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mercoledì 15 settembre 2010

Amore di Pupo

Dovete tener conto che comunque sono pazza di lui
Evoluzione del linguaggio del Pupo: zero. Livello di tracotanza e arroganza: in crescita esponenziale. Grado di adorabilità: comunque, elevatissimo. Riporto un esempio di conversazione avvenuta stamane:
(Pupo, puntando il ditino, in tono interrogativo): "Llà?"
(Io, in tono condiscendente): "Piede. Sì, mi sono presa una storta e quindi porto una benda. Ricordi? Sono 10 giorni che mi chiedi la stessa cosa ogni mattina".
"Ahi! Ahi! Llà?"
"Avambraccio. Sì, qui è dove mi hai morso tu l'altro giorno, non fare il finto tonto. Devi smetterla con i dispetti. Sei un prepotente. Sappi una cosa: anche se
a) nel mio ruolo di genitore irreprensibile io non posso certo mollarti una mappina in testa,
b) tua sorella teoricamente potrebbe (io farei anche finta di non vedere, come i poliziotti corrotti), ma è troppo buona e non reagisce,
c) di sicuro prima o poi qualche altro bambino che te le ridà lo incontri. Perciò ti converrebbe smetterla, non credi?".
"Smack. Mcciuck. Mmuà".
"Ipocrita. È inutile che adesso tu venga a darmi i bacini, visto che fino a cinque minuti fa mi tiravi i capelli. Ok, li accetto, ma solo perché sei irresistibile. Vieni qua, porco, fatti baciare".
"LLà? Crà-crà?"
"No, ho detto porco, non rana. Ah, quello? Quello è l'attaccapanni. Ora, dovresti spiegarmi come fai a dire che assomiglia a una rana. Curioso, perché ho appena letto un post di Machedavvero e secondo sua figlia, che più o meno ha la tua età, l'attaccapanni sembra un cavallo".
"Llà?"
"Scopino del gabinetto. Non un oggetto particolarmente affascinante. Lascia stare. Lascia stare. LASCIA ST..." (segue colluttazione).
"Uaaaaaaaaaaaaah".
"Dai, piantala. Lo scopino del gabinetto deve stare al suo posto, ma non ce l'ho con te. Ti sto solo dicendo che va lasciato dov'era, tutto qua. Dai, giochiamo con qualcos'altro. Su, non fare così, non hai subìto nessun torto, smettila di piangere, amore vieni in braccio che ti faccio le coccole".
"Llà! Llà!"
"Sì, sì, in braccio. Vieni dalla mamma, patata. Ammappàlo, quanto pesi. Ma lo sai che pesi quasi come tua sorella? Sei proprio bello stagno. Vieni qua, piombino, che la mamma ti dà i bacin... ma che cos'è 'sta roba? Aiuto! Ma è saliva? Ma mi stai sbavando di proposito? Non ci posso credere! Pupo, questo è troppo, io ti assegno a un'altra famiglia!"
(indicando col ditino fuori dalla finestra): "Llà! Llà!"
"Sì, quella è la casa di Pietro. Ah, vuoi andare a vivere a casa di Pietro? Allora avevo ragione. Sei un porco, e anche un ingrato".
Si allontana, lasciandomi un'abbondante striscia di bava sulla maglietta. Va a prendere le scarpe e lotta per infilarsele da solo, mentre ripete tra sé e sé: "No, no!" scuotendo la testa. Ha 22 mesi. Cosa farà a 22 anni?

martedì 16 febbraio 2010

Regressioni infantili (e degli adulti, pure)

