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mercoledì 5 novembre 2014
Trenta giorni all'alba
Mi è piaciuto che questo inizio d'autunno sia stato a conti fatti fin qui così clemente. Mi piace però anche il vento che oggi agita le foglie degli alberi in giardino e rende i bambini elettrici. Per finire il libro che sto scrivendo di recente mi capita di alzarmi alle 5.40, subito dopo la poppata mattutina della Piccolissima, anziché tornare a letto a rotolarmi e imprecare nel tentativo di riprendere sonno. Così ho osservato l'alba più spesso di quanto mi sia mai capitato prima. Molti scrittori che ho intervistato per lavoro negli anni, in effetti, mi hanno ripetuto che è proprio in quel momento sospeso tra la notte e il giorno che riusciamo a volare alti; è in quell'ora assieme magica e tragica che ancora possiamo sentire quel prurito sulle spalle nel punto dove un tempo avevamo un paio di ali.
Nessun uomo bianco è così astuto Da cogliere di sorpresa i pellerossa senza imbrogliare. Pensavo che quelle raccontate dai famosi scrittori fossero fregnacce e invece ho capito che se ho una probabilità su cento di riuscire, un giorno, a campare di libri, quella probabilità risiede per me nell'arrivare in anticipo sulla giornata; evitando, nei limiti del possibile, di farmela rotolare addosso come uno schiacciasassi implacabile che non ho modo di schivare.
Quando il primo bambino rise per la prima volta Nel frattempo i miei figli permangono in modalità casino, il che non aiuta la mia concentrazione. Sono lieta di verificare giorno dopo giorno che hanno in questo preso da me, tutti e tre, e amplificano con la crescita il fare caciarone ma tenace tipico dei Maraonidi. Il Maraone non entra, irrompe. Il Maraone non cammina, corre. Non si stanca, si sfinisce. Non mangia, si abbotta. Non discute, ma massacra l'avversario. Non sorride, si contorce a terra dalle risate fino a svenire. È in fondo una specie di Chuck Norris, però di origini ciociare.
Tutti i bambini crescono, meno uno Avere in casa tre Maraonidi di statura compresa tra i 70 e i 130 centimetri è un bello sbattimento persino per la Maraonide-madre, che avendoli generati e geneticamente influenzati ben sa di che pasta sono fatti. All'asilo nido della Piccolissima l'ultimo report la descrive «ottimamente inserita, simpatica, decisa, ostinata; per ottenere quel che vuole strilla a più non posso finché non l'ottiene». Tra gli altri achievements della Pupa ci sono la risata sforzata a comando (con tono gutturale), il ripetere «mamma» con voce bassissima e rauca, tipo E.T., il segnalare l'appetito con una serie di «am, am, am» progressivi espressi a decibel che aumentano esponenzialmente.
Oh, perché non puoi restare così per sempre? I Pupi grandi sono molto affezionati alla sorella. Le affibbiano ogni genere di soprannome e lei risponde a tutti. La chiamano «corpo» perché soprattutto da nuda somiglia a un compatto tronchetto della felicità. Oppure Bobona, Small Boboni, Sbomballoni, e ultimamente anche Small Farloni che non vuol dire niente ma fa ridere. «Dov'è tua sorella?». «Sta farlonando sotto il tavolo». «Che combina Boboni?». «Ha dato ancora il suo Plasmon al cane». Laccio ha capito come gira il fumo e si fa trattare come una bambola di pezza in cambio di doni gastronomici: il Pupo lo chiama «lo spazzino» perché quando a tavola non gli piace qualcosa è sufficiente farlo scivolare a terra con discrezione; qualcuno, nel giro di pochi istanti, arriverà a farlo sparire. Se mi fate una lista dei soprannomi più buffi in voga nelle vostre famiglie ve ne sarò grata.
Soundtrack: Se avete capito le citazioni (penso di sì, eh) allora sapete anche cosa andare a (ri)ascoltare.
lunedì 29 settembre 2014
Fratelli, ancora sogni, e vento di scirocco
Il Pupo 2.0 ha perso un dentino e sibila come non mai. La scuola va «benissimo» e lui è un bambino nuovo, che tra le altre cose la sera apparecchia da solo la tavola in modo spontaneo e creativo. Per premiare il suo spirito di iniziativa ci troviamo perciò costretti a mangiare usando i coltelli da pesce e le forchette da insalata, di cui è un grande amante. Si cena sempre a lume di candela perché «è romantico e misterioso». Tra i piatti dispone banane che ha tagliato lui stesso a pezzetti, col coltello. «Non ti è familiare, mamma?» mi chiede indicandomi ogni volta, orgoglioso, gli stessi gruppetti di bucce e polpe. Per non frustrare la sua passione per il table setting evito di rispondergli che mi sembrano buttate lì a caso. A fine cena occorre anche mangiare i bocconi anneriti.
Vedo passare persone, e cani Per qualche motivo insondabile la gente si sente in dovere di raccontarmi tutti i fatti suoi, sempre. In particolare, sono un magnete per gli sciroccati. Poiché non sono ancora rientrata dalla maternità - lo farò lunedì prossimo - incontro persone perlopiù nella sala d'attesa del pediatra oppure all'asilo, o a scuola: dunque il mio target di riferimento sono sciroccate femmine e prole-munite.
Sciroccata 1, aka donna che conosco da dieci minuti al termine di un monologo in cui ha parlato solo di sé e dei suoi figli: «... E naturalmente il bambino non lo faccio vaccinare».
Io: «Eccallà. Guarda, non sono la persona adatta con cui parlare di questo tema».
Lei: «Peeerché?»
Io: «La mia tesi di laurea è sulle malattie infettive, e sui vaccini».
Lei: «Io ho sentito parlare di bambini che sono diventati autistici dopo il vaccino. Ci sono un sacco di studi in tal senso. E poi i vaccini distruggono il sistema immunitario, e questo lo sanno anche i sassi».
Io: «Se tutti ragionassero come te, il mondo sarebbe allo sbando».
I matti vanno contenti, sull'orlo della normalità Per fortuna quando incontro uno sciroccato ho imparato a dirgli subito quello che penso e a girare i tacchi. È curioso, ma di recente mi sono anche imbattuta in diverse sostenitrici della corrente da me denominata «bambinismo senza limitismo».
Sciroccata 2, aka donna che conosco da cinque minuti, incontrata a una festa di amici: «... E insomma tu come ti trovi con il tuo pediatra? No, perché la mia mi ha ricusato».
Io: «Come? Non ho mai sentito una cosa simile.»
«Sai, ritengo che i bambini non debbano conoscere limiti né imposizioni. Hai letto il libro Smettila di reprimere tuo figlio? In pratica la tesi, che io trovo validissima, è che un bambino abbia sempre un motivo per fare quello che fa. Quelli che possono sembrare pianti e capricci sono in realtà espressione di un bisogno profondo. Sei tu, genitore, a doverli comprendere, interpretare e accettare. Perciò io, avendo intuito che mia figlia non gradiva essere visitata sul lettino, ho chiesto alla pediatra di visitarla in braccio a me. Lei ha sbuffato ma poi ha accettato. Però insisteva per svestirla. Le ho spiegato che alla bambina non piace: anche se ha solo 18 mesi sa farsi capire benissimo. Le ho proposto di visitarla attraverso la maglietta. Insomma ne è nata una discussione, al termine della quale la pediatra mi ha indicato la porta e mi ha detto di cercarmi un altro dottore. Ne conosci uno bravo?»
Io: «Forse ci vorrebbe un dottore bravo per te».
A caccia di grilli e serpenti Mentre la Piccolissima esce con discreta fatica e mille menate accessorie dalla sesta malattia, Pupo&Pupa attraversano un periodo splendido. L'altra mattina in piscina, mentre si asciugavano da soli i capelli, li osservavo riflessi nello specchio e pensavo: diosanto, sono belli da far male. La Pupa aiutava il Pupo ravviandogli con le mani le ciocche bionde, lui aveva la testa piegata di lato e la guardava con affetto. Da qualche tempo tra loro non c'è urgenza, ma pace. La scorsa settimana lui le ha regalato una bambola morbida, di pezza, ma nessuno di noi sapeva dove diavolo l'avesse presa. Lei ha ringraziato e poi ha insistito un po'. «Dai, dimmi da dove viene». Lui, sorridendo: «Ehm... l'ho trovata per strada». Lei: «Dai, non ci credo». Lui: «Ehm... l'ho trovata nella spazzatura». Lei, ridacchiando: «Dai, dimmi la verità». Lui, dopo un'esitazione: «D'accordo, d'accordo. L'ho trovata in un sogno». La Pupa si è stretta nelle spalle come a dire: occhei, questa spiegazione è plausibile. Io, in quell'esatto istante, ho pensato che se il Pupo fosse un uomo mi innamorerei di lui.
Soundtrack: I matti
Povero me
giovedì 18 settembre 2014
Inserimenti. E sogni
Quel che più temevo è infine accaduto. Nella mia già estremamente complessa scacchiera di incastri familiari si è inserita la temuta variante Slocovich, Stefano Slocovich essendo un mio adorabile oltreché, a detta di alcune persone,
Chissà se mi pensi Quando non sogno di essere dal parrucchiere sogno di tornare piccola. Vorrei che qualcuno si prendesse cura di me, mi portasse in braccio, mi carezzasse la schiena fermandosi appena sopra il coccige per un grattino affettuoso.
Questo purtroppo non accade. Accade invece che di notte, a corrente alternata rispetto ai risvegli della Piccolissima, io abbia sentito ultimamente sinistri rumori provenire da casa Slocovich. Tonfi, misteriosi fruscii, rumori sordi. Come se qualcuno stesse facendo un trasloco, trascinando corpi inanimati o entrambe le cose assieme.
