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Conoscere l'architettura, manufatti nel Settecento genovese

2002, Politecnico di Milano Dipartimento di conservazione e storia dell'architettura Dottorato di ricerca in conservazione dei beni architettonici -XII ciclo

Tesi di dottorato di ricerca in Conservazione dei beni architettonici, presso il Politecnico di Milano, marzo 2002 Tutores: prof. T. Mannoni e prof. A. Grimoldi.

Politecnico di Milano Dipartimento di conservazione e storia dell'architettura Dottorato di ricerca in conservazione dei beni architettonici - XII ciclo Coordinatrice: prof. Tatiana Kirova Conoscere l'architettura, manufatti nel Settecento genovese Candidata: Anna Decri Tutores: prof. Tiziano Mannoni prof. Alberto Grimoldi Conoscere l'architettura, manufatti nel settecento genovese 1. Introduzione contesto e metodo la fonte riflessa sul senso del rapporto tra archeologia dell'architettura e conservazione dell'edilizia storica 2. I documenti scritti il palazzo di Paolo Gerolamo Pallavicini la villa Durazzo a Cornigliano allegato 1: regesti e trascrizioni dalle filze 43 e 44, dell'archivio Pallavicini, ramo cadetto allegato 2: regesti e trascrizioni dalle filze 476-480 dell'archivio Durazzo 3. I documenti materiali il palazzo Balbi Durazzo Reale descrizione della Galleria di Palazzo Balbi Durazzo Reale scheda sui tessuti abaco di riferimento annotazioni e cronologie possibili 4. Manufatti serramenti vetro nelle finestre cornici ferramenta guarnimenti anelli bochette e gaccie cricche e accricatori ferrogiali mappe, gangheri e occhi serrature accomodi e manutenzioni legno impiegato decorazione dipinta delle ante delle porte pavimenti pietra e laterizi battuti stucchi Il termine Materiali e lavorazioni Finiture e manutenzioni coloritura e doratura verniciatura trasformazione e manutenzione 5. Il cantiere maestranze, mestieri e arnesi da cantiere il capo d'opera lo scalpellino il marmaraio i lustratori i falegnami il fabbro il bottaio il vetraio i segatori materiali calce e sabbia laterizi mattoni materiali per pavimenti trattamenti impianti ed altro legno baio becciarie bordonari canteri gene squere tavole e tavoloni trapellotti, palati, riondi, radici marmo metalli e leghe ferro chiodi chiavi strumenti inferriate, ringhiere e altro altri metalli e leghe pietra di Lavagna abbaini battiporta chiappe coperte lavelli mezzanini ottangoli pilastrate portelli quaroni scalini schiavoni lavori particolari la notte attrezzi speciali provenienze e trasporti colori 6. Architettura a Genova nel Settecento contesto generale arte, arredo, architetti gli 'ultimi' palazzi, le opere pubbliche e l'edilizia da reddito questioni di stile e di gusto considerazioni conclusive Elenco testi citati o consultati Ringraziamenti Introduzione p. 1 1. Introduzione Quando ci si interessa di quanto il costruito è in grado di comunicare, un passo inevitabile è costituito dall'interrogarsi sul rapporto tra la materia di cui è fatto e l'effetto che se ne ottiene con la lavorazione, cioé sulla cultura materiale come la si intende nell'ambito dell'archeologia dell'architettura. Si crea in questo orizzonte un rapporto biunivoco e dialogico tra conoscenza e conservazione: la conservazione si alimenta di conoscenza del costruito, riscontrando in essa una ricchezza di informazioni che non solo le sono utili ma che la stimolano nella sua funzione di trasmissione di saperi al futuro, d'altro lato è evidente come la conoscenza auspichi una diffusa conservazione di quei resti materiali che sono l'oggetto degli studi presenti e futuri… In questo contesto la disciplina del restauro si arricchisce con gli studi sull'edilizia storica, sia essa monumentale oppure no. Naturalmente è opportuno che questi studi siano condotti nelle forme e nei modi che si ritengono di maggior contenuto per una storia dell'architettura e del costruire che sia davvero in rapporto con le istanze delle conservazione. Diversi lavori hanno già messo in luce la quantità e la qualità di informazioni che si possono trarre da un confronto incrociato sistematico di fonti scritte e fonti materiali, 1 in particolare da un uso quantitativo delle fonti scritte, secondo un approccio non consueto alle stesse, almeno per quanto riguarda il campo della storia dell'architettura. Questa tesi si pone nella stessa linea di ricerca dal punto di vista metodologico, ma si sviluppa tentando un doppio esperimento: da una parte ci si propone di organizzare uno studio sistematico per un periodo della storia dell'architettura genovese finora poco noto, ma di affrontarlo nell'ambito dell'archeologia dell'architettura, dall'altra ci si propone di approfondirne alcuni aspetti, presto individuati come peculiari, applicando il "cambio di 1 Nel campo della storia del costruire cfr, ad esempio, PH. BERNARDI, Métiers du bâtiment et techniques de costruction à Aix-en-Provence à la fin de l'époque gothique (1400-1550), Université de Provence, Aix-en-Provence 1995, A. BOATO, Costruire a Genova tra Medioevo ed età moderna, Tesi di dottorato in Conservazione dei beni architettonici, VI ciclo; A. BOATO, Fonti indirette e archeologia dell'architettura: una proposta di metodo, in riv. Archeologia dell'architettura, III, Firenze 1998, pp 6174; A. DECRI, C. GAVOTTI, M. MONGUZZI Uso incrociato di fonti scritte e fonti materiali per lo studio dell'edilizia storica. Verifiche di metodo attraverso un edificio della Genova di età moderna, in Atti del convegno "Scienza e beni culturali, n° 12: dal sito archeologico all'archeologia del costruito", Padova 1996, pp. 115-124; nonché il lavoro svolto nel corso delle ricerche interuniversitarie Fonti scritte e fonti materiali per l'edilizia dell'età moderna, Storia dell'uso dei materiali edili a Genova, Tecniche costruttive, manutenzione, materiali, restauri: il caso ligure, svoltesi tra il 1988 e il 1996 presso la Facoltà di Architettura di Genova (finanziamenti del Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, responsabile dell'Unità Operativa locale prof. L. Grossi Bianchi). Introduzione p. 2 metodo al bivio"2 anche con tentativi forse arditi (come la messa a confronto di risultati provenienti da fonti che riguardano manufatti diversi come se non lo fossero o l'uso di esperimenti), e tentando di mantenersi in un orizzonte di interdisciplinarietà che consenta di avere a disposizione più strumenti conoscitivi possibile. Per quanto riguarda lo studio dei manufatti in questo lavoro vengono usati concetti e metodi che appartengono all'archeologia dell'architettura, ormai variamente trattati nella letteratura a cui si rimanda,3 considerando peraltro possibile un uso "archeologico" delle fonti scritte, come vedremo parlando del concetto di fonte riflessa. La scelta dell'argomento, alcune architetture genovesi settecentesche, è sembrata favorevole per diversi fattori: la continuità con esperienze svolte sui secoli precedenti e la conseguente possibilità di confronto specialmente metodologico,4 la disponibilità di abbondanti fonti, sia scritte sia materiali; la scarsità di studi generali eseguiti: si tratta di un periodo per Genova poco approfondito che solo negli ultimissimi tempi ha avuto un risveglio di attenzione da parte degli studiosi, questo fatto consente di portare un contributo originale, ma si rivelerà anche un problema per l'assenza di un quadro di riferimento completo. L'attenzione che nel corso del lavoro si è rivolta anche (o soprattutto) a manufatti ritenuti solitamente secondari - se non insignificanti - per il risultato finale dell'opera è stata guidata da due fattori diversi: da un lato la speciale situazione della cultura architettonica e abitativa settecentesca, che proprio nel portare a perfezione i particolari trova un suo modo di esprimersi. D'altro lato la forte convinzione che, per avanzare di un passo nella conoscenza, occorre approfondire la ricerca quanto più possibile - ovvero con tutti gli strumenti conoscitivi a nostra disposizione che possano essere utili - e ciò, per ora, non è possibile se non nel dettaglio, dove sia possibile raggiungere qualche punto fermo, seppur piccolo. 2 Cfr T. MANNONI, Archeometria: archeografia o archeologia?, in "Dialoghi di archeologia", serie III, anno 8 (1990), n° 2, pp 77-81. 3 I principali testi di carattere generale sono: R. FRANCOVICH, R. PARENTI (a cura), Archeologia e restauro dei monumenti, Firenze, 1988; T. MANNONI , Caratteri costruttivi dell'edilizia storica, Genova, 1994; F. DOGLIONI, Stratigrafia e restauro, Trieste, 1997; per approfondimenti e aggiornamenti si vedano specialmente i numeri della rivista Archeologia dell'Architettura. 4 Cfr alla nota 1. Introduzione p. 3 La fonte riflessa Su metodi e contenuti di una ricerca svolta con fonti scritte e fonti materiali esistono già eloquenti interventi,5 vorrei qui invece proporre alcune riflessioni su questo rapporto quando lo si porti alle estreme conseguenze e si possa parlare di "fonte riflessa".6 Ragionando attorno al rapporto che si instaura durante una ricerca nel campo della cultura materiale tra le diverse fonti che vi concorrono, ci si accorge che questo rapporto, in alcuni casi, diventa paradossale: succede infatti che si ottengano da una fonte le informazioni che sono tipiche della sua opposta e viceversa. Infatti tenendo presente la definizione delle fonti dirette e fonti indirette come quelle che ci procurano datazioni interne o esterne ai manufatti, e, più sottilmente, vedendo le fonti scritte e le fonti materiali come sorgenti di informazioni testuali le prime e dati quantitativi e qualitativi - anche se pur'essi si esprimono a parole - le seconde può succedere che informazioni materiali siano ricavabili da fonti indirette e che testi interi siano leggibili nell'osservazione (con approccio archeologico) dei manufatti. Ciò non avviene tanto nell'indagine di un monumento, dove più peculiarmente l'apporto della ricerca d'archivio e quello dell'indagine archeologica si confrontano per un incrocio di dati. Forse non avviene neanche nell'indagine quantitativa delle fonti sull'edilizia corrente di un intero nucleo di costruito storico, cioé in quella che è stata definita come la possibilità di un uso archeologico delle fonti indirette.7 Ma lo sto sperimentando particolarmente nell'esperienza metodologica che si articola nel corso del presente lavoro di dottorato, in cui vengono esaminati i manufatti 'piccoli' dell'architettura di un determinato periodo, per qualificarli e possibilmente inserirli in una cronologia loro propria. Per fare questo mi avvalgo di conti di fabbrica molto dettagliati e di un rilievo archeologico di alcuni di essi, senza che sia possibile incrociare i dati direttamente: i conti appartengono a cantieri diversi da quello dell'edificio esaminato. Questo è già un incrocio azzardato: ma risulta molto fruttuoso, anche alla luce delle esperienze già svolte nel corso di ricerche archeologiche con fonti indirette. Dall'esame di notevoli quantità di documenti ho potuto rilevare, ad esempio, i pigmenti utilizzati in cantiere, che altrimenti avrei dovuto cercare analizzando in laboratorio un certo 5 Cfr alla nota 1 e anche E. GIANNICHEDDA, Storia della cultura materiale, «Archeologia postmedievale», 1, pp. 117-132. 1997 6 Questo capitoletto ha già trovato spazio sul Notiziario di Archeologia Medioevale, n° 73, Genova 2001. 7 Di cui già è stato scritto da altri autori e di cui è stato presentato l'orizzonte di ricerca in riv. Notiziario di Archeologia Medioevale, n° 72, Genova 2000. Introduzione p. 4 numero di campioni di rivestimenti di superifici murarie, senza la sicurezza di averli individuati tutti o la certezza della loro datazione. Si tratta certamente di fonti privilegiate, a contenuto molto tecnico, ma che sono forse più comuni di quanto non si pensi, specialmente negli archivi privati. Dall'altro lato ho riscontrato nello studio stratigrafico dei colori di una porta8 una serie di indicazioni sull'intero edificio, persino sui cambiamenti di mentalità occorsi nel tempo, un tipo di informazione considerato caratteristico della fonte indiretta. Solo l'incrocio e il cambio di metodo al bivio hanno infine consentito ulteriori acquisizioni sul manufatto e sui suoi proprietari. Si potrebbe allora introdurre per descrivere questo fenomeno il concetto di fonte riflessa: come in un antico specchio o sulla superficie brusca d'uno stagno comunque riusciamo a scorgere qualcosa della realtà che vi si guarda, così vediamo consistenti tracce di materia in un testo scritto e intere frasi di un discorso tecnico ma anche teorico su di un oggetto materiale o su di un insieme di tali oggetti. In un ambito più generale, d'altronde, questo fenomeno si osserva già quando si passa dall'analisi archeologica all'interpretazione storica, ovvero durante la fase della storicizzazione sul piano umano dei dati materiali e dei risultati delle analisi, che possiamo considerare come il passaggio da una sequenza puramente fenomenologica di eventi anche se già soggetta ad interpretazione - alla storia umana. Il primo stadio di questo processo è la restituzione di una cronologia, ma questa è solo uno degli aspetti della storia: dopo aver messo in fila gli avvenimenti concreti, anzi proprio nel tentativo di farlo, nella mente dello studioso non possono non affacciarsi mille "perché", legati da un lato alla comprensione dei dati materici, quindi strettamente connessi alla padronanza (comprensione empirica) delle tecniche costruttive (pur sempre anch'esse un prodotto della mente umana - si è osservato infatti che queste dipendono da vari fattori e non solo o indipendentemente dai materiali disponibili), dall'altro lato al complesso delle intenzioni umane che si sono intrecciate a tali dati, e che, non meno della ragioni tecniche, hanno modificato lo stato delle cose, hanno fatto la storia di quel manufatto e delle sue ragioni d'esistere e di cambiare. Il secondo stadio consiste appunto nel mettere in rapporto il manufatto con la storia umana, di incrociare i dati di una cronologia singolare (del caso in esame) con quelli di una via via più generale. il terzo stadio raggiunge la possibilità di raccontare storie di singoli individui, che è cosa praticamente impossibile con l'uso delle sole fonti materiali. 8 Cfr al capitolo Serramenti - decorazione dipinta delle ante delle porte. Introduzione p. 5 Un quarto stadio (o un terzo bis, poiché ad esso parallelo) potrebbe essere quello del contributo alla storia generale, ottenuto da sole fonti materiali. In questo senso siamo arrivatii al ribaltamento del concetto classico di fonte diretta e indiretta: sappiamo che la fonte scritta, peculiare per la storia, è esterna all'edificio (anche quando è molto pertinente), ma le deduzioni dai manufatti - ovvero le notizie tratte solo dall'edificio - per la cultura forte (quella che si occupa delle visioni del mondo), sono come tratte da una fonte indiretta! D'altra parte se "tutte le scelte e le azioni sono di natura mista"9 ovvero dipendono sia dalla cultura materiale sia dalla visione del mondo, non credo sia azzardato pensare che un manufatto prodotto da tale mescolanza sia in grado di esprimere l'uno e l'altro tipo di conoscenza, in altri termini che sia possibile un'ermeneutica del dato materiale (ovvero una ricerca della sua possibile autenticità come testo, di conseguenza un'esegesi di esso). Che è quella che ci consente di intuire addirittura un sentimento umano (non solo una visione del mondo, anche un modo di percepirlo) a partire dalla forma e dalla tecnica con cui è realizzato un cardine di porta. Altri metodi storici confermeranno o smentiranno tale intuizione ma si tratterà di verificare la congruenza di un'ipotesi avanzata a partire dalla materia invece che dal testo scritto, e ciò, nel nostro caso, costituisce la differenza disciplinare con la storia dell'architettura. Sul senso del rapporto tra archeologia dell'architettura e conservazione dell'edilizia storica. 10 Conoscere, conservare Esistono diversi modi di intendere la conoscenza di un manufatto; fra essi vi sono la scoperta degli eventi che hanno condotto il manufatto alla sua attuale configurazione, il riconoscimento delle conseguenti trasformazioni e la comprensione delle tecniche costruttive in esso impiegate. 11 Tutte storie intrecciate a storie di persone, famiglie, gruppi, città… che rendono possibili diverse letture degli stessi fenomeni, sia dal punto di vista degli studiosi che provengono dalle diverse discipline interessate sia di committenti, esecutori, progettisti e di chiunque si soffermi a pensarci. 9 T. MANNONI, Archeologia e neuroscienze, in riv. Notiziario di Archeologia Medioevale, n° 72, Genova 2000. 10 Larga parte del presente capitolo è in corso di pubblicazione, nel volume Archeologie. 11 Tenendo anche presente che "ignoriamo la maggior parte della storia delle costruzioni, intesa come completa fusione tra forme architettoniche, funzioni e scelte delle tecniche e dei materiali, in relazione alla durata dell'opera." Cfr T. MANNONI, Conoscenza e recupero edilizio, in riv. Notiziario di Archeologia Medioevale n° 53, Genova 1990, p. 3. Introduzione p. 6 Ci si riferisce inoltre alla conoscenza del contesto, a quella della singolarità del manufatto, a quella della complessità delle sue parti o dell'unità dell'opera… Una disciplina che tenta di rendere conto di tale complessità é l'archeologia dell'architettura, ma usare metodi archeologici per aumentare la conoscenza dell'edilizia storica porta inevitabilmente a porsi domande attorno alla conservazione. Innanzitutto perché molti dei segni che vengono letti sono in vari modi legati al degrado o all'assenza di esso, e il degrado é di solito la molla che spinge ad intervenire, poi perché, trovandosi spesso a pensare che un restauro poco felice ha distrutto informazioni che sarebbero state molto utili alla comprensione si é portati a desiderare interventi più adatti all'edificio in sè, in quanto problema unico, e alle materie di cui é fatto, in quanto risultato di una lunga selezione culturale. 12 Passando per i saperi empirici Infatti nel tentativo di approfondire la comprensione del costruito occorre diventare capaci di leggere il sapere empirico con cui si ottengono i manufatti indagati.13 "Il 'saper fare' era, ed è, una capacità acquisita che, mediante una buona conoscenza dei materiali, e delle risorse naturali più in generale, si preoccupa fondamentalmente di migliorare in vari modi la qualità della vita propria e degli altri"14 Si tratta di un sapere "non descrivibile in forma intellettuale, ma derivato da un lunghissimo accumulo di esperienza, imparato visualmente e manualmente con commenti orali"15 che raggiunge lentamente un livello ottimale di resa, temprato dalla prova del tempo sulle opere costruite. Un genere di sapere, quindi che, pur non essendo ottenuto secondo i criteri della scienza moderna, pure ad essa è in grado di svelarsi e che, pur avendo un'autonomia limitata da talune condizioni ambientali, manifesta un profondo rigore: "nulla veniva fatto a caso". 16 Inoltre è un sapere che va indagato con metodi specialistici, sia perché appartiene alla storia ormai quasi tutto, essendo sfuggito al presente con l'interruzione quasi totale della 12 Sul concetto di selezione culturale cfr T. MANNONI, Metodi pratici ed attendibilità teoriche delle ricerche archeologiche, in Atti del I Congresso nazionale di archeologia medioevale, Pisa 1997. 13 Un altro nome che si può usare per definire tale sapere è cultura materiale, non nel senso di 'cultura della massa della popolazione', colorata di accenti ideologici, bensì in questo senso: "tutto ciò che l'uomo sa fare è cultura; quando il saper fare richiede una conoscneza inevitabile dei dei caretteri delle risorse naturali, connessa ad una manualità, la cultura diventa cultura materiale" Tiziano Mannoni, Archeologia delle tecniche produttive, Genova 1994, p. 70. 14 T. MANNONI, Modi di costruire storici a Genova e nelle valli del Ceresio. Primi risultati di una ricerca, in Magistri dʼEuropa, Atti del convegno, Como, 23-26 ottobre 1996, p. 486. 15 T. MANNONI, Archeologia… cit., p. 55. 16 Ibidem, p. 54. Introduzione p. 7 sua continuità, sia perché, praticamente per definizione, non è espresso con il linguaggio, ma con un insieme di gesti e parole. I risultati di questo genere di ricerche non sono solo utili all'aumento della conoscenza, 17 ma hanno anche conseguenze sul possibile atteggiamento nei confronti di ciò che un edificio può dire di se stesso e di chi lo ha vissuto, una nuova ansia non tanto di tutela quanto di rispetto, che comporta scelte progettuali da fare a partire da una mentalità che ne è trasformata. Un rischio da correre Lo studio di questo sapere, infatti, segna una linea di demarcazione fra un approccio che si potrebbe definire solamente 'esterno' al manufatto, basato solo sull'osservazione delle logiche manifeste, (da cui probabilmente deriva la diffusa convinzione che l'archeologia dell'architettura si identifichi con il metodo stratigrafico e che questo somigli ad una buona osservazione svolta da un progettista consapevole), e il tentativo di render conto della complessa realtà dell'oggetto: andando verso la conoscenza del sapere empirico che sta dietro ad un certo rapporto fra forma e materia possiamo impostare più oggettivamente le nostre interpretazioni di ciò che quella scelta progettuale del passato ci può dire dello spirito con cui è stata fatta. Questo approfondimento,18 opportunamente inserito in una sequenza cronologica, produce una conoscenza che può essere anche utilizzata in modo pretestuoso, alla ricerca di un periodo 'originale', anche se é evidente la contraddizione interna: nel riconoscere varie fasi costruttive si sottolinea proprio il contrario, cioé la dignità e la ricchezza di significato di ogni periodo attraversato dal manufatto e che vi ha lasciato il segno. Un altro genere di errore possibile, in un certo senso più specifico di queste ricerche, é la riproposizione di tecniche costruttive ormai desuete in modo che possano essere usate per sostituire parti di edificio non rispondenti alle richieste progettuali o per inventarne altre di nuove, con l'effettivo rischio di falso; evidentemente anche in questo caso il rimedio é interno al rigore della ricerca: se é molto difficile riuscire a realizzare un frammento di saper fare, questo sarà ricostruito piuttosto nella scelta dei materiali che non nella tecnica di messa in opera, inoltre trovare tecniche d'intervento ben compatibili con l'esistente non equivale a imitarlo. 17 E ciò accade anche se in alcuni ambiti disciplinari ancora non è ritenuto possibile, come si può vedere ad esempio nel fatto che la domanda: “come conoscere e come interpretare quegli orizzonti di sapere che si affidavano a tradizione ed esperienza e che ancora informano le opere che il passato ci ha consegnato?” posta ad un convegno di Storia dellʼarchitettura tenutosi a Genova presso la Facoltà di Architettura nel dicembre 1997, sessione Costruzione e conservazione, è rimasta molto significativamente senza risposta. 18 Come del resto può succedere anche con l'approccio 'esterno' sopradescritto. Introduzione p. 8 Potremmo quindi assumere la ricerca della logica intrinseca e dei contenuti del sapere empirico come criterio guida per quella pratica che ne difende le sue stesse testimonianze; ma il processo che porta dalla conoscenza alla conservazione, e dalla seconda alla prima, appare senza una fine evidente: l'oggetto conservato ci offre la possibilità di studiare il suo significato all'aumentare delle nostre capacità analitiche e cognitive e di perfezionare le nostre capacità per la sua stessa conservazione; oggi non é possibile intravedere l'arrivo di questo percorso perché, anche quando le ricerche scientifiche ci spiegheranno tutte le leggi sottointese nel saper fare, non arriveremo mai a capire che cosa intendevano gli empirici, uomini del passato, per sapere. In questa linea mi pare si possano leggere anche queste considerazioni: È presupposto, e possiamo dare per scontati i fondamenti che vi conducono, che restauro, conservazione, comunque ogni atteggiamento di considerazione delle testimonianze del passato comporti il riconoscimento del valore culturale dellʼesperienza, della possibilità di relazione, della necessità della memoria. Lʼoggetto non si conserva perché valore in sé, ma in quanto valore per lʼuomo, testimonianza di pensiero anche quando diretto alla risoluzione di un problema materiale, risposta pratica ad una circostanza puramente pratica, perché fonte di pensiero, suscettibile di un uso che al livello materiale aggiunga quello della riflessione mentale in rapporto a ciò che esso è stato, a quello che è in quanto è stato.19 Procedere quindi con ricerche sul sapere costruttivo, a mio avviso e al di là del valore puramente conoscitivo, é comunque 'un rischio da correre' poiché offre due vantaggi molto importanti sul piano applicativo: una maggiore aderenza alla realtà del singolo manufatto nei suoi processi costruttivi e una maggiore consapevolezza della quantità di informazioni che si distruggono ad ogni piccolo intervento operato nella sostituzione o nella demolizione.20 Infatti intervenendo senza capire come é stato ottenuto l'edificio, nelle due chiavi di lettura dei materiali e degli eventi, si aumentano molto la possibilità di recare danni e la probabilità di eseguire interventi inutili. A titolo di esempio si pensi alle conseguenze dei dubbi sulla qualità degli intonaci antichi quando non si conosce il livello di perfezione tecnica che hanno raggiunto, oppure sulla possibilità di un elemento strutturale di reggere la sua funzione dopo alcuni secoli di prova del tempo, tanto per citare casi ormai molto noti ma ancora altrettanto attuali. Ancora di più: si corre il rischio di confondere una tecnica di lavorazione, come può facilmente accadere con una finitura superficiale, con un fenomeno di degrado o con un vecchio trattamento di restauro, specialmente quando la si analizza con strumenti di 19 A. BELLINI, Dal restauro alla conservazione: dallʼestetica allʼetica, in Ananke, 19, 1997, p 21. 20 Lo stesso argomento, ruolo e colpevolizzazione della conoscenza nel cantiere di restauro specialmente mediante esempi concreti, é affrontato da A. BOATO in Archeologia dell'Architettura, tra conoscenza formazione e progetto, Atti del XIV Convegno Scienza e beni culturali "Progettare i restauri" Padova 1998, cfr in particolare pp 233ss. Introduzione p. 9 laboratorio e poi non si sappia interpretare il risultato: il contenuto, in termini di elementi, di una preparazione a base d'olio vegetale e gesso e quello di una crosta nera non sono poi così diversi. E la domanda: “Perché si vogliono ossessivamente conservare tutte le tracce di un passato che però, a sua volta, non badava tanto a rispettare i passati che lo avevano preceduto?”21 trova una modalità di risposta nella constatazione che le trasformazioni e gli adattamenti che da sempre sono stati fatti erano messi in atto nella continuità della tradizione tecnica “e si sapeva cosa potesse e dovesse essere mantenuto, e cosa cambiato”. 22 Eppoi noi non siamo nel passato… 21 22 B. PEDRETTI, La democrazia estetica, in: Il progetto del passato, Milano 1997, p. 10. Cfr T. MANNONI, Conoscenza… cit., p. 3. I documenti scritti: i due palazzi p. 1 2. I documenti scritti Il palazzo di Paolo Gerolamo III Pallavicini Paolo Gerolamo Pallavicino III, senatore della Repubblica nel 1723, e il padre, GIuseppe II, "non si limitano a fare splendidi matrimoni, ma sono anche acuti gestori di un patrimonio che cresce e si espande in tutta Europa. Le proprietà in Genova e dintorni li elevano tra i maggiori proprietari terrieri della città e la loro correttezza spinge molti stranieri ad affidar loro l'amministrazione degli investimenti genovesi e non solo. L'unico figlio maschio di Giuseppe II, Paolo Gerolamo III, sposa nel 1705 Caterina Imperiale Lercari q Domenico che reca con sé il palazzo di via Lomellini, il feudo di Mombaruzzo e quello di Casalotto; ed il marchese sarà all'altezza di tanto patrimonio sviluppandolo, migliorandolo, rendendolo sempre più produttivo e redditizio. Abbellisce il palazzo di opere splendide, ora confluite nella raccolta Durazzo Pallavicini e la famiglia si distingue per generosità e munificenza; trae beneficio da questa situazione anche l'archivio che viene ordinato e ricondizionato con cura sotto l'occhio vigile ed un poco maniacale di Paolo Gerolamo III."1 Forse il personaggio sarà stato troppo preciso per risultare gradevole, ma per chi si avvicina alle sue carte come studioso egli possiede un fascino fuori del comune: l'assoluta precisione con cui ha rivestito ogni singolo conto della sua fabbrica, avvolgendolo con un ampio regesto, è una qualità che non passa inosservata. (Persino i Durazzo, che per la loro villa hanno messo insieme un apparato documentario quasi dieci volte più grande e comunque molto preciso, non raggiungono lo stesso livello di simpatia, forse anche perché i loro affari in loco erano seguiti da intermediari.) Dalla filza che raccoglie i documenti sui lavori al suo palazzo di "strada Lomellina", sono tratti i regesti e le trascrizioni qui allegati, che riguardano il periodo tra il primo giugno 1718 e il 6 marzo 1724. Alcune note provengono anche dalla successiva filza 44, utili specialmente per le informazioni sulla manutenzione. Non si è ritenuto di studiare anche l'ampliamento della fabbrica realizzato tra il 1756 e il '63, ad opera dei figli, descritto nei registri 63 e 64: si tratta di una fonte meno dettagliata di quella precedente. 1 M. BOLOGNA (a cura di) Gli archivi Pallavicini di Genova, I Archivi propri, in Atti della Società Ligure di Storia Patria, n. s. XXXIV, fasc. 1, Genova1994, pp 24-5, per notizie sui figli cfr n. 54. I documenti scritti: i due palazzi p. 2 Alcune note spese, tuttavia, sono rientrate nel lavoro, come quella del 31 dicembre 1763: Lista delle spese di fabbrica in Palazzo nel cadent'anno, Conto di spese per la fabbrica di rimesse con stalla e altri appartamenti sopra d'esse nel cortile vicino alla torre. L'accorta gestione delle sue risorse (e di quelle della moglie) Paolo Gerolamo la dimostra anche affittando l'"appartamento inferiore"2 già dal 1723, quando il cantiere era forse appena terminato. Infatti è del 20 luglio 1723 il pagamento di £ 530 a Giacomo Viano capo d'opera per l'assistenza fatta alla fabbrica (aveva già ricevuto un acconto di £ 200 il 19 settembre 1720); si osserva inoltre che da esso vengono detratte £ 170 per l'affitto della casa di Paolo Gerolamo stesso in Castelletto in cui abita,. Altre unità archivistiche esaminate sono state la filza 20 dello stesso ramo cadetto, che contiene copia di tutti gli atti rogati attorno alla proprietà del palazzo e di tutte le parti (casette, caroggetti) acquistate nelle due fasi degli anni '20 e '50, con questioni nei confronti dei Padri del Comune e dei Padri di san Filippo, e il registro 33 dello stesso ramo, che contiene l'elenco di tutti gli atti rogati per Paolo Gerolamo III, oltre a quelli della filza 20, vi si trovano anche vari documenti commerciali: ad esempio, per il palazzo, l'accordo con il trasportatore dei quadretti da Biserta. Ciò che si sperava di trovare in queste unità archivistiche, e che avrebbe arricchito ulteriormente la ricerca, era il capitolato d'appalto dei lavori; ma non se ne è trovata traccia, neanche in qualche sondaggio all'Archivio di Stato. Alla luce degli studi sui secoli precedenti questo fatto sembra inesplicabile, ma d'altronde, appare anche molto poco probabile che un personaggio tanto preciso non abbia conservato copia, o almeno indicazione, dell'eventuale atto di promissio fabricæ, o anche di un accordo privato con il capo d'opera; l'ipotesi che ne può conseguire è che, in questo caso, ci si sia regolati senza accordi scritti. Un atto notarile, in questo fondo in copia, del 23 aprile 1718 descrive la situazione su cui si interverrà con un estimo eseguito da Gio Antonio Ricca e da Tomaso Lagomaggiore, ivi definiti capi d'opera, cioé al grado intermedio tra maestri muratori e architetti nell'arte,3 tra i maggiori dell'epoca; vengono presi in esame il palazzo della signora Caterina, e una casetta picciola sempre della stessa proprietaria. 2 Cfr filza 20 doc. 30, in cui è presente la descrizione dell'immobile appigionato. Cfr L'attività edilizia di età moderna a Genova, in Argomenti di architettura genovese tra XVI e XVII secolo, Istituto di progettazione, Facoltà di Architettura di Genova, 1995, parte 1: I maestri muratori, I Padri del Comune, La normativa. 3 I documenti scritti: i due palazzi p. 3 Nell'estimo sono elencati tutti gli elementi che concorrono a formare il valore dell'immobile secondo i criteri dell'epoca; dalla descrizione appare che il palazzo di per sé ha già un notevole grado di dignità, su un perimetro di circa 80 metri e alto quasi 25 metri, con muri di facciata spessi circa 70 cm, sembra inoltre che l'edificio possegga volte di materia per tre piani e volte di canne, in particolare a piano di sala queste sono in parte a lunette in parte a padiglione con le cornici; nel calcolo dei pavimenti viene specificato che logge e ballatoi hanno ottangoli di di ardesia e quadretti di marmo, il piano di sala ottangoli e laggionetti di cotto, la galleria ha quadretti e altrove vi sono chiappelle oppure mattoni come in cucina, secondo la consolidata tradizione cinqueseicentesca, 4 il tetto è assai buono, vi sono diverse finestre a poggiolo e alcune a parapetto, una cappella di marmo e canali di rame sotto la gronda. Anche la distribuzione interna corrisponde al palazzo di uno dei tanti magnifici che hanno cambiato la fisionomia della citta tra cinque e seicento. Appare già, però, la netta divisione tra appartamento inferiore e superiore, poiché, ad esempio, in ognuno di essi vi è una cappella, anche se il secondo ha finiture un poco meno di lusso (l'altare è di legno, in cucina vi sono trogli di chiappe e non di marmo). L'acqua arriva alla cisterna attraverso canali di piombo che giungono da Castelletto, il punto più elevato dell'acquedotto cittadino verso ponente. Le scale maestre sono dotate di ben dieci colonne di marmo e dieci balaustrate, salgono per 84 scalini larghi quasi due metri, e sono arrcchite da un niccio con figura, forse quello visibile ancora oggi? Il genere di lavori perciò riguarderà soprattutto l'annessione della casetta, la decorazione delle facciate, il rifacimento degli infissi, il rinnovo di alcuni pavimenti e di molte finiture interne, anche se non è facile stabilire, a partire dai lunghi elenchi di materiali e lavorazioni, la loro stessa destinazione e definire perciò la reale entità dell'intervento. Prima dell'inizio dei lavori è stato necessario effettuare la consueta pratica presso la Magistratura dei Padri del Comune nel caso di interventi che insistono su spazi pubblici, e il 31 agosto 1719 Cipriano Lagomaggiore architetto della stessa magistratura, esegue il sopralluogo ufficiale, in questo caso per il controllo della 4 Cfr A. BOATO - ATO ECRI, Il cotto nelle pavimentazioni genovesi dei secoli XVI e XVII, in Atti del convegno "Superfici dell'Architettura: il cotto. Caratterizzazione e trattamenti", Padova 1992, pp. 247-256. I documenti scritti: i due palazzi p. 4 sporgenza dei poggioli di marmo, che sono descritti e misurati: cinque al primo piano e cinque al piano di sopra. All'inizio del cantiere, e al secondo posto nella filza, troviamo la permissione dei Padri del Comune per fare ponti e ripari alla casa di Paolo Gerolamo Pallavicino q Giuseppe purché non stia gettito in terra più di hore ventiquattro e per rompere la strada. Per deposito viene dato un cucchiaio d'argento alla genovese all'antica moda segnato con marca G. F., debitamente reso il 13 aprile 1723, alla consegna del permesso alla cancelleria dei Padri del Comune che per questo non è più accluso alla filza stessa. Nei registri 45 e 46, sempre del ramo cadetto, si trovano i conti delle finiture artistiche del palazzo, da cui si evince che i muratori lavorano ai ponti interni e alla preparazione dei muri persino 'scrostando per le pitture', i pittori dipingono (i loro soggetti vengono descritti nel documento con tanto di protocollo di spiegazione con testo a fronte in latino) e gli stuccatori incorniciano. Già una studiosa di storia dell'arte ha esaminato le stesse carte, con l'intento di approfondire l'opera di Domenico Parodi come pittore d'affreschi, in particolare nel contesto più vasto del programma culturale che i committenti perseguivano in diversi campi artistici. 5 A titolo di esempio notiamo che nell'aprile 1729 Carlo de Marchi di Faenza q Gio Batta fa la cornice di stucco nella volta del salotto per il quadro in cui devesi dipingere dal sig Domenico Parodi la scoperta delle Indie fatta dal Colombo, nell'agosto interviene un pittore d'ornamenti fiorentino e nel febbraio del '30 uno bolognese. In generale si può osservare che i dati provenienti dai documenti di questa fabbrica sono risultati molto significativi di un momento di passaggio: la committenza, raffinata e ricca, era sicuramente alla ricerca di quanto di meglio e di più moderno poteva trovare, ma in alcuni aspetti non siamo ancora al livello d'innovazione della più tarda villa Durazzo, come è possibile notare nello studio dei materiali e dei manufatti. 5 L. PICCINNO, Domenico Parodi e la colonia ligustica dell'Arcadia, in "Antichità viva", anno XXXIV, nn 1-2, FIrenze 1995. L'argomento è stato ripreso da EZIA GAVAZZA - VAURO MAGNANI, Pittura e decorazione a genova e in Liguria nel settecento, Genova 2000, p. 53. I documenti scritti: i due palazzi p. 5 La villa Durazzo a Cornigliano Giacomo Filippo II Durazzo, quinto marchese di Gabiano, finanziò con 50.000 lire la realizzazione di Forte Diamante, eretto tra il 1756 e il 1758, uno dei tanti che sorsero in quegli anni in risposta all'invasione Austro-sarda del settembre 1746. Egli, ai primi posti delle liste della capacità contributiva,6 aveva grosse responsabilità nel governo della difesa della città. Per questo motivo doveva aver conosciuto, fin dal suo sbarco a Genova nel febbraio 1747, l'ingegnere militare francese Pierre Paul de Cotte, e a lui aveva affidato il progetto della sua villa di nuova costruzione a Cornigliano. Il suo disegno fu consegnato nel 1752,7 e il palazzo realizzato, nella prima fase, entro una decina d'anni. Tra il 21 novembre 1761 e il 3 giugno 1762 si è lavorato alla fabrica di mezzarie (sopra li appartamenti verso levante). Nel corso del 1763 alla fabbrica nova delle remise. "La scelta di dotarsi per la villeggiatura di un edificio siffatto non può che essere frutto di una riflessione assai consapevole e matura, non certo legata alle contingenze del momento, nel quadro di un più ampio disegno familiare teso a ribadire un'immagine di indiscutibile supremazia e grandeur."8 Il progetto, in ogni suo aspetto, tende a costruire "un autentico pezzo di Francia in terra italiana,"9 ma pochissimo tempo dopo, a partire dal 1778, si intraprendono già lavori per adattare l'edificio, in alcune sue parti, al nuovo gusto neoclassico, con l'opera di Tagliafichi. Di questa fase, però, non sono segnalate fonti scritte utili a questa ricerca. 10 Anche se Giacomo Filippo aveva già 79 anni all'epoca dell'inizio del cantiere avrebbe vissuto in piena lucidità fino a 92, così da poter seguire la costruzione e godere del risultato; oltre alla sua presenza incombente, nei documenti compaiono il 6 C. BITOSSI, "La repubblica è vecchia" pariziato e governo a Genova nel secondo Settecento, Roma 1995, tav. 7, p. 77. 7 F. BONORA, Il palazzo Durazzo Bombrini in Cornigliano, un'architettura francese a Genova, Genova 1991, pp 11-12, in cui si riportano tra l'altro le intestazioni dei disegni, ora dispersi, eseguiti da Decotte per il progetto. Questo libro costituisce di per sé un intelligente e completo inquadramento sulla fabbrica e in esso si trova la dettagliata segnalazione della ricchezza delle filze consultate. A pp 68ss si trovano descrizioni dell'inizio del cantiere. 8 F. BONORA , Il palazzo Durazzo… cit., p. 17. 9 Ivi. 10 Ivi, p. 18, l'architetto stava ristrutturando anche il loro palazzo di città, e pp 136-8. I documenti scritti: i due palazzi p. 6 figlio Marcello, Clelia sua moglie, a cui si attribuisce un grande peso nella decisione e conduzione del progetto, la signora Manin insieme al marito Giacomo, nipote, Gio Luca, Giuseppe (Giuseppino), e Ippolito suoi fratelli.11 Altri membri della numerosa famiglia non sono citati nei conti qui esaminati. È molto sovente menzionato, invece, il reverendo Angelo Aronio, che era incaricato di sovraintendere alla contabilità della fabbrica e che aveva una sua stanza, forse un mini-appartamento, nel complesso. L'altra figura di rilievo del cantiere è Andrea Orsolino,12 il capo d'opera, colui che paga tutti coloro che lavorano nel cantiere, ma soprattutto che sovraintende alla costruzione, nel suo svolgersi quotidiano, il progettista, monsieur Decotte, sembra avere un ruolo più distaccato, anche se lo troviamo alle prese con la scala nel 1754: 1754@ 24 maggio Conto di un compasso di ferro Per un compasso di ferro di palmi 2 e che serve anche per squadra e deve servire a monsieur Decotte per la scala £ 23.12 È già stato chiarito che lo scalone a sbalzo, del tutto nuovo per l'architettura genovese, è stato concepito da Decotte, mentre quello, posteriore e molto famoso, realizzato da Tagliafichi nel palazzo di città non ne costituisce l'esempio, semmai la conseguenza; 13 con la lettura di questo documento l'ipotesi si rafforza ulteriormente. L'ingegnere francese viene pagato per la sua opera pochi giorni dopo: 1754 a 12 giugno Ricognizione a monsieur Decotte zecchini 100 di Firenze a £ 13.10 £ 1350 A lui, come agli estimatori, vengono inoltre pagati i pranzi, a questi ultimi vengono serviti pane, vino del Monferrato, zuppa di piccioni, vianda grassa e magra, bollito di vitella, bollito di pesce, zemino di seppia, arrosto di vitella, pesci fritti, frutta e insalata, biscotti e formaggio; il fatto che, come sembra, abbiano mangiato tutto ciò in unico pasto, sembra confermato dal conto del disnare di Decotte, in compagnia dell'abate 11 Ivi, pp 26-28., Cfr anche al capitolo su Genova nel Settecento. In F. BONORA, Il palazzo Durazzo… cit., a p. 66, si osserva come l'importante progetto per l'ospedale di Pammatone, a lui affidato dal 1758, non risenta per niente del gusto francese con cui aveva fino ad allora avuto a che fare. In E. DE NEGRI, Il sestiere di Portoria: la fisionomia architettonica e gli interventi dell'Ospedale di Pammatone e del Seminario, si riscontra che il suo nome compare, oltre che in altri cantieri Durazzo, anche nell'ampliamento del palazzo Pallavicini in via Lomellini, nel 1758. Risulta un Andrea Orsolino, abitante in vico dei Molini, console dei muratori milanesi nel 1740 ed impegnato nella prevenzione incendi per la sua zona già dal 1734, per cui al momento del nostro cantiere doveva già avere una certa età ed una sicura esperienza. Cfr A. DECRI, La presenza degli Antelami nei documenti genovesi, in Atti del convegno "Magistri d'Europa. Eventi, relazioni, strutture della migrazione di artisti costruttori dai laghi lombardi", Como 1998. 13 F. BONORA , Il palazzo Durazzo… cit., pp 153ss. 12 I documenti scritti: i due palazzi p. 7 don Angelo, in cui si elencano tredici pasti, consumati tra il 3 e il 24 marzo 1755, tra i piatti possiamo segnalare delle semplici ove nel piatto, minestre di broccoli, zuppa di piselli, ma anche merluzzo fritto, bianchetti, nasello bollito, aragosta, razza, zuppa de budegho. Evidentemente l'interesse per questi conti non è soltanto anedottico, ma si rivelano utili per testimoniare una presenza costante di Decotte nel cantiere, nel corso di quel mese. Si segnala inoltre che, ai fini di una ricerca di tipo attributivo oppure più in generale sulle maestranze operanti in un siffatto cantiere, possono rivestire grande interesse le lunghe liste dei lavoranti, che qui si è scelto solo di accennare, nel tentativo di far fronte alla persino eccessiva quantità di documenti da analizzare. Fra i nomi più noti - dei pittori parleremo nel capitolo sui colori - si segnalano lo stuccatore Pietro Cantone, che nel 1766 viene pagato per due modiglioni ne canti dun salotto nel palazzo di Cornigliano conpreso due chiappe lavorate del scopelino per li sudetti modiglioni et due vasi alla Marina £ 28 deduzione £ 8 £ 20 un Pietro Cantone lavora al forte di S. Tecla con Decotte tra il 1747 e il 1774 ed è padre di Simone.14 Le filze di conti esaminate, pur non essendo l'unica fonte documentaria che riguarda la fabbrica, 15 è la più dettagliata ed estesa nell'indicazione di materiali, manufatti e manifatture che concorrono all'esecuzione. Vi sono infine da segnalare, per il particolare interesse, i moltissimi conti per il giardino,16 che potrebbero proficuamente essere analizzati per la comprensione della situazione dello stesso al momento della sua realizzazione, mentre, trattandosi di materia viva, risulta molto difficile farlo a posteriori. 14 L. ALFONSO, Tomaso Orsolino e altri artisti di "Natione Lombarda" a Genova e in Liguria dal sec. XIV al XIX, Genova 1985, p. 251. 15 La varietà di fonti è ben descritta nella scheda "L'archivio di cantiere" in F. BONORA , Il palazzo Durazzo… cit., p. 85. 16 Cfr F. BONORA, Il palazzo Durazzo… cit.. I documenti materiali p. 1 3. I documenti materiali Il palazzo Balbi Durazzo Reale Su uno dei principali monumenti della città esiste già una copiosa letteratura, ma, forse a causa di un tipico paradosso storiografico, per la sua fase settecentesca mancano del tutto fonti documentarie. Non si dispera di rintracciare l'archivio della famiglia, ma finora ogni ricerca è rimasta senza esito. Tuttavia, osservando il manufatto, non mancano tracce materiali del periodo ed è di queste che si occupa questa parte del lavoro. Per quanto riguarda l'apporto dei documenti scritti si è ritenuto di tentare un procedimento a ritroso, individuando gli interventi effettuati a partire dagli anni in corso e fino a tutto il periodo sabaudo; (tutto ciò che si è potuto rintracciare è stato inserito nella descrizione dei vari vani) le vicende della fondazione del palazzo, alla metà del XVII secolo, sono già note, eliminando perciò dai dati materiali tutto quello che si può attribuire a fasi precedenti o posteriori, almeno in alcuni casi fortunati dovrebbero emergere, per contrasto, le ombre del XVIII secolo. Si ritiene opportuno fornire qui soltanto un rapido schema delle principali vicende del palazzo, rimandando alla bibliografia per ogni approfondimento storico-artistico.1 Cronologia: 1621 - sul lotto opere di fondazione del primo edificio dei Gesuiti (poi costruito di fronte) 1643 - progetto di costruzione nucleo centrale, committente Stefano Balbi 1650 - progetto di costruzione ala ovest, committente Gio Battista Balbi 1677 - vendita da Francesco Balbi a Cristoforo Centurione (a nome di Marcantonio Grillo) 1679-1823 periodo Durazzo 1682-1689 ampliamento da parte di Eugenio Durazzo: ala est 1707 - un compromesso per questioni di eredità dice che Gerolamo può "terminare a sue spese la fabbrica del cortile e portone del palazzo, di raggiustare l'appartamento superiore e il teatro, di gettare a terra, e rifabbricare le case di Pré come più gli piacerà" ivi sono citate anche una galleria nuova e una vecchia. 1709 - eredita la sua parte anche il cugino Gio Luca (madre Balbi) 1740 - muore Parodi: finisce un periodo di lavori? 1 In particolare al recente e completo L. LEONCINI (a cura di) Palazzo Reale di Genova. Studi e restauri 1993-94, Genova 1997, ed alla sua bibliografia. A pp 45ss vi sono narrate le vicende qui riassunte. I documenti materiali p. 2 1747 - la proprietà si riunifica con Marcellino e Manin (cugini) 1767-1769 dogato di Marcellino: trasformazioni? 1791- eredita Gerolamo 1824 - fase Savoia 1840circa - sala delle udienze, camera e bagno del re 1860-1919 - abbandono e declino 1919-1946 - cessione allo Stato italiano, fondazione del museo, insediamento di uffici fra cui la Reale Soprintendenza ai Monumenti della Liguria 1950 trasformazioni del secondo piano nobile da appartemento a museo Lo studio si è limitato alle osservazioni possibili sul secondo piano nobile per alcuni motivi: prima di tutto per la funzione attuale di tale piano, che diventa una particolarità dell'esperienza svolta laddove ogni oggetto fa parte d'un museo; poi per la vastità dell'edificio nei confronti dell'approfondimento reputato necessario per il corretto progredire della ricerca. Il piano è però già di per se molto significativo perché in esso vi sono rappresentate tutte le fasi della storia dell'intero palazzo e sono in un certo senso messe in mostra, mentre altrove esigenze diverse hanno occultato, se non cancellato molte informazioni… Si è proceduto, in prima fase, ad una sistematica osservazione degli elementi presenti in ogni vano, osservando da subito come i più ricchi di informazioni, anche a fronte del fatto che sono oggetti poco studiati, siano i serramenti. Si è così costituita la lista delle cose che sembrano significative: in un primo momento è sembrato opportuno descrivere e fotografare, segnalando ogni dissomiglianza da elementi apparentemente simili; non si può sapere a priori infatti quale misura o forma o materiale possa contenere un'informazione cronologicamente significativa. Si è così costituito un abaco contenente tutti i diversi generi di elementi individuati: Cornici di porte, Ante di porte, Cardini di porte, Parpaglioni, Paletti e serrature, Profilo dei listelli delle ante a vetri e anta degli scuri, Cardini di finestre, Paletti e mazzacavalli, Parpaglioni, Serrature, Naselli delle spagnolette, Mastietti (degli scuri), Anelli del tondino. Non si è ritenuto di poter procedere anche ad osservazioni su alcuni dati quali le persiane, la forma delle battute delle finestre, i vetri e le doppie finestre per non aprire le stesse e causare problemi al museo. I documenti materiali p. 3 Le persiane potrebbero costituire comunque un buon tema di ricerca a sé, non essendo ancora chiaro il periodo della loro introduzione ma si ritiene che sarebbe più proficuo un lavoro su più edifici, per allargare la casistica in modo più significativo. In secondo luogo si è provveduto a localizzare i dati in modo da poterli agevolmente mettere a confronto tra di loro e con la storia del palazzo, si è così costituita una sorta di descrizione, vano per vano, dell'intero piano in cui sono state inserite le notizie e i documenti d'archivio rintracciati mediant eun'apposita ricerca nell'archivio della Soprintendenza. Le informazioni così raccolte e ordinate sono state studiate in modo da poter aggiungere alla descrizione di ogni sala una nota che contiene le osservazioni possibili sulla base di questi dati. Per i dati di porte e finestre si sono quindi redatte due tabelle, per poterli rendere più maneggevoli e confrontabili, affiancandovi una prima datazione proposta, che costituisce un primo risultato di tutta questa operazione. Descrizione secondo piano nobile palazzo Balbi Durazzo Realep . 1 Descrizione secondo piano nobile palazzo Balbi Durazzo Reale Riferimenti: guida: LUCA LEONCINI, Galleria di Palazzo Reale, Genova 1996 (Guide ai musei di Genova), Documenti dall'Archivio Storico della Soprintendenza ai Beni Architettonici e Ambientali della Liguria, Fondo Real Casa: i testi qui riportati sono liberamente estratti dai lunghi elenchi originali inventario 1816 - Relazione e estimo premetto che nel prezzo del palazzo infraspiegato sono compresi tutti gl'infissi che ne fanno parte, come sarebbero tutte le balaustrate di marmo e soglie delle finestre e delle terrazze, i tubi di piombo, e di rame internati ne' muri, e le vasche di marmo, di pietra e di cotto, che ricevono l'acqua dai tubi sudetti, i canali delle gronde, ogni sorta di lastrico, e di battuto, ancorché di lusso, gli ornamentii ed intagli in plastica dipinti e dorati, intagliati sui muri, e sulle voltz, tutte le pitture indistintamente formate sulla superficie dei muri, gli stipiti delle porte e finestre in marmi, ed in lavagna, oppure di cotto, gli ornamenti in mamri di camini, e generalmente tutto ciò che resta specialmente indicato… inventario 1823 - Nota dei quadri, pitture, sculture ed oggetti d'arte esistenti nel Palazzo proprio del signor Marchese Marcello Durazzo Gentiluomo di Camera di S. M. posto lungo la strada Balbi in Genova inventario 1830 - Inventario del Real Palazzo di Genova inventario 1844 - (Inventario del Real Palazzo di Genova) nb: in questo periodo il re studiava nella camera d'angolo e usava il bagno dietro a camera sua inventario 1854 - (Inventario del Real Palazzo di Genova) inventario 1877 - (cfr l'originale a Torino) inventario 1925 - si limita alla galleria, in questo anno infatti viene istituto il museo. inventario 1933 inventario 1950 - redatto da Ceschi, si limita agli arredi mobili, di cui peraltro molti verranno depennati dopo il 1968 perché "non artistici". inventario 1981 - redatto da Ciliento pratiche recenti - notizie di restauri Abbreviazioni: Le porte e le finestre sono nominate con un P o una F e un numero come da figura seguente; gli elementi che le compongono hanno una sigla che corrisponde all'abaco degli elementi in questo modo: PORTE Cornici delle porte M Ante delle porte AP Cardini di porte CP Parpaglioni PP Paletti e serrature SP FINESTRE Profilo dei listelli delle ante a vetri e anta degli scuri AV Cardini di finestre CF Paletti e mazzacavalli PF Parpaglioni PpF Serrature SF Descrizione secondo piano nobile palazzo Balbi Durazzo Realep . 