Un viaggio nel tempo? Perché no!
Tanto più che non c’è nemmeno bisogno di
astrusi macchinari da fantascienza. Basta guardare un dipinto come
"Sant'Eligio nella bottega dell’orefice” di Petrus Christus (1410
ca-1476), ora al Metropolitan Museum di New York (qui), per essere catapultati d'improvviso nel 1449.
Siamo a Bruges.
La città è allora la capitale commerciale del Ducato di Borgogna: dal suo porto salpano le navi dirette sia verso il Mediterraneo che verso l'Inghilterra e i paesi anseatici. Dal nord arrivano legname, cereali o pellicce; dal sud, vino tappeti, sete e spezie.
Grandi banche, come quella dei Medici, vi hanno aperto le loro filiali, mentre nel palazzo dei Van der Bourse si tiene la prima borsa valori del modo.
La città è allora la capitale commerciale del Ducato di Borgogna: dal suo porto salpano le navi dirette sia verso il Mediterraneo che verso l'Inghilterra e i paesi anseatici. Dal nord arrivano legname, cereali o pellicce; dal sud, vino tappeti, sete e spezie.
Grandi banche, come quella dei Medici, vi hanno aperto le loro filiali, mentre nel palazzo dei Van der Bourse si tiene la prima borsa valori del modo.
Nelle strade strette e
lungo i canali si incontrano uomini provenienti da paesi lontani e si sentono
parlare tutte le lingue conosciute.
Si vive di scambi e di commerci: le botteghe espongono, nei banchi aperti sulla strada, le merci più rare e pregiate.
Si vive di scambi e di commerci: le botteghe espongono, nei banchi aperti sulla strada, le merci più rare e pregiate.
Una coppia di ricchi fidanzati è appena entrata da un orefice per
comprare gli anelli nuziali.
Seguiamoli pure! La porta è aperta ed è lo stesso pittore che ci invita a entrare, mettendoci sotto gli occhi una miriade di particolari.
Seguiamoli pure! La porta è aperta ed è lo stesso pittore che ci invita a entrare, mettendoci sotto gli occhi una miriade di particolari.
Dalla firma che, insieme alla data, ha apposto in primo
piano, sappiamo che si tratta di Petrus Christus (ne ho parlato anche qui).
Allievo e continuatore di Jan Van Eyck, vive a Bruges come un artigiano benestante in contatto con gli esponenti più importanti della borghesia e dell'aristocrazia cittadina.
Allievo e continuatore di Jan Van Eyck, vive a Bruges come un artigiano benestante in contatto con gli esponenti più importanti della borghesia e dell'aristocrazia cittadina.
Di certo, conosce bene i capi della Gilda degli orefici che gli hanno
commissionato il quadro dedicato al loro patrono, Sant’Eligio, per esporlo
nella sede della Corporazione.
Gli orefici di Bruges, all'epoca, sono una vera
potenza.
Alla corte di Borgogna l’oro rappresenta il simbolo stesso del potere: i fortunati visitatori raccontano non solo che i nobili cortigiani sfoggiano gioielli di ogni tipo, ma anche che i soprammobili e, perfino, i servizi da tavola sono d'oro massiccio.
Alla corte di Borgogna l’oro rappresenta il simbolo stesso del potere: i fortunati visitatori raccontano non solo che i nobili cortigiani sfoggiano gioielli di ogni tipo, ma anche che i soprammobili e, perfino, i servizi da tavola sono d'oro massiccio.
I borghesi, se pure agiati, non possono di sicuro rivaleggiare con una tale
magnificenza, ma hanno imparato dall'esempio dei Duchi che la ricchezza non è una
vergogna (anzi!) e che deve essere esibita. Per questo non c'è nulla di meglio
dei gioielli: gli orefici lavorano senza sosta e fanno fatica a soddisfare
tutte le richieste.
Nessuna meraviglia che, per il loro dipinto, non abbiano
badato a spese e che si siano rivolti all'artista più caro della città.
E Petrus
Christus li ha saputi accontentare da par suo.
La scena sacra, che non tutti avrebbero compreso, è diventata, sotto il suo pennello, uno spaccato di vita quotidiana.