Se non ti addormenti Ho scritto perciò a S.S. alle 6 e 17 di ieri mattina una breve mail che aveva come oggetto «Voglio dormire». Poiché egli è notoriamente una persona squisita mi ha risposto quasi subito spiegandomi che, lavorando nel cinema, gli capita di dover essere sul set nottetempo. E questo già lo sapevo. Però nelle scorse notti insomma, gli dispiace tanto ma gli è successo di dover fare avanti indietro più volte, e certo ha sbagliato a tirare su e giù più volte le rumorose tende a rullo, e certo si era dimenticato che una porta blindata sbattuta alle 3.09 ha un impatto diverso da quello della stessa porta sbattuta all'orario palindromo delle 9.03, e non intendeva essere molesto ma insomma, a ripensarci gli è anche venuto in mente che a un certo punto «il gatto in effetti si è messo a correre e nel correre deve aver rovesciato alcuni sgabelli». Quest'ultima notazione mi ha fatto molto ridere.
E quante pecore conti Alla mia fatica solita si aggiunge insomma la scarsità assoluta di sonno. Anche dando per scontato che S.S. smetta di scagliare gatti contro gli sgabelli, la Piccolissima ha cominciato il nido e di notte pretende di ciucciare ogni ora come se avesse due giorni di vita, mi si dice «per rinsaldare il rapporto con la madre». Se poi anziché allattarla tento di riaddormentarla col ciuccio sbatte le braccia tipo pale di mulino a vento e poi soffia a volume altissimo, fffff! fffff!, per rendere evidente il suo disappunto.
Chissà se mi cerchi Sto nel frattempo completando l'inserimento più lungo della storia: l'orario della Piccolissima viene prolungato di quindici minuti al giorno, mi si dice «perché il progresso, seppur lento, sia costante e stabile». E così nelle ultime settimane ho trascorso intere giornate a portare e prendere bambini a scuola, giacché, in tre che sono, le loro entrate e uscite avvengono a sei orari diversi.
Se mi vuoi lì vicino In concomitanza con la variante Slocovich è però avvenuta una cosa emozionante. Ricorderete, perché vi ho
Ebbene, dal primo giorno di prima elementare ha cominciato una nuova vita. Mi sono commossa l'altra notte vedendolo sdraiato nel suo letto, l'aria serena, abbandonato e immobile come dev'essere un bambino che dorme, distante mezzo metro dalla Pupa. Da una settimana a questa parte non ci chiama più. «La mia maestra è bravissima», mi ha detto oggi tornato da scuola, e ha sorriso. Allora ho pensato che è proprio vero che le cose, tutte, fanno paura quando sono lontane. Poi ci arrivi vicino e scopri che puoi girarci attorno. O scalarle fino in cima a un passo che è solo il tuo, e finalmente scendere, con sollievo, dall'altra parte.
Soundtrack: Chissà se mi pensi (ma quant'era bella questa canzone?)
giovedì 7 agosto 2014
Bisogna per forza fidanzarsi?
Una vita no frills. |
Il Pupo, cinque anni e mezzo, l'altra sera, stranamente pensieroso, con la sua esse da Jovanotti:
«Mamma. Quando sarò grande devo per forza sposarmi? Fidanzarmi?»
«No, amore mio. Non per forza. Però spero che tu incontri una persona con cui ti venga voglia di farlo. Perché me lo chiedi?»
(Enfatico) «Non ho voglia di tutto quel casino, sai».
«No, non so. Ma se me lo spieghi sono contenta».
(Declamando e contando sulla punta delle dita): «Uno. Non voglio possedere un cellulare. Due. Non voglio lavorare tutto il tempo sul telefono come fa papà. Tre. Non voglio nemmeno possedere un computer».
«E pensi che queste cose siano legate al fidanzamento, alla famiglia?».
«Penso solo che sarà difficile trovare una ragazza che voglia vivere con uno come me».
«Come te, in che senso?»
(Guardandomi serio con quei suoi occhi bellissimi, verdi e dorati) «Mamma, sai, io voglio essere un ragazzo pescatore. Vivrò in una capanna, vicino a un bosco».
«Amore, sono sicura che troverai una ragazza capace di apprezzare».
«Più facile in Francia che in Italia, vero?»
giovedì 5 giugno 2014
Alla vigilia di un viaggio (con bambini)
Ore 21.02 «Mamma, ti sei fatta male o ti sei solo spaventata?» mi ha chiesto l'altra sera il Pupo, osservandomi accasciata, immobile ai piedi dei due gradini che, in casa nostra, separano la cosidetta «stanza segreta» (un ripostiglio che contiene soprattutto giochi, nda) dalla zona soppalco.
In effetti ci ho messo qualche istante a rispondere, stringendo i denti e piangendo in silenzio mentre davo a me stessa dell'idiota.
Rewind. Ore 21.01 Stavo per l'appunto uscendo dalla stanza segreta, quando, avendo ai piedi due sottili calzini di collant, sono scivolata e caduta, andando a sbattere sul parquet prima con entrambe le ginocchia - sulle quali ora si stagliano ben visibili i due lividi di riferimento - e immediatamente dopo, per par condicio, con entrambi i polsi, nell'istintivo quanto inutile gesto che il 98% della popolazione mondiale compie per proteggersi il volto e la testa in caso di capitomboli. «Idiota idiota idiota», mi sono ripetuta 15/16.000 volte.
Perciò ho esitato Soffermandomi qualche istante a valutare i danni prima di rispondere al Pupo. Per fortuna ho presto capito di non essermi fatta (quasi) niente. Del resto è solo da una settimana che sono senza gesso: sarebbe stato paradossale rompermi subito un altro osso. Qualcuno nei commenti a questo blog mi aveva parlato del senso di liberazione che si prova quando, dopo aver perso per un mese l'uso di un arto (nel mio caso, il braccio destro) all'improvviso lo si riacquista. In effetti, a me la liberazione l'hanno fatta proprio sudare.
Una mattina di fine maggio, all'ospedale Galeazzi Mi sono presentata garrula e speranzosa all'accettazione, con 55 minuti d'anticipo rispetto al mio appuntamento.
(Io, 54 minuti dopo, al banco informazioni) «Mi scusi, secondo quanto c'è scritto qua tra un minuto sarei attesa in sala raggi. Ma pur essendo arrivata presto, allo sportello ho ancora ventordici persone davanti, è mai possibile? Come faccio adesso?»
(Addetta) «Abbia pazienza, è che l'età media dei pazienti è un po' alta, gli anziani fanno fatica in sede di accettazione. Non si preoccupi, non la rimandano a casa con il gesso».
(27 minuti dopo, finalmente all'accettazione, dopo aver pagato il ticket) «Benissimo cara, ora attenda che chiamino il suo numero. Quando sentirà il suo numero vada in fondo a questo corridoio a destra, al presidio infermieri, e mostri queste carte. Sapranno indirizzarla».
How soon is now? 14 minuti dopo, con 45 minuti di ritardo rispetto al mio appuntamento, mi sono consegnata spontaneamente al presidio infermieri.
(Infermiera brusca) «Abbiamo chiamato il suo numero?»
«Sì».
«È sicura?»
(Senza esitazione) «Sì».
«Uhm... strano, qui non risulta. Vabbe' vabbe' dia qua. Ok, mi faccia vedere... Bene, deve andare al primo piano e chiedere della dottoressa R».
«È lei che mi farà la lastra?»
«No. La dottoressa R deve solo firmare e timbrare questo foglio. Poi con il foglio lei andrà al piano -1, in sala raggi».
«Ah».
Officina ortopedica Di fronte agli occhi del visitatore, al primo piano, si staglia la scritta della speranza: «Officina ortopedica». Vien da pensare che qui si crei, si ripari, si rimonti con grazia ciò che è stato smontato. Però in corridoio, di fronte allo studio della dottoressa Romanò, ci sono sei sette persone in attesa. «Scusate, voi state aspettando...». La risposta è un coro all'unisono: «La dottoressa R. Però sta v i s i t a n d o».
«Potrei secondo voi velocemente intrufolarmi, farle firmare codesto foglio e nello spazio di 30 secondi togliere il disturbo?»
È come se gli occhi dei pazienti in attesa fossero campioni di nuoto sincronizzato. S'alzano al cielo perfettamente coordinati, poi uno bofonchia: «Mmmm ooocchei, se proprio deve».
Le sudate carte Qualche minuto dopo vittoriosa fuggo verso il piano -1. Prendo l'ascensore sbagliato, finisco davanti alla sala operatoria, fingo indifferenza, salto sull'ascensore giusto, ed eccomi finalmente in sala raggi.
(Infermiere brusco): «Qui manca un foglio».
«Quale foglio?»
«La fotocopia di quest'altro».
«Eh».
«Senza la fotocopia non può fare i raggi. Dovevano fargliela in accettazione».
«Sì, ma non me l'hanno fatta».
«Adesso è un problema».
(Io, paziente) «Vuole che torni su? Magari rifaccio la coda, poi tra un 75/90 minuti ci vediamo qui con la fotocopia».
(Voltandosi verso una fotocopiatrice già accesa): «Ooocchei, gliela faccio io».
Sicura di non essere incinta? 30 minuti dopo, in sala raggi. La radiologa è un tipo ansioso e mi chiede quattro/sei volte se sono sicura di non essere in gravidanza. Le dico che sto allattando una neonata e lei mi snocciola le decine di casi di sue conoscenti rimaste incinte dopo una settimana dal parto. Le dico un po' secca che, a parte questo, non deve preoccuparsi: non c'è nessuna possibilità che io sia incinta. «Ooocchei, la mia era solo una domanda». Fortunatamente la lastra va bene. «E adesso cosa faccio?»