2 Naselli delle spagnolette SN Mastietti (degli scuri) SM Anelli del tondino AT Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale M 1 marmo bianco e grigio della zona di Carrara architrave con giunto orizzontale e profilo scolpito immagini di rilievo p 30 e foto p60 M 2 legno, dipinto a imitazione di marmo, presente nel bagno della regina immagini di p27 M 3 legno dorato, sala del trono immagini di p.1 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale M 4 legno immagini di p24 M 5 legno immagini di p65 M 6 marmo immagini di p48 p.2 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale M 7 legno dipinto bianco e oro; il motivo è raddoppiato di fronte, nell'imbotte è ripreso il decoro immagini di p32 M 8 marmo, con doratura di alcuni profili tipica della sala daballo immagini di AP 1 sistema della riduzione della luce con anta unica apribile in pannello più grande fissato alla cornice mediante parpaglioni, di spessore cm 3,5±4, rivestito di stoffa immagini di p43, retro di p 37 p.3 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale M 9 stucco immagini di p17 e p18 AP 2 salotto aurora, sopra pannelli grandi, sotto pannelli piccoli immagini di P9 AP 3 sopra pannello grende, sotto pannelli piccoli immagini di P1 p.4 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale AP 4 cinque pannelli, decorazione oro su fondo bianco, la parte interna (che aperta resta nello spessore del muro verso di esso) (cm 110 da vano a vano, in questo stanzino c'è una parete con distacco di profilo di apertura) presenta la stessa pannellatura con le stesse cornici ma senza decori applicati e con un colore meno chiaro e brillante immagini di P32 e P33, spessore max cm 4; AP 5 pannello a muro, con listello intermedio, dipinto o tappezzato come le pareti immagini di P50 e P20 AP 6 P15 e P14, rispetto agli ap9: hanno entrambe una decorazione più semplice di cornici dorate anche verso l'interno per presentare un bel verso quando aperte immagini di P15 p.5 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale AP 9 su una superficie piana sono applicate cornici intagliate di varia forma, il retro varia, ma in alcuni casi non è visibile immagini di P1 e P61 AP 10 a muro, coperta di tela ? dipinta come le pareti cfr anche 57,58 (con retro diverso),71, può essere unica, o a doppia anta immagini di P45 e P11 AP 11 un retro possibile di una AP10, con tre traverse orizzontali da parte a parte e due montanti sottili, cornicetta nella parte alta immagini di P58 p.6 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale AP 12 pannello superiore con vetro opaco con aquila immagini di AP p24 13 l!anta in alto ha sagoma curva immagini di p65 AP 13retro il pannello sagomato si presenta in rilevo, applicato sul retro, mentre la porta ha struttura indipendente da esso immagini di p65 p.7 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale AP 14 pannelli a specchio immagini di p59 AP 15 immagini di p21 AP 16 faccia interna delle porte del salone da ballo; esiste il dubbio se sono fatte apposta per il salone o se ricavate da precedenti, magari con semplice dipintura immagini di porte sala da ballo p.8 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale M 10 stucco immagini di rilevo di p46 e foto f58 (imita porta) M 11 immagini di p25 e p22 CP 1 in un sistema di uscio a sdrucciolo, cardine inferiore piegato a collo d'oca, con bandelle sagomate a cinque viti immagini di p31 p.9 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale CP 2 in un sistema di uscio a sdrucciolo, cardine superiore a spina sagomata, con bandelle trapezie a quattro viti tonde e un occhio per parte immagini di p30 CP 3 in un sistema di uscio a sdrucciolo, cardine inferiore piegato a collo d'oca con spina sagomata sopra immagini di P36 CP 4 in un sistema di uscio a sdrucciolo, cardine superiore a spina sagomata sotto e sopra immagini di P36 p . 10 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale CP 5 a spina sagomata con due anelli, molto sottile immagini di P24 CP 6 a bilico in alto e in basso (la battuta è tonda e l'effetto è quello di nasconderli a porta aperta) con tre elementi tondi oggi non in opera (ne resta uno nascosto nell'apposito vano ricavato nello spigolo del muro e adiacente al retro della cornice) immagini di P32 CP 7 immagini di P20 p . 11 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale CP 8 bandella lunga con occhio e arpione a muro (con interposta rondella) lavorazione superficiale (nascosta): immagini di p1 CP 9 pivots (cfr anche P71) immagini di P58 CP 10 pivots come P52, P53, P44, P54, P55, P56 immagini di p44 p . 12 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale CP 11 inferiore di sistema a sdrucciolo immagini di p21 chiuso, p19 aperto PP 1 lobato immagini di P31 PP 2 rettangolare immagini di P31 e P30 p . 13 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale PP 3 triangolare immagini di p30 SP 1 scatola di ottone a cricca, mandata e piccola sicurezza; con coperchio (o solo mostrina?) sagomato a { e maniglia ovale allungata e toppa da una parte; e maniglia, toppa, sicura quattro viti e meccanismo coperto dall'interno e 11 in cui la bocchetta cava fissata con due viti; le viti sono tutte a testa tonda in rilievo. immagini di p30 SP 1bis Dotata di una chiave solo interna con stanghetta a sez quadrata e una sicura azionata da un meccanismo sottostante la serratura. immagini di p31 p . 14 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SP 2 entro lo spessore, con cricca e mandata, maniglie assai elaborate immagini di p34 SP 3 maniglia di legno, meccanismo in piccola scatola, catenella immagini di p24 SP 4 piccola mandata di sicurezza immagini di p24 p . 15 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SP 5 maniglietta a doppio collo di cigno e toppa laterale immagini di p32 SP 6 paletti a scomparsa nello spessore del serramento in alto e in basso dell'anta che si chiude prima; cfr anche p65 immagini di P32 SP 7 scatola applicata, fermata da cinque viti a testa tonda, con scudetto copriforo immagini di p20 p . 16 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SP 8 SP8a e SP8b scatola inserita nello spessore del serramento e dipinta, in P15 presenta due maniglie diverse; anche in P65, ma la maniglia diversa e! ancora diversa; pomo (d'ottone?) lavorato a guisa di foglia accarticciata (pellaccia?) e toppa analoga cfr P52, P53, P44, P54, P55, P56 immagini di p15 SP 9 cricca ad anello sagomato immagini di p66 SP 10 piccolo paletto di sezione piatta e mostrina sagomata immagini di p66 p . 17 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SP 11 pomo d'ottone ovato che aziona la cricca immagini di p 11 SP 12 cfr p9 pomo d'ottone tondo e chiave separata immagini di SP 15 scatola applicata che funziona con la sola chiave cfr P58 e P71 immagini di P58 p . 18 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SP 16 ingegno d'apertura dalla scala: internamente si agisce su n acricca più alta di quella esterna, ma un ferro le collega e le aziona entrambe immagini di p18 SP 17 maniglia con rosone immagini di p27 SP 18 piccola maniglia lavorata immagini di P62 p . 19 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SP 19 tipica della sala da ballo, presenta analogie con SP1, ma qui è contenuta nello spessore del legno e vi è aggiunta una serratura da chiave con piccola toppa separata (con scatola diversa) immagini di p44 SP 20 immagini di P41 SP 21 mazzacavallo con terragnina immagini di P41 p . 20 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale CP 12 bandella con allargamento finale immagini di P41 1 PORTE Cornici delle porte M Ante delle porte AP Cardini di porte CP Parpaglioni PP Paletti e serrature SP immagini di 2 FINESTRE Profilo dei listelli delle ante a vetri e anta degli scuri AV Cardini di finestre CF - Paletti e mazzacavalli PF Parpaglioni PpF - Serrature SF- Naselli delle spagnolette SN Mastietti (degli scuri) SM Anelli del tondino AT immagini di p . 21 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale AV 1 profilo tondo giunzioni a filo immagini di rilievo F16 AV 2 profilo tondo con giunzione lunga nel bagno del re sul serramento esterno immagini di f73 AV 3 profilo dello specchio basso (nel caso di portafinestra) di legno a pannello a rilievo centrale immagini di rilievo sala del trono, foto f18 p . 22 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale AV 4 sezione e battuta dello scuro immagini di scuro f60 CF 1 arpione semplice e bandella trapezia a tre viti, il vano di alloggiamento nel telaio fisso è più ampio verso l'alto, per consentire lo smontaggio immagini di F16 CF 2 con doppia pigna, tre anelli, bandella verticale; potrebbe essere quella denominata dai documenti francese”? immagini di f18 e f 74 “alla p . 23 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale CF 3 bandella trapezia a quattro viti, immorsamento con tre anelli di cui due esterni sulla parte che va sull'anta e uno sul telaio, fissati da una spina (con pigna) immagini di scuri F18 CF 4 sopra e sotto pivots immagini di rilievo f1 CF 6 inferiore e superiore a pivot, centrale a spina immagini di f23 p . 24 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale CF 7 bandella trapezia a quattro viti immorsamento con tre anelli di cui due esterni sulla parte che va sull'anta e uno sul telaio, fissati da una spina (con pigna) si distingue da CF3 per la posizione delle viti immagini di scuri F24 CF 8 bandella inferiore e superiore a L con sagoma finale e bandella intermedia verticale con stessa sagoma, cinque viti a testa tonda, tre anelli, spina rozzamente sagomata. immagini di f14 cf8a (centrale) f13 cf8b (inferiore) CF 9 molto simili a CF1 ma con quattro viti immagini di scuri F14 p . 25 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale CF 10 bandella lunga, con snodo, con termine sagomato, incisioni immagini di scuri F48 CF 11 (molto simile a cf2): alla francese?? con al posto della doppia pigna lavorazione a balaustro superiore e inferiore, tre anelli, bandella verticale ?? immagini di f48 CF 12 immagini di F63 p . 26 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale CF 13 immagini di scuro f60 AV 5 molto somigliante ad AV3 ma non identico, presente nella sala da ballo; la figura sopra si riferisce al profilo del pannello inferiore, quella sotto alle traverse. immagini di f71 CF 16 come CF11 ma più semplice, in basso e in alto pivots immagini di p . 27 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale CF 17 scuri sala da ballo immagini di PF 1 cfr scuri di F14, il tondino ha sezione rettangolare, maniglia rotonda, parte piatta sagomata (un po' come CF8) simili a pf8 immagini di p37 PF 2 posizionato in basso immagini di scuri F48 p . 28 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale PF 3 mazzacavalli con terragnina immagini di scuri F48 PF 5 mazzacavalli con terragnina di fil di ferro e anello a balaustro immagini di f63 PF 6 paletti inferiori immagini di scuri f63 p . 29 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale PF 7 annegati, presenti, in questo caso, solo da una parte (perchè sono tenuti dalla battuta ad incastro) immagini di scuri F60 PF 8 ferro a sezione quadra, scontro sagomato simili a pf1 immagini di f65 PpF 1 immagini di f16 p . 30 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SF 1 spagnoletta con anelli a forma ovata e maniglia cava a lira con pomo d'ottone bagno del re immagini di f16 SF 2 presente in scuro F25 e F24 immagini di scuro F24 e rilievo di F63 SF 3 spagnoletta con pomo piatto d'ottone con sagome, parte piatta piena; anelli del tondino a filo con esso e a sezione ovale Nel caso dello scuro, per risolvere l'aggancio a terra che risulta impossibile, il tondino non arriva a terra ma possiede una piattina per far forza sull'anta opposta immagini di scuro di f18, f18 p . 31 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SF 4 salotto aurora immagini di rilievo f1 SF 6 scuri del bagno della regina: anello a filo su entrambe le ante; quando sono aperti una cricca li fissa entro il telaio che incornicia il vano immagini di f15 SF 8 somiglia molto a SF1, ma variano alcuni piccoli particolari, specialmente le dimensioni dei riccioli che qui sono più aggraziate immagini di f14 p . 32 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SN 1 sala udienze e stanzedel re immagini di f18 SN 2 vedi scuro f18 immagini di SN 3 salotto aurora immagini di F1 p . 33 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SN 4 sala del trono A immagini di f25 SN 7 sala del trono B nelle stanze del duca ha leggere differenze di decorazione immagini di SN F24 8 immagini di F63 p . 34 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SM 1 a braccio lungo e trapezoidale immagini di scuri f 18 SM 2 scuro F6 immagini di SM 3 immagini di scuro F63 e f64 p . 35 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SM 4 scuro F60 immagini di AT 1 sagomati in modo da non sporgere dal profilo del tondino ai bordi e poi si allargano come a balaustrino semplice immagini di F18 AT 2 sagomati in modo da sporgere dal profilo del tondino ai bordi e hanno profilo a balustrino doppio con toro centrale. Simili a quelli raffigurati nell!Enciclopedie. immagini di F23 p . 36 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale AT 3 sagomati in modo da non sporgere dal profilo del tondino ai bordi e hanno profilo ovato immagini di f14 SF 9 immagini di f48 (restauro recente) e finestra dipinta AP 17 un retro possibile di ap9, con cornice interna e pannello interno entrambi in rilievo immagini di p18 p . 37 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SF 5 sala del trono, combinato con diversi naselli immagini di f25 CP 13 sec XX, resta da trovare traccia dell!intervento immagini di P64 AP 18 pannelli a specchio solo superiori immagini di p23 p . 38 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale AP 18retro immagini di p23 PF 18retro immagini di f74 PF 10 immagini di f72 p . 39 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SF 10 anello per tirare immagini di f72 e f 73 PF 11 immagini di f73 PF 12 ferro a sezione semicircolare, in basso (o in alto) rettangolare, che scorre in bocchette avvitate immagini di f71 e scuri p . 40 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SF 11 piccolo ferro morto interno, con placca a filo del montante immagini di f71 SP 23 scatola con maniglia interna immagini di p45 CP 14 evidente sostituzione di una cp12 con questa bandella verticale immagini di P45 p . 41 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SP 24 paletto tondo con finitura a riccio per l!impugnatura immagini di p45 SP 25 immagini di p45 AP 22 fronte: tavolato liscio dipinto e retro senza cornicette e con montanti continui immagini di P45 p . 42 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SF 13 immagini di scuri della sala da ballo PF 13 immagini di scuri sala da ballo SP 14 pomo d!ottone (?) con stemma Savoia immagini di p . 43 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale SF 12 immagini di finestre atrio CP 15 a sdrucciolo, più piccoli e semplici di quelli delle stanze del re immagini di P 27 AP 19 versione di ap9 con la parte superiore dell!anta a sagoma curva P63, P64, P65, P67 immagini di P65 p . 44 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale AV 6 a quattro pannelli incorsati immagini di scuro f63 AV 7 fissato sull!anta a vetro immagini di scuri sala da ballo AV 12 tre riquadri con il retro a filo e battuta bf2 immagini di scuri F15 e F14 p . 45 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale AV 9 a sette pannelli incorsati immagini di f23 AV 10 a riquadri applicati, retro piano immagini di f 48 AV 11 A quattro riquadri applicati su ogni parte, con anta inginocchiata e battuta tonda interna, a quarto di cerchio in mezzo. Retro liscio immagini di f 17 p . 46 Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale M 12 parte integrante del serramento immagini di p19 e p21 SN 6 immagini di f14 p . 47 porte p1 p1 p2 p2 p3 p4 p5 p6 p6 p7 p8 p9 p10 p11 p12 p13 p13 p14 cornice ante cardini serrature paletti m1 m8 m1 m1 m1 affresco m1 m1 ap9 ap3 ap9 ap16 ap3 ap1 nuove nuove nuove ap1 cp8 sp1 cp8 sp1 sp19 sp6 sostituiti? sp6 m1 ap2 ap10 ap11 assente cp9 bandella ing cp7 sp12 pf1 (retro) toppa sp11 e toppa ap1 ap6 cp3 e cp4 cp10 sp2 sp8a e b m1 affresco m3 m1 cp10 nuova no no datazione proposta XVII-XIX XVII-XVIII XVII-XIX XIX XVII-XVIII XIX XX XX XX XX XIX-XX XVII ? XX XVII-XIX XIX XVIII p15 p16 p17 p18 P19 p20 P21 p22 p23 p24 p25 p25 p26 p27 porte p28 p29 p30 p31 m1 ap6 assente ap9 ap9 ap15 ap5 ap15 assente ap18 ap12 cp10 cp10 cp5 sp19 sp3 e sp4 ap18 ap10 ap1 cp10 sp19 m2 cp15 sp17 no cornice ante cardini serrature paletti XVIII XIX XVIII ?? datazione proposta m1 m1 assente assente ap1 ap1 cp1 e cp2 cp1 e cp2 sp1 sp1 no no XIX XIX m9 m9 m12 m12 m11 m11 m4 m1 m11 cp10 cp10 cp11 cp7 cp11 sp8a e b no XVIII sp16 no no XVIII XVIII XIX? XIX? XIX? solo segni XVIII XX sp7 p32 p33 p33 p34 p35 p36 p36 p37 p37 p38 p39 p40 p41 p41 p42 p43 p44 p44 p45 p46 p47 m7 m7 m3 m3 m3 m3 m1 m3 m8 m3 m8 m8 m8 m8 m8 m8 affreschi m1 m10 ap4 ap4 ap1 ap1 ap1 ap1 assente ap1 ap16 ap1 ap16 ap16 ap16 ap22 ap16 ap16 ap16 ap9 ap10 assenti ap14 cp6 cp6 cp3 e cp4 cp3 e cp4 cp3 e cp4 cp3 e cp4 resta arpione cp3 e cp4 cp10 cp3 e cp4 cp10 cp10 cp10 cp12 cp10 cp10 cp10 sp5 sp5 sp2 sp2 sp2 sp2 sp2 assente sp2 murata sp19 sp19 sp20 sp19 sp19 sp19 cp14 sp23 resta arpione cp10 sp9 e sp1 sp6 sp6 no no no no restano fori no no sp6 sp6 sp21 sp6 sp6 sp6 sp24 e sp25 segni fori sp6 XIX XIX XIX XIX XIX XIX XVII-XVIII XIX XIX XIX XIX XIX XIX XVII-XVIII XIX XIX XIX XVII ? XIX XVII-XVIII XVII-XVIII Profilo dei listelli delle ante a vetri e anta degliCardini scuri di finestre CF - Paletti e mazzacavalli PF Serrature SF - Naselli delle spagnolette SN Mastietti (degli scuri) SMAnelli del tondino AT finestre bf1 bf2 scuri ante f1 f2 f4 f5 f6 f7 f8 f9 f10 f11 f12 f13 f14 f15 f16 f17 f18 f19 f20 f21 f22 .2 è ord. secondaria .piv son pivots cardini av2.2 cf4.piv uscita di sicurezza av2.2 cf8a.piv av2.2 cf8a.piv av2.1 csegni cf8a.piv av2.1 csegni cf8b.piv av2.1 csegni cf8b.piv av2.1 csegni cf8b.piv av2.1 csegni cf8b.piv ovale ovale av2.1 csegni cf8 av2.1 csegni cf8 uscita di sicurezza av1.1 cf1 av1.1 cf2 av1.1 cf2 av1.1 cf2 av1.1 cf2 av1.1 cf2 av1.1 cf2 serraggio sf4 e sn3 e at2 sf4 e sn3 e at2 sf4 e sn3 e at2 sf8 e sn6 e at2 sf8 e sn6 e at2 sf8 e sn6 e at2 sf8 e sn6 e at2 sf8 e sn6 e at2 sf8 e sn6 e at3 sf8 e sn6 e at3 sf1 sf3 e sn1 con at1 sf3 e sn1 con at1 sf3 e sn1 con at1 sf3 e sn1 con at1 sf3 e sn1 con at1 sf3 e sn1 con at1 datazione proposta ante cardini serraggio paletti XVII-XIX XX XVII-XIX XVII-XIX XVII-XIX XVII-XIX XVII-XIX XVII-XIX XVII-XIX XVII-XIX XVII-XIX XX XIX XIX XIX XIX XIX XIX XIX no no av12 e bf1 av12 e bf1 av12 e bf1, sm av12 e bf1 av12 e bf1 av12 e bf1 av12 e bf1 no no av12 e bf1 av12 e bf2 av12 e bf2 no av11 av11 no no no no arpione arpione cf9 cf9 cf9 cf9 cf9 cf9 cf9 no no no no no no no pf1 pf1 pf1 pf1 pf1 pf1 pf1 cf9 cf9 cf1 no no sf6 pf1 pf1 no cf3 e sm1 cf3 e sm1 sf3 corto e sn2 sf3 corto e sn2 no no f23 f24 f25 f26 f27 f28 f29 f30 f31 f32 finestre f33 f34 f35 f36 f37 f38 f39 f40 f41 f42 f43 f44 f45 f46 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 cf6 cf6 cf6 cf6 cf6 cf6 cf6 cf6 cf6 cf6 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn7 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn4 con at2 XVII-XVIII XVII-XVIII XVII-XVIII XVII-XVIII XVII-XVIII XVII-XVIII XVII-XVIII XVII-XVIII XVII-XVIII XVII-XVIII av9 av9 av9 no no no no no no no scuri cf7 cf7 cf7 sf2 con sn8 e at2 no sf2 con sn8 e at2 no sf2 con sn8 e at2 no ante cardini serraggio datazione proposta av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 av2.2 cf6 cf6 cf6 cf6 cf6 cf6 cf6 cf6 cf6 cf6 cf2 cf2 cf2 cf2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn7 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf5 e sn4 con at2 sf9 e sn7 con at1 sf9 e sn7 con at1 sf9 e sn7 con at1 sf9 e sn7 con at1 ante cardini serraggio XVII-XVIII XVIII XVIII XVIII XVIII XVIII XVIII-XIX XVIII XVIII XVIII XVIII-XIX XVIII-XIX XVIII-XIX XVIII-XIX no no no no no no no no no no no no no no paletti f47 f48 f49 f50 f51 f52 f53 f54 f55 f56 f57 f58 f59 f60 f61 f62 f63 f64 f65 f66 finestre f67 f68 f70 f71 av1.2 cf11 av1.2 cf11 av2.2 cf2 av2.2 cf2 av2.2 cf2 av2.2 cf2 av2.2 cf6 av2.2 cf6 av2.2 cf6 av2.2 cf6 av2.2 cf6 av2.2 cf6 av2.2 cf6 av2.2 cf6 av2.2 cf6 av2.2 cf6 av1.2 cf6 av1.2 cf6 uscita di sicurezza av2.2 cf6 sf9 e sn7 con at1 XIX sf9 e sn7 con at1 XIX sf9 e sn7 con at1 XVIII-XIX sf9 e sn7 con at1 XVIII-XIX sf9 e sn7 con at1 XVIII-XIX sf9 e sn7 con at1 XVIII-XIX sf5 e sn4 con at2 XVIII sf5 e sn4 con at2 XVIII sf5 e sn4 con at2 XVIII sf5 e sn8 (sn5 rotto) at2 XVIII-XIX sf5 e sn4 con at2 XVIII sf5 e sn4 con at2 XVIII sf5 e sn4 con at2 XVIII sf5 e sn8 con at2 XVIII sf5 e sn4 con at2 XVIII sf5 e sn4 con at2 XVIII sf2 e sn8 con at2 XIX-XX sf2 e sn8 con at2 XIX-XX XX sf5 e sn4 con at2 XVIII av10 av10 no no no no no no no no no imita una porta av4 av4 no no av6 av6 av6 av6 scuri cf10 cf10 ante cardini serraggio datazione proposta av5.2 av5.2 av5.2 av5.2 cf16.piv cf16.piv cf16.piv cf16.piv pf12 e sf11 pf12 e sf11 pf12 e sf11 pf12 e sf11 XIX-XX XIX-XX XIX-XX XIX-XX no no pf2 e pf3 pf2 e pf3 cf12 com sm3 no cf12 com sm3 no pf7 pf7 cf12 com sm3 pf5 cf15 com sm3 pf5 pf5 pf5 pf6 pf6 pf8 pf8 ante cardini serraggio paletti av7 av7 av7 av7 cf17 cf17 cf17 cf17 sf13 sf13 sf13 sf13 pf13 sup pf13 sup pf13 sup pf13 sup Annotazioni e cronologie possibili p. 1 Annotazioni Un'osservazione necessaria per procedere all'interpretazione dei dati raccolti nella descrizione è un chiarimento sui termini usati, nonché l'individuazione dei manufatti a cui si riferiscono. Una prima precisazione riguarda le porte: il termine porta di riferisce all'anta (o alle ante) di legno di un certo spessore, dipinte o no, pannellate o decorate e intagliate in vario modo. Le antiporta risultano quasi sempre rifasciate di stoffe preziose, come il damasco cremisi, la seta scarlatta, il lampasso a fondo cremesi e opera giallo-oro, con la possibilità di avere le due facce diverse, e sono spesso dotate di serratura di ottone. Esistono tuttavia antiporte a pannelli, o a pannelli e vetri o persino a panelli, e vetri con chiambrana, con un sovraporta pure a vetri. inventario 1854: sei antiporte con chiambrane intagliate e dorate di stile moderno, fasciate di velluto cremesi, cioé quattro rivestite da ambe le parti di detto velluto, una di terzanello cremesi e l'altra fissa al muro. La chiambrana citata a proposito della P23 potrebbe essere la parte superiore del telaio che include il sovraporta, come risulta anche da questa descrizione: una chiambrana di legno colorita a due tinte con sua porta unita e sportello alta m.i 2.85 sagomata e ferrata. Il termine doppiare sembra potersi riferire alla rifasciatura di stoffa, antiporta di servizio doppiate di drappo rosso ma anche ad un rivestimento ligneo, porta d'entrata in due parti a panelli doppiata d'abete. Le portiere (dette anche portine) sono invece assimilabili alle tende, quando sono apposte a porte invece che a finestre, due portiere e due rideaux di taffetà della china con ferri, i cui occhi spesso sono ancora in posto. Si trovano anche le tavolette, una sorta di mantovana?: Rideaux in taffetà giallo con tavole intagliate e dorate e ferri. Quattro tavolette per le porte idem con ferri con portiere in damasco giallo. Due tendine di damasco cremesi alla porta tavoletta, panta e ferri. In secondo luogo si nota come vengano identificati alcuni tipi diversi di ante: 1. porte a pannelli, di abete o di noce, cioé probabilmente con il legno a vista, che possono avere vetri o specchi inseriti - porta in due parti a panelli doppiata d'abete porta di noce in due parti idem con i pannelli superiori a vetri Annotazioni e cronologie possibili p. 2 - - porte di noce in due parti a pannelli alla cappuccina, con cornici intagliate e dorate nell'interno, che nell'esterno, una delle quali però con pannelli a specchi esternamente due porte di legno noce a due battenti, parte fodrinate id. con invetriate a piccoli vetri impiombati alte m.i 2.90 2. porte fodrinate, ovvero con pannelli incorsati: - tre porte di legno noce a due battenti fodrinate a pannelli dell'altezza di metri 2.90 con rispettiva ferramenta 3. porte a pannelli dipinti - porta con pannelli dipinti e profili dorati una porta ad un sol battente di legno dipinto da una parte con piccolo paesaggio rotondo e dall'altra colorito bigio, alta metri 2.60 con ferramenta 4. porte con cornici ed intagli dorati - porta in due parti con cornici uniformi al dirimpetto ed intagli dorati 5. porte finte - porta finta con pannelli uniformi in stucco dorato. porta in legno, ancorché finta, con intagli dorati e specchi 6. porte a filo del muro, spesso mimetizzate in esso - porta rasata quattro piccole porte ossia telari di legno con tela stirata sopra e suoi piccoli accricatori 7. porte a pannelli con cornici e intagli - - porta a panelli con cornici ed intagli dorati porta in due parti a pannelli, con intagli, e cornici dorate. porta a panelli, con chiambrana, il tutto con cornici e intagli dorati con soppraporta in pittura rappresentanti deità. altra porta in tutto simile però coi pannelli superiori a specchi. una porta in due battenti di legno colorita d'ambe le parti in bianco, corniciata con intagli barocchi da una parte ed indorata, munita della rispettiva ferramenta e maniglie d'ottone dell'altezza di di metri 2.60, tolta all'apertura di porta che dalla camera a letto di S. M. il Re mette al gabinetto a studio di S. M. la Regina nell'appartamento reale. una porta in due battenti di legno colorito bigio e verde corniciata barocca, alta m.i 2.70 con ferramenta 8. porte sagomate - una porta in una sol parte di legno colorito bianco sagomata alta m.i 1.90 (?) con ferramenta - una porta in due battenti di legno colorito bigio sagomata, alta m.i 2.50 con ferramenta 9. porte con inferriate o grate - una porta in una sol parte di legno colorita bigio con piccola inferriata e graticola al mezzo alta m.i 2.20 con ferramenta - una porta in due battenti di legno colorita bigio con graticella d'ottone alta m.i 2.60 con ferramenta Annotazioni e cronologie possibili p. 3 Un caso particolare è rappresentato dalle porte alla cappuccina, termine usato anche per le sedie: inventario 1816: n°4 sedie di noce intagliate assai belle ma alla capuccina con stoffa ordinaria di damasco cremesi di lusso a fiori bianchi e gialli con fondo celeste porte di noce in due parti a pannelli alla cappuccina, con cornici intagliate e dorate nell'interno, che nell'esterno, una delle quali però con pannelli a specchi esternamente Nell'inventario del 1844 sono citati addirittura dei locali all'ultimo piano denominati le Cappuccine, superiormente agli appartamenti reali al centro. Alla cappuccina vengono chiamati, nel 1882,1 degli scuri di pino di Fiandra mobili attorno all'intelaiatura delle finestre, oppure le intelaiature di porte eseguite con elementi di pietra di Lavagna, più economiche in confronto a quelle di quairone o a quelli di pilastrata, che costano quasi quattro volte tanto. Per le finestre le principali differenze riguardano la dimensione dei vetri, evidentemente collegata al numero di montanti verticali, abbiamo così finestre a lastrette, la maggioranza, o a lastre, oltre all'estensione in altezza: se arrivano fino a terra sono dette porte (o finestre) a poggiolo (o a balcone), se si fermano appoggiandosi ad una balaustra sono dette a balcone oppure solo finestre. L'atrio forma un caso particolare poiché in esso sono presenti i chiassili a lastre, che sono probabilmente da intendersi sinonimi di telai, forse fissi. Infatti vengono assimilati ai braghettoni: un braghettone in quattro pezzi con suo architrave corniciato colorito bigio quattordici simili detti chiambrane alti m.i 2.80 circa ma invece: tre telai con suoi chiassili a vetro in due battenti con lastre 8 di vetro caduno, alti m.i 1.60 con sua ferramenta Ve ne sono inoltre molti in magazzino, di diverse misure:2 due pezzi di chiassile con 5 vetri caduno, di m.i 2.20 con ferramenta due pezzi di chiassile a 27 vetri piccoli caduno, parte rotti, di m.i 2.00 con ferramenta 1 Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale per l'appalto della manutenzione ordinaria quinquennale degli stabili di proprietà o di uso del Municipio di Genova o per cui incombe al Municipio di Genova di sopportare o di anticipare in tutto od in parte la spesa, Genova Pagano 1882, p. 63. 2 Cfr anche l'inventario del magazzino riportato supra. Annotazioni e cronologie possibili p. 4 tre pezzi di chiassile a 12 vetri grandi caduno, parte rotti, di m.i 1.60 con ferramenta otto pezzi di chiassile a 4 vetri grandi caduno, parte rotti, di m.i 1.35 con ferramenta un chiassile ovale a 6 vetri, parte rotti, alti 0.85 cinque pezzi di chiassile di diverse misure fuori d'uso cinque grandi chiassili semicircolari di diverse grandezze, parte di esse con vetri dieci pezzi di chiassile di diverse grandezze con vetri a piombi fuori d'uso particolarmente interessante questa citazione di chiassili in cui i vetri sono ancora fissati con il piombo. Annotazioni e cronologie possibili p. 5 Cronologie possibili É possibile ora raggruppare le osservazioni svolte nelle note redatte durante la precedente Descrizione e osservare le ricorrenze che compaino nelle precedenti tabelle, in cui sono riportati gli elementi dell'abaco e i serramenti in cui compaiono. Bisogna innanzitutto fare alcune precisazioni di carattere generale: - Le datazioni proposte in tabella derivano innanzitutto dall'osservazione dei caratteri generali delle stanze e della loro storia, ma sono corroborate da alcuni elementi di datazione esterni (ad esempio dai dati derivanti dagli inventari) e dalla verifica delle coerenze o delle incoerenze contenute nei gruppi che vengono a formarsi, come vedremo. - Occorre comunque tenere presente che non esistono metodi di datazione del ferro e che gli elementi di questo materiale possono facilmente essere reimpiegati, perciò il presente tentativo di sistematizzazione va considerato come una prima proposta metodologica che avrà maggior valore all'aumentare dei dati raccolti. - I gruppi di porte e quelli di finestre non si possono correlare, perché le prime sono molto più coinvolte nell'arredo e nella decorazione delle pareti, mentre le seconde conservano sempre un atteggiamento più funzionale e, se possono sopravvivere ad un cambio di gusto, non lo fanno ad un'innovazione tecnica. - L'inventario del 1816 descrive la situazione a fine settecento, poiché non risulta probabile alcun intervento negli anni immediamente precedenti. - Esiste una questione tecnica sul sistema di inserimento delle bacchette che reggono i vetri nel telaio mobile delle finestre, la finitura AV2 può essere successiva al telaio stesso, mentre la AV1 può essere realizzata solo contemporaneamente ad esso. - La dimensione dei vetri e il loro sistema di montaggio ha significato cronologico, anche perché la maggior efficienza, in termini di peso e luminosità, può favorire l'innovazione e il cambio. Matteo Vinzoni, salotto a palazzo Durazzo, Genova 1725 Annotazioni e cronologie possibili p. 6 Proprio durante il settecento si assiste al passaggio tra la messa in opera con piombo e quella con legno e mastice, com visto nel capitolo sui serramenti, mentre si evidenzia come la dimensione dei vetri, nel periodo studiato, non superi la trentina di centimetri per lato, per cui si può escludere che ante senza divisione secondaria delle bacchette verticali siano state introdotte prima dell'ottocento. E proprio da questo cominciamo a svolgere delle deduzioni: I casi di av1 sono molto più rari e sono ubicati in tre zone: 1 - Stanze del re, in cui sono prevalenti interventi ottocenteschi; in cui presentano i vetri in lastre più grandi e un tipo di spagnolette esclusivo; 2 - Salotto del tempo, sono presenti in due finestre che hanno anche cardini esclusivi e spagnolette come quelle dei tre scuri della Sala del trono; 3 - Camerino del duca, dove i serramenti sono per ora un problema: le spagnolette sono esclusive delle tre Stanze del duca, i cardini sono solo in queste due finestre, gli scuri hanno ferri e struttura lignea che potrebbero anche essere del 1650;3 una logica conclusione sarebbe quella di interpretare questa situazione come il frutto di una combinazione di persistenze e di cambiamenti di parti dei serramenti stessi: il telaio e i cardini possono essere coevi tra loro e posteriori al resto, le spagnolette essere state reimpiegate oppure anch'esse coeve, gli scuri ASG, disegno di progetto dell'ala W preesistere. Peraltro le tre stanze hanno i serramenti uguali a quelli di una finestra dipinta che non risulta datata con certezza, e risultano in generale tre vani con molti interventi stratificati sulle pareti e sul pavimento, così da rendere molto probabile anche i cambiamenti nelle finestre. Un indizio da considerare è la presenza delle uniche porte con braghettone e ante curve nella parte 3 A giudicare dai primi risultati di una ricerca svolta sui documenti del Seicento. La cornice M5 è molto simile a quanto raffigurato in questa tavola dell'Encyclopédie Annotazioni e cronologie possibili p. 7 superiore: finiture simili sono in uso a Cornigliano e saranno usate a Genova ancora a lungo. Si può quindi avanzare una datazione per i serramenti della zona posteriore alla seocnda metà del XVIII secolo. Le ante AV2 sembrano percorrere tutto l'arco di tempo possibile, ma occorre porsi il seguente problema: è possibile che questo arco cominci con la metà del XVII secolo, cioè con la fondazione del palazzo, oppure si tratta di serramenti presenti soltanto dal XVIII secolo, cioè sicuramente esistenti nel 1816? I capitolati4 del 1643 e 1650 forniscono indicazioni sommarie riguardo alle finestre, limitandosi ad indicarne le misure, il legno, che dev'essere arze di nizza, i ferramenti, che vanno doppi, e la finitura inferiore e superiore (chiappe di lavagna sotto e sopra). Gli stessi documenti sono più espliciti invece per le porte: nel 1643 si parla solo di ante di abeto e si prevede la cornice di marmo solo alla porta di sala, anche nella parte ampliata nel 1650 le cornici sono di pilastrate di lavagna e le porte di arve di squere di Fiandra. Inoltre il primo inventario esaminato riporta la dicitura stipiti ed architrave di marmo soltanto nell'atrio e in sala; sembra perciò molto probabile che la maggior parte delle cornici di marmo (del tipo m1) siano posteriori al 1816, magari realizzate copiando quelle esistenti. Su di esse potrebbe essere utile un approfondimento. Tornando alle finestre notiamo altri gruppi a partire dalle spagnolette: SF1 è presente solo nella f 16 (bagno del re) che è in generale un caso a parte, ma si tratta anche di una finestra doppia, aggiunta dopo quella esterna; SF8 somiglia molto ad sf1 ed appartiene alle Stanze della regina, in combinazione con i cardini cf8 e con gli anelli a balaustro; SF4 ha una forma più coerente con gli anelli a balaustro, ne esistono solo tre: una resistenza in stanze meno frequentate? SF2 compare nei tre scuri della Sala del trono e in due finestre: f63 e 64 del Salotto del tempo: interventi ottocenteschi? 4 Cfr G. ROTONDI TERMINIELLO, Un restauro a palazzo reale gli affreschi dell'ala ovest, Genova, 1978. Annotazioni e cronologie possibili p. 8 SF3 ha un comportamento simile ma ancora più probabilmente ottocentesco, per il carattere dei vani dove si trova: le Stanze del re e la Sala delle udienze; ma ancora di più perché in esse le finestre hanno il serramento a vetri doppio, quello interno più recente, infatti ha un av1.1, è proprio quello che presenta la sf3, quello esterno invece ha la sf5 (con diversi naselli). SF5 è la spagnoletta più diffusa, molto simile a sf4, entrambe potrebbero perciò essere le più antiche (ovvero quelle settecentesche?), quelle che non sono mai state sostituite, anche perché sono ubicate nelle zone dove meno si fa sentire l'influenza Savoia. Presentano però diversi tipi di naselli (solitamente sn4 e sn3), che costituitendo la parte più debole del manufatto sono più facilmente cambiati. Questo fenomeno fronisce una preziosa informazione in una finestra della galleria: in essa si vede chiaramente che un sn4 è stato sostituito da un sn8 che risulta perciò sicuramente più tardo. Questo è di solito insieme a sf2, che perciò è più recente, come sopra ipotizzato ottocentesca. Anche sn7 compare talvolta con sf5 e potrebbe essere considerato per questo posteriore. Inoltre, poiché di solito è usato con sf9, anche questa serie di spagnolette può essere più recente, forse di un periodo intermedio tra la sf5 e la sf3. In tal caso le finestre delle Stanze del duca possono essere datate tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento. Per quanto riguarda i cardini si nota che in generale si accompagnano a determinate spagnolette, allargando perciò ad essi i ragionamenti suesposti si nota come i più antichi siano i cf8 con pivots o i cf6: potrebbero corrispondere a quelli chiamati nei documenti scritti con spina levaressa. Gli scuri sono presenti in ventisei casi e presentano diversi tipi di ante e ferri, per quasi tutti è difficile individuare il rapporto con il serramento a vetri, essendo spesso ferrati in modo diverso. Un allargamento dell'indagine sarebbe molto utile. Le porte presentano una casistica diversa, meno raggruppabile, ed è stato più proficuo lo studio approfondito su alcuni casi, che ha dimostrato la presenza di segni di almeno quattro secoli in un unico manufatto. La datazione si è svolta così sulla base dei caratteri generali della stanza e delle citazioni negli inventari, ma è poco verificata. Annotazioni e cronologie possibili p. 9 Comunque la presente schedatura costituisce una prima organizzazione di dati da cui proseguire il confronto. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.1 Decorazione dipinta delle ante delle porte Nell'ambito dello studio e del restauro dei beni artistici, al fine di acquisire la "dimensione della cultura materiale dell'arte",1 e di ottenere dei criteri interpretativi delle analisi dei vari strati che compongono le cosiddette pellicole pittoriche, già è stata prodotta una copiosa bibliografia, specialmente all'estero. Mentre, a quanto mi risulta e nell'ambito di una diffusione già di buon livello specialistico, non molto è stato studiato nel campo dei colori usati in architettura (su muri o su manufatti lignei); comunque, particolarmente per quanto riguarda i pigmenti,ci si può rivolgere a quanto prodotto per la pittura, constatando che, nei documenti reperiti, non sembra esservi differenza tra quelli usati in un campo o nell'altro. Qualche indicazione la si trova, in bibliografia, da chi ha studiato gli antichi ricettari in cui ci si occupa di legno, ma la maggior parte delle indicazioni riguardano la tintura del legno più corrente ad imitazione di quello più pregiato e solo molto raramente si incontrano suggerimenti per le pitture. Per rintracciare informazioni a livello locale occorre effettuare una ricerca nei fondi antichi delle biblioteche, alla caccia di altri ricettari, anche se quanto tentato finora non ha avuto esito. Le 'ricette', che oggi chiameremmo piuttosto voci di capitolato. vengono considerate infatti una fonte preziosa di informazioni sui procedimenti usati per la decorazione dei manufatti lignei d'uso, ma, ad un'attenta lettura, si rivelano, come spesso succede con le informazioni desumibili in generale da trattatistica e manualistica, o imprecise o troppo generiche e spesso confuse, semplicemente impraticabili. Ciò potrebbe essere spiegato osservando la specifica cultura del redattore: se si tratta di un erudito che raccoglie informazioni di ogni genere gli possono sfuggire dei passaggi fondamentali, non essendo 'pratico' dell'argomento, se si tratta di un 'pratico', nel senso di persona realmente capace di eseguire quei procedimenti, cioé in possesso di tutta la cultura materiale del campo potrebbe aver omesso dei passaggi considerati da lui evidenti. Dopotutto questa è la stessa constatazione che si può fare 1 Cfr S. BORDINI, Materia e immagine. Fonti sulle tecniche della pittura, Roma 1991 cit. in P. BENSI, Alcune considerazioni sulle fonti per la storia delle tecniche artistiche, in C. Arcolao 1998. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.2 sulla base di studi quantitativamente estesi su documenti costruttivi, che lasciano sottointese le regole del costruire che appartenevano alla pratica, per loro evidente, per noi non più.2 Una ricerca sugli autori e sulla loro formazione potrebbe fornire delle chiavi di lettura per questo genere di fonte. Oltre alla distrazione o alla disinformazione dell'autore, un'attenzione da porre in generale sul senso, a volte sulla mancanza di senso, di alcune prescrizioni tratte dai vari tipi di ricettari può essere quella di considerare come possibile un fenomeno di distacco progressivo dall'obbiettivo iniziale nel corso della selezione culturale. Si tratta di un meccanismo di deviazione che avviene, col passare del tempo, quando si perde di vista la ragione che aveva condotto al perfezionamento di un risultato: ad esempio si cercava di ottenere un colore non igroscopico ma coprente, si ottiene un ottimo risultato con una determinata formula che prevede un additivo, per determinate ragioni chimico-fisiche. Al mancare di quel preciso additivo, o per l'insorgere di nuove condizioni storico sociali o per allontamento geografico, si ritiene della formula solo l'apparenza e si trascrive come utile un additivo soltanto somigliante a quello adatto. Altre volte probabilmente si rinuncia al risultato ottimale. Dobbiamo allora considerare inutili queste ricette? Prima di poterlo fare si può tentare di indagarle con un procedimento diverso. Il punto di partenza è dato dall'osservazione che in generale esse descrivono una sequenza di operazioni apparentemente riscontrabile nei campioni esaminati per le porte di palazzo Reale nel corso del presente lavoro, per cui esiste una possibilità di verifica su una fonte materiale, sulla quale sono state fatte accurate analisi. In archeologia si ricorre in questi casi a due possibili vie metodologiche, l'etnoarcheolgia e l'archeologia sperimentale, nel primo caso si sfrutta la capacità pratica di chi, conoscendo il mestiere e i materiali che si stanno studiando, è in grado di valutare sulla base della sua esperienza - solitamente trasmissibile solo per apprendistato - elementi non coglibili dallo studioso;3 nel secondo si tenta di riprodurre concretamente quanto si sta ipotizzando per poterne constatare la validità. sia 2 Cfr introduzione. 3 Il problema derivato dal fatto che un restauratore non è propriamente un empirico a cui arrivata la conoscenza per apprendistato - come nel caso in cui si possa ricorrere a Decorazione dipinta delle ante delle porte p.3 In questo caso si è tentato di fare le due cose contemporaneamente: il primo passo infatti è stato l'affrontare la lettura critica delle ricette fin qui rintracciate, per poterle interpretare in modo che avessero una sequenza operativa praticabile, ciò al fine di riprodurle. Ciò è stato possibile con l'aiuto di persona esperta, ovvero in grado di cogliere dei riferimenti nella attuale pratica del campo. Per poter confrontare con le ricette i dati provenienti dai campioni prelevati dalle porte di Palazzo Reale, occorre invece effettuare una prova sperimentale, tentando la riproduzione di sequenze e materiali come quelli descritti nelle antiche ricette o da esse desumibili. Partendo quindi dalla certa conoscenza del numero di strati e del numero di diverse mani in uno stesso strato si può controllare come essi risultano al microscopio ottico e se possono essere messi a confronto con quello che si vede nei campioni delle porte. Inoltre, una nuova analisi di laboratorio, effettuata con strumenti in grado di esplorare il campione a maggiori ingrandimenti ed eventualmente di definirne gli elementi, può meglio specificare quanto già scoperto nell'analisi al microscopio ottico, sia per avere maggiori sicurezze sulla quantità di strati sia, sopratutto, per poter fare ipotesi sulla loro composizione, come vedremo. popolazioni ancora al livello culturale dell'epoca in esame - purtroppo non è risolvibile, occorre tenerne conto come approssimazione. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.4 La seguente relazione, redatta nel 1998 durante le prime fasi della ricerca, illustra il primo livello di studio sulle porte di palazzo Reale. A partire da una nuova analisi, descritta in seguito, e dopo gli approfondimenti sui colori svolti con esperimenti e studiando le fonti è possibile ripartire da quanto rilevato e precisarne alcuni aspetti che erano rimasti in sospeso. Indagini a Palazzo Reale, Genova - 1998 Durante i lavori di restauro eseguiti su quattro porte del secondo piano nobile, si è avuta l'occasione di approfondire alcuni problemi della loro stessa storia, del loro stato di degrado e delle conseguenti operazioni di restauro. Spesso le ante di una porta di tale piano si presentano con le due facce diverse tra loro, intonate con diverse stagioni decorative delle due stanze su cui affacciano: quando e come sono stati effettuati i cambiamenti? E, più precisamente, in cosa sono consistiti? Solo in sovrapposizioni di colore o aggiunte o sostituzioni della struttura lignea? Da quanto tempo quei serramenti occupano il loro posto? Tenendo presente la nota abitudine del cantiere preindustriale di riutilizzare ogni materiale valido e dall'opportunità di modificare per questioni di gusto una porta semplicemente per aggiunta, dalle analisi sono emersi diversi spunti che conducono a leggere nelle porte molti episodi della storia del palazzo e a ritenerli, in generale, presenti fin dall'inizio, e se ciò è valido per quelli analizzati è possibile che sia estendibile anche a molti altri. Sono emerse infatti le tracce di diverse versioni di ogni serramento databili a partire dall'epoca della costruzione del palazzo. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.5 P54 - Sulla porta tra la sala delle battaglie e l'atrio il degrado delle tinte era così avanzato da rendere visibile la struttura della porta, in modo tale da poterla rilevare ed effettuare un prelievo per l'analisi dendrocronologica, che ha offerto come datazione di una tavola la metà del XVII secolo, proprio l'epoca della costruzione dell'edificio. Nella figura si osservano l'orditura delle tavole e le tracce, intagliate, della ferramenta. Il verso della porta è a pannelli di noce (cfr P1). P44 P54 eidotipo della sezione P44 - Porta tra la sala delle battaglie e la sala da ballo: disegno della pannellatura verso quest'ultima, resta da stabilire quando e come è avvenuta l'attuale decorazione. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.6 P1 e P2 - Su queste porte ciascuna per il verso che affaccia verso la sala degli arazzi, si è potuto invece condurre uno studio sistematico degli strati cromatici. Si è notata inoltre una forte analogia formale e strutturale con le P54 e P44, per cui sembra ragionevole estendere a tutte 8 10 2 3 9 1 7 5 come molto probabile 4 11 la datazione dendrocronologica della P54. P2 P1 L'essenza lignea di cui sono fatte le ante, certamente una conifera, è con molta probabilità l'abete rosso. Di seguito si riporta il risultato dell'osservazione al microscopio dei campioni di strati di coloriture eseguite sulla P1 come indicato sulla foto. Avvertenze per la lettura dello schema: Decorazione dipinta delle ante delle porte p.7 prep = preparazione, presumibilmente di gesso e colla (organica), colore bianco oppure giallino; la tecnica utilizzata per questo stesura che serve ad uniformare la superificie non varia nel tempo fino a oggi; marrone = strato di coloritura a finto legno, si presenta a due strati ed è finito con una vernice (resina per lucidare ed isolare), (cfr foto …, in cui si notano i tratti, probabilmente eseguiti per sottrazione di colore, ad imitazione delle venature del legno, e anche i segni della lavorazione della tavola, ovvero le onde dei denti della sega, piuttosto grossolana, il che farebbe escludere una precedente fase con il legno a vista); altri colori = si ipotizza che rappresentino ciascuno una fase di colorazione del campione, eventualmente resa più intensa da una vernice; si nota una differenza di impasto tra gli strati rosa, più spessi e a granulometria più varia e grossa, e i verdi. albicocca = si tratta di uno strato, presente in quasi tutti i campioni, (e in tutti i sondaggi di pulitura) molto sottile; si possono fare due ipotesi: può trattarsi di una prepreparazione (una sorta di opacizzazione della superficie verniciata sottostante per far meglio aderire lo strato seguente) oppure la porta ha avuto una seconda fase albicocca tinta unita, che sembra molto meno probabile perché non ha l'aspetto uniforme e lucido di uno strato adatto ad essere lasciato a vista. In considerazione dei molti interventi, anche puntuali, che la porta ha subito si è reso evidente che occorre il confronto di almeno due campioni prelevati dalla stessa zona decorativa per aumentare la rappresentatività del campione stesso. Analisi visiva al microscopio degli strati che compongono i seguenti campioni di coloriture: campione 1 - specchiatura interna superiore prep. 1 marrone albicocca prep. 2 prugna … mm 0,2 mm 0,15 mm 0,01 0,04 - mm 0,3 rosa ch verde ch verde sc verde me verde ch 0,02 0,05 … Decorazione dipinta delle ante delle porte p.8 campione 2 - fascia interna superiore prep. 1 marrone prep. 2 prugna rosa ch prep 3 grigiover rosa rosa grig … mm 0,25 mm 0,3 mm 0,1 mm 0,2 mm 0,1 mm 0,01 … … campione 3 (e 8) - fascia verticale esterna prep. 1 marrone albicocca prep. 2 verde sc. verde ch. verde sc. verde ch. verde ch. verde ch. … mm 0,2 mm 0,05 mm 0,05 mm 0,05 mm 0,1 - mm 0,2 campione 4 - fascia orizzontale prep. 1 marrone prep. 2 rosa sc. rosa ch. prep. 3 verde ch. verde sc. verde sc. verde ch. mm 0,3 mm 0,2 mm 0,2 … … … mm 0,1 … … … Decorazione dipinta delle ante delle porte p.9 campioni 5 e 6 - modanatura prep. 1 prep 2 mm 0,3 verdegri. oro campione 7 - tra la modanatura e la superficie del legno prep. 1 marrone albicocca prep. 2 campione 10 - tra la modanatura e il ferro della bandella stagno prep. 1 marrone albicocca prep. 2 Decorazione dipinta delle ante delle porte p.10 campione 11 - confine tra la fascia esterna e quella orizzontale: si osservano i due strati rosa sparire verso la parte verticale prep. 1 marrone albicocca prep 2 rosa ch rosa sc prep. 3 verde ch verde sc verde ch prep. 1 marrone albicocca prep 2 … … prep. 3 verde ch verde sc verde ch Campioni C12 e C2 Campioni C12 e C8 campione 12 - nel punto in cui la specchiatura interna della prima fase colorata diventa esterna nella seconda, e precisamente all'altezza della prima cornice; su un bordo del campione, all'altezza della prep. 3-4, si notano tracce di rosa, che non vanno d'accordo stratigraficamente con la prima fase ma che si potrebbero spiegare con un'inflitrazione del rosa della fascia interna all'epoca della seconda fase delle successive cornici prep. 1 marrone albicocca prep 2 marrone prep 3-4? verde ch verde sc verde ch Decorazione dipinta delle ante delle porte p.11 Molto proficuo è il confronto tra i campioni a due a due, in cui vengono sottolineate le somiglianze e le differenze, permettendo di acquisire un più elevato grado di probabilità nella definizione degli strati. Fig. 1: dai risultati dell'analisi al microscopio si è tentato quindi di ricostruire le possibili fasi di un'anta di P1, una prima ipotesi ha rivelato questa incongruenza di colori nella fascia orizzontale, che ha condotto ad ipotizzare una fase d'incorniciatura dell'anta precedente a quella visibile. Infatti, con un tassello negli strati di colore eseguito dal restauratore su una porzione di un'anta di P2 si è scoperta la traccia di una cornice rettangolare, applicata o dipinta (come sembra confermare il c12) sopra alla prima fase. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.12 Si osserva inoltre che le bandelle sono fissate con chiodi a testa piatta, presentano decorazioni incise e finitura a stagno ma sono coperti da una preparazione e dallo strato marrone che si ipotizza essere la prima versione della porta, e perciò non sono poi stati lasciati a vista. Resta da stabilire la modalità d'inserimento delle modanature attuali: il campione 7, infatti, presenta una preparazione sotto la modanatura che potrebbe essere stata stesa dopo aver eliminato la tracce della fase precedente, osservazione che, a tutta prima, andava d'accordo con la prima ipotesi di fasi. La prima modanatura potrebbe essere stata solo dipinta, come dimostrano il campione 12 e le osservazioni sul campione 7. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.13 Fig. 2: una nuova ipotesi plausibile potrebbe essere questa. Dal punto di vista metodologico occorre notare che nella fase di ricerca specifica sulle porte P1 e P2, si sono incontrate molte difficoltà nell' interpretare i risultati delle analisi al microscopio. Tale difficoltà nasce dal problema della definizione degli strati: un cambio di colore connota con molta probabilità un diverso strato di tinta ma non vuol necessariamente dire che questo strato sia mai stato visibile, specialmente se manca la sua finitura superficiale, come a volte si può ipotizzare per taluni strati, mentre, d'altro lato, non è spesso possibile distinguere strati diversi dello stesso colore da stesure diverse di una stessa tinteggiatura a più mani. Le soluzioni di continuità nella materia che si vedono tra i 10 e i 60 ingrandimenti sono sembrate in tal senso piuttosto attendibili e sono aderenti a quanto emerge dalle finestre di "pulitura" a bisturi. (Queste analisi possono perciò dare risultati analoghi ma con ben minore spreco di materia rispetto alle puliture stesse.) Decorazione dipinta delle ante delle porte p.14 Ad ingrandimenti maggiori invece è possibile distinguere molti più strati, ovvero la singola mano di colore, e alcune caratteristiche dei componenti; tuttavia questi elementi poco aggiungono a quanto visto sopra, mentre si perde la tridimensionalità del campione, che a volte, rende più leggibile la continuità dello strato stesso anche in presenza di disuniformità nello spessore. Analisi sui materiali renderebbero probabilmente esplicite le somiglianze o le diversità fra componenti di strati simili, laddove il confronto fra i colori non può considerarsi esauriente a causa dei trattamenti superficiali e dei cambiamenti che possono essere occorsi a mutare, ad esempio, tonalità in diverse zone dello stesso strato. Ma occorre altresì considerare che non sembra ancora significativo ai fini di una datazione l'individuazione dei componenti e, persino, non si sa cosa cercarvi… Non si ritiene pertanto, per il momento, di dover procedere ad ulteriori analisi: solo una sistematizzazione delle conoscenze nel campo delle coloriture delle ante delle porte a partire dal XVII secolo, può offrire nuovi spiragli per la proficua interpretazione di dati ottenuti con ricerche finalizzate al riconoscimento dei materiali componenti gli stati di tinta. Così si concludeva questa fase della ricerca, dopo aver constatato quanto offrivano le fonti documentarie e dopo aver deciso di procedere agli esperimenti su descritti si è ritenuto di far eseguire anche la seguente analisi, nel tentativo di ottenere altri elementi utili alla comprensione delle decorazioni. Analisi del C8 - microanalisi elementare semiquantitativa al Sem con edax, eseguita presso il Laboratorio di scienze della terra dell'Università di Genova (giugno 2000). Dall'esterno e in ordine di dominanza (non stechiometrico) (tra parentesi le tracce) V = serie dei verdi V1: 20 micron = calcio, bario, zolfo, zinco, (silicio, alluminio) V2: 10 micron = calcio, titanio, (zinco, zolfo) V3: 30 micron = zolfo10, bario5, zinco0,5 Decorazione dipinta delle ante delle porte p.15 V4: 10 micron = zolfo10, bario5, zinco1, (ferro), titanio1 V5: 5 micron = organico soltanto V6: 20 micron = zolfo, calcio, zinco, silicio, alluminio, con cristalli di gesso V7: 80 micron = piombo con clasti di barite V8: 50 micron = piombo più diluito V9: 20 micron = zolfo, calcio, zinco, silicio, alluminio, potassio (abbastanza rilevanti) V10: 20 micron = piombo trasparente bianco = zolfo e calcio trasparente giallo = zolfo e calcio arancione/rosa = ossido di piombo nero = zolfo, calcio, silicio, alluminio, potassio bianco = zolfo e calcio Lo strato color albicocca dei campioni su descritti, qui indicato come arancione/rosa, è ossido di piombo, ovvero il litargirio delle ricette! In questo caso possiamo supporre due cose: o la porta ha avuto una fase di quel colore, magari un finto legno come quello descritto nella ricetta 5a (ma di apparenza ben poco accattivante) o il litargirio è stato usato come seccativo in una passata di olio precedente alle preparazioni, entrambe le ipotesi trovano riscontri nelle ricette studiate. Il verde può essere dato dalla barite presente nei V1,3,4,7 ma può anche risultare da coloranti organici, non oggetto della presente analisi, come è da ritenersi più probabile. Al microscopio ottico non si nota differenza tra un verde organico e uno minerale. Il V5 non presenta minerali, ma può essere uno strato di colla, di vernice o di olio, come finitura dello strato precedente, che infatti si presenta scuro, o come preparazione del seguente, secondo quanto prescritto nelle ricette esaminate. Il solfato di bario BaSO4 - bianco di bario - è citato fin dal 1774 come più adatto all'uso con acqua che con olio dove diventa trasparente e grigiastro, esiste nelle due varietà naturale e artificiale, viene utillizzato a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, specialmente nelle miniature.4 4 S. RINALDI, Bianchi e neri, in "La fabbrica dei colori, pigmenti e coloranti nella pittura e nella tintoria", Roma 1986, pp 38-9. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.16 Questa datazione, se applicabile allo strato V7, il primo con barite, (in forma di cristalli - quindi più certa e, forse, usata per le prime volte) porrebbe l'applicazione delle cornici lavorate a partire dalla seconda metà del '700. Poiché inoltre il titanio non compare nell'uso prima del 19205 i quattro strati più esterni vanno datati al secolo XX. Il bianco di zinco ZnO, scoperto nel XVIII secolo, non fu usato diffusamente fino al secolo successivo;6 se il V6 e il V9, che contengono zinco, devono essere datati così tardi non resta che avanzare l'ipotesi che si siano adattate le porte alla stanza nel periodo Savoia. In effetti l'inventario del 1816 non rileva porte con questa decorazione là dove avrebbero già dovuto esserci, mentre le rileva nella simmetrica sala delle Battaglie. Si può ancora osservare, tenendo presente quanto riscontrato nel capitolo sui colori in cantiere, che i "filetti di lacca" citati dai documenti possono corrispondere alle prime fasi decorative dopo il finto legno, quelle con incorniciatura dipinta e dalla geometria semplice. Rispetto al numero degli strati individuati al miscroscopio ottico per lo stesso campione qui ve ne sono indicati di più, in effetti un'osservazione svolta nel notarli precisava che ogni strato sembrava scurirsi o schiarirsi in superficie, come se ciascuno avesse più mani, il che ci consente di tentare una ipotesi di collegamento fra le due analisi per poter raffinare l'interpretazione. 1. Preparazione 1: bianco = zolfo e calcio 2. Marrone: nero = zolfo, calcio, silicio, alluminio, potassio 3. Albicocca: arancione/rosa = ossido di piombo 4. Preparazione 2: trasparente bianco = zolfo e calcio trasparente giallo = zolfo e calcio 5. Verde scuro: V10: 20 micron = piombo V9: 20 micron = zolfo, calcio, zinco, silicio, alluminio, potassio (abbastanza rilevanti) (strato inferiore con seccativo e superiore con gesso, zinco e feldspato) 6. Verde chiaro: 5 Comunicazione orale del dr Bensi. 6 S. RINALDI, Bianchi e neri, cit. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.17 V8: 50 micron = piombo più diluito V7: 80 micron = piombo con clasti di barite 7. Verde scuro: V6: 20 micron = zolfo, calcio, zinco, silicio, alluminio, con cristalli di gesso V5: 5 micron = organico soltanto 8. Verde chiaro: V4: 10 micron = zolfo10, bario5 , zinco1 , (ferro), titanio1 V3: 30 micron = zolfo10, bario5 , zinco0,5 9. Verde chiaro: V2: 10 micron = calcio, titanio, (zinco, zolfo) 10. Verde chiaro: V1: 20 micron = calcio, bario, zolfo, zinco, (silicio, alluminio) Comunque, osservando la campionatura eseguita dal restauratore, che ha portato alla luce 12 strati, nonché la relazione dell'analisi dal laboratorio della Soprintendenza, che ne indica addirittura 20 su di un campione della stessa zona, non resta che sottolineare la difficoltà di individuazione degli strati stessi e la necessità di una più vasta esperienza nell'esame di tali campioni, così da portare su di un piano di maggiore oggettività ciò che per ora sembra ancora troppo soggettivo. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.18 Ricette analizzate Sono tratte da M.C. POZZANA, Trattamenti di qualificazione del legno da antichi ricettari, in Legno nel restauro e restauro del legno, Atti del Convegno, Firenze 1983: (dalla trascrizione) le ricette 1, 2, 3, 4. 1. G. Tallieri, Vero plico di ogni sorta di tinture, Venezia 1704 Per dipinger porte e banchoni in color di noce Darai prima la colla fatta de retagli di pelle sopra la tavola, poi li darai il gesso da presa incorporato con colla, e asciutta che sarà tornerai a dargli la colla tre, o quatro volte, lasciandola ogni volta asciugare, alla fine gli darai sopra oglio di lino, e volendo far le macchie mischia terra d'ombra con detto oglio, e con il penello farai le machie a tuo capricio. Sequenza desumibile: 1- colla 2- preparazione a gesso 3- 3 o 4 mani di colla, asciugata ogni volta 4- olio di lino 5- (alternativo a 4?) olio di lino e terra d'ombra con cui imitare le venature del legno a pennello Osservazioni: Il primo strato, la cosiddetta 'acqua di colla di coniglio' ancora oggi usata, ha le caratteristiche di essere facilmente stendibile e resta elastica così da assecondare meglio i movimenti del legno e impedire ai pori di riaprirsi, ed è utile a favorire l'aderenza tra il legno e gli strati successivi; si ipotizza che queste caratteristiche bene approssimino quelle della colla di ritagli di pelle, che potrebbe essere di altro animale. Nel secondo strato il gesso da presa offre qualche problema di intepretazione: se si tratta di quello usato dagli stuccatori bisogna pensare ad un errore nella ricetta perché normalmente si usa gesso frantumato dopo che ha già fatto presa,7 così da 7 G. RONCHETTI, Manuale per i dilettanti di pittura, Milano 1964 (1911), p. 453. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.19 assolvere la funzione di inerte, mentre risulta difficile immaginare un effetto legante all'interno di una colla. Si tratta di quello che Ronchetti chiama gesso da pittore, ottenuto "levando la presa" al gesso da stuccatori, coll'aggiunta di acqua in quantità poco più che stechiometrica, così da farlo"restare in massa coagulata", una volta che è seccato "diventa molto leggero" e si adopera per preparare tele e assicelle Il terzo strato non sembra avere una logica: le funzioni, sudescritte, che ha la colla tra legno e preparazione non servono tra la preparazione e il colore. Dal punto di vista dell'effetto finale, poi, piuttosto che il noce questo sembra imitare una conifera, nella quale vi è netta distinzione fra venatura chiara e venatura scura, visto che cita una sola passata di colore, a righe su di una superficie chiara; quanto alla frase "volendo imitare le macchie": in realtà più che un'opzione l'applicazione di uno strato di colore di olio e terra è obbligatoria, altrimenti la superficie resta biancastra e omogenea. 2. Tratta da F. WATIN, L'art du peintre, doreur, vernisseur, Paris 1773 Colori per porte, telai, imposte esterne [traduco] Supponiamo che ci sia da dipingere l'esterno di porte, o di finestre di scale, o di ante: 1° date uno strato di bianco di cerusa frantumata all'olio di noci; e perché copra meglio il legno, stemperatelo un po' spesso con lo stesso olio, nel quale mettete del seccativo. 2° date una seconda mano di uno stesso bianco di cerusa frantumata all'olio di noci, e stemperato nello stesso; se volete un petit gris, aggiungete un po' di blu di Prussia, e del nero di carbone, che avrete frantumato nell'olio di noci. Se, sopra queste due mani, volete aggiungerne un'altra, mescolatela e stemperatela nell'olio di noci puro, facendo attenzione che le due ultime mani siano stemperate meno chiare delle prime, cioé che abbiano meno olio. Il colore risulta più bello e meno soggetto a bouilloner all'ardore del sole. Sequenza desumibile: Decorazione dipinta delle ante delle porte p.20 1- preparazione a biacca8 e olio di noci, con seccativo 2- biacca e olio di noci; per ottenere il "grigietto" occorre aggiungere nero e blu 3- successive mani, contenenti via via meno olio Osservazioni: La 1 è una preparazione ma costituisce anche uno strato coprente già colorato.9 Rispetto alla preparazione a gesso, che risulta igroscopica, quella a biacca è più adatta all'uso per esterno. L'olio di noci è tendenzialmente più chiaro di quello di lino, resta sottointeso se si tratti di oli cotti o crudi, alcune indicazioni su come preparali tratte da Ronchetti (cfr) lasciano motli dubbi in proposito, poiché comunque vi sono diversi modi per trattarli e sbiancarli. 3. Colori per porte, telai, arve Le porte, finestre e scuri interni si dipingono comunemente con il petit-gris: 1° date una mano di bianco di cerusa sciolto nell'olio di noci; e stemperato con tre quarti di olio di noci e un quarto di essenza. 2° date altre due mani di questo bianco di cerusa sciolto nell'olio di noci, e stemperato con essenza pura: si può applicare, volendo, due mani di vernice allo spirito di vino. Sequenza desumibile: 1- bianco a olio di noci diluito con olio di noci ed essenza di trementina 2- altre due mani diluite con solo trementina 3- due mani di vernice allo spirito di vino Osservazioni: 8 In realtà nel corso del lavoro verrà precisato che la ceruse non è propriamente biacca, ma contiene un additivo 9 Confermato anche da G. RONCHETTI, Manuale… cit.. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.21 L'effetto ottenuto dall'applicazione di questa sequenza è molto gradevole nell'aspetto, ma è improponibile all'esterno, poiché la vernice a spirito si rovina irrimediabilmente al contatto con l'acqua. 4. Colori per graticole e pergolati (Verde per esterni) 1° date una mano d'impression di bianco di cerusa sciolto nell'olio di noci, e stemperato nello stesso olio, nel quale metterete un poco di litargirio; 2° date due mani di verde di pergolato sciolto nell'olio di noci. In campagna si usa molto questo verde in olio, per dipingere le porte, i controventi, i pergolati, le panche da giardino, le griglie di ferro e di legno; insomma tutte le opere di legno e di ferro che devono essere esposte alle ingiurie dell'aria. Il verde da pergolato si compone una libbra di verd-de-gris semplice ogni due libbre di ceruse; si frantumano l'uno e l'altro separatamente nell'olio di noci e in esso si stemperano. (Vert de gris: nom vulgaire de l'oxide de cuivre qui se forme à la surface des vases de ce métal. Nom de l'acétate bibasique de cuivre, dit dans le commerce verdet. dal Dictionnaire general de la langue francaise du commencement du XVIIe siecle jusqu'a nos jours, Paris fine XIX secolo) Sequenza desumibile: 1- bianco a olio di noci diluito con olio di noci e litargirio 2- due mani di verde a olio di verderame (1 parte) e cerusa (2 parti) Osservazioni: Anche a Cornigliano vengono usati verderame e biacca per persiane, rastelli del mare e per le casse del giardino. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.22 ms 340 Biblioteca Correr di Venezia (tardo '600) (riletto dalla fonte) citato in V. GHEROLDI, Ricette e ricettari. Tre fonti per la storia delle tecniche delle arti alla Biblioteca Queriniana di Brescia (sec. XVI-XVII), Brescia 1995 5. Per dare il color di noce a doi porte Prima dagli una mano di colla di ritagli potente, sutta la colla dagli terra d'ombra con un poco di terra rossa et un poco di terra gialla, mezza He in tutto, e tutto macinato, dagli liquido il colore. Ciò sutto dagli di novo tre o quattro mano di colla una dopo l'altra, quale quando sarà sutta piglia mezza libbra di littargirio che vale ?:12 la libbra e fallo bollire mettendovi una He e mezzo d'oglio di noce per un'ora e poi dallo sopra le porte Item se vuoi dalli lustro di rasa e acqua di rasa distemperati insieme. ----Vernice bollita con acqua di rasa ----Item Piglia colla di ritagli overo colla todesca e dagliela una o doi volte poi dagli oglio di lino con littargirio d'oro, sutta la colla se vorrai farvi le macchie dagli doi mano di gesso sedazzato e stemperato con la medesima colla, di poi piglia terra d'ombra in pane cotta nel fuoco e poi macinata e stemperata col suetto oglio, e per far lustro sutto che sarà l'oglio dagli due o tre mani di colla todesca sola. Sequenze desumibili: 5a finto legno 1- colla di ritagli 2- (in olio) terra d'ombra, gialla e rossa molto diluito 3- tre o quattro mani di colla (senza aspettare l'asciugatura di ogni mano?) 4- litargirio bollito nell'olio di noce 5- vernice di colofonia e trementina? (lustro di rasa) 5b per fare le macchie: 1- colla forte una o due volte 2- preparazione a gesso 3- terra d'ombra in olio di lino Decorazione dipinta delle ante delle porte p.23 4- litargirio in olio di lino 5- due o tre mani di colla todesca sola, per far lustro Osservazioni: La fonte è un manoscritto, che non ho visto interamente, ma che contiene diverse specie di ricette e aneddoti, per cui sembra essere meno specialistico dei precedenti, infatti vi si riscontrano errori e imprecisioni più evidenti: che senso ha frapporre diverse mani di colla tra due colori? e perché si suggerisce la colla forte (tedesca) invece della più adatta colla di pelli? Inoltre non è chiara la funzione del litargirio, che qui sembra essere utilizzato come seccativo, ma che potrebbe essere considerato un pigmento. 6. Per far porte dipinte e lustre Rs colla di ritagli overo colla todesca una o doi volte, oglio di lino bollito con litargirio d'oro. Sutta che sarà la colla se vi vogliono fare le macchie vi si diano doi mani di gesso in pane sedacciato e stemperato con la medesima colla. Di poi terra d'ombra in pane cotta nel forno e poi macinata e stemperata con il medesimo oglio. E per far lustro sutto che sarà l'oglio vi si diano doi o tre mani di colla todesca sola. Sequenze desumibili: 1- colla di ritagli o todesca (come se fosse lo stesso) una o due mani 2- litargirio e olio di lino (bollito) 3- due o tre mani di colla todesca sola, per far lustro 1- colla di ritagli o todesca (come se fosse lo stesso) una o due mani 2- preparazione a gesso e colla 3- terra d'ombra in olio di lino 4- due o tre mani di colla todesca sola, per far lustro Osservazioni: Decorazione dipinta delle ante delle porte p.24 La colla stesa sul legno prima della preparazione ha una funzione di miglioramento dell'aderenza delle stesure successive. In generale questa ricetta appare plausibile. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.25 Narrazione dell'esperimento e discussione dei risultati La prima difficoltà incontrata nel mettere in pratica le ricette è stata il reperimento della materia prima; non è difficile trovare una idonea tavoletta di legno, pennelli, olio di lino cotto, terre colorate; più raro ma accessibile è l'olio di noce, praticamente introvabili biacca e litargirio. Un problema a parte è stato anche l'esatta definizione di ceruse, in un primo momento identificata con la biacca semplice mentre, ad un approfondimento presso lo stesso autore, è indicata come qualcosa di più complesso: "La céruse est ce même blanc de plomb broyé avec de la craie ou marne; celle qui nous vient d'Hollande est plus d'usage dans la Peinture." Ma, prosegue l'autore, non si riesce a trovare in Francia un materiale equiparabile a quello olandese, le crete bianche prodotte nella sua patria sono trop légeres, trop friables, e non forniscono abbastanza corpo al bianco di piombo che, di per sé, non ne ha. (E ciò è risultato molto evidente nell'esperimento condotto). E da dove lo trae la cerusa olandese, che ne ha molto, se non da un additivo? "La céruse se distingue du blanc de plomb par sa couleur, qui est moins blanche, & par son poids, qui, a volume égal, est moins lourd." Si mescola con tutti i colori e li rende più belli e brillanti, li rende più coprenti ed è più seccativa, grazie al minerale che contiene. Si trovano in commercio ceruse di Roma e di Crems (cittadina danubiana) ma sono molto care. 10 A questo punto occorre capire che sorta di materiale sia questa creta o marna da lui descritta. Nel testo la distingue da altre crete come il blanc de Bougival anche detto blanc d'Espagne, molto simile è il blanc de craie che si usa per fare matite o à blanchir des plafonds, se ne trova in Champagne, in Borgogna, a Meudon vicino a Parigi e in altri posti del Regno. Oggi conosciamo il Meudon, una farina fossile silicea, che, alla prova, ha dato buoni risultati. D'altra parte una tradizione orale che appartiene a falegnami di serramenti dice che per dare il colore alle finestre va benissimo mescolare calce all'olio;11 in questa indicazione bisogna intendere la calce ben carbonatata e resa quindi una polvere 10 11 J. F. WATIN, L'art du peintre, doreur, vernisseur, Paris 1773, pp 19-20. Comunicazione orale di A. Grimoldi. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.26 inerte inattiva, perché altrimenti, essendo una base fortissima e l'olio un acido grasso il composto saponifica. Alla fine delle prove di riproduzione delle sue ricette Watin ha dimostrato di potersi considerare affidabile, infatti conosce gli argomenti che affronta per esperienza diretta, e li espone già con uno spirito scientifico; anzi, essendo un commerciante di colori, probabilmente rientra nella sua logica di fornire precise indicazioni per una buona riuscita dell'applicazione di prodotti che egli stesso fornisce. Il problema, con lui, riguarda il fatto che spesso non siamo più in grado noi di capire le sue affermazioni, perché tirano in ballo nozioni ormai desuete. Per quanto riguarda l'utilità delle sue ricette nella comprensione dei documenti in esame si può osservare che nei conti sono presenti ingredienti necessari quali biacca, olio di lino, terre coloranti e in massicce quantità, ma non è altrettanto evidente quel componente della cerusa che abbiamo visto essere fondamentale. Ad esempio: 1758 16 agosto Conto di colori in cui: libbre 1 verde Ramo soldi? 6 terra verde di Verona libbre 1 ritargirio libbre 3 terra rossa libbre 3 detta gialla di Roma ritargirio d'oro minio terra d'ombra biacca, ritagli di guanti, gesso in pane n° 3 pennelli da s 1 n° 1 detto di Bologna grosso n° 1 detto n° 1 penello di Bologna grosso n° 2 detti in piuma un penello grosso e due da s 3 £ 2.-." -.18." -.8." -.6." -.12." -.8.- " -.12." -.12." -.12." -.12." -.4.- Un'altra ipotesi possibile è che non venisse aggiunto nulla e si facesse un bianco di piombo semplice, il che forse è giustificato dall'ingente quantità di biacca giunta in cantiere, nonché dal suo uso non pittorico, lo stesso Watin, infatti, indica la cerusa come più usata in pittura. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.27 Meno affidabili, invece, sono le altre ricette, o meglio, come già si vedeva nelle osservazioni, offrono indicazioni suscettibili di interpretazione; tuttavia alcuni punti fermi vi sono riconoscibili come dati costanti della sequenza: colla preparazione a gesso per fondo su cui dipingere ex novo terra d'ombra per il colore che imita il legno litargirio per imitare le venature chiare vernice finale per aspetto lucido Il confronto con una descrizione di preparazione, pur se per pittura, può essere utile a capirne le modalità di impasto e stesura: Preparazione delle assicelle. Per preparare piccole assicelle che ordinariamente sono di mogano, quercia, noce, cedro o tiglio, si procede nel modo seguente. Dopo aver accuratamente piallata la superificie su cui si deve dipingere, la si pulisce con un pezzetto di pomice strofinandovi sopra l'olio di lino. Per avere un fondo di lunga durata e servibile subito, si immerge l'assicella nella colla calda diluita in modo che raffreddandosi non abbia a rapprendersi in gelatina. Quando l'assicella sarà completamente asciutta, colla spatola e sulla parte buona si stende uno strato sottile di gesso purgato (gessetto da pittore) preparato con acqua collata, lisciando la superficie appena che sia asciutta con olio e pomice. Dopo 24 ore, si può dipingervi sopra. Qualora si desiderasse una preparazione più consistente, si mescoli la biacca in polvere con olio di lino o di papavero, in modo di ottenere una pasta consistente quanto i colori macinati all'olio (dandole un atinta a piacimento, coll'aggiungere il colore che meglio aggrada), per stenderla poi colla spatola sull'assicella, in strato uniforme e di poco spessore. Quando la massa sarà essiccata, la si passa colla pomice, lavandola, ogni tanto, durante l'operazione, con la spugna leggermente imbevuta d'acqua. La prima preparazione è però preferibile perché riceve meglio l'olio contenuto nei colori."12 L'esperimento si è svolto seguendo le varie ipotesi fatte per ogni ricetta, sono occorsi tempi lunghi di attesa - dell'ordine di giorni - (perlomeno così appaiono ai nostri occhi) tra uno strato e l'altro necessari per l'asciugatura specialmente degli olii. 12 G. RONCHETTI, Manuale… cit., pp 456-7. Decorazione dipinta delle ante delle porte p.28 Sicuramente a questo punto del lavoro si sarebbe in grado di ricominciare a svolgere tentativi con un grado di maggior raffinatezza, ma al momento risulta impossibile dire quanti tentativi occorrerebbero e, in fondo, non conosciamo neanche bene il risultato da raggiungere! L'obbiettivo, pur minimo, di poter effettuare l'osservazione al microscopio ottico dei campioni delle varie prove, comunque, è stato raggiunto e ha rivelato una somiglianza con quelli antichi; ma, al momento del prelievo, si è potuta constatare una scarsa adesione degli strati, forse dovuta a tempi o a spessori errati di stesura degli stessi, anche quando l'effetto finale sembrava soddisfacente; questo problema si manifesta nei campioni, osservati al microscopio, con una linea troppo netta tra uno strato e l'altro, forse si dovrebbe cercare di stendere uno strato aspettando il momento adatto: quando quello precedente non è ancora perfettamente asciutto ma lo è abbastanza per non venir intaccato dal pennello. Un obbiettivo più difficile ovvero quello di valutare l'affidabilità delle ricette stesse può essere anch'esso considerato raggiunto, almeno fino a nuove indicazioni per ripetere gli esperimenti con variazioni opportune. Vediamo i vari casi: Con la ricetta 1, pur con l'avvertenza di usare il gesso adatto nella preparazione, si ottiene un finto legno (la cui qualità visiva dipende dall'abilità del pennello) piuttosto opaco, e restano i dubbi sull'utilità degli strati di colla intermedi, anche se occorre tener conto di possibili effetti differiti nel tempo, che comunque non siamo oggi in grado di valutare. Le ricette 2 e 3 sono praticabili ed efficaci, anche se a noi oggi mancano le formule esatte, e la pratica per la preparazione dei vari strati. La ricetta 4 non si è ritenuto di provarla, sia perché si ipotizza valida come le due precedenti, sia per la mancanza di verderame. La ricetta 5a, ha offerto diversi spunti interessanti, come il problema del lustro di rasa, interpretato come vernice di colofonia e trementina, questa è di lunghissima preparazione (diversi giorni per far sciogliere alcune decine di grammi di colofonia in Decorazione dipinta delle ante delle porte p.29 100 cc di trementina) e non risulta lucida, per ottenere un effetto maggiore occorrerebbe disciogliere più colofonia ma con qualche procedimento particolare, per ora non rintracciato. Il litargirio nell'olio di noce imita un colore di venatura chiara ma la stesura su più mani di colla è impraticabile (com'è ovvio pensando all'effetto del ritiro di un olio, molto elastico, su di una colla, con superficie molto liscia), non solo, la stesura di questa colla su di uno strato di olio con pigmenti crea un effetto simile al ghiaccio, che si accentua con il tempo, che pare del tutto indesiderabile. Non resta che concludere che questa ricetta è troppo confusa per essere applicabile. La ricetta 5b ottiene un bel finto legno anche se non con la colla forte su cui la preparazione scivola e la finitura a colla tedesca offre un bel lucido. Occorre tener presente, però, che resta solubile in acqua e perciò si tratta di una finitura molto delicata. La ricetta 6 è quella che ha ottenuto il risultato più simile a quello che è stato ritrovato sulle porte di palazzo Reale, ma è davvero improponibile nella versione con colla tedesca, il ritiro della preparazione su di essa è macroscopico anche effettuando passaggi di cartavetro dopo l'asciugatura dei primi strati, in modo da ridurre il ritiro causato dallo scivolamento su di una superficie troppo liscia, che resta comunque notevole. In generale si può osservare che attorno a queste ricette può essere compreso come il procedimento per verniciare le porte a finto legno fosse complesso, specialmente tenendo conto del fatto che può sembrare inutile: le porte sono già di legno; evidentemente la qualità ottenibile con l'imitazione superava la realtà, quasi che il finto legno divenisse un'idealizzazione del legno stesso. Serramenti p. 1 serramenti vetro nelle finestre La questione della misura delle lastre di vetro e del sistema di montaggio non è stata ancora chiarita ma potrebbe avere una notevole importanza nella datazione dei serramenti stessi. Un documento del 1722 elenca il numero Disegno del sec. XVII, con finestre a piombi e vetri a rombi. E: GAVAZZA, Lo spazio dipinto, Genova 1989, p 136. degli elementi (lastre, chiappe e quadretti) che vengono posti in opera in ogni finestra, parte di nuova fornitura, parte di reimpiego. Le misura di questi è indicata in un'altra lista, Nota fatta à primo Giugno 1718 di vedri, christalli, piombo, trappe di ferro per telari di vedro, trappe di ferro per cortine e per portiere, tutta robba levata dal palazzo di s Filippo Nerio e dalla casa che hò acquistata dalli fidecommissarij del q Agostino Lomellino q Bonifacio, quale robba si conserva per porla à lavoro à suo tempo. Provando ad incrociare questi dati, anche con la costruzione di apposite tabelle, si osserva che: 1) i vetri nuovi che sono chiamati lastre sono pagate a cassa, per un totale di £ 43.5.4 a frontedi una fornitura di 220 pezzi; 2) quelli idetti chiappe hanno due prezzi, soldi 2.10 o soldi 2.4 l'una, confrontando i totali si vede come il loro costo sia nettamente inferiore a quello delle lastre: £ 52.19.8 per 374 pezzi e £ 54.12 per 468 pezzi; 3) i quadretti trovano impiego solo al piano della cucina, sono forniti a un solo soldo per uno. Nei documenti di Cornigliano sono citati6 quadreti a mostacolo, che si possono immaginare romboidali e posti in opera come quelli della figura a destra: Serramenti p. 2 Finestre in un vano scala di un edificio genovese 4) i vetri reimpiegati sono anch'essi di tre generi: 43 christali (detti anche chiappe di cristallo), 542 quadrotti di vetro intieri senza i mezi e una serie di chiappe di queste dimensioni, i numeri 1 e 2 sono la quantità di vetri che occorre per riempire una finestra da m.1,2, per 4 nel primo caso e da m. 1.2 per 2 nel secondo: numero once once cm cm area numero 1 numero 2 512 11 9 22,7 18,6 423,0 113,5 56,7 79 13 8,5 26,9 17,6 472,1 101,7 50,8 150 11 10 22,7 20,7 470,0 102,1 51,1 486 10 9 20,7 18,6 384,5 124,8 62,4 248 10,5 7 21,7 14,5 314,0 152,9 76,4 350 9,5 7 19,6 14,5 284,1 168,9 84,5 325 9 7 18,6 14,5 269,2 178,3 89,2 686 8,5 6 17,6 12,4 217,9 220,3 110,1 130 8,5 7 17,6 14,5 254,2 188,8 94,4 480 7 5 14,5 10,3 149,5 321,0 160,5 5) in generale vengono poi posti in opera con le seguenti quantità per serramento: Serramenti p. 3 numero vetri telari arve divisione nome ubicazione 165 10 16,5 chiappe al piano del miradore 156 4 39,0 chiappe nel guardarobbe 1224 48 25,5 chiappe nelle mezzarie superiori da padroni 96 9 10,7 chiappe nelle suddette mezzarie nobili 93 3 31,0 chiappe mezzarie nobili superiori 48 2 24,0 chiappe al piano di sala dell'appartamento superiore 3680 23 160,0 chiappe finestre del piano di sala dell'appartamento superiore 288 8 36,0 chiappe mezzarie più alte del piano della sala 11,2 chiappe del detto appartamento 56 5 374 150 4 192 12 chiappe dell'antisala dell'appartamento superiore 37,5 chiappe ovati che danno nel vacuo 16,0 chiappe nel piano che framezza gl'appartamenti inferiore e superiore chiappe del sito come sopra 400 40 10 40,0 chiappe del piano della cucina 116 8 14,5 chiappe nel caragollo 2480 20 124,0 chiappe finestre dell'appartamento inferiore 94 1 94,0 chiappe nella finestra del gabinetto dell'appartamento nobile inferiore 252 7 264 62 1 chiappe mezzarie 24,0 chiappe al piano di cucina 62,0 chiappe ad una mezzaluna a piano del portico 352 8 44,0 chiappe al piano del portico 313 12 26,1 chiappe al piano del portico 1534 28 54,8 quadretti al piano del guardarobbe 49,8 quadretti al piano della cucina 598 6) 11 36,0 12 confrontando le tabelle si osserva la corrispondenza fra le quantità di vetri apposti ai serramenti e il calcolo basato sulle aree, per cui è confemato l'utilizzo di quelle pezzature. Resta da capire la tecnica di inserimento dei vetri nel telaio ; sicuramente esiste ancora l'irrigidimento del telaio mediante trappe di ferro, se usano ben 2598 nelli telari da vedri di tutta la fabbrica, e probabilmentesono fissate ai telai mediante migliaia di stachette da riga stagnate e alcuni chiodi da solaro. Un documento di Cornigliano ci precisa la tenica per ottenere trappe: Inserimento vetri con petit bois, dalla tavola VI del vol. Ebeniste-Menuisier dell'Encyclopédie di Diderot e D'Alambert 2a metà XVIII sec.. Serramenti p. 4 per spesa di ferro tirato alla strafira per fare le trappe per li vetri in peso libre 23 a soldi 6 la libra £ 6:18 per aver fatto n° 62 trappe nel detto ferro per mia fatura soldi 1 per ognuna £ 3:4 per aver fatto nel suo ferro vecchio n° 86 trappe da vetro per mia fatura 1 soldo per ognuna £ 4:6 Se nel caso del montaggio con profili di piombo il ruolo delle trappe è fondamentale e diverrà inutile con il petit bois, il sistema a bacchette di legno descritto nell'Encyclopédie, si possono ipotizzare due situazioni di passaggio da un sistema all'altro: le piccole lastre di vetro sono montate direttamente con ferro, che viene - proprio chiamato: ferro da vedro per fare 12 trappe per i portelli in peso libre 6 1/2£ 1:10:4 ma anche: filo di ferro per fare trappe da vedro oppure sono già montate con il legno ma si continua ad irrigidire il telaio con - stanghette di ferro (come in figura) In entrambi i cantieri si usano, nel montaggio delle trappe, stagno, per rivestire il ferro, conto di Carl'Antonio Capello stagnaro di havere stagnato le trappe de vedri e lama, lamiera, Rocco Paganino usa anche pece greca (una resina),1 mentre un documento di Cornigliano esplicita le quantità: 84 1763 3 settembre Conto con Palazzo Pallavicini, un serramento dipinto quitt.a di £ 106 di Pietro Assereto Quale periodo rappresenta? vetraro Tellari nuovi n° 58 serviti nella fabrica di Cornigliano inclusi n° quattro nella scuderia posto chiappe n° 688 come conto d'accordo a s 1.8 l'una£ 56.6.8 trappe n° 96 di ferro poste a lavoro a s 1 l'una £ 4.16 piombo rubbi n° 6 1/2 posti a lavoro in dette a £ 7 il rubbo £ 45.10 Non è chiaro, nel cantiere di città, perché si parli di arve, telai e finestre: forse si tratta di sinonimi ma non si può scartare l'ipotesi che, nel caso dei telai, l'anta fosse unica o addirittura, nei 1 Cfr capitolo stucchi, nota 5. Finestra dipinta a pal: Imperiale, Genova In un telaio basso si contano 24 vetri. Serramenti p. 5 casi più semplici, non fosse apribile a cerniera , ma a vasistas oppure semplicemente appesi. Nel seguente documento si parla di: bartolomeo scirano falegname ha fatto un setto di commodità, ha aggiustato e nettato quattro porte di noce, cioé la grande che dalla stanza vicina al gabinetto porta e conduce nel detto mezzano la quale è stata tagliata e postili li ferri e serrature e tre picciole nella prima stanza del detto mezzano le quali si sono adattate alli portali di detta stanza, ha fatto tre telari da finestre, tre telari da vedri le arve a due finestre, et accomodato le arve inferiori nuove che erano nel gabinetto alla terza cioé ad una delle tre finestre nel detto mezzano essendo le dette tre finestre nel vicolo di San Filippo Neri, ha fatto telari da finestra e telari da vetro alla stanza del troglio dell'acqua e altrove, colla, porta di comodità Nello stesso cantiere arrivano anche duemila lastre di vetro da Venezia, che si può supporre vengano messe in opera in qualche vano non compreso nell'elenco precedente, come ad esempio sembra essere per le stanze principali del primo piano nobile. Su queste questioni i documenti di Cornigliano forniscono dati più completi. Anche qui arrivano, nel 1753, vetri veneziani, si tratta di lastre pagate ben £ 2923.4.5, di misura circa 25÷30 cm, cioè non molto più grandi di quelle di inizio secolo ma probabilmente più spesse e luminose (attributi del cristallo): Casse dodeci lastre di cristallo da mezzo brazzo di lastre numero 250 per cassa incerchiate e benissimo conditionate Casse dieci lastre di cristallo da mezzo brazzo di lastre numero 260 per cassa incerchiate e benissimo conditionate Altre 54 sono del 1771: Nota del costo di lastre n 54 vetri grandi pagato in £ 146.10 fatti venire da Venezia compreso nolo, gabella e porto, per la sala di Cornigliano Ma sono ancora moltissime le chiappe, che sono riassunte nella seguente tabella: Serramenti p. 6 chiappe telai chiappe ogni telaio 162 12 13,5 24 4 6,0 48 4 12,0 4360 392 11,1 364 30 12,1 20 2 10,0 92 16 5,8 240 20 12,0 1320 98 13,5 146 11 13,3 242 18 13,4 96 16 6,0 177 13 13,6 48 4 12,0 162 12 13,5 Facciata di villa Durazzo a Cornigliano che vengono poste in opera sia con piombo sia con stucco, questo ormai forse solo con bacchette di legno, alla francese, come vedremo. Nei locali minori si continua l'uso di piombo: 1761 15 settembre Conto del vetraro Bruno pagato in £ 5:4 per n° 4 telari e fatti nuovi per Cornigliano n° 48 chiappe a soldi 1:8 l'una £ 4 per n° 12 trappe di ferro poste a lavoro a soldi 1 l'una £ 0:12 per fattura del piombo vecchio £ 0:12 per n° 12 telari fatti novi posto chiape 162 a soldi 1.8 £ 13.10.per libbre 36 piombo novo servito per detti nella stanza dove abita il prete £ 8.8.per n° 42 trappe poste a lavoro a soldi 1 £ 2.2. Mentre per le finestre principali il numero di chiappe per telaio, rispetto al cantiere di inizio secolo, si riduce notevolmente e corrisponde a quanto ancora visibile in facciata; in altre parti dell'edificio alcune finestre potrebbero essere più tarde visto che vi risulta va ancora impiegato il piombo. Molto significativa la precisazione sulla forma e sulla sostituzione, ancora nel 1757, di un sistema con l'altro, una modifica in corso d'opera: Per n° 392 telari fatti di chiappe posto chiappe n° 4360 con spesa di stucco e lama, fattura alla francese a soldi 4 £ 872 per 11 telari fatti con piombo e rifatti di chiappe alla francese nella sala grande pezate postone n° 146 £ 20 La lama potrebbe essere quella sorta di spatola impiegata nello stendere lo stucco? fatto una lastra per il vedraro da metere il stucho a vetri 86 1763 20 ottobre Conto con quitt.a di £ 38 di Pietro Assereto vetraro Serramenti p. 7 per n° 18 pezi de telari fati nuovi a cornigiano 16 nella frabica nuova e uno dove abita Gaetano il carosiere e latro dove abita il Prete, posto chiape numero 242 a sodi 1:8 luna £ 20:3:4 posto piombo nuovo rubi 2 e una libra alie 7 a rubo £ 14:6 per numero 45 trape poste a deti per mia fatura a sodi 1 luna £ 2:5 per n° 8 libre di stagno servito per tuta la frabica a sodi 16 la libra£ 6:8 Con il tempo si rende necessaria anche la sostituzione dei vetri rotti, che compare in documenti del 1757, 1760, 1761, 1765, 1766… messi in opera sia con stucco sia con piombo. Per n° 10 chiape accomodate in stuco, 5 nelli fondi, una all piano dell giardino e unaltra nella stansia delle donne e due ne coridore nelle mezarie e unaltra dall porta della scuderia a soldi 4 l'una £ 2:-:Per n° 5 accomodate in piombo 3 nelle antiporte delli fondi e due nelle stansie delli carossieri a soldi 1.8 l'una £ -:8:4 n° 8 chiappe accomodate in stucco per fattura a s 4 l'una £ 1.12 n° 5 dette in piombo accomodate alla scuderia a s 1.8 l'una£ 0.8.4 n° 6 chiappe accomodate in piombo, due in credenza e quattro in cucina a s 1.8 l'una £ 0.10 per una chiapa posta in stucho nella galleria £ -.4.per una chiapa posta in stuccho nella stanza degli uccelli £ -.4.per n° 3 sopraporte dove abita il prete posto chiape n° 12 a soldi 1.8 £ 1.per altra chiapa posta ad altro telaro £ -.1.8 per una chiapa posta in stuccho in uno salotto £ -.4.per una chiapa accomodata nella camera della signora £ -.4.per n° 4 in piombo poste nelle stanze de cocieri £ -.6.8 per una chiapa posta in sala in stucho £ -.4.per altra in stuccho nelle mezzarie £ -.4.per altra in stuccho in cucina £ -.4.per altra in piombo in credenza £ -.1.8 per n° 5 chiape in piombo dove abita il prete £ -.8.4 Per n° 7 chiape accomodate in stucco, una posta a piano del portico, altra in detto piano in uno salotto, due nelle mezzarie delle scale et altra dove abitano le donne, e due nelle mezzarie sotto tetto £ 1.8.per n° 4 poste in piombo in cucina £ -.6.8 Un contratto del 1778 documenta una prassi, forse iniziata proprio a Cornigliano dove si montano 9 tellari da balcone con apri e tellari di vetro che porgono nella corte nobile con le cornici alla francese a £ 27 per ognuna, di aggiornamento delle finestre per un importante palazzo di città: 1778 a 4 luglio in Genova Conto del falegname Francesco Varzi per Paolino II Sauli q Domenico Resta convenuto con maestro Francesco Varsi bancalaro il lavoro da farsi dallo stesso cioé: finestre n° 7 di palmi 17.8 alte, larghe palmi 6 a £ 55 Serramenti p. 8 dette n° 7 alte palmi 13.3 , larghe palmi 6 a £ 42 dette n° 3 alte palmi 12.8 , larghe palmi 6 a £ 38 quali finestre devono essere finite di tutto punto colli vetri alla francese corniciate dentro e fuori, col zoccolo di vetri finite a lavoro colli suoi ferri, colle arve snodate colle sue fodrine corniciate, e con obbligo dello stesso di accomodare quelli telari maestri che fossero servibili, anco con qualche giunta conveniente, e ridurli come se fossero nuovi, il tutto per li prezzi detti di sopra di pura fattura per ogni finestra. E detto lavoro deve servire per l'appartamento inferiore della casa da San Genesio cornici Nel Seicento il vano della porta veniva sempre rifinito con una cornice di pietra, dai casi più semplici di elementi di Lavagna lineari per arrivare ai portali decorati e, nei casi più ricchi ed importanti, all'uso del marmo o della pietra di Finale.2 Nel palazzo Pallavicini vengono reimpiegate cornici di marmo antiche (a cui viene fatta manutenzione mediante lustratura, stucco e olio) e ne vengono acquistate di nuove, a cui occorre preparare degli incastri per la messa in opera dei tre elementi che costituiscono il portale, e vi interviene: Francesco Gaggino marmararo per fare gli incavi alle porte o sia porta di marmo per gorni di ferri per reggere le porte di noce. Nella villa Durazzo compaiono invece cornici di finto marmo e braghettoni di stucco: per aver dato il colore a n°4 porte nelle mezarie nove con le sue pilastrate machiate marmaresche per avere lavato la porta finta nel apartamento verde e tuti li braghetoni di stucho e darli una mano Con tutta probabilità il termine braghettone si riferisce ad una cornice che, non essendo più di materiale lapideo, viene semplicemente appoggiata, nel caso di uso di legno, o decorata, nel caso di stucco, alla superficie del muro, in cui potrebbe essere presente comunque un elemento di ardesia a regolarizzare la bucatura. Nell'esame di palazzo Reale si sono riscontrati tutti questi casi. ferramenta guarnimenti Le finestre del piano di sala del palazzo di Paolo Gerolamo sono dotate di: n° 96 mappe da vedro doppie con giglio quadro per li balconi a piano di sala £ 62.8 2 Cfr al capitolo sui materiali e A. DECRI, Per un glossario sull'uso della pietra per le finiture nell'edilizia genovese dei secoli XVI–XVII, in Atti del VII convegno di Studi "Scienza e beni culturali - le pietre nell'architettura: struttura e superfici", Padova 1991. Serramenti p. 9 per n° 96 occhietti per dette per n° 32 ferrogiali da vedro con gamba per n° 32 criche da vedro per n° 32 accricatori con due ponte per n° 32 tarantole per le gambe dei ferrogiali per n° 16 ferrogiali con suoi mezzi per mezzo de vedri per n° 32 annelli da vedro limati con sue rosette £ 6.12 £ 28.16 £ 20.16 £ 4.8 £ 3.4 £8 £ 9.12 Mentre le porte sono finite in questo modo: per il guarnimento de ferri per la porta di sala dell'appartamento superiore, cioé n° 6 mappe e n° 6 gangari ben fatti lustri con spina con pomo e due ferrogiali lustri con gamba e pomi et una serratura con sua mezza lustra da cricca e stanghetta con due chiavi e sua bochetta e sue gaccie e due annelli ben fatti e chiodi limati in tutto £ 80 per due gangari grossi per la porta di sala in peso libbre 11 £ 2.15 per contanti spesi per n° 4 pomi di ottone £ 6.8 per n° 8 bochette di ottone a soldi 5 l'una £2 fornimenti di porte di noce n° 10 a piano di sala con ferri come sopra tutti lustri £ 235 A villa Durazzo3 le finestre principali sono guarnite con le moderne4spagniolette grosse e mappe con canto, ma ve ne sono anche di quelle dotate di sistemi più antichi: fatto una guarnezione di uno balchone di vetro cioé 4 mappe e 4 ogetti e due criche con due ponte e due ferugiari e due anelli a balaustro in tuto £ 4:4: per due mappe da vetro e due ochieti e una cricha e uno crichatore ingenochiato e fatto una pastecha a una cricha da vetro £ =:2:8 Mentre nelle arve, cioé scuri, si trovano le mappe a parpaglione i ferrogiari con sue cambrette che servono per tenire serrato le dette arve, n° 1 spagnoletta limata con la sua manetta incastrata e il suo pomo col suo suppo' a sigio e sue punte da piantare a £ 8 l'una ve ne sono anche alcuni con le arve disnidate al mezzo. Le porte, forse comparendo per la prima volta proprio nel cantiere Durazzo, possono essere a braghettone (una ventina nei salotti dei vari piani), cioè con un telaio di legno al posto della tradizionale cornice di pietra, che viene messo in opera con appositi ferri: per aver fatto un finimento di porta a braghetone cioé n° 7 ferri da murare ingenochiati con sua vida di oncie 3 a soldi 14 l'una £ 4:18 3 4 I dati sono meno espliciti, di solito si paga di guarnimento senza meglio specificare. Le prime a Genova? Serramenti p. 10 Molto diffuse sono le cosiddette porte finte, ovvero quelle che sono destinate a confondersi con la superificie del muro. La descrizione del loro guarnimento ricalca molto da vicino quanto si riscontra ancora nel secondo piano nobile di palazzo Reale: guarnimento di n° 20 porte finte ciove n° 40 mappe a parpaglione con ochio da murare e con spina levaressa e n° 3 ferogiali con anello per aprire e n° 17 chriche con anello a scartocio per sudette porte e con ferugialetto una seratura a scatola da chrica e stangheta con ferogialetto e anello con griletto per porta £ 76 Vi sono ferri che possono venir impiegati sia nelle finestre sia nelle porte, come i braccetti per tenere le ante aperte, n° 32 brasseti con suoi ochi da murare e 32 da piantare che servono parte per le porte e parte per le finestre a soldi 6 l'uno £ 9:12:= o i parpaglioni, che servono a fissare i telai fissi al muro (cfr anche le mappe a parpaglione) Paganini 1857 (tav. XXXIV): 7 per n° 18 ferri da inchiodare e murare fatti a parpagion parpaglione palpaglione per li telari delle finestre e porte per due ferri da murare e inchiodare a parpaglione per li telari delli balconi di un palmo 8 parpaglioni di o. 4 limati sopra il ganghero per porte nelle mezzarie o i pivots, chiamati polsi o porxi o pousi o pouxi, che trovano impiego sia in porte sia in gelosie, e sono probabilmente elementi nuovi; sono costruiti con: per aver fatto n° 4 puosi cioé due di sopra e due di sotto con sua femina desnodati e sua spina levaressa £ 7:8 e sono realizzati con metalli e leghe diverse: 1756 à 20 febbraio Conto di pivots di bronzo n° 6 pouxi in peso cannelle 31.5 a soldi 22 la c. £ 37:18 n° 6 altri piccoli a 3.6.8 £2 pagate al maestro Francesco Maria Dalorto 1755 a' 22 settembre Conto di pivots per porte per n° 20 porxi a £ 1 £ 20 per n° 18 simili picoli a soldi 6.8 £6 6 dicembre 1769 Conto di Francesco Marcenaro ottonaro 22 marzo per n° 8 porsi di ottone per le gellosie £ 10.8 26 novembre 1771 Conto di Francesco Marcenaro in cui: n° 4 porsi di bronso gitati nel ferro per le gellosie di Cornigliano a soldi 30 l'uno £6 1755 @ 26 febbraio Conto di pivots di bronzo per le rimesse avere ottone vecchio n° 8 polzi di bronzo libbre 35 a soldi 20 la libbra £ 35 per n° 2 polzi di bronzo più piccoli a soldi 8 l'uno £ 0:16 per n° 24 tagliette di bronzo a soldi 8 £ 9:12 Paganini 1857 (tav. XXXIII): 1 porta a peuxi - uscio a bilico. U scio sostenuto inferiormente su di un Pernio o bilico (a) (peuxo) girevole sopra un rallino (b) (d a d d o ) o dado metallico fermato a piano del pavimento, e avente nela parte superiore una spranga di ferro che gira in un ane llo, o in una Nocella (c) (daddo) così detta dalla forma globosa. Serramenti p. 11 Una novità introdotta nel cantiere di Cornigliano sono le spagnolette, sistemi di chiusura delle finestre che si azionano mediante due rotazioni successive e diverse della maniglia. Ad alcune di esse viene applicata una lucidatura a spirito (su cui occorre intervenire dopo un paio d'anni), ad altre un non precisato colore: 1755 a' 30 ottobre Conto di vernice per le spagnolette Spirito di vino e gomma lacca in più volte per vernice delle spagnolette £ 60.10 aver dato il colore a n° 11 spagnolette giontato una spagnioletta per essere curta e fata arivare da serare in fondo e fato n° Paganini 1857 (tav. XXXIV): 11 2 ochi e il gancio e tirato il ferro per essere spagnoletta, (Firenze torcetto) grosso specie di paletto alto quanto l a finestra le cui estremità curvate n° 62 ferri a te con ponta ritonda per orizzontalmente imboccan ne' incrociare le spagnolette e da murare pernj conficcati dentro al telaio. 1757 a 20 agosto Conto di lustratura di a - maniglia che serve a spagnolette (firmato da Bartolomeo Bruno) torcerlo 15 giornate de lavoranti fate per lustrare le mappe de vetri nelli apartamenti sopra a £ 2 al giorno £ 30.-.per avere lustrato a oglio n° 40 spagniolette per suddetti per avere fato la rugine e per darli la vernice a soldi 30 l'una £ 60.-.- In generale i ferri sono resi lustri e tenuti ingrassati: guarnicione di n° 5 telari de balconi delle mezz'arie nobile spesa e fattura del grasso datoli osia vernice Una parte importante nei serramenti di Cornigliano la svolgono le gelosie, che invece nel cantiere genovese non sono quasi citate, forse erano già presenti, oppure erano rarissime e sarebbero poi state aggiunte più tardi. Si fanno con squere, per pagato ai segatori per fare segare le squere per fare le tavolette £3.13.4 e si colorano con verderamee biacca; 22 luglio 1764 Conto di travagli fatti da me Alberto Morasso (…) nel palaso a Corniliano Per avere dato due mani di colore a n° 40 finestre di gelosie grandi da una parte sola e le grosese di dette gelosie a lire 2:10 per finestra che sono £ 100 per avere dato il colore a n° 3 fenestroni di gelosie grandi di sala a lire 3 per finestra £9 per avere dato il colore verde come sopra a n° 24 gelosie picole a lire 2 per finestra che sono £ 24 Serramenti p. 12 per avere dato il colore a n° 4 finestre di gelozie con suoi pogioli di ferro sopra le ocelere a lire 2 per finestra, pogioli e gelozie che sono £ 8 per avere dato il colore verde a tuti li grileti delle gelozie in tuti £ 4 Non tutte nascono insieme alle finestre, ancora nel 1771 ne inseriscono di nuove, con l'aiuto del muratore, o dello scalpellino se si innestano su cornice di pietra, mentre altre vanno rinfrescate: 6 agosto 1767 conto del falegname mro Giuseppe Peirano per aver fatto le gelosie alla cucina e scuderia (detti balconi di gieloxia, fatto segare n° 20 squere) 17 maggio 1769 Conto di mro Giuseppe Peirano bancalaro per fatture e spese di gelosie a 4 balconi et altri accomodi, pagato in £ 230 24 dicembre 1771 (25 maggio) Conto di mro Giuseppe Peirano per lavori fatti a Cornigliano pagato in £ 90 Per aver fatto due balconi di geloxie grandi alli balconi al piano del portico per fattura di dette a £ 32 per balcone £ 64 per avere fatto li architravi corniciati di sopra a dette geloxie e fatte le sue tavole di sopra che servono per tetti a £ 5 per ognuna £ 10 n° 259 1771 lista di spese per manutenzione e usi di casa £ 151.17.8 F-19 29 maggio £ 10.7 per rubbi 1 1/2 biacca per dar tinta a gelosie della sala inferiore e soldi? 5 colla per falegname £ 10.12.2 giugno a Giacomo de Luchi scalpellino per giornate cinque impiegate in lavori per metter suddette gelosie et accomdo della scala segreta verso ponente £ 10.-.al muratore Lorenzo Lurasco per giornate 8 in lavori per metter dette gelosie et accomodo di detta scala £ 16.-.al lavorante del muratore Lorenzo Parodo Una manutenzione caratteristica è il rinnovo di alcune parti usurate: per giornate fatte per ripassare porte e balconi e geloxie e scambiare delle righe a dette geloxie La loro guarnizione cambia a seconda dell'importanza del vano dove si trovano, ad esempio quelle della scuderia e cucina sono dotate di ferri più semplici: n° 62 mappe a parpaglione con bechello a sol. 8 l'una n° 44 cricche e ferroggiari doppi a sol 16 n° 22 anelli a balaustro limati li chiodi per porre in opra detti ferri 24.16 35.