Mentre fuori c'è il Festivàl di Sanremo, nella casa-cantiere
La Pupa ha avviato una bizzarra regressione. Con una certa frequenza, da qualche settimana a questa parte, parla come una bambina di due anni (o meno). Anziché dire «Ti piace il libro?» dice «Piasce i-bo?».
Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: non fa ridere, non è tenera, non è accattivante, innervosisce e basta (anche perché spesso non si capisce quel che vuol dire). Sono i momenti in cui una mamma si chiede "Cosa avrò sbagliato? La sto trascurando? Lavoro troppo?" e le risposte sono "Boh. Non mi pare. Sì". Per me: ora più che mai è assai prepotente il desiderio di arrivare viva alla scadenza del 1 marzo (consegna libro - che più che altro è un istant book) e di cercare il conforto di un'amica. Ultimamente le amiche mi mancano molto. Quelle senza figli passano il tempo volando a Marrakech fuori stagione e frequentando corsi di paracadutismo, rafting o sci estremo, quelle con figli sono inguaiate come e peggio di me. Capita anche a voi?
Forse sbagliamo tutte strategia e dovremmo impegnarci per uscire assieme la sera, tra donne, come facevamo un tempo, almeno un paio di volte al mese; ma c'è che l'inverno non aiuta, che bisognerebbe avere due vite sul serio, e guadagnare il doppio, e che a bere più di un bicchiere e mezzo di vino si è già ubriache, e che tra chi allatta, chi ha smesso di fumare e non sopporta più chi lo fa, chi è diventata vegana, chi musulmana è davvero difficilissimo mettersi d'accordo.
Ora per esempio ho fissato una cena per il 2 marzo con due tra le mie migliori amiche, e sono già qui che friggo al pensiero che a una di noi si ammali un figlio, che ci venga un attacco di gastrite il giorno stesso, che il lavoro maledetto ci trattenga in ufficio. Per il resto nella casa-cantiere la lotta con le muffe continua e forse volge al termine, stiamo chiedendo la surroga del mutuo, e presto faremo una mostra di cui vi dirò.
Il Pupo ha cominciato a parlare sul serio: oltre al vecchio "Mamma" dice "Babba-papapapapapà" (Barbapapà), "Bu" (Blu e brum), "Ma" (Mao), di nuovo "Ma" (ma con un'inflessione leggermente diversa, significa "Bau"), "Nenna" (Nonna) e "Nenno". "Papà" da solo ancora no. Ormai schifa le pappe, e verrà il giorno in cui mi deciderò a studiare e a mettere in pratica i suggerimenti di 101 ricette da preparare al tuo bambino per farlo crescere sano e felice. Uno di quei libri da comprare anche solo per sentirsi un po' meno in colpa, in attesa di tempi migliori, che presto verranno (magari con la primavera?)

mercoledì 2 settembre 2009

Vita in cantiere

E' bello vivere finalmente nella casa nuova, ma

Ore 21.25
"AAAAH! Eeeeh! Aaaah! Yuuuuuuuuh!" (La Pupa)
"Ueeeeeeee! Yeeeeeeeh!! Aaaaah! Guuuuuuuu! Uuuuuuh!" (Il Pupo)

Nel post precedente ho accennato che abbiamo traslocato. Viviamo in una casa in cohousing: abitazioni private e tanti spazi comuni, tra cui una gigantesca terrazza con piscina, un salone per feste e cene, un locale hobby, una lavanderia, un giardino.
Fico, direte voi.
Peccato che al momento solo sei appartamenti (su 32) siano abitati e che i suddetti spazi comuni siano un cantiere. Dalle 7 del mattino alle 19 qui fuori sembra di stare a Kabul. All'alba mette piede in quello che un giorno sarà un giardino e che ora è un ammasso di macerie il tuttofare Emilio, carpentiere-muratore-fabbro-falegname con un timbro di voce più possente di quello della buon'anima di Pavarotti. "Buongiorno," tuona rivolto alla betoniera, strappandoti al sonno, e per un attimo gli auguri di raggiungere il Grande Tenore nei pascoli del cielo. Poi inizia a trapanare non si capisce bene cosa. I Pupi, quella mattina su 10 che ancora dormono, si svegliano all'istante.
"Mammaaaaaaa!" (La Pupa, dalla stanza a Ovest)
"Ogggggggrrrr! Eeell!" (Il Pupo, dalla stanza a Est).
Io e Mike Delfino scattiamo in piedi come dei soldatini.