«Torni al primo piano, dalla dottoressa R. È lei che toglie i gessi».
Un po' penso a uno scherzo, un po' mi viene da piangere. L'ascensore non funziona. Salgo a piedi, lentamente: piano terra, primo piano. Per fortuna davanti a me, all'officina ortopedica, non c'è più nessuno. I pazienti in attesa si sono come dissolti. Mi cade l'occhio su una finestra che qualcuno ha lasciata aperta e penso che si siano tutti buttati di sotto, per l'esasperazione.
I bet you look good on a dance floor Busso, ma nessuno risponde. Riprovo a bussare, poi entro. La dottoressa R è al telefono: sta parlando con qualcuno dell'organizzazione di una festa. È seccata perché un amico comune porta sempre vino scadente. Ormai ho perso ogni ritegno, le agito il gesso davanti al naso per farmi notare. L'assalto olfattivo funziona: dopo meno di un minuto chiude la telefonata. Per scalpellarmi via il gesso chiama uno specializzando, che si gode il delicato bouquet floreale emanato dal mio braccio dopo un mese di costrizione ma mi usa la gentilezza di fingere indifferenza. Una volta libera corro in bagno. Stranamente il dispenser non è rotto e contiene anche il sapone, così mi prendo il lusso di passare 10 minuti d'orologio a strofinarmi e sciacquarmi.
Esco dall'ospedale con due ore di ritardo, la Piccolissima a casa avrà certamente fame, il braccio è debole e lo sento strano: però sono di buonumore, pazienza, tutto passerà. Nelle ore immediatamente successive stringo mani, tocco persone e batto cinque come neanche Matteo Renzi in visita nelle scuole, carezzo bambini, firmo documenti, mi lavo i denti, scolo la pasta, taglio la carne, mi faccio pure giocosamente mordere la mano da Laccio («il cane che ti rompe un braccio» ©).
Good vibrations Pensieri sparsi nelle notti che seguono:
1. È proprio vero. Quando vieni privato di qualcosa, la gioia che provi nel tornarne in possesso è indescrivibile.
2. È proprio vero. I meccanismi secondo i quali funziona, in Italia, la sanità sono spesso farraginosi, inutilmente faticosi (avete aneddoti in merito? Se sì, mi divertirebbe molto leggerli).
3. È proprio vero: alla vigilia di un viaggio bisognerebbe più che mai stare attenti a non finire in pericolo. Domattina se il cielo ci assiste partiamo per una settimana di mare. Non devo non devo non devo indossare più i collant, non devo scivolare. Non devo rompermi un altro polso.
4. (ultimo) È proprio vero: mi riduco sempre all'ultimo momento. Ore 15.56: devo fare le valigie, un poco di spesa, partecipare a una festa di bambini, portare a scuola i regali per le maestre, istruire il vicepadre di Laccio, un amico che starà a casa nostra con lui durante la nostra settimana di vacanza, sul da farsi.
Voi ci riuscite, a organizzarvi in anticipo? Se sì: come? Quali sono i segreti? Io non ne sono mai stata capace. E così, in queste ore, un'ansia sottile mi pervade. Però senza gesso la vita mi sorride. Ho due braccia. La lavanda nel mio patio è sfacciatamente in fiore. Ooocchei, lo dico: sono felice.
Soundtrack: Rewind
How soon is now?
I bet you look good on a dance floor
Good vibrations
giovedì 7 novembre 2013
Settimana 35
Mentre la Pupa piccolissima è ben piazzata con la sua testina in basso, quasi pronta al decollo, io lo sono un po' meno. Da una settimana ho smesso di lavorare (nella foto, festa di arrivederci in redazione, con ghirlanda luminosa sul pancione) e in teoria avrei più tempo per fare tutto, ma il grave handicap della mancanza di sonno mi stordisce.
Di giorno il Pupo, che lunedì compie 5 anni, è un tenero batuffolo; di notte un bambino di Satana che sfugge a ogni controllo. L'ansia per l'Arrivo della Sorellina, da lui verbalizzata in modo piuttosto diretto («Mamma, ho sognato che avevi nella pancia un bebé di nome George come Curious George, era molto arrabbiato con me») trova sfogo nelle paure di mostri acquattati nel buio in ogni angolo di casa.
Confronto, confronto, confronto Io e Mike Delfino ci scervelliamo tra noi e, all'esterno, condividiamo il problema urbi et orbi. Anche i trasportatori della DHL e la primaria di Ostetricia dell'Ospedale Sacco sono a conoscenza del problema: nostro figlio non dorme. Mike Delfino per la stanchezza degenera e lancia minacce destinate a restare inevase: «Lo chiudo in camera sua e butto la chiave, lo faccio dormire in giardino, chiamo la polizia», io tengo botta con dispendiose e inutili alternative tipo Fiori di Bach. Stanotte è andata un po' meglio del solito: preliminarmente col Pupo abbiamo costruito una trappola per E.T., il suo principale nemico, con un campanello, un nastro, delle «puntite» (puntine) una trombetta e una biglia «per farlo scivolare dalle scale». Poi abbiamo disseminato tutto il piano di sopra di abat-jour e lucine anti-mostri, sembrava un camposanto ma mi sono ben guardata dal dirglielo.
The Call La prima chiamata è arrivata alle due di notte, un po' in ritardo sulla consueta tabella. La Pupa dormiva fuori casa e io sono andata a parlamentare col Pupo. Dopo 44 minuti di trattative («No, non vieni nel lettone. Ce la puoi fare da solo. Ognuno dorme nel suo letto. No, non ti posso fare mille coccole. Sì, cento sì, ma mille no. Se dormi ti regalo una... no, facciamo cinque macchinine nuove») lui, sfinito quanto me, mi ha chiesto: «Ma non potresti dormire almeno in questa stanza, nel letto della sorellina?». «Ti basterebbe a tranquillizzarti?». «Sì, mi basterebbe. Mi basta non essere in camera da solo». «Ma perché allora quando c'è la sorellina fai tanti capricci?». «Perché a volte il mio cervello non funziona».
Domani è un altro giorno E così abbiamo ronfato sereni fino alle otto del mattino. Naturalmente non posso prevedere come si evolverà la situazione e comincio a preoccuparmi un po': cosa succede se entro in travaglio dopo una notte insonne? Come al solito, accetto volentieri consigli e un po' mi rammarico perché, in tutto ciò, la mia attenzione nei confronti della Pupa piccolissima è ai minimi storici. Ogni tanto mi ricordo di lei perché mi prende a calci, stanotte deve averlo fatto con forza inconsueta perché mi sono svegliata sognando che all'improvviso fosse diventata podalica. Nelle ore diurne, in compenso, i Pupi sono amabili: giocano tantissimo a «scuola», Pupa insegnante e Pupo + compagni immaginari allievi, e poi con la pista dei treni, scagliando con forza vagoni di legno contro improvvisi ostacoli. «C'è un gorgoglio di auto da questa parte», sento commentare la Pupa. Credo voglia dire «ingorgo», ma mi godo la quiete e mi guardo bene dal correggerla.
giovedì 12 settembre 2013
Primo giorno
Se c'è una cosa che vorrei fare nella vita è intervistare Francesco De Gregori. L'ho incontrato a Roma di recente e mi ha colpito: era molto alto e con le spalle molto dritte, ben più di quanto mi aspettassi (entrambe le cose).
Quesiti esistenziali Qui sul blog come avrete capito fatico a venirci, ho il tempo orribilmente rosicchiato, fatemi un po' il tifo che ne ho tanto bisogno. Il Pupo è tornato a scuola e con nostra somma gioia la Maestra Cattiva di cui ho già parlato in passato è emigrata verso altri lidi, io nel frattempo mi sento scema per averci messo tanto (=mesi) a capire che lui, con lei, proprio non stava bene; mi ci è voluto che cominciasse a mordere e picchiare sua sorella, che avesse incubi notturni ricorrenti, che si facesse la pipì addosso anche di giorno, come un bimbo di due anni quando invece ne aveva quattro e mezzo. Domanda: come si contrasta il senso di colpa? Voi ci riuscite? Vi viene naturale o è una competenza che avete sviluppato negli anni?
Il favoloso mondo della Pupa La Pupa invece adora la scuola e la scuola adora lei. Salvo rari capricci, abita come Amélie un pianeta incantato e benevolo. Ieri, per dire, sul passante ferroviario (una specie di treno urbano che c'è a Milano) ha descritto a un cieco tutto quel che vedeva. E a chiudere gli occhi, nelle sue parole riuscivi a sentirci i colori. Prendetevi un minuto e 20 secondi per riguardarvi la scena. È totalmente priva di malizie, ieri molto matter-of-factly ha spiegato a suo fratello che tentava per dispetto di strapparle le mutande: «Se teniamo il popis» (=l'organo genitale femminile, ndr) «così nascosto e protetto, sarà perché è importante, non credi?».
