Storia della cultura materiale

Este estudio analiza procesos contemporáneos de cambio cultural en dos áreas rurales del Noroeste de España. Ambas estuvieron habitadas por grupos sociales con una marcada identidad cultural que ha dejado su impronta en la cultura material: los vaqueiros d’alzada y los maragatos. Mediante una metodología arqueológica se analizan las casas de tres pueblos en cada caso de estudio, desvelando cómo la materialidad juega un papel fundamental en los procesos de cambio cultural. En líneas generales, se produce un tránsito entre las lógicas preindustriales de la domesticidad campesina y la concepción de la casa como un instrumento representacional que sirve para exhibir capital simbólico y social a personas de ámbitos urbanos con mentalidades individualizadas. El estudio muestra cómo la combinación de metodologías arqueológicas y etnográficas puede politizar contextos de cambio cultural contemporáneos aparentemente neutros.

Palabras claves: cambio cultural, cultura material, arqueología de los espacios domésticos, gestión del patrimonio.
This paper explores contemporary processes of cultural change in two rural areas of northwest Spain. These areas were inhabited by social groups with strong cultural identities that have made its mark in the material culture: the Vaqueiros d’Alzada and the Maragatos. The houses of three villages in each case study are analyzed through an archaeological methodology, revealing the key role materiality plays in processes of cultural change. Overall, there is a transition between preindustrial forms of peasant domesticity towards a conception of the house as a representational device used to display social and symbolic capital by highly individualized people from urban areas. The study shows how a combination of archaeological and ethnographic methodologies can politicize contemporary contexts of cultural change that are apparently neutral. Key words: Cultural change, material culture, household archaeology, cultural heritage management.

I criteri di scelta applicati dai consumatori di vino tra Tre e Cinquecento erano in sintonia con quello che i dottori  dell'epoca scrivevano e consiglivano. Di conseguenza la terminologia gustativa ma anche le manipolazioni del vino seguivano queste indicazioni permettondo allo storico di esplorare le aspettative (se non il prodotto stesso) dei consumatori del periodo.

Il contributo presenta un lungo e interessante inventario di Villa Sardi a Rorai Grande di Pordenone, datato 1763. L’abitazione signorile, probabilmente cinquecentesca, dopo vari cambi di proprietà dieci anni prima era passata, insieme con l’annessa chiesetta di San Bernardino e un antico battirame (maglio), dalla nobile famiglia veneziana dei Lombria ai Sardi, anch’essi veneziani, forse discendenti
dell’architetto Giuseppe. L’inventario ci restituisce con grande precisione gli interni dell’edificio, nel quale erano presenti moltissimi oggetti, mobili, arredi, utensili domestici, quadri, attrezzi da lavoro e suppellettile religiosa.

The present paper provides an extensive and valuable inventory dated 1763 of Villa Sardi in Rorai Grande di Pordenone. This allegedly 16th-century manor went through several changes in ownership. Ten years prior to the inventory, the manor was transferred by the Lombria, a noble Venetian family, to the Sardi, also from Venice and possibly descending from architect Giuseppe Sardi, together with the attached small church of San Bernardino and an old copperwork. The inventory provides a truthful insight into the interiors of the manor, listing many items including furniture, furnishings, household goods, portraits, tools and religious material.

Nel 2007 ho condotto una ricerca sulla lavorazione della canapa nell'area di Pisoniano (Roma) e nella Valle dell'Aniene, rivolta in particolare al rilevamento del paesaggio sonoro che contrassegnava questo tipo di pratica. Nel corso delle indagini sono poi emersi ulteriori aspetti concernenti la più generale dimensione sensoriale che caratterizzava la lavorazione, ai quali si è posta una specifica attenzione in rapporto alle finalità del progetto: il riallestimento del Museo della Canapa di Pisoniano 1 .