- 3:6 1:10 invece nelle mezz'arie di cima verso Genova troviamo alcuni oggetti esclusivi o dei più moderni: 4 polaghi ingenochiati simili de altri soldi 40 l'uno n° 2 ochi simili de altri n° 2 bronzini inazzaliti simili a altri una spagnioletta con due rampini e n° 3 ochi incastrati e con manetta longha palmi 5 circa Serramenti p. 13 n° 2 ponte con due ingenochiature e da murare una per batente e altra da incrociare suddetta altra ponta d aimpiombare n° 2 griletti simili de altri n° 2 lamette per ove bate sudetti griletti un rampino simile de altri per la manetta della spagnioletta per n° 8 fornimenti a gierosia cioé quattro polici ingenochiati a squadra di palmi uno e onze tre per banda a soldi 34 l'uno £ 6:16:= per n° 2 occhi con due bronzine di ferro da murare per li detti polici a soldi 12 l'uno £ 2:8:= per n° 3 cricche con sua pastecha e suo bottone da piantare che servono per tenere aperto le gilosie a soldi 4 l'uno £ 2:8:= per n° 2 cricattori di un palmo da murare col suo dado bollito dove sbatte la gilosia a soldi 14 l'uno £ 1:8:= per n° 1 spagnoletta con sua manegia e suo suppo' con n° 4 punte cioé due da murare di mezzo palmo e .. 2 da impiombare più picole @ £ 7 l'una £ 7:=:= la sudetta roba é un fornimento che in tutto sono otto fornimenti (…) £ 140 Contodel fabro Gaspare Bruno per ferramenti di gelosie per 4 balconi alla serra, pagato in £ 119 in cui: Per la guarnizione de feramenti per n° 4 gelosie grande simile a quelle del pogiolo grande di sala state pagate £ 22 per guarnizione£ 88.-.n° 64 perni fati a amandoleta per le tavolette di dette £ 6.8.n° 8 bochete con due gambe da inpombiare per li ferogiali di fondo a soldi 6.8 £ 2.13.4 n° 7 griletti grandi per tener aperto dette a soldi 30 l'uno £ 10.10.n° 7 lamette per batente de detti £ 1.15.un bracietto e un ochietto per un'arva de dette £ -.8.n° 6 lamette per altre gelosie e poste £ 1.10.fata la lama a un ferogiale da gelosia @ 18 aprile fatto 8 ferri con patta e buchi da murare per finestre di gelosie di peso… fatto altri 8 simili di medesimo pezo £ 2.15 @ 13 maggio fatto la patta a due pomi da murare per finestre di gelosie di manifatura £ 0.3.= fatto due detti nuovi con patta da murare a sold i 4 £ 0.8.= Serramenti p. 14 anelli Prima delle maniglie a spagnoletta, quando il sistema di chiusura era costituito solo da mazzacavalli o altri paletti, per tirare l'anta di una finestra e spostarla in posizione si usavano anelli. Similmente si usavano anelli per le porte, anche con funzione di battente . Nel cantiere Pallavicini sono forniti a decine anelli a balaustro oppure limati, oppure a balaustro ordinarij, tutti con sue rosette, usati per li telari da vedro, o per le porte, compare anche un annello da vedro rottondo. Sono completati da dobioni, (dogoni, dopioni) e vengono stagnati. Finestra con anelli A Cornigliano troviamo gli stessi e alcuni per porte detti grossi, per cui come sistema di chiusura era ancora molto usato; vi sono inoltre: n° 30 anelli con dopione e rosetta a amandoletta lustri per li vetri de mezzarie nobili n° 46 anelli a balaustro da vedro di mezza qualità a soldi 3:4 £ 7.-.£ 7:13:4 bochette e gaccie Anello a balaustro di portone La parola ha almeno due significati, uno di finitura metallica della toppa, per una bochetta a fiamma per serratura a scatola lustra n° 24 bochette di lama per dette serature a soldi 28 e l'altro comune a gaccia: per n° 86 bochette da impiobare per porte e balconi £ 24.7.4 n° 24 bochette da impiombare per ferrogiali da vedro, balcone e porte £ 6.16 che può essere anche detta mezza: n° 19 serrature con sua mezza e bochetta fatta a S ben limata £ 98.16 Per essere messe in impiombate o murate: opera possono essere per n° 8 gaccie cioé 4 da murare e 4 da impionbare per le dette porte a soldi 5 l'una£ 2:=:= Paganini 1857 (tav. XXXIV): 9 ferugià paletto, nel serrare si fa entrare coll'estremità inferiore (a) in un'intaccatura, ovvero in una bocchetta (b) conficcata nel telaio Serramenti p. 15 Usate con cricche oppure con ferrogiali si possono trovare insieme a porte o finestre, nelle varianti grossa o inginocchiata: una gaccia da murare grossa per porta n° 3 gaccie ingenochiate per li ferrogiari da vedro a soldi 5 l'una £ Ø:15:= per una gaccia con tre gambe da murare et impiombare per porta £ - 12 £ -5 cricche e accricatori Le cricche nelle finestre sono impiegate soprattutto nel cantiere Pallavicini, e corrispondono a i mazzacavalli, azionati da corde o fil di ferro, mentre gli accricatori sono i Paganini 1857 (tav. XXXIV): corrispondenti naselli, talvolta con due punte, simmetriche, per accogliere i 10 cricca, paletto a molla o a mazzacavallo ferri (le stanghette) di due ante, talaltra con due gambe, per essere impiombati nella cornice di pietra. n° 4 agrichatori con due punte da vedro a soldi 2 l'uno £ 0:8:= per due accricatori da murare con due gambe per le porte fata la stanghetta a una cricca da vetro £ -.6.- A Cornigliano sono usati anche nelle persiane: per aver fatto n° 8 criche per le gelosie a soldi 10 l'una £4 Nelle porte i termini si riferiscono ancora ai mazzacavalli se posti superiormente oppure alle serrature (cfr voce serrature), che funzionano con lo stesso principio: per una cricca grossa con due chiavi e bochetta per la porta di piazza £ 5.12 per uno accricatore con due gambe per detta per una cricca grossa et un ferrogiale per fondo et altro per mezzo con suo mezzo il tutto stagnato per la porta di piazza in strada Lomellina in peso libbre 30 £ 12 per uno accricatore grosso da impiombare con due gambe per la cricca di sopra di suddetta porta £ - 13 Possono anche essere semplici o doppi (di spessore?): per aver dato n° 16 acrichatori da vetro doppii grossi a soldi 2 l'uno £ 2:12 per aver dato altri 14 acrichatori semplici da vetro a soldi 1 l'uno£ 0:18:8 per adattarsi a posizioni particolari possono essere piegati: per n° 3 agricattori da vedro inginochiati da murare a soldi 2:8 l'uno £ Ø:8:= Si usano con le tarantole, discusse alla voceferrogiali. 24 accricatori e tarantole da balconi £2 Nel caso di impiego come serratura si nota uno svilupparsi delle parti, con diverse funzioni, nel cantiere di villa: per aver fatto tre criche con suo anello e giocho con vide e dado con suoi acrichatori e bochette £ 5:= Serramenti p. 16 per avere fatto una cricha simile più grossa con uno ferrugiaro da serare indentro con sua molla sotto, e fatto un acrichatore da murare con due gambe ingenochiate e una tarantola in tuto £ 2:10: per una cricha nova da patta con suo anello e giocho a griletto con sua bochetta e acrichatore da murare serve per una porta vicino alla fenera £1:16 Tutti questi oggetti hanno inoltre diverse varianti non ancora chiarite: n° 16 cricche con molla da livello ben limate £ 19.4 n° 16 accricatori da murare con due gambe per le porte delle mezzarie £8 n° 106 cricche da balcone con molle da livello £ 132.10 n° 70 cricche con molla da livello con taglia £ 105 n° 34 cricche da vedro con giglio quadro £ 22.2 per n° 42 cricche da balcone con taglia e due molle £ 63 per n° 70 cricche da balcone con due molle £ 84 ferrogiali I ferrogiali , paletti, si usano per tenere chiuse ante di porte e di finestre, per n° 16 ferrogiali con suoi mezzi per mezzo de vedri£ 8 n° 22 ferrogiali da balcone con pomo per mezzo de balconi con suoi mezzi £ 27.6 per chiodi limati per detti £-3 per n° 2 ferrogiari da incastrare con sue cambrete che servono per una delle dette porte a soldi 16 l'uno£ 2:12:= possono perciò essere messi in opera in verticale, e si inseriscono in appositi alloggiamenti della soglia o dell'imbotte o in Paganini 1857 (tav. XXXIV): 9 ferugià paletto, ne l serrare si fa entrare coll'estremità inferiore (a) in un'intaccatura, ovvero in una bocchetta (b) conficcata nel telaio. bocchette, o in orizzontale, nel qual caso ci vuole ancora una bocchetta da fissare alla cornice o all'anta opposta: per una cricca grossa et un ferrogiale per fondo et altro per mezzo con suo mezzo il tutto stagnato per la porta di piazza in strada Lomellina in peso libbre 30 £ 12 per una bochetta per il ferrogiale di fondo da impiombare per sudetta porta £ - 12 n° 18 bochette da impiobare per li ferrogiali di suddette porte £ 5.2 per aumentare la capacità di tenuta sono aiutati da una molla Paganini 1857 (tav. XXXIII): 24 fero morto ciatto, paletto l 'asta piatta scorre nei piegatelli (pasteche ciatte) ferugià palettino, paletto simile al precedente, ma molto piccolo, e perlopiù di ottone che s'appone agli usci per la parte interna per avere fatto la mola a due ferrogiali da vedro £-4 per avere messo la molla a 10 ferrogiali da vedro £ - 10 per n° 6 ferrogiari con trappa con sua lama batuta e sua mola sotto e sua gambretta che servono per le dette porte a soldi 30 l'uno £ 9:=:= Serramenti p. 17 mentre per tenerli in posizione aperta, come può essere utile in certi casi, vi si aggiunge un trategnio. Quando invece il ferrogiale assume funzione di serratura sarà necessario aggiungere un arboretto (cfr figura 14 di Paganini): n° 3 ferrogiali inginocchiati con arboletto per porte di commodit࣠2.8 ferrogiari stagnati con suo arboretto per porte di commodità £ 1.12 oppure un anello con vite: per uno ferogaro per la porta da coginetta insenogiatto con suo anelo inviatto con suo dado £ =:16 Presentano diverse finiture dell'impugnatura: lo scartocio, il pomo , il pometto, il pomo ovato n° 20 ferrogiari con gamba ben limati con pomo £ 24 e possono avere la parte piatta (cartella) sagomata a giglio quadro: n° 68 ferrogiali da vedro con giglio quadro £ 44.4 n° 16 ferrogiari da vedro doppij con giglio quadro per le mezz'arie di sala a soldi 16 l'uno £ 12.16 Quando la loro lunghezza viene esasperata, per rendere più comodo il loro uso, vengono detti con gamba oppure con trappa; se ne trovano di varie misure, dal Paganini 1857 (tav. XXXIII): 27 ferugià co a trappa, paletto palmo e mezzo ai cinque palmi e mezzo (da 40 cm fino a 140 cm circa ). due ferrogiali per porta per andare in cucina con gamba di palmi 3 lustri£ 9.12 ferrogiali da balcone con gamba lunga palmi 2.8 per n° 32 ferrogiali da vedro con gamba £ 28.16 Esistono anche piccoli paletti, probabilmente da montare in un apposito incavo del serramento: n° 80 ferogialetti con pometto e da incastrare per le mez.e de balconi a soldi 6.8 l'uno £ 26.13.4 Un componente spesso citato con i ferrogiali, (per le Paganini 1857 (tav. XXXIII): gambe dei ferrogiali da vedro o da porta) ma anche con gli 14 andelo nottolino specie di leva interna (a) infissa a squadra in accriccatori e con le serrature, sono le tarantole, che non un'asticciuola (bc = erboetto) che, uscendo fuori dal coperchio della sono facili da identificare. per n° 28 acricatori da balcone e n° 20 tarantole porta nel coridore, 4 tarantolette per li ferogialetti del vetro di detta n° 30 acricatori con n° 15 tarantore da balcone duppie a soldi 2:8 n° 20 tarantole e 20 accricatori da balcone toppa termina in p r e s a (de maneggia), finimento metallico del fusto (erboetto) del nottolino £ 3.13.4 acconcio ad esser preso e volto colle mani; secondo la forma £ -.8.prende il no me di gruccia (scrossua) pallino (pommo) maniglia (maneggia) ec. £ 6:=:= £ 3.6.8 Serramenti p. 18 Ne esistono anche di piccole, le tarantolette. Possono essere: da impiombare da vedro da impiombare doppie da balcone doppie da balcone grosse per fare tre tarantole nove, due insenogiatte da due parte in longhesa oncie 7 de gamba manifattura de sudette a soldi 6 l'una £ =:18:= per due gangheri e una tarantola da piantare per aregere la tronba di peso libre 3 potrebbero corrispondere ad un nome antico di pasteche (pasteche di ferrogiali) 5o di cambre o cambrette:6 1 2 Disegno di Anna Boato fatto n°2 cambre per un balcone nel polaro o sia tarantole infatti si usano per gli stessi scopi: 24 cambrette stagnate con due gambe per da piantare per ferrogiali n° 38 cambrette che servono per le gambe dei ferrogiali £ 3.16 per n° 32 tarantole per le gambe dei ferrogiali£ 3.4 per aver fatto n° 2 ferrogiari con trappa uno di palmi 3 e l'altro di palmi 5 1/2 con sue cambrette £ 4:10 a meno che non se ne distinguano per essere quella particolare pasteca che è dotata da un lato di una piccola gamba di ferro piatto che, appoggiandosi alla stanghetta, la mantiene in posizione perché è foggiata in modo da servire da molla, come si vede in figura, in una cricca e in un ferrugiale. Paganini 1857 (tav. XXXIII): 23 f ero morto, catenaccio, chiavistello ab- bastone che scorre negli anelli c, c pasteche rionde d - bocchetta, gaccia, tonda ingessata nel muro e - boncinello, cainasso, ch'entra nella feritoia (bochetta o imbocatua) d'una toppa 5 Cfr Paganini, tavola XXXIII, vi compaiono pasteche rotonde (anelli) e piatte. Garzanti 1987: Cambra: grappa metallica a due punte con cui si tengono uniti elementi di costruzioni in legno. Cambretta: chiodo ricurvo a forma di V a due punte. 6 Serramenti p. 19 mappe, gangheri e occhi Murati, cioè inseriti direttamente nella muratura (mediante una pata da murare), o impiombati, fissatialla cornice di pietra, o piantati, Paganini 1857 (tav. XXXIII): 5 gàngao - probabilmente quando martellati nel legno degli stantiroli,7.i gangheri arpione, ganghero, cardine , arpioni, sono l'elemento adunco su cui ruota la mappa, che vi è collegata mediante un occhio. Misurano fino ad un palmo, ve ne sono anche da otto once, e altri adatti a vari usi n° 12 gangheri da murare di palmi 1 che servono per porte £ 4.16 due gangari da impiobare per porta di cucina £ - 18 per due gangari grossi per la porta di sala in peso libbre 11 £ 2.15 Trovano impieghi anche diversi dal cardine, come: n° 12 gangheri inginocchiati servono per reggere li seitri d'un salotto £ 3.10 per due gangheri e una tarantola da piantare per aregere la tronba di peso libre 3 Le mappe possono essere : per manifattura di fare n° 4 mappe masce in longhezza once 10 a soldi 4 l'una £ =:16:= per manifattura di fare due mappe femine in longhezza uno parmo £ =:8:= sei paia di mappe maschie e femine lustre con pomo sotto e sopra per la porta per andare in cucina £ 9.12 per n° 3 mappe per porta di luce a piano di sala maschie e femine con spina con pomo £ 4.10 In tal caso saranno necessari, al posto dei gangheri, gli occhietti, che si trovano anche doppi, o grossi, da impiombare o da murare: n° 8 occhietti da impiobare grossi per li balconi £ -13 n° 102 occhietti da vedro £ 5.2 n° 13 ochietti da murare per li vedri di finestre sopra le porte della servitù a soldi 2 l'uno £ 1:6:= per aver dato n° 44 ochieti da vetro dopii £ 2:4 Di mappe ne esistono di molte varietà: mappe da vedro con giglio quadro per balconi mappe da vedro doppie con giglio quadro per li balconi a piano di sala £ 62.8 mappe snodate per balconi mappe da vedro a due canti per avere accomodato n° 8 delle sue mappe da vedro e messoli a parte li suoi canti a soldi 3 l'una £ 1.4 7 Paganini 1857 (tav. XXXIII): 6 mappa bandella, i l suo occhio (a) si fa ent rare nell'ago o pernio dell'arpione Elementi lignei con cui venivano fatte le porte o strutture leggere di tramezze nei secoli precedenti. Serramenti p. 20 per avere accomodato 24 delle sue mappe da vedro parte fattovi l'anello nuovo ingenochiate e misole le sue mane'a soldi 2 l'una£ 2.8.per avere fatto 24 oggetti da vedro per le dette mappe £ 1.4.per 4 mappe da vetro mezane e 4 ochieti in tuto £ 1:4: n° 8 mapette da vedro quadre con suoi ochi da murare a soldi 8 l'una £ 3:4:= per aver fatto n° 12 mappe dopie a squadra per le gelosie a soldi 12 per mappe a T per porte n° 2 mappe a Tei con suoi gangari limati da murare che servono per la porta della vidraria delle donne a soldi 30 l'una £ 3:=:= quelle usate nelle porte variano di lunghezza tra i due palmi e i tre (50÷75cm circa) per avere accomodato adrizzato e fatto stagnare n° 120 mappe di palmi 3 £ 34 più piccole (cinque once fino a due palmi e mezzo, 10÷65cm circa) quelle da finestra, che sono spesso a squadra: per due mappe desnodatte longe oz 5 per balcone £ =:12: n° 60 mappe di palmi 2 1/2 stagnate per balconi del primo appartamento in peso libbre 43.6 £ 56.11 per n° 96 occhietti per dette £ 6.12 Compare nei due cantieri la mappa a parpaglione , usata nelle finestre ma specialmente nelle porte, si montano soprattutto con occhi, da piantare nel legno o da impiombare nella pietra e si fissano con una spina levaressa, cioè sfilabile: per 2mappe a parpaglione inginocchiate lustre per il balcone finto£ 1.8 n° 54 gangari e mappe a parpaglione per arvi grandi mappe a parpaglione per porte per n° 6 mappe a palpaglione inginocchiate per la capella £6 per due mappe a parpaglione e due occhi da impiombare con spina levaressa per una porta nel salotto della capella £ 1.16 porte finte ciove n° 40 mappe a parpaglione con ochio da murare e con spina levaressa per n° 16 mappe a parpagione grosse ocn sedeci gangheri da murare che servono per le porte al piano nobile in due arve a soldi 34 l'uno£ 27:4:= per n° 4 mappe a parpagione con li suoi gangheri da murare ma più picole che servono per le porte finte al piano nobile a soldi 28 l'una£ 9:12:= una mappa a parpaglione con magetta e buchi per due mappe da porta a parpaglione con ochio da murare e spina levareza per una porta vicino alla capella £ 1:4: mappe a parpaglione con ochi da piantare e spina levareza£ 1:10: Mentre è una novità di Cornigliano la mappa alla francese. Inoltre trovano impiego anche per altri manufatti: 4 mappe a parpaglione lustre con spina per il camino 20 mappe da vedro dopie con giglio per il miradore £ 2.16 £ 6.13.4 Serramenti p. 21 adattandosi alla bisogna, ad esempio con uno snodo: due mappe snodate a parpaglione ben fatte per sedile di commodità £ - 16 n° 8 mappe snodate grosse con due occhi di palmi 2 1/2 £ 14.8 mappe desnodate longhe oz 6 per uno portello di uno locho comune per havere accomodato n° 12 mappe snodate aggiontate e messe in misura, cambiato le spine e stagnatea soldi 8 l'una £ 4.16 uno bracio da porta con mappa disnodata e ribatutta a detto. serrature Alfredo D'Andrade, serratura genovese, da l ui attribuita al sec. XVI, in cui è r affigurata anche una chiave da croce. In: M. BERNARDI - V . VIALE, Alfredo D'Andrade, la vita, l'opera e l 'arte, Torino 1957 Le serrature più semplici possono essere considerate le seguenti: per due stanghette con riondelle poste sopra di sua lama per il polaio £ =:12: una salicina con sua chiave per rastello mentre si fanno via via più complesse a partire dalle più antiche cricche, o serrature a cricha e stanghetta per n° 1 cricha di porta finta al piano nobile con il suo ferrogiaretto alla banda e suo anello andarello con la sua vida £ 2:10:= una cricha con scartozzo da una parte e anello con vite e griletto e molla a tamborino n° 1 serradura da cricha e stanghetta con il suo anello andarello in vida di aprire dentro e fuora con sua chiave fatto una seratura a cricha e stangheta in fondo della schalla £ 2:10:per una bochetta con due ponte per sudetta £ =:12: Paganini 1857 (tav. XXXIII): ciaveuia a cricca toppa o serratura a colpo o a sdrucciolo, quella la cui stanghetta a mezza mandata, per lo smusso che ha in cima e per effetto d'una molla interna entra da sé nella bocchetta, qualora si dia una spinta all'uscio… 12 meza bocchetta 13 ciaveuia a cricca e stanghetta toppa o serratura a colpo e mandata, a stanghetta a c olpo (smussa), b stanghetta a mandata, c presa del nottolino Paganini 1857 (tav. XXXIII): 9 molla erco calcio ( a) ripiegatura della molla contro cui la chiave striscia e pr eme e così mette in libertà la stanghetta mossa pur essa dalla chiave ombrisallo ago (entra nel foro della chiave femmina) Serramenti p. 22 fatto il scharttocio a una seratura a cricha e stangheta e acomodata £ =:12: per avere fatto una seradura fatta a feroggiaro con un altro feroggiaro di sotto con sua cartella e suo anello andaello d'incrostare per detta porta £ 2.16.per avere comodato una seratura da chircha arboletto comodata nella bocheta e scontri e fatto giocare le mole serve per una porta nella villa de pori levata e posta £ 1;-.per aggiustare una stanghetta con aggiontovi n° 3 ferro et una pastecha nova per aggiustare una serratura da cricha con fare chiavi per detta £ :18 per una chiave da croce £ :16 probabilmente non dissimili dalle serrature piane, che troviamo fornite di bocetta, o in una versione più piccola n° 4 serrature piane mezzane posseggono una parziale copertura, il capeleto: achomodato una seratura piana tagliato la stanghetta e levato il capeleto £=:6:- Paganini 1857 (tav. XXXIII): 10 capelletto coperchio forse similmente a quanto avviene in una serratura coperta con sua bochetta di lama per porta £ 2:2 forse sinonimo di serratura chiusa; mentre possiamo immaginare completamente nascoste da un rivestimento metallico (come l'ottone) le serrature a Paganini 1857 (tav. XXXIII): scatola, a volte colorate di nero: fatto una seratura a schatola con chiave e cricha e stanghetta e scartosio e ferugialeto e anello con doppione, con vide e dado per porta £ 7:10: per una bochetta da inpiombiare con tre gambe per detta £ =:10: per avere accomodato n° 3 serrature a scatola con sue mezze e bochette e fatte nere e lustrato le chiavi per salotti £ 2.6 per avere accomodato n° 3 serrature a scatola e lustrate e per avere lustrato le chiavi di dette et accomodato il gioco per aprire dentro e fuori et una di dette fatta nera 7 ciaveuia serratura, toppa, strumento che tiene serrati usci, caase e simili, e s'apre con chiave. Dicesi toppaiuolo il fabbro che fa toppe. Le parti della toppa oltre il fondo e il coperchio sono: scontri ingegni (cfr altre distinzioni), stanghetta, (a) ha inferiormente uno o più denti contro i quali preme la chiave nell'aprire o serrare; cricca stanghetta a colpo v. digiunselle piegatelli (b) staffe di ferro piegate a squadra dentro le quali è sostenuta e scorre la stanghetta imbocatua feritoia (c) apertura laterale della toppa dond'esce fuori la stanghetta per entrare nella bocchetta nel cantiere Pallavicino si usa , ad esempio, per il portone d'ingresso per una serratura grossa a scattola con sua mezza stagnata e due chiavi e bochetta per la porta di piazza in strada Lomellina £ 21 Una novità del cantiere Durazzo consiste nell'uso di serrature d'Inghilterra Serramenti p. 23 per una serratura lustra fatta all'inglese con sua mezza e bochetta e vide per la porta di sala nel primo appartamento in ascendere£ 22 n° 2 serrature d'Inghilterra per le mezzarie verso il mare£ 20 serrature piccole d'Inghilterra fasciate d'ottone a £ 10 n° 9 £ 90 dette ordinarie piccole nere a £ 2.6 n° 12 £ 24.12 dette come sopra ma più grandi n° 12 a £ 3 £ 36 e per altre due alla dritta come sopra a £ 10 e n° 3 alla sinistra a £ 9 £ 47 per avere fatto li denti a una chiave d'Inghilterra del signor Gio Luca £ 0:10:= per spesa di serradure di Inghilterra di lattone £ 32:=:= Le serrature sono completate dalle mezze e da vari sistemi di azionamento, anelli o pomi per contanti spesi in n° 12 mezze serrature di ottone £ 42 per avere lustrato n° 4 annelli e rosette e molti pomi per le serrature in tutto £ 1.12 infine troviamo anche casi particolari quali le serradure da rastello (cancello) o l'uso di una serratura a scatola da aprire di fuori e impernata con dadi sopra un'inferriata, o le serrature inginocchiate. Esiste un fornitore specializzato in chiavi, Carlo Grandi. accomodi e manutenzioni Il reimpiego dei ferri si spinge ad una continua azione sui singoli pezzi, in modo da adattarli al nuovo uso, che non risparmia nessun elemento: per avere accomodato 24 delle sue mappe da vedro parte fattovi l'anello nuovo ingenochiate e misole le sue mane' a soldi 2 l'una £ 2.8.per avere acomodato 30 delle sue mappe vechie e agiustate nelli suoi gangheri a soldi 2:8 di fattura £ 4:=:= Per avere acomodato n° 42 ferri da balcone delli suoi vechij cioé criche e ferrogiari a soldi 3 l'uno £ 6:6:= per aver accomodato n° 28 fra criche e ferroggiari delli suoi e messovi le sue molle a soldi 3 l'una di mia fattura £ 4:4 per avere accomodato n° 108 pezzi di criche e ferrogiari da balcone, fatto molle e rienzelle e stagnati a soldi 4 l'uno £ 21.12 Per avere acomodato n° 4 delli suoi gangeri per le finestre e datoli giunta £ 0:10:= Per avere acomodato n° 12 delli suoi gangeri con n° 12 delle sue mappe da balcone a soldi 5 l'una mappa e gangero £ 3:=:= oppure a riadattarli qualora si siano rotti: Serramenti p. 24 spesa di lime molle e lami per agiustare tutti li ferri guasti che erano a cronigiano £ 4 per levatto una seratura di uno restello di ferro alla marina dismontatta e posto li schontri e di novo rimontatta levata e posta in opera con perni ribatutti, e fatto due meze per detta con l'anello in tuto £ 1:14:per avere achomodatto una seratura a schatolla per la porta del palazo, posto li schontri e levata e posta in opera £ =:12: o a rinforzarli quando tendono a indebolirsi: per avere acomodato n° 18 delle sue mappe vechie e agiustate nelli gangheri e limate e molte imbotite a soldi 4 £ 3:12:= spesso ricorre il rifacimento dei denti delle chiavi o del gioco della cricca perché rotte per avere attaccati li denti ad una chiave, quale serve per una porta della cocina £ 0 10 accomodato una serratura a croce fatto li denti nuovi alla chiave£ . 10. comodato una seratura a scatola di ottone nelli pomi e gioco della cricca £ -.8.comodato una seratura a scatola d'inghilterra, fati li denti alla stangheta e fata andare bene £ -.10.- o per poterle reimpiegare Per avere acomodato n° 6 serradure delle sue da porta e fattoli andare bene sei delle sue chiavi vechie e scambiato a tutte li scontri che una non possa aprire l'altra per mia fattura £ 4:=:= I serramenti tendono a deformarsi, sia per l'igroscopicità del legno, sia per l'azione della gravità sul profilo opposto a quello delle cerniere, sia per l'usura dei ferri; sono documentate infatti minuziose manutenzioni, i ripassi, nel 1758, 1769, 1770, 1773… giornate fatte per ripassare porte e balconi e levato delli ferri e tornati a ponere e ricomodare le geloxie legno impiegato Le essenze esplicitamente impiegate nei serramenti sono: - il noce, che compare solo nel palazzo Pallavicini ed è impiegato in alcune porte importanti tavole di noce di p 12 1/2 x p 2.3.11 mro Gio Batta Gesta pagato per manifattura delle porte di noce per li salotti e sala e delle porte di legno nelle mezz'arie nobili superiori - il castagno di Corsica, per porte e per porteletti per la scisterna 1759 @ primo ottobre Conto del falegname Giuseppe Rolero e per una porta nuova nella villa condotta da Picasso pagato in £ 24 fatta con castagna di Corsicha, tavole lun p 10 par p 10, con sue sprande e batente, chiodi da besaro, chiodi da basto e colla Serramenti p. 25 - il cipresso per telai di finestre, per cancelli e per la porta principale del palazzo Pallavicino, in forma di canteri, tavole o legname generico: n° 297 £ 100 per otto gran tavole di cipresso per la porta di piazza sopra la strada Lomellina 1758 15 luglio Conto di legname per rastelli Legname di cipresso per n° 5 rastelli cioé 4 al mare et uno nel viale di Picasso £ 28 9 febbraio 1770 Conto di Giuseppe Moltino per legnami pagato in £ 100 N 8 canteli di cipresso per fare li tellari di balconi del in Cornigliano (Genova canc.) cioé n 2 di palmi 12 un di palmi 13 e un d ip 10 e n 4 di palmi 9 che in tutti sono palmi 83 a soldi 5.4 palmo £ 22.2.8 n 1 di palmi 11 servito per Cornigliano a soldi 5.4 £ 2.18.8 - le square di fiandra lunghe oltre quattro metri e spesse circa sei centimetri per le gelosie e fare tellari delli buffetti di sala; per la guarnizione delle gelosie stesse si usano squere sottili. - alcune tavole di pino: per avere fatto una portetta alla cocina chi figura armario, tavole di pino e chiodi. Pavimenti pag. 1 Pavimenti Le possibilità di scelta per la realizzazione di un astrico sono diverse, vanno dagli elementi appositamente prodotti, siano essi di cotto oppure di materiali lapidei, ai sistemi di stesura di un calcestruzzo battuto; in città non si trovano invece pavimenti di legno, che cominceranno a diffondersi nell'ottocento, come succede nel secondo piano nobile di palazzo Reale. Pietra e cotto Nel seicento i pavimenti più lussuosi sono realizzati con ottangoli e quadretti di terra1 che troviamo ancora usati nel cantiere Pallacivini ma non in quello Durazzo, anche se questo potrebbe dipendere dal fatto che si tratta di una villa, in cui neanche nel secolo precedente sono stati Quadretti di marmo bianco e nero nell'atrio della galleria di palazzo Reale finora riscontrati questi manufatti. La particolarità che emerge dai documenti qui studiati riguarda la provenienza: invece di arrivare da Savona o da altre fornaci più vicine ottangoli Ottangoli e lagionetti di e quadretti sono di Tunisi. Non è stato possibile terra in un ripostiglio di palazzo reale Ottangoli e avanzare ipotesi plausibili sulla causa di questo acquisto, solo lagionetti di terra in un la lettura approfondita dei documenti che riguardano i rapporti ripostiglio di palazzo reale commerciali di Paolo Gerolamo III potrà forse fornire qualche indicazione utile. In entrambi i cantieri sono presenti pavimenti di chiappelle, particolarmente quelle ferriole, più cotte e più resistenti all'usura e all'acqua, oppure di quadretti di cotto, a Cornigliano sono impiegate anche1000 quadrette di oncie 15 in quadro fondo bianco con fiori di diversi colori fatte venire da Napoli per il pavimento del bagno e luogo all'inglese, secondo Ottangoli e lagionetti di terra in un ripostiglio di palazzo Reale una moda che aveva già condotto maioliche napoletane 1 Cfr A. BOATO - A. DECRI, Il cotto nelle pavimentazioni genovesi dei secoli XVI e XVII, in Atti del convegno "Superfici dell'Architettura: il cotto. Caratterizzazione e trattamenti", Padova 1992, pp. 247-256. Pavimenti pag. 2 persino in una celebre villa settecentesca di Albisola,2 una delle zone di produzione del miglior cotto locale, e 2050 pianelloni osia chiapelle più larghe e longhe delle nostre e di pasta più fina venute da Pisa. Per quanto riguarda i materiali lapidei a Cornigliano troviamo pavimenti di portelli, grandi quadri di pietra di Lavagna, ottangoli della stessa pietra, che vanno in opera insieme ad un quadretto di marmo, e le speciali amandole di bianco e nero. Battuti Astreghi battuti sono attestati a Genova nelle fonti scritte a partire dal maggio del 1500;3 nel corso del seicento le Quadretti di terra in un ri postiglio di palazzo Reale citazioni si moltiplicano, un documento del 16184 dice chiaramente che bisogna eseguire un lastrico battuto fatto con ogni diligenza benissimo spianato et fatto liscio e poi tinto di rosso, quindi si prevede la stesura di un colore su un impasto non meglio definito. In una descrizione di terrazzi veneziani della fine del XVI secolo5 sembra invece che il colore venga mescolato all'impasto nello strato di finitura. Pavimenti ancora oggi visibili nelle sale di alcuni palazzi monumentali, come Pellicceria, appaiono ad esempio nel palazzo Spinola di effettivamente come "laghi rosso sangue". 6 Tuttavia manca una ricerca sistematica, attraverso la quale sia possibile verificare su cosa sono stese tali finiture superficiali, che spesso non coprono un battuto ma quadretti di cotto. Proprio nel primo nucleo dell'attuale palazzo Reale, nel 1643, sono eseguiti battuti 2 colorati con il cinabro;7 il Salotto al piano di Spinola secondo palazzo Villa Faraggiana, oggi proprietà del comune di Novara, fu costruita nel XVIII secolo da Gerolamo Durazzo. 3 A. BOATO, Costruire a Genova tra medioevo ed età moderna tesi di dottorato in Conservazione dei beni architettonici, VI ciclo, Politecnico di Milano, cfr pp 153ss anche per la questione della provenienza veneta degli esecutori. 4 ASG, Notai antichi 4381. 5 F. Sansovino citato da A. BOATO, Fonti indirette e archeologia dell'architettura: una proposta di metodo, in riv. Archeologia dell'architettura, III, Firenze 1998, p. 73. 6 Espressione di A. BOATO, Costruire a Genova… cit.. 7 A. BOATO, Costruire a Genova… cit., n. 277. Pavimenti pag. 3 documento dice: li astreghi della sala, camere al piano di essa e mezzani, si faran astreghi batuti rossi de cinapro, e a tal fine viene fornito in cantiere un barile di cinabro perché serva pe r dare il colore alli astrighi battuti delle stanze.8 Anche qui è possibile ipotizzare una finitura rossa ma non si può escludere che il colore fosse incorporato nell'impasto, proprio come appare nei pavimenti ancora presenti, permettendo di conseguenza di avanzare l'ipotesi che i battuti rilevati al secondo piano nobile appartengano a questa fase. Nel 1667 si realizzano, in un palazzo della stessa strada Balbi, pavimenti alla foggia di quelli di Venetia.9 Com'erano in questo periodo i pavimenti a Venezia? Sono diverse le descrizioni e le ricette diffuse nei secoli, 10 ma esiste l'ipotesi che si tratti di getti continui dal disegno indifferenziato, rossi per la presenza di cocci e per l'uso di cinabro.11 Nel settecento, sempre a Venezia, pare si diffondano invece quelli riccamente decorati con tessere di pietre diverse.12 Nell'ottocento13 è indicato a Genova come pavimento alla veneziana un pavimento formato d'uno strato di pezzetti di marmo, per lo più di diversi colori e disposti a disegno, incastrati in un suolo di smalto, battuti e lisciati insieme con esso probabilmente lo stesso che oggi è detto pavimento alla genovese. A questo proposito è interessante rilevare quanto riportato dall'Enciclopedia Treccani14 che definisce "alla veneziana" il pavimento decorato con inserti di marmo e alla genovese quello ottenuto con il solo impasto (calcestruzzo di cemento e scaglie di marmo) in cui, nell'altro, sono inserite le tessere: gli esempi che stiamo per descrivere rientrano sempre in questa descrizione e in quanto Paganini spiega sul termine battuto: Batüo, battuto, suolo o pavimento di smalto, cioè di: Batümme, smalto, composto di ghiaia e calcina mescolate con acqua e poi rassodate insieme. Dicesi pure calcestruzzo e calcistruzzo specialmente se alla rena si sostituiscono matton pesto e frantumi di marmo. 8 ASG, Notai antichi 6043. Citato in G. MOR - RTOLUSSO - SSO ITTALUGA, Un'analisi delle pavimentazioni seminate in area ligure: materiali tecniche e morfologie. In Atti del IX convegno scienza e beni culturali, Padova 1993. 10 Per un riassunto Cfr A. BOATO, Costruire a Genova… cit.. 11 G. MOR - RTOLUSSO - SSO ITTALUGA, Un'analisi… cit., p. 77. 12 Le cui ricette sono messe a confronto in G. MOR - RTALUSSO - SSO ITTALUGA, Un'analisi… cit., pp 82ss. 13 P. A. PAGANINI, Vocabolario domestico genovese italiano, Genova 1857. 14 Citato in G. MOR- RANIUSSO - SSO ITTALUGA Un'analisi… cit.. 9 Pavimenti pag. 4 Nell'ottocento a Genova viene chiamato alla veneziana un battuto uniforme così realizzato: n° 479 pavimento alla veneziana od a mosaico senza disegni, formato a campo liscio sopra tre strati di impasto , il 1° composto di 1/3 calce in pasta , 1/3 frantumi di mattoni, 1/3 ghiaietta avente lo spessore di m. 0.04 a m.0.06, il 2° composto di 1/3 calce in pasta e 2/3 polvere di coccio finissima, avente lo spessore di m 0.03, il 3° composto di 1/3 calce in pasta e 2/3 polvere di marmo avente lo spessore di m 0.05 Sopra quest'ultimo strato si incastreranno con diligenza dadi di marmo grossi 15 millimetri, a vari colori per modo tale che gli interstizii non sieno maggiori di millimetri 4. Poscia verrà questa superficie marmorea battura con mazzeranga e lisciata a cilindro. Infine sarà ridotta lucente, con un velo di olio di lino cotto e strofinato a perfetta siccità. Sembra quindi che si tratti di almeno tre manufatti dalle caratteristiche diverse: il battuto finito rosso uniforme, il seminato con l'impasto rosso e la ghiaietta colorata, la "graniglia" a disegni; 15 questa distinzione potrebbe anche avere un significato cronologico, quest'ultima sia sicuramente infatti sembra che documentata a partire 16 dall'inizio dell'ottocento , mentre gli altri appartengono a periodi precedenti e, proprio nel settecento, potrebbero cambiare… Nel cantiere di Cornigliano troviamo diversi battumi o pavimenti di batume, per i quali viene fornito del sapone, forse per aiutare il passaggio dei ferri per spianare, dei pezzami di mattoni, della savorina portata dal Gasso. Questa viene fornita insieme ad arena e savorra e la si può ritenere una ghiaia fine, mentre la savorra si usa per il pavimento della sera et per li fondi del palazzo ove vi erano le fosse della calcina, quindi per un riempimento in cui risulta più adatta una granulometria maggiore. Viene dal monte Gazzo, lo stesso da cui proviene la pietra da calce, un calcare magnesiaco di colore grigio perla. 15 Così vengono definiti in S. DE MAESTRI, I pavimenti in graniglia a Genova, in riv. Recupero e conservazione, n° 23, 16 Nel 1833 un veneziano residente a Genova offre i suoi servigi per quattro qulità di seminati, dai più ricchi ai più semplici, cfr G. MOR- RSTRUSSO - SSO ITTALUGA Un'analisi… cit.. Pavimenti pag. 5 1760 28 febbraio (un analogo al 10 giugno per £ 561:6) Conto di pezzami di mattoni, embrici, fasci di bosco da pasteni, legname per le ville in Cornigliano e Fino ivi provvisti da Giuseppe Maira Costa di Voltri per £ 790.4.4 I frazammi di mattoni provengono da una fornace (via mare da Sapello) i pezzami sono per i battumi (non si sa se sono sinonimi e se anche questi provengono da una fornace) 1755 a' 10 settembre Conto di sapone Per pani due di sapone per battumi rubbi 2 a £ 6 £ 12 Nel conto seguente si elencano diversi materiali lapidei minuti per pavimentazioni, come sono i rissoli, elementi per esterni, le già citate arena e savorra, ma soprattutto si apprende che nei battumi sono entrati savorrino, mattoni e marmo: 1756 à 17 aprile Conto di gettito, savorra, arena Mesura del gettito che ha levato Domenico Biancho nella villa aquistata delli signori Porri portato nel giardino dell'Illustrissimo Signor Giacomo Filippo Durazzo a Cornigliano in N° 27 mesure in tutto sonno canelle N° 38 e più ha condotto savorino delle cave di Sestri alla fabrica som. N° 153 e più ha condotto savora della spiagia della marina some N° 190 e per risoli portati per acomodo della strada di Nostra Signora in Coronata some N° 22 e più per servitù di arena nelli orti alla marina in due fosse moggi N° 7:43 e più per servitù di arena e savora per li battumi in N° 4 fosse bagniata nelli fondi del palazzo in tutte le sudette fosse moggi N° 22:51 et si deduce delli suddetti moggi per il savorino, mattoni, e marmaro entrato nelli battumi pagati a sparte moggi n° 6 che restano a conto del suddetto Bianchi moggi N° 16:51 rissoli per il pavimento della nuova rimessa La lavorazione della superficie doveva essere lunga e continua se si è svolta una veglia de battumi , e poteva rovinare i muri con schizzi di materiale se viene usata carta stracia servita per coprire i muri. Nella ricerca condotta a palazzo reale si sono riscontrati diversi casi di battuti, i più risultano molto simili tra loro e spesso si trovano in vani che conservano molte caratteristich edelle fasi più antiche dell'edificio. Essi hanno composizione variabile di pietre macinate (come marmo, ofioliti e rosso di Levanto) e coccio pesto, in un impasto di fondo colorato, e non presentano tracce di colorazioni superficiali, ma anche se queste potrebbero essere sparite nel tempo, sembra più probabile che l'inserimento di ghiaietta di colori diversi sia una scelta estetica , quindi non soggetta a copertura. Sembra quindi di poter concludere che nei casi studiati, sia dalle fonti scritte sia da quelle materiali, non siano ancora pavimento nella sala del tempo Pavimenti pag. 6 presenti pavimenti decorati come quelli ottocenteschi ma neanche battuti nascosti da una tinta rossa omogenea, delineando così una fisionomia propria per i battuti settecenteschi, seppur ancora in forma di ipotesi e valida solo fino alla metà del secolo. Lavorazioni Per i pavimenti realizzati con elementi quadrati o ottagonali, siano essi di cotto o di pietra, deve essere eseguita la squadratura di ciascuno delle migliaia di manufatti prima della messa in opera, ad Antonio Calimano scalpellino per quadratura di n° 2800 quadretti a soldi 18 il % e successivamente la lustratura o fregatura 8 aprile a GIuseppe Bernati per quadretti fregati 3200 da esso quadrati e non fregati 2250 £ 55.8.- o la più semplice lisciatura, che troviamo citata per elementi di pietra di Lavagna da esterno, Un'indicazione sugli strumenti viene da un conto per la manutenzione dei ferri in cui si precisa che i ferri dei maestri scalpellini che squadrano gli ottangoli e quadretti venuti da Biserta sono: frappi, un (e più) massolo "impito", agogie minute, agoggie, frappa reghasasti; con il frappo, usato con precisione, si può dare proprio quel colpo utile a scagliare il bordo della piastrella per renderne la sezione trapezoidale, operazione necessaria per migliorare l'aderenza alla malta del sottofondo e rendere minimo lo spessore dei giunti a vista. Esiste anche una forma di metallo che aiuta ad eseguire il lavoro con precisione: per due ottangoli per squadrare gli ottangoli di terra per li pavimenti £7 Sempre per lo spesso fine, forse da applicare a elementi di pietra invece che di cotto potrebbero essere usati gli scopelli per li astreghi, poiché uno di essi viene: comodato il scopello per li astreghi azzalito a modo di frappo Pavimenti pag. 7 Sono invece da attribuire alla lavorazione dei battuti, e sono riconoscibili nelle figure qui riportate: il ferro per spianare li astreghi una mazza per rompire li mattoni per fare il batume n° 3 lastre pieghate al giro sotto a un mazabecho per rompire il batume per astreghi n° 2 cazzole grosse inazzalite per il battume de astreghi n° 2 cazzole per li batumi grosse e ponta per il manicho un ferro a modo di cazzola per li astreghi per aspianare alle muraglie li astreghi boglito e giontato ferro alla ponta di due cazole n° 2 verie per manichi de cazole per astreghi due verie per il manicho di due cazzole per detti n° 2 ferri per batere il batume de astreghi altro ferro grosso per batere li astreghi altro ferro per batere li astreghi In generale i ferri per astreghi vengono aggiustati, rinforzati e scelti come tutti gli attrezzi del cantiere: aver accomodato due ferri da lastrico scartati due ferri da lastrico grossi agiontato ferro a uno ferro da astregho aver assalito due ferri da astricare boglito n° 2 ferri per li astreghi per essere rotti nel manicho £ 1.16 £ =:8:- Lavorazioni da eseguire sui pavimenti finiti sono dare l'oglio, nei casi più importanti fino a tre mani, per cui vengono comprati due pennelli da dar oglio a pavimenti, 1757 à 30 marzo Conto del pittore a olio Pavimenti pag. 8 G.B. Lupi per lavoro fatto a scarzo cioé per avere dato il colore a oglio a pavimenti delli due corridori, uno che porta in capella e l'altro in cucina 1758 a 15 febbraio Conto del pittore Lupi aver ripassata la seconda mano dell'oglio a pavimenti delle stanze a tramontana e mezo giorno e corridore di belvedere dico £ 40 o anche dare un colore, 1756 à 26 giugno Conto di fattura di colorire a olio les entresoles Al signor Lupi e compagni per aver dato la seconda mano di tinta a olio a tutte le porte e finestre degli entresoles in Cornigliano, e date due mani di colore a pavimenti in tutto a scarso Probabilmente questa operazione veniva eseguita su pavimenti di cotto semplici considerando che nello stesso periodo di uno dei conti sopracitati si paga una squadratura di 1550 quadretti e che gli altri astrichi sono già esteticamente finiti. Allo stato attuale delle conoscenze si possono fare due ipotesi di quale potesse essere il Applicazione di finto seminato su quadretti risultato: un finto seminato, così come si trova in qualche caso sopravvissuto,17 oppure veniva applicato un rosso ottenuto con cinabro, un rubbo di cinabro per li pavimenti circa 8 kg 23 gennaio prezzo di rubbi due di cinabro per li pavimenti considerando che un colore rosso, detto bicocco, 18 £ 4.4.- si riscontra spesso su tali pavimenti; tuttavia, poiché, come visto, già dai secoli precedenti lo stesso cinabro veniva impiegato per i battuti, permane un dubbio sul suo utilizzo e resta sempre la possibilità dell'uso di altri colori o decorazioni, da verificare direttamente sui eventuali manufatti ancora esistenti integri. 17 Uno è citato da A. BOATO, Costruire a Genova… cit. Sulla composizione di tale colore, probabilmente derivante da un prodotto per uso navale, al di là di quelli sintetici oggi in commercio, occorre ancora fare chiarezza con apposite analisi, cfr anche A. BOATO, Costruire a Genova… cit., p. 156. 18 Pavimenti pag. 9 Anche perché all'inizio del novecento19 la coloritura ad olio sembra addirittura presentata come alternativa a quella con cinabro, inoltre si prevede la possibilità di colori diversi ch evengono comunque applicati su cotto: La coloritura dei pavimenti con uno strato di biacca stemperata nell'olio di lino cotto misto a colore da destinarsi, sarà fatta sui pavimenti in cotto esistenti che l'Incaricato Tecnico indicherà. Qualora si dovessero colorire pavimenti con uno o più strati di colore ad olio o cinabro, si dovrà procedere prima colla generale scrostatura di tutti i giunti e delle parti smosse, con ferro tagliente, e si farà un'accurata lavatura di tutta la superficie con una soluzione di potassa caustica e si procederà poi alla ristuccatura eseguita a varie riprese su tutte le commessure onde il pavimento presenti una superficie perfettamente piana e liscia. Quando la stuccatura sarà completamente essiccata si stenderà il primo strato di colore ad olio o di cinabro secondo dei casi. Bene asciutta la prima coloritura si applicherà la seconda oppure il primo strato di vernice grassa di copale. E così di seguito pel secondo strato di colore o di vernice. Infine un altro problema riguarda il cinabro stesso, come già sottolineato nel capitolo sui colori, evidentemente con questo termine si identificano sia un pigmento ben preciso, il solfuro di mercurio , sia altri materiali con cui era possibile imitarlo, ad esempio l'ematite.20 19 Archivio Storico della Soprintendenza ai Beni Architettonici ed Ambientali di Genova, Amministrazione della Casa di S. M il Re in Genova, Capitolati speciali per le opere provviste da eseguirsi nel Reale Palazzo di Genova e sue dipendenze per conto dell'Amministrazione della Real Casa, il coloritore, 1907. 20 Comunicazione orale del prof. Mannoni, che suggerisce l'ipotesi che il bicocco possa essere composto da ematite e olio di lino cotto. Stucchi pag. 1 Stucchi Il termine Il termine stucco oggi si riferisce a un gruppo di manufatti e materiali molto complesso, sia per la varietà sia per la composizione; forse neanche l'idea della lavorabilità per la resa figurativa riesce a raggrupparli tutti, perché ad esempio lo stucco da vetro o quello da falegname alla fine assumeranno una superficie più liscia possibile, o spariranno alla vista. 1 Sembra che tale insieme di significati nei documenti qui esaminati sia già presente: quando Giacomo Maria Mutone stuccatore fa stucchi al primo e al terzo salotto dell'appartamento verso strada Lomellina indubbiamente ci si riferisce ad un lavoro di decorazione in rilievo su pareti e volte,2 così come quando Cesare Spatio figlio di Bartolomeo fa lavori di stucco nella cappella dello stesso palazzo. È ancora uno stuccatore colui che esegue vasi per il giardino, per i pilastri del cancello e un delfino per la peschiera nell'orto.3 Nel 1766 Pietro Cantone realizza, per venti lire, due modiglioni ne canti dun salotto nel palazzo di Cornigliano conpreso due chiappe lavorate del scopelino per li sudetti modiglioni et due vasi alla Marina Qualche anno dopo, nel conto per accrescere i lavori di stucco in una galleria dello stesso palazzo, si distinguono questi dallo zoccolo lustro, e si paga a parte la lustratura, quindi il termine stucco si riferisce strettamente al lavoro in rilievo. D'altra parte si usa la stessa parola per riferirsi al mastice con cui si fissano i vetri al telaio della finestra: 1757 a 15 dicembre Conto del vetraro Antonio Maria Bruno per n° 4 telari fatti di nuovo posto chiappe n° 24 a lavoro con stucho a soldi 4 l'una con spesa e fattura £ 4:16: o ad altro materiale ancora, quello usato per rendere stagni i giunti negli impianti idrici: stuco per stucare le canali di trombete.4 Anche nella necessità di riparare un canale del aqua, occorre fare il stucho: in questo caso si precisa che si tratta di un composto di sego e pece greca5 da mettere in opera con i fili di canapa: 1 Il contenuto di questo capitolo è stato presentanto in gran parte nell'intervento A. Boato, A. Decri, Stucchi genovesi, in Atti del convegno "Scienza e beni culturali, n° 17, Lo stucco: Cultura, Tecnologia, Conoscenza", Padova 2001 2 E si tratta di un lavoro di notevole pregio artistico. 3 1758 31 dicembre Conto dello stuccatore Rocco Cantone. Stucchi pag. 2 1757 a 15 ottobre Conto di sevo, pece, ecc per i canali Spesa fatta per fare il stucho per acomodo della canale del aqua per sevo libbre 6 0/4 £ 2.9.4 pecie greca libbre 10 £ 1.6.8 caneva libbre 1 1/2 £ .12. Possiamo quindi interpretare come utile per lo stesso fine l'acquisto di 10 soldi di pece e cera per gli stucchi, per il cantiere di inizio secolo, anche se permane qualche dubbio che non si tratti di materiali utili a stampi, sulla scorta delle indicazioni del Vasari che, nella vita di Giovanni da Udine, descrive uno stucco fatto a fuoco con gesso, calce, pece greca, cera e matton pesto. Si rileva comunque che gli stucchi decorativi esplicitamente citati dai conti esaminati sono: 6 agraf di finestre arme 2 al mare alle case de manenti braghetoni cimase contorni di sovraporte cornici di quadri facciate da tutte le parti finestre finestroni frontoni lesene modiglioni muraglie ornato per quadri per aver riquadrato la stanza da letto del signor Giacomo Filippo porta maestra vasi nel cortile vasi sopra i pilastri del rastello volto (nel senso di volta) 4 103 1763 31 dicembre Conto di Francesco Marcenaro con saldo di £ 897 CERRUTI ROSTAGNO, sego o sevo: grasso di montone, di bue, di cui si fanno candele; pece greca: lo stesso che colofonia, resina di Colofone (Asia Minore), sorta di resina. PAGANINI (161a) teia de caneva: tela di canapa. 6 Agrafe, termine francese che significa aggancio e che indica il motivo nel mezzo dell'architrave. 5 Stucchi pag. 3 Materiali e lavorazioni Per quanto riguarda i materiali i documenti forniscono poche indicazioni di ardua interpretazione. Di quasi certo utilizzo negli strati più superficiali dell'opera a stucco è la polvere di marmo, che arriva in una seconda fase del cantiere Durazzo (tramite due impresari) nella cospicua quantità di circa 612 litri: 1 1762 21 marzo Conto di Carlo Gava per polvere di marmo provista quarte 42 a soldi 6.8 8 £ 14, che riceve da Andrea Orsolino Vengono citate in modo esplicito forniture quali quattro pennelli per li stuccadori e libbre 1 terra nera provista al stuccadore Cantoni per dissegnare stucchi da farsi, si tratta dei materiali necessari a tracciare sulla superficie da decorare le forme che poi verranno eseguite in rilievo. Un grosso dubbio sull'utilizzo resta per un massiccio acquisto di sabbia bianca di Spagna, fornita via mare per la villa di Cornigliano: ne arrivano circa 20.000 kg; è stata presa a bordo di un bastimento, il suo prezzo, basso, è pari al prezzo del trasporto dalla nave al cantiere, £ 20; non è stato finora possibile determinarne l'uso né qualificarla, l'ipotesi che sembra più promettente da verificare è che sia stata impiegata negli stucchi, considerando la cospicua necessità di inerte bianco che vi é in una malta per stucco, per lavori di notevole estensione. 