Quando si correva per rabbia o per amore (cit. De Gregori & mamma Pellona). Se davvero c'è una correlazione tra la vita endouterina e quella fuori dal grembo materno, la Piccolissima è destinata a esser vispa. Per esempio, quando ritiene che stia dormendo troppo profondamente mi sveglia a calci. Ma poiché di recente ho visto un agghiacciante horror in cui alle 3.07 di ogni notte succedevano le cose più turpi, se mi sveglio in mezzo al buio non ho neanche il coraggio di guardare che ore sono (e se fossero proprio le 3.07?) perciò non saprei dirvi quanto dormo e quanto sto sveglia. Da insonne, come tutti, mi faccio mille domande. Chi mi presterà la carrozzina? Quella volta, dalla pedicure cinese, avrò preso l'epatite C? È possibile, per una madre in cova, influenzare con la forza del pensiero il carattere del bambino? Sull'argomento, qui in redazione è sorto un dibattito a cui vi invito a partecipare. Se aveste la bacchetta magica e poteste scegliere, preferireste una figlia geniale ma "solo" mediamente carina, oppure vorreste che il Cielo le desse in dono intelligenza nella norma e sfacciata bellezza?
lunedì 10 giugno 2013
Scuola & altre catastrofi
Momenti di grande agitazione sindacale nell'azienda per cui lavoro. Del resto mi si racconta che ovunque è così. È la crisi, si mormora, la crisi cui siamo ormai abituati ad attribuire la colpa di tutto. Nel frattempo la vita in qualche modo va avanti e io mi dedico alla mia prossima inchiesta, sull'homeschooling.
La scuola? Non è obbligatoria E io per tutti questi anni ho pensato di sì. In effetti, a differenza che in altri Paesi, da noi i genitori sono tenuti a «dare un'istruzione» ai figli, non a mandarli a scuola. E chi controlla che i bambini vengano istruiti davvero? Nella repubblica delle banane, nessuno. Mi hanno spiegato che il dirigente scolastico del territorio di competenza (quello di residenza, per intenderci) è tenuto a verificare cosa fanno le famiglie che non hanno iscritto i propri figli a scuola. Tra le altre cose, ha il dovere di «chiedere che i bambini facciano l'esame di idoneità» alla fine di ogni ciclo. Ma le famiglie hanno il diritto «di rifiutarsi di fare l'esame».
In questo vuoto normativo In pratica ciascuno si organizza come vuole. Gli homeschoolers preferiscono essere definiti un-schoolers: poche letterine che fanno la differenza. L'homeschooling significa proporre ai bambini, a casa, lo stesso programma (ministeriale) delle scuole tradizionali. Secondo l'unschooling invece il bambino impara attraverso le proprie esperienze di vita, tra cui il gioco, la vita a contatto con la natura, il rapporto con i genitori e i fratelli. Sceglie cosa imparare e quando impararlo, fin da piccolissimoi. Steiner, Holt, Montessori sono i modelli da cui ciascuno attinge come meglio crede.
Il passaparola sul web È intenso e frenetico. «Voi avete studiato le tabelline?». «A che età i vostri figli hanno imparato a cuocere il pane?». «Oggi siamo stati a visitare la caserma dei pompieri». Alcuni unschoolers fanno frequentare ai figli quelle che si chiamano scuole libertarie, i più radicali li tengono a casa da sempre, possibilmente per sempre, al motto di «i più grandi genii non hanno ricevuto un'istruzione tradizionale». E giù a far nomi tipo Einstein, Zuckerberg, Gates, Jobs.
Nell'intervistarli Un po' mi innamoro dei loro processi mentali, un po' perdo orribilmente la pazienza. Domando: «Voi genitori che scegliete questo metodo dovete seguire i vostri figli di continuo. Come fa chi ha un mutuo da pagare e non può lasciare il suo lavoro a tempo pieno?». Risposta: «Forse è meglio che non faccia figli». Mi astengo dal far notare che una società fondata su questo principio colerebbe immediatamente a picco, senza contare i decenni di dibattiti sull'emancipazione femminile.
Andate e moltiplicatevi Parlo con una unschooler che ha nove figli. Più in generale, «quelli come loro» sono molto prolifici. «Che vuoi che dica», mi fa lei con semplicità, «è la mia missione nella vita. Quando ero piccola e mi chiedevano "Cosa vuoi fare da grande?", rispondevo, "la mamma"». Mentre ne prendo atto, un brivido mi corre lungo la schiena. Io sarei capace di restare a casa con i miei figli e di fornire loro un'istruzione democratica? Soprattutto, vorrei farlo? Credo di no. Però quando l'altro giorno la maestra del Pupo, 4 anni, mi ha detto di nuovo: «Sai, tuo figlio proprio non si comporta come si deve. Continua a mangiare nella posizione dello yoga, e poi sai, è... insofferente alla Regola», ho avuto tanta voglia di prendere il bambino e di portarlo lontano, tanto lontano da lì. Attendo, al solito, preziose condivisioni di pareri ed esperienze.
venerdì 29 marzo 2013
Sopravvissuti e sopravviventi
Party in casa con Pupi. |
Altri accadimenti
Laccio su poltrona Sacco. |
Invece sappiamo tutti che le liste Vanno molto di moda e soprattutto fanno sentire meglio, in fondo è fico tenere un elenco delle cose che dovremmo o vorremmo fare e poi cancellare una voce alla volta, sentendoci eroici perché siamo riusciti a compiere imprese titaniche tipo «fare doccia» o «comprare latte». Voi che ne pensate delle liste? Ne fate? Come le usate? Io come in tutte le cose della vita vado a momenti, un po' sì e un po' no. Mi ha invece stupito molto la Pupa, che ha quasi 8 anni, e poco prima dello scorso weekend - poco prima, in effetti, che Laccio irrompesse nelle nostre vite - ha compilato con puntiglio questa:
La Pupa è un curioso mix Di alto e basso, poesia e scienza, costruzione e distruzione. Ti incanta con le parole e un minuto dopo manda tutto in vacca. Ieri chiacchieravamo mentre lei era nella vasca da bagno:
«Mamma, vorrei tantissimo un fratellino».
«Te l'ho già detto, non dipende da me. Mi piacerebbe tanto e lo sai. Ma il fratellino viene solo se vuole venire».
«Cioè più che altro se Gesù ce lo vuole mandare, lui arriva?»
«Potremmo anche vederla così, sì».
«Allora propongo a Gesù: se mi mandi il fratellino io ti regalo tutta la mia collezione di gomme. Sai mamma, sono quasi 108».
«Wow!».
«Ma secondo te a Gesù può servire, una collezione di gomme? La farà anche lui in Paradiso? Ce l'avrà, una gomma a forma di Gesù?»
«Non lo so. È possibile. Ma se arrivasse un altro fratellino tu lo meneresti come meni quello che hai già?»
«Sì. Però all'inizio, quando è piccolo, pochissimo».
venerdì 2 novembre 2012
Sì, viaggiare (in macchina con i Pupi, e altre storie)
(Pupo, dal sedile posteriore, durante un lento e pigro viaggio in auto): «Mamma, lo sai che io ho tlentamila amici di Facebook.»
«Davvero, Pupo? Beato te. Ma tu lo sai cos'è Facebook?»
(...)
(Ancora il Pupo, un minuto dopo): «Mamma, lo sai che dentlo di me vive una pelsona che ha cinquantamila anni. Si chiama Ludovica e fa la maestla. Anzi: faceva la maestla».
(Pupa, gesticolando furiosamente, dal sedile a fianco al suo): «Mannò, Totone. Non esistono persone di cinquantamila anni. Il massimo è 114 anni».
(Pupo): «Ah.»
(...)
(Pupo, cinque minuti dopo): «Dio è il papà di tutti noi».
(Io): «Te l'hanno insegnato a religione?»
(Pupo, riflessivo): «Mamma, lo sai che Gesù è vivo in mezzo a noi».
Mio figlio non ha più voglia di andare a letto
Da bebé, il Pupo era uno spettacolo. Pochissimo capriccioso, dolcissimo e molto autonomo. Fin dai primi mesi di vita s'innervosiva se cullato: piuttosto, si addormentava volentieri da solo, ciucciandosi il dito o strofinandosi con un lenzuolino. A un anno, poggiato nel lettino alle ore 20, mi faceva un gran sorriso e poi «ciao-ciao» con la manina, piegava il capino di lato e alle 20.01 dormiva.
Progressivamente la situazione è peggiorata. Da qualche settimana le procedure per metterlo a letto sono diventate uno sfinimento. Può volerci anche un'ora, durante la quale lui si alza mille volte perché non trova «quella specie di bibe con l'acqua» (=la bottiglietta di plastica con la chiusura di sicurezza), «la copeltina pel fale le mie cose» (=ravanarsi un po'), «il mio Ma» (=il suo pupazzo preferito). Oppure vuole un bacio, le coccole, ancora qualche bacio, o ancora all'improvviso reclama «un adulto che scacci i giganti di fango che sono compalsi a fianco del mio letto» (il Pupo ha una proprietà di linguaggio straordinaria e usa benissimo i congiuntivi. La pronuncia delle parole, in compenso, fa schifo).
Minacciato da me e Mike Delfino, esausti e frustrati dopo lunghi quanto vani tentativi, il Pupo si trasfigura e tenta la carta dell'aggressione volgare. «Bàfanculo!». «Pupo, la misura è colma. Ora finisci in castigo. Dove l'hai imparata questa parola orribile?». «Me l'ha insegnata Lolenzo Jovanotti».
Jovanotti, peraltro, a casa mia è un mito
L'unico a cui non piace è Mike Delfino: da quando gli ho confidato che io, a 18 anni, sognavo di sposarlo ne è orribilmente geloso. Ma noialtri, noialtri lo adoriamo. Il Jova è l'amico immaginario del Pupo (vedi sopra) e soprattutto l'idolo della Pupa, che vuole sempre ascoltarlo. L'altro giorno in macchina abbiamo messo su Quando sarò vecchio, canzone bellissima ma che contiene un paio di espressioni forti tipo c****oni e c**o.
(Pupa, aka Madre Teresa di Calcutta, gli occhioni sgranati): «Mamma, perché Jovanotti dice queste parole?»
(Io): «Perché è un adulto. Ed è un artista. Dunque gli è permesso usarle, ma solo ogni tanto».
