Biblioteche Antiche

Despite the widespread use of screens and IT technologies, books and education remain today for us fundamentally linked. The origins of this connection can be traced back to the Greek poleis, but recon- structing its dynamics and evolution is still problematic, although there has been no shortage of attempts and surveys, even recent ones. The present contribution touches on some significant aspects of this relationship, focusing on the most advanced phases of the school cur- riculum. It is in these later stages of study that the differentiation between subjects required the use of a wider array of texts. Sources from a variety of origins are examined, including literary and icono- graphic testimonies, and papyrological and epigraphic sources, for a period ranging from the early Hellenistic age to the threshold of Late Antiquity, when the introduction of the new book format of the codex implied also a renewed perspective for teaching practices. In this way, moving between famous intellectuals and anonymous teachers, from ‘cultural capitals’ to those peripheral towns that have returned almost all of the papyrus evidence, this contribution will reveal some of the dynamics in the use of books and other writing supports inside ancient Greek classrooms.

Sebbene principalmente noto per il suo fondamentale apporto allo sviluppo della Bibliografia, Conrad Gesner ebbe un ruolo di primo piano anche nell'ambito della storiografia delle biblioteche. In questo saggio vengono analizzate le caratteristiche di tale apporto, ed evidenziate per la prima volta le dipendenze di successivi autori dai testi gesneriani, spesso criptate.

L'Ottocento borbonico. Esplorazioni, scavi ed erudizione archeologica nei territori di Capri e di Anacapri 13.00-13.20-Carmen D'Anna (Università degli Studi di Napoli Federico II) Disegnare per comprendere. I rivestimenti pavimentali e parietali di Capri attraverso la documentazione figurativa e archivistica della prima metà del XIX secolo 13.20-14.40-Pausa pranzo

Sebbene l'opera che ha dato fama a Winckelmann si presenti come una complessiva storia dell'arte dell'antichità dagli Egizi fino ai Romani, il fulcro della Geschichte der Kunst des Alterthums è sostanzialmente l'arte classica ( ). All'arte del mondo greco e romano, infatti, Winckelmann riserva il numero di pagine più cospicuo all'interno di un'opera che è programmaticamente una storia ragionata dell'arte antica. Motivato dall'esigenza di restituire vitalità all'arte dei suoi tempi, egli indaga nel passato per ricercare l'essenza dell'arte, ossia gli elementi fondanti dell'espressione artistica. Oltre che all'amico Mengs, infatti, la Geschichte è dedicata all'Arte, per la sua rigenerazione, e al Tempo, dal quale l'arte dipende, tempo che non è più perché è diventato Storia. Nella sua particolare visione, supportata da un'eccezionale conoscenza delle fonti scritte, greche e latine, l'arte si è sviluppata secondo uno schema tripartito che prevede una crescita (le civiltà prima dei Greci), una fioritura (l'età dei Greci) e infine una decadenza (l'età ellenistica e l'età romana imperiale). Il momento più florido all'interno di questa evoluzione è rappresentato dall'arte classica e gli artisti greci si distinguono per maggiori capacità da quelli di tutti gli altri popoli antichi, come è teorizzato nella Parte Prima della Geschichte, in particolare nell'esteso capitolo IV. Le ragioni di questo primato dei Greci sono argomentate nella Parte Seconda dell'opera, che si configura come un articolato inquadramento storico-geografico dell'arte greca e, come tale, costituisce un approccio innovativo nella storia degli studi. Il clima propizio, che favorisce la bellezza fisica e quella della natura, e la libertà politica, che L'arte classica, fulcro della Geschichte Eleonora Ferrazza 69 Fig. 2. Atena Giustiniani, già nella collezione di Vincenzo Giustiniani, Musei Vaticani, Braccio Nuovo CAPOLAVORI DIFFUSI NEI MUSEI VATICANI L'arte classica, fulcro della Geschichte Eleonora Ferrazza Catalogo CAPOLAVORI DIFFUSI NEI MUSEI VATICANI Decenni finali del I secolo d.C. Da Roma, scavi nell'area dell'Iseo Campense (1513) Musei Vaticani, Braccio Nuovo, inv. 2300 Progetto grafico di comunicazione Alessandra Murri Stampa e allestimento didattica Sala XVII Page Service s.r.l.

