari.
Estragone: Di essere nati?
Vladimiro (scoppia in una gran risata, che subito soffoca portandosi la mano al pube col
volto contratto) Proibito anche il riso5
4
Ivi, p. 10
5
Samuel. Beckett, Aspettando Godot, Torino, Einaudi, 2000, p. 22
Il dialogo appare senza alcun senso, com’ è tipico del Teatro dell’Assurdo; come se fosse
possibile pentirsi di essere nati, tornare indietro con il tempo, senza considerare poi la
concezione per la quale non siamo noi a decidere di voler nascere, ma lo facciamo per
mano di qualcun altro; l’unico gesto che potremmo decidere di fare, è porre fine alla
nostra esistenza.
È proprio su questa linea che continua la conversazione dei due, prima si interrogano
sulla propria esistenza, poi il dialogo nelle battute successive si sviluppa assumendo una
veste ancor più singolare:
Vladimiro: Che facciamo adesso ?
Estragone: Aspettiamo.
Vladimiro: Sì, ma mentre aspettiamo.
Estragone: E se ci impiccassimo?6
Il dialogo sulla vita dei due a questo punto si infittisce di contenuti particolari, l’idea
dell’impiccagione corrisponde in un certo senso alla necessità di voler dare una scossa
alla propria esistenza; per esempio voglio che qualcosa accada necessariamente perché
non riesco più a vivere in una situazione di apatia che è la causa della mia tristezza e del
mio profondo malessere, questa è in sé l’emblema del dramma dell’umanità. Estragone a
questo punto rafforza tale concetto con grande decisione “Impicchiamoci subito”7.
Inizia quindi la conversazione su chi debba impiccarsi per primo, e sulla probabilità che il
ramo si spezzi a causa del loro peso, non dandogli quindi la possibilità di porre fine alla
loro vita.
L’attesa di Godot costituisce nuovamente la possibilità di un riscatto, o un qualsiasi
cambiamento; d’altronde le decisioni di Estragone e Vladimiro sono fortemente motivate
dalla presenza di Godot, che aleggia costantemente sui protagonisti, ma la cui presenza
non si esteriorizza mai, e esercita nonostante tutto, una grande influenza sui personaggi.
Dopo una lunga attesa arriva Pozzo, con al guinzaglio il suo servitore Lucky. Il primo si
spoglia della propria umanità riducendo il proprio servitore al livello animalesco,
trattandolo come una creatura dal livello inferiore. Vladimiro e Estragone tuttavia
intervengono all’interno della scena cercando di restituire dignità allo sfortunato Lucky.
Da notare il gioco di parole nella traduzione in Inglese.
Vladimiro Non è brutto.
Estragone (alzando le spalle, con una smorfia) Trovi ?
Vladimiro Un po’ effemminato.
6
Ivi, p. 27
Ibidem
7
Estragone Perde le bave.
Vladimiro Per forza.
Estragone Schiuma.
Vladimiro Forse è un idiota.
Estragone Un deficiente8
La conversazione fra i due inizia definendo Lucky come un potenziale uomo “non
brutto”. Poi il tono della conversazione cambia, la virilità di Lucky viene sminuita dalle
sue apparenti caratteristiche femminili, i due lo sminuiscono sia da un punto di vista
estetico che intellettuale, definendolo “un idiota” “un deficiente”.
Pozzo si rivolge a Lucky in maniera sempre sprezzante, utilizzando rivolgendosi a lui, il
tono imperativo.
Pozzo Dopo vi spiegherò. (A lucky ) Balla, maiale !
Estragone Tutto qui ?
Pozzo Continua !9
Considerando il periodo storico in cui l’opera è stata scritta, ossia successivamente alla
seconda guerra mondiale, questa disumanizzazione di Lucky potrebbe simboleggiare
e/o ricordare l’immagine dell’Olocausto.
Questo è il caso in cui Lucky potrebbe essere considerato un’artistica rappresentazione
dell’oppressione sugli Ebrei, da parte di Pozzo che rappresenterebbe la supremazia
nazista, e l’ideologica rappresentazione della razza ariana.
Il corpo di Lucky in questa concezione potrebbe simboleggiare la sofferenza umana, e in
una considerazione simbolica molto evidente, diventa l’emblema dell’intera popolazione
ebrea.
Gli elementi a disposizione di Pozzo, coi quali egli punisce indirettamente Lucky,
diventano delle vere e proprie armi. Questo potrebbe costituire in tale tesi un forte
parallelismo con le severe punizione ai quali il popolo ebreo fu costretto durante
l’oppressione nazista.