1754 a 2 luglio Conto di sabia di Spagna e nolo di detta dal porto a Cornigliano Per some n° 140 sabia di Spagna bianca essendo ogni soma cantara 3 circa presa a bordo di un bastimento £ 20 e per nolo a minolli portata in due volte a Cornigliano et ivi sbarcata £ 20 Si può anche segnalare un altro acquisto, per lo stesso cantiere: 1754 a 8 giugno Conto di sabia di Santa Margherita e forbici per giardino per cantara (soprascritto:) anzi some 113 sabia cenere di Santa Margherita per le facciate a soldi 14 la soma di cantara 3 se le paga £ 79.2 DI qualunque cosa si tratti viene impiegata per le facciate. Nell'esempio già citato di realizzazione di due modiglioni7 in un salotto si sottolinea la fornitura, da parte dello scalpellino, di apposite lastre di ardesia sagomate, 7 CERRUTI ROSTAGNO: modiglione, sorta di mensola che si pone sotto i gocciolatoi dei cornicioni (per estensione mensola e pilastro) Stucchi pag. 4 queste potrebbero, ragionevolmente, costituire la piana posta sulla sommità dell'elemento, ma anche essere annegate nello stucco come anima . Sicuramente come base di strutture in aggetto sono impiegate armature metalliche n° 33 ferri con ponta di palmi 1.6 per regiere li stuchi delli balconi sotto la detta arma n° 8 ferri per li stuchi nella sala con due ingenochiature da murare e da inchiodare n° 16 ferri serviti per lavoro da stucchi da piantarsi di palmi n° 3 in peso rubbi n° 4 e lire 1 n° 8 perni per piantare ne' stucchi di palmi 2 1/2 per ogni uno n° 16 ponte di palmi n°1 servite per li stucchi soldi 3 ogn'una in un altro pagamento troviamo ancora lo spago servito per li stuccatori: per tracciare gli allineamenti dei motivi decorativi si usava infatti servirsi di una cordicella intinta nella terra nera che, tesa e poi pizzicata, lascia sul muro una precisa linea retta. Una lavorazione a cui si fa esplicito cenno, senza però fornire dettagli sui materiali è lo stucco lucido, applicato alla base della galleria, la cui lucidatura viene però rico nosciuta in un dettaglio del pagamento stesso: 30 agosto 1769 Conto dello stuccatore per stucchi accresciuti nel billiard pagato in £ 54.3 Conto de lavori di stucho acresuti et zocolo lustro nella galeria o bigliard nel palazzo a Cornigliano per suddetti lavori £ 51.15 speso per il lustro £ .2.8 Finiture e manutenzioni Coloritura e doratura La cappella del palazzo Durazzo di Cornigliano, già decorata nel 1755, viene ultimata nel 1761, come da Conto del stuccadore per raccomodo de stucchi della capella pagato in £ 15 Poi, nello stesso anno, nel corso di cinquanta giornate di lavoro dell'indoratore Massa, la si perfeziona usando i seguenti materiali: colla, gesso, biacca, terra verde dura, bolo, azzurro, pennelli; precisando che occorrono £ 6 per macinare Stucchi pag. 5 e aprontare detta roba; inoltre: per avere aparechiato di geso e puglito n° 4 simace della chapella a 7: per ogniuna È interessante notare che queste cimase vengono apparecchiate di gesso e poi lucidate: possiamo supporre uno strato sottile di gesso steso su motivi già esistenti (i pagamenti per gli stucchi sono di qualche anno prima) per poter eseguire la politura oppure un nuovo motivo decorativo che si aggiunge agli altri per completare l'impianto decorativo. Qui sembra invece che l'indoratore provveda anche a dipingere con bianco, verde e azzurro i fondi, infatti ancora adesso le pareti si presentano di due tonalità di verde-azzurro. Anche se Watin8 precisa che alcuni materiali come la terra d'ombra, la cerusa, l'ocra gialla, ecc, si usano per dare diverse tonalità al bolo ed ottenere diversi effetti nella resa dell'oro o per creare colori che imitano l'oro stesso; e che queste terre servono quindi al doratore come al pittore. Tuttavia il verde e l'azzurro non sono citati e non sembrano infatti poter avere un'utilità in tal senso, per cui resta plausibile l'ipotesi della coloritura svolta dall'ndoratore. Di solito invece la coloritura degli stucchi era eseguita da altre maestranze, diverse da stuccatori e indoratori, infatti sono il pittore Favaro e compagni (Brenni e Veneziano) che impiegano diverse giornate per colorire i stucchi, di un gabinetto stuccato in pieno. 9 Nel seguente caso si osserva un probabile ripensamento, deducibile dall'"ancora", ma comunque occorre notare che ilcolore viene steso in due mani: 1758 11 settembre Conto di aver colorito gli stucchi della sala a manger Per far colorire i stucchi della sala, cioé farci dare ancora due mani di tinta, et anche a fondi spesa e fatura al Lupi £ 60 Nel 1762 sempre Lupi lavora a lungo: 29 luglio al signor Lupi pittore per giornate 28 in colorire gli stucchi 8 9 £ 56.-.- Cfr J. F. WATIN, L'art du peintre, doreur, vernisseur, Paris 1773, pp 141 e 144. 1755 a' 29 ottobre Conto di fattura al pittore Favaro a Cornigliano Stucchi pag. 6 Troviamo anche il pittore Alberto Morasso10 che, oltre al colore a ringhiere e altri ferri, finestre, persiane, porte e cornici di porte machiate marmaresche, viene pagato, insieme al suo lavorante: per avere fatto io Alberto Morasso giornate n° 22 per colorire li stuchi £ 44 per avere fatto giornate n° 13 il mio lavorante a soldi 36 il giorno Da un altro conto apprendiamo che un chilogrammo circa di biacca è stato utilizzato per una base di un letto e per gli stucchi di un piccolo vano (studino), mentre il resto dei materiali indicati difficilmente può essere messo in relazione con i manufatti.11 È interessante rilevare questa indicazione sull'uso della biacca perché corrisponde ad una ricetta cinquecentesca di stesura di un colore bianco sugli stucchi: biacca, acqua e fiore di calcina colata; la miscela così ottenuta è stesa sulla superficie con un pennello quando l'impasto è abbastanza asciutto da essere fermo, ma non secco internamente; mentre per usare altro colore, si consiglia di dipingere, dopo aver dato la prima inzuppatura come descritto, utilizzando dei colori a olio, oppure 12 mettendoli già nella pasta. Una ricetta attribuita a Jacopo Sansovino suggerisce di aggiungere colori macinati asciutti ma "non vengono tanto vivi quanto a colorirgli poi".13 Sembra di poter concludere che gli stucchi dei casi esaminati sono stati colorati ad olio, ed in seguito verniciati, anche perché i pittori, evidente il caso di Morasso ma molto documentato anche quello di Lupi, di solito dipingono a olio. verniciatura Lo stesso materiale con cui vengono verniciati arredi mobili come sedie, tavolini ed altre bagattelle come 3 secretaire 2 tavolini da gioco e sedie da riposo, può essere usato anche per gli stucchi delle stesse stanze; 44 libbre corrispondono a circa 14 kg: 1757 a 26 ottobre Conto di vernice Vernice servita per l'appartamento della signora e quello del Billard per gli stucchi e per le sedie e tavolini dell'appartamento del billard e sala sul giardino (ecc.) per libbre 331/2 a soldi 36.8 per libbre 10 1/2 a soldi 40 10 £ 61.4 £ 21 1762 31 luglio Conto del pittore Morasso per colori dati, pagato in £ 123.76 1758 29 agosto Conto di pitture diverse per diversi accomodi e bagno. In cui sono elencati: colla, gesso, biacha, terra verde, biadetto, azuro, oglio di noce, lacca fina, giardolino di Fiandra, verde eterno, gomma, vernice. 12 Secreti diversi (Marciana, manoscritti, seconda metà del 1500) pubbl. da M. P. MERREFIELD, Original treatises on the Arts of painting, 1849, Dover, New York, 1967; in Dimos 1, cap. 3, p.79. 13 Ivi, p. 80. 11 Stucchi pag. 7 Trasformazione e manutenzione Anche gli stucchi possono essere oggetto di ripensamenti in corso d'opera, nonché venir coinvolti nelle modifiche di altre parti, per cui si possono trovare nei conti degli accomodi d'ornato allo stuccatore,14 a cui segue il pagamento di giornate tre a Berto per colorire i stucchi e spesa. In questo caso si tratta di lavori per l'inserimento di quadri e cornici come sovraporta. Naturalmente può essere necessario anche l'intervento dell'indoratore, Andrea Massa,15 che ha dorato una gionta di stuchi nel salloto verso San Gerolamo con fogli suo oro n° 22. D'altronde fa proprio parte di una consuetudine il dover eseguire piccoli aggiustamenti, se in un conto di lavori di un certo rilievo si aggiunge: per altre piccole bagatelle fatte in varie volte £ 20 Un motivo di modifica viene, ed esempio, dalla decisione, presa una decina di anni dopo la fine del cantiere princiaple, di applicare in due salotti una tappezzeria cosi da rendere necessaria una accomodatura: 31 dicembre 1770 Conto dello stuccatore Pietro Carlone pagato in £ 28 Per avere accomodato li stucchi in due salotti che impedivano lapararli £ 10 La necessità di intervenire sui colori di un appartamento, sentita pochissimo tempo dopo la sua ultimazione, può essere ritenuta effetto di un ripensamento: 1757 a 26 giugno Conto di raccomodatura della pittura dell'appartamento lillà e giallo A Lupi e compagni per colorire di nuovo li stucchi nell'appartamento del bagno accomodare tutte le porte o sia filetti di lacca e rittocare i telari da vetri £ 251.4 Mentre la lavatura di una porta finta e di tuti li braghetoni di stucho, seguita da una mano di colore, 16 sembra piuttosto una manutenzione. Un esempio particolarmente significativo, in questo senso, viene da palazzo Carrega Cataldi, in cui era stata realizzata una sontuosa galleria dorata tra il 1731 e il 1745, per essa è previsto e fissato uno stipendio annuo all'indoratore Stefano Massa 14 1 ottobre 1773 Nota del costo e spese di due quadri del Canaletto alla Fiaminga posti nell'appartamento al primo piano delle tele dipinte ascendente a £ 153.6.8. 15 1762 20 aprile, diversi lavori dell'indoratore Andrea Massa 16 n° 153 1 dicembre 1765 Conto di Alberto Morasso Stucchi pag. 8 (lo stesso pagato precedentemente per l'esecuzione) "per levar la polvere una volta al mese alli salotti, cappella, galleria". 17 17 E. GAVAZZA , Stucco e decorazione tra sei e settecento a Genova: le connessioni di Lombardia, in G. C. SCIOLLA (a cura di) “Artisti lombardi e centri di produzione italiani nel '700” 1995. (ASG, ms 894, fondo Carrega, ivi citato). Il cantiere pag. 1 la qualità del prodotto dipende dall'equilibrio del cantiere Non è fine del presente studio esaminare a fondo il cantiere tuttavia, essendo molti gli spunti offerti dai conti esaminati, si è ritenuto di sviluppare alcune riflessioni attorno ad esso, senza la pretesa di esaurire l'argomento, piuttosto con l'idea di sottolineare come l'organizzazione fosse equilibrata ed efficace. maestranze, mestieri e arnesi da cantiere I nomi di maestri e lavoranti citati nei conti esaminati, specialmente in quelli di Cornigliano, sono dell'ordine delle centinaia; una ricerca di tipo attributivo o sui fenomeni della centenaria emigrazione dalle valli dei laghi lombardi potrebbe utilmente giovarsi di tali dati, qui invece non si può mancare di delineare le diverse figure che operano nella fabbrica, per poter constatare la complessità del meccanismo che conduce all'opera finita. Persino nel caso della manutenzione successiva al cantiere di costruzione la varietà di maestranze impiegate resta notevole come si evince ad esempio nella nota di spese fatte negl'anni 1726 e 1727 per il mantenimento dell'anno 1726 de miei stabili di Genova e del Palazzo di S. Filippo Neri, in cui sono citati: ottoniere, falegname, vetraio, ponteggiatore, ferraro, calderaro. il capo d'opera Non è possibile cogliere con precisione dai documenti esaminati il ruolo del capo d'opera, si avverte però la sua presenza costante, documentata dalla periodicità della ricognizione, somma riconosciuta, per l'assistenza che fa alla fabrica, o dal fatto che, come si vede chiaramente nei conti Durazzo, fa parte delle sue incombenze redigere le liste per il pagamento, 1 anche quindicinale, delle maestranze di volta in volta coinvolte, con l'accurata contabilità delle giornate da ciascuno lavorate.2 Difficilmente invece il capo d'opera di Cornigliano provvede a qualche fornitura di materiali, perché in questo cantiere è presente una figura a parte, il reverendo Angelo 1 Cfr anche F. BONORA, Il palazzo Durazzo Bombrini in Cornigliano, un'architettura francese a Genova, Genova 1991, pp 65-66. 2 Con l'esclusione dei falegnami che hanno liste a parte, (in quelle dei muratori sono presenti invece dei bancalari, si individua così una differenza di compiti tra le due categorie?) o di qualche opera particolare di pittori. Il cantiere pag. 2 Aronio, che si occupa di tutti i conti e che tiene una sorta di magazzino del materiale non utilizzato, così da poterlo usare in caso di bisogno.3 Mentre un particolare interessante riguarda il capo d'opera di via Lomellini, che l'anno seguente la fine del cantiere ancora è in credito di materiali che evidentemente aveva fornito lui: n° 501 6 marzo 1724 pagamento a Giacomo Viano di dieci picciole antenne poste nella volta della sala et altri luoghi dell'appartamento superiore e nel guardarobbe, e becciarie poste nelle volte delli salotti del detto appartamento. La sua influenza sulla fabbrica continua anche a cantiere concluso, se - nel caso Durazzo - ancora nel 1766 si ricorre a lui per lavori piccoli ma significativi dal punto di vista della riuscita generale dell'opera, pagando al capo d'opera Andrea Orsolino per sua assistenza al lavoro della terassa di Cornigliano, e scalini di marmo nel boschetto di merangoli £106.2. La fiducia dei committenti perdura se - nel caso Pallavicini - il rapporto con Viano continua e si estende al mantenimento dei miei stabili di Genova. lo scalpellino È colui che lavora la pietra, ma è anche colui che la fornisce; nel caso di via Lomellini troviamo Francesco Marini vendere ogni genere di materiale o manufatto lapideo che occorre in cantiere, mentre il fornitore di Cornigliano, Stefano De Lucchi scalpellino, provvede anche qualche materiale ceramico (trombette, cannoni, persino mattoni), nonché diversi rubbi di porcellana, 4 gesso e polvere di marmo. Una specializzazione faticosa dev'essere quella dello scalpellino da scoglio, che deve aprire varchi per condutture in muri esistenti o rompere la roccia in un ampliamento, a lui servono ad esempio scalpelli da scoglio per far più grandi li buchi ove si pongono le colonne di legno nella strada. Alcune finiture da fare in opera rendono necessario il lavoro dello scalpellino: attestare palmi 712 cordone di pietra longo la strada davanti al palazzo, cioé adattare i 3 1756 à 17 aprile Conto di pitture diverse (1755 primo dicembre) Lavori dati a Fregolia in Cornigliano a scarso. Conclude con: tutti sudetti lavori sono per la sola fatura avendoci dato a spese nostre tutti i colori, olio, colla et altro 4 Così veniva chiamato il caolino, additivo idraulicizzante per malte usato a Genova prima della pozzolana che viene introdotta all'inizio del XVII secolo, in seguito il termine può indicare entrambe le cose. Il cantiere pag. 3 profili dei cordoli l'uno all'altro e alla loro posizione lungo il bordo della rampa inclinata che dà accesso alla villa, oppure inserire le persiane. Come anche: fattura di scalpelino di far sagrime fattura di scalpelino di incastrare dadi fattura di scalpelino di inpiobare ferri fattura di scalpelino di inpiobare puzi fattura di scalpelino di inpiobare ferri e incastrare puzi £ 0:12:= £ 1:=:= £ 0:16:= £ 1:=:= £ 1:4:= Tocca ancora ad uno scalpellino l'operazione di rifinitura dei laterizi da pavimento: Antonio Calimano scalpellino per quadratura di n° 2800 quadretti a soldi 18 il centinaio; oppure il riattamento delle guide di pietra di lavagna vecchie che erano nel pavimento del portico per porle al nuovo pavimento del medemo, vanno raddrizzate, cioé rifilate e sistemate per la nuova posizione. Il reimpiego è una costante nota del cantiere preindustriale, che ritorna nell'operato di tutte le maestranze. il marmaraio Detto anche marmararo. Si potrebbe dire uno scalpellino dedito solo al marmo. Il nome compare solo nei conti di inizio secolo ed è attribuito a Gio Battista Torre e Gio Battista Porri q Gio Maria, fornitori di colonne e pilastretti per le scale, porte, piane, piedistalli, poggioli con balaustri e così via, a Francesco Gaggino, pagato per fare gli incavi alle porte o sia porta di marmo per gorni di ferri per reggere le porte di noce, a Francesco Saporito il quale, nel corso di una giornata, ha dovuto impiombare li ferri alla colonna di marmo per sostenere il rastello 5 o l'ha consumata in fare gli incastri alle due piane di marmo delle due finestre in strada lomelina del portico per potervi porre le arve di legno. Anche lui fornisce, accomoda, completa, specialmente nel caso di reimpieghi: un marmararo ha ricomodato la colonna vecchia nelle mezarie, si spende per giornate di marmarari che travagliano con il mio marmo vecchio ascendenti a lire 43.17, ovvero rifatte n° 4 piane di marmo alli balconi e fatto due capitelli per la porta e il batiporta della medema. Usa uno stucco speciale (robba per lo stucco de marmarari), probabilmente anche dell'olio, e si serve di una raspa per le finiture e di agoglie e scopelli. 5 Cancello, in questo caso può essere di legno traforato, posto a metà scala. Il cantiere pag. 4 i lustratori Una figura spesso citata nei conti Pallavicini, quasi da sembrare una maestranza a se stante, è quella del lustratore, o lustradore, che interviene per lustrare li quadretti di terra, gli ottangoli e quadretti per i pavimenti venuti da Biserta, molto probabilmente usando una barcata di arenino, sicuramente alcune raspe. Interviene anche su marmi nuovi o vecchi, come i marmi antichi della cappella, mediante l'uso di apposite raspe per lustrare i marmi, non possiamo essere certi che siano diverse da quelle citate per uso del marmararo, ma qui sembrano specifiche, sembra evidente invece l'uso per la lustratura di una cornice antica, di stucco e olio. Da un cenno nei conti di Cornigliano, in cui i lustratori non sono mai citati, apprendiamo che chi esegue le operazioni di lustratura di ferri da finestra, è un lavorante, ovvero non possiede ancora (o non avrà mai) la qualifica di maestro. i falegnami I maestri che lavorano il legno sono chiamati nei conti con due diversi nomi: bancalari e falegnami, il primo termine è molto più usato tra cinque e seicento e compare nella denominazione ufficiale dell'arte, in generale osservando il contenuto dei documenti sembra che il loro uso sia indifferente. Ma si trovano i primi pagati dal capo d'opera insieme ad altre maestranze e gli altri invece hanno una loro lista separata: sembra ipotizzabile, almeno per questo caso, che i bancalari svolgano un ruolo più attinente allo svolgersi della fabbrica in senso stretto, mentre i falegnami siano forse impegnati nell'arredo. Tutti si occupano comunque anche di strumenti o manufatti da cantiere come nel caso del falegname Rollero che interviene per agiustare tre volte la tavola dello designo della rebaggia della scala maestra do palaszio e acomodare lo caro. Hanno ferri che necessitano continua manutenzione ed oliatura: arrivano in cantiere n° 7 quarteroni di oglio che serve per ongere li ferri de bancallari a soldi 10; usano un'erba particolare, finemente abrasiva,6 per la superficie dei loro manufatti (erba per i bancalari). Sembra poi siano ospitati in casa durante il lavoro: bugata fatta a lenzuoli de bancallari e lavorano anche di sera se devono essere accomodati 24 lumi 6 Comunicazione orale del prof. Mannoni, acquisita presso un laboratorio di falegnameria in cui ancora viene utilizzata. Il cantiere pag. 5 per li bancalari, dopotutto il loro lavoro si svolge in gran parte al chiuso e quindi possono facilmente trovarsi in condizioni di luce ridotta. il fabbro Il fabbro, oltre a produrre, come maestro Gio Pietro Bonvino ferraro che fornisce a Paolo Gerolamo Pallavicino ferri chiodi e manifatture dalla sua ferriera di Trigasta, o riadattare tutti i manufatti metallici occorrenti, ha una parte importantissima nel mantenere in efficenza gli strumenti di tutti gli altri operatori,7 per queste operazioni può essere utile altra attrezzatura come una mola per rotare li ferri de falegnami,. Così vediamo ad esempio un maestro ferraro che accomoda li ferri à maestri scalpellini che squadrano gli ottangoli e quadretti venuti da Biserta, oppure le grate d'ottone con cui si ripassa l'arena e fornisce una cazza per fondere il piombo in peso libbre 3.4 per uso della fabbrica nel cantiere Pallavicini e i ferrari Bartolomeo Bruno e Domenico Zanata che, a Cornigliano, in diverse volte eseguono operazioni di bollitura, azzalitura, appontatura, agiontatura… Con accomodare si intende in generale la manutenzione che ogni strumento necessita per mantenere la perfetta funzionalità: può essersi rotta una parte, aver perso la forma giusta (come nel caso dei denti), o persino essere necessario fare due interventi diversi sullo stesso attrezzo: azzalito un martello dalla penna e agiontato ferro dall'altra (parte). Appontare o pontare e refilare sono termini più specifici, che indicano l'intervento sulla punta o sul filo dell'attrezzo, così come azzalire, che si potrebbe italianizzare in acciaiare, irrobustire tramite la carburazione del ferro (battitura della superficie a caldo con polvere di carbone), procedimento che rende il manufatto più duro in superficie lasciandogli una certa elasticità. aver posto l'acciaio ad un piccone Il carbone usato è probabilmente di castagno se il fabbro ne vende di quello avanzato: carbone lasciato di castagnia. 7 Sul ruolo del fabbro in cantiere cfr ANNA BOATO - ANNA DECRI, Il ferro nell'architettura storica genovese: impieghi strutturali e finiture, in part. 1. Chiavi, vele e stanghette. Sugli oggetti metallici forniti dal ferraro cfr il capitolo sul ferro e altri metalli. Il cantiere pag. 6 Inoltre produce strumenti per altri maestri: un pistello per il giesso, due lumi da mano per uso della fabbrica, un rastello di ferro per uso della fabbrica per la calcina, punte da piantare per le lenze, una lastra per il vedraro da metere il stucho a vetri. Durante la costruzione interviene spesso per mettere in opera o adeguare se già presenti i suoi stessi manufatti che hanno funzione strutturale: le chiavi;8 lo troviamo così a ritagliare una chiave con lima e scaldata e rivoltarla scaldare altra chiave in opera doppiata per carbone e fattura havere adrizato una chiave da tré a fascio e dato tré bolliture e misura tagliare una chiave con lima et archetto in cucina avere tagliato due chiavi da quattro a fascio in opera con lima avere tagliato altra chiave in due luoghi con lima in opera per avere tagliato con lima una chiave grossa in opera per li poggioli £3 £4 fatta in £ 7.10 £ 2.10 £4 £ 2.10 £ - 10 dove bollire significa saldare a caldo; nonché deve intervenire sulle stanghette, i paletti capochiave, fattura d'havere adrizzato una stanghetta grossa scaldata tagliare una stanghetta grossa in opera con lima tagliare una stanghetta di chiave grossa in opera tagliare una stanghetta in due luoghi in opera tagliare una stanghetta grossa e scaldata £ -.16 £ 1.10 £3 £3 £ - 14 ed inoltre prepara: una branca con due occhi e due inginocchiature per un pilastro in peso rubbi 5.1 £ 16.0.8 una chiavetta per la pilastrata della porta maestra di palmi 1 1/2 £ - 12 il bottaio Fra le maestranze richieste in cantiere compare il bottaio, evidentemente specializzato nello scavare il legno per ottenere forme curve, è lui che produce la sesta del contorno della rembaggia9 della scala, ma anche che realizza oggetti utili al cantiere, i buglioli10 da calce e le secchie sempre da calce, nonché i secchielli con maniglia (3 segelli novi da manegia), e utili alla casa come uno bogiollo novo da posso sercatto de ferro, uno tapo grosso per la siterna; inoltre li aggiusta, magari aggiungendo uno serco a uno bogiollo da carcina, o intervenendo ben due volte sullo 8 Cfr ANNA BOATO - ANNA DECRI, Il ferro nell'architettura storica genovese: impieghi strutturali e finiture, in part. 1. Chiavi, vele e stanghette. 9 Arembaggia: bracciuolo, appoggiatoio lungo il muro delle scale ad uso di tenervisi con la mano. A. PAGANINI, Vocabolario domestico genovese-italiano, Genova 1857. 10 Cfr figura tratta da A. PAGANINI, Vocabolario… cit., tav. III. Il cantiere pag. 7 segione da pasta da carcina, che dovrebbe essere un mastello che contiene il grassello. Ne troviamo citati due, a Cornigliano nel 1762, Giuseppe Rollero e Benedetto Daste. il vetraio Si usa il termine di vetraio (verero, vedraro, vetriaro) per riferirsi sia a colui che realizza finestre a vetri (a Cornigliano Antonio Maria Bruno, Sebastiano Bruno, Pietro Assereto, Nicolò Bruno, sia a colui che fornisce conche, corbe, giare, bottiglie, trombette… ovvero vari recipienti di vetro e manufatti di cotto invetriati. Così succede in via Lomellini con Gio Battista Campi, mentre Rocco Paganino vien pagato per manifattura di vetri. i segatori Sia la pietra, specialmente il marmo, sia il legno, ad esempio tavole, squere e giene, richiedono operazioni di riduzione mediante segatura in cantiere, queste vengono svolte in cantiere dai segatori ,a volte su materiali nuovi altre volte per il reimpiego: n° 287 segano una colonna vecchia che serva per batiporta p 23, olio d'oliva n° 360 segatura tavole di noce per l'appartamento nob sup 19/4/1721 n° 126 segatura di due schiappe di legno e un cantero 1755 @ 19 luglio Conto di segatura di marmi di tre tagli per fare i battenti della porta £ 10.8 (li paga al palmetto) Nel taglio del marmo viene usata, di solito, una sega a lama liscia con sabbia a far da abrasivo, infatti vengono fornite Il cantiere pag. 8 arena quarte 18 per segatori a soldi 10 questo strumento necessita di manutenzione là dove si consuma: comodato una sera per il seratore de marmari adrizzata a caldo per essere frusta al mezo e tagliato al mezzo altra e di nuovo gionta anzi, viene pagato proprio il consumo:11 frazattura di sega et arena in più volte: palmi 142 In particolare i legnami possono essere divisi longitudinalmente12 facendo leva con cunei: comodato n° 2 conij dal taglio per schiapare li legniami. materiali Su alcuni materiali, per le parti che non sono già affrontate in altri capitoli del presente studio, i documenti offrono indicazioni tali per cui è possibile fermare alcune note, da ritenersi soltanto il primo passo di ulteriori approfondimenti. calce e sabbia La calce usata a Genova per secoli è quella, dalle ottime prestazioni, che si cava dal monte Gazzo presso Sestri Ponente ed infatti nel cantiere Pallavicini la fornisce Antonio Rossi di Sestri Ponente. La calce che arriva in cantiere viene misurata, per il pagamento, dopo lo spegnimento (sciorare), n° 248 misure della fossa di calcina i contenitori più adatti per svolgere questa operazione sono apposite fosse ricavate in luoghi strategici in cantiere come le cantine o l'atrio, ma troviamo calcina cioratta nelli troggi e due troggiette di calcina cioratta fuori della fossa, nonché una cassetta, probabilmente di legno fissata con 8 angolari di ferro, che potrebbe contenere calce spenta ma anche costituire la prima vasca dello spegnimento. Per tale operazione occorre fornire acqua nella quantità necessaria e così, nel palazzo Pallavicini, l'ottoniere Gio Andrea Pescio fornisce stagno consumato in aggiongere li canali nel vicolo delle Merini, ad effetto di fare venire l'acqua per stemperare la calcina nella fossa. 11 Frazzà scemare, disperdere, calare, diminuire, mancare in parte, consumare, in G. Casaccia, Vocabolario genovese - italiano, Genova 1851. 12 Scciappa: schiappa e stiappa; comunemente intendesi da noi la metà o parte d'una cosa schiappata, o spaccata per lo lungo, , in G. Casaccia, Vocabolario… Cit.. Il cantiere pag. 9 Un rastello di ferro per uso della fabbrica per la calcina in peso libbre 8 (circa due chili e mezzo) serve con tutta probabilità come griglia per setacciare i crudi. Per preparare le malte la sabbia viene fornita in consumo di calcina, si parla infatti di servitù di arena, a seconda della granulometria desiderata va passata al setaccio: acomodato la ramata per pasare l'arena per essere rotta, con filo di ottone. Per conservare la calce viene costruita una apposita cassetta: fatto n° 8 canti de suoi pezzi vechij per la casetta per la calcina. Infine, per chiudere il cantiere, occorre anche eliminarne le tracce: savora portata per il pavimento della sera et per li fondi del palazzo ove vi erano le fosse della calcina. laterizi mattoni Nel cantiere di inizio secolo vengono forniti (ad esempio da G. B. Lanza) mattoni di tre tipi: da carogio, ferrioli e neri chiari; con i seguenti prezzi: mattoni neri e chiari £ 13. 15 il migliaio; ferioli £ 15.10 il m. chiapelle feriole £ 15 sono presenti altresì le squole, dette anche spuole,13 che non compaiono nei secoli precedenti, nei quali, però, i tipi di mattoni nei cantieri erano anche cinque14 per cui, in prima ipotesi, si potrebbe supporre che esse corrispondano alla qualità di mattoni meno cotti, quelli rossi o quelli negrisoli. Nell'ottocento invece i prezzi variano in funzione della misura (ve ne sono diverse contemporaneamente) più che della cottura.15 Vediamo che nel cantiere di metà secolo la fornitura di mattoni non varia nei tipi, con qualche differenza nel calcolo del prezzo e persistono quelle che ora son chiamate spole, risultano in numero molto minore rispetto agli altri e costano come i mattoni neri 13 Il termine potrebbe suggerire anche l'idea di un elemento cavo, si può trattare dei primi mattoni forati o forse di cilindri ritrovati in riempimenti di volte? 14 Cfr A. BOATO - ATOIECRI, Il cotto nelle pavimentazioni genovesi dei secoli XVI e XVII, in Atti del convegno "Superfici dell'Architettura: il cotto. Caratterizzazione e trattamenti", Padova 1992 15 Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale per l'appalto della manutenzione ordinaria quinquennale degli stabili di proprietà o di uso del Municipio di Genova o per cui incombe al Municipio di Genova di sopportare o di anticipare in tutto od in parte la spesa, Genova Pagano 1882. Il cantiere pag. 10 e chiari, mentre invece, per il trasporto, vengono considerate come le chiappelle, ne consegue che sono più leggere dei mattoni? Per i gruppi di costo è eloquente il seguente conto: 1756 al primo luglio Conto di prezzo di mattoni N° 30000 mattoni ferrioli 8640 chiapelle come sopra 38640 a £ 11.10 £ 444.8 N° 37850 da caroggio a £ 13 3000 detti scarti a £ 11 40850 £ 525.11 N° 8000 negri e chiari a £ 9.10 3000 spole a £ 9.10 11000 £ 104.10 N° 10000 ferrioli e da caroggio rotti per battumi a £ 8 £ 80 È interessante notare questa fornitura di mattoni rotti per i pavimenti battuti, che non sono quindi un residuo del cantiere ma provengono direttamente dalla fornace già in frantumi, verranno ridotti a pezzi più piccoli a seconda dell'uso. In quest'altro conto, in cui collimano i prezzi di cui sopra, si introduce un nuovo elemento: le monelle di prezzo molto più alto e di spessore maggiore. 1754 a 22 ottobre Conto di Casciano Salamone per mattoni et altro come da 10 contente mattoni ferrioli N° 43550 a £ 11.10 £ 500.16. detti negri e chiari N° 18000 a £ 9.10 £ 171.-. detti da caroggio N° 28600 a £ 13 £ 375.16. monelle osia mattoni doppi N° 3589 a £ 18.10 £ 65.12. chiapelle feriole N° 12300 a £ 11.10 £ 141.10 spole N° 1000 a £ 9.10 £ 9.10 quadrelle grandi per pavimenti N° 4970 a £ 24.10£ 121.16 Il totale dei mattoni arrivati a Cornigliano dal 1752 al 1757: è 1.156.189; le chiapelle ferriole sono 59.530, le spore 10.000 e i quadretti della forma grande 41.130. materiali per pavimenti Per i pavimenti troviamo diversi generi di manufatti, innanzitutto le chiappelle che nei secoli precedenti erano mattonelle rettangolari da pavimentazione interna, facilmente confondibili con imattoni. Ma in un conto di prezzo di mattoni ferrioli di Casciano Salamone n° 102900 e chiappelle ferriole n° 2000, per Cornigliano, si specifica che le chiappelle sono quadre; in un altroconto di porto alla spiaggia di quadrelle n° 5000, ciapelle ferriole n° 1000 e Il cantiere pag. 11 spole n° 1000, solo le prime sono indicate per pavimenti; infine troviamo un conto di porto dalla spiaggia alla fabbrica di quadrelle 12000 e chiappelle ferriole 5000; si specifica che i quadretti di oncie 6 in quadri sono di matteria ordinaria di mattone e che il trasporto costa meno rispetto ai mattoni perché sono più piccole. A fronte di questi dati si può ipotizzare che le chiappelle continuino ad essere rettangolari come nei secoli precedenti e che quello del documento suindicato sia il modo di indicare un manufatto particolare, non esistendo la dizione quadretti ferrioli, infatti, da un controllo sulla filza 476 dei conti Durazzo, apprendiamo che arrivano in cantiere i quadretti di pasta ordinaria e le chiappelle ferriole quadre. Inoltre si potrebbe pensare alle spole come ad un materiale per pavimenti, essendo accomunate in una stessa fornitura con quadretti e chiappelle, oppure si potrebbe identificarle con i mattonini citati soltanto nella prima filza di conti. Esistono ancora altri elementi da pavimentazione: le quadrelle grandi, chiamate in un conto anche quadretti doppi, nel trasporto da Savona di quadrelle n° 6000 il nolo di dette quadrelle che per essere quasi il doppio delle solite a £ 5 per migliaio se le paga £ 30. Molto particolare infine è una fornitura, per il cantiere Pallavicini, di ottangoli 21mila e quadretti 13 mila da fabricare, prodotti a Tunisi, le cui avventure di viaggio sono narrate al capitolo "provenienze e e trasporti". Ad aggiungere un po' di complessità a questa fornitura è che 5000 ottangoli di terra di Tunis per li pavimenti nobili sono venduti a Paolo Gerolamo a Genova, dal padre Alessandro Mainero della Compagnia di Gesù, per cui si può pensare che questa lontana fonte fosse usata da più persone. A Cornigliano sono impiegate anche1000 quadrette di oncie 15 in quadro fondo bianco con fiori di diversi colori fatte venire da Napoli per il pavimento del bagno e luogo all'inglese e 2050 pianelloni osia chiapelle più larghe e longhe delle nostre e di pasta più fina venute da Pisa (pagate a Gio Maria Cavanna £ 60). finiture I materiali da pavimento necessitano ancora di lavorazione in cantiere per una perfetta messa in opera, con i giunti veramente sottili, ineseguibile prima se si vuole evitare di rovinare i bordi nel trasporto: si tratta della squadratura e fregatura di quadretti; è impressionante leggere i numeri di questo lavoro di precisione: n° 1550 £ 38.14 Il cantiere pag. 12 per scuadrare n° 9600 quadretti solo di quadratura per essere statti fregati in gta a conto de suddetto ill.mo signore a ragione di soldi 30 il centinaio £ 144 per n° 27300 sudetti quadretti scuadrati e fregati a scarso a soldi 52 il centinaio £ 709:16 per scuadrare n° 900 quadretti vechij a soldi 16 il centinaio £ 7:4 Mentre per la squadratura si rimanda al capitolo "lo scalpellino", per la fregatura, con cui si rendeva liscia la superficie scagliata dal frappo16 si può ipotizzare che venissero usate delle raspe: 2 raspe per quadrelle venute da Napoli. Probabilmente dopo la messa in opera l'ultima lavorazione è lustrare li quadretti di terra, operazione effettuabile con la cospicua quantità di arenino, usato come abrasivo, che viene citata nello stesso conto: n° 370 raspe per lustrare ottangoli e quadretti venuti da Biserta n° 280 lustrare li quadretti (282 e ottangoli) venuti da Biserta; una barcata di arenino. elementi per impianti ed altro Trombette e cannoni,17 le prime più smilze i secondi più larghi sono gli elementi delle tubature, posti in opera in sequenza e innestati l'uno dentro l'altro, che sono in grado anche di effettuare cambi di pendenza e curve; ne esistono versioni speciali: 4 cannoni straordinari, 4 canoni da lavello, 12 canoni grossi, 2 goelli da trombetta, 4 trombe grosse. A Cornigliano fanno la loro comparsa anche le trombette di Pisa, nell'ordine delle centinaia, perciò prevalenti su quelle locali, sono anch'esse finite con vernice, alcune sono doppie, 18 ma un'altra voce più ingente è quella delle trombette per canali Canali con vernice di Empoli tot 1383, se ne deducono per essere stronati 59 Anche fra le trombette di Pisa alcune sono "un poco assentite", in un altro documento sono "astronate", si può immaginare in suono "stonato" che fanno quando hanno qualche piccola lesione che ne rende sconsigliabile l'utilizzo.19 16 oppure la parte superiore? Cfr A. BOATO - ATO ECRI, Gli impianti delle case genovesi tra Cinque e Seicento, in «Tema», n° 1, 1995. 18 Potrebbero essere più spesse o forse il termine è da riferire al raddoppio del diametro riscontrato in diversi casi reali. 19 Assentiö allentato, rotto. Astrûnnôu intronato, fesso, smosso. Dicesi di un vaso incrinato o di campana che battendovi sopra manda un suono cattivo. In G. CASACCIA, Vocabolario… cit.. 17 Il cantiere pag. 13 Fanno parte ancora delle forniture dei ceramisti tre campanelle e una campanella grossa; eppoi: 18 conche per pittori 3 conche grande 1 conca delle più grande Infine sono materiali ceramici i coppi, rifiniti con vernice (probabilmente una vetrina), che devono essere posti a completamento dei vertici del tetto. Sono forniti anche 12 coppi di Pisa. legno Per quanto riguarda il legname resta da segnalare la quantità di diverse forme e, naturalmente, di diverse essenze e provenienze con cui si presenta al cantiere: baio O bailo20 di Fiandra, lungo palmi 22 può essere grosso o mezzano (oltre sette metri, spesso o sottile), è citato solo nel palazzo Pallavicini. becciarie Lunghe dai nove ai dodici metri e più, compaiono solo nel cantiere genovese e sono paragonabili alle sucinte di rovere di p 50 once 6, o alle insente di rovere n° 4 di p 52 l'una a £ 7 l'una che servono per incatenare il solaro del guardarobbe. bordonari Questo termine si riferisce a elementi forniti singolarmente o in pochissime unità, lunghi dagli otto ai sedici metri, vengono impiegati nei solai o come costana al tetto, in questo caso si precisa che si tratta di un bordonaro di cipresso lungo quasi dieci metri. Un capitolato ottocentesco li traduce con travi.21 Sono oggetto di reimpiego in altro ruolo: tre bordonari antichi della casa per servire da canteri delle cantine dell'appartamento superiore canteri 20 Baglio: grosso trave di legno o di ferro, in D.E.I. 1975 - C. Battisti, G. Alessio, Dizionario etimologico italiano, Firenze, 1975. 21 Archivio di S. Maria della Castagna, Genova, Filza A, inserto 7 plico 1, Condizioni relative all'appalto dei lavori per l'alzamento di un braccio del Monastero dei R.R. Padri Benedettini di S. Giuliano. Il cantiere pag. 14 Di solito sono di castagno (specialmente di Corsica) ma a Cornigliano si trovano anche di cipresso, sono lunghi dai due metri e mezzo ai tre e una misura di spessore ritrovata è di circa 12 cm; si usano in vario modo, soprattutto per solai e balconi, ma anche per il pavimento del miradore, o per realizzare la gropia nella stalla. gene Sono presenti soltanto nel cantiere più antico dove due giene (p 34 e p 38) sono poste alli due salotti verso strada lomellina squere Sembrano essere sempre di legno di Fiandra, cioé una conifera del nord Europa, ne arrivano in cantiere centinaia, lunghe dai tre ai quattro metri. Sono poi dette panconi nell'ottocento.22 tavole e tavoloni Il significato è evidente, le essenze usate sono moltissime, nel cantiere genovese: castagno, noce (comprate nel contado di tortone), arbora di Pisa, Amburgo; a Cornigliano ancora arbola, castagno di Corsica e cipresso proveniente da Savona; messe in opera nei solari e in molti altri posti: tavole di castagnia di corchica per le rige della gropia e le sprange della porta della stalla e per li telari da vedro e per li seti del loco comune e per li orli deli telari da barconi in tuto parmi n° 9 a sordi 28 il parmo £ 12:12 Misurano dai 7 ai 32 palmi. Sono forniti anche dei tavoloni di cipresso venuti da Pisa e venduti dal cavalier Agliata sono varie quantità di diverse lunghezze (da 9 a 14 palmi) provengono anche da Lucca trapellotti, palati, riondi, radici Il cantiere più antico ci fornisce ancora altri nomi di elementi, come le radici, decine di trapellotti di palmi 10-12, 4 mezzi palati tre legni di rovere di p 15; e 2 di p 10 un legno di sapino l p 38 comprato per appuntelare poi servirà per il tetto uno riondo di rovere di p 18 22 Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale… cit.. Il cantiere pag. 15 marmo Anche se il marmo non può essere considerato uno dei materiali percentualmente più presenti il suo ruolo nell'architettura è essenziale per realizzare l'effetto di sobrietà e lusso che caratterizza i palazzi genovesi già nei secoli precedenti. Sono infatti di marmo manufatti comecolonne e pilastretti per le scale, porte, piane, piedistalli, poggioli con balaustri, dieci dadi per le scale maestre, due pomelli, ecc. che sono forniti in via Lomellini da Gio Battista Porri q Gio Maria marmararo. Naturalmente viene considerato un materiale prezioso (se non altro perché è un materiale pesante che viene da lontano, proveniendo il tutto da Carrara come da conto del signor Moretti) e quindi, ancora più attentamente che al solito, ne viene recuperato e reimpiegato ogni pezzo, così Paolo Gerolamo paga marmari e lustradori che hanno lavorato attorno ai meii marmi vecchi. E, nei pianerottoli delle scale vengono lavorati marmi nuovi ma anche 86 quadretti riciclati e rilavorati, nonché bisogna fare con li marmi antichi della fabbrica il cordone di marmo della porta situata in strada Lomellina, utilizzareuna colonna vecchia che serva per batiporta, vannorifatte n° 4 piane di marmo alli balconi e fatto due capitelli per la porta e il batiporta della medema e piede di stallo con mio marmo al putto di marmo della fontana della terrazza. Nei bordi dei pianerottoli e dello spazio antisala, vengono messi mezzanini, elementi che nella pietra di Lavagna sono lunghi e stretti e posti come alzata nelle scale, perciò questi di marmo risultano molto adatti per costituire la finitura di un piccolo pavimento. Una novità che si nota nel cantiere Durazzo è l'impiego del marmo per gli scalini della scala, cosa che non avviene in casa Pallavicini e neanche nei secoli precedenti (l'unico esempio che mi risulti documentato - oltre alle chiese - è un edificio molto particolare quale l'Albergo dei Poveri, costruito nella seconda metà del seicento). Infatti arrivano diverse casse di scalini, oltre a pezzi vari: 3 pezzi di marmo grigio per la scala, pezzi marmo per la scala 4, la scala maestra ha ben 54 scalini di longhezza palmi 12 (che costano l'ingente somma di 2786 lire) l'arco della scala maestra (che costa da solo ben 760 lire), la sponda con il girone della suddetta scala secondo il disegno, altri n°6 pezzi di cornice per cordone della suddetta in longhezza fra tutti palmi 47. Una fornitura di pezzi tutti diversi serve per la scaletta della parte verso ponente nel giardino, in cui vengono impiegati Il cantiere pag. 16 scalini n° 1 di longhezza palmi 9 larghezza palmi 3; n° 1 di longhezza palmi 8.2, n° 1 di longhezza palmi 7.6 e n° 6 di longhezza palmi 7, in tutto sono palmi 46.8 a £ 4.6 £ 286.12 Gli scalini possono essere corniciati e pieni, a volte sono pagati a palmetto, che indica il palmo quadrato: scalino di palmi 6 1/2 largo palmi 2 palmetti 13 riquadrati a £ 2 il parmetto. Come complemento della facciata vengono impiegati 263 balaustri, 54 poggioli e 5 piedistalli per pogoletti; mentre le terrazze sono fornite di n° 16 pilastri per le terrazze compreso n° 4 mezzi pilastri a £ 45 l'uno £ 720 n° 4 pilastri per li canti a £ 70 l'uno £ 280 per cornice alle suddette due terrazze in giro di palmi 245.4 a £ 4.6 il palmo£ 1054.18 per lastre poste sotto li balaustri in giro di palmi 253 larcghe 0/16 che devono essere palmi 2 a £ 2.10 £ 632.10 balaustri per le medeme n° 228 a £ 4 £ 912.3 casse lastre per terrazza 6 lastre senza cassa per terrazza 17 casse cornici per terrazza 11 piedistalli per terrazza A Cornigliano si riscontra un utilizzo notevole del marmo anche nei pavimenti, quando vengono provvisti da Giambatta Viani 1650 quadretti di marmo bianco di once 7 (circa 14 cm di lato) e 366 quadrelle di marmo compre in Genova, da 12 once (circa 28 cm di lato), 1497 quadrette di marmo rottate e fornite di palmo 1 in quadro e altre 714 in un'altra fornitura (circa 24 cm di lato). Molto belle le 16 amandole di bianco e nero servite nel squarsato della porta nella capella a soldi 36 cadauna; altre 16 a minor costo (soldi 22) sono impiegate altrove. Una voce molto ripetuta nei conti è la polvere di marmo, venduta in centinaia di quarte (circa 14 kg e mezzo) da Antonio Capelano e da una certo Schiaffino a Cornigliano, mentre in città viene fornita da maestro Francesco Marino scalpellino, insieme a diversi materiali lapidei. Marmo bardiglio, marmo avenato, due camini di salvaressa23 e pietre di marmo venute da Roma sono impiegate per arredi. Infine il marmo trova largo Camino al pianterreno di villa Durazzo 23 Serravezza, in Versilia, vi si cavava la breccia medicea, roccia policroma oggi esaurita. Il cantiere pag. 17 impiego negli impianti come troglio, lavello, bocca di pozzo, luogo all'inglese e n° 1 bagno tutto in pezzo e lavorato a £ 420. Il cantiere pag. 18 metalli e leghe La quantità di manufatti metallici che circola in cantiere è cospicua e molto varia. Si va dalle catene, fondamentali per la struttura, ai cardini e sistemi di chiusura dei serramenti (meglio visti nel capitolo ad essi dedicato) agli attrezzi per la costruzione, come l'interminabile serie di picche, pichette, marapiche, piconi, martelli, frapine, ecc. che ricorrono nei conti, specialmente nella prima fase del cantiere. ferro Vediamo arrivare a Cornigliano cantara 1.24 ferro ponentino comprato in Genova (circa sessanta chili). L'aggettivo che parrebbe alludere alla provenienza, tuttavia molto ferro proviene da Savona (molte le ferriere dell'entroterra) senza essere chiamato ponentino; 1753 @ 5 dicembre Conto di porto alla spiaggia di ferro cantara n° 34 arriva da Savona ed è provvisto da Garbarino 1753 @ 4 dicembre Conto di porto alla spiaggia di ferro cantara n° 9.67 arriva da Savona col padron Sebastiano Guasco ed è provvisto da Garbarino si tratta di 2 fasci ferro quadrato da 6 a fascio e 6 fasci di ferro simile da 5 a fascio in tutto pesa cantara 9:67 non è da escludersi allora un significato che riguarda la forma: oltre ad esso, infatti, sono presenti ferro grosso, ferro piatto e piatto da 7, ferro quadro e bisquadro da 10 e da 12, ferro rotondo e staza sotile; in particolare si trova una citazione di fasci di ferro ponentino e rottondo: può essere le due cose insieme (forma e provenienza) oppure il primo è sicuramente non tondo? prezzo a £ 23 al cantaro di cantario 1.25 peso di fasso uno ferro tondo da 14 consegnato a maestro Bartolomeo Bruno, compreso il facchino £ 29.4 fasci di ferro da 8 in quadro n°10 fasci di ferro da 12 in quadro n° 3 A complicare la questione è anche la seguente fornitura: 1756 à 22 febbraio Conto di ferro di Moscovia lastre 30 ferro di Moscovia il cui prezzo per peso, trasporto, dogana, scelta, ammonta a £ 232.12 pagate ad Antonio Maria Weber (il quale fornisce anche verderame). Lo stesso compare come trasportatore (insieme a Rouvier, sono pagati in ragione del 10%) del ferro per i cancelli della villa di Cornigliano, ben 219 cantara di ferro in verghe (grosso onze 2 1/2 in quadro) fornito da Causa e Raffo. È noto come il ferro sia indicato nei documenti dei secoli precedenti usando come unità di misura il fascio: Il cantiere pag. 19 Negli edifici di abitazione le catene previste dai contratti di costruzione erano in genere di trappe (barre) da 4 o da 6 a fascio, mentre nelle grandi volte degli edifici religiosi si potevano mettere in opera anche catene da 1, da 2 o da 3 a fascio. A numero maggiore corrisponde evidentemente diametro inferiore, secondo una relazione che dipende forse dal processo di produzione oppure da una particolare unità di misura in uso nel commercio di tali elementi. Possiamo osservare le forniture per Cornigliano: Fasci n° 2 da 6 a fascio ferro piatto in peso cantara 2:59 fascio 1 da 12 cantara 1:23 fasci n° 2 da 6 a fascio ferro quadro Cantara 2:45 fasci n° 2 da 10 a fascio ferro rotondo cantara 2:81 e notare che i vari fasci hanno solo piccole differenze di peso (circa cantara 1:10 ~ 1.20 al fascio, kg 52-57), per cui dato che al diminuire della sezione dell'elemento in un certo peso ci stanno più elementi, sembra confermata la lettura soprariportata: una chiave da uno a fascio potrebbe così avere diametro otto volte più grande di una da otto a fascio. Restano da citare la ghisa,24 due lastre grandi di ferro d'Olanda per camini e il filo di ferro: per tendine 3 mazzi fili di ferro, filferro tirato alla trafila. chiavi Come sistemi di contrasto delle spinte orizzontali delle volte oppure come legature degli orizzontamenti e dei muri sono messe in opera le chiavi, e messe in tiro con la stanghetta, il bolzone, incuneata nell'occhio, un pezzo di chiave con due occhi da una parte e gancio e altro occhio con gancio ma anche con itiranti provvisti di occhio e gancio. Allo spesso scopo servivano probabilmente i cunei talvolta citati per sequadrare, mettere in tiro.25 due cunij serviti per le chiave fatto n° 6 conij per sequadrare le chiave inbraghate La funzione di legatura tra murature e solai poteva essere svolta anche dai travi maestri attraverso altri elementi diferro le vere, o vele: lunghe staffe di ferro che da un lato sono dotate di fori per alloggiare tre o più chiodi e di un gancio lungo e acuminato tramite cui vengono fissate alla parte terminale del trave, dallʼaltro lato terminano invece in un occhio in cui 24 Il ferro non viene commerciato in lastre e sul fondo dei camini viene usata la ghisa, riflette il calore verso la stanza ed è possibile decorarla molto finemente mediante stampi. 