Poi vado a riposarmi un po' al lavoro (i bambini restano con la tata Julia e con l'eroica Nonna Mao - mia mamma, non dal nome del leader cinese ma dal verso del gatto). Quando torno, sfatta dal caldo e per essermi persa più volte nell'ancora misterioso tragitto redazione-abitazione, comincia la routine intrattieni Pupi-prepara pappa-lava Pupo caduto nel cemento fresco-dai pappa- fai giro del cantiere che alla Pupa piace tanto (quarantesima volta)-rilava Pupo caduto nello stucco in polvere-spiega alla Pupa che la betoniera è amica di Emilio ma non sua e che no, buttarci dentro i personaggi Pisney non è una buona idea-tenta di mettere a letto i Pupi.

La vita del cantiere per i bambini da 0 a 4 anni è spossante. Arrivano a sera esausti e sordi. Oggi, dopo averli lavati con l'acqua oliosa dell'impianto "non ancora entrato a regime ma non dovesse esserci problema, signò, tempo due settimane e sarà perfetto" (parole dell'idraulico) i Pupi sono come impazziti e hanno cominciato a urlare. Isterici.
Io e Mike Delfino li abbiamo separati tenendoli chiusi a strepitare ciascuno nella sua stanzetta. Culla di qua, ninna di là, dopo alcuni interminabili minuti sono crollati. Strabica per la stanchezza sono scesa al piano di sotto e ho cominciato a leggere il giornale. Tra un articolo e l'altro meditavo di chiudere il blog, di licenziarmi, di separarmi dai bambini e magari anche da me stessa.
Poi è sceso Mike Delfino - lui ha pescato la pagliuzza più corta, cioè il Pupo, e ci ha messo più di me. Si è guardato attorno, nel silenzio irreale nel cantiere ormai arreso all'oscurità. "What a quiet night", ha commentato, ed è andato a lavarsi i denti.

martedì 5 maggio 2009

Sì, viaggiare (coi neonati si può)

Basta prenotare con sette, otto anni di anticipo e un buon posto in un volo supereconomico, con partenza all'alba, lo si trova sempre
A gennaio non abbiamo saputo rinunciare all'allettante offerta della compagnia low cost che prometteva di portarci tutti a Berlino, durante il ponte del primo maggio, per pochi centesimi di euro più tasse. Naturalmente il Pupo stava mettendo i denti e la notte prima del viaggio si è svegliato undiciantanovattanta (uno dei numeri preferiti della Pupa) volte.
Ci siamo alzati tutti tuonati - tranne il Pupo medesimo, vispo e arzillo come fossero le undici del mattino.
Una volta a bordo - non so come, ma ci siamo arrivati - ho capito perché i bambini fino a due anni d'età non pagano il biglietto: non hanno un posto. Sul vostro biglietto compare il vostro nome e quello del bambino, con l'aggiunta della dicitura "Inf". Dopo tre ore di studio ho capito che "Inf" sta per "Infante". Suona molto angelico ma sono bubbole, non cascateci. Ogni pupo che si rispetti dà il meglio di sé in aeroplano. E converrete con me che è veramente difficile intrattenere un'anguilla viva, infilata in una cintura attaccata al vostro addome come una protrusione erniaria, in quaranta centimetri di spazio.
Il vero pacco è che quasi sempre il neonato, una volta in aria, fa la cacca. Ma come, non l’aveva fatta a casa, prima di uscire? Sì, ma nei bambini molto piccoli la variazione di pressione nell’aereo favorisce l’espulsione delle feci. Questo vuol dire che subito dopo il decollo fanno “pop” uno dietro l’altro, come tante piccole bottiglie di champagne, e c'è da mettersi tutti in fila per la toilette, incastrati tra il carrello del duty free e una mezza dozzina di disgraziati neogenitori che come voi attendono di cambiare il pargolo. Una volta conquistato il bagno la situazione non migliora, perché nel wc non c’è mai abbastanza posto per stendere il bambino e cambiarlo con un minimo di comodità. Poiché Mike Delfino ha una memoria selettiva e tende a rimuovere certi episodi spiacevoli quali "viaggio in aereo con un bambino piccolo", quasi subito dopo la partenza gli ho affidato Pupo e Pupa e mi sono immersa nella lettura di un giornale. Accortosi dell'errore mi ha fracassato di richieste d'aiuto ma ho finto di essere diventata moldava e di non capire quel che diceva.