Nell'imponente quantità delle committenze del principe di Gravina, Domenico Orsini (1719-1789) che continuò i fasti della sua nobile casata nel secolo dei lumi, ho scelto due casi particolarmente emblematici sia per il livello di qualità delle opere sia per l'importanza degli ar-tisti che le eseguirono. La ricca documentazione inedita dell' Archivio Orsini, custodito nell' Archivio Capitolino di Roma ha permesso, nel caso di Giovanni Paolo Panini, di riattribuire, di datare con certezza e di legare alla committenza del porporato opere ben note alla critica, nel caso di Luigi Valadier, di collocare cronologicamente e di conoscere l' originaria destinazione del servizio liturgico di Muro Lucano, uno dei vertici della produzione dell' argentiere.

This paper presents two marble epigraphs preserved at the Capitoline Museums of Rome. Relating to King Jan III Sobieski and his wife Maria Casimira Luisa de la Grange d’Arquien,  mostly unpublished. In the first – dedicated by the Senate to Innocent XI to commemorate the victory of Vienna on 12 September 1683 – we find the engraved names of the protagonists of this famous historical event. In the second – surmounted by a precious marble low-relief bust of the widowed Queen Maria Casimira – we can learn of her merits, and specifically her influence on her husband, urging him to act on the occasion of the battle of Vienna in 1683, but also the later coming to Rome driven by pietas to celebrate the 1700 Jubilee. It is thanks to the archival research conducted by Jennifer Montagu that we came to know the sculptor of the queen’s portrait Lorenzo Ottoni, a well-established and fruitful sculptor of the time.
KEYWORDS: Musei Capitolini, Sobieski Family, Maria Casimira, Epigraphs.

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Carlo Maratti, protagonista dell'arte romana fra il 1670 e il 1713, fu anche un brillante mercante d'arte. Il saggio delinea quest'attività e l'inquadra all'interno di un complesso profilo, entro il quale hanno grande importanza l'amicizia con Giovanni Pietro Bellori e l'impegno nell'Accademia di San Luca.

Carlo Maratti, the key figure of Roman painting betw. XVIIth and XVIIIth century, acted as an art dealer as well. The essay examines this activity as a dealer and establishes a relation with Maratti's friendship with Giovan Pietro Bellori and his presence at the Accademia di San Luca.

Trascrizione commentata del Testamento e dell'Inventario (1689) della regina Cristina di Svezia, versione originale dall'Archivio di Stato di Roma. https://www.lulu.com/it/shop/maria-gemma-paviolo/aristocratici-inventari-cristina-di-svezia-1626-1689/paperback/product-149ydyw9.html

P ercorrendo «gli erbosi sentieri di Cetinale» 1 , da sempre i visitatori sono rimasti affascinati per la varietà di luoghi, percorsi e opere d'arte all'interno di quel complesso, il quale tra il XVII e il XVIII secolo era frequentemente animato da intrattenimenti mondani e feste, ma pure adibito ad attività caritatevoli o a momenti di ritiro contemplativo, in un in treccio continuo tra sacro e profano. Pensiamo infatti che tutta la villa fosse arricchita da pro fondi si gnificati che lo scultore Giuseppe Mazzuoli poté condividere col suo fidato commit tente ed amico Flavio Chigi durante il concepimento dell'opera. Non a caso le statue del complesso si distinguono per la loro colloca zione lungo dei percorsi precisi, col compito di accompagnare ed istruire l'osservatore verso il termine del cammino intrapreso; il tema di fondo riguardava la varietà di animi, di intenzioni e di vocazioni che caratterizzavano l'umanità, ma che dovevano tutti tendere alla devozione cri stiana per il rag giungimento della meta finale, ovvero l'unione col Dio padre, sia che si fosse mondani o consacrati, ognuno con le proprie virtù e con le grazie elargite da Dio 2 .