25 Nella figura la definizione di P. A. PAGANINI, Vocabolario domestico genovese italiano, Genova 1857 Il cantiere pag. 20 viene inserito un bolzone di ferro (la stanghetta), simile a quello adottato nelle catene delle volte.26 L'elemento acuminato viene detto rampone: fatto il rampone novo a una veria boglito nel mezzo n° 13 sue verie giontato ferro e fatto il rampone e agiustate nel ochio e si trova, oltre che nelle vele, anche come parte terminale di un tirante tiranti per regiere la capa di un camino da inchiodare e con ramponi o a sé stante: ramponi da una parte tiratti sotili con buchi da inchiodare e dalaltra con ranpone A volte le chiavi sono dotate di bracci 27ovvero di diramazioni rispetto alla linea orizzontale della catena principale, sistema utilizzato per non ingombrare l'intradosso dell'arco , detto anche imbragatura: una chiave senza stanghetta con gancio bollito per il braccio chiavi con ganci bolliti per li bracci e 4 stanghette due bracci senza stanghette un braccio con occhio e ganco fatto n° 2 chiave nove da 4 inbraghate a n° 4 brazzi e con sue stanghette in peso cantara 626 Ma esistono anche chiavette, messe in opera nella facciata, probabilmente come armatura delle decorazioni, altre servono per assicurare i contenitori della terra, altre ancora legano i manufatti di marmo o di pietra: chiavette da impiombare e murare per la facciata, altre lunghe once 8, altre da palmi 1 1/2 chiavette da hortigiolo anche inginocchiate, chiavette a coda di rondine per li balaustri di marmo sopra la terrazza, chiavette per i poggioli di marmo chiavette fatte a Te da murare per tenire le chiappe del parapetto di una terrazza chiavette tenere uno stanterolo da una parte da murare e dalaltra d a inchiodare 26 A. BOATO - ATO ECRI, Il ferro nell'architettura storica genovese: impieghi strutturali e finiture, in part. 1. Chiavi, vele e stanghette 27 Figura tratta dalla tesi di laurea di PIETRO CEVINI, La torre D'Amico a Campomorone e il commercio del sale nel seicento, A.A: 1996/97, rel. T. Mannoni. Il cantiere pag. 21 in modo simile a quanto accade per gli elementi di sostegno dei corrimano delle scale: per uno arembatore di scala in peso libbre 64 a soldi 4.5 circa la libbra 13.17.4 per 5 chiavette da impiobare per detto £ ed altri manufatti diversi come una branca con due occhi con piegature et una chiavetta per detta per tenere un pilastro fatte con molte fatture ganci nuovi incrociati per le colonne ferri inginocchiati per scale ferri per reggere li mezzanini Restano da citare le stazze, verghe di ferro,28 che nell'ottocento sono indicate come le parti di una ringhiera (cfr infra), ma compaiono nei nostri cantieri anche con funzioni diverse: per reggere le righe, come tirante di stazza con buchi e persino come chiavi di stazza e stanghette. chiodi Questo argomento necessita di un approfondimento particolare per la difficoltà di riconoscimento dei molti manufatti diversi che si possono raggruppare sotto il nome di chiodi, il primo passo, affrontabile già in questa sede, è quello di elencare i termini riscontrati nei documenti, aggiungendo le sporadiche informazioni che vi si possono riferire: chiodi da banco chiodi da basto semplice chiodi da basto doppio chiodi da basto doppio siaccati chiodi da bessaro (besale) chiodi da canna chiodi da cantelaro (incantalaro) chiodi da gelosia lorpe lorpe sciaccati chiodi da palmo chiodi da riga chiodi da riga con bolla chiodi sciaccati chiodi da seitro (sentro, celtro) semplici chiodi da seitro (sentro, sutro) doppi chiodi da soccalo (zoccolo) 28 Stazza, verga graduata che serve a stazzare, misurare la capaictà interna di una nave; F.CERRUTI, L.A.RESTAGNO, Vocabolario della lingua italiana, Torino 1939. Il cantiere pag. 22 chiodi da solaro chiodi da solaro con bolla chiodi da solaro lorpe chiodi da solaro siaccati chiodi da sprangare (sprangaro) chiodi da sprangaro con bolla chiodi da sprangaro sciacati chiodi da sprangaro sciacati grossi stachette da solaro stachette da 10 stachette da 12 stachette da canna stachette da riga scacciate stachette da riga stagnate stachette da solaro stachette da splangare chiodi da veria stachette da zoccolo Ed inoltre si trovano chiodi da denari 4 l'uno per la facciata, chiodi per li ponteli. Sono provvisti in balle (pagati a peso) o a numero (migliaia o centinaia) dai fabbri oppure dalla bottega dei fratelli Riviera (da cui arrivano anche uno barile tonina stipa grossa e mezzo barile stipa (stepa?) piccola) per Genova e Bartolomeo Piccardo per Cornigliano. Il cantiere pag. 23 Un confronto frai prezzi può aiutare a capire, a seconda dell'ordine di costo, quale rapporto dimensionale vi sia tra i vari chiodi: soldi al migliaio soldi alla libbra 62 sprangaro siacati 86 incantalaro 44 solaro 30 bessaro 34 riga 20 sentro doppio 32 solaro siaccati 14 basto doppio 24 stachette da 12 14 gelosia 8 lorpe 6,8 sprangaro 8 lorpe 6 sprangaro Circa 5 riga con bolla 6 cantelaro 4 riga con bolla Si possono ancora aggiungere alcune definizioni: 29 cante' o travërsi, correnti, piane, travicelli quadrangolari, lunghi e sottili che servono a diversi usi, especialmente per far palchi e coprture di edifizj addattandoli fra trave etrave riga, regolino,liste di legno che coprono inferiormente le commessure delle assi de' palchi. I regolini lisci son riquadrati solamente, i regolini bozzolati (Righe co' o cordonetto), hanno una modanatura per ornamento e annotare come le stachette da riga stagnate vengono usate dai vetrai, mentre stachette semplici vanno in6 telaretti di legno per l'uccelliera. Nelle gelosie di Cornigliano vengono impiegati centinaia di chiodi da solaro, di cui alcuni sciaccati, oltre a pochi chiodi da celtro doppij, da sprangaro e un centinaio da basto sempij, per le mappe sono specificati chiodi da basto doppij, per i ferogiari chiodi generici. In cantiere vengono svolte diverse finiture , come la limatura, applicata alla testa di diversi tipi di chiodi, specialmente a quelli da basto, semplici o doppi; la sciacatura della testa, eseguita su chiodi grossi, per dare una forma particolare: sciacato la testa fatta a marteletto a n°100 chiodi da ? per li legnami delle grepie 29 P. A. PAGANINI, Vocabolario domestico genovese italiano, Genova 1857 Il cantiere pag. 24 sciacato la testa a n° 40 chiodi da besaro sciacato la testa a marteletto a n° 88 chiodi da veria e besaro ed inoltre: ariondato nella gamba e imbotiti nella testa n° 88 chiodi grossi da cantero tirato sotile n° 24 chiodi da veria e di novo fatto la testa tagliato la testa a n°200 chiodi e fatto la ponta All'inizio del seicento le stachette probabilmente si dicono aguti per vedri, aguti da riga, aguti sciacati,30 ed inoltre si può redigere una casistica meno ampia: chiodi da basto e da sentro sia dopij che sempij, chiodi da banco, chiodi grossi, chiodi da splangare. Infine si segnalano anch ei dadi: dadi con testa quadra ribattuti in opera. attrezzi Anche per gli attrezzi usati in cantiere la ricerca risulta solo all'inizio, ma sembra opportunoproporre almeno un primo elenco, corredato dalle note che si possono desumere dai conti esaminati. aghoglie e ponte Sono entrambe punte, forse le punte sono più grosse delle agoglie, ma più probabilmente i termini sono sinonimi; troviamo infatti le agoglie da scoglio per i muratori, quelle con cui rompere la roccia così come con le ponte da pietra, entrambe vengono azzalite o appuntate nella punta e gli viene bolito la testa, si usa una agoglia di azzale per fare le incave li muratorij per la stanghetta della chiave e una punta pesa circa kg2,860 e oltre: 1 ponta da pietre nova assalita in peso libbre 9 2 ponte novae assalite in peso libbre 19 1/2 mentre esistono anche agiogie minute Oltre ai muratori anche gli scalpellini usano le agoglie e le punte: fato un agoglia e uno scopeletto per Serisola apontature di agoglie e scopelli de marmarari pontato n° 3 ponte da scopelino Esistono anche ponte per stucchi o per i cornicioni, da intendersi come grossi chiodi che costituiscono un'armatura per elementi aggettanti piuttosto che attrezzi per scolpire. ponte da piantare per il cornicione in sala a piano del portico badili 30 A. BOATO - ATO ECRI, Il ferro nell'architettura… cit.. Il cantiere pag. 25 I badili si usano per la calce, e posseggono una doglia, che si consuma, probabilmente con questo termine si identifica la parte di ferro. acomodato n° 8 badili per la calcina mesoli le doglie de altri suoi vechi rotti fatto la doglia nuova a un badile da calcina cunei Abbiamo visto i cunei come manufatti da mettere in opera per mettere in tiro le chiavi, ma possono anche essere usati per schiappare il legname, segnaliamo qui 2 cunii novi in peso libbre 6, circa kg 1,8. Il cantiere pag. 26 frapine e frappi Sono due strumenti simili, evidentemente l'una più piccola dell'altro, nell'ottocento vengono descritti così: frappo: "uno studioso ottocentesco lo ha definito martello a due tagli, in quanto è provvisto di due lame simili a quelle da pialla, contrapposte, in posizione perpendicolare rispetto all'asse del manico. Lungo almeno 1 palmo (circa 25 centimetri), pesante 10 libbre (quasi 3,2 chilogrammi), è provvisto di manico sfilabile che può essere fissato in due maniere differenti" come un picco, usato per rifilare i bordi, o come una pialla, per lisciare la superficie.31 Martelinha o frapinha martellina, è senza bocca e con due penne taglienti32 Dai documenti di cantiere apprendiamo che le frapine invece hanno i denti da entrambe le parti , e che esiste anche una frappa reghasasti e che si possono usare 3 frapine fatte grosse per scalcinare li mattoni. marapiche frappo Manutenzione caratteristica della marapica è la ricalsatura: 1 marapicha mezza ricalsata 1 marapicha ricalsata 1 marapicha agionta nella testa assalita la ponta martelli I martelli citati dai conti sono del tipo a scure, vengono infatti aggiustati nel taglio della penna. acomodato n° 81 martelli dal taglio azalito in più volte n° 17 martelli dal taglio azzalito un martello dalla penna e agiontato ferro dall'altra (parte) mazzoli I mazzuoli devono essere più frequenti di quanto non appaia nei documenti, perché quelli di solo legno non venendo aggiustati dal fabbro non risultano dai conti, mentre compaiono i mazzuoli "ripieni", quelli in cui viene rinforzato con ferro il punto di contatto con la testa dello strumento che si usa insieme, un peso possibile è di circa kg 2.2: 31 L. SAVIOLI, Tecniche di produzione e lavorazione, in T. MANNONI (a cura di), Ardesia, materia, cultura, futuro, Genova 1995 p 63. 32 P. A. PAGANINI, Vocabolario domestico genovese italiano, Genova 1857. Il cantiere pag. 27 comodato il mazzolo per il scopelino inpito da tutte e due le parte e boglito e alarghato nel ochio pesa libbre 7 pichette Probabilemnte si tratta di piccoli picconi (con il amnico corto?) ai quali viene sovente rifatta la punta e acciaiata. azalito n° 16 pichette pontato n° 4 pichette in più volte piconi Ne esistono alcune varietà, picconi grossi forniti insieme alle agoglie da scoglio, picconi da piano che sono assaliti nella testa, oppure uno viene agionto appontato, in generale le punte vengono assalite e appontate, come al solito, ed inoltre: 1 piccone da ponta e taglio accomodato 1 piccone da piano bolito la testa assalito la ponta 2 picconi da piano ricalsati picozzi Come suggerisce il Paganini (cfr figura), si tratta di una scure: comodato un picozzo boglito nel taglio e di nuovo temperato scopelli Di scalpelli si trovano quelli per li astreghi , quelli da scopelino, uno scopeletto per Serisola e varie apontature di agoglie e scopelli de marmarari Vengono anch eusati per lavori particolari: fattura di tagliare un pane di piombo con scopelli tre ferri a modo di scopello inazzaliti per dare leva alli scalini della nova scala per aver pontato in più volte n° 8 ponte a un scopello per lavori de campanini tenaglie Uno paro di tenaglie vengono fornite per rancare li chiodi dali canteri vechi, oltre a un paio di tenaglie grosse. trapani Per forare una verga di ferro si impiegaun trapano: fato n° 3 buchi con trapano a una rembata di scala per porli li pomi zappe Le più citate sono le zappe da calce, Il cantiere pag. 28 Sappa da cashina, marra è poco dissimile dalla marra ordinaria, ma ha il collo molto piegato verso il manico: sene serve il calcinaio per istemperare e rimestar la calcina33 una diesse, definita grossa, pesa circa kg 1,9 una sappa da calcina grossa in peso libbre 6 come per i badili, la parte di ferro viene chiamata doglia o sgoglia e va spesso rifatta o saldata: fatura di una sgoglia a una sappa da calcina boglito nel collo una sappa da calcina per essere rotta fatto la doglia a una sappa da calcina e boglita Ma troviamo anche: 2 sapette per uso del giardino 2 sappe da getto agionte nel ochio inferriate, ringhiere e altro Nell'ambito delle inferriate e sopratutto delle ringhiere il fabbro può esprimersi anche da un punto di vista figurativo, anche se guidato dal progettista, come succede a Cornigliano, dove si sperimenta qualcosa di nuovo. Tuttavia possiamo notare che già nel cantiere Pallavicini si realizzano con il ferro due pogioli a arebeschi e balaustri per le mezzarie e un poggiolo con balaustri e tre pomi in peso rubbi 6.10, (circa 50 kg) che sembrano proprio quelli di seguito descritti:34 Un secondo tipo di ringhiera è costituito da una successione di balaustrini a tutto tondo, con profilo simile ai coevi balaustri in marmo bianco, ma in forme molto più affusolate. Nonostante che a prima vista tali balaustrini possano sembrare torniti, tanto grande è la loro precisione e il loro grado di rifinitura, essi erano invece ottenuti per battitura entro appositi stampi. Una forma che appare essere la semplificazione della precedente, e che forse entra in uso un pò più tardi come imitazione di più facile realizzazione (probabilmente nel XVIII secolo), è quella a balaustrini piatti, costituiti da una lamina di ferro, che viene sagomata tramite battitura a partire da un semilavorato a forma di verga. In relazione al procedimento di lavorazione tale lamina ha spessore differenziato: più consistente nelle strozzature, più sottile in corrispondenza delle "pance". Infine le ringhiere forse più decorative sono quelle costituite da un insieme di elementi in ferro battuto, a sezione in genere quadrangolare, curvati a formare disegni più o meno elaborati, e inquadrati tra le due traverse. L'aletta descritta nella seguente voce di conto potrebbe essere quella parte di parapetto che è posta in opera in orizzontale sul bordo superiore della ringhiera stessa e che è formata da ferri piatti a formare disegni, che compare già nel cantiere Pallavicini: 33 P. A. PAGANINI, Vocabolario domestico genovese italiano, Genova 1857 Il cantiere pag. 29 per un poggiolo fatto con arabeschi e sua aletta et uno arembatore di scala attaccato al detto poggiolo et uno rastello per serare con mappe pesa rubbi 17.3 £ 142.13 Anche nelle inferriate si evidenzia un cambiamento, ne vengono fatte due alla lombarda, che pesano ben kg 754, e sono come quelle in voga per tutto il secolo precedente, e molte a quadretto; ma anche una ferrata di ferro quadro fatta con arebeschi in peso rubbi 6.20; dello stesso genere sono queste piccole inferriate per finestrine ovali o per una mezzaluna: un ovato fatto ad alboretto per la scala in peso rubbi 6.4 £ 51.6.8 un ovato con arabeschi per la scala in peso rubbi 6.6 £ 52 per un ovato fatto ad arebesco per una finestra nella scala maestra in peso libbre 66 £ 20.18 una mezzaluna fatta ad arebeschi Nel finestrino ovale sta molto bene anche una tessitura dei ferri ad incrocio in diagonale : una ferrata ovata fatta ad amandoletta per balcone a piano del portico £ 29 Quelle poste nei sovraporta sono inferriate ottenute con un procedimento piuttosto complesso, la rifollatura che35 consiste nel riscaldare la barra di ferro nella zona in cui si vuole realizzare il rigonfiamento stesso e nel comprimerla verticalmente, battendola all'estremità con la mazza. Al rigonfiamento viene poi data la forma voluta tramite battitura nel caso dei balaustrini il procedimento viene aiutato da appositi stampi. n° 7 balaustri per sopraporte con pomo nel mezzo in peso libbre 25 £ 5.16.8 n° 18 balaustri per sopraporte nel caroggio con pomo in peso rubbi 5.4 £ 27.19 Dello stesso genere possono essere i montanti di ringhiere di scale o poggioli, per i quali si nota una differenza tra i due cantieri , sembra infatti tra il primo e il secondo si passi dal balaustrino a tutto tondo a quello sottile, ricavato da un ferro piatto, come nelle alette sudescritte. per uno arembatore di scala con balaustri a colonetta in peso libbre 88 a soldi 8 la libbra per un pomo d'ottone per detto un arembatore di scala di balaustri a colonnetta in peso libbre 66 per contati spesi in un pomo d'ottone per detto £ 35.4 £ 1.10 £ 33 £ 1.16 In generale il corrimano della ringhiera viene sorretto da chiavette impiombate o da 34 A. BOATO - ATO ECRI, Il ferro nell'architettura… cit.. A. BOATO, Archeografia del costruito, tecniche e materiali della Genova preindustriale (secoli XI-XIX), Genova 35 Il cantiere pag. 30 una colonna et un dado che serve per attaccare li rembatori di scala in peso libbre 41 a soli 8.6 circa £ 7.4- Nel cantiere Durazzo tutti questi elementi subiscono ancora un rinnovamento, vi si introduce una tecnica di lavorazione esplicitamente alla francesa: 1755 a' 24 novembre Conto di 8 balconi di ferro Lavori fatti dmaestro Giovà Battista Balatti Per n° 8 poggiolli cioé 20 longhi palmi 7, alti palmi 3 con giro e ghaibo con staza e cornice fatti di fero quadro tirato sotille fatti alla francessa con diversi inchastri e ben tiratti con lima in tutto pessano rubbi 15:16 r:20 altri 4 longhi palmi 6 alti palmi 4 fatti con telari quadro e con staza tiratta a cornice fatti di ferro quadro sotille tirato a patta e fatti con diversi rebeschi e siggi e con diversi inchastri fatti alla francessa e ben tirati con lima in peso rubbi 22.20 che in tuto pesano rubbi 40:8 a soldi 22 la lira con fero e fatura e spesa e ogni cosa £ 1105:10 spessa di porto de fachini £ -:18 £ 1106:8 (ma poi si accontenta di £ 900) Nelle ringhiere di scale minori si usa la stazza:36 una delle due sbarre parallele che formano una ringhiera insieme a bacchette di ferro verticali che è un termine non ancora riscontrato nei documenti dei secoli precedenti , anche se probabilmente il manufatto aveva già fatto la sua comparsa, per n° 2 arembatori di scala di palmi 16 circa con li suoi caragoli e sua stazza sotto e d'alto con sue vide nel suo ferro et al primo caragolo messovi la stazza cornigiata di sopra in peso rubbi 17:13 a soldi 3/4 la lira di fattura £ 87:12:= per n° 5 pezzi di arembature di scala con sua stazza limata e sua cartella in peso rubbi 7:10 a soldi 5/6 la lira ferro e fatura £ 55:10:= sulle ringhiere vengono effettuati anche adattamenti per modifiche avvenute nella fabbrica, anche pochi anni dopo : per avere acomodato uno delli suoi pugioli vechij della scala e trapanato a lavoro e atacato con la detta scala e messoli giornate n° 3 a soldi 40 il giorno £ 6:=:= Come già anticipato, a Cornigliano viene realizzata, ad alto costo, una ringhiera per la scala maestra, di gusto squisitamente francese che sembra uscire dalle pagine dell'Ènciclopedie37 uno dei primi tentativi a Genova, se non il primo: 1757 à 16 maggio Conto della rampa della scala grande per avere fatto la rampa della scala di marmaro cioé n° 6 pezzi con suoi recanti tutto a rebeschi con molta fatica più de altre £ 1270.7 36 37 P. A. PAGANINI, Vocabolario… cit.. Cfr F. BONORA, Il palazzo Durazzo Bombrini in Cornigliano, un'architettura francese a Genova, Genova 1991 Il cantiere pag. 31 deduzione pagate a Bartolomeo Bruno £ 188.4 £ 1082.3 Le altre ringhiere sono più semplici ma comunque elaborate: 1756 à 4 settembre Conto di 3 pezzi di rampe per aver fatto n° 3 pezzi di rembate di scala per la scala verso Sestri per andare nelle mezzarie di cima fati con driti di ferro con pedino da tutte e due le parti e con la cadenza ribatuti sotto con stazza e sopra ferro quadro ritondato dauna parte in peso cantara 529 a £ 22.10 il c. £ 118.10 fatto una cantonata a rebescho simile de altra £ 22 detta rampa per essere con troppo ferro se le paga in ragione di £ 13 circa il cantaro £ 70 Bartolomeo Bruno riceve £ 92 1756 à 10 luglio Conto della rampe della scaletta a ponente (realizzate a arebeschi da B. Bruno) Tutte le ringhiere sono finite dal pittore Lupi con due mani di olio. Anche il cancello principale della villa viene realizzato con decori arabescati: 1756 à 20 agosto Conto di fattura del rastello del cortile grande fatto con arebeschi alla cima da B. Bruno per £ 311.12 Anche manufatti particolari come i lumi e gli anelli per appenderli sono curati con aggiunta di elementi decorativi: due lumi di Pistoia doppi recamati per la fabbrica £2 un anello da volta con sua rosetta e fiorami £5 4 anelli da volta con sue rosette e fiorami con gamba di p 2 £ 20 per due annelli da volta per li salotti con sue rosette fiorami e gambe di palmi 2 £ 12.10 Restano da segnalare alcuni altri manufatti del fabbro Bruno, diversi telai di ferro tessuti per le uccelliere, le cantine, la cucina, 6 telaretti di legno per l'uccelliera, fissati mediante stachette, ed inoltre 8 occhi quadri fatti a T con occhio per mettere una chiavetta per il palco in sala, occhietti, occhi per le cortine di sala fatti a balaustro, ferri per il lampione e tutto il necessario per i campanelli: per n° 6 grilette da campanino a soldi 1£ l'uno £ 5:8:= per n° 19 ochij da piantare per detti campanini in peso lire due e onze 4 a soldi 30 la lira £ 3:10:= per havere acomodato sei delli suoi griletti usati e messo li perni nuovi e a qualcuno datoli giunta £ 0:16:= n° 2 molle di azzale con ochio e da levare e metere per campanini. altri metalli e leghe Il piombo è presente in alcune condutture, canali, usati per la peschiera e per una tromba (pompa). L'altro ruolo importante di questo metallo è quello visto nei Il cantiere pag. 32 serramenti, per i quali viene detto piombo da vetro; per lavorarlo può essere necessario tagliare un pane di piombo con scopelli,lavoro svolto dal fabbro. Lastre di rame compaiono in entrambi i cantieri, dove sono impiegate per un balcone, per una canaletta, e si usano100 stopparoli servono per inchiodare una lastra di ramo. In particolare: 1754 @ 31 dicembre (5 settembre) Conto di lastre di rame e stagno per lastra d'Allemagna posta sopra il tetto del palazzo in Cornigliano libbre 84 senza ferro e stagno £ 113.8.e per stagno per detta libbre 31.3 £ 19.1.per altro stagno per la fabbrica libbre 17.6 a soldi 12 10.10.per fattura di collocare detta lastra con altre e tirarle compresevi giornate 3 di due uomini £ 20.-.si deducono avanzi e ritagli Vi sono inoltre alcuni particolari pezzi di impianti, come un canone nuovo di rame con due gomiti di p 8 portione saldato in peso netto l 40, oppureuna caldara grande nuova da far scaldare l'acqua per il bagno di rame senza ferro p libbre 46 Di ottone troviamo ben n° 270 otto pomi nuovi e nettatura di altri 10 vecchi di casa per le ferrate Lavorano il rame e l'ottone i calderari Antonio Perpinto e Antonio Maria Zermucca. Nel cantiere di Cornigliano arrivano anche alcuni manufatti di ottone, forniti sia dal fabbro Bruno sia da un tal Brignone 2 anelli con sue rosette due mappe e un anello con bottone per il luogo all'inglese £ 4 filo d'ottone per li giochi da campanini mandato da Genova 13 grilletti simili de altri per detti giochi per mettere in detto (palazzo) 5 giochi di canpanili n° 4 canpanili novi £8 in detto 5 mole di acale con sua ganba £ 17.10 in detto 25 grileti per detti giochi a soldi 22 l'uno £ 17.10 ocheti et ponte per negare il filo di lotone £ 3..16 filo di lotone ricoto £ 5.10 maestro Antonio Suanasino fatura di deto lavoro £ 16 filo di ottone in tutto libbre 50 di filo mezzano pomi grossi 164, mezani 16 e picoli 12 rozete 106 bochete 96 (ad esempio per i secretaire) stachete dongene 72 E' tessendo il filo di ottone che si realizzano i telai di ramina, grandi , ad esempio, sei palmi in quadro. Infine troviamo documentato anche il bronzo in alcune forme particolari: Il cantiere pag. 33 Conto di due anitre di bronzo dorato per il bagno Conto del costo di un pomo di bronzo dorato per la rampa della scala grande pagato in £ 36 per un pomo di bronzo dorato a vernice per la rampa della scala grande fatto da Brignone Il cantiere pag. 34 pietra di Lavagna Non si può trascurare quanto viene indicato dai conti consultati riguardo all'ardesia, poiché, oltre a giocare una parte importante nelle finiture, lo fa con una straordinaria varietà di elementi diversi. Non è sempre evidente, però, l'impiego di tali elementi, anche perché alcuni possono giocare più ruoli, per cui occorre analizzarli uno per uno e tentare di individuarne i principali utilizzi. Ci vengono in aiuto documenti della metà del seicento,38 il primo redatto in seguito ad una lunga vertenza tra i cavatori e produttori di pietra di Lavagna e i maestri muratori per ottenere una standardizzazione degli elementi che cautelasse questi ultimi da imprevisti negli acquisti e che garantisse una ottimale qualità delle forniture: alla fine viene redatta una "Dichiarazione delle robbe che si devono fabbricare in ogni bontà e perfettione nelle rocche di Lavagna e condursi alla città",39 da cui, schematizzando, rileviamo: - abbaini palmi 2 e once 2 fino a 4 - chiappe da gronda palmi 3 per 2 (spessore proporzionale) - scalini lunghi palmi 3.4.5.6 larghi p 1 1/4 spessi (grossi) once 1 e 1/2 (ql larghi un solo palmo vanno pagati mezzo) - scalini lunghi palmi 7.8.9.10.11.12 devono essere larghi p 1 1/2 spessi once 2 (anche qui quelli più sottili o meno larghi vanno pagati meno) - scalini bastardi lunghi palmi 7.8.9.10.11.12 devono essere larghi p 1 3/4 spessi once 1/2 - scalini grossi (nel senso di spessi) p 1/4 lunghi palmi da 3 a 12 devono essere palmi 1 1/2, (valgono due scalini ordinari) - chiappe da lavello lunghe palmi 3 larghe palmi 2 grosse un'onza in circa - lavelli ordinari incavati lunghi palmi 3 larghi palmi 2 (brutto e netti senza diffetti, ne schiapati) grossi onze 5 - tetti ordinari lunghi palmi 3 larghi palmi 2 massicci grossi palmi 1/3 - chiappami da palmi 2 pagati come uno scalino e mezzo - chiappami da palmi 2 1/2 fino a 3 pagati come due scalini - chiappassoli squadrati di misura giusta di palmi 1 e once 10 in quadro - quadretti giusti di palmi 1 e 1/4 quelli di un palmo dritti e grossi e 3/4 di oncia40 - pilastrate grosse p 1/3 larghe di netto un palmo 38 Trascritto in Tesi di Laurea di Silvia Schiaffino, Regestazione e valorizzazione delle filze dei Padri del Comune relative alle arti, degli anni 1641-50, rel. A. Roccatagliata, AA 1994/95. 39 Esiste un'altra dichiarazione del 1603, che sarebbe utile raffrontare. 40 L'aggettivo "giusti" viene chiarito con il documento di cui alla nota seguente, in cui si dice: e se si trovassero francischiati con li abbaini giusti i suddetti chiamati grondette e fossero venduti inssieme…, va quindi inteso "di misura corretta". Il cantiere pag. 35 - queironi grossi 1/4 di palmo e larghi 3/4 di palmo in quanto alla qualità li abbaini siano fatti nella più perfetta pietra e siano nè troppo grossi li chiappami tutti si faccino senza bianche, nè file per traverso, senza diffetti e grosse per tutto uguali e dritte le pilastrate siano di grossezza giusta tutte senza bianche nè file per il mezzo nè schiappate il secondo documento, poco più tardo, fa parte del gruppo delle normative che la Magistratura dei Censori erogava regolarmente al fine di regolamentare le produzionie i commerci della Repubblica: 41 abbaini palmi due e onze due in quadro et altri chiamati gronde che siano longhi palmi due e onze sette e larghi palmi uno e onze nove a quali abbaini detti gronde della suddetta misura è statuita la meta a lire dieci il cento condotti in città e si vendano separatamente et agl'altri di giusta misura lire otto il cento pure condotti in città sotto pena… Una norma simile, ma della metà del settecento, stabilisce anche una misura di spessore di circa sei millimetri, corrispondente a molti casi reali: 42 abbaini palmi due e onze due in quadro, abbaini doppi di p 2 e mezzo in quadro della dovuta bontà e grossessa cioè trentasei per ogni palmo si dell'una che dell'altra qualità Portando le misure in centimetri è possibile confrontarle con quanto emerge, nell'Ottocento, da un Capitolato speciale per l'appalto della manutenzione ordinaria quinquennale degli stabili di proprietà o di uso del Municipio di Genova o per cui incombe al Municipio di Genova di sopportare o di anticipare in tutto od in parte la spesa, 43 che, per quanto riguarda l'ardesia prevede: - intelaiature per porta composte di stipiti, architrave e soglia dette alla cappuccina di spessore mm 25÷34 x larghezza 10÷15 - intelaiature per porta composte di stipiti, architrave e soglia dette quairone di spessore mm 35÷44 x larghezza 13÷15 - intelaiature per porta composte di stipiti, architrave e soglia dette a pilastrate di spessore mm 60÷70 x larghezza 18÷22 - scaglioni per gronde spessi cm 3÷4 x larghezza 10÷12 - gradini detti schiavoni cm 2,5÷3,5 x 28 ÷ 30 - gradini detti da quarto vuoto m 005 ÷ 07 larghi m 030÷035 41 Archivio Storico del Comune di Genova, Censori, 428, 18 maggio 1668. Archivio Storico del Comune di Genova, Censori, 428, 12 febbraio 1751. 43 Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale… cit.. 42 Il cantiere pag. 36 nella seguente tabella sono messe a confronto le fonti, in nero quella più antica, in verde quella seicentesca dei Censori, in blu quella settecentesca dei Censori in rosso quella ottocentesca: cm abbaini palmi 2 e onze 2 fino a 4 (once?) abbaini palmi 2 e onze 2 abbaini doppi palmi 2 e mezzo chiappe da gronda palmi 3 per 2 (spessore proporzionale) gronde longhe palmi 2 e onze 7, lar. palmi 1 onze 9 scaglioni per gronde scalini lunghi palmi 3.4.5.6 larghi p 1 1/4 spessi (grossi) once 1 e 1/2 scalini lunghi palmi 7.8.9.10.11.12 larghi p 1 1/2 spessi once 2 scalini bastardi lunghi palmi 7.8.9.10.11.12 larghi p 1 3/4 spessi once 1/2 scalini "grossi" lunghi palmi da 3 a 12 palmi 1 1/2 grossi p 1/4 chiappe da lavello lunghe palmi 3 larghe palmi 2 grosse un'onza in circa lavelli ordinari incavati lunghi palmi 3 larghi palmi 2 grossi onze 5 tetti ordinari lunghi palmi 3 larghi palmi 2 massicci grossi palmi 1/3 chiappami (nel senso di chiappe) da palmi 2 chiappami da palmi 2 1/2 fino a 3 chiappassoli squadrati di palmi 1 e once 10 in q. quadretti di palmi 1 e 1/4 quelli di un palmo e grossi 3/4 di oncia pilastrate grosse p 1/3 larghe di netto un palmo pilastrate di spessore mm 60÷70 x larghezza 18÷22 queironi grossi 1/4 di palmo e larghi 3/4 di palmo quairone di spessore mm 35÷44 x larghezza 13÷15 da da da da da da 53.7 a 53.7 62 74.4 lato 64,1 100÷120 74.4 31 173.6 37.2 173.6 43.4 74.4 37.2 74.4 49.6 74.4 49.6 74.4 49.6 49.6 62 45.47 31 a larghezza a larghezza a larghezza a larghezza lato lato 24.8 2.067 43,4 3÷4 148.8 3.1 297.6 4.1 297.6 1.0 297.6 6.2 lato spessore lunghezza spessore lunghezza spessore lunghezza spessore lunghezza spessore 2.1 spessore lunghezza 10.3 spessore lunghezza 8.3 spessore larghezza larghezza lato a 24.8 larghezza 18÷22 18.6 larghezza 13÷15 larghezza oncia 57.8 lato lato lato 49.6 lato lato lato lato poi palmo 74.4 lato 24.8 1.6 8.3 6÷7 6.2 3.5÷4.4 lato spessore spessore spessore spessore Risulta quindi una sensibile variazione nelle dimensioni degli elementi, perlatro già nota nel caso degli abbadini,44 che suggerisce come, nel caso in cui fosse possibile riconoscere e misurare gli elementi in opera, potrebbe essere pensabile una mensiocronologia della pietra di Lavagna? Proviamo intanto a verificare l'ipotesi con le misure settecentesche, come risultano dai conti di fabbrica esaminati. Il cantiere pag. 37 abbaini Così si chiamano, almeno tra cinque e seicento,45 gli elementi da copertura quadrati, sottili, messi in opera per terzo; il termine oggi usato per indicarli è abbadini e questo cambiamento si può osservare proprio tra il primo e il secondo dei cantieri studiati. Nel caso più antico troviamo una precisazione dimensionale: il lato della lastra dev'essere di p 2 1/2 (circa 62 centimetri), ovvero più grande dell'intervallo previsto dalla Dichiarazione seicentesca ma perfettamente corrispondente alla norma di metà settecento proprio per gli abbadini doppi, come infatti sono sempre indicati in tutte le citazioni: Nel secondo caso, invece, si pagano sempre abbadini detti grandi, probabilmente non varia la misura ma solo il modo di chiamarli, se ne possono contare 10600 e oltre, di cui un migliaio sono doppi (sinonimo o variazione di spessore?), che costano lo stesso prezzo degli altri. battiporta Questo termine compare solo nel cantiere Pallavicini, in poche citazioni, mentre nei secoli precedenti usato ad era molto indicare un elemento lavorato di pietra di Lavagna, usato in orizzontale, messo in opera sotto e sopra ai balconi dalla parte di fuori.46 Può essere rifinito a bastone oppure semplicemente refilato, 47 misura circa 16 cm di larghezza, ovvero è più piccolo di un querone (cfr). 44 A. BOATO , Costruire a Genova tra medioevo ed età moderna tesi di dottorato in Conservazione dei beni architettonici, VI ciclo, Politecnico di Milano, p. 64. 45 Cfr A. DECRI, Per un glossario sull'uso della pietra per le finiture nell'edilizia genovese dei secoli XVI–XVII, in Atti del VII convegno di Studi "Scienza e beni culturali - le pietre nell'architettura: struttura e superfici", Libreria Progetto, Padova 1991, pp 57-66, voce "abaini". 46 A. DECRI, Per un glossario… cit. voce "battiporta". Il cantiere pag. 38 chiappe Voce con cui si designa l'elemento generico di pietra di Lavagna, la lastra, o, ancor più in generale tutti gli elementi di tale materia;48 ma ha un uso specifico per indicare gli elementi di forma bidimensionale come le lastre (rispetto a quelli in cui prevale nettamente la lunghezza); un caso particolare è dato dal chiappasolo, elemento attestato nel Seicento per i pavimenti e presente nel cantiere Durazzo: n° 130 chiappasoli di p 2 in quadro lavorati £ 32.10, misurano circa mezzo metro di lato, quindi di tratta di manufatti più piccoli della normale chiappa, ma leggermente più grandi di quelli del secolo precedente. Dal punto di vista dimensionale, comunque, esiste una varietà notevole: si va dalla chiappa quadrata di un metro di lato o a quella rettangolare di due per mezzo metro, fino alle più grandi, di 175 cm per un metro, neanche previste dalla Dichiarazione seicentesca. Esistono lastre specializzate come quelle da lavello (cfr lavello), quelle da gronda e quelle bastarde usate per la gronda; nell'Ottocento sono chiamate scaglioni per gronde e misurano mm 30÷40 x 100÷120,49ma sono note già nei secoli precedenti, la loro dimensione maggiore rispetto alle altre lastre da copertura e la loro forma rettangolare serve per mettere in opera il corso (chiappata o gronda) in modo da coprire il termine della muratura con un'unica lastra, per meglio proteggerla dall'acqua piovana. 50 I conti settecenteschi del cantiere genovese aggiungono dei dati sulle dimensioni: una cinquantina di chiappe da gronda misurano palmi 5x2 (circa 125 x 50 cm) ben più grandi di quelle indicate nei documenti ufficiali; sempre larghe cinque palmi sono fornite anche 124 chiappe bastarde per gronda, forse più corte delle altre. Come finitura si impiegano due quatteroni d'oglio per la chiapata del tetto, forse steso con pietra pomice. Ancor più specializzate sono due chiappe di p 5 in quadro squadrate atorno e tagliate da canto a filo de canti del tetto, nel palazzo Pallavicini, mentre in quello 47 La figura riguarda l'ipotesi sulla forma di tali profili avanzata da A. BOATO, Costruire a Genova… cit., p. 115. 48 In un documento che riassume gli "avanzi", vengono detti chiappe anche gli scalini, i queloni, le pilastrate. 49 Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale… cit.. 50 A. DECRI, Per un glossario… cit. voce "chiappata o gronda". Il cantiere pag. 39 Durazzo, ancora negli angoli, troviamo chiappe da gronda a civetta tagliate a cartabuone per canti di p 8 e p3 n° 4 e simile di p 7 e 3 n° 4, da cui si evince che il taglio a cartabono è il taglio a 45° in pianta. Sempre come finiture della copertura troviamo, a Cornigliano, dei coppi di querione di p 4 e 8 coppi di palmi 5 di pilastrata doppia incavati: si tratta di quegli elementi che sono posti sopra il giunto delle due falde nella parte terminale del tetto. (cfr quaroni e pilastrate). Come lavorazione del bordo, spesso applicata a lastre tra le più grandi (palmi 8 1/4 x 3 o 7 x 3) e usata specialmente per l'impiego in coperture particolari, come il tetto del miradore, il lucernaio, il cornicione oppure un trogolo, è il becco di civetta, il cui profilo corrisponde bene a quello ottenuto con lo smusso di un solo spigolo di una lastra. A Cornigliano viene fornita una chiappa così rifinita come copertura di un trogolo: chiappa 6x5 e una di p 3 lavorata a bastone e lavorata a becco di civetta tagliata a carta bone sopra il troglio. e troviamo anche la finitura a civetona, applicata a tre lati di tre chiappe di palmi 4 e palmi 2, forse usate come mensole? Nello stesso modo vengono trattate le chiappe per il dado, che è la fascia marcapiano che interrompe il corso dell'acqua piovana e che, per questo, gioca un ruolo molto importante nella prevenzione del degrado da dilavamento,51 sembra utile rilevare, perciò che il bordo di tale fascia, protetto dalla lavagna, è anche accuratamente sistemato per un corretto gocciolamento: chiappe per il dado lavorate a becco di civetta et attestate con sue gocciole larghe o 10, col che probabilmente si intende il piccolo scavo nella parte inferiore della lastra, qui utile perché messa in opera molto meno inclinata di quelle del tetto. Il termine attestate potrebbe indicare la sistemazione precisa delle lastre l'una nei confronti dell'altra per ridurre il giunto. chiappe di p 7 e p 3 lavorate a becco di civetta et attestate per tetto miradore chiappe per gronda lavorate a becco di civetta et attestate p 8 e p 2 1/2 Come due chiappe per pilastri di p.mi 4 in quadro a civeta a torno taliato li canti per desene £ 4.8 Come finiture troviamo ancora la squadratura, realizzata su chiappe per balconi (si tratta di lastre di circa 174 x 16,5 probabilmente usate per l'imbotte), per un bordo 51 Poiché interrompono il corso della lama d'acqua sulla facciata ed i suoi effetti. Il cantiere pag. 40 da incastrare oppure per il pavimento di un ballatoio: si differenzia dal bastone che é un bordo tondeggiante,52 per cui la squadratura sembra la finitura a 90°. E allora le chiappe a bastone squadrate oppure quellea bastone e refillate si possono interpretare come lastre con finiture diverse sui diversi bordi. Perché la superficie di alcuni elementi sia veramente liscia e piana occorre che sia aspianata in straguardo. Tra gli usi è da segnalare il vasto impiego negli impianti, come nei gaggioli (condotti verticali), nei trogoli, nelle bocche di pozzo, e così via, per cui possono servire chiappe con fossetta, chiappe con bucci per acqua. Nelle pavimentazioni la lavagna ha un ruolo importante nei vani delle finestre, dove realizza una finitura impermeabile all'acqua piovana non trattenuta dal serramento e poi convogliata fuori da apposito pertugio: (…) due chiappe di p 6 large 0/14 rifilate da squarcio £ 1.12 Per riassumere, infine, la straordinaria varietà e quantità di chiappe usate in cantiere, per i più diversi impieghi, si è compilata la seguente tabella contenente esempi di quantità e misure e della loro relazione con i prezzi unitari, qualora presenti o ricavabili: 52 Cfr alla voce battiporta. Il cantiere pag. 41 chiappe quantità lato palmi lato palmi spessore 12 4 7 3 6 15 4 14 21 16 3 4 4 4 4 4 4 4 4 4 1 82 9 1 6 4 3 29 3 1 15 9 29 8 13 14 15 6 12 50 2 3 4 1 34 25 1 45 5 128 11 3 3 4 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 6 6 6 6 6 7 7 7 7 7 7 7 8 8 8 8 8 8 8 9 9 9 4 3 3 grossa onze 2 3 grossa onze 2 3 4 4 4 grosse onze 2 4 4 4 3 3 3 3 3 3 4 4 4 4 2 1/2 3 3 3 4 2 2 1/2 3 3 3 3 4 1 1/2 2 2 2 2 1/2 2 1/2 3 2 1/2 3 4 finitura soldi 26 doppie doppie aspianate aspianate aspianate 23 soldi doppie doppie grosse onze 2 doppie doppia doppie grosse onze 2 doppia doppie grosse onze 2 prezzo unitario doppie doppie £ 4.16 aspianate £ 4.16 aspianate in straguardo 30 soldi scielte aspianata £4 soldi 22 £4 aspianata £4 aspianate £4 £ 11 aspianate £4 circa 1 lira e 1/2 £5 £5 £ 1.6 £ 3.4 aspianate £ 4.14 £ 4.14 £2 ordinarie doppie grosse onze 2 aspianate aspianate doppie doppia grosse onze 2 1/2 doppie ordinarie doppia doppie £2 £6 soldi 50 £6 £6 £ 7.8 £ 2.10 £8 £2 £4 £ 2.10 £ 4.16 £3 £ 3.4 £8 £ 7.16 Resta da segnalare come coesistano, seppur rari, i termini lastra e piana: piane alla romana e lisciate di p 6 larghe oncie 10 lastre servite di Francesco Rondanina per lastricare li fondi del palazzo coperte Il cantiere pag. 42 Si tratta di un elemento posto a copertura dei vani di porte e finestre, oggi detto imbotte; può essere realizzato con uno o più quaroni ed avere una sezione scavata per permettere l'incastro dei telai fissi oppure la battuta di quelli mobili. La finitura alla romana e l'aggettivo finte risultano per ora poco spiegabili. una coperta con l'incastro, di p 3 per porta di commodità una coperta di quaroni con faccia liscia con due incastri da vetro e arva una coperta alla romana n° 6 coperte di palmi 4 doppie finte £ 6.12.- lavelli Citato come pezzo solo nel primo cantiere (in cui peraltro compare anche la chiappa da lavello, un paio sono messe come piede di stallo di colonna), è interessante notare che non vengono usati per costruire lavelli, appunto, bensì sono messi in opera sopra o sotto le colonne e sotto i bordonari, cioé le travi maestre, a fungere da appoggio piano, nonché come zoccoli (lavelli pieni per fare soccari). Nel secondo cantiere invece vengono fornite le chiappe da lavello, presumibilmente lo stesso pezzo, in totale sono 2760, numero che sembra confermare l'uso come piano di appoggio. Possiamo quindi descriverle come lastre di particolare spessore, mentre l'aggettivo pieno potrebbe riferirsi al fatto che non è stato praticato lo scavo per contenere l'acqua. Dalle misure della Dichiarazione seicentesca si rileva che lavelli e chiappe da lavello hanno identiche lunghezza e larghezza (75 x 50 cm circa) ma i primi sono spessi ben 10 cm mentre le seconde solo 2. Inoltre i lavelli ordinari sono definiti incavati, proprio il contrario di quelli pieni qui visti. mezzanini Trentacinque mezzanini, alcuni lunghi cinque palmi (circa 125 cm) lavorati alla Romana oppure solo refilati, altri lunghi circa un metro e larghi circa 16 cm, sono forniti per Cornigliano; il termine già nei secoli precedenti si usa per indicare l'alzata dello scalino quando è fatta di lavagna.53 ottangoli 53 A. DECRI, Per un glossario… cit. voce "mezzanini". Il cantiere pag. 43 Manufatti da pavimentazione, così quelli usati a Cornigliano: n° 3 ottangoli doppij di palmi 2 1/2 in quadro squadrati e lisciati per la terrazza £ 4.10 n° 183 ottangoli di palmi 2 1/2 doppij aspianati e lustrati £ 137.5.(…) otangoli di polteli dopi di p.mi 2 1/2 squadrati e lisati forniti n° 4 £6 pilastrate La pilastrata è l'elemento verticale della cornice di una porta o di una finestra, quando questa è realizzata con pietra, mentre la parola stipite, praticamente un sinonimo, 54 potrebbe indicarne la larghezza; n° 26 scalini di palmi 5 grossi 1/4 larghi onze 6 di stipito addietro a soldi 34 £ 44.4.- Spesso con un unico pezzo si copre il muro dov'è la bucatura e si decora la superficie della parete ad esso perpendicolare, a volte infatti questo lato della pilastrata è modanato, anche da entrambi i lati stretti, quando sono entrambi a vista; porte di pilastrata doppie corniciate da due parti p 9 e p 4.4; a volte la battuta viene scavata nell'elemento: un quadro di pilastrata con l'incastro da vedro di p 3 1/2 in quadro di luce; Le finiture possibili: alla fratesca, a faccia quadra, corniciata, corrispondono evidentemente ai vari modi di realizzare i profili delle aperture, possono inoltre avere l'incastro per il telaio e il batiporta, la battuta : pilastrata corniciata con l'incastro di dietro quattro quadri di pilastrata con faccia liscia con l'incastro da vedro di p 5 e p 4 di luce con il batti porta greso oncie 3 e con sue canellette dentro per il miradore; Possono essere rifinite anche sulle due facce opposte: pilastrate doppie di p 7 n 2 e di p 6 n 2 con faccia quadra da due parte per longhezza sopra un arco la stessa faccia può essere liscia oppure lustra. due coperte di pilastrata con faccia liscia di p 7 e due p 4 simili per fare un quadro; n° 2 pilastrate di palmi 10 larghe onze 9 lavorate con faccia lustra £ 5.18.- Quanto alle dimensioni le pilastrate, sempre di lunghezza variabile, risultano nel seicento larghe 25 cm circa e spesse circa 8, nel settecento i documenti di solito indicano la lunghezza o la luce del vano della bucatura, e nell'ottocento si hanno spessore mm 60÷70 x larghezza 18÷22. 54 Pilastrâ stipite e stipito, chiamasi i due membrid ella porta, che posano in sulla soglia e reggono l'architrave, G. CASACCIA, Vocabolario genovese - italiano, Genova 1851, Il cantiere pag. 44 possono ancora essere usate ad esempio per un'imbotte oppure per il colmo del tetto: due coppi di pilastrata doppia, n° 8 coppi di palmi 5 di pilastrata doppia incavati, nel qual caso si può praticare un solco per rendere il pezzo più stabile sullo spigolo su cui appoggia. Una certa confusione nasce quando viene usato il termine pilastrata riferito all'elemento costruttivo ma non al pezzo di lavagna: pilastrate di schiavone con faccia squadra da una parte di palmi 6 large 0/7 N° 8 atestate insieme £ 9:12 una pilastrata di quarone con faccia liscia di p 8 dal fumarolo n° 2 pilastrate di qualone di palmi 8 lavorate con faccia lustra £ 4.8.n° 12 pilastrate di palmi 8 di qualone aspianate a £ 2 £ 24.-.- Esistono anche pilastrate finte, forse nel senso, già ipotizzato per le coperte, di un uso non strutturale, ma solo di rivestimento: n° 12 pilastrate doppie di palmi 8 finte n° 7 pilastrate di palmi 8 lavorate finte £ 26.8.£ 15.8.- portelli Il portello è una lastra da pavimento,55 può essere quadrato e di dimensione maggiore rispetto al chiappasolo sopracitato, oppure ottagonale (cfr ottangoli); viene rifinito con molta attenzione: portelli di palmi 3 in quadro doppij aspianati in straguardo, cioé con la superificie resa dritta così regolarmente da reggere alla traguardatura, come visto per le chiappe. A Cornigliano ne arrivano in tutto 855. quaroni Il quarone è simile alla pilastrata ma più piccolo,56 come risulta anche dai documenti ufficiali già citati, in cui si precisa che siano, nel seicento, grossi 1/4 di palmo (circa 8 cm, due centimetri meno delle pilastrate) e larghi 3/4 di palmo (sei centimetri meno delle pilastrate) mentre nell'ottocento si riducono drasticamente: intelaiature per porta composte di stipiti, architrave e soglia dette quairone di spessore mm 35÷44 x larghezza 13÷15 55 In un certo senso il significato permane nell'ottocento: Portello, cateratta, botola, (…) buca per lo più quadra fatta nel palco per cui si passa da un piano dicasa all'altro - ribalta, sportello orizzontale che chiude la botola, P. A. PAGANINI, Vocabolario domestico genovese italiano, Genova 1857. 56 Misure diverse da quelle standard sono sempre possibili e varia il prezzo in conseguenza: n° 2 qualoni di palmi 7 doppij larghi onze 8 £ 3.10.-. Il cantiere pag. 45 anch'essi possono essere lavorati a faccia squadra da due parti; ma sono richiesti spesso con faccia liscia (anche quando messi in opera come coperte), nelle porte (in entrambi i cantieri): n° 6 qualoni lavorati con faccia liscia di palmi 8 con sue coperte di palmi 5 simile £ 17.5.- con o senza predisposizioni per il serramento: n° 1 porta di palmi 8 larga palmi 5 di qualone lavorata in faccia lustra senza battente £ 5.15.n° 1 porta di palmi 8 larga palmi 5 di qualone senza battente £ 5.15.una porta di quarone corniciata di p 9 e p 4 e o 3 di luce con l'incastro di dietro astretta ad oncie 6 o nelle finestre, con l'apposito incastro per il telaio: un quadro di quarone con faccia liscia e con l'incastro da vetro di p 2 e p 1/2 di luce e uno simile di p 3 o 1 oppure ancora soltanto resi piani, anche se più spessi: n° 6 qualoni di palmi 7 doppij aspianati n° 3 qualoni di palmi 8 doppij aspianati a £ 2 n° 7 detti di palmi 7 simili £ 10.10.£ 6.-.£ 12.5.- Quanto agli impieghi, oltre a quelli già visti per le pilastrate, escluso però quello di coppo, è interessante ritrovarli come riscontri del paletto capochiave a finitura della superficie muraria: quaroni di p 4 n 4 con suo incavo per le stanghette altri sono usati, nel cantiere del primo settecento per il cornicione, si tratta di molti quaroni doppi di p 4 n 60 di p 3 n 56 e di p 5 n 2; li troviamo ancora a fungere da cordone per la rampa di accesso: due pagioli di quarone lavorati di palmi 2 £ 1: oppure preparati per qualche uso non ancora chiaro: uno quarone doppio di palmi 4 fatto la fossa a squadra £ 1: due quaroni di palmi 2 fatto la fossa a squadro e uno scalino incrastato nelli detti quaroni scalini Nell'ottocento vien detto:57 Scalìn o scaìn o schën, scalino, (…) scaglione è scalino di pietra o di marmo più grosso degli ordinarij; gradino è voce nobilitata dall'uso, che lasciando scalino per una scala qualunque ella sia, riserba gradino per le scale più nobili. A questa funzione corrisponde l'elemento di Lavagna: Per esso, nei documenti, spesso è indicato lo spessore, 6 cm in entrambi i cantieri, ovvero paragonabile a quelli 57 P. A. PAGANINI, Vocabolario domestico… cit.. Il cantiere pag. 46 indicati "grossi" nella Dichiarazione seicentesca, e la larghezza varia tra il metro e venticinque e il metro e settancinque circa. schiavoni Gli schiavoni compaiono soltanto nel cantiere Durazzo, a quanto risulta ad oggi si tratta si un termine mai usato prima, sono da porre in relazione agli scalini: scallini sciavoni di palmi 7 attestati insieme, uno da 5 con la canale in mezzo, di cui sembra costituiscano una versione più spessa e un po' più costosa, forse si tratta del nuovo nome dei seicenteschi scalini grossi, dei quali però si scostano in parte le larghezze (che rileviamo da 32, 34, 36 cm): - scalini lunghi palmi 3.4.5.6 larghi p 1 1/4 spessi (grossi) once 1 e 1/2 (ql larghi un solo palmo vanno pagati mezzo) - scalini lunghi palmi 7.8.9.10.11.12 devono essere larghi p 1 1/2 spessi once 2 (anche qui quelli più sottili o meno larghi vanno pagati meno) - scalini bastardi lunghi palmi 7.8.9.10.11.12 devono essere larghi p 1 3/4 spessi once 1/2 - scalini grossi p 1/4 lunghi palmi da 3 a 12 devono essere palmi 1 1/2, (valgono due scalini ordinari) Invece, nel capitolato ottocentesco,58 sono citati dalla frase gradini detti schiavoni mm 25÷35 280 ÷300, che conferma la loro parentela con gli scalini ma qui però sono i più sottili quasi che il significato sia ribaltato. Quanto alla lavorazione troviamo il classico bastone ma si trovano anche lasciati sgrezi, forse per una finitura in opera. In fine possono, come in ogni manufatto visto, avere un uso diverso: canale di palmi 6 di schiavone n° 26 a soldi 1:6 l'una larghe n° 1 battente di palmi 6 refillato di schiavone £ 33:16: £ 1.4.- lavori particolari la notte In caso di freddo intenso, con il rischio di gelate, a Cornigliano occorre proteggere le piante del raffinato giardino, perciò vi è chi deve vegliare dei fuochi accesi per scaldare l'aria attorno agli alberi più delicati. 111 - spese per il giardino di Cornigliano nel 1763 varie notti impiegate a far fuoco alli cedrati per ripararli dal gelo Ma di notte si veglia anche, probabilmente per evitare furti, ad un materiale: 1754 a 12 giugno Lista del Reverendo Angelo Aronio per diverse 58 Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale… cit.. Il cantiere pag. 47 (in cui) speso per fare la guardia di notte alla pozzolana £ 1:4 o per ragioni tecniche ai pavimenti battuti, con consumo d'olio (nei lumi o nelle finiture?) n° 17 quarteroni oglio a soldi 9.4 servito per ongere i ferri de bancalari e per la veglia de battumi dati al figlio di Cantone muratore che lavorava col Barello per la veglia di mesi 2 incirca £14 qui veglia, per due mesi, il figlio del capo d'opera. Nel cantiere di città, forse al fine di avere la strada sgombra di giorno o per evitare incidenti, si trova il conto per aver levato il gettito di notte nelli ponti delle facciate; infine si pagano due persone che hanno lavorato due notti per sciorare la calcina. attrezzi speciali Oltre agli esempi già inclusi in altri capitoli, troviamo ancora attrezzature di vario genere che vengono fornite all'occorrenza, come serre, scalpelli, verrinee persino un compasso di ferro di palmi 2 e che serve anche per squadra e deve servire a monsieur Decotte per la scala £ 23.12 Molto utile in un cantiere è la corda, troviamo notizia di un certo Gaetano Vernengo che fornisce corda fina per le tende e spago nostrale, quindi più per le finiture che per i lavori strutturali ma questi sono compresi nelle filze non trascritte. Si trovano anche varie scope, di palma o di brugo (…), un pignatino per la colla, una bussola per Giolfi (un pittore). Tra le forniture speciali, infine, segnalerei i materiali per i fiori finti per la cappella di Cornigliano, apprestati alla fine degli anni '60, vengono prodotti in cantiere con Carta colore di Rosa,Cartine per verde n° 11, Safrano, Gomma, Reffe verde e filo di ferro , in tutto per nove once di peso, ma forse ispirandosi a quelli comprati a Milano per le spalliere (?) della stessa cappella nel 1762. E il conto per due mesi di carne che ha servito per governo dell'avoltoio, che non sono certo attinenti al cantiere ma dicono molto sul tenore di vita dei committenti. provenienze e trasporti I materiali che sono forniti in cantiere provengono da una varietà di luoghi, alcuni sono i più vicini alla fabbrica, altri sono quelli di produzione del materiale, oppure quelli che, pur non essendo i più vicini, lo diventano per motivi politici; altre forniture Il cantiere pag. 48 sembrano dipendere da mode o da relazioni personali; infine vi sono quelli inesplicabili: perché Paolo Gerolamo compra ottangoli e quadretti a Tunisi, in Africa?59 E non senza alcune difficoltà: alcuni facchini li portano alla marina, poi van per nave fino a Biserta dove sostano in magazzino, una volta devono essere sbarcati perché la barca non poté uscire dalla fiumara per essersi esseccato dalla bocca; così troviamo un pagamento a mori (per l'assistenza) e sandalli (per l'imbarco) per operazioni di trasporto, arrivano nel 1719 a Genova, per il cantiere Pallavicini. Da un altro documento, il Conto del costo e spese di 14400 ottangoli di Tunisi di quali però se ne sono ricevuti soli 12955 e di 8760 quadretti di Tunisi mandatomi dal sig. Gio Angelo Bopo di Biserta con sua lettera in data 12/12/1720 apprendiamo che I facchini li portarono alla marina, cinque sandalli li portarono da Tunisi a Biserta, ove giacquero in magazzinaggio, i sandalli li portarono poi a bordo per imbarcarli, dei mori li portarono dal magazzino ai sandalli, per contarli si pagò 0.26, "per portione che spetta a detti ottangoli e quadretti di p.zi 70, cioé p.zi 60 casa del Bastia, p.zi 5 ochilargi, e p.zi 5 torcimano soliti pagarsi per ogni bastimento che più carrica qualsiasi robba." Alcuni materiali o manufatti riutilizzabili sono comprati presso altri utilizzatori, sia privati sia pubblici. Per il palazzo di via Lomellini sono i gesuiti del collegio dei santi Geronimo e Saverio, nella persona di padre Agostino Balbi, il rettore, che forniscono 13 scalini grandi di pietra di lavagna per le scale maestre, e otto quadretti di marmo; ma ancor più particolare è la rivendita, 60 da parte del padre Alessandro Mainero sj, di 5000 ottangoli di terra di Tunis, che evidentemente non erano un'esclusiva di Paolo Gerolamo e gli servono per li pavimenti nobili, dopo opportuna lustratura. Nel palazzo di Cornigliano, invece, per la fabbrica di rimesse con stalla e altri appartamenti sopra d'esse nel cortile vicino alla torre, siamo nel 1763, viene fatto un acquisto di mattoni vecchi, e alcuni vengono dal Lazareto per mezzo di maestro Giacomo Scaniglia. I mattoni nuovi invece vengono da Savona ai seguenti prezzi, al migliaio, di nolo (a cui occorrerà aggiungere la gabella): 1753 @ 3 novembre Conto di nolo da Savona alla spiaggia di mattoni 36000 mattoni negri e chiari a £ 3.5 12800 mattoni ferrioli a £ 3.5 59 60 Per l'insolito trasporto cfr paragrafo "materiali per pavimenti". Cfr anche capitolo materiali per pavimenti. Il cantiere pag. 49 2000 spole a £ 3 10000 mattoni da caruggio a £ 3.5 5000 chiappelle a £ 3 Tra altro arrivano invece da Genova: una soma di pilastrate di legno; tromba e canali; ferri, telari e gelosie. Normalmente la pozzolana (a volte detta porcellana), 61 per centinaia di cantara, arriva via mare da Civitavecchia o dal napolitano, ma troviamo che può essere fornita direttamente dall'ufficio che si occupa del territorio e nel 1766 si paga un conto di pozzolana avuta per riparto dal magistrato illustrissimo dei Padri del Comune; questa forma di approvvigionamento tramite le scorte pubbliche era stata usata anche nel 1755 se si predispone un conto di porcellana restituita alla Camera dei Padri del Comune; ciò che restava, quindi poteva, o doveva, essere reso. In effetti abbiamo già notato come a questo materiale si facesse una particolare attenzione con l'accortezza di sorvegliarlo anche di notte. Comunque in quel periodo arrivano in cantiere oltre 36 tonnellate di pozzolana. Anche nel palazzo di via Lomellini è presente. A volte i materiali sono forniti per più cantieri dello stesso committente: n° 464 paga calcina anche per la casa grande di Luccoli e per una a S Genesio Capita anche di incontrare dei manufatti molto "mobili", come il caso di una vasca di marmo e un paio di colonne che, dopo essere state prelevate dal ponte della Mercanzia (nel porto di Genova) e portate in strada Balbi sono state riportate a Cornigliano, nel novembre 1763. Il legno è il materiale che arriva dai luoghi più disparati, ad esempio a Cornigliano arrivano tavole di cipresso provenienti da Savona, tra l'altro passano dal ponte della Mercanzia a quello Spinola per essere poste sul carro. O anche tavoloni di cipresso da Pisa e da Lucca (venduti da un certo cavalier Agliata), sono varie quantità di diverse lunghezze (da 9 a 14 palmi) . 