(Pupa, trasognata): «Anch'io voglio essere un adulto artista».
(Pupo, che fino a quel momento sembrava dormisse): «Bàfanculo!»
Errori che continuo a ripetere
In chiusura, un piccolo elenco di errori che continuo a ripetere.
1. Comprare e ri-comprare il preparato per budino. Attualmente in dispensa ne ho sei, di marche e gusti vari (1 creme caramel, 3 vaniglia, 2 cioccolato). Tutte le volte che vado al supermercato, davanti allo scaffale mi domando: «Ce l'avrò? Forse è meglio che per sicurezza lo riprenda, casomai nel weekend mi venisse voglia di farlo». Poi apro lo sportello della dispensa e vedo tutto quel bendiddìo inutilizzato, e mi mordo le mani.
2. Trattare con sciatteria oggetti che meriterebbero cura. Per esempio, quando compro un indumento nuovo poi tendo a strappare le etichette fastidiose con impazienza. Risultato: lo buco o lo rovino, ogni volta imprecando e dicendo a me stessa che non devo farlo più. L'altroieri è toccato a un bel maglioncino lilla, la settimana scorsa a un paio di slip che temo siano irrecuperabili.
3. Trattare con sciatteria oggetti che meriterebbero cura/2. Nel disimballare, dopo il trasloco dell'azienda per cui lavoro, i miei oggetti personali ho tranciato in due con le forbici le cuffiette che usavo per ascoltare la musica.
4. Trattare con sciatteria oggetti che meriterebbero cura/3. La sera, guardando un film davanti alla tv con Mike Delfino, poggio un calice di vino di fianco al divano. Faccio cadere (e rompo), urtandolo inavvertitamente, almeno un bicchiere a settimana. L'altra notte ho sognato che compravo 42 calici nuovi e spendevo 84 euro più le tasse (?). Numeri forse da giocare al lotto.
Se vorrete condividere con me strategie per velocizzare l'addormentamento del Pupo oppure, per farmi sentire meno sola, confidarmi uno degli errori che continuate a ripetere (avrete anche voi qualche scheletro nell'armadio - spero), soyez le bienvenu.
martedì 17 luglio 2012
Bambini e incubi notturni
«Porco cazzo», una voce squillante squarcia l'oscurità. Dove sono? Chi sta parlando? Che ora è? Ho un lato del corpo tutto sudato e l'altro gelido. Mi muovo con cautela, a tentoni. Cioè, muovo la parte sinistra del corpo; la destra ha perso sensibilità, soprattutto il braccio. Cerco una superficie solida contro cui sbatterlo per rianimarlo. Ecco. È un muro. E questa... è la testa di mia figlia, che dorme parzialmente a cavalcioni su di me, come se fossi un pupazzo o un cuscino. Provo a sfilarmi senza svegliarla. Borbotta.
«Porco cazzo», ripete la voce squillante da un punto imprecisato della stanza. «Porco cazzo, mi sono di nuovo magnato la maglietta». Esse e zeta sibilanti, svarioni lessicali. Sorrido. Può essere solo il Pupo.
Era una notte buia e tempestosa quando, poche ore fa, mi sono trasferita qui a dormire. Siamo nella casa di vacanza, nelle colline dell'entroterra ligure, dove i Pupi risiedono assieme ai nonni dall'inizio di luglio. Una fidata baby sitter li accompagna al mare e al pomeriggio, dopo il pisolino, li porta in gita in mezzo ai boschi. «Abbiamo visto i cavalli, le tacchinelle, un pulcino, un ragno velenoso e i vermi pallottola». «Pupi, ma non è pericoloso?». «No, mamma, la baby sitter conosce tutte le strade. Sai che ha ventuno anni meno di te?». «Sì, Pupa, me l'hai già detto la settimana scorsa».
Andiamoci assieme, allora, ho proposto io, che vengo qui da quando avevo l'età della baby sitter e in questi boschi non ci sono mai stata. Ho messo ai Pupi i sandali giusti (io no. Io avevo le infradito, ma pazienza) e siamo partiti. Quattro, cinque, sei curve, il bosco a tratti si stringe sopra di noi un po' come succede nel mago di Oz. Da lontano, l'abbaiare dei cani. «Pupa, avete incontrato dei cani le altre volte?». «Sì, ma sono in gabbia». L'abbaiare si fa più vicino. Dietro una curva spunta un botolo, l'aria incerta. Ringhia. Sembra arrabbiato. Le manine dei Pupi mi stringono forte. Poi ecco un altro cane, appena più grande del primo. Anche lui abbaia. I Pupi sbiellano.
Fatico per non mettermi a correre mentre giro i tacchi trascinandomi dietro i Pupi. «Torniamo a casa». Loro piangono per lo spavento, dopo qualche metro il Pupo mi salta letteralmente in braccio e mi stringe fortissimo. Il cuore gli batte all'impazzata. Che tenerezza. Tento di mantenere un contegno mentre li rassicuro: «Bambini, quei cani erano più spaventati di voi. Non ci avrebbero fatto nulla». «E allora perché abbaiavano?» chiede la Pupa, analitica. «E infatti io li ho cacciati col bastone pecché io sono Ben Ten!» aggiunge il Pupo, smargiasso e mistificatore. «No Pupo, tu non hai cacciato nessuno. Hai pianto dalla paura e ti sei messo a urlare».
Più tardi, verso l'una di notte, il Pupo strilla. Ha un incubo. C'entrano i cani. Lo calmo, lo coccolo e poi decido di restare nella stanza in cui dormono lui (nel lettino) e sua sorella (in un letto matrimoniale). Ecco spiegato il fatto che il mattino successivo sono un po' sudata e un po' gelida: la Pupa mi ha rubato il lenzuolo e contemporaneamente si è messa a dormirmi addosso. Quanto al Pupo, dorme ancora con il pannolino e stanotte agitandosi deve aver fatto troppa pipì. E questo spiega la maglietta magnata. E il porco cazzo? Trattengo le risate, devo sapere. «Pupo, dove hai imparato questa curiosa nonché inopportuna espressione? A casa certamente no». «A scuola, mamma». «Ma non ci vai da un mese». «Però me la sono ricordata. Sono stato bravo, mamma?».
P.s. Cerco conforto. Anche i bambini di vostra conoscenza dicono parolacce? Fanno incubi? Se la fanno sotto alla vista dei cani? Voi come reagite?
mercoledì 11 aprile 2012
Raccontatemi tutta la verità, nient'altro che la verità
Il Pupo sta mandando allegramente in vacca il fin qui infallibile sistema per cui in casa nostra ciascuno, di notte, dorme nel suo letto (tolti i periodi di malattia e i primi mesi di vita di entrambi i bambini). Nei giorni scorsi gli abbiamo fatto un upgrade: dal lettino con le sbarre, in cui praticamente non entrava più, alla cuccetta inferiore del lussuoso letto a castello in cui già da tempo risiede sua sorella.
Mentre prima faceva un po' di storie per andare a dormire - quattro lagne, un piantino, due o tre richiami a gran voce, poi il silenzio - adesso è una snervante altalena di infiniti su e giù dalla camera da letto al soggiorno. E ritorno.
Ma se all'andata Egli transuma verso di noi spontaneo, affrontando la discesa con disinvoltura e autonomia, al ritorno reclama a gran voce un passaggio all'ascensore umano (io, o suo padre) con una buffa espressione, retaggio del passato non lontano (= fino a ieri) in cui parlava a capocchia: «Ambis! Ambis!». Non chiedetemi perché, ma vuol dire «in braccio». Ora. Provate a tirare su venti chili di Pupo per trenta scalini cinque, sei, sette volte e poi ditemi come si sta. Io personalmente faccio un po' fatica.
C'è poi che si sveglia anche nel cuore della notte Già lo faceva prima, ma noi non andavamo, e lui in 30 secondi si riaddormentava. Invece adesso fruk fruk fruk, s'insinua silenzioso nel letto, sempre dalla mia parte. Se interrogato risponde, come in un mantra: «Ho sognato un mostlo, ho sognato un mostlo». A quel punto in genere troviamo la forza di ri-scodellarlo nella sua cuccetta, per goderci ancora qualche ora di tranquilla intimità. Ma poi, verso le sei del mattino, ormai otto volte su dieci torna da noi. Credo lo svegli la cornacchia in giardino, col suo gracchiare. «Pupo, tornatene nel tuo letto». Risposta: «Mamma, io devo stale con te». Il Pupo del resto è quello degli imperativi categorici, e delle iperboli. Se il bambino medio ogni tanto chiede una rassicurazione tipo «Mamma, mi vuoi bene?» lui ha bisogno di qualcosa di più: «Mamma, mi adoli?». Come dire: sotto lo standard della devozione assoluta, lui non scende.
Delitti e castighi Che poi, col favore delle tenebre, volano certe scoppole. Certe mappine. Io fino a poche settimane fa, per dire, avevo un naso perfetto, quasi alla francese (chi mi conosce di persona lo sa bene). Invece ora... e poi sono piena di lividi, ematomi ovunque, mi fa male l'occhio sinistro perché il Pupo, nel sonno, evidentemente crede di essere uno dei mulini a vento di Don Chisciotte. O Ben Ten. O Beibleid, che non ho ancora capito cos'è ma me lo cita di continuo (anzi se qualcuno lo sa e me lo dice, sono contenta). L'altra sera per convincerlo a restare nel suo letto dopo un'ora abbondante di su e giùgli ho detto: «Guarda, Pupo, che finirò col chiuderti a chiave in camera, se non la smetti». La Pupa è balzata dal terrore: «No mamma tipregotipregotiprego». Io, esasperata: «Ok Pupa, però dammi una mano anche tu, cerca di capirmi... Che ne so, prova a intrattenerlo, raccontagli qualcosa, così poi si addormenta». Esco e, appostata dietro la porta, la sento partire con uno dei suoi esilaranti pipponi, rivolta al fratello: «Sai che nel mondo ci sono tante spiagge? Ce ne sono al massimo 83». Che volete che vi dica? Ha funzionato.
