Anche se il tempo sembra scorrere lentamente in questo periodo
di clausura, sono già passati trenta giorni dal mio ultimo post ed è arrivato il momento
di vedere cosa ci riserva il mese di
maggio nel calendario che ho scelto per quest’anno: gli affreschi della Sala dello
Zodiaco in Palazzo D’Arco a Mantova, eseguiti intorno al 1520 dal pittore e architetto
Giovanni Maria Falconetto (Verona, 1468- Padova,1535).
L’immagine, che già a un primo colpo d’occhio, si presenta
affollatissima e quasi claustrofobica (tanto per essere in tema con le
sensazioni di questi giorni), è dominata dal segno astrologico del Toro che
compare sia nella parte alta, su una piattaforma di nuvole, che al
centro dell’arco che racchiude l’affresco.
La foto, purtroppo, non è nitida e i simboli e i personaggi sono talmente
tanti che, per interpretarli, conviene guardarli uno a uno.
E allora aguzziamo la vista, come in certi giochi della Settimana Enigmistica, e andiamo alla scoperta delle raffigurazioni che si intrecciano l’una con l’altra:
facciamo pure con calma, tanto in questi giorni forzatamente casalinghi il
tempo non manca.
Cominciamo dal primo piano dove, in piedi, al centro, compare Pan, dio
della campagna, delle selve e dei pascoli, raffigurato mentre è intento a
suonare la siringa con un agnello sulle spalle.
Davanti a lui, a sinistra, sono rappresentate due capre, mentre
una terza è mostrata in atto di abbeverarsi all'acqua che sgorga da un’Erma di
Priapo. Piú in alto è raffigurata una coppia di cervi, all’epoca considerati spesso simbolo di
lussuria.
E ora passiamo a destra, dove è rappresentato il mito dell’infanzia di Giove con il piccolo dio che, per sfuggire alle minacce del padre Saturno, si è nascosto nei boschi del monte Ida e, aiutato da un pastore nudo, viene nutrito col latte della capra Amaltea.
I riferimenti alla mitologia
classica non finiscono certo qui perché il resto della scena è occupato dalla
raffigurazione del ratto di Europa, così come raccontato nei versi di Ovidio.
Anche qui conviene guardare i singoli dettagli per
districarsi meglio nella vicenda.
A sinistra, sullo sfondo del tempio di Esculapio, alcune
giovani danzanti sembrano essere le compagne di Europa che assistono al
rapimento della bella fanciulla da parte del padre degli dei, sempre
disponibile ad avventure amorose.
In effetti, proprio al centro, Giove, trasformatosi
in un vigoroso toro bianco, sta trasportando Europa verso l’isola di Creta.
Per la fine della storia bisogna guardare in alto a destra: qui, sopra un grande
edificio identificato con l’Arco di Augusto a Fano, Giove riconoscente per la
conquista dell’affascinante Europa, sta collocando un simulacro del Toro nel cielo dell’astrologia.
Insomma, è stata dura ma siamo riusciti a ritessere le fila
di un racconto spezzato in tanti piccoli episodi da un’artista che- lo abbiano
notato - non ama le narrazioni lineari e si diverte a infarcire le sue storie
di dettagli architettonici classici o ad arricchirle (se pure ce ne fosse
bisogno) di altri miti.
Quello che emerge è che la scena nel suo insieme pare da interpretarsi come un riferimento alla fecondità e alla fertilità della natura: speriamo che sia un buon auspicio per questo periodo in cui, fuori dalle case in cui siamo confinati, la primavera sembra davvero esplodere e la voglia di uscire si fa sempre più pressante.