61 Continua un uso già notato per i secoli precedenti…… Il cantiere pag. 50 Vari tagli di castagno arrivano dalla Corsica nei due cantieri, essendo stati caricati a Bastia. Ma legnami vari provengono anche da Pentema, da Tortona, da Nizza, dalla Fiandra, da Amburgo… Un recente studio sulla produzione e commercializzazione del legname indica proprio Genova come uno dei porti di arrivo per il Pino di Riga (una conifera di eccezionali qualità) che quindi non proveniva dalla Fiandra bensì da ancora più lontano. 62 Un caso particolare é dato dalla misteriosa sabbia di Spagna (quale poteva essere l'utilizzo?)63 che viene comprata da una nave: 1754 a 2 luglio Conto di sabia di Spagna e nolo di detta dal porto a Cornigliano Per some n° 140 sabia di Spagna bianca essendo ogni soma cantara 3 circa presa a bordo di un bastimento £ 20 e per nolo a minolli64 portata in due volte a Cornigliano et ivi sbarcata £ 20 I mattoni nuovi per Cornigliano vengono da Savona e da lì arrivano anche, in un caso, quadretti 3000 e chiappelle ferriole 3000, che sono però trasportate da un padrone (di barca) di Lavagna. La canna d'India, usata per 24 sedie di canna alla francese, viene da Livorno. Mentre uno stesso fornitore procura sia le canne per le volte finte, sia quelle utili nella coltivazione, da giardino, che costano 14 soldi: 1754 a 16 novembre Conto di canne per sofitte Dato ad Agostino Mascardi per n° 12 fasci cane a soldi 16 il fascio servite per uso della fabbrica £ 9.12 Per la messa in opera occorre anche la fornitura di balle di appositi chiodi da canne, che arrivano insieme agli altri chiodi, una varietà notevole65… come vedremo al capitolo sul ferro. I trasporti avvengono quanto più possibile per via d'acqua, mentre si ricorre al mulo, sulla media distanza, per le zone a ridosso dei valichi appenninici, come ad esempio è per l'olio di noce che arriva dal Piemonte a Cornigliano per mezzo di Lorenzo Canone mulatiere di Novi, mentre l'acquisto é regolato attraverso un droghiere di Sottoripa, a Genova. 62 M. ZUNDE, Timber export from old Riga an its impact on dendrochronological dating in Europe, in "Dendrochronologia", 16-17, 1998-1999, da cui anche la figura. 63 Cfr capitolo stucchi. 64 I minolli e i cam alli 65 Cfr per il Seicento ANNA BOATO - ANNA DECRI, Il ferro… cit., al capitolo aguti, . Il cantiere pag. 51 Una certa quantità di quarte di polvere di marmo vengono imbarcate a san Marcho con il mulatiere: prodotte dai marmarai in città66 sono trasferite dalla bottega alla barca con il mulo? Alcuni mattoni del cantiere Pallavicini sono stati presi al ponte della legna e in dogana, evidentemente usati come luogo di compravendita degli stessi. I vetri di Venezia arrivano via mare a Genova in entrambi i cantieri; eccetto nel caso di lastre 2000 di vetro arrivate il 11/1/1721 (in via Lomellini) dai sigg Cambiaggio e Piuma di Venetia con il burchio del padron Giacomo Pinelli, dirigendoli per via del fiume Po a Piacenza Se la provenienza è molto distante il materiale fa scalo nel porto di Genova e poi vi sarà un tratto (da Genova a Cornigliano) da percorrere, ancora via mare, con una barca da piccolo cabotaggio, così troviamo i conti per farla scaricare: spaccio barchetta per quadrelle di Napoli ma il tratto può essere percorso non senza qualche inconveniente: 1754 @ 31 dicembre (1 luglio) Conto di nolo per donzene 14 tavole (di Corsica) prese in porto tavole di palmi 16 prese in porto a bordo e portate da Genova a Cornigliano per averle bagnate (d'acqua salata in mare) non se le paga che £ 7 (invece che 14) In città si usa il mulo sia per l'apporto come per l'asporto di materiali dal cantiere, a titolo di esempio troviamo a Genova un mulattiere per calce e mattoni e a Cornigliano si paga n° 485 30/6/1722: saldo al mulattiere Tomaso Croce per trasporti materiali. n° 474 15/5/1722: per asporto di some 123 gettito a Tomaso Croce mulattiere, £ 24.12 Ma in caso di materiali troppo pesanti bisogna ricorrere ai buoi: n° 243 per una carata di tavole di noce tirata alla fabricha con li bovi £ 2 Per il trasporto (ben 39 viaggi) di diverse cose da Genova a Cornigliano i Durazzo ricorrono alla bestia dei manenti, molto probabilmente si tratta del mulo, sia perché i buoi sarebbero almeno in coppia, perciò si userebbe il plurale, sia perché così ad esso ci si riferisce tradizionalmente. 66 Nel XVII secolo i laboratori dei marmarari in città non erano molto vicini, Cfr L. GROSSI BIANCHI, E. POLEGGI, Una città portuale del Medioevo. Genova nei secoli X-XVI, Genova 1979, p. 304. Il cantiere pag. 52 Per condurre una statua di marmo rappresentante Ercole, arrivata per mare da Carrara nel 1766, dalla spiaggia al sito destinato nel viale della villa a Cornigliano, sono occorse alcune giornate per muoverla, ricorrendo a legnami imprestati (antenne) e tre buoi. Tenendo conto delle difficoltà nei trasporti, specialmente se confrontate con la situazione odierna, si avverte un paradosso: allora il cantiere non si fermava mai per mancanza di materiali! Tutto doveva essere previsto e predisposto per il bisogno della fabbrica in modo che, paradossalmente, un corretto affrontare la complicazione nelle forniture rendeva molto più ristretto il campo degli imprevisti. Colori in cantiere pag. 1 Colori Nei conti di colori arrivati ai due cantieri esaminati compare un gran numero di voci di spesa, per alcune delle quali occorre un'interpretazione, non essendo immediato il riscontro con quanto si conosce della materia o potendovi essere delle variazioni. Si è ritenuto perciò opportuno procedere ad un esame analitico di ciascuna voce, raggruppando ogni citazione, anche per poter valutare elementi come la ripetizione, la quantità, il prezzo che possono essere significativi al fine di stabilire l'uso dell'elemento, e raccogliere in letteratura altre informazioni inerenti ciascuno di essi.1 In generale si può osservare che le variazioni tra il 1720 e gli anni '50-'70, riguardano molte voci, pigmenti e altro, citati nel cantiere di Cornigliano e non in quello di via Lomellini: per interpretare questo dato occorre tenere in considerazione la diversità degli interventi, il secondo in ordine di tempo è più esteso e riguarda anche decorazioni di arredi, nonché la sua documentazione arriva ad abbracciare modifiche decorative in corso d'opera; basti pensare che per il primo è stata reperita un'unica lista di colori, che copre tutto il cantiere, per 5800 battute, mentre nell'altro ne ho trascritto diverse, per quasi 30000 battute. compaiono solo nel 1720 c.a: Abetio, Morello di sale, Orpimento, Rosso brunino compaiono solo nel periodo 1753-73: Azzurro di Berlino, Biadetto, Bolo, Carmino, Cinabro, Cristallo di monte, Fiele di bue, Giallo santo chiaro e scuro, Giardolino, Girasole, Gomma, Gomma arabica, Gottagomma, Gomma lacca, Miele, Minio, Olio di noce, Pasta verde, Ritagli, Spin cervino, Trementina, Verde eterno, Vernice. Tra le principali differenze da segnalare, che possono avere un significato cronologico, si nota la dismissione d'uso dell'orpimento, altamente tossico, tanto da far dire questo proposito: "Nous n'avons point mis au nombre des matières qui composent les couleurs, les orpin, les massicot, le minium; comme ils peuvent être suppléés par quanitité d'autres substances qui valent mieux, qu'on court d'ailleurs, en les employant des danger infinis, nous conseillons aux Artistes & aux Amateurs, de s'en servir le moins qu'ils pourront, & en si petite quantité & avec tant de precaution, qu'il n'y ait aucuns risques à courir."2 1 In R. LAPUCCI, Contributo alla conoscenza della storia dei pigmenti seicenteschi, in Kermes, n° 24, 1995, si trova un'accurata bibliografia di riferimento per ogni pigmento studiato. 2 J. F. WATIN, L'art du peintre, doreur, vernisseur, Paris 1773, p. 37. Colori in cantiere pag. 2 La colla viene indicata in modo diverso, o meglio, nel caso più antico arriva in cantiere già pronta in tre tipi diversi, mentre a Cornigliano le forniture riguardano la materia per produrla, eccetto la colla di Piemonte. Si nota inoltre che molti di questi elementi, che, come vedremo, sono usati principalmente nella pittura ad olio, e che questa meno compare nei documenti di via Lomellini, perché riguardano soprattutto lavori architettonici e non l'arredo, infatti l'olio di lino non vi è neanche citato. È particolarmente significativa la citazione dell'azzurro di Berlino, oggi chiamato blu di Prussia, a partire dal 1755, finora attestato nel periodo solo nella pittura su tela. Nel corso del Settecento vennero effettuati infatti molti esperimenti per ottenere colori e pigmenti con materiali nuovi, dai quali si sono tratti ad esempio il blu di Prussia (1704), il bianco di zinco (1770), il verde di arsenico (1778), il verde di cobalto (1780), il giallo di cromo (1797)3 ma la diffusione del loro impiego è stata sempre più tarda. Non è sempre possibile distinguere i pigmenti per legno da quelli per muro, così come non è possibile attribuire l'uso della colla, se per strati di preparazione prima di applicare i colori o per falegnameria. Con il piccolo glossario di Andrea Pozzo si possono distinguere i colori più adatti all'affresco, così come far tesoro delle sue indicazioni:4 Colori contrari alla Calce, e che non si possono adoprare nelle pitture a fresco. Biacca, Minio, Lacca di Venezia, Lacca fina, Verde rame, Verde azzurro, Verde porro, Verde in canna, Giallo santo, Giallolino di Fiandra, Orpimento, Indico, Nero d'osso, Biadetto. Probabilmente, dei pigmenti presenti nei conti sono usati per le tinte a calce le terre (gialla, rossa, d'ombra, verde, nera) e per il blu, più del costossimo azzurro di Berlino, lo smalto. La vicinanza delle voci, così come compaiono nell'acquisto in senso cronologico, e la loro concomitanza con determinati lavori, anche quando non è esplicita, può chiarire la funzione di alcuni di essi, come vedremo. 3 S. BORDINI, Materia e immagine… cit., p.122. A. POZZO, Breve istruzione per dipingere a fresco, in "Prospettiva de' Pittori ed Architetti", parte seconda, dall'ediz. del 1758, (1a ed. Roma 1693-1702) tratto da P. E L. MORA , P. PHILIPPOT, La conservation des peintures murales, Bologna 1977, Centre international d'etudes pour la conservation et la restauration des bien culturel. 4 Colori in cantiere pag. 3 È sembrato opportuno compilare la lista in ordine alfabetico, ma anche di riassumere gli elementi per colore o funzione: Bianchi: biacca Gialli: orpimento, giallo santo chiaro e scuro, giardolino, gottagomma, terra gialla Rossi: lacca, carmino, cinabro, gomma lacca, minio, morello di sale, rosso d'Inghilterra, rosso brunino, terra rossa Bruni: terra d'ombra Blu: azzurro di Berlino, biadetto, turchino di Spagna, girasole, indaco, smalto Verdi: pasta verde, spin cervino, terra verde, verderame e verde eterno Neri: nero di fumo, terra nera Additivi: fiele di bue, miele, gomma arabica, latte, uova, litargirio Materiali per preparazioni, diluizioni, altre cose: bolo, colla e ritagli, gesso, gomma, olio di lino, olio di noce, sabbia di Spagna bianca, trementina, vernice I principali conti da cui provengono i dati sono: Fabbrica Pallavicini: n° 493 Conto della bottega di Gio Domenico Ghiglione droghiere di varij colori, biacca, colla, penelli et altro dati dal dì 16 ottobre 1719 a tutto il dì 16 maggio 1722 pagato hoggi 22 ottobre 1722 in lire 689.4.4 a Michele Tomaso Castagneto fattore della bottega di detto Ghiglione et di lui ricevuta a piedi del detto conto. Fabbrica Durazzo: 1755 a' 22 ottobre - Conto di colori Spesa fatta da Gio Agostino Favale, diversi conti 1756 à 19 gennaio - Conto di colori (comincia l'8 aprile 1755) 1756 à 27 luglio - Conto di colori pagati a Francesco Maria Ghiglione (il documento inizia dall'aprile 1754) 1757 à 28 gennaio - Conto di colori (comincia dal 7 aprile 1756) 1757 a 26 ottobre - Conto di colori (da aprile a settembre) Si avvisa che alcune delle valutazioni di quantità possono soffrire di imprecisione dovuta ad alcune semplificazioni nella raccolta di dati già sovrabbondanti, ma sono senz'altro da ritenersi come una indicazione di 'non meno di'. Abetio Presente solo nel cantiere di via Lomellini, per ben 9 libbre, si può per ora solo affermare che è diverso dall'acqua ragia perché compare anch'essa. Colori in cantiere pag. 4 Acqua ragia Ben 12 libbre di acqua di rasa sono usate nel cantiere Pallavicini, mentre poche volte si trova nei documenti Durazzo, dove viene detta anche raxia di pino, vi viene utilizzata per gli scambeloti e comod, e per altre cose, molto probabilmente sempre per arredi lignei. "L'acqua ragia (acqua di rasa, acqua di ragia, acquaragia) è indicata nelle ricette moderne anche coi termini olio di trementina ripassato, olio etereo di trementina, spirito di trementina, essenza di trementina rettificata." Bonanni la descrive come diluente.5 "Alcuni senza conoscerne il perché, fanno distinzione fra l'Acqua di ragia e lo spirito di trementina. Ma, in sostanza, cosa sono essi? Nè acqua nè spirito, bensì un olio etereo, ossia volatile, che emana dalle resine molli, dette comunemente ragie o trementine."6 Azzurro di Berlino "Le bleu de Prusse, ainsi appellé parce qu'il a été trouvé en Prusse, (…), est une composition entiérement due à la chymie," per la composizione si rimanda a diversi autori, "il doit être d'un beau bleu foncé, avoir la casse nette; il sert à l'huile & à la detrempe; il ne faut en broyer que la quantité nécessaire pour l'opération, étant trèssusceptible de se graisser quand il est gardé."7 "Ancora da chiarire sono i tempi di diffusione in Italia dal Blu di Prussia, scoperto intorno al 1705 in Germania" per ora attestato in due dipinti veneziani degli anni '20.8 Non compare ancora nel cantiere degli anni venti bensì, in piccole quantità (di poche once per volta), in quello Durazzo, dove quattro once sono pagate otto lire, cioé 24 lire la libbra, veramente oneroso. Ma ancora di più costa l'azzurro sopra fino (otto lire per tre once), che non è detto sia di Berlino, anche se troviamo le diciture: azuro di Berlino fino, azuro di berlino bello, azzuro fino di berlino (due once a poco meno di tre lire). 5 V. GHEROLDI, Ricette e ricettari. Tre fonti per la storia delle tecniche delle arti alla Biblioteca Queriniana di Brescia (sec. XVI-XVII), Brescia 1995; in cui viene anche citato: F. Bonanni, Trattato sopra la Vernice detta comunemente Cinese, Roma 1720. 6 G. SECCO SUARDO, Il restauratore di dipinti, Milano 1866, I, p. 311, citato in V. GHEROLDI, Ricette e ricettari… cit.. 7 J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 33. 8 P. BENSI, "Una franchezza e leggiadria indicibile di pennello": procedimenti esecutivi nelle opere su tela di Giambattista Tiepolo, in "Ricerche di storia dell'arte", n. 51, 1993. Colori in cantiere pag. 5 Biacca Carbonato basico di piombo 2PbCO3.Pb(OH)2. Arriva a Cornigliano in cassette (più di 70), ad esempio sei per volta, senza specifica di peso, fornitori citati sono Giuseppe Samengo, che vende anche piombo per vetri, e Angelo Maria Samengo, che vende anche gesso; questo cognome appartiene ancora nei secoli successivi a famiglie di industriali polceveraschi che utilizzano l'acqua come forza motrice. 9 In via Lomelllini si usano più di 19 cassette, il cui costo unitario è £ 23.12, per cui, calcolando sulla base di una fornitura di libbre 25 biacca a soldi 4.9 circa £ 6 - -, si può dedurre che una cassetta pesa circa 100 libbre; quindi a villa Durazzo sono stati utilizzati oltre 200 Kg di biacca. "Le blanc de plombe, que d'autres appellent céruse pure, est une matière blanche, cassante, qu'on tire du métal appellé plomb, que l'on enleve, & qui au bout de plusieurs années se trouve converti en écailles. Comme cette opération est fort longue, on se procure du blanc de plomb, en coupant de ce métal en lames fort minces, qu'on pose sur des bois mis en travers dans un vase, au fond duquel on a eu soin de verser la hauteur de quatre à cinq doigts de fort vinaigre. Le vase, ou pot bien luté, on le met sur un feu modéré, ou des cendres chaudes; ou encore mieux dans le travail en grand, on le place dans du fumier pendanti dix jours," dopodiché, scoprendo il recipiente si trova ciò che viene chiamato blanc de plomb en écailles."10 La biacca così ottenuta va ancora lavorata a lungo con acqua e poi preparata accuratamente. Infatti una delle rare citazioni di lavorazione preparatoria dice tre giornate di lavorante per aver muginato la biacca.11 Biadetto e Turchino di Spagna Biadetto: "Non c'è concordia di opinioni sulla natura di tale pigmento, sovente riscontrabile in letteratura: alcuni studiosi ritengono che si tratti di un azzurro artificiale a base di rame, ossia uno dei surrogati dell'azzurite più volte citati dai trattati medioevali. Il termine comunque in sé indica genericamente un azzurro sbiadito, una 9 Dati tratti dalla ricerca svolta nell'ambito Convenzione Provincia di Genova - Università di Genova sulla gestione integrata delle risorse idriche e territoriali nelle valli Polcevera, Varenna, San Pietro, dal gruppo di lavoro del laboratorio di Archeologia della facoltà di Architettura di Genova. 10 J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., pp 17ss. 11 AD 476, 1753 @ 15 febbraio. Colori in cantiere pag. 6 tonalità celestina,e come tale è stato applicato non solo ad azzurriti sintetiche ma anche ad altri materiali."12 L'azzurrite è carbonato basico di rame 2CuCO3.Cu(OH)2 e proviene da miniere di rame di area tedesca o macedone.13 Detto nei conti di Cornigliano anche boadetto fino, beadetto fino, biadetto fino o semplicemente biadetto, se ne usano una dozzina di libbre, il prezzo è alto: £ 8 alla libbra, lo stesso del turchinetto di Spagna, ed in effetti in un caso lo si paragona ad esso: turchino di Spagna osia beadetto, ma non è possibile da questa citazione affermare che siano la stessa cosa, sia perché la congiunzione osia era usata in funzione alternativa e non esplicativa, sia perché alcune libbre di turchinetto (o turchino) di Spagna sono conteggiate esplicitamente in uno stesso documento. Ecco una citazione che accomuna, in un certo senso, i due pigmenti: "Un altro azurro si chiama azurro di biadetti buono à olio, et a tempera, il qual colore si fa di lavature d'azurri di miniera che vengono di Spagna."14 È interessante inoltre quanto nota Roberta Lapucci nell'esaminare un inventario di colori genovese dei primi del seicento: "a Genova sembra che l'oltremare non sia menzionato (…) ci stupisce, però, la presenza di un altro azzurro (il turchinetto), il cui prezzo, (6-10 lire) supera, con forte scarto, tutti gli altri" osservando anche la citazione della 'cenere turchina', un residuo della lavorazione dell'oltremare, l'autrice ipotizza che il tuchientto possa essere l'oltremare, oppure che corrisponda all'azzurrite o al biadetto.15 A questo punto si può almeno ipotizzare che qualche distinzione tra le provenienze di tali colori, che oggi ci sfugge, allora fosse evidente. A Cornigliano il turchino (o turchinetto) di Spagna viene usato dal pittore di arredi lignei (ma forse non soltanto da lui), ne arrivano circa 4 libbre in tutto e costa 8 lire la libbra. Nel palazzo Pallavicini il biadetto non compare affatto e vi si usano invece 4 libbre di turchinetto. 12 P. BENSI, "Per l'arte": materiali e procedimenti pittorici nell'opera di Lorenzo Lotto, in Studi di storia delle arti 5, Università degli studi di Genova, 1983-85, pp. 77-78. 13 P. BENSI, La pellicola pittorica nella pittura murale in Italia: materiali e tecniche esecutive dall'alto medioevo al XIX secolo, in "Le pitture murali, tecniche, problemi, conservazione", Firenze 1990, pp. 74-102. 14 R. BORGHINI, Il riposo, rist. anastatica a cura di M. Rosci, Milano (1584) 1967, cit. in R. LAPUCCI, Contributo alla conoscenza… cit., nota 34. 15 R. LAPUCCI, Contributo alla conoscenza… cit.p 36 e nota 27. Colori in cantiere pag. 7 Se si tratta di azzurrite sembra potersi smentire quanto finora ritenuto, cioé che fu abbandonata dai pittori dalla metà del Seicento, oppure che, abbandonata dai pittori, sia tuttavia utilizzata ancora dai decoratori.16 Il biadetto risulta in letteratura attestato fino al tardo Seicento, mentre qui lo troviamo in uso con continuità nel cantiere di Cornigliano almeno fino al 1758, per un totale di circa 15 libbre. Potrebbe trattarsi di una ripresa del suo uso? Bolo In pittura è la preparazione che viene stesa sulla tela, nel Settecento veneziano se ne usava un tipo contenente terre ricche di ossidi di ferro ma anche biacca, minio, nero carbonioso e legante oleoso; qualcosa di simile compare anche in dipinti francesi dello stesso periodo,17 le varianti dipendono dalle qualità ottiche richieste; queste imprimiture presentano problemi per rimediare ai quali si usavano boli più chiari da sovrapporre nelle parti in cui peggio avrebbero influito sul risultato finale. Questo potrebbe essere il bolo fino, fornito a Cornigliano in due libbre per 13 soldi e 4 denari. Negli stucchi viene steso, come nelle cornici di legno, sotto le dorature. Carmino Pochissimo pigmento, 14 grani (0,64 grammi) in tutto a 8 soldi al grano, arriva nel cantiere Durazzo, è citato in forniture di colori troppo generali per poterne individuare l'uso. "Le carmin est une fécule, ou une poudre d'un très-beau rouge foncé & velouté, qu'on tire de la cochenille, par le moyen d'une eau dans laquelle on a fait infuser du chouan & de l'autour. Il doit être en poudre impalpabile, & haut en couleur; il sert à peindre en miniature, & pour faire les draperies des tableaux de conséquence. Nous l'employons quelquefois dans les decorations, pour, dans les couleurs vigoureuses, soutenir la laque."18 16 P. BENSI, L'inventario… cit., p. 256, P. BENSI, La pellicola pittoricanella pittura murale in Italia: materiali e tecniche esecutive dall'alto medioevo al XIX secolo, in "Le pitture murali , tecnihe, problemi, conservazione", p. 94 in cui cita proprio gli azzurri di Spagna dubitando della fine del loro uso nella seconda metà del Seicento. 17 Cfr P. BENSI, "Una franchezza e leggiadria indicibile … cit. 18 J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 25. Colori in cantiere pag. 8 Cinabro Compare soltanto a Cornigliano, costa sei lire alla libbra e le forniture sono dell'ordine delle oncie, in tutto ne arrivano tre libbre, viene citato anche il cinapro fino. "Questo è il colore più vivace di tutti; ed è affatto contrario alla calce, particolarmente quando è esposto all'aria;" per ovviare a questo inconveniente il Pozzo rivela un suo segreto, cioé di passare il cinabro puro in polvere più volte nell'acqua bollente di calce viva "in questa maniera il cinabro s'imbeve delle qualità della calce, né le perde mai."19 "Le cinnabre est une matière minérale, dure, compacte, pesante, brillante, chrystalline, très-rouge, composée de soufre & de mercure, extrêmement unis, & sublimés par l'action du feu: on en distingue de deux sortes, les naturel & l'artificiel. Le premier se trouve dans les mines du mercure, & le second se compose en mêlant du mercure avec du soufre, & faisant sublimer ce mêlange, qu'on trouve au haut du vaisseau en masse dure, par longues aiguilles, tirant un peu sur le violet-brun."20 Si tratta di solfuro di mercurio (HgS), viene ricavato dal minerale omonimo.21 Per l'alto costo, nonché per le scarse quantità, si può supporre una prevalenza dell'uso per le pitture ad olio. Infatti l'abate Giolfi lo utilizza intervendo nell'accomodo di sei sovraporte, nel 1763, insieme a rosso d'Inghilterra, biacca, e verde eterno. Nei documenti seicenteschi viene indicato come colorante per pavimenti battuti22 e con la funzione di pigmento per la ritintura degli stessi si trova anche nei contratti di manutenzione di palazzo Reale. Mentre nell'anno precedente, in un conto riguardante la fabbrica di mezzarie et altri lavori vengono comprati rubbi due di cinabro per li pavimenti per £ 4.4.-. Così anche nel 1763. Si tratta evidentemente di una materia differente: due rubbi sono circa 16 chili e vengono pagati solo quattro lire, per cui la parola cinabro viene qui usata in senso di colorante rosso.23 19 A. POZZO, Breve istruzione… cit. J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 23-4. 21 G. QUARTULLO, Rossi, in "La fabbrica dei colori, pigmenti e coloranti nella pittura e nella tintoria", Roma 1986, pp 81ss. 22 A. BOATO, Costruire a Genova tra medioevo ed età moderna, Tesi di Dottorato in Conservazione dei Beni Archittonici, Politecnico di Milano, VI ciclo, pp153-156. 23 Cfr pavimenti. 20 Colori in cantiere pag. 9 Colla e ritagli Per Ronchetti la colla forte "migliore è quella ricavata dai piedi di bue e di montone freschi coi tendini e dalle orecchie di montone e di vitello," vi sono poi la "colla di pergamena o carta pecora e di pelle di montone" - indicata, tra l'altro, per la preparazione a gesso - la colla di guanti, avente gli stessi usi della precedente, la colla di pesce e la colla di Fiandra: "è una specie di colla forte, ma di più bella apparenza che la comune, e si fa coi ritagli di pergamena (…) adoperasi nella pittura a colla e per preparare la tela a gesso".24 La colla tedesca è un "adesivo ottenuto dalla bollitura delle cartilagini, e non colla prodotta dalla bollitura dei ritagli di pelle e pergamena. Le due colle hanno comunque proprietà pressocché identiche (anche se la colla di pergamena è più trasparente e quindi è spesso documentata come legante per colori)."25 Per il palazzo di Paolo Gerolamo Pallavicino vengono forniti tre tipi di colla: chiara, 125 libbre, gialla, 6 libbre, e forte, 25 libbre, mentre nel caso della villa di Cornigliano arriva in forma di colla solo quella piemontese, mentre sono molte le forniture di diversi tipi di ritagli usati evidentemente per produrre la colla direttamente in cantiere. Infatti colla animale (legante proteico da sciogliere in acqua) viene usata nella preparazione delle tavole da pittura, si ricava dalla bollitura di avanzi di pelli animali (capretto) usate per preparare guanti.26 I ritagli arrivati in cantiere sono di carta pecora, vengono forniti insieme a colori e vernice, libre 10.4 di ritagli di carta pecora £ 8.5.4, e potrebbero essere stati usati nel gabinetto verniciato. Oppure di guanti (a soldi 6.8 la libra) usati dal pittore di arredi lignei; di pelle: si tratta di ritagli bianchi, forniti da Giuseppe Bisso; di cartina (da soldi 14 la lira a soldi 16.8 la lira); questa, in forma di ritagli, fa parte dei materiali usati per fare colla, ma viene fornita anche insieme ad una filsetta per conti. La colla di Piemonte, in un caso invece detta solo colla ma proveniente da Mondovì, viene fornita in balle; due balle di colla pesano 16 rubbi (attorno ai 105 kg) e costano, a £ 8 il rubbo, £ 128 (di Savoia - di Genova 198.4.6), con il trasporto £ 215.12.10; trattandosi di copiose forniture e per di più avvenute in tempi piuttosto lontani (come il maggio 1753) forse è usata per la produzione dei serramenti più che 24 G. RONCHETTI, Manuale per i dilettanti di pittura, Milano 1964 (1911), pp 418ss. V. GHEROLDI, Ricette e ricettari… cit., p. 194. 26 Cfr P. BENSI, "Per l'arte": materiali… cit., p. 69. 25 Colori in cantiere pag. 10 per la loro coloritura, ipotesi confortata dalle descrizioni della colla forte e della colla tedesca sopra riportate. Altre forniture più piccole assommano oltre 250 libbre di colla; una volta si trova citato il fornitore, Clemente Budino. Come confrontare allora i tre tipi di inizio Settecento con quelli più tardi? Probabilmente la colla chiara e quella gialla sono quelle derivate dai ritagli (anche se questi sono di almeno quattro tipi e perciò più numerosi) mentre quella forte è paragonabile a quella piemontese. Fiele di bue Compare a Cornigliano in un conto di colori e vernice, si tratta di un additivo "utile nell'acquarello e nella miniatura; e talvolta può rendere dei veri servizi," come dare solidità ai colori, ne aumenta la vividezza e la durata, aiuta nell'uso della gomma arabica ed altro.27 Gesso La cosa interessante da notare riguardo al gesso, materiale impiegato in svariati modi (ne arrivano oltre 10000 kg), è la fornitura in due forme:il gesso da presa, detto anche gesso in polvere e il gesso in pane; il secondo è più caro del primo, soldi 27 il rubbo contro 9 1/2, un fornitore è Giuseppe Rebora di Isoverde (località dove abbondano i mulini). Il gesso "se è impastato coll'acqua, poi asciugato e polverizzato, piglia il nome di gesso da pittore, se invece di polverizzarlo si fa macerare e poi si macina e si riduce in polvere, allora si chiama gesso da doratori o gesso marcio di Gaeta; finalmente se si prende il gesso da stuccatori in polvere sottile, e postolo in un catino, vi si versa tant'acqua che basti a levargli la presa, facendola restare in massa coagulata, e poi si fa seccare, diventa molto leggero, e si chiama gessetto da pittori, che si adopera per preparare la tela e assicelle per dipingervi sopra."28 Possiamo perciò pensare che il gesso da presa sia quello usato dagli stuccatori e il gesso in pane sia quello adatto alle preparazioni su legno o tela; in pane si dice anche per le terre. 27 G. RONCHETTI, Manuale per i dilettanti… cit., p. 420, seguono consigli per la preparazione. 28 G. RONCHETTI, Manuale per i dilettanti… cit., pp 452-3. Colori in cantiere pag. 11 Oggi viene detto anche gesso di Bologna o morto. Giallo santo chiaro e scuro "Anche detto giallo di Spincervino, derivato dalle bacche del Rhamnus carthaticus,"29 lo si cita solo a Cornigliano, costa una lira e dieci soldi la libbra e ne arrivano circa nove libbre di chiaro e sei once di scuro. Giardolino "Giallolino di Fornace. Chiamasi in Roma Giallolino di Napoli. Io l'ho adoprato a fresco, e si è conservato: ma non mi sono mai cimentato di esporlo all'aria"30 "Entrato in uso nel XVII secolo, il giallo di Napoli (antimoniato di piombo) nella tavolozza del Tiepolo è il giallo più usato (assieme alle ocre), avendo ormai sostituito il litargirio (ossido di piombo), il “giallorino” (stannato di piombo), l'orpimento (solfuro di arsenico) e il “giallo santo” (lacca vegetale)."31 A Cornigliano arrivano 16 libbre in tutto di giardolino di fornace e circa il doppio di quello di Fiandra, non è citato nel 1720, è possibile che sia stato impiegato sia a fresco sia a olio. La compresenza addirittura di due giallorini diversi porterebbe a spostare più avanti l'mpiego dello stannato di piombo, e forse ad accettarne la persistenza fino all'Ottocento; inoltre, constatando anche la citazione separata del litargirio, potrebbe essere giusta la menzione di Borghini che ne individuava tre tipi in commercio alla fine del Cinquecento. 32 Il giallo di Fiandra potrebbe essere il massicot, un ossido di piombo ricavato dalla cottura della biacca, 33 così chiamato in trattati francesi, inglesi, olandesi, 34 a meno che questo non sia invece da identificarsi con il litargirio d'oro (cfr). Attualmente è chiamato giallo di stagno e piombo e se ne conoscono due tipi ;35 il secondo tipo potrebbe essere Il giardolino di fornace che a sua volta potrebbe 29 R. LAPUCCI, Contributo alla conoscenza… cit.. A. POZZO, Breve istruzione… cit.. 31 P. BENSI, "Una franchezza e leggiadria indicibile… cit.. 32 Cfr R. LAPUCCI, Contributo alla conoscenza… cit.p 34 e note 47 e 50. 33 P. BENSI, "Per l'arte": materiali… cit., p. 80. 34 R. PIETROPAOLI E A. MILANESCHI, Gialli, in "La fabbrica dei colori", cit., p. 221. 35 P. BENSI, La pellicola pittorica… cit., p. 80. 30 Colori in cantiere pag. 12 identificarsi con il giardolino di Venezia, ovvero giallo di Fiandra e giallo di vetro (ottenuto da vetro colorato con piombo e stagno).36 L'identificazione che ne fa il Pozzo con il giallo di Napoli potrebbe non essere perciò accettabile anche se Watin parla solo del giallo di Napoli… Nel 1769, in una Lista di spese per manutenzione et usi di casa tra colori diversi per dar tinte troviamo litargirio d'oro e gialdolino di Napoli, purtroppo questa citazione può essere interpretata sia nel senso della testimonianza dell'uso del terzo giardolino sia potrebbe, essendo l'unica e più tarda, dimostrare invece che il nome era usato indifferentemente. in realtà il problema del giardolino è ancora del tutto aperto, si ipotizza addirittura che ne esistano cinque varietà diverse appartenenti ad epoche differenti. 37 Girasole Citato solo una volta a Cornigliano, è usato dal pittore di arredi lignei oppure da pittori a fresco (che stanno lavorando in un salotto), fornito insieme a pasta verde, terra verde dura, verde eterno, biadetto. Sia per assonanza sia per la vicinanza con questi altri colori potrebbe essere il tornasole, un pigmento azzurro di origine vegetale.38 Gomma Una libbra di gomma, senza specificazioni, è usata dal pittore di arredi lignei ed altra gomma viene usata nel 1768 per realizzare fiori di carta per la capella, insieme a filo di ferro, carta colore di Rosa, cartine per verde n° 11, safrano, e reffe verde. Gomma arabica In 9 mesi arrivano a Cornigliano 45 libbre di gomma arabica e poi 7 libbre di gomma arabica scelta, viene conservata in una bocietta per la gomma. "Differiscono le gomme dalle resine per essere solubili nell'acqua e null'affatto nell'alcool, che, anzi, questo le precipita dalle loro soluzioni acquose. La preferenza data alla gomma arabica, proveniente dalle acacie dell'Egitto, dell'Arabia e del Senegal, in confronto delle gomme scolanti dai nostri albicocchi, pruni e ciliegi, dipende 36 P. BENSI, La pellicola pittorica… cit., p. 91. Comunicazione orale di P. Bensi. Il tema è altresì discusso in P. BENSI, M. R. MONTIANI BENSI, Osservazioni tecniche e iconografiche sui colori gialli nella pittura del XVI e XVII secolo, in "Scritti e immagini in onore di Corrado Maltese", Roma 1997. 37 Colori in cantiere pag. 13 dalla completa solubilità di quella nell'acqua. Tutti i colori per l'acquerello e la miniatura sono sciolti nella gomma arabica." che "oggi" pare scomparsa e sostituita da "contraffazioni ingegnose".39 Gomma lacca Onze 6 gomma lacca per £ 2.10.- vengono fornite a villa Durazzo. "La gommalacca è una sostanza cero-resinosa prodotta dalle femmine fecondate di alcuni Coccidi (…) che si fissano in colonie sui rami di alcune piante dell'India." Viene commercializzato in diverse forme."Permette di ottenere vernici durevoli e di colore rossastro. Si usa più a spirito che a olio."40 Gottagomma Proveniente dall'Estremo Oriente, usata per acquerelli.41 Nei conti di Cornigliano compaiono: onze 2 gottagomma gottogomma onze 2 £ 1:12 : £ 2 -.- Indaco "Estratto vegetale molto usato dai tintori ma usato anche in pittura."42 Nel palazzo Pallavicini se ne usano una libbra e due once, al prezzo di 8 soldi l'oncia; si tratta di Hendaco di Spagna. Viene anche fornito per il Giolfi che sta dipingendo le sovraporte (ma forse non solo per lui), 4 once di endaco e libbre 2 endacco di Spagna £ 24. - .- ed è molto costoso. Lacca Ne esistono molte varianti, in generale sono coloranti organici vegetali e animali su substrato minerale, peculiarmente rossi. 38 G. MINUNNO, Azzurri, in "La fabbrica dei colori", cit., p. 364. G. PREVIATI, La tecnica della pittura, Milano 1990 (1905). 40 V. GHEROLDI, Ricette e ricettari. Tre fonti per la storia delle tecniche delle arti alla Biblioteca Queriniana di Brescia (sec. XVI-XVII), Brescia 1995, pp 198-200. 41 P. BENSI, L'inventario della bottega di colori di Angelo Mattei in Roma (1847) in Arte/Documento, n°7, Udine 1993. 42 P. BENSI, "Per l'arte": materiali… cit., p. 78. 39 Colori in cantiere pag. 14 "On compose des rouges avec des laques. La laque en général est une espèce de craie, à laquelle on a donné une teinture. La laque fine de Venise est faite avec de la cochenille, qui reste après qu'on en a tiré le premier carmin." La laque rouge deriva invece dalla tintura della craie con legni scarlatti.43 Nel cantiere Pallavicino arrivano solo libbre 1 et oncie 4 lacca di Venetia per 12 soldi, mentre in quello Durazzo sono usate la lacca fina, in tutto oltre 10 libbre, a 10 lire la libbra, e anche onze 2 lacca sopra fina per £ 2 : 8. La lacca di Venezia, se può essere identificata come lacca di verzino di Venezia compare ancora nell'Ottocento44, mentre come lacca di verzino è citata alla fine del Seicento a Modena e Venezia,45 il verzino (rosso brasile) è ricavato da legni rossi, di diverse provenienze in diverse epoche.46 Per quanto riguarda l'aggettivo "fina" Watin ne parla così: la laque platé qui vient d'Italie, sert beaucoup pour la decoration: on la broie à l'eau; elle donne une belle laque brune, en y incorporant de la cendre gravelée: elle est préférable à la laque fine pour la décoration.47 Ma abbiamo visto da lui detta "fina" la lacca di Venezia, il che contribuisce ad accrescere la confusione. Si parla di lacca fina ancora a Modena e Venezia. Sono realizzati con la lacca i filetti delle porte: 1757 a 26 giugno. Conto di raccomodatura della pittura dell'appartamento lillà e giallo. A Lupi e compagni per colorire di nuovo li stucchi nell'appartamento del bagno accomodare tutte le porte o sia filetti di lacca e rittocare i telari da vetri £ 251.4 Occorre tener conto altresì che il termine lacca può riferirsi oggi anche a una finitura che allora era detta vernice… Latte, miele, aglio e uova Particolarmente interessante risultano le seguenti voci della Lista del Reverendo Angelo Aronio per diverse spese del 1754: speso per 57 amole di latte a soldi 2 l'amola servito per mescolare nel colore dato al pallazzo £ 3.14 e più n° 10 ova a denari 8 £ 0:6:8 43 J. F. WATIN, L'art du peintre, doreur, vernisseur, Paris 1773. P. BENSI, L'inventario della bottega di colori di Angelo Mattei in Roma (1847) in "Arte/Documento", n. 7, Udine 1993, p. 256. 45 R. LAPUCCI, Contributo alla conoscenza… cit., pp. 33 e 35 e note. 46 G. QUARTULLO, Rossi, cit. pp 114-5. 47 J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 25. 44 Colori in cantiere pag. 15 infatti risulta rara una citazione scritta così esplicita dell'utilizzo di un legante proteico, come sono sia il latte sia le uova, da mescolare al colore; questo uso, che sembra più adatto all'interno per le migliori possibilità di conservazione, non risulta nemmeno documentato da analisi. Anche nel 1762 troviamo un pagamento per latte ma questa volta viene adoprato nel marmaresco Nel 1771 si spendono 8 soldi per aglio servito per detti lavori cioé tinteggiature nel corso di manutenzione. Compaiono in un conto di colori alcune libbre di miele, chiamato anche miele mezzano. Litargirio Il litargirio d'oro, spesso detto retargirio, o ritargirio, viene usato a Cornigliano certamente dal pittore di arredi lignei e di infissi, costa tra 5.4 e 6.8 soldi la libbra; in via Lomellini ne sono usate una ventina di libbre, sempre per sei soldi. Sembra potersi ipotizzare molto più importante per esso la funzione di seccativo, piuttosto che di pigmento, anche alla luce di un capitolato ottocentesco in cui, alla voce Coloritura a olio, si precisa: ed ove richiedasi sarà aggiunto l'essicativo, cioé litargirio.48 Come anticipato alla voce giardolino, in area francese viene usato il termine massicot, Watin infatti non lo distingue dal litargirio, e dalla sua descrizione sembra che chiami entrambi con lo stesso nome: "le massicot, dont on se servoit beaucoup autrefois pour peindre, est une céruse ou blanc de plomb, qu'on a calciné par un feu modéré: il y en a de trois sortes, du blanc, du jaune, du doré: leurs différences ne proviennent que des divers degrés de feu qui leur ont donné des couleurs différents: le massicot blanc est d'une blanc jaunâtre, c'est celui qui a reçu moins de chaleur; le massicot jaune en a reçu davantage, & le massicot doré encore plus."49 Sempre Watin dice che si ottiene dalla coppellazione50 del piombo, ma cambia da oro ad argento il suo colore in funzione del modo in cui raffredda: oro se in masse, argento se piuttosto sparpagliato. 48 Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale per l'appalto della manutenzione ordinaria quinquennale degli stabili di proprietà o di uso del Municipio di Genova o per cui incombe al Municipio di Genova di sopportare o di anticipare in tutto od in parte la spesa, Genova Pagano 1882 49 J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., pp 37-38. 50 La coppellazione è il procedimento per estrarre argento dal piombo argentifero. Colori in cantiere pag. 16 Si trovano varie descrizioni del litargirio, anche in rapporto con gli altri ossidi di piombo, come ad esempio questa dei primi del '900: "Il sal saturno è una modificazione dell'ossido di piombo, la biacca. È noto come il bianco di piombo portato ad un'alta temperatura ingiallisca e formi il colore che si chiama massicotto; dal massicotto macinato ed esposto in forno a riverbero, a fuoco continuato, si ottiene il minio. Se nella detta combinazione del minio si aumenta il calore sino a ridurre il minio incandescente, si forma sull'ossido di piombo un principio di vetrificazione in piccole scaglie o lamine di un giallo rosso, che prende il nome di litargirio. Dal litargirio bollito nell'aceto distillato, fatto filtrare e ridotto col fuoco a certa consistenza, si ricavano nel raffreddamento dei cristalli agati che sono il sal saturno; essiccante che si trova pure in commercio in tubetti simili a quelli dei colori."51 Ma sono possibili anche procedimenti inversi, Ghersi52 descrive come molto efficaci dei procedimenti per produrre biacca a partire dal litargirio. Minio Ossido salino di piombo. È presente solo nei conti Durazzo con la specifica di 'fino', per poche libbre, comprato a circa 10 soldi la libbra, viene usato dal pittore di arredi lignei. Watin lo considera eccellente per l'uso in acqua, ben stemperato si usa anche in olio, molto bello (insieme a orpimento e litargirio) alla vernice. È di un bel rosso arancio che si ottiene con quella che lui chiama una lunga calcinazione (calcination) del piombo, ovvero una sorta di tostatura della biacca in una padella di ferro, i cui vapori sono mortali. 53 Si può ottenere anche partendo dal litargirio.54 Cfr anche litargirio. Morello di sale "Mescolato con lo smaltino fà pavonazzo, anzi per se solo fà la detta tinta."55 Compare solo nei conti del palazzo Pallavicini, in tutto tre libbre, del prezzo di una lira e otto soldi l'una. 51 G. PREVIATI, La tecnica della pittura, Milano 1990 (1905). I. GHERSI, Ricettario industriale, 9253 procedimenti utili nelle grandi e piccole industrie nelle arti e nei mestieri, Milano 1919, ricette n° 631ss. 53 J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 38. 54 G. QUARTULLO, Rossi, cit. pp 89-90. 55 A. POZZO, Breve istruzione… cit.. 52 Colori in cantiere pag. 17 Nero di fumo "Nero di carbone. Si prende legno di vite, si brugia, e si macina, è buono ad ogni sua proprietà. Vi è più sorti di neri, di ossa di persiche brugiate, di carta, di feccie di vino, che tutti son buoni per lavorar a fresco salvo il nero d'osso."56 In effetti viene usato molto più nel 1720 (18 barilotti per 5 soldi l'uno) che più tardi (un barile a due soldi e uno scartoco per la stessa cifra), è da segnalare che a Cornigliano se ne usano anche circa 4,5 kg per tingere le gronde. Watin elenca diversi tipi di neri ricavati in vario modo dalla bruciatura di diverse sostanze, ma indica proprio il noir de fumée come un bel nero, ma, non incorporandosi affatto nell'acqua (occorre stemperarlo con aceto o colla figée) mentre perfettamente lo fa con l'olio, e per di più rougit communement , si usa per i ferri, i balconi, i jeux de paume, e per faire les bandeaux noire qui accompagnent les litres d'Eglise. "Est une substance d'un beau noir qu'on recuielle de plusieurs façons, de la mìeche d'une lampe, d'une chandelle, d'une bougie; ma celui de poix est le meilleur: c'est une fuie de refine qui se fait en mettant tous les petits morceaux de rebut de toutes espèces de poix, dans de grands pots ou marmites de fer qu'on place dans des chambrea bien fermées de toutes parts, & tendues de toiles ou peaux de moutons: on met le feu à la poix, & pendant qu'elle brûle la fumée se condense en une fuie noire, & on la garde en poudre dans des barrils ou en masse."57 Olio di lino Legante seccativo, "la 'cottura' consisteva nel riscaldamento (limitato spesso all'azione del sole) in presenza di sali metallici, che innescavano una prima polimerizzazione dell'olio, onde aumentarne la viscosità e la rapidità di essiccazione."58 "Col nome generico di oli si abbracciano diversi fluidi combustibili, grassi, untuosi al tatto, più leggeri dell'acqua, che si ricavano con differenti processi da molte piante e da certe parti di animali. (…) Gli oli seccativi sono i principali solventi olio, coadiuvati assai spesso dagli oli essenziali 59 della pittura ad o essenze che entrano nella composizione delle vernici e servono come diluenti degli uni e delle altre. Gli oli 56 A. POZZO, Breve istruzione… cit.. J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 36. 58 P. BENSI, "Per l'arte": materiali… cit., p. 85. 59 Oggi potremmo meglio dire leganti? 57 Colori in cantiere pag. 18 seccativi hanno un'affinità spiccata per l'ossigeno, che gradatamente dallo stato liquido li riduce a quello di una grande solidità." I principali sono l'olio di lino, di noce, di papavero, di canepa. Il problema che danno è l'ingiallimento e gli antichi, in un certo senso, li depuravano filtrandoli, introducendovi sostanze che si credeva invece servissero ad aumentare la capacità essicativa, come osso calcinato, creta, allume arso, borace calcinato, magnesia, ma specialmente gli ossidi metallici come l'ossido di zinco (copparosa bianca), verde rame (copparosa verde), acetato di piombo, biacca, minio, litargirio, cinabro, piombo, ossido di manganese (più tardo).60 Spesso chiamato nei documenti olio di Linosa, viene fornito in barili del peso di circa 50 kg l'uno, in quantità che variano tra i 150 e gli 800 kg per volta; 61 proviene dalla Sicilia, al prezzo sono da aggiungere gabella e trasporto. Olio di noce Si ricava dai gherigli delle noci, è molto adatto ai pigmenti chiari perché ingiallisce con minor facilità.62 Provvisto a Cornigliano da Lorenzo Canone mulatiere di Novi (si passa attraverso un droghiere di Sottoripa) fornito in pelli; ne arriva una discreta quantità (oltre 30 rubbi), 10 once costano 10 soldi. Orpimento Viene citato soltanto nel palazzo degli anni '20, con due forniture da 6 once ciascuna oltre a oncie 2 orpimento sopra fino £ - 4 -. "L'orpimento è un minerale nativo di un colore giallo molto luminoso, simile al colore dell'oro come indica l'etimologia stessa del suo nome. È costituito da trisolfuro di arsenico AS2S3. Allo stato naturale si può trovare si puro che associato al realgar (solfuro di arsenico, AsS, dal colore rosso aranciato." In questo secondo caso colore e consistenza variano. Si può anche ottenere artificialmente fondendo zolfo e realgar. 60 61 G. PREVIATI, La tecnica…, cit.. I documenti ci avvisano che rotolo di Sicilia corrisponde a libbre 2 1/2 di peso di Genova. 62 P. BENSI, "Per l'arte": materiali… cit., p. 85. Colori in cantiere pag. 19 Pur se altamente tossico è stato molto usato, fino all'Ottocento, per l'impossibilità di imitare il suo bellissimo colore. 63 "L'orpin ou réalgal, est un arsenic dont il y a deux espèces, une naturelle & l'autre artificielle; l'orpin naturel est jaune & en écailles; il prend da dose de soufre par des feux souterrains: le réalgal artificiel, qui est le plus commun, est un mêlange d'arsenic & de soufre, souffisant pour le faire jaune ou rouge, & qu'on fond ensemble dans des creusets. Le naturel est le plus estimé; il doit être choisi en beaux morceaux talqueux, d'un jaune doré, luisant & resplendissant comme de l'or, se divisant facilement par écailles ou lamines minces: l'artificiel doit être d'un beau rouge. L'un & l'autre se broient à l'essence pour être employé au vernis; ils peuvent l'être à l'huile: le rouge qu'ils donnent approche de la couleur de souci."64 Pasta verde "È fatta col sugo di Spincervino, mescolata con calce bianca diventa gialla, ma il colore svanisce alquanto."65 Compare solo nei conti Durazzo, usata dal pittore degli arredi lignei, costa ben £ 13:4:- la libbra, ne vengono fornite oltre dieci libbre. Cfr anche spincervino, ben più economico. Rosso d'Inghilterra "Vermillon d'Angleterre, qui nous vient en poudre, moins beau (del cinabro) d'une nuance plus pâle, & que nous croyons n'être autre chose qu'un mêlange de mine (minium) & de cinnabre bin pulvérisé ensemble, plus or moins beau, suivant la dose de mine."66 Compare, anche se in piccola quantità (poco più di quattro libbre a Cornigliano e una sola libbra a Genova) in entrambi i cantieri; viene anche detto rosso d'Inghilterra fino, a metà '700 costa circa il quadruplo (£ 2 la libbra) che negli anni '20 (6 soldi). 63 R. PIETROPAOLI E A. MILANESCHI, Gialli, in "La fabbrica dei colori", cit., p. 202. J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 37. 65 A. POZZO, Breve istruzione… cit.. 66 J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 24. 64 Colori in cantiere pag. 20 Rosso brunino Sono 7 le libbre di rosso brunino che vengono usate nel palazzo Pallavicini, costa uguale al rosso precedente e non compare più tardi. "On nous apporte d'Angleterre une espèce d'ochre rouge, qu'on appelle rouge brun, ou brun-rouge d'Angleterre, pour la détrempe & à l'huile, qui sert aussi à peindre les carreaux d'appartemens, & les charriots, ainsi que l'ochre rouge, & qui mêlangé avec le plâtre, donne les couleurs de brique."67 Un'altra ipotesi, recente, lo vuole ossido di rame, ottenuto riscaldando il verderame.68 Sabbia di Spagna bianca Fornita via mare a Cornigliano, ne arrivano in cantiere circa 20.000 kg; è stata presa a bordo di un bastimento,69 il suo prezzo, basso, è pari al prezzo del trasporto, £ 20; non è stato finora possibile determinarne l'uso né qualificarla, l'ipotesi che sembra più promettente da verificare è che sia stata impiegata negli stucchi. Smalto Pozzo parla di smaltino e avvisa che per una buona adesione occorre stenderlo con la calce ancora fresca e poi ripassare con una seconda mano. Si tratta di vetro colorato da sali di cobalto, usato "nella pittura a fresco ma divenuto ormai raro nei dipinti su tela."70 Ventiquattro libbre di smalto e ventisei di smalto fino sono usate a Cornigliano, hanno identico prezzo di £ -.14.- la libbra. Nel palazzo Pallavicini ne arriva una dozzina di libbre, senza specifica di fino, e viene pagato nello stesso modo. Spin cervino Compare solo nei conti Durazzo, usato dal pittore degli arredi lignei e dai pittori svizzeri, consegnato in un barattolo (due volte) e in libbre, due per 12 soldi. (cfr anche pasta verde) 67 J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 23. Comunicazione orale di P. Bensi. 69 1754 a 2 luglio Conto di sabia di Spagna e nolo di detta dal porto a Cornigliano. 70 P. BENSI, "Una franchezza e leggiadria indicibile… cit. 68 Colori in cantiere pag. 21 Terra Le terre sono "più proprie per dipingere a fresco,"71 a seconda del colore trovano diversi impieghi con ottimi risultati, il Pozzo cita quelle rossa, gialla brugiata, gialla chiara (a Roma chiara e oscura), verde (la migliore è quella di Verona), d'ombra, d'ombra brugiata, nera di Venezia, nera di Roma. Terra gialla Le ocre gialle sono ossidi di ferro idrati in matrice argillosa, (se si cuociono diventano anidri e rossi). 72 In via Lomellini sono impiegate 87 libbre di terra gialla (per un paio di soldi la libbra); a Cornigliano invece la troviamo arrivare da diverse provenienze, una trentina di libbre sono di Mondovì (a 4 soldi), 325 di Venezia (100 costano £ 13.6.8), 4 libbre di terra gialla chiara di Roma (a £ Ø:5.4 la libbra), così come 2 libbre di terra gialla scura, per lo stesso prezzo, una libbra di terra gialla di Roma non meglio definita costa £ Ø:6, inoltre sono fornite 6 once di terra gialla scura minerale oltre a due libbre della stessa di Roma; vanno ancora ricordate la terra gialla di Roma in panisse, sei once di terra gialla dura e qualche libbra di terra gialla scura senza provenienza (a 6 soldi). Terra rossa Sesquiossido di ferro Fe2O3. Di basso costo, bastano cinque lire per cinquanta libbre. A Cornigliano arriva l'ingente quantità di 475 libbre (oltre 140 Kg) In via Lomellini invece solo 14 1/2 libbre, per un costo di meno di circa due lire e mezza, perciò un poco più alto. Terra d'ombra Ossidi di ferro e manganese in matrice argillosa.73 Un paio di forniture per la villa Durazzo parlano di terra d'ombra minerale, le altre sono otto libbre di terra d'ombra, che costa attorno ai quattro soldi la libbra. A casa Pallavicini, per pochi soldi di meno, ne arrivano solo due libbre. 71 72 A. POZZO, Breve istruzione… cit. P. BENSI, La pellicola pittorica… cit.. Colori in cantiere pag. 22 Terra nera Minerale probabilmente a base di manganese.74 Se ne usano 78 libbre a Cornigliano, e costa appena 2 soldi la libbra; inoltre arrivano anche circa 15 libbre di terra nera di Roma o nero di Roma (pagata circa lo stesso prezzo) e sei once di terra nera di Venezia per poco più di un denaro. Nel 1762 viene fornita della terra nera di Spagna. Anche nel palazzo Pallavicini arriva una libbra di quest'ultima per soli tre soldi e 67 libbre tra nera e nera di Roma, quest'ultima costa £ - 2.8 la libbra. Terra verde Celadonite, silico-alluminati argillosi contententi ferro bivalente.75 Oppure celadonite e glauconite; silicato idrato di ferro contenente anche magnesio, alluminio e potassio. 