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domenica 15 gennaio 2012

Lo scultore e il doganiere: il caso Brancusi.





Nel settembre del 1926 sbarcano nel porto di New York due artisti; sono due amici, appena arrivati dalla Francia. Uno è il poliedrico Marcel Duchamp, l’altro lo scultore di origine rumena Constantin Brancusi (1876-1957).
Brancusi si è stabilito da tempo a Parigi e, dopo aver collaborato con Auguste Rodin, ha cominciato a frequentare artisti come Henri Matisse, Amedeo Modigliani o Fernand Léger, avvicinandosi alla corrente del "primitivismo.
L’amicizia con Duchamp lo ha condotto ad accostarsi al movimento Dada, dissacratore e provocatorio.
Duchamp lo apprezza molto ed è intenzionato a promuovere la sua scultura. Non è la prima volta che Brancusi espone in America, ma è importante che partecipi alla mostra che di lì a poco si terrà  a New York in una galleria d’avanguardia, la Brummer.

Arrivati alla dogana, i due capitano nelle mani di un funzionario particolarmente zelante. I controlli sono accuratissimi.
Si aprono valigie e bauli. In quelli di Brancusi si scoprono misteriosi dischi, uova di legno e strani oggetti di metallo e di marmo.
Uno, specialmente, attira l'attenzione. È di bronzo ed è posato su un piedistallo:


"È un’opera d’arte" - dichiara subito Brancusi e, quindi, stando al regolamento americano, non deve pagare alcuna tassa doganale.
Anzi, è proprio l'opera destinata alla mostra ed è fondamentale.
Apre una nuova fase della sua attività: eliminando il superfluo e attraverso un'estrema stilizzazione  vuole arrivare all'essenza, a quella che chiama la "forma primordiale o genitrice".

Il doganiere è perplesso. Forse Brancusi non si sarà spiegato bene, ma cosa sia quell'oggetto lui proprio non  l'ha capito.
Che razza di opera è? È intitolata "Bird in the space" "Uccello nello spazio"
Ma quello non è un uccello. Manco per idea!
Cosa credono quei due, di prenderlo in giro? 
Lo guarda meglio e, finalmente, riesce a classificarlo: per lui può rientrare tra gli arnesi da cucina o i supporti da ospedale
Kitchen utensils and hospital supplies"
E la tassa va pagata, eccome. 
Sono 240 dollari (circa 2.400 dollari attuali).

I due artisti si indignano e protestano: a pagare non ci pensano nemmeno.
Duchamp, una decina d'anni prima, proprio sul concetto di arte, ha messo in atto la madre di tutte le provocazioni, esponendo un orinatoio in porcellana.
Figurarsi se si lascia intimidire da un doganiere !
Alla fine saranno costretti a cedere, ma hanno deciso: andranno in tribunale e presenteranno un ricorso.
Il mese successivo si apre il processo “Brancusi vs United States

Le due parti (dogana e artista), assistite da avvocati, presentano i loro testimoni e i loro esperti. Sono artisti, mercanti d’arte, giornalisti e direttori di musei: il "parterre de rois" della scena artistica newyorkese.
La scultura è diventata un elemento di prova, l'"Exibit 1".
La posta in gioco è alta.
C’è da stabilire cosa si intenda per opera d’arte e se esistano criteri oggettivi per definirla. E non sono chiacchiere da caffè o da aperitivo elegante.
Siamo in tribunale e, col tipico pragmatismo americano, si pensa che la legge possa definire che cos'è l'arte. Niente di meno.
Se ne discuterà a lungo e, mano a mano, alcuni punti si chiariranno.
Per essere "arte" bisogna che l’opera sia fatta a mano, direttamente dall’artista e che sia un esemplare originale e unico.
Fin qui, tutti d'accordo.

Poi i testimoni di Brancusi cominciano a citare la libertà dell'artista, l'astrazione e, perfino, la stilizzazione dell'arte egizia.
Tutto bene - sbotta l'avvocato della dogana- ma il fatto fondamentale è che la scultura dovrebbe  rassomigliare all’uccello che intende raffigurare.
Niente affatto. Non è così.
Questo è il punto chiave. E, in quell'aula di tribunale, si smonta una teoria vecchia di secoli: l'arte non è soltanto quella che imita la natura, non è solo "mimesis", verosimiglianza.
Anzi, il principio che emerge è totalmente diverso: la rassomiglianza può essere puramente soggettiva. L'opera può essere astratta.
La scultura evoca un uccello, suggerisce la leggerezza, l’impressione del volo e lo slancio. Sono quelle le sensazioni che vuole trasmettere.
È un’astrazione che solo un artista può compiere. Un artigiano, un operaio, potrebbe lavorare il bronzo con più maestria, ma soltanto un artista può concepire e realizzare un’idea come quella che sta dietro alla scultura.
La discussione si fa serrata. I verbali registrano ogni fase del dibattimento *.

Alla fine, nell'ottobre del 1928, i giudici emettono la sentenza.
Ed è un colpo di scena: "Bird in space è un oggetto bello, dal profilo simmetrico. Ci può essere qualche difficoltà ad associarla con un uccello, ma è piacevole da guardare ed è una produzione originale di uno scultore professionista”.
Brancusi ha vinto. Le tasse non le doveva pagare.
Altro che attrezzo da cucina e, men che meno, da ospedale!
La sua scultura è arte, è "duty free".
E con questo l'arte contemporanea è - letteralmente - sdoganata.

New York e gli Stati Uniti ne diventeranno il palcoscenico più accreditato con le gallerie e gli acquirenti più importanti.
Brancusi replicherà più volte il soggetto di "Bird in the space" e una scultura della serie raggiungerà, in un’asta recente (nel 2005), la quotazione da capogiro di 21.400 milioni di euro.

Tutto risolto?
Non proprio.
Il doganiere manterrà la sua posizione fino in fondo e insisterà a ribattere: "Se quella è arte, io sono un muratore".
E chissà quanti continueranno a pensarla come lui.


QUI si analizza il dibattito dal punto di vista giuridico e sociologico.