Una curiosa eccezione L'altra mattina, improbabile ma vero, il Nano Mentale di cui siamo ostaggio non si è manifestato. Né alle sei, né alle sette, né alle otto. Io mi svegliavo ogni ora, incredula. Finalmente è comparso, alle 8.40, morbido e ancora assonnato. «Pupo, amorino, che bella dormita che hai fatto?». «Sì, mamma», mi ha detto lui dopo un sospiro. «Non ho sognato il mostlo, stavolta. Ma un cuole gigante che pel tutta la notte mi ha cantato la ninna nanna».
E voi, come siete messi a spostamenti notturni? Stamattina al telefono ho chiesto a mia madre: «Mamma, anch'io venivo nel lettone?». «Stai scherzando?» fa lei. «Quel letto, per anni, è stato un presidio permanente. Altro che bed-in di John Lennon e Yoko Ono. La norma, lì dentro, era essere in cinque: noi due, tu e i tuoi fratelli». I gemelli. Quelli con metà cervello a testa, ma questa è un'altra storia.
mercoledì 14 marzo 2012
Outing
Mi scrive la lettrice Anonimo: «Ho letto su Io Donna che gli uomini Alfa preferiscono le donne Beta, cioè predisposte alla maternità e con un lavoro part-time. Sono rimasta basita. Allora io sono una donna Beta, cioe di seconda classe, perché ho deciso di mettere su famiglia e tagliare l'orario di lavoro? Dovevo decidere diversamente per essere considerata una donna Alfa? Tu che ne pensi cara Paola, ti senti Beta per avere fatto figli?». Cara Anonimo, io credo ci sia un fraintendimento di fondo: Beta non è peggio di Alfa. L'anno scorso ho intervistato lo scrittore Cristopher Moore che sul tema ha una posizione molto interessante: «Mentre i maschi Alfa sono spesso dotati di attributi di superiorità fisica (taglia, forza, velocità, aspetto piacevole, attributi che il processo evolutivo seleziona tra gli esemplari più forti nel corso di milioni di anni) e si prendono praticamente tutte le ragazze, il gene del maschio Beta è riuscito a sopravvivere non andando incontro alle avversità e superandole, bensì anticipandole per poi evitarle. Pertanto, quando i maschi Alfa andavano a caccia di mastodonti, i Beta già capivano che attaccare un bestione lanuginoso con un bastone appuntito poteva avere risvolti negativi, e così rimanevano nell'accampamento a consolare le vedove in lutto. Quando gli altri andavano alla conquista delle tribù confinanti, a inanellare gesta eroiche e a catturare teste, loro riuscivano a prevedere che, in caso di vittoria, l'afflusso di schiave femmine avrebbe prodotto un surplus di donne sole, abbandonate per esemplari più giovani conquistati in battaglia, a cui non restava che conservare le teste sotto sale e archiviare le innumerevoli imprese coraggiose. Tra queste, alcune avrebbero trovato consolazione tra le braccia di qualunque maschio Beta abbastanza intelligente da sopravvivere. In caso di sconfitta, beh, si ripeteva la faccenda delle vedove. Il maschio Beta è raramente l'esemplare più forte o più veloce ma, essendo in grado di prevedere il pericolo, è numericamente superiore. Il mondo è guidato da maschi Alfa, ma se funziona è solo grazie alla capacità riproduttiva del maschio Beta».
Se siete arrivati a leggere fin qua e, come spero, vi siete divertiti, sappiate anche che Cristopher Moore mi ha confidato quanto segue:
1. Su 50 persone Beta ce n'è una Alfa
2. Berlusconi è Alfa, Obama è Beta
3. I Beta, un giorno, senza alcun dubbio domineranno il mondo.
Perciò, cara Anonimo, dobbiamo andare fieri/e della nostra Betitudine.
Lo stalker in piscina e le notti insonni Non vedo il tizio, ormai, da dieci giorni almeno. L'ho incrociato una volta con Pellons ma è arrivato tardissimo e non sono riuscita a farmi molestare. Da un lato è un bene perché a Mike Delfino prudevano le mani e quando s'innervosisce diventa faticosetto. In ogni caso, come sempre, vi terrò aggiornati. Invece: miracolosamente l'altra notte si è svegliato il Pupo e a quanto pare io stavo attraversando quei cinque minuti della mia vita onirica in cui sogno Brad Pitt, perché sono riuscita a restare addormentata e a percepire solo il vago movimento di Mike Delfino che imprecando in veneto si ri-tuffava sul letto dopo essere andato ad accudirlo. In compenso, al mattino il Pupo in questione ha preso la bruttissima abitudine di infilarsi nel nostro letto attorno alle 6.34, incuneando il suo corpicino caldo tra noi genitori dei quali, indovinate un po', uno si riaddormenta subito, l'altra resta sveglia a fissare il soffitto.
Bugie Domanda importante: dicono bugie, i vostri Pupi? Se sì, voi che fate? Perdonate o scoraggiate? La Pupa è la persona più sincera che io conosca, il Pupo l'opposto. Ieri è tornato dalla scuola materna con una banana - intera, con la buccia - spiaccicata nella tasca dei pantaloni. «E questa come ci è finita qui, Pupetto amoroso?». «Ci è andata da fola», mente lui spudorato, sorridendoti con l'occhio che incanta. Lo abbracci, lo baci, lui finge di lamentarsi: «Non fono mica il tuo pupaffo». Poi ride di nuovo, e corre già via.
mercoledì 7 marzo 2012
Quante storie per un piccolo ritardo
Se ancora non l'avete letto, non posso che consigliarvi l'ultimo romanzo di Fred Vargas, La cavalcata dei morti. Classificato come "poliziesco" in realtà è un romanzo che trascende i confini di genere, con una serie di digressioni surreali e adorabili. A un certo punto un padre, a proposito del figlio 28enne appena entrato nella sua vita - nel senso che, prima, non sapeva nemmeno che fosse nato - fa la seguente riflessione: «In una cosa era bravo, per lo meno. Bravo ad accarezzare i piccioni: anche banali, sporchi e brutti come quello» (il riferimento è un piccione trovato per strada con le zampine legate, ndr).
Amore e altre catastrofi Nonostante le perplessità di Papàmamma (che ritiene questa storia barbosa) qualcuno mi ha addirittura scritto in privato per chiedermi aggiornamenti sullo stalker ormai noto come «Il Tizio della Piscina». Calma, ragazzi, calma! Il fatto è che per il momento non c'è nessuna novità. Per fortuna, dice la parte privata di me; purtroppo, dice la narratrice che freme all'idea di raccontarvi ogni benché minimo sviluppo. Il Tizio della Piscina secondo me è morto o era malato, perché le ultime tre volte che sono andata a nuotare non l'ho visto. Peccato: il mio collega mi aveva accompagnato bello carico, con l'intento di menarlo, e invece ha dovuto soprassedere, limitandosi a sfogare il testosterone prendendo a schiaffi l'acqua con qualche vasca a delfino. Ma domani ci torno e, se lo ribecco, state sicuri che ve lo dico subito.
Una cosa orribile L'altra mattina sentiamo una risatina soffocata. Non c'è un modo carino per dirvelo, perciò ve lo dico e basta. Il Pupo ha rubato dal piano della cucina, dov'era appoggiata, la vaschetta piena a metà di cubetti di ghiaccio - l'altra metà essendo appena stata usata dal padre, aka Mike Delfino, per farsi un caffè shakerato. Poi l'ha messa per terra davanti a sé, ci si è inginocchiato davanti - il Pupo, non Mike Delfino - e deliberatamente, coscienziosamente, ha pisciato (uso questo termine perché l'azione nefanda lo merita) in ciascuno degli scomparti liberi. Credo che se non l'avessimo fermato avrebbe anche tentato di mettere la vaschetta in freezer, per vedere se riusciva a ghiacciare la pipì. Poi sua sorella si è girata, l'ha visto e angelica ha commentato: «Che carino il fratellino, vedete? Ha colorato i ghiaccetti con l'acquerello». Non abbiamo avuto cuore di dirle la verità, ma abbiamo pensato: questa è un'anima bella, nella vita si farà fregare dal primo che passa.
Il Pupo invece si è trovato irresistibile e ha continuato a ridere per un bel po'. Notare che non ne ha versata a terra neanche una goccia: quando si dice la precisione.
Stanotte, invece Da troppo tempo, almeno una settimana, dormivamo sonni tranquilli. Poi stanotte, a un'ora X che non ho nemmeno verificato - mi viene l'ansia doppia, se guardo l'orologio - abbiamo sentito un urlo belluino. Non mi sono svegliata subito, anzi sognavo che qualcuno stava costringendo la Pupa a inghiottire una biscia, pensate un po'. Invece era "solo" lei che urlava perché, nel letto, si era appena gomitata addosso. Mike Delfino mi raggiunge mentre presto i primi soccorsi e mi dice: «Hai bisogno che ti porti qualcosa, da sotto?». Gli faccio: «Un rotolo di scottex, per favore».
Ha borbottato qualcosa ed è sceso. Forse non ci crederete, ma è tornato di sopra con:
- Una paletta
- Un catino di plastica con un buco molto grande sul fondo
- Un sottovaso verde, diametro 22 cm.
- Un guanto di gomma (mano sinistra)
- Neanche l'ombra dello scottex.