La scena sacra, che non tutti avrebbero compreso, è diventata, sotto il suo pennello, uno spaccato di vita quotidiana.
Intanto, ha trasformato la bottega di Sant'Eligio, che la storia ricorda come un orafo
diventato vescovo e consigliere dei re merovingi, in una di quelle che si
possono vedere comunemente in città e, poi, ha dato al volto del Santo i tratti
dell'orefice più famoso di Bruges, Willem van Vuelten, noto per aver creato il preziosissimo anello di nozze della nipote del Duca di Borgogna.
Niente
di più adatto della sua bottega per due fidanzati un po'snob.
Lei, tutta
compresa nel suo ruolo, indossa per l'occasione un prezioso abito di broccato d'oro
con un motivo di melograno e uno di quei copricapi a corna con un velo di seta
che, al tempo, fanno furore. Con la mano destra indica l'anello che le
interessa.
Lui sfoggia, con una certa altezzosità, una veste di velluto
blu foderata di pelliccia con un collo di seta rossa e un berretto decorato da
una spilla.
Sulla camicia di un bianco immacolato, spicca un pesante
collare, forse quello del Toson d'oro, la decorazione più ambita dai membri
della corte.
Con un gesto di protezione tiene la mano destra sulla spalla di
lei, ma, allo stesso tempo- come ogni gentiluomo che si rispetti- appoggia la sinistra sull'elsa della spada.
Sulla parete di fondo, proprio dietro le spalle
dell’orefice, è appesa, in bell'ordine, tutta una serie di oggetti, un vero e
proprio campionario di quello che la sua bottega può offrire.
E ce n'è per tutti i gusti: orecchini,
anelli, pietre preziose, ma anche brocche d’argento, pezzi di oreficeria
liturgica e perfino un ramo di corallo, indispensabile, all'epoca, per cacciare il
malocchio.
Sul banco di legno, accanto alla bilancia per pesare gli anelli, le
monete straniere alludono alla sua attività di cambiavalute, mentre la cintura, posta in
bella evidenza, è quella che, secondo la tradizione, deve essere indossata per
la cerimonia delle nozze.
Sulla destra, spicca uno specchio convesso, il
cosiddetto "occhio della strega", che, piazzato davanti alla finestra, serve non solo a catturare tutta la luce dei brumosi inverni del Nord, ma anche a sorvegliare discretamente il viavai dei clienti (qui).
Insieme
alla strada e agli edifici con gli alti tetti caratteristici di Bruges, lo
specchio riflette anche due passanti che si danno una certa aria di raffinatezza portando con loro un rapace addestrato per la caccia.
Un quadro nel
quadro, una sorta di scatola cinese, con cui Petrus Christus, citando lo
specchio inserito dal suo maestro Jan Van Eyck nel "Ritratto degli Arnolfini", intende dar prova di tutta la sua abilità, ma che gli serve anche a
costruire il suo gioco di prestigiatore
In effetti, l’illusione è tale che abbiamo
l'impressione che quello specchio potrebbe riflettere anche noi, se non ci sbrigassimo a spostarci.
Insomma, siamo caduti nella trappola!
Petrus Christus, lontano le mille miglia dalla sintesi e dalla definizione matematicamente rigorosa dello spazio della pittura italiana, è riuscito ad abbattere ogni confine tra realtà e finzione e a ricreare il mondo reale, grazie alla minuziosità dei suoi dettagli, resi ancor più nitidi dalla lucentezza della pittura a olio.
Restituendo a pieno l'apparenza- o, per così dire, la pelle- delle cose, costruisce la sua illusione e cancella ogni limite di tempo e di spazio, fino a trasportarci, in un'uggiosa giornata di novembre, dalla nostra sedia di fronte allo schermo di un computer alla Bruges di sei secoli fa.
Restituendo a pieno l'apparenza- o, per così dire, la pelle- delle cose, costruisce la sua illusione e cancella ogni limite di tempo e di spazio, fino a trasportarci, in un'uggiosa giornata di novembre, dalla nostra sedia di fronte allo schermo di un computer alla Bruges di sei secoli fa.
Che vi dicevo? E' bastato solo lasciarsi andare al suo gioco
di specchi, di dettagli e di colori perché la pittura compisse, ancora una volta, la sua magia.