In maniera più generica e conferendo a questa tesi una connotazione meno forte,
potremmo dire che Pozzo e Lucky potrebbero anche essere visti come il capitalista e il
proletario da lui sfruttato e umiliato, il povero e il debole. Le scene infatti in cui appare
Lucky portato al guinzaglio da Pozzo, sono molto esplicite e appare subito chiaro allo
spettatore il loro significato di totale sottomissione, qualsiasi sia l’interpretazione che gli
si voglia dare.
8
Ivi, p. 36
Ivi, p. 51
9
Il primo atto del dramma si conclude con l’arrivo di un ragazzo e il suo annuncio:
“Ragazzo (d’un fiato) Il signor Godot mi ha detto di dirvi che non verrà questa sera ma di
sicuro domani.”10
Vladimiro e Estragone sono realmente confortati dalle parole del ragazzo, questo perché
l’unica cosa che consente ai due di trascorrere le loro vane vite è l’attesa di Godot. È
possibile leggere nella figura del ragazzo una sorta di annunciatore, mandato da Godot a
rinsaldare negli uomini la speranza della liberazione dalla loro condizione esistenziale
che è quella dell’attesa, per i quali la sua venuta costituirebbe un evento liberatorio.
Nel secondo atto, la situazione è sempre la medesima, Vladimiro e Estragone continuano
nella loro attesa. I due sono come dei veri e propri clowns, incapaci di ricordarsi chi
sono, cosa devono fare, dove si trovano e perché sono in quel dato luogo, in quel
momento:
Estragone Che facciamo adesso ?
Vladimiro Aspettiamo Godot.
Estragone Già, è vero.11
In queste poche battute l’aspetto comunicativo della vicenda è particolarmente
evidente. L’attesa non finisce mai, è un dramma senza fine quello di Beckett che non si
risolve, ed è proprio dai contenuti dei dialoghi che emerge il contenuto della pièce
teatrale: la vita in En Attendant Godot, è ripetizione degli stessi gesti, è noia è solitudine;
l’uomo si trova immerso in una dimensione spazio temporale che non conosce, non ha
più riferimenti , è solo di fronte all’ignoto.
La condizione umana, anche nel secondo atto, è perfettamente descritta da Beckett;
ogni uomo infatti è in attesa di un Godot, ovvero di una risposta, un qualcosa che ci riveli
il senso del tutto, il senso della vita. Come l’uomo del ventesimo secolo, infatti,
Vladimiro e Estragone sono spaesati e passivi. Non hanno forze sufficienti per reagire e
possono solo attendere che accada qualcosa di positivo che possa risollevare la loro
situazione.
La ripetizione degli stessi movimenti si esprime anche a livello del linguaggio utilizzato. E’
parlando che i personaggi hanno coscienza di esistere e quindi si attaccano alle parole
con tutto il loro essere, borbottando e balbettando in modo convulso e illogico, questa
caratteristica si traduce anche attraverso il loro tentativo di giocare con le sonorità
cantando filastrocche e canzoncine:
10
Ivi p. 65
Ivi p. 76
11
Vladimiro Aspetta. (Si avvicina a Estragone e si mette a cantare a gran voce).
Ni na na na
Ni na na na
Ni na na na
Na na…12
A un certo punto “Entrano Pozzo e Lucky. Pozzo è diventato cieco. Lucky è carico come al
primo atto”13. In questo caso si verifica una vera e propria inversione dei ruoli. Ora Pozzo
non è più autonomo, la sua cecità modifica i suoi comportamenti, è completamente
dipendente tanto da non riuscire quasi a muoversi, urla di dolore e striscia a terra.
“Pozzo Pietà! Pietà!”14
I ruoli sono quasi opposti rispetto alla situazione del primo atto, sia Pozzo che Lucky
sembrano entrare in una forte crisi esistenziale, e provano disperatamente di
riacquistare una parvenza di controllo e identità, la condizione di Pozzo però è
fortemente debilitante perché non riesce più a vedere, Lucky invece nel frattempo è
diventato muto. Pozzo cerca di riacquistare la scena, riappropriandosi del rapporto
schiavo – padrone con Lucky, inveisce contro Vladimiro e Estragone prima di uscire
definitivamente:
Pozzo ( con ira improvvisa) Ma la volete finire con le vostre storie di tempo ? E’
grottesco! Quando! Quando! Un giorno, non vi basta, un giorno come tutti gli altri, è
diventato muto, un giorno io sono diventato cieco, un giorno diventeremo sordi, un
giorno siamo nati, un giorno moriremo, lo stesso giorno, lo stesso istante, non vi basta?