Persino nella malattia, la Pupa ha riso. L'ho rassicurata: «Non ti preoccupare, i maschi di notte non capiscono niente». Il Mike si è lamentato dicendo che lo sottovaluto, poi si è chinato a frugare sotto il lettino del Pupo, che in tutto ciò dormiva beato. «Cosa fai, Mike, accarezzi il parquet?». «Sto cercando le lenzuola pulite», mi ha risposto lui, tra il confuso e lo stizzito. Per terra, sotto un lettino, accanto a una tartaruga gigante di peluche. Non nella cassapanca di legno dove, da almeno quattro anni, persino i pesci rossi sanno che le teniamo.
PS Stamani, interrogato, Mike Delfino non ha saputo dare spiegazioni convincenti sul suo comportamento. Ma anche i vostri compagni (o compagne, se siete maschi) danno il meglio di sé durante la notte? Si aspettano aneddoti e solidarietà.
mercoledì 8 febbraio 2012
Concorso, concorso!
L'altro giorno parlavo con la maestra della Pupa.
(Lei) «Lunedì prossimo consegniamo le pagelle».
(Io) «Faremo anche un colloquio?»
«Ma che colloquio. Cosa vuole che le dica? Sua figlia non ha nessun problema, a meno di non considerare tale la sua attitudine a ridurre gli altri bambini in stato di schiavitù. L'altro giorno le ho cambiato banco, perché nel giro di qualche settimana aveva trasformato Yu Qing nella sua serva personale. Ora le ho messo accanto Pian Pian, speriamo che almeno lei resista. I bambini cinesi sono tosti, ma sua figlia è ancora più tosta».
«Capisco. Pensi che ieri sono tornata a casa, e ho trovato il Pupo nel centro della stanza, le mani sui fianchi, che fissava il vuoto».
«E questo cosa c'entra, scusi?»
«La Pupa tutti i pomeriggi s'improvvisa maestra e gli fa lezione. Lui è da solo, ovviamente, però è costretto a interpretare il ruolo di tanti alunni diversi. Lei fa l'appello e lui è obbligato a rispondere a tutti i nomi. E ieri, mi ha spiegato la Pupa, suo fratello era lì, immobile, perché lei gli aveva detto di stare in fila».
«In fila? Da solo?»
«È proprio questo il punto. L'ha messo in fila con se stesso, capisce? Nella sua diabolicità, lo trovo geniale».
Le (ri)nascite del Pupo Di recente il Pupo ama farsi covare. Prende la sua copertina verde acqua, ci si sdraia sotto e poi coinvolge chiunque passi di lì: «Mamma, mi covi? Papà, mi covi?». Si fa covare anche da semisconosciuti, tipo il tecnico della caldaia o il postino. Poiché è un bambino estremamente accattivante, nessuno si sottrae: così casa nostra è tutto un fiorire di adulti semiaccovacciati sopra un fagotto semovente. La gestazione dura pochi secondi, dopo di che il Pupo sbuca felice dal suo riparo e ricomincia a giocare come se nulla fosse. In alternativa (ma questo lo fa solo con me) s'infila sotto il maglione, slargandolo orribilmente, poi finge di uscirmi dalla pancia. È una cosa romantica ma anche un po' impegnativa: ieri per esempio è voluto nascere undici volte, e non sapevamo come farlo smettere.
Incubi Stanotte, un buontempone ci ha suonato il citofono alle 2.30 spaccate. Prego che gli si congeli per sempre il dito che ha usato per schiacciare il tasto "3". Il problema è che poi sono rimasta sveglia a pensare all'adorato maestro della Pupa, che purtroppo ha una malattia seria. In qualità di rappresentante di classe ho dovuto annunciarlo agli altri genitori. Una mi fa: «E la ginnastica? Il maestro faceva anche ginnastica con i bambini, sarà in grado la supplente di tenere la lezione al posto suo? Ormai è finito l'anno, quei bambini non vedono la palestra da settimane». Mi è caduta la mascella e mi sono ridotta a balbettare che in fondo siamo solo a febbraio e a giugno manca ancora un bel po'. Avrei invece dovuto dirle «Brutta demente», un po' come alla tipa che sabato pomeriggio, alla conferenza dell'astrofisica più famosa d'Italia ha borbottato roteando gli occhi: «Ma come, devo fare la tessera Arci anche per vedere la Margherita Ark?».
Concorsi Siamo 500 follower! Anzi, 501 in questo momento. Ne sono felice, vi ringrazio e voglio festeggiare. Mi sono scervellata per ore chiedendomi cosa proporvi, e cosa offrire al vincitore. Alla fine, poiché è un periodo faticoso, ho deciso che:
vince chi pubblica l'aneddoto più divertente sul proprio figlio/i. Punto.
Premio: un mio libro a vostra scelta e un abbonamento a una rivista (a mia scelta). Se passate da Milano e vi fa piacere, ve lo consegno di persona e vi offro pure un caffè. E chi mi aiuta a scegliere il vincitore? Qui viene il bello: una giuria composta da altre tre persone (oltre a me) che estrarrò tra quanti avranno commentato questo post. E cosa vincono i giurati in cambio del loro impegno? Un altro libro. Ricordatevi, se non siete registrati su blogspot e quindi non siete raggiungibili, di lasciare nel commento una mail e/o di mandarmela in privato. Per rispondere c'è tempo fino a lunedì. E sì, è anche possibile postare (separatamente) più di un aneddoto. Come si dice... buon divertimento!
giovedì 19 gennaio 2012
Vita difficile, felicità a tratti
Sono tornata viva dal Tirolo austriaco: due giorni di trasferta extreme in compagnia del signore che compare nella foto sotto. Vorrei postarvi anche alcune immagini che ritraggono me impegnata nell'eroica impresa di salvarlo da un insidioso lago di neve, ma Settimio, il fotografo, non me le ha ancora girate. Ci siamo divertiti come liceali in gita anche se fisicamente è stato un massacro: viaggiavamo attorno ai 2000 metri e meno 20 gradi di temperatura (e no, non sto esagerando), Tiziano ha preso l'elicottero per la prima volta in vita sua con risultati non brillanti, noi abbiamo sbagliato funivia e rischiavamo di finire come quei ragazzi del film horror che è uscito da poco: sospesi per sempre tra due montagne. Il reportage completo di viaggio su Gioia, tra un paio di numeri.
In mia assenza, i Pupi:
- hanno cercato di sposarsi. La Pupa si era costruita un velo con il pluriball e se l'era fissato sui capelli con lo scotch (grande dolore nel toglierlo). Il Pupo aveva per testimone l'inseparabile ratto gigante di peluche che chiama "Ma", lei una bambola stracciona chiamata Paolona, "quella che ha paura di tutto, persino dei suoi capelli". Ma Mike Delfino si è divertito a fare il don Rodrigo: "Questo matrimonio non s'ha da fare", ripeteva birichino ai Pupi. "Pecché, papà?" (il Pupo, contrito). "Perché è notte". La Pupa, insistendo: "Come mai non possiamo sposarci?". "Perché siete troppo bassi. E tu, Pupo, non hai nemmeno le mutande".
- hanno fatto i nostalgici. La Pupa iniziava le frasi in tono sognante: "Stasera, visto che siamo in pochi...". Il Pupo faceva il piagnucolino al telefono: "Mamma, quando tonni? Pemmè non tonni" (tiè!). Poi sussurrava a suo padre parole romantiche: "Papà, pecché i baci sono trasparenti?". Due giorni dopo sono arrivata a casa di notte, felice, stanca come (quasi) mai in vita mia. Ho provato a svegliare la Pupa spargendole addosso una gran quantità di baci, ma lei è rimasta ferma. Sulle labbra aveva un sorriso appena accennato, sopra il suo letto una girandola di pupazzi immobili, tutti insieme a sognare il mio ritorno.
mercoledì 7 settembre 2011
In viaggio con mia figlia
Come è come non è, sono passati otto giorni dall'ultimo post pubblicato. Voi siete come quelle amiche di cui mi ricordo ogni sera prima di addormentarmi: le penso sempre e poi, durante il giorno, non riesco mai a chiamarle. Ma prima di raccontarvi di a) il mio viaggio a Londra da Chris Martin (!) e b) il primo giorno di scuola materna del Pupo (!!) e c) il tavolo che ho provato a trasformare con il decoupage accorgendomi solo alla fine di averlo decoupato al contrario (con tutte le immagini che guardano il muro - vi spiegherò) volevo farvi una proposta pazza che però magari chissà.
I have a dream.
Da tempo immemorabile:
fare un viaggio con mia figlia. Io e lei, fuori stagione, lontano da tutto (e da tutti).
Mi sono iscritta a una mailing list di gente strana. Viaggiatori balsamici, si chiamano. E mi hanno mandato questa proposta: una settimana sul Mar Rosso, a Berenice che è la parte meno turistica (e, mi dicono, più bella), per mamme e pupi. Dal programma leggo che il viaggio è:
"in una cornice naturalistica straordinaria, il deserto orientale egiziano e la parte più preservata della barriera corallina del Mar Rosso. È organizzato da Balsamic People e Hotelplan con residenza al Lahami Bay Resort di Berenice e, come tutti i Balsamic Breaks, è stato disegnato per essere un’esperienza di vita memorabile, piacevole e benefica per il corpo e per lo spirito tra persone interessate a respirare la vita.
COSA POTRETE CONDIVIDERE CON I VOSTRI FIGLI
Innanzitutto tre esperienze esclusive e speciali di questa settimana, alla scoperta della sua storia millenaria, della cultura delle popolazione beduina e di un ecosistema, sopra e sotto l’acqua, tra i più interessanti del mondo:
ASTROTOUR (dalle 18,30 alle 21.30). Uno straordinario viaggio tra stelle e costellazioni complici il buio del deserto e un raggio laser di 3 km e un telescopio. Il "maestro" è Thomas; natali austriaci, egiziano per adozione e astrologo per passione. La cena sarà preceduta da una osservazione del deserto in silenzio.