Lo studio dei manufatti metallici da contesti archeologici propone alcune sfide metodologiche del tutto peculiari, legate alla loro naturale durevolezza in condizioni microclimatiche favorevoli. Uno dei problemi principali quando si vogliano datare questi reperti, infatti, è quello di una forte residualità funzionale, perché dal momento della produzione di un oggetto metallico alla sua dispersione può facilmente intercorrere un lasso di tempo molto lungo. Il chiodo d'una trave, una serratura o una semplice fibbia, solo per citare qualche esempio, possono aver svolto la loro funzione per pochi anni, come anche per decenni o in casi più estremi addirittura per secoli, a differenza di manufatti ben più fragili come le ceramiche, più soggette a rottura. Non tutti i reperti metallici, inoltre, sono facilmente inquadrabili cronotipologicamente, ovvero inseribili in uno schema evolutivo che faccia corrispondere ad una determinata forma un'epoca precisa: le varianti più elementari (chiodi, utensili da cucina, attrezzi da lavoro etc.) manifestano infatti una forte "conservatività" e sono condizionate più dalla loro funzione che dal fluire delle mode. Il problema è tanto più grave quando al tempo stesso le altre classi più "datanti" siano molto scarse, come nel caso di Tor dei Pagà, dove la ceramica risulta quasi assente e qualche indicazione cronologica giunge solo dalla numismatica e dai reperti vitrei, consegnando ai metalli la prima piazza insieme ai resti faunistici. Questi limiti, tuttavia, sfumano di molto quando si sposti l'attenzione dal singolo manufatto ad un contesto completo; cosa fortunatamente possibile su un panorama variegato come quello di Tor dei Pagà, dove (come vedremo nelle pagine seguenti, in sede di analisi specifica di ogni reperto) la maggioranza degli oggetti trova i confronti più calzanti tra XIII e XIV secolo, in un periodo ben armonizzabile con gli altri manufatti restituiti dal fortilizio 1 . 1) Il presente contributo è una versione ampliata e rivisitata dello studio già edito sulla rivista Archeologia Medievale: Vignola 2015.

Fare la storia di Marsure in età moderna è un po' come dover descrivere un'immagine avendone presenti solo alcune minime porzioni. Abbiamo infatti sottomano solo alcune tessere di un puzzle sterminato, quelle che il caso capriccioso e la ricerca svolta, ovviamente a campione, hanno messo alla fine a disposizione; e con queste tessere sparse tentare di ricostruire un quadro generale il più possibile corretto, rispondente al vero. Ecco dunque perché si è voluto sottotitolare questo contributo come "flash archivistici", quasi come se fossero degli improvvisi e rapidi lampi di luce che illuminano soltanto alcuni aspetti del passato.

Riferimento bibliografico: N. Abate, Produzione ed utilizzo degli oggetti metallici nel castello medievale di Rupe Canina, in Annuario dell'ASMV (Associazione Storica Medio Volturno) 2014, Edizioni A.S.M.V., Piedimonte Matese 2013, pp. 11 -37.

Vengono qui ripercorse le prime due tappe dell’evento realizzato il 14 maggio 2016, presso il Museo Cristiano di Cividale del Friuli (Ud), in collaborazione con la Società Friulana di Archeologia (sezione di Udine) e la Direzione del museo: un dialogo tra monumento longobardo (altare di Ratchis) e alcune fonti letterarie altomedievali, mettendo in evidenza alcuni aspetti della cultura materiale del tempo, importanti quanto poco ribaditi.