(Calmandosi) Partoriscono a cavallo di una tomba, il giorno splende un istante, ed è
subito notte. (Tira la corda) Avanti!15
Entra nuovamente il ragazzo, si ripete bene o male la stessa conversazione del primo
atto, questi alla fine della conversazione riferisce sempre della certezza del futuro arrivo
di Godot.
Vladimiro E’ il signor Godot che ti manda ?
Ragazzo Sissignore.
Vladimiro Non verrà questa sera ?
Ragazzo Nossignore.
Vladimiro Ma verrà domani.
12
Ivi p. 83
Ivi p. 90
Ivi p. 96
Ivi p. 105
13
14
15
Ragazzo Sissignore.
Vladimiro Sicuramente.
Ragazzo Sissignore,16
Il dramma arriva dunque alle sue battute finali:
Vladimiro C’impiccheremo domani. (Pausa). A meno che Godot non venga.
Estragone: E se viene?
Vladimiro: Saremo salvati.17
Per diverse tesi Godot sarebbe Dio, in quanto il suo nome sarebbe composto da due
parti: God ( che significa Dio nella lingua inglese ) e dot ( che significa punto ), ad indicare
che Dio ha un inizio ma anche una fine. Riprendendo le considerazioni effettuate nel
primo atto anche il ragazzo potrebbe costituire un annunciatore in senso evangelico.
L’accezione religiosa è stata data da diversi studiosi, considerando i numerosi riferimenti
evangelici presenti nel testo, come i discorsi di Vladimiro e Estragone sulla salvezza, sul
pentimento, sugli evangelisti, sui due ladroni crocifissi. In verità fu lo stesso Beckett a
dichiarare di non conoscere la vera identità di Godot, perché se l’avesse saputa l’avrebbe
scritta. Per alcuni questi rappresenterebbe addirittura la morte, l’unico destino certo
dell’uomo.
IL DRAMMA-CONVERSAZIONE IN BECKETT
La produzione teatrale di Beckett , a livello storico, può essere concettualizzata in un
periodo in cui il rapporto intersoggettivo dei protagonisti a livello drammatico sembra
venir meno. Il dialogo si spezza in monologhi. Il “Dramma – Conversazione”18 domina la
scena europea della seconda metà dell’800, specie in Inghilterra e in Francia. Il rapporto
dei protagonisti in questo caso non è più caratterizzato dal loro rapporto soggettivo, lo
spazio dialogico in questo caso si riempie di temi di attualità. Il dramma – conversazione
dibatte problemi di carattere sociale, come il divorzio, il libero amore, il socialismo e
l’industrializzazione. Profondamente moderno il dramma-conversazione rappresentava
all’inizio di questo secolo, la norma della drammaturgia; il teatro in questo caso cercava
nuove forme di espressione. A livello Europeo solamente la Germania non sembra essere
tanto incline a questo nuovo genere, questo perché non vigeva un vero e proprio stile di
conversazione tedesco.
Nonostante ciò dobbiamo comunque considerare che l’aspetto drammatico del dramma
– conversazione era più apparente che reale. La conversazione non ha un’origine
16
Ivi p. 107
Samuel. Beckett, Aspettando Godot, Torino, Einaudi, 2000, p. 110
Szondi P., Teoria del dramma moderno, Torino, Einaudi, 1962, p. 72
17
18
soggettiva, e neanche uno scopo oggettivo, non diventa quindi azione; di conseguenza
non caratterizza individui. Come l’argomento della conversazione a questo punto non è
che una citazione della problematica del giorno, così i personaggi incarnano i classici
canoni della società reale. Mentre la commedia dell’arte si riferisce a una realtà estetica
per cui non rinvia oltre ai limiti del dramma, il dramma – conversazione si riferisce a una
caratterizzazione sociale dei personaggi, e contrasta all’esigenza di una forma
drammatica. Considerando che la conversazione non impegna, essa non si trasforma in
azione; per cui per potersi drammatizzare e ben costituirsi è necessario che prenda a
prestito dall’esterno. Questa serie di elementi, considerando anche la nullità della
tematica, giustifica il dramma a tesi come tentativo di salvataggio del dramma che non
osano affrontare di petto la crisi. Nel caso in cui il dramma – conversazione si fa ricco di
contenuti, sono evidenti le caratteristiche positive del dramma stesso, che scaturiscono
fortemente dall’impiego di una tematica impegnativa.
In Beckett però tale forma assume una connotazione differente. Le tematiche della
conversazione non hanno sicuramente carattere positivo, ma l’attesa di Godot diventa
comunque la tematica centrale. Nella conversazione, in Godot, si risolve effettivamente
tutto il dramma: il dialogo non conduce mai all’azione ed è interrotto soltanto da singole
scenette. La conversazione in questo caso si dichiara come un succedersi di frasi per
passare il tempo, per ingannare l’attesa in cui consiste l’essenza della pièce stessa. La
conversazione nel dramma ha continuamente bisogno di trovare un motivo, un pretesto,
per proseguire; e che continuamente si esaurisce per proporre il problema centrale,
aspettare Godot.