In ogni caso, all'arrivo la testa mi scoppiava per il frastuono. Il Pupo non ha dormito un minuto, mentre la Pupa ha più volte sfasciato, piangendo, il kit di benvenuto per bambini (modellino di aereo in polistirolo sottilissimo) gentilmente fornito dalla compagnia low cost, e ogni volta urlava: "Ne voglio uno nuovo". Altro che biglietto gratuito per i neonati, riflettevo. Le compagnie aeree dovrebbero pagare i neogenitori per convincerli a viaggiare con loro.
Berlino, comunque, è una città adattissima ai bambini. C'è un sacco di verde, la metropolitana funziona ed è dotata di ascensori e scale mobili quasi sempre funzionanti. Gli zoo sono mirabolanti. La Pupa ci ha dato dei punti perché sapeva tutti i nomi degli animali: di fronte a una gabbia io e Mike Delfino abbiamo tentato di arrabattarci con un "Ehm... zebra più cavallo", lei ci ha guardato severa e ha corretto: "Okapi. Si chiama okapi". Ovunque ci sono mercatini delle pulci pieni di giocattoli: abbiamo comprato due Barbie a un euro, una lampada di Topolino a tre euro, una giacca di Minnie a sei.
In Germania, per le ragioni sopra esposte, il tasso di natalità continua ad aumentare: attualmente è di 1,7 bambini per donna (da noi, 1, 34). Siccome in giro ci sono un sacco di neonati, quasi sicuramente i vostri si confonderanno nel mucchio e per quanto male si comportino non verranno più di tanto notati. Portandoli in giro in passeggino per tutto il giorno, poi, riuscirete a stordirli quel tanto che basta a non farli strillare di continuo. E se ciò accade, c'è un rimedio sicuro: l'alcol. La birra, nella capitale tedesca, come è noto scorre a fiumi. Se iniziate a bere a mezzogiorno, troverete tutto ancora più divertente.