P ercorrendo «gli erbosi sentieri di Cetinale» 1 , da sempre i visitatori sono rimasti affascinati per la varietà di luoghi, percorsi e opere d'arte all'interno di quel complesso, il quale tra il XVII e il XVIII secolo era frequentemente animato da intrattenimenti mondani e feste, ma pure adibito ad attività caritatevoli o a momenti di ritiro contemplativo, in un in treccio continuo tra sacro e profano. Pensiamo infatti che tutta la villa fosse arricchita da pro fondi si gnificati che lo scultore Giuseppe Mazzuoli poté condividere col suo fidato commit tente ed amico Flavio Chigi durante il concepimento dell'opera. Non a caso le statue del complesso si distinguono per la loro colloca zione lungo dei percorsi precisi, col compito di accompagnare ed istruire l'osservatore verso il termine del cammino intrapreso; il tema di fondo riguardava la varietà di animi, di intenzioni e di vocazioni che caratterizzavano l'umanità, ma che dovevano tutti tendere alla devozione cri stiana per il rag giungimento della meta finale, ovvero l'unione col Dio padre, sia che si fosse mondani o consacrati, ognuno con le proprie virtù e con le grazie elargite da Dio 2 .

Hendrik Voogd, Paesaggio romano con pini marittimi, 1807, olio su tela, particolare, Amsterdam, Rijksmuseum Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l'autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell'editore. Progetto grafico di Gianni Trozzi

Descrizione bibliografica in www.vaticanlibrary.va Nel frontespizio del volume: disegno (2016) di Filippo Sassòli da Bernardino Nocchi (attr.), stanza del Museo Profano, tempera su muro del Museo Gregoriano Etrusco, c. 1780. Nel frontespizio dell'introduzione: disegno (2016) di Filippo Sassòli dall'incisione di Francesco Barbazza su disegno di Francesco Pannini, veduta della Biblioteca Vaticana, 1767, Stampe IV.170.

In open access l'intero volume: 'Testimoni dell'ingegno. Reti epistolari e libri di lettere nel Cinquecento e nel Seicento', a cura di C. Carminati, Sarnico, Edizioni di Archilet, 2019,  http://www.archilet.it/Pubblicazione.aspx?IdPubblicazione=12

Annalisa, la balenottera della città di Bari, decide di raccontare la sua storia. Prende la parola e, con un linguaggio chiaro ed essenziale, racconta di quando il suo fossile è stato ritrovato da quattro grandi amici e portato in salvo con la complicità di tutta la cittadinanza.
Avvicinando il lettore a questo gigante dei mari per esplorare la sua vita e sfatare miti letterari, il racconto di Annalisa esalta il potere dell’amicizia e del senso civico e l’amore per i luoghi in cui si vive.
Il racconto, corredato da approfondimenti scientifici e giochi enigmistici, permette di approfondire le conoscenze sull’affascinante mondo delle balenottere e della paleontologia. Dopo I giorni della balena il lettore non potrà più guardare un fossile con gli stessi occhi di prima.
Annalisa, la balenottera, fa bella mostra di sé presso il Museo di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Bari.

Vortrag beim Convegno Internazionale »Cardinal Alessandro Albani: collecting, dealing and diplomacy in Grand Tour Europe / Il cardinale Alessandro Albani: collezionismo, diplomazia e mercato nell’Europa del Grand Tour«, Rom, 11.–13. Dez. 2019. PDF: Programm

SPECIALE METAFISICA DELLA BIBLIOTECA
ode to the metaphysics of the library The fascinating combination of library and metaphysics gives us the chance to reflect on the opportunities of reconstruction projects of book collections, and on their social, educational and cultural implications, as well as on their methodologies, tools and instances. The example presented in this article is that of the reconstruction of the library by Francesco Maria II della Rovere, the last duke of Urbino, now held at the Biblioteca Universitaria Alessandrina in Rome.

The thesis , or final dissertation , was made to unveil the secret and unwritten history of the art  collection made in XIX century by the engraver Joseph Maria Longhi  ( 1768 - 1831 ) , of his passion of collector and how was possible that his  great array get dispersed in less than hundred years . Here there is the result of a research started in 2002 and finally ended with a great investigation held between 2009 and 2012 and the  challenging writing of the final dissertation. This work has an European, or best,  international  perspective and tries to deal with matters not only connected to the Museology, but also with the Iconography . This is an instrument that need to be joined to the second volume as in the printed edition of the dissertation.