La pubblicazione degli atti del convegno nazionale di Termoli costituirà
l’occasione più opportuna per riprendere una discussione sul rapporto tra lo
sviluppo  della  ricerca  archeologica  in  Italia  e  quello  dell’archeologia
industriale. Lo scopo di queste note è mettere in luce alcuni riferimenti di
carattere generale che possono aiutare a spiegare perché nel suo sviluppo
l’archeologia industriale sia rimasta “separata” dalla ricerca archeologica.
Tale separazione, che risale almeno alla metà degli anni Ottanta, è avvenuta
per l’interruzione di una riflessione storiografica all’origine comune. Sino
ad allora la storia della cultura materiale, la storia della tecnica, la ricerca
geografica ed ambientale hanno vissuto con la ricerca archeologica una
stagione di innesti il cui sviluppo ha finito per contribuire (forse proprio in
negativo)  alla  presente  condizione  di  separatezza  disciplinare
dell’archeologia industriale. Si richiameranno alcuni passaggi che appaiono
oggi nodali nel decorso di un trentennio di tentativi di inclusione sul piano
storiografico delle specializzazioni e tematiche archeologiche che andavano
differenziandosi. È evidente che ci sono state condizioni originali diverse
per lo sviluppo dell’archeologia industriale rispetto alle “altre” archeologie
riferibili  al  periodo  post-classico  (archeologia  urbana,  medievale,
postmedievale, della produzione, dell’architettura, del paesaggio). Queste
archeologie – con l’esclusione forse dell’archeologia del paesaggio – hanno
mantenuto, almeno in teoria, come riferimento storiografico il progetto di
una storia della cultura materiale intesa come «area interdisciplinare di ricerca,  nella  quale  anche  l’archeologia  medievale,  come  la  topografia
storica,  la  storia  dell’insediamento  e  del  territorio  debbono  inverarsi»
(facendo dialogare storici, geografi, archeologi, architetti, naturalisti ecc.)
Come si vedrà il progetto negli anni Ottanta insieme alla sempre più netta
differenziazione disciplinare fallirà. Conseguenza ne è stata l’abbandono di
tutte le tematiche comuni a diversi approcci di ricerca, come è accaduto ad
esempio all’archeologia rurale priva di statuto scientifico negli studi italiani
sino ad una data recente. In questo contesto, l’archeologia industriale, le cui
prime elaborazioni sono state indipendenti dal dibattito sulla storia della
cultura materiale, dopo un tentativo di avvicinamento sembra tornata ad un
“felice isolamento”.
Oggi  gli  studi  di  archeologia  ambientale  e  di  archeologia  rurale
muovono  dai  risultati  pervenuti  nella  geografia  dagli  studi  di  ecologia
storica.  La  proposta  è  quella  di  riferirsi  ad  un  approccio  storiografico
microanalitico: agli strumenti e metodi di una storia locale, come delineati
da uno storico sociale come Edoardo Grendi a metà anni Novanta.
In queste pagine procederemo per suggestioni e rapidi tagli in modo da
far emergere o ri-emergere antichi percorsi interrotti e le nuove proposte di
lavoro che meritano di essere sperimentate nel campo della ricerca sul
patrimonio storico industriale come oggi si è consolidato.

cronologica fondamentale per la storia di Alghero è identificabile nel 1354, quando in seguito alla resa della città alle forze catalane (fra i tanti: CONDE Y DELGADO DE MOLINA 1994, pp. 75-103), Alghero cadde definitivamente in mano aragonese. Gli abitanti furono lasciati liberi di restare in città o di allontanarsi con i loro beni, una decisione che un quarto di secolo dopo, nel 1372, fu rinnegata dal re aragonese Pietro IV, con un drastico provvedimento di espulsione di tutta la popolazione di origine non iberica, ancora residente (CASULA 1990, pp. 294-295): G. Meloni ha in proposito dimostrato come una strategia di ripopolamento catalano-aragonese di Alghero fosse stata concepita già dopo la prima occupazione della città genovese nel 1353 (MELONI 1994, pp. 60-61). 2 MILANESE, BICCONE, MAMELI, ROVINA 2006, in questo volume.

Fra la varietà di rogiti contemplata dalla complessa tipologia dell'atto notarile del Regno di Napoli in età moderna, si ritrovano due forme di contratto particolarmente interessanti dal punto di vista lessicale: i capitoli matrimoniali e l'inventario di beni 1 .

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Ricca com'è di memorie tangibili del suo glorioso passato, Santa Severina si trova costantemente al centro di ricerche d'archivio tese a ricostruirne la vita civile e religiosa non meno che di indagini sul terreno capaci di incrementare, anno dopo anno, il già ricco patrimonio di informazioni sull'antropizzazione del sito dall'età proto-bizantina ad oggi. Il presente contributo intende proporre in forma sintetica alcune novità e certi modesti ma oggettivi progressi compiuti, sui due fronti, nel quinquennio 2009-2014. Gli uni e gli altri coinvolgono la sottoscritta, ora in qualità di autrice di studi specialistici che hanno toccato marginalmente anche Santa Severina, ora come responsabile sul campo di indagini stratigrafiche condotte dalla Soprintendenza Archeologica nell'abitato e nel suburbio. La varietà tematica e cronologica degli argomenti da trattare, giustapposti, nel testo, senza che sussistano reciproche relazioni, solo replicando la successione temporale degli eventi e anteponendo i contenuti più cospicui e articolati alle nugae, è bilanciata dal contributo che i dati recentemente acquisiti possono portare alla costante riflessione degli studiosi, a volte in termini di novità assoluta ma più spesso di affinamento delle conoscenze pregresse. Nelle pagine che seguono saranno perciò innanzi tutto illustrati i dati delle campagne di scavo del 2009 e 2010, svolte l'una nel castello e l'altra nel quartiere della Grecìa, per poi lasciare spazio ad una informazione a carattere antiquario finora pressoché inedita.