domenica 12 aprile 2009

La mia piccola delinquente

La Pupa ha rubato un cuore - No, non è una metafora
L'altro giorno ho lasciato il Pupo con la baby sitter e sono uscita assieme a mia mamma e alla Pupa per un "giretto rilassante".
Uscire con un bambino, anche se sta per compiere quattro anni, in realtà non è mai rilassante. La Pupa poi, in particolare dalla nascita del suo fratellino, ha sviluppato una serie di astute strategie che mirano allo sfinimento dei suoi accompagnatori. Tentare di slacciare la cintura di sicurezza del seggiolino quando viene trasportata in auto, minacciare di gettare un oggetto dal finestrino, gettare effettivamente l'oggetto in questione (quanto più è prezioso per lei, meglio è: così poi può piangere come una pazza perché l'ha perso), il tutto ripetendo ossessivamente la stessa frase come Jack Nicholson in Shining (vi ricordate "Il mattino ha l'oro in bocca"?) sono solo alcune delle suddette strategie.
Comunque, dicevo: l'altro giorno io, mia mamma e la Pupa siamo andate in un bellissimo, gigantesco negozio di bric-à-brac. Sempre da quando è nato il fratellino, la Pupa insiste per essere trasportata in passeggino (il che ci costringe normalmente a girare in questa formazione-tipo: Mike Delfino tiene il fratellino, cinque mesi per quasi nove chili, in braccio; io spingo la Pupa seduta sul passeggino del Pupo).
Prima di avere figli consideravo questo negozio un posto rilassante e piacevole. Poca gente, corridoi larghi, molta luce, piante ovunque eccetera. Ma con la Pupa è un incubo, perché vuole toccare tutto e comprare tutto. L'altro giorno ha posato gli occhi, tra l'altro, su: levapelucchi elettrico, pelacarote, borsa per gli attrezzi da giardino, sottopentola a forma di cuore in silicone, attrezzi da giardino senza borsa, fertilizzante universale, libro sulla cucina molecolare, armadio in teak, arredo bagno in rovere moro laccato lucido. Davanti a ogni oggetto strillava: "Mamma, ti di-co-una-co-sa: questo dobbiamo proprio prenderlo". Mi sono fatta l'appunto mentale di non portarla più in quel negozio fino al 2019, ma per fortuna, molto orgogliosamente, alla fine sono riuscita a convincerla a uscire praticamente senza aver fatto acquisti - okay, tranne la borsa per gli attrezzi da giardino.
L'ho già detto da qualche parte, ma devo mettermi in testa che quando la Pupa è troppo tranquilla sta architettando qualcosa. E' passata dalle casse in silenzio, con un vago sorrisetto sul volto. Non ha pianto perché non le avevo comprato nulla. Mia mamma la spingeva, io ho pagato, siamo uscite. Arrivate alla macchina le ho chiesto di scendere dal passeggino per piegarlo. L'ho vista esitare. Poi ha spostato di un centimetro le morbide chiappette. Quel tanto che bastava perché da sotto i suoi pantaloni vedessimo spuntare all'improvviso l'estremità rosa di un sottopentola in silicone, a forma di cuore.

giovedì 2 aprile 2009

Nuoto per neonati

Il Pupo, 4 mesi per 8 chili, è uscito indenne dalla sua prima lezione di acquaticità. Di qui ai tuffi di testa il passo è breve
Dopo i 3 mesi - cioè, dopo le prime vaccinazioni, che vengono richieste da qualunque struttura sportiva - i bambini possono cominciare a frequentare un corso di nuoto. Meglio sarebbe dire di "acquaticità", nel senso che il nuoto vero e proprio si impara dai 3 anni in poi; ma è utile cominciare da neonati, soprattutto perché il ricordo della vita prenatale (= nel liquido) è ancora vivido, e poi perché per un neonato andare in apnea è più facile che per un adulto. Fino all'anno di vita, infatti, quando il bambino mette la testa sott'acqua chiude automaticamente l'epiglottide e interrompe la respirazione, tornando a comportarsi come quand'era nella pancia della mamma, anche se solo per pochi secondi.
Quindi, non beve (o beve meno).
I corsi di acquaticità coi bambini (noti anche come aqua-baby) rappresentano anche, per le mamme, un ottimo metodo per smaltire i chili in eccesso, poiché il dispendio di energie che richiedono è paragonabile a quella di una giornata di speleologia o sci di fondo (scegliete lo sport che vi sembra più faticoso e immaginatevi di praticarlo per otto ore di fila). Anche se la lezione in sé dura solo mezz'ora, il prima e il dopo sono laboriosissimi.