STRUTTURA SCENICA
In Aspettando Godot, la struttura scenica del dramma è molto semplice, e tocca nella
sua estrema semplicità corde universali; l’universalità è il minimo indispensabile sulla
scena che ti costringe a doverti concentrarti necessariamente su ogni parola, ogni
azione, ogni movimento. Ci sono poche commedie che hanno la possibilità di catturare
l’immaginazione collettiva, e con la stessa naturalezza.
A un certo punto i quattro protagonisti è come se si trovassero sulla scena organizzati
attraverso delle linee, delle forme geometriche e i loro movimenti sono tali da occupare
tutta la scena. Beckett rende la scenografia vuota, ma ci da comunque la concezione di
pienezza attraverso il senso di movimento dei personaggi sulla scena.
Il contesto scenico a un certo punto si infittisce, caratterizzato dall’arrivo di Pozzo e
Lucky, quest’ultimo infatti “porta una pesante valigia, un seggiolino pieghevole, un
paniere per le provviste e un cappotto (sul braccio); Pozzo, una frusta.”19
Il trascorrere del tempo in Aspettando Godot è evidenziato dall’albero che costituisce
l’unica presenza scenografica che, mentre all’inizio della pièce appare completamente
spoglio, nel secondo atto appare “coperto di foglie”20, come indicato dalle direttive di
Beckett per la messa in scena.
La trasformazione dell’albero può indicare il passare delle stagioni, che vede comunque
Godot non arrivare, ma può anche simboleggiare l’inutilità delle vita di Vladimiro e
Estragone che continuano ad aspettarlo per diversi mesi, forse addirittura per anni,
senza rendersi conto dello scorrere impietoso del tempo, questi infatti non si accorgono
del tempo che passa, in quanto pensano addirittura che il giorno precedente l’albero
fosse senza foglie, manca quindi nei due personaggi anche la concezione temporale del
periodo in cui stanno vivendo.
Le foglie che ricompaiono possono essere lette come simbolo di una possibilità di
rinascita data alla realtà intera che appare stanziare sull’orlo della morte, proprio come
l’albero nel primo atto della pièce. Allora, come per l’albero è stato possibile iniziare una
nuova vita o solamente alla speranza in essa, così, forse, anche per gli uomini e la realtà
che li circonda sarà possibile, un giorno, cominciare ad avere fiducia nella possibilità di
un cambiamento della loro condizione.
CONCLUSIONE
Tuttavia, dopo questa attenta analisi, possiamo pensare che ogni persona possa
interpretare Godot come vuole; questi infatti può costituire il liberatore di ciascuno. In
termini sociali può essere una condizione lavorativa che vorremmo cambiare, o anche
personale familiare dalla quale vorremmo uscire, ma dalla quale non riusciamo a
svincolarci; questo perché è sicuramente più semplice aspettare che qualcosa accada
piuttosto che movimentarci perché ciò avvenga, anche se nel dramma tutto ovviamente
è inteso in senso molto più ampio.
Godot infatti non si presenterà, per cui non risolveremo mai la problematica sul senso
della vita; potremo solamente concepire in maniera sempre più marcata quel senso
dell’assurdo come teorizzato da Esslin.
La nostra responsabilità intellettuale dovrebbe essere quella di essere in continuo
movimento, come lo stesso Beckett che fu sempre in continua ricerca ed analisi. Se
19
Samuel. Beckett, Aspettando Godot, Torino, Einaudi, 2000, p. 32
Ivi p. 69
20
siamo attivi infatti, tendiamo a dimenticare il tempo che passa, il tempo trascorre
tranquillamente e non ci costringe a confrontarci inevitabilmente con il problema dell’
essere perché la ricerca di noi stessi avviene in completa armonia. È l’apatia e la noia
che non ci danno la possibilità di crescere come individui all’interno della società; anzi
sarebbe proprio questa condizione a farci diventare delle marionette, dei clown in balia
del controllo di qualcun altro. In una situazione di questo genere il tempo inoltre non
trascorrerebbe mai e saremmo nella continua attesa che qualcosa capiti o che qualcuno
arrivi come in En Attendand Godot. La scelta però sta completamente a noi stessi;
dovremmo tirarci su i pantaloni e andare, ma non restare fermi come fanno Vladimiro e
Estragone alla fine del secondo atto; ma andare in questa seppur difficile complessità di
movimenti.