Spinning and weaving have always been sacred activities for the Great Goddess and for some of the most important goddesses who succeeded her, many of them involved in the practices of spinning and weaving representing the fate. Even if traditions slowly lose their primeval significance, something often remains, even unknowingly. The distaffi ancient instrument used for spinning, in Calabria took a very particular shape, rich in significance. Through the analyses of the symbology of the "conocchie", or distaff, of the Museo Nazionale delle Tradizioni Popolari di Roma, we can glance on our distant past and witness an age-old conception of feminility adn divinity alluding to fertility and prosperity, and directly connected to the life of all those women who received this object as a wedding gift.

Se una notte d'inverno... Viaggi e viaggiatori nel Friuli Occidentale tra la metà del '600 e gli inizi dell''800 di Alessandro Fadelli Uno stereotipo abbastanza diffuso nell'immaginario collettivo -ma che talvolta affiora anche negli storici, soprattutto in quelli impegnati nella storia localevuole che la gente del passato si muovesse poco o nulla, che vivesse la propria vita sempre all'ombra del campanile, senza spostarsi mai, o quasi mai, dal luogo natio. Colpa della scarsità o della mancanza di mezzi di trasporto, si dice, della situazione disastrosa delle strade e dei ponti, dei tanti pericoli del viaggiare, dell'economia e della stessa mentalità del passato, chiuse e autarchiche, che costringevano a stare nel paesello dalla culla al camposanto. Uno stereotipo e null'altro, visto che nei tre secoli dell'età moderna (ma anche nel Medioevo...) il viaggio non era poi così raro come si pensa. Certo, non erano pochi quelli che trascorrevano davvero la loro vita senza avventurarsi al di fuori del rassicurante -davvero rassicurante? -abbraccio del villaggio natio; molti compivano poi solo qualche raro viaggio di una certa rilevanza nel corso della loro esistenza. Ma c'era anche chi si spostava con una certa frequenza per le più svariate ragioni -ne vedremo più avanti qualche esempio -e percorreva, da solo o in compagnia, itinerari di diversa lunghezza e durata. A dorso di cavallo -i più fortunati -oppure di mulo o asino, su carri, carretti, carrozze, calessi e birocci vari trainati da bovini ed equini, talvolta su barche o navi a remi oppure a vela, ma soprattutto a piedi, le persone percorrevano i pochi chilometri che separavano il proprio villaggio dal mercato della vicina città, dal palazzo del nobile che aveva affittato loro dei terreni o dal santuario meta di pellegrinaggio, solo per citare qualche destinazione. E poi c'era anche chi intraprendeva viaggi più lunghi e impegnativi, per recarsi magari a Udine dal luogotenente della Patria del Friuli oppure a Venezia per propugnare cause, suppliche e istanze private o pubbliche, alla sede diocesana di Portogruaro per affari religiosi, a qualche santuario lontano, magari a Roma, per sciogliere voti o per aderire al Giubileo di turno. Se per percorrere qualche chilometro ci si potevano impiegare varie ore a piedi, e nemmeno l'uso di animali poteva ridurre più di tanto i tempi, per viaggi più lunghi ci si mettevano giornate intere o addirittura più giorni, con soste in locande o con sistemazioni di fortuna, sicché il viaggio di soli cento o cinquanta chilometri diventava un'esperienza "forte".

produzione» 1 . La ricerca di minerali e di tesori nascosti nell'isola iniziò ad essere regolata durante il periodo della dominazione normanna. Secondo Adelaide Baviera Albanese, «già dall'epoca normanna, il legislatore siciliano aveva sentito il bisogno di stabilire il principio della regalia del sottosuolo e di regolamentare l'attività dei privati ricercatori, sottoponendola ad una rigida disciplina e sancendo il pieno diritto del fisco su rinvenimenti, che anche in quell'epoca dovevano essere frequenti, ricchi e circondati da un alone di mistero» 2 .

The history of dressmakinf and tailoring, and its tools, that have made possible the creation of textiles, clothing and fashion is certainly worthy of specific studies. This article explore the extent of the development of the tailoring profession tied to evaluations of the types of tailoring techniques through the centuries.