SNORKELING SAFARI (mezza giornata). Per tutti, grandi e bambini, la ‘’sessione di laurea’’ in barriere corallina a mare aperto dopo tre giorni di snorkeling dalla spiaggia con il biologo marino che insegna a riconoscere i coralli e i pesci e il funzionamento di uno degli ecosistemi più belli del mondo. In una parola, lo splendore in technicolor di una natura di commovente bellezza in un reef a mare aperto (e nuotando tra le tartarughe).
WADI GEMAL CAMP (dalle 15 alle 21.30). La straordinaria esperienza di partecipare al Festival delle Tribù beduine di Wadi Gemal. Un festival loro (si chiama "The Characters of Egypt’’) a cui pochi stranieri sono invitati. I vostri figli potranno giocare con i bambini del deserto, vedere le gare di cammelli e tiro alla fune, camminare sui trampoli, ballare con voi la loro musica, mangiare per una sera in tenda, alla loro maniera. Un’esperienza memorabile a cui i bambini arriveranno preparati da un dopocena di introduzione ad una cultura vecchia di 8.000 anni.
Oltre a questo condividerete con i vostri bambini:
Una cucina sana e di qualità
Una spiaggia ampia con facili ingressi a mare in uno dei momenti migliori dell’anno per andare in Egitto
Due serate di presentazioni naturalistiche (sul deserto e la barriera corallina)
Le uscite in canoa e windsurfing (se praticate questi sport)."
Eccetera, eccetera (compreso la dieta vegetariana, il corso di massaggi e la meditazione coi bimbi per chi la vuol provare). Le settimane possibili sono due: dal 22 al 29 ottobre e dal 29 ottobre al 4 novembre. Là in quel periodo la temperatura è perfetta e l'acqua del mare calda.
Una pazzia? Forse, ma mi piacerebbe tanto provarci. E magari condividerla con voi. Il link per maggiori dettagli è www.balsamicpeople.com, lo copio e incollo per intero perché quell'altro non funzionava. Tra l'altro vi consiglio di farci un giro perché è proprio carino, al di là di questo specifico viaggio! E c'è anche un indirizzo email: [email protected].
Ok, adesso siete libere di dirmi che sono fuori di testa, ma cavolo, quanto bello sarebbe?
Ps se avete delle curiosità, scrivete. Io mi sono già un po' documentata.
Pps qualcuno me l'ha chiesto in privato ma rispondo pubblicamente perché è un'info utile: il viaggio 1 adulto + 1 bambino costa sui 1800 euro tutto compreso (voli, pensione completa, attività). Poi ci sono tutte le altre combinazioni: 1 adulto + 2 bambini, 2 adulti + un bambino, 2 cavalli + 1 ghepardo, eccetera.
venerdì 29 luglio 2011
Tutto quel che nella vita non ho ancora imparato
Che ci sono un sacco di errori che continuo a fare, e rifare, e rifare. Dunque il detto popolare secondo cui dagli errori si impara è, almeno nel mio caso, una solenne vaccata. Per esempio
- Perché ogni volta mi sento in colpa quando mia madre mi dice cose come "Per fortuna, Paola, che stasera arrivi. Sai, i bambini hanno sentito tanto la tua nostalgia"?
- Perché non esco da casa 10 minuti prima, qualunque sia la mia meta - stazione, aeroporto, luogo di lavoro, appuntamento con un'amica o col mio bello? Perché devo sempre arrivare in ritardo, oppure con un infarto in corso?
- Perché sono ancora schiava del dubbio - si scriverà aeroporto o aereoporto? Esattamente quale parte del mio cervello si rifiuta di impararlo?
- Perché, quando so che devo partire per qualcosa di più lungo di un weekend - come adesso - mi riduco a fare le valigie la mattina stessa?
- Perché lascio sempre il cellulare spento sepolto in qualche angolo della casa, cosicché rintracciarlo diventa impossibile?
- Perché metto le scarpe prematuramente, zoccolando poi ovunque, gettando fango in giro e maledicendomi ("potevo rimanere a piedi nudi altri 5 minuti?")
- Perché 9 volte su 10 perdo il tagliandino del parcheggio dell'EsseBrutta anche se ogni volta mi riprometto di starci più attenta? In alternativa, perdo il carrello oppure prendo per sbaglio quello di qualcun altro o mi faccio rimproverare perché non ho messo il guanto di plastica per prelevare la frutta o, per finire, sbaglio cassa e vado per sbaglio nella fila "Max 10 pezzi", me ne accorgo solo alla fine e devo ricominciare daccapo.
- Perché mi dimentico di controllare se nella caffettiera del giorno prima c'è ancora caffè e me lo rovescio addosso?
- Perché faccio liste di compiti da portare a termine e poi non le leggo, o le perdo?
- Cosa diavolo mi spinge ad accettare le offerte commerciali di compagnie telefoniche scadenti?
Sarebbe carino se voleste condividere elenchi anche brevi dei vostri personali fallimenti. Ciò detto, vi abbraccio e mi dirigo - per una volta, quasi in orario - al treno che mi porterà a riabbracciare quei morbidi Pupi. Appuntamento alla fine di agosto!
giovedì 26 maggio 2011
"Rimetta a posto la candela" - con concorso!
Prima di tutto, se già non l'avete presente, andate a (ri)guardarvi questo video che dura un minuto appena e mette sempre di buon umore.
Fatto? Bene. Dovete sapere che il Pupo parla così. Allo stesso modo. A volte mi chiedo se non sia Gene Wilder. Lui non sussurra: declama. Non parlotta: annuncia. Non bisbiglia: recita. Il mondo è il suo palcoscenico, e lui è l'attore protagonista di uno spettacolo non stop. Tra le sue frasi più popolari (sempre con il tono di "rimetta a posto la candela"):
- "Nuota e fai nuotare Pigiapia". Ripete lo slogan, da lui opportunamente modificato (indovinate cosa dice l'originale), da quando lo scorso weekend siamo andati in gita con la classe della Pupa sul Lago Maggiore. I coetanei della Pupa, ormai quasi 6enni e scafati, usavano il Pupo come mascotte, indottrinandolo su svariati temi tra cui la politica, i Gormiti, l'importanza degli origami (singolare: "origamo") nella vita quotidiana, il divertimento estremo rappresentato dal fare i gargarismi col blob di latte+plasmon della prima colazione.
- "Sono Lomano e questo è il mio Lolsino!". "Sono Romano e questo è il mio orsino". Origine ignota.
- "Il mio letto è magnato! Mi selve un fazzoletto! Poltatemi un fazzoletto! Gov'è il cocò? Sono il dottole! Plendi lo piloppo pella tosse! Gov'è il mio pibama? Gove sono le ponniche?" (= formiche). Frasi, queste ultime, declamate con voce stentorea in momenti casuali nel corso della notte.
Quali sono le frasi più buffe dette (o declamate) in questo periodo dai vostri figli? La più divertente vince questo bel libro della mia amica Bismama.
Ps. Sapete che non faccio mai questo genere di segnalazioni, però oggi (a Milano. Domani nel resto d'Italia) su Gioia esce la mia intervista a Jovanotti. Se la leggete e mi dite che ne pensate sarò contenta!
martedì 15 marzo 2011
Lettone sì, lettone no (ep.1)
Lasciate che i pargoli vengano a voi
Ricevo da un frequentatore di questo blog (Papongi) e volentieri pubblico:
«Il lettone...
ormai per noi è condivisione. È la nostra agorà.
Esempio classico: Domenica mattina ore 6.27
tum, tum, tum, puff!!!!!!
Little Miss Sunshine arriva nel nostro letto con la sua piccola corte dei miracoli composta da: pupazzo piccolo di Hello Kitty (conosciuto anche come "Kitty vomito" perché durante i momenti di difficoltà è quello che viene sempre sommerso...), pupazzo medio Hello Kitty, coniglietto di stoffa, peluche enorme Nemo, e questa è solo la formazione base.
Ore 6.32
LMS dopo essersi piazzata nel mezzo insieme alla sua ciurma (separando me e sua madre come Mosè con le acque del Mar Rosso), comincia a interagire con i pupazzi...
vd. rimproverarli perché non vogliono dormire, consolarli perché stanno male, o mandarli in esplorazione sotto il piumone.
Ore 6.45
la madre di LMS comincia dare i primi segni di insofferenza e iniziano le minacce.
Ore 6.47
LMS si paralizza come gli opossum dell'Era Glaciale quando c'è un pericolo.
Ore 6.51
LMS ricomincia il suo show, farcendolo con un "Mammina ti voglio bene", giusto per ingraziarsi il pubblico, suscitando ovviamente apprezzamenti diffusi.
Ore 6.59
Ormai il sonno è un dolce ricordo. Siamo nel clou dello spettacolo: monologhi, interrogazioni e canti vari.
Ore 7.03
LMS manifesta un certo appetito...
Capita l'antifona, padre coraggio raccoglie tutte le forze e dice: "Forza cucciolo, andiamo, che ti preparo la colazione". Tutto ciò per la gioia del pubblico restante (la madre), che può godersi gli ultimi scampoli di sonno di una domenica mattina.»
Che dire? Intanto onore e gloria a Papongi che si sacrifica per il sonno di sua moglie (donne: quanti tra i vostri compagni/mariti lo fanno?). E poi: voi come siete messe/i sullo specifico tema "lettone"?