Intanto dovete arrivare alla piscina.
Se come me avete ciccato i tempi della prenotazione, l'unico slot rimasto disponibile è quello delle 9.30: per una neomamma, praticamente l'alba. Se prima di avere un figlio impiegavate circa 30 minuti per uscire di casa, ora dovete moltiplicare i tempi più o meno per 4. Anche le operazioni più semplici diventano faticosissime. Se avete due figli, moltiplicate per 8.
La sera prima del corso andate a letto alle 20, "per essere riposate". Con l'ora legale c'è ancora luce fuori, ma voi non ci fate caso. Nonostante vi siate ripromesse di preparare la borsa con tutto l'occorrente per voi e per il bambino in anticipo, alla fine per qualche ragione misteriosa non l'avete fatto. A letto non riuscite a prendere sonno, un po' perché persino le galline del pollaio del proverbio sono ancora sveglie a quest'ora, un po' perché siete in pensiero per la borsa (ma la pigrizia vi impedisce di alzarvi per prepararla). All'una finalmente vi addormentate.
La mattina dopo, nell'ordine: 1. Saltate la colazione. In piscina ci sono i distributori automatici, pensate - che c'è di meglio di un bel caffé alla macchinetta per cominciare la giornata?
2. Non vi lavate. In piscina finirete comunque in acqua, pensate - che c'è di meglio di un tuffo nel cloro per rinvigorirvi e idratare la pelle?
3. Infilate direttamente il costume sotto i vestiti. Questo vi farà risparmiare tempo negli spogliatoi, pensate - (provato per voi: una volta ho dimenticato di mettere in borsa la biancheria intima, e uscita dalla piscina sono andata in giro senza mutande per tutto il giorno).
Ieri mattina, dopo aver compiuto queste operazioni, ho affidato a Mike Delfino, perché la portasse all'asilo, una Pupa particolarmente recriminatoria. Si era svegliata facendo uno dei suoi annunci: "Mamma, non solo voglio stare nella stessa stanza in cui sei tu. Voglio essere nel punto esatto in cui sei tu. Sempre". Mike Delfino, con maschia ma garbata risolutezza, grazie alla forza di venti braccia mi ha strappato la Pupa di dosso. A quel punto avevo già perso 2.000 kilocalorie (più o meno il fabbisogno giornaliero di un essere umano adulto). Copiosamente sudata nonostante la giornata fosse freddina, mi sono gettata il Pupo in spalla e sono corsa in strada, dove mi aspettavo che mi aspettassero (perdonate il bisticcio) due amici con relativo neonato, come me iscritti al corso. Sono rimasta lì per un quarto d'ora meditando sui casi della vita e sul fatto che a sapere che erano in ritardo avrei anche potuto fare colazione. Al loro arrivo non ho detto nulla, da vera signora. Del resto erano trafelatissimi e ho immaginato che avessero i loro motivi.
Siamo arrivati in piscina alle 9.43.
Alle 9.48 avevamo: perfezionato l'iscrizione (pagato e consegnato documenti. Io avevo dimenticato tutti i certificati di vaccinazione, buona salute eccetera). Cambiato i bambini vestendoli con gli appositi pannolini "swimmers" (operazione simile a quella di infilare un polipo vivo in un sacco). Indossato ciabattine (rischiato di scivolare più volte nel viscido tragitto tra spogliatoio e piscina). Pensato che forse ci saremmo fatte la pipì addosso in vasca, come da bambine, perché non avevamo avuto il tempo di andare in bagno (rischio evitato per un pelo).

E poi, finalmente, tutti in acqua.
Il Pupo non ha mai pianto. Si è divertito tantissimo. Ha anche fatto la sua prima immersione con la testa sotto. La maestra si complimentava. Gli altri frignavano, lui rideva. Ha riso per tutto il tempo. All'uscita, nello spogliatoio, una scolaresca (bambini delle elementari) in transito ha espresso un rumore pari a 140 decibel accanto alle orecchie dei neonati. I piccoli comprensibilmente si sono agitati, alcuni disperandosi un po'. Il Pupo continuava a ridere e faceva l'involtino (da supino a prono, e viceversa), come rigirandosi allegramente su un grill, nel box in cui l'avevo adagiato. E rideva, e rideva. La maestra mi ha detto: "Sei una brava mamma, si vede che il tuo bambino è sereno perché tu sei serena. Non sente la tensione, perché non c'è tensione. Vedi com'è tranquillo?"
Uscita di lì sono riuscita a prendere il famoso caffè al distributore automatico. Sorseggiandolo e ustionandomi la lingua mi sono fatta l'appunto mentale di indire un referendum per l'abolizione dei distributori automatici e delle loro brodose, insulse bevande. Mentre mi avviavo verso l'auto dei miei amici con il solito Pupo buttato sulla spalla, ho sentito che avevo le gambe molli e mi tremava leggermente l'occhio destro. Non ho detto nulla, e ho continuato a camminare sperando che i miei amici non lo notassero.