103 a cura di Marco Ricci e Laura Vendittelli, Electa, Milano 2013 I l volume Il Cinquecento è il secondo dei tre che completano l'edizione delle ceramiche rinvenute nello scavo dell'esedra della Crypta Balbi a Roma, comprese nel periodo tra X e XIX secolo. Il luogo del rinvenimento è annesso al teatro che Lucio Cornelio Balbo aveva eretto nel 13 a.C. Si tratta di uno degli scavi di archeologia urbana più rilevanti mai fatti in Europa negli ultimi decenni, con una sequenza stratigrafica riferibile a quasi due millenni di frequentazione umana. È possibile leggervi le grandi trasformazioni nel corso dei secoli: dalla ruralizzazione del paesaggio urbano all'inizio del Medioevo, alla fondazione del Conservatorio di Santa Caterina della Rosa che nei secoli XVI e XVII occupa gran parte dell'area, e oltre ancora fino agli interventi del secolo scorso.

ALL'INSEGNA DEL GIGLIO~CLUSF 2 Lo statuto della meta del Duecento vietava la pesca nella Selva dellago (cioe nel Lagoomoni-,Ino), comminando per trasgressori la pena della disrruzione degli strumenti da pesca: « tramallium et , guadarri et rete et omne argumentum cum quo aliquis piscatur, ita minutatim quodab inde in antea non possit cum eo piscari » (II Constituto delComHne di Siena dellanno 1262, ed. Lodovico Zdekauer, Milano 1897,rist. anst, Sala Bolognese 1974. Daora citato come Constituto 1262). Lo statuto volgarizzato dell'inizio del Trecenro, invece, si spingeva oltre e prospettava la possibilita -che si facessero « laghi per avere pesci » nelle zone di San Sano Logherardi, di Marciano « in pie di Ca-s~ello Le&acci», di M~ntic!ano'«~e l'aqua detta G~nt;Ja »,di Ri~omagno, di San Lorenzo dell'A~denga, di Abbadia a Isola e di resi (II costittao del Comune drSrenavolgarrwrtonel MCCCIX-MCCCX, edito sotto gli auspici del ministero deIl 'Interno, Siena 1903; II, d. V, t, CLXXXIV, p. 310. Da ora citato come Costimto 1309, 13 10), Nel Quattrocento il Comune porto a terInine un ambizioso progctroiniziato nel secolo precedente, la creazione, cioe, di un lago artificiale sfruttando Ie acque del flume Bruna.lIavori, iniziati alia meta del secolo, furonocompletatinel 14'80, rna appena uri anno dopo ladiga frario costringendo adabbandonare ogni ulteriore tentativo (cfr. G. CECCHINI, MaestriIHganesi e comasch; (/Siena nelsecolo XV; in .Artee Artisti deiLaghi Lombardi, Como 1959, pp.139-143). .

La alimentación ha requerido del uso de una cultura material específica para satisfacer el hambre, pero esta cultura material podía variar en función de razones económicas, sociales y culturales. La historia de la alimentación, disciplina consolidada y de reciente trayectoria en España, todavía no ha centrado su estudio en la cultura material, que ha sido analizada, directa o indirectamente, desde otros campos de estudio. El presente artículo propone un primer acercamiento a la reconstrucción de los materiales culinarios existentes en la Cataluña de la Edad Moderna, mediante el análisis de dos recetarios catalanes, que ocupan los siglos XVI y XVII.