I. Benincampi, Opere di «pubblica felicità» a Fano nel Settecento. Vanvitelli, Buonamici e la torre comunale, in M. Ricci (a cura di), L’incostante provincia, Officina Libraria, Milano 2019, pp. 177-194. ISBN: 978-88-3367-069-0

ABSTRACT:
When the increasing political weakness of the papal government on the international stage became a reality, the Roman curia – and particularly the Good Government Congregation – tried to restore the state productive-commercial policies on one hand; on the other, the government agencies promoted the image of the Pope even in the most peripheral areas of the Papal State: a complex program of which the city of Fano seems to represent an exceptional example case. In fact, in a few years, the community started the reconstruction both of its port and its municipal tower; a work – the latter one – which due to its representative value and structural difficulty was entrusted to some of the most popular architects of that time: Luigi Vanvitelli (1700-1773) and Giovan Francesco Buonamici (1692-1759).

Il De Bibliothecis Romanorum di Christian Curio, apparso nel 1734, è una delle prime tesi accademiche di storia delle biblioteche. Ne è qui riproposta la prima edizione moderna corredata di saggio introduttivo, traduzione e commento critico.

In questo intervento si cerca di fornire un primo quadro sull’utilizzo delle
biblioteche pubbliche dell’antichità classica, soffermandosi in particolare
sull’area dell’antica Roma. Le posizioni sulle biblioteche antiche, assunte da
parte di studiosi di vari ambiti disciplinari nel corso del tempo, sono assai
contraddittorie. Anche a causa dell’assenza quasi totale di rappresentazioni
iconografiche dell’epoca, spesso è stata proiettata, infatti, sulle biblioteche del
mondo classico la visione moderna della biblioteca e dei suoi servizi. Come
erano organizzate le biblioteche nell’antica Roma e a quali funzioni
assolvevano? In questo interrogativo si mescolano problematiche di tipo
ideologico, politiche e di servizio che occorre contestualizzare per tentare di fare chiarezza su una questione così controversa.

Si dà qui la comunicazione del ritrovamento di un altro testimone  delle "Osservationi del parlare, e scrivere toscano" di Giovanbattista Strozzi (Firenze, 1551-1634). Dell'operetta dello Strozzi — redatta nel 1583, ma edita la prima volta senza il nome dell’autore cinquant'anni dopo — erano finora noti cinque esemplari manoscritti, nessuno dei quali autografo, tutti conservati nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Il recupero del nuovo testimone all’Archivio di Stato di Firenze impone di riconsiderare nel suo complesso anche la vicenda della prima edizione di questa grammatica, stampata anonima a Firenze per i tipi di Pietro Nesti tra il 1630 e il 1634.

Grazie alle fonti d'archivio e alla lettura iconografica e iconologica dei dipinti di Luca Cambiaso in palazzo Imperiale di Campetto a Genova, si chiarisce dopo 500 anni il significato del grande ciclo del secondo piano nobile, voluto da Vincenzo Imperiale nel 1561. La biblioteca dell'Imperiale, emersa dall'inventario lasciatoci da suo nipote Giovanni Vincenzo rivela la pregnanza della cultura della Grecia classica nell'ambiente genovese e consente di individuare Cimone l'Ateniese come il personaggio di cui sono narrate le vicende da parte del pennello del Cambiaso, che ne mutua la narrazione dalle parole di Plutarco nelle Vite Parallele. Una allegoria del buon governo che ben si confà all'ambiente frequentato da Vincenzo Imperiale e che acquisisce il suo più alto senso in relazione alle effigi (del tutto contemporanee ad artista e committente) dei sovrani di Spagna Carlo V e Filippo II. Il contesto culturale dunque si presenta come ideale strumento di mediazione tra le arti e di chiave di lettura delle stesse, dalla letteratura alla pittura, dal collezionismo alla bibliofilia.