martedì 31 marzo 2009

Comprare una borsa o fare un figlio, questo è il dilemma

I grandi misteri/1
In tutti gli uffici ci sono persone che hanno fatto carriera e non si capisce bene perché.
Bene, anche nel mondo delle mamme è così. Ci sono donne che hanno fatto figli per caso (o così sembra). Erano lì tranquille che passeggiavano e op! Uno spermatozoo le ha colpite, fecondandole su due piedi. Fosse stato per loro, si sarebbero volentieri occupate di altro.
Dico questo perché, nel suo commento a un post di qualche giorno fa, Anna scriveva: "La cosa più inquietante è che spesso le mamme più spietate sono anche le più eleganti, chic, griffate e alfabetizzate. Insomma, quelle che 'ah, no io delle baby-sitter non mi fido, di quelle straniere poi!'. Per la serie: il figlio è mio e me lo rovino io. Evviva le colf, le badanti, le baby-sitter, le portinaie cingalesi. Magari insegneranno ai nostri pupi a dire 'gracias' o 'pinestra', ma almeno gli risparmieranno 10 anni di analista".
Io credo che Anna abbia ragione. L'altra sera a casa di amici ho incontrato il clone di Britney Spears. Una Posh-Mamma (con due bambini) dall'espressione un po' robotica, il cui modello di vita è con un certo grado di probabilità Victoria Beckham.
L'ho vista pochissimo, un paio d'ore scarse, e spero molto di sbagliarmi sul mio conto. Ma una cosa è certa, avrebbe bisogno di un nuovo sceneggiatore che le metta a posto i dialoghi, perché nell'arco della pur breve serata ha snocciolato una serie di perle come: "Sono più innamorata di mio marito che dei miei figli. Almeno lui mi dà soddisfazioni. Non come questi rompiballe" (di uno e sette anni). Oppure: "Ah, come mi piace quando mio figlio" (un anno) "fa esattamente quello che gli dico. Di solito vuol fare di testa sua, e non capisco perché" (be', forse perché è un bambino e non un Playmobil?). E ancora, alla mia amica con neonato di tre mesi che, un po' frastornato, piangeva: "Non ti preoccupare, sta solo facendo i capricci" (capricci? A tre mesi? Uno di tre mesi, per essere in grado di "fare i capricci", dev'essere il figlio del demonio). La Posh-Mamma ha raggiunto l'apice parlando di non so quale borsa vista alla Rinascente. L'irrinunciabile oggetto è in vendita a più di 2000 euro. Lei ha guardato il figlio piccolo e ha - graziosamente sospirato: "Ah. Se non c'era questo qua, sicuro come l'oro che la compravo". E' così che si comincia a costruire l'autostima di un bambino. Sicuro come l'oro.