SOMMAIRE Sauro GELICHI Prefazione Avant-propos Henri AMOURIC, Jacques THIRIOT, Lucy VALLAURI Fréjus : des fours pour cuire des jarres et leur diffusion du XVI e au XVII e siècle Christophe CAILLAUD Les tinajas du centre de l'Espagne du XVII e au XXI e siècle M. Carmen RIU de MARTÍN Jarreros barceloneses de la baja edad media: la actividad laboral Tiago PINHEIRO RAMOS A lot of fragments so few results? Some reflections based on the analysis of big containers from Jarmelo (Guarda, Portugal) Guergana GUIONOVA Jarres de conserve pour « ratchel », « petmez » et « turchia » en Bulgarie aux XVII e -XIX e siècles Nikos LIAROS Post-Medieval large jar (pithos) production on the island of Chios in the East Aegean Sea Charles EISSAUTIER L'invention du tour à corde Henri AMOURIC Confectionner et transporter les jarres en Méditerranée. Les apports de l'image ethnographique Thierry JULLIEN et al. Les grands vases de stockage, de conservation et de transport au Nord du Maroc à partir des sites de Rirha (Sidi Slimane) et de Kouass (Asilah-Briech) Marcello ROTILI, Silvana RAPUANO Ceramiche da dispensa, per uso edile e per altre funzioni da contesti di XV-XVIII secolo della Campania interna Florence PARENT Jarres islamiques estampées importées dans le sud de la France (Provence et Languedoc) au Moyen Âge João GONÇALVES ARAÚJO Storage and transportation vessels of the Islamic period from Palmela´s castle: typological and chrono-stratigraphic analysis Pasquale FAVIA, Vincenzo VALENZANO Contenitori in terracotta di dimensioni medio-grandi nella Puglia medievale: nessi fra produzioni agricole, manifatture ceramiche, formazioni sociali Maria Raffaella CATALDO Alcune considerazioni sui grandi contenitori rinvenuti nel castello di Rocca San Felice (AV) Laura VIÉ Deux formes typiques de jarres de stockage du Levant protobyzantin Véronique FRANÇOIS Des pithoi byzantins aux pitharia chypriotes modernes : permanence des techniques de fabrication et des usages

This paper presents the results of a research on the material culture of early modern Abruzzo (Italy) conducted from an archival perspective. The use of archival sources can provide a key framework that integrates and expands the knowledge based on the archaeological data which are often primarily focused on the ceramic record. The objective is to arrive to a more detailed knowledge of the household objects used in the investigated period. The knowledge of the entire set of objects used for cooking, storing and serving the food on the table is set up as a first and necessary step for the reconstruction of the eating habits of the analyzed urban societies.
With these objectives the research was devoted to the systematic examination of the records of notaries active in the studied area, identifying a core group of 94 post mortem inventories of movable and immovable property.
The analyzed area is that of the lower valley of Pescara river on the Abruzzo coast, gravitating in the major urban centers of Chieti, Ortona, Penne and, to a lesser extent, Atri. The historical period considered covers the rule of the Spanish Viceroy (1503-1707), in particular from the mid-sixteenth century to the early years of the eighteenth century.

L’intervento intende sviluppare alcune riflessioni che partono da diversi interrogativi, fra i quali in particolare:
1. quale contributo può fornire la ricerca d’archivio alla ricostruzione quanto più dettagliata dell’insieme degli oggetti da cucina, da mensa o d’altro uso presenti nelle abitazioni urbane abruzzesi della prima età moderna?
2. sono rilevabili delle diversificazioni all’interno delle differenti classi sociali?
3. è possibile individuare classi di materiali ceramici o non ceramici che rappresentino marcatori di status sociale?
4. è possibile individuare nella diffusione di specifiche classi di materiali il riflesso di più ampi fenomeni storici quali l’ascesa della borghesia urbana e lo sviluppo della “società dei consumi”?

L’intervento si propone quindi di fornire alcuni dati relativi alla circolazione e al consumo di ceramica all’interno di diversi contesti urbani abruzzesi nella prima età moderna.
A tal fine sono stati oggetto di indagine gli inventari post mortem provenienti dai protocolli dei notai attivi prevalentemente nelle città di Chieti, Ortona, Pescara, Penne ed aree limitrofe attualmente conservati presso gli Archivi di Stato di Chieti e Pescara. Come noto tale tipo di documentazione permette di ricostruire puntualmente tutta la dotazione domestica, ceramica e non ceramica (metallo, vetro, legno etc), presente all’interno di un’abitazione ed appartenente al defunto proprietario, andando così ad integrare la documentazione di tipo archeologico, spesso incentrata sulla sola componente ceramica.
Grazie all’identificazione dello status sociale di appartenenza di ogni inventario è altresì possibile analizzare l’incidenza dell’uso della ceramica all’interno dei principali gruppi sociali individuabili (nobiltà, borghesia, artigiani) in rapporto ad altre classi di materiali.

Breve introduzione sul metodo della ricerca storico archeologica che introduce, insieme ai saggi degli altri curatori, il volume in cui sono raccolti per la prima volta più di trent’anni di rubriche pubblicate da Daniele Manacorda nella rivista ‘Archeo’.