Questa pubblicazione è frutto dell’accordo tra l’Università di Trieste e l’Istituto Regionale per il Patrimonio Culturale che prevede la catalogazione in rete, attraverso il Sistema Informativo Regionale del Patrimonio Culturale (SIRPAC), di vari settori del Sistema museale di Ateneo (smaTs) comprendente collezioni universitarie di carattere scientifico e storico-artistico, per permetterne la  fruizione da parte di un vasto pubblico.
Il presente volume si occupa del Lascito Antonio Fonda Savio, conservato presso il Dipartimento di Studi Umanistici e costituito, oltre che da un cospicuo fondo librario e da una sezione archivistico-documentaria, da più di cinquecento opere tra dipinti, disegni, stampe, carte geografiche, perlopiù riferiti all’Istria, terra d’origine del collezionista. Di queste opere, tutte già inventariate e catalogate, oltre un centinaio sono ora oggetto di digitalizzazione.

Il De Bibliothecis Syntagma di Giusto Lipsio, nel 1602, rappresentò il punto d’inizio della moderna storia delle biblioteche, influenzando Federico Borromeo nel periodo della fondazione dell’Ambrosiana e ispirando Gabriel Naudè durante la composizione del suo Advis pour dresser une bibliotheque. Un confronto serrato tra i capitoli dedicati alle biblioteche dell’antica Roma e gli scritti di enciclopedisti, antiquari ed eruditi italiani e germanici che si occuparono delle medesime librariae mostra quali furono le novità metodologiche e concettuali che Lipsio introdusse nella storia delle biblioteche, ossia analisi critica e filologica delle fonti accompagnata da una loro organizzazione razionale. L’uso di un genere letterario estremamente conosciuto e familiare quale quello del trattatello antiquario permise a Lipsio di veicolare nel Syntagma una visione profondamente innovativa dell’idea stessa di biblioteca, rappresentata dal Museo Alessandrino e dalle sue caratteristiche di universalità e libertà di pensiero e di espressione.

Tra il 1730 ed il 1740, per l'intensità del dibattito culturale e la specificità di ricerche figurative, anche diverse tra loro, Roma tornava ad essere, ancora una volta, il centro più importante di fondazione ed irraggiamento della cultura artistica europea (1). Tutto ciò è anche molto noto, almeno a livello di affermazione critica. Restano tuttavia da stabilire l'articolazione precisa delle fasi che scandiscono questo complesso momento, i personaggi che vi concorsero più incisivamente ed il difficile e delicato rapporto tra l'emergere di nuove tendenze con gli indirizzi politico-religiosi del pontificato di Clemente XII Corsini: un momento di ben precisata "ortodossia" nella storia della Chiesa, prima dell'"aperturismo" di Benedetto XIV Lambertini.

IL LIBRO, LA STAMPA, IL RASOIO Correva l'anno 1769, un certo James Granger, curato di Shiplake (Oxon, Inghilterra) vede pubblicato il frutto della propria pluriennale attività di compulsatore di testi e collezionista di stampe: l'opera in due volumi intitolata Biographical History of England from Egbert the Great to the Revolution, Consisting of Characters Dispersed in Different Classes, and Adapted to a Methodical Catalogue of Engraved British Heads 1 . L'idea dell'autore, all'epoca poco più che quarantenne, era di assemblare un catalogo che elencasse tutte le incisioni allora note raffiguranti personaggi eminenti della storia britannica, organizzati a seconda del periodo storico in cui questi fiorirono e suddividendoli in base alla classe sociale di appartenza (dalla famiglia reale a scendere); fra gli scopi espliciti in questa impresa v'era anche quello di incoraggiare il collezionismo di simili ritratti, al fine di «supply the defect, and answer the various purposes, of medals» 2 . Ogni voce biografica descriveva le relative stampe censite, indicando anche in quale libro (di storia, memorie personali, araldica, eccetera) fossero eventualmente reperibili. Granger poté avvalersi della collaborazione di alcuni importanti collezionisti e antiquari, tra i quali William Musgrave, James West, Horace Walpole (a quest'ultimo dedicò il proprio lavoro) 3 .

Tra le tante figure, celebri o meno, di chiara fama o di più umbratili vicende, di cui ci si è occupati, a nostro giudizio un posto non secondario tra i cultori della "Romanitas", anzi tra coloro che la Romanità hanno vissuto come dato dell'Anima, diremmo quasi biologico, spetta a Federico Zeri (Roma 1921 -Mentana 1998.