lunedì 23 marzo 2009

Fare la spesa con un bambino

Mamme isteriche
Fare la spesa con un bambino, come tante altre operazioni tutto sommato semplici, è un'impresa. Prima di avere un figlio non ci avevate mai pensato, ma le corsie di un supermercato, se affrontate con un Pupo nel carrello, sono gironi danteschi da cui è difficile uscire senza brusche impennate di adrenalina. La mamma-tipo però è allenata come e meglio che per la Maratona di New York, e di solito porta a termine il gravoso incarico senza danni cerebrali importanti.
Di solito.
Ci sono penose eccezioni.
L'altro giorno stavo godendomi la mia ora d'aria all'interno di uno dei templi della grande distribuzione - nemmeno troppo grande nel mio caso specifico - avendo affidato entrambi i Pupi alle amorevoli cure congiunte di tata + nonna. La vita mi sorrideva. Passavo lieve tra il banco della frutta e quello dei salumi, soppesando con gioia offerte specialissime, ingannevoli prodotti sottocosto, cibi in scadenza che normalmente non avrei degnato di uno sguardo ma che, avvolti dall'irresistibile aura del 3x2, guardavo con occhi da innamorata. Stavo godendomi la vista di orate e branzini periodicamente annaffiati di vapore acqueo da uno spruzzatore automatico (anche il pescivendolo era periodicamente annaffiato. A dire il vero non sembrava troppo contento) quando ho cominciato a sentire un coro di voci:
- (Bambina di circa 4 anni, piagnucolosa): "Mamma, perché mi dici di stare zitta?"
- (Madre isterica grave): "Perché non ti sopporto più".
- (Bambina): "Ma io non ho fatto niente".
- (Madre): "Non è vero che non hai fatto niente. Non ti sopporto più. Ora sparisci".
- (Bambina, tentando di far ragionare la madre): "Ma dove sparisco? Non posso sparire".
- (Madre non degna di alcuna compassione): "Sparisci nel carrello".
(...)
Cinque minuti più tardi, in un'altra corsia:
- (Madre-kapò): "Adesso basta, Alessandra. Ti detesto. Se non la pianti..."
- (Bambina, tremebonda): "Se non la pianto cosa?"
- (Madre): "Ti fracasso in faccia questa scatola di biscotti".

Ora. Istintivamente ho cominciato a parteggiare per la bambina. Qualunque cosa avesse fatto, non meritava quel trattamento. Che diamine, era pur sempre una bambina!
Essendo il supermercato piuttosto vuoto, presto tutti gli astanti hanno cominciato a seguire la vicenda. Ognuno tentava blandamente di intervenire, ben sapendo che è assai rischioso mettersi in mezzo in casi come questo. Il cassiere: "Ehi, piccola, vuoi una caramella?" (Grugniti della madre in risposta). La signora anziana: "Eh, sarà stanca, povera piccola". Una ragazza di passaggio le faceva smorfiette e sorrisi per distrarla. Il pescivendolo le ha mostrato un'aragosta viva. Ma la bambina, inconsolabile, continuava a piagnucolare, e la madre a sgridarla orribilmente. A me si stringeva il cuore, e per reagire a tanta ingiustizia compensavo gettando nel mio carrello regali per la Pupa. "Alessandra, ti tiro un ceffone che ti giro la faccia!": dentro una scatola di pennarelli giganti. "Alessandra, regalo tutti i tuoi giochi all'orfanotrofio!": dentro un album da colorare. "Alessandra, ne prendi tante che te le ricordi per sempre!": dentro i biscottini con gli animali della fattoria.
In coda alle casse, osservata ormai da tutto il supermercato impotente, la madre degenere cercava di giustificarsi. "Questa disgraziata si è messa in mente che non ha abbastanza giocattoli, e me ne ha chiesto un altro".
Tutto qui? E' stato il pensiero collettivo dei presenti. Una signora ha commentato: "Le ho incontrate prima, dal parrucchiere. Poverina, la bambina era esausta. Le cadeva la testina dal sonno, ma è stata buona e zitta per tutto il tempo".
Avrei voluto prendere la piccola Alessandra e abbracciarla. Al banco del servizio a domicilio mi sono trovata la pazza di fronte e le ho fatto un sorriso di finta solidarietà. Mi ha sibilato: "Eh, tu non hai figli, non sai cosa vuol dire". Le ho detto: "Ne ho due, più un terzo adottivo, il figlio della mia tata che aiuto tutti i giorni nei compiti perché non perda l'anno. Quando la Pupa pianta un capriccio penso sempre che sia stanca, e che voglia provocarmi per vedere dove può arrivare. L'unico modo per risolvere la cosa" - mi sono sforzata ancora di sorridere - "è distrarla. Le canto una canzone, le racconto una storiella. Il capriccio passa e ricominciamo a parlare normalmente".
Mi ha fulminato con lo sguardo e ha trascinato via Alessandra. Mi piace pensare che a casa abbia un padre affettuoso che l'abbraccia anziché sgridarla sempre.