76 "La terra verde, proveniente da cave nei pressi di Verona, usata per secoli nella pittura murale, a partire dal Seicento viene impiegata anche nella pittura ad olio, legante che ne esalta la brillantezza e la trasparenza, finendo per soppiantare i due pigmenti verdi sino ad allora più diffusi, il verderame ed il resinato di rame."77 Watin distingue tra la terra verde comune e quella di Verona, molto migliore, cioé di colore intenso, corposa, più stemperabile, avvisando che non s'impiega in detrempe, ma nelle pitture di paesaggi e nei marmi. Cita poi un verde di montagna o d'Ungheria, che si presenta come una sabbia.78 A Cornigliano arrivano circa 6 libbre di terra verde dura a 1.6 la libbra, usata (anche?) dal pittore di arredi lignei, 68 libbre di terra verde di Verona a £ 1.16 la libbra, vengono poi citate: la terra verde dura bella, la terra verde dura di Verona, terra verde dura scielta e la terra verde tenera, quest'ultima costa sei soldi la libbra perciò molto meno dell'altra. 73 P. BENSI, La pellicola pittorica… cit.. P. BENSI, "Per l'arte": materiali… cit., p. 76. 75 P. BENSI, La pellicola pittorica… cit.. 76 R. LAPUCCI, Contributo alla conoscenza… cit.. 77 P. BENSI, "Una franchezza e leggiadria indicibile… cit. 78 J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., pp 30-31. 74 Colori in cantiere pag. 23 In via Lomellini arrivano 13 libbre di terra verde dura a una lira la libbra, 27 di terra verde tenera, a 4 soldi la libbra circa, e 10 libbre di terra verde di Verona (anche detta di Venezia, ma poi corretta), a prezzo variabile, attorno alla lira per libbra. Tovio Voce che compare una volta nei conti di Cornigliano, insieme a pennelli e pigmenti, di essa non è ancora chiaro il significato materico, è stata avanzata l'ipotesi che a Genova indichi una marna argillosa, 79 mentre a Como il tuve è una roccia sedimentaria calcarea, leggera e spugnosa, il tufo di altre regioni.80 "Tuvio: tufo; specie di terreno arido e sodo. Serve per fare stucco, e talora per metter nella calcina in luogo di rena per murare."81 Descritto così fa pensare ad un materiale sabbioso, perciò ancora diverso: la questione resta aperta, anche come quella di una parola usata per indicare cose diverse in zone e tempi diversi. Trementina Un paio di once di trementina sono usate a Cornigliano nel '57, e nel '68 la si trova impiegata insieme ad una cera gialla per gli alberi. Gli oli essenziali, detti essenze "si ricavano da molte piante distinte per l'odore aromatico penetrante che emanano, come lo spico, la lavanda, il pino alpestre, il rosmarino, il lauro, l'arancio emolte altre; (…) tutte devono essere distillate perché siano pure. (…) in generale sono insoubili nell'acqua mentre hanno grande affinità per l'alcool, l'etere e gli oli fissi e seccativi. Le essenze sono molto infiammabili, come i loro vapori, e possono col cloro e il sodio formare anche delle miscele esplodenti." Le più usate sono quelle di trementina e di spico. La prima si ottiene da alcune conifere la seconda dalla lavanda o spico. "Oggi" si usa anche l'essenza di petrolio. Ma "l'essenza di trementina pura, come diluente dei colori a olio, ne assicura la morbidezza nell'essiccare, mentre coll'essenza di petrolio si ha la certezza di renderli più duri, e tutto ciò che rende il colore o le vernici troppo vitrei e friabili è nocivo, sia negli strati 79 T. MANNONI, M. MILANESE, Mensiocronologia, in "Archeologia e restauro dei monumenti", a cura di R. FRancovich e R. Parenti, FIrenze 1988, pp 383-402. 80 V. PRACCHI, Glossario, in "Il mestiere di costruire", a cura di S. Della Torre, Como 1992. 81 G. CASACCIA, Vocabolario genovese-italiano, Genova 1851. Colori in cantiere pag. 24 interni del colore come alla superficie." L'elasticità è un elemento troppo importante perché possa essere sacrificata ai pregi dell'uso dell'essenza di petrolio.82 Turchino di Spagna Cfr biadetto. Verderame e Verde eterno Il verderame può arrivare al cantiere in pani, un pane pesa 37 libbre (circa 11 kg) e costa £ 57.16, viene fornito da Antonio Maria Weber, che traffica anche con altri metalli, ne arrivano a Cornigliano circa 90 libbre, e una dozzina al palazzo di via Lomellini. Trova impiego esplicitamente per le gelosie e per altri oggetti destinati all'esterno. 16 giugno per £ 249.14 cioé £ 123 ad Alberto Morasso per giornate in dar tinta verde a gelosie e £ 126.14 per biacca, verderame et altro come da lista n 239 1759 @ 30 settembre libbre 2 1/2 verderame per le cascie; per due mani di colore alle 36 cascie del giardino, una mano alli rastelli del mare, e dato il colore al zoccolo della sala contigua al giardino £ 24 libbre .1.2 verde rame per detti lavori £ 2.2. "Con il termine verderame si definiscono acetati di rame con differenti composizioni chimiche, che comprendono toni dal verde al blu, e che sulla base del loro ph sono divisi in due gruppi: basici e neutri. Il verderame basico, cioé l'acetato basico di rame, di colore verde, ha come formula: Cu(CH3COO)2.CuO.6H2O, mentre il verderame neutro, l'acetato neutro che si genera sciogliendo in acido acetico l'acetato basico, ha come formula: Cu(CH3COO)2.H2O. (…) Proprio per le caratteristiche di maggior stabilità, i veneti del Cinquecento chiamarono il verderame preparato in questo modo 'verde eterno'".83 Di esso non v'è traccia nei documenti di Paolo Gerolamo mentre nella villa Durazzo arrivano numerose forniture (circa una ventina), perlopiù di piccole quantità (dalle 2 oncie alla libbra) e di caro prezzo, oltre 7 lire la libbra, quasi come l'azzurro di Berlino. Viene certamente usato anche dal pittore di arredi lignei, mentre non sembra si possa accostare ad impieghi più architettonici. 82 G. PREVIATI, La tecnica della pittura, Milano 1990 (1905). S. OCCORSIO, Verdi, in "La fabbrica dei colori, pigmenti e coloranti nella pittura e nella tintoria", Roma 1986, pp 38-9. 83 Colori in cantiere pag. 25 In effetti Watin avverte che "le verd-de-gris ou verdet (…) on l'emploie communément à peindre les treillages; quand il est distillé, il sert dans le verds au vernis, faisant de très-beaux verds par le mêlange qu'on en fait avec du blanc; diffous dans l'eau chaude par le moyen du tartre, on en tire une teinture qui sert à enluminer, & principalment dans le lavis coloré des plans, pour représenter la couleur d'eau: on ne s'en sert point pour les couleurs en détrempe. Il faut en mêler le moins qu'on peut avec le couleurs à l'huile, car il les fait foncer quand on les vernit, & les fait jaunir quand on ne les vernit pas, lorsqu'il est séché: il est en outre fort dangereux è employer. Si on veut l'employer au vernis, broyez-le à l'essence; n'en détrempez que peu-à-peu, car il épaissit étant gardé; il est superbe détrempé au vernis blanc au copal, pour les fonds d'équipages en verd d'eau."84 Vernice "Si hanno vernici d'olio e vernici di resine o lacche. Le vernici d'olio sono semplicemente olii seccativi opportunamente preparati. Le vernici di resina sono soluzioni di resine o d'altre sostanze in un solvente; se questo è olio seccativo si chiamano lacche grasse, se invece è un olio volatile, un alcool, od altro liquido facilmente o completamente svaporabile si dicono lacche volatili."85 Le vernici costituiscono lo strato di protezione delle pitture, ottenuto con resine e gomme, disciolte in trementina (dal XVI sec); le resine "sono succhi che colano da certe piante per incisioni naturali o artefatte, e che il contatto dell'aria solidificano", "se restano semiliquide e tengono in soluzione un olio volatile, prendono il nome di balsami", "hanno stretta relazione cogli oli essenziali." La sandracca: "del commercio si compone di tre resine dotate di proprietà varie (…) la s. migliore si ricava da una conifera delle coste settentrionali dell'Africa, la tuja articolata di Desfontaines. L'umore resinoso cola dai rami dell'arboscello, solidificandosi sul tronco in gocciole o lacrime d'un colore giallo citrino, brillanti e trasparenti, talvolta però anche bianchicce ed opache. Questa resina arde con fiamma chiara, emanando odore aromatico piacevole. Ha perfetta affinità per l'alcool e si scioglie negli oli seccativi e nelle essenze a fuoco medio. Per verificarne la purezza si scioglie nell'alcool, che lascia cadere a fondo tutte le materie eterogenee." 84 85 J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 29. I. GHERSI, Ricettario industriale… cit., ricetta n° 8572-classificazione. Colori in cantiere pag. 26 La dammara: è una resina ""da poco" in commercio, composta di due resine diverse. La mastice: "cola dal lentisco pistaccio delle isole dell'arcipelago greco, e l'isola di Chio specialmente ne somministra la maggior quantità. Si ottiene praticando delle incisioni trsversali sulla corteccia dell'albero. (…) Non è completamente solubile nella trementina, ma la parte che si scioglie costituisce una vernice lucidissima e durevole. La coppale: "è insoubile nell'alcool, negli oli esenziali enegli oli fissi, a freddo. Fusibile a fuoco nudo, può essere in tale stato disciolta negli oli e nell'essenza di trementina, ma essa ha allora perduto le qualità che a indicano fra e più belle resine, cosicché la coppale non ha più alcuna indicazione come vernice finale nei dipinti." "L'industria prepara vernici ad alcool, vernici ad oli seccativi di lino e di noce, dette vernici grasse, e vernici all'essenza, ossia con gli oli essenziali di trementina e di spigo."86 A villa Durazzo si usano diverse vernici: otto oncie di vernice di coppalle per £ 2.10 servono per scabelli e tavolini coloriti; oltre 120 libbre di vernice non meglio specificata, insieme ad un pennello da vernice serve anche per il signor abate per li sopraporta, con l'avvertenza che un'ampolla di vernice è libbre 2.10 fino a 4, in totale libbre 12.4 a soldi 36.8; e per l'appartamento della signora e quello del Billard per gli stucchi e per le sedie e tavolini dell'appartamento del billard e sala sul giardino ed altre bagattelle come 3 secretaire 2 tavolini da gioco e sedie da riposo ecc. Inoltre troviamo libbre 2 vernice di Venezia £ 2.-.1756 à 27 giugno Conto di vernice Francia: un flacone di vernice "orlane" Vernice era usata anche sulle murature, forse sugli stucchi: 1755 a' 17 settembre Conto di fattura a pittori Fregolia e compagni colorire e inverniciare il gabinetto verso Genova ove hanno impiegato da giorni 44 circa £ 400 Un tipo di vernice (che oggi chiameremmo lacca) fabbricata a Genova da una bottega in via della Maddalena e documentata dal De Lalande (astronomo francese) nel 1765, veniva usata per produrre i mobili laccati con preparazione a gesso e colla di guanti (detti cinesi nei documenti) che erano piuttosto usati nelle ville; l'analogo francese è la pariginavernis Martin. 87 86 87 G. PREVIATI, La tecnica … cit.. A. GONZÀLEZ-PALACIOS, Il mobile in Liguria, Genova 1996. Colori in cantiere pag. 27 Vitriolo bianco Potrebbe trattarsi di solfato di zinco, che è un siccativo, ne arriva a Cornigliano una libbra, per £ 1.4.-, nel 1767, tra aprile e maggio mentre si fanno rinovare i colori nell'appartamento della signora Clelia, nel pavimento del corridore attigua alla cappella, nell'altro verso la cucina, alli telari de vetri della scuderia e gelosie nuove in detta. Strumenti e contenitori Oltre ad alcune conchette di terra, molti copetti piccoli per i pittori, spago servito per li stuccatori, una bocietta per la gomma et uno fiasco, ampolle, ampollette e fiaschi, sponghe, tasse e pignattini per li pittori e pentola per la colla,i documenti elencano una quantità di pennelli grossi e piccoli, di varie forme e provenienze, solo per Cornigliano sono alcune centinaia. I diversi tipi elencati sono: - pennelli da 1 oncia - pennelli da 1/2 oncia - pennelli da 1/4 oncia - pennelli da 2 once - pennelli da 3 once - pennelli di Bologna - pennelli di Bologna da 1 oncia - pennelli di Bologna da 2 once - pennelli di Bologna da 3 once - pennelli di Bologna mezzani - pennelli di Bologna primi - pennelli di Genova da 1 oncia - pennelli di Genova da 2 once - pennelli di Genova da 3 once - pennelli di puzzola - pennelli di puzzola di Bologna - pennelli di puzzola in penna - pennelli di puzzola in penna di Bologna - pennelli di sesta sorte a fresco - pennelli di setola - pennelli di varo - pennelli di varo in penna grossi di Bologna - pennelli di varo in penna mezzani di Bologna - pennelli di varo in penna di Bologna - pennelli doppi da muro (o da muratori) - pennelli in asta a fresco - pennelli in asta a fresco da onze 1 1/2 - pennelli in asta a fresco mezzani - pennelli in asta a olio - pennelli in asta da 2 di Bologna - pennelli in asta da 3 di Bologna Colori in cantiere pag. 28 88 - pennelli in asta da 4 di Bologna (?) - pennelli in asta di Bologna - pennelli in asta grossi - pennelli in asta grossi di Bologna - pennelli in asta mezzani - pennelli in asta mezzani - pennelli in asta mezzani di Bologna - pennelli in penna - pennelli mezzani - pennelli per emendare - pennelli per vernice - pennelline di setola in asta Quanto ai prezzi è da notare che i pennelli da muratori costano molto più degli altri (oltre 10 soldi l'uno), evidentemente ciò che conta è la loro dimensione, gli altri hanno prezzi piuttosto allineati, quelli di puzzola e quelli di setola costano il doppio di quelli di varo, ma la differenza è di un soldo (costano 2 i primi e 1 i secondi), tre o quattro soldi è il prezzo per quelli di Bologna, come i pennelli da tre once, pennelli in asta da olio costano da due a otto soldi. Nel cantiere Pallavicini sono stati comprati 112 pennelli, alcuni corrispondono ai tipi più tardi, quelli di Bologna, in asta, in asta di Bologna, da varie once (ma è presente il pennello da quarto), di puzzola, mentre non sono menzionati ad esempio quelli di Genova, compaiono quelli di pelo bianco (£ - 8 -), di pelo bianco da oncie 2, grossi di pelo bianco, di pelo nero di oncie 2 e uno bianco di Roma da once 1 1/2 da £ - 5.4. Quanto agli usi ci vien detto che penelli in asta a oglio (di quattro prezzi), di possola in penna e di varo sono stati consignati al sig.r Lupis per dare il colore a oglio a telari e finestre; 89 l'abate Giolfi usa, per i sopraporta, un pennello da vernice, una dozzina di puzzola; questi sono usati anche dal pittore di arredi lignei; i pittori che dipingono il salotto col signor Lupis usano penelli in asta a frescho; il pittore lombardo usa sei pennelli a oglio. Murature e stucchi Dai conti che specificano la finalità della fornitura apprendiamo che si usano per dipingere: 1 l'appartamento della signora Clelia 2 l'appartamento del signor Marcello 3 la sala a piano del giardino 88 Il documento dice detti da 4 e non è possibile essere sicuri che si riferisca all'intera dicitura - in asta di Bologna - o solo alla parola pennelli, nel dubbio, di solito, ho considerato solo la seconda ipotesi ma in questo caso ritengo più probabile la prima. 89 AD, 477, 30/11/1755. Colori in cantiere pag. 29 4 la loggia o sia la serra per li vasi 5 il loco all'Inglese penelli di Possola altri detti di Bologna giardolino di Fiandra pasta verde azzurro peneli di Posola verde di Verona biadetto altro verde di Verona smalto altri penelli £ 0:14 £ 2:8 £ 0:8 £ 1:8 £ 1:8 £ 0:12 £ 1:4 £ 2: £ 1:10 £ 0:14 £ 0:12 A dipingere alcune stanze, come la camera danticamera del billard e la camera, dipinta in giornata, dell'appartamento del signor Giacomo Filippo intervengono dei pittori svizzeri (che lavorano anche nelle uccelliere), nella camera del bigliard e stanza da letto contigua collaborano con Garattino, e se le paga secondo l'accordato, avendoci dato tutti li colori macinati et altro per £ 350. Ad essi viene anche fornito un baratolo suco di spin cervino. La sala sul giardino viene dipinta dal signor Andrea Leoncini che mette a sue spese colori, carta, ecc. Il pittore Lupi termina nel '59 la sala inferiore. Alcune pitture diverse vengono commissionate a scarso, praticamente a forfait, ad un tal Fregolia, si tratta di lavori eseguiti nel '55 Gabinetto nel appartamento Lilla e giallo colla camera contigua de bagni - £ 160 appartamento lilla e giallo cioé camera con alcova e anticamera - £ 500 la sala superiore grande - £ 200 Altre stanze sono dipinte da Alberto Morasso, che esegue anche pitture ad olio (su serramenti e pavimenti) e vi impiega: terra gialla per dar tinta nelle stanze del signor Ippolito seccante s?3 litargirio He 2 aglio servito per detti lavori " -.12." -.6." -.13.4 " -.8.- Nel 1762 tra le spese per la fabbrica di mezzarie et altri lavori; in esse, o altrove, viene realizzato un marmaresco, per cui probabilmente sono impiegate q.te (quarte?) 42 di polvere di marmo consegnate Carlo Gava per £ 14 (è l'esecutore?), nonché del latte. Colori in cantiere pag. 30 Ma anche degli stucchi infatti sono spesisoldi 2 per un pennello e soldi 2 libbre 1 terra nera provista al stuccadore Cantoni per dissegnare stucchi da farsi; agli stuccatori vengono anche forniti quattro pennelli Negli stessi lavori troviamo il signor Lupi pittore pagato per giornate 28 in colorire gli stucchi £ 56, forse a lui allora sono servite terra nera di Spagna e gialla, terra gialla e terra verde, nonché libbre 3 gesso, l 1.6 ritagli, soldi 6 per due pennelli e soldi 8 per coppetti per pittore, oltre a tasse e pignattini per li pittori e pentola per la colla. Lo stesso pittore esegue lavori diversi come dare la seconda mano di tinta a olio a tutte le porte e finestre degli entresoles in Cornigliano, e dare due mani di colore a pavimenti Sugli stucchi sono eseguiti sia aggiustamenti (forse modifiche in corso d'opera), sia coloriture, ed è interessante notare che sono a due mani 1758 11 settembre Conto di aver colorito gli stucchi della sala a manger Per far colorire i stucchi della sala, cioé farci dare ancora due mani di tinta, et anche a fondi spesa e fatura al Lupi £ 60 sia indorature 1762 20 aprile diversi lavori dell'indoratore Andrea Massa fra cui: per aver dorato una gionta di stuchi nel salloto verso San Gerolamo con fogli suo oro n° 22 (sottoscritto: averli datoli di tinta) speza e fatura £ 2:10 Infissi Nella coloritura delle finestre compaiono le voci gesso, litargirio, biacca, olio. Viene anche spesso indicato il numero di mani o di dare la seconda mano e troviamo anche la specificazione di dare solo olio: (31/12/58) per far dare la seconda mano di tinta a n° 18 balconi alle gelosie de due appartamenti superiori a C. verso mezzo giorno una mano d'oglio schietto e 2 di colore a soldi 50 £ 45 e per come sopra a n° 8 balconi alle gelosie delle mezzarie a soldi 20 £8 Ad Alberto Morasso, nello stesso giorno in cui viene pagato per 17 1/2 giornate per aver dato il colore a oglio, il 17 marzo 1760, vengono rimborsare le seguenti spese di colori e penelli pagato in £ 1:10 per avere comprato libre otto di gesso per avere comprato libre una e messa di terra gialla di Venesia per avere comprato mezza libra fra retalgilio e minio per avere comprato n° 2 penelli £ 0:8 £ 0:6 £ 0:6 £ 0:10 Lo stesso pittore, due anni più tardi, redige un conto di colori penelli et altro in cui troviamo: Colori in cantiere pag. 31 … spezo per libre 12 retalgilio a soldi 6:8 la lira che sono £ 4:0: spezo per libre 20 terra giala a soldi 2:8 la lira che sono £ 2:13:4 spezo per libre 8 terra rosso a soldi :2: la lira che sono £ 0:16 spezo per n° 4 penelli da once tre due sono serviti per il colore a oglio e due per il colore a cola £ 2:0 spezo per n° 1 penello da muratori servito per li astrichi £ 0:14 Materiali che, probabilmente con altri già in mano sua, sono stati usati per aver dato il colore a n°8 finestre di gelosie nelle mezz'arie per aver dato il colore a n°8 finestre di mezarie, a telari e telari di vedro e sue arve datoli tre mani per aver dato il colore a n°4 porte nelle mezarie nove con le sue pilastrate machiate marmaresche per aver dato il colore a colla a n° 5 porte finte per aver dato il colore alla ringera nel scala et alli ferri che servano pogiolo alle finestre per aver dato due mani alla porta con la vedriata nella stansa delle mame per aver dato una mano da una parte a n° 6 porte che sono nelle stanse a teto per aver dato una mano alle finestre che danno la luce nelle stanse in n° 6 per aver dato il colore alla finestra dove sono li canarii per aver dato tre mani di colore alle due casabanche che sono nella capella per avere fatto io Alberto Morasso giornate n° 22 per colorire li stuchi £ 44 per avere fatto giornate n° 13 il mio lavorante a soldi 36 il giorno Si nota come ancora lo stesso pittore dipinge stucchi e manufatti lignei, e che possono essere date una o più mani, anzi, addirittura, viene dato il colore alle porte anche da una parte sola. Alcune porte hanno i filetti di lacca, a tutti i pavimenti del piano superiore verso Genova e dare la seconda mano e filetti a tutte le porte e finestre de suddetti due appartamenti £ 300 A Lupi e compagni per colorire di nuovo li stucchi nell'appartamento del bagno accomodare tutte le porte o sia filetti di lacca e rittocare i telari da vetri £ 251.4 n° 153 1 dicembre 1765 Conto di Alberto Morasso per avere dato tre mani di colore alla porta nova che finge armario con li suoi fileti verdi nel apartamento verde al piano del porticho e dare la prima mano allaporta finta nel apartamento rosso al detto piano per fare questo lavoro giornate 3 £6 Sulle porte finte viene steso un colore a colla, il che suggerisce che siano realizzate con una tecnica particolare, forse coperte di tela dipinta come quelle ancora oggi visibili in alcune stanze della galleria di palazzo Reale. Per dar la tinta alle gelosie sono usati biacca, seccante non meglio specificato, verderame, colla da falegname, quest'ultima puù essere servita per le piccole riparazioni. Un caso particolare è quello delle finestre finte, che devono somigliare a quelle vere ma sono realizzate su intonaco, il pittore, Massa, ha lo stesso cognome di quello Colori in cantiere pag. 32 che di solito fa l'indoratore, ma non è possible essere certi che siano la stessa persona, anzi il secondo potrebbe essere figlio del primo; in questo caso sono imitate le ante a vetro e non le persiane: 1754 a 21 agosto Conto del pittore Massa per giornate n° 6 1/2 a Massa per fingere le finestre osia dipingere le finestre cioé i vetri a £ 5 per giornate n° 7 de figli a soldi 50 £ 17.10 Arredi lignei Nella finitura di arredi lignei troviamo la preparazione con gesso, colla e biacca, inoltre acqua di rasa servita per gli scambeloti e comod; uno stesso pittore, Gian Agostino Favale, dipinge sia stucchi sia arredi lignei (ad esempio tre sedie giallo e cremisi e vernice). Nei conti si trovano varie cose come: 1757 a 2 ottobre, due conti di pittura mobili in cui: filettato alcuni bouquet di fiori ad un tavolino per la sala a manger £ 8 sedie di canna dipinte con vernice due tavolini per il salone del billard con ispesa di biacca e di colori £ 30 1758 29 agosto Conto di pitture diverse per diversi accomodi e bagno colla £ 0.6.8 gesso £ 0.2 biacha He 4 trà il piede del letto e stuchi (soprascritto studino) £ 1.8. terra verde oz 8 £ 0.18. biadetto oz 1/2 £ 0.6. azuro £ 0.10 oglio di noce oz 10 £ 0.10 lacca fina £ 0.6 giardolino di Fiandra oz 3 £ 0.12 verde eterno £ 0.12 gomma £ 0.4 vernice oz 8 £ 1.15.4 Sovraporta Nella villa sono stati realizzati molti sovraporta, dei quali sedici sono stati dipinti dal signor abate Giolfi pel piano superiore: 4 rossi, 4 turchini, due gialli, due verdi, 4 a olio con vernice, lo stesso autore ne realizza sei verde e cremesi per l'appartamento del billard. Ma anche il signor Favale, pittore anche di mobili, ne dipinge alcuni alla cinese, con 25 1/2 palmi di tela e capiccinola per montare le carte, nonché altri in gabinetti, camere, bagni. Colori in cantiere pag. 33 I più importanti sono quelli dipinti a fresco dal Signor Giacomo Bona che ha fatto la spesa dell'imprimitura avendoci però dato la tela, per zecchini 110 del Papa a £ 13.2 £ 1441, si tratta degli otto sopraporti della sala grande. Vengono utilizzati diversi tipi di tela, trattata con un'imprimitura e una stiratura della tela sovra i telari, sono citate la tela di Milano, un'altra più stretta, la tela Roano e la tela per le carte cinesi. Nell'appartamento lillà e giallo sembra che già poco dopo la sua ultimazione sono necessari dei raccomodi, potrebbe essere a causa di una modifica in corso d'opera che riguarda l'ampliamento delle porte o della loro decorazione, comunque si tratta di un aumento delle dimensioni, infatti vengono acquistati palmi 56 di tela per fodera e giunta de' 4 sopraporte, conseguentemente viene eseguita la loro imprimitura e poi stiratura per poterli aggiungere, infine deve intervenire il signor abate Giolfi con giunte anche nelle figure a £ 20 per ognuno. Anche nel 1763 occorre intervenire su sei sovraporte, quattro nell'appartamento della signora Manin e due in quello del signor Giacomo, per essi vengono usati verde eterno, biacca, cinapro e rosso d'Inghilterra. Nel 1770 vengono posti come sovraporta 4 quadri comprati usati. Ancora nel 1771 vengono ritoccati due sopraporta significanti due inverni, vi lavorano un imprimitore per due giornate, che usa palmi 8 1/2 tela, 3 stachette, retagli di guante, imprimitura, oglio di noce, perché poi si possa realizzare l'accomodo del pittore Galeotti. Infine, nel 1773, vengono acquistati due quadri del Canaleto alla Fiaminga per sopraporti nell'apppartamento in Cornigliano delle tele dipinte al primo piano terreno Carte cinesi Per mettere in opera le carte della cina vengono costruiti dei telai probabilmente di arbora, e si usano tele come supporto per la messa in opera, poi si incollano. Nello stesso conto vengono dette "cinesi" e "d'indie". 1755 a' 22 ottobre Conto di incollare 10 carte cinesi Per 10 carte d'indie incollate a £ 3 £ 30 Architettura a Genova nel Settecento p. 1 6. Architettura a Genova nel Settecento contesto generale Conseguenza di un periodo di florida economia è per Genova un palese manifestarsi nell'architettura della città della disponibilità finanziaria dei committenti, così come delle sfumature del commercio e degli affari che a tale economia sono legati. Per ogni periodo si sono verificati rinnovamenti visibili, spesso ancora oggi decifrabili, di questa attitudine pratica di rispondere con edifici adatti a esigenze concrete. L'edificio adatto, però, non è qui da intendersi quello in cui una forma ottimale è stata realizzata con materiali quasi indifferenti, ma quello ottenuto dall'equilibrio sapiente fra usi, spazi e qualità costruttiva. Così è stato per la casa mercantile durante il medioevo e per il palazzo nobiliare nel Cinque-Seicento, con l'organizzazione parallela del complesso delle strutture pubbliche (magazzini, acquedotto, Loggia di Banchi, Palazzo Ducale…) e degli sviluppi degli edifici religiosi, sia nella gara per arricchire le chiese di cappelle gentilizie, sia nelle continue migliorie ai conventi dove spesso andavano a vivere i cadetti nobili. Così continua il rapporto tra economia ed architettura nel Settecento in modo meno strutturale: mentre nei due secoli precedenti la città viene praticamente tutta ricostruita (su se stessa), ora si assiste ad un livello di attività edilizia ridotto, i cantieri di grandi interventi sono pochi, le trasformazioni sono di minore portata, rari i palazzi ricostruiti per poche famiglie desiderose di sfoggiare (o saggiare?) la propria ricchezza, gli ultimi prima della fine della Repubblica… Ma forse questa potrebbe essere soltanto una vecchia teoria - gli studi sono appena iniziati - avanzata perché la storiografia1 ha sempre presentato il periodo in cui maturano moti rivoluzionari come un periodo di decadenza, di debolezza, e che questo si manifesti in ogni aspetto della vita cittadina: più incertezza dal punto di vista delle sicurezze, quasi un secolo dei lumi poco luminoso. Proviamo allora a raccogliere qualche dato in più, per provare la solidità di questa ipotesi. Architettura a Genova nel Settecento p. 2 L'impressione che si ricava dalle lettura delle nuove acquisizioni degli storici2 è che anche dal loro punto di vista molto sia da rivedere e che questo processo, da poco avviato, possa portare a nuovi modi di considerare il Settecento genovese e i suoi protagonisti, finora oscurato, spesso ad arte, dagli storici con un effetto da cui oggi occorre forse affrancarsi:3 Lʼidea di «decadenza» dei patriziati italiani nel Settecento è stata ricalcata sui giudizi dei Voyages di Montesquieu e estesa a tutte le repubbliche e le piccole monarchie, e in modo ancor più acritico alla Repubblica genovese. La storia politica della Repubblica di Genova ha accettato come naturale una cronologia lunga che tra il XV e il XVIII secolo vedrebbe le seguenti scansioni: conflitti di fazione, riforma di Andrea Doria e secolo dʼoro, repubblica oligarchica e poi inesorabile declino. Lʼidea è caratteristica per lʼappunto dellʼinterpretazione politica (più che della storia economica); e né le famiglie patrizie né la cultura sociale degli aristocratici dipinti da Magnasco sono state oggetto di studio. Ma non cʼè ovviamente alcun legame necessario tra la storia politica generale e la storia delle ascese e dei declini delle famiglie. Per alcune famiglie genovesi il Settecento è il secolo dellʼapogeo; certamente lo è per i Durazzo. La posizione della Repubblica genovese nei confronti della politica internazionale si modificò nel corso del Settecento, in modo da poter continuare a tessere favorevoli rapporti economici, ma con risvolti insolitamente audaci, con l'entrata in guerra contro l'Austria. Per quasi due secoli la repubblica era stata inserita in un circuito politicofinanziario coerente, quello spagnolo, che sommava ad un sistema di protezione militare un rapporto di simbiosi economica. Alla fine del '600, però, questo sistema non esisteva più. La Francia semmai, poteva offrire occasioni di rilancio armatoriale, con la copertura del suo commercio durante la guerra della lega d'Augusta, e di investimenti finanziari.4 Poco importa che dopo il bombardamento del 1684 il re di Francia fosse stato considerato nel peggiore dei modi, perché già nel 1736, nel corso del dibattito attorno 1 In C. BITOSSI, "La repubblica è vecchia" patriziato e governo a Genova nel secondo Settecento, Roma 1995, all'Introduzione, si narra e commenta il percorso degli studi otto e novecenteschi sul periodo. 2 Cfr, ad esempio, i diversi contributi in Genova, 1746: Una città di antico regime tra guerra e rivolta, in "Quaderni franzoniani", anno XI, n 2, Genova 1998, C. BITOSSI, "La repubblica è vecchia"… cit., oltre ai più recente O. R AGGIO, Storia di una passione, Venezia 2000. 3 O. RAGGIO , Storia di una passione, cit., p. 10. 4 C. BITOSSI, Il ceto dirigente della Repubblica alla vigilia della guerra di Successione austriaca, in Genova, 1746: Una città… cit., p. 31. Architettura a Genova nel Settecento p. 3 alla Corsica, emerse un primo, rilevante, intervento a favore della Francia come alleata. 5 Qualche problema con l'Inghilterra e poi la crescente pressione dei Savoia contribuirono a formare il nuovo quadro, dominato dalla "presenza politica e militare dell'imperatore" ai confini della Repubblica. L'acquisto del marchesato di Finale e i problemi suscitati dalla ribellione in Corsica furono i principali argomenti di discussione della prima metà del Settecento in seno ai Consigli dei Magnifici; intrecciate a queste questioni vi sono, ovviamente, i diversi pareri attorno alla convenienza delle alleanze. L'aristocrazia genovese di metà Settecento si rivolse ai mercati esteri e, cautamente, la sua finanza poté espandersi.6 "In definitiva i genovesi avevano interessi un po' dappertutto." E non da poco; oltre alla Francia anche in Spagna e negli stati austriaci.7 "Le famiglie del patriziato genovese nel corso del primo quarantennio del secolo furono poco più di 150." E fu molto basso il numero degli ascritti nel periodo, che, tenendo anche conto della relativa numerosità delle casate nuove, è indicativo di una crisi demografica notevole. Inoltre ben 54 erano i nuclei fiscali che nel 1738 erano esenti perché residenti stabilmente fuori città: a Roma, a Palermo, a Napoli e in Spagna. "Caratteristico del '700 fu il sommarsi del frequente rifiuto delle cariche anche più prestigiose da parte dei grandi, e della caccia all'incarico da parte dei nobili di secondo piano."8 D'altro canto i milionari erano in maggioranza nuovi. Il ceto dirigente che si divise sull'entrata in guerra era un gruppo sociale invecchiato come non mai. I sessantenni che si confrontavano in Consiglietto e nelle Giunte erano personaggi che avevano iniziato il cursus honorum negli anni dell'acquisto del Finale e del dispiegamento di ambizioni di rilancio mercantile e di espansione territoriale che avevano caratterizzato gli anni '10 e i primi anni '20: senza voler azzardare esercizi di psicologia storica, si può forse ricondurre a quelle esperienze formative della loro cultura politica la disposizione a combattere, nel 1745, per difendere un acquisto a suo tempo salutato come un grande successo diplomatico e la premessa di ulteriori successi a venire.9 5 C. BITOSSI, Il ceto dirigente… cit.. G. FELLONI, Genova e la contribuzione di guerra all'Austria nel 1746: dall'emergenza finanziaria alle riforme di struttura, in Genova, 1746: Una città… cit., 7 C. BITOSSI, Il ceto dirigente … cit., p. 37. 8 C. BITOSSI, Il ceto dirigente… cit., pp 42ss. 9 C. BITOSSI, Il ceto dirigente… cit., p. 43. 6 Architettura a Genova nel Settecento p. 4 Risulta dIfficile dire quali rapporti potessero esserci tra interessi economici e la posizione assunta nei confronti della politica estera, mentre risulta evidente che sotto alle varie diatribe c'era una diversa visione di politica interna, particolarmente del ruolo dello stato; 10 comunque i genovesi affrontarono con vivacità la questione tanto da propendere per l'idea di non rimanere neutrali in guerra, fatto molto insolito per la storia della repubblica. Questi eventi bellici di metà secolo provocarono però una grave crisi economica dovuta all'esborso di una "contribuzione di guerra", così alta da essere una forma di ritorsione, ma per farvi fronte vennero escogitati sistemi così efficaci e innovativi che potrebbero essere applicati ancora oggi.11 Inoltre il peso sui cittadini non fu poi così grave: "l'aumento delle imposte non sembra eccessivo: il prezzo della carne è aggravato solo del 10% (e ciò non impedisce ai genovesi del Settecento di consumare ogni anno una quantità di carne superiore a quella degli italiani nel tardo Ottocento: kg 5,7 contro 4,7); la nuova imposta sugli immobili introdotta nel 1751 li colpisce con un'aliquota del 2 per mille del valore capitale (molto meno dell'odierna ICI); la trattenuta sugli interessi del debito pubblico varia dal 10 all'11,25 % (oggi, per i titoli emessi in Italia dal 1992 in poi, è del 12,5%)."12 "Nel quadro politico istituzionale del Settecento italiano la fisionomia della Repubblica di Genova è indubbiamente anomala." Sia per la forma politica con cui si regge, sia per condizioni di vita della popolazione, migliori che altrove, sia per il clima di libertà.13 Allora "una generale resistenza al nuovo" potrebbe essere giustificata: perché cambiare un sistema che funziona? Ancora di fronte alla fine questa fiducia non si perde:14 La caduta della repubblica genovese non fu l'irrecusabile corollario di una grave senescenza. Le manifestazioni di vitalità e la repugnanza alla rassegnazione acquistano un crescente vigore con il crescere del rischio. Gli uomini posti a capo delle massime magistrature credono nelle loro risorse… E per quanto riguarda la presunta debolezza dello stato a favore del potere dei "particolari" questa è sempre stata la forza della politica genovese, una sorta di sussidiarietà ante litteram. 10 C. BITOSSI, Il ceto dirigente … cit., pp 46ss. G. FELLONI, Genova e la contribuzione… cit., p. 13. 12 G. FELLONI, Genova e la contribuzione… cit., p. 13. 13 E. DE NEGRI, Edifici pubblici nel Settecento genovese, in "L'edilizia pubblica nell'età dell'illuminismo", a cura di Giogio Simonicini, Firenze 2000, pp. 407-438. 14 G. GIACCHERO, Economia e società del settecento genovese, Genova 1973, p. 421. 11 Architettura a Genova nel Settecento p. 5 Vero è che, a lungo andare, la mancanza della progettazione di quelle che oggi chiamiamo infrastrutture causa arretratezza rispetto ad altre regioni. E che le industrie, in città o nell'entroterra si conservano a lungo a scala molto piccola, spesso familiare. "Il funzionamento della città cambierà solo con l'introduzione di manifatture o di attività pubbliche in ex conventi, ma a Genova questo avverrà solo dopo il 1797."15 Un quadro particolarmente vivido dell'atmosfera che si viveva in città lo hanno lasciato i diari dei viaggiatori stranieri.16 Particolarmente interessati agli sviluppi e alle forme del commercio, nonché alla politica, spesso lodavano le opere d'arte, l'architettura, la natura ma mostravano anche apertamente la loro ostilità per le persone, esprimendo pareri filtrati dai loro pregiudizi, invidie, sospetti; altre volte erano poco o male informati e scrivevano travisando la realtà. Mentre un punto di vista particolarmente efficace sulla vita secolare di una famiglia nobile lo si ha osservando i Brignole Sale attraverso i loro conti;17 da essi ci si rende conto di come in quest'epoca si moltiplichino le occasioni di eleganza e di fasto: ricevimenti, matrimoni, elezioni dogali, ambasciate, viaggi nel contesto di una generica ripresa che sembra caratterizzare l'economia genovese alla metà del Settecento.18 Abbiamo detto come la nobiltà (ma non solo quella - l'importanza dei ceti mercantile e professionale è ancora da approfondire, così come le 'istanze plebee'19) ha rapporti di affari ad un raggio geografico molto ampio, ma ha anche interessi culturali molto vari. Vediamo qualche esempio. Nicolò Maria Pallavicini, colui che fece costruire il teatro di S. Agostino, era stato accolto nel 1692 nell'Accademia Romana.20 Gio Luca Pallavicini, il finanziatore dell'ospedale, prima ambasciatore della repubblica a Vienna, poi governatore del Ducato di Milano dal 1746 si stabilirà a Bologna dal 1753.21 15 E. DE NEGRI, Edifici pubblici … cit.. Cfr ad esempio V. AMOROSO, Viaggiatori stranieri in Liguria, Genova 1988, e i commenti in C. BITOSSI, Il ceto dirigente cit.. 17 Lo ha fatto in modo esauriente L. TAGLIAFERRO, in La magnificenza privata, Genova 1995 18 L. TAGLIAFERRO, in La magnificenza… cit., p. 29. 19 C. BITOSSI, Il ceto dirigente… cit., p. 55. 20 E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit.., a nota 38 riporta la notizia data in A. F. IVALDI, Divagazioni sui Durazzo mecenati di prestigio, in ASLSP, 1979, I , pp 315-331. 21 E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit.., n. 51. 16 Architettura a Genova nel Settecento p. 6 Giacomo Filippo III Durazzo, "erede universale nel 1787 di una grande famiglia di origine artigiana", ma ormai di preminenza sociale ed economica, ha una serie di interessi culturali e collezionistici rilevanti a livello europeo, formati attraverso viaggi e consolidati a Genova, anche nella villa che costituisce un oggetto del presente studio. È ad esempio uno dei fondatori dell'Accademia Ligustica di Belle Arti. Suo zio Giacomo, che lo ha ospitato tra il 1754 e il 55, era direttore di teatri a Vienna. Nella seconda metà del '700 i rapporti tra Genova e la Francia si fanno sempre più frequenti, non più soltanto sotto un profilo di carattere economico e politico, ma culturale. Lo attestano le soste frequenti a Genova dei voyageurs e le loro relazioni, spesso entusiastiche, sulla città e le sue bellezze. (…) Del resto, cenacolo di relazioni culturali con la Francia fu la casa di Agostino Lomellini, doge della repubblica dal 1760 al 1762. Lo stesso Lomellini, sotto il nome di Nemillo Caramicio, tradusse e pubblicò a Genova nel 1765 L'arte della pittura del signor di Watellet dell'Accademia francese, apparso a Parigi nel 1760 e ad Amsterdam nel 1761.22 Verso la fine del secolo (nel 1784), nel corso di una discussione attorno ai problemi dell'arte dei lanieri sui telai per calzette, una citazione dell'Enciclopedia (e di un dizionario del Chambers) fa capire come questa fosse riferimento corrente per una conoscenza oggettiva.23 Un dato marginale ma significativo di questa apertura all'esterno viene dai lampadari acquistati per palazzo Brignole (Rosso): essi provengono da Roma, Milano, Venezia e Vienna, già a partire dalla fine del Seicento.24 Questa ricerca non può certo pretendere di rispondere fino in fondo alla domanda se sia da rivedere il luogo comune della decadenza, ma può contribuire, da un punto di vista particolare quanto è quello della materia di cui son fatte certe parti d'architettura e del modo in cui sono fatte, a delineare le caratteristiche di un periodo la cui conoscenza è senz'altro lacunosa. Ci si accorge peraltro di quanto pesi questa mancanza nella storia del costruire osservando i documenti ottocenteschi, in cui persiste la cultura materiale del secolo precedente.25 22 E. GAVAZZA, Apporti "lombardi" alla decorazione a stucco tra '600 e '700 a Genova, in Arte e artisti dei laghi lombardi II, Gli stuccatori dal barocco al rococò, a cura di E. Arslan, Como 1961, nota 52, p. 70. 23 F. FABBRI, Il mondo del lavoro a Genova nel XVIII secolo: tracce per una lettura attraverso suppliche, denunce anonime, missive, in Genova, 1746: Una città… cit., p. 25. 24 L. TAGLIAFERRO, in La magnificenza… cit., p. 88. 25 Valga, solo a titolo di esempio, il contenuto di: Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale per l'appalto della manutenzione ordinaria quinquennale degli Architettura a Genova nel Settecento p. 7 arte, arredo, architetti Volendo approfondire il discorso su ciò che di più tipico in architettura appartiene al Settecento, ovvero sulle finiture, è opportuno rivolgersi ai punti di vista storicoartistico e dell'arredo; ciò anche considerando che, fin dal primo 700, la decorazione veniva impostata come un gioco di scambi tra realtà (partecipazione e alla finzione scena, continuità dell'azione tra materiali e supporti diversi) nonché una certa realtà veniva vissuta come una finzione, 'un vero e proprio copione da recitare'. 26 Nelle decorazioni tratte da fonti letterarie coeve e da mitologia e storia classica si ricerca un'estrema raffinatezza,27 fondata Disegno di Gregorio Petondi riportato da A. GONZÀLEZPALACIOS, Il mobile in Liguria, Genova 1996, pp 198-9 su uno studio dell'arte romana, preferibilmente diretto.28 Particolarmente utile per i raffronti possibili con Palazzo Reale è il seguente commento ad un disegno di Petondi: Per il terzo quarto del 700 non abbiamo dati certi nè opere di arredo che consentano di stabilire una cronologia convincente. Il disegno (…) recava sul retro una scritta col nome di Gregorio Petondi e la data 1770. Si tratta di un architetto genovese sul quale ci sono relativamente poche notizie. L'Alizeri e altri eruditi locali ricordano un suo intervento del 1772 nel progetto per la Strada di Santa Caterina, un altro nel 1778 per quello della Via Novissima (oggi via Cairoli), certe modifiche e aggiunte a Palazzo Balbi del 1780, un concorso per il Palazzo Ducale in cui lo precedette Simone Cantoni. Ora si tratta del progetto per una parete che segue la qualifica che l'Alizeri dà dell'architetto, "docile al curvo"; in esso una serie di scritte deve essere letta prima di ogni commento. stabili di proprietà o di uso del Municipio di Genova o per cui incombe al Municipio di Genova di sopportare o di anticipare in tutto od in parte la spesa, Genova Pagano 1882. 26 L. PICCINNO, Domenico Parodi e la colonia ligustica dell'Arcadia, in Antichità viva, anno XXXIV, nn 1-2, FIrenze 1995, p.62. 27 Cfr L. PICCINNO, Domenico Parodi… cit.. 28 F. FRANCHINI GUELFI, Il Settecento. Theatrum sacrum e magnifico apparato, in La scultura a Genova e in Liguria, Genova 1988, p. 219. Architettura a Genova nel Settecento p. 8 In alto: Alla Testa della Galeria dove sono due balconi vi andrà un Tremò framezzo del suo Tavolino; Non si sono introdotte figure negl'ornati per non essere più di moda. Sullo specchio: La metà, ossia mezzo della Galeria; Tremò col suo camino di sotto disegnati a due [visi]29 per sciegliere quel che più piacerà; Camino. Accanto: Lesena fra il Tremò ed il Panò di stucco. A fianco: Panò di damasco ossia di stucco. A destra: Lesena. In basso: Tavolino sotto la Lesena. In alto: Altro Panò. Lesena. A destra in alto: In questa fondi Xtalli, al di sotto: Sovraporta o di pittura o di stucco fatto a due … per sciegliere quel che più piacerà; e Xtalli; Porta. In basso, accanto alla scala numerica: di Genova (…) Nel 1770 le figure intagliate non erano più di moda e infatti il tavolino disegnato dal Petondi non ne ha come non ne hanno quelli qui illustrati a figure 199 e 200. Ovunque si vede il trionfo dell'asimmetria30 e un gusto per l'ornato astratto o a leggeri motivi floreali." Si osserva l'uso di termini francesi; "la maggior parte delle opere incluse in questo capitoletto, e nelle quali la figura appare rarissimamente, sembrano rifarsi a prototipi francesi [degli anni 30] per quanto conservino alcune caratteristiche affatto liguri.31 Quando, più oltre, l'autore si chiede quali siano le fonti per la tipologia dei mobili settecenteschi visti, apprendiamo che ne arrivano negli anni '20 dall'Inghilterra per Gio Francesco Durazzo, nel 1739 dallo scagnettiere Andrea Svarkz tedesco per i Brignole Sale, altri arrivano da Roma, ma "ancor più inconfutabile sarà il rapporto con l'ebanisteria francese che verrà via via indicato. Genova, diventata verso a metà del secolo un vero crogiolo internazionale, finisce proprio per questo con l'attutire la propria personalità." Fino a subire persino influenze olandesi.32 Occorre ancora ricordare che, verso la fine del secolo, emergono alcune personalità famose a Genova e anche all'estero. Questo fenomeno resta fuori dal contenuto della presente ricerca, perché costituisce un nuovo momento di cambio, che richiederà approfondimenti suoi particolari, e diventa perciò il limite temporale più recente del lavoro. "Il 16 dicembre 1771 l'architetto parigino Charles De Wailly (1730-1798) scrive da Genova" che aveva conosciuto il marchese Cristoforo Spinola (ambasciatore di 29 Dichiarato illeggibile dallo studioso, si tratta di un disegno appositamente non simmetrico per presentare più possibili decorazioni contemporaneamente. Ritengo inoltre si intenda scala metrica e non numerica. 30 Più che per una ricercata asimmetria il disegno si presenta così perché costiutisce uan abse compositiva da applicare a qualsiasi situazione spaziale. 31 A. GONZÀLEZ-PALACIOS, Il mobile in Liguria, Genova 1996, pp 198-9. 32 A. GONZÀLEZ-PALACIOS, Il mobile … cit., p. 237 e pp 275ss. Architettura a Genova nel Settecento p. 9 Genova a Parigi dove faceva affari anche per i Durazzo) che stava facendo restaurare un grande palazzo e che, a fronte della sua critica perché demoliva alcune volte antiche, gli aveva dato incarico di decorare un salone. (Già dal 1770 vi lavoravano Andrea Tagliafichi (1729-1811) e, sotto di lui, Gaetano Cantoni (1743- post1827);33 mentre il padre Pietro aveva lavorato per i Brignole nel periodo 1740-45.) Consegnò i disegni, fatti a Roma, nel 1772 e il progetto fu eseguito sotto la direzione di Tagliafichi, con l'occasione i due divennero fraterni amici. La volta fu dipinta da A-F Callet, le cariatidi e i bassorilievi furono scolpiti da J-P de Beuvais, entrambi premiatissimi in Francia. "Nel Salon del 1773 De Wailly espose a Parigi i suoi magnifici disegni e da allora fino alla sua distruzione sotto le bombe nell'ottore del 1942 quella solenne aula venne chiamata la reggia del Sole."34 Tagliafichi andò a Parigi nel '74 e curò gli acquisti dello Spinola. Nel '79, stranamente, Spinola vendette a Serra il palazzo. Tagliafichi continuò la collaborazione col Serra, anche per la villa a Cornigliano. Inoltre lavorò per la famosa scala del palazzo Durazzo Pallavicini (in via Balbi, 1780), ma ormai si trattava di un gusto completamente diverso. Significativo del clima di fine secolo sono questi discorsi tra i Cantoni (Gaetano e Simone) e di Tagliafichi: "Gaetano lavora al Palazzo Ducale fra il '78 e l'83 ed è collega 33 Fratello di Simone, attivo a Milano, e zio di PL Fontana, il progettista del restauro di palazzo Ducale, cfr E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit.. 34 A. GONZÀLEZ-PALACIOS, Il mobile … cit., pp 295ss. Architettura a Genova nel Settecento p. 10 del Barabino alla Scuola di Architettura, occupandosi di ornato. Allora è pure buon amico del Tagliafichi e nel febbraio del 1771 scrive a Simone di un progettato Saggio delle Decorazioni 'che a disinganno di questa nobiltà abbiamo io e il sig. Tagliafico meditato di pubblicare anonimamente. potete immaginarvi lo schiamazzo de' Stuccatori quando vedranno dovere finalmente soccombere col diletto loro Barrocco la libertà che avevano di operare a loro talento.' Quanto egli dice è del tutto lecito se si pensa che nel 1770 ciò che imperava ancora a Genova era un pretto rococò come dimostra il disegno di Petondi da noi illustrato. Poco prima, il 23 luglio 1769, Andrea Tagliafichi aveva scritto a Simone: 'immaginatevi se io posso essere in stato a poter introdurre un miglior gusto d'architettura in questa città, e far abbattere il cattivo di Barocchi e Roncaglie e confusioni che con profusione di denaro questi signori studiano d'abelire.' 35 Questo ritardo del gusto sembra appartenere anche agli arredi mobili: infatti di solito si ritiene che in Francia i mobili Luigi XV siano del secondo quarto del '700 mentre a Genova del terzo quarto.36 Anche se già "sul finire del Seicento e agli inizi del secolo successivo Genova sembra risentire la cadenza dei francesi nel proprio linguaggio formale. I rapporti con Parigi sono tormentosi e persin tragici eppure è innegabile che fra i molti modelli di tavoli parietali liguri si senta la conoscenza di prototipi d'oltralpe forse attraverso stampe e disegni per non dire viaggi e soggiorni."37 gli 'ultimi' palazzi, le opere pubbliche e l'edilizia da reddito Si parla, per il Settecento, di operazioni di restyling, ovvero di adeguamento di edifici già esistenti, lasciati pressocché intatti nella struttura. Se nel campo della decorazione degli interni Genova, come si è accennato, occupa un posto di primo piano, nel settore specificamente architettonico si ha una produzione qualificata ma non vastissima. Ciò forse perché la grande aristocrazia finanziaria, ormai da tempo costruite le proprie dimore, si orientava massimamente al loro rammodernamento.38 35 G. MARTINOLA, L'architetto Simone Cantoni (1739-1818), Bellinzona 1950, citato in A. GONZÀLEZ-PALACIOS, Il mobile … cit., pp 300ss. 36 A. GONZÀLEZ-PALACIOS, Il mobile … cit., p. 214. 37 A. GONZÀLEZ-PALACIOS, Il mobile … cit., p. 134. 38 L'architettura nella Repubblica di Genova, pp 238-9. Architettura a Genova nel Settecento p. 11 Tuttavia manca una casistica esauriente che potrebbe essere svolta a partire dagli edifici già segnalati come toccati da questo fenomeno, a cui applicare analisi come quelle svolte nella presente tesi. Parte importante dell'attività edilizia sono poi le opere pubbliche, di varia portata, come nel caso dei forni per il pane, che occorre spostare per ingrandire il porto franco. Vengono realizzati tra il 1727 e il 1734 dopo una decina d'anni di progetti e discussioni, a cui partecipano gli architetti più vicini alla magistratura dei Padri del Comune, come al solito.39 Un paio d'anni dopo si incomincia a realizzare il nuovo porto franco, fino al 1741 da cui si parte per la ristrutturazione dei magazzini seicenteschi. Gli edifici non sono solo dipinti con motivi prospettici, ma vi sono anche presenti scene figurati di Lorenzo de Ferrari "pittore di grande fama al momento conclusivo della sua carriera."40 A partire dal 1747 (l'anno successivo alle sconfitte militari) si procede inoltre al rinforzo delle fortificazioni e alla realizzazione di nuovi forti, affidando i progetti agli ingegneri militari francesi Pier Paul de Cotte e Jaques de Sicre, e la direzione lavori a nomi locali (sempre di provenienza antelamica). Grande opera di iniziativa privata ma di utilità pubblica è l'ampliamento dell'Ospedale di Pammatone realizzato tra il 1758 e il 1773, con lo stesso capo d'opera della villa Durazzo a Cornigliano, Andrea Orsolino, qui anche progettista, anche se questo edificio - anche per la sua funzione e per l'economia di realizzazione - non sembra presentare alcuna delle caratteristiche di novità e raffinatezza di quella, a cui è posteriore. 41 Altre iniziative, di "nobili nuovi che vogliono imporsi anche visivamente alla città" sono quelle dell'apertura, a inizio secolo, di ben tre teatri (Sant'Agostino, Falcone e Vigne) su progetti così all'avanguardia da essere stati attribuiti, seppur per ipotesi, ai più grandi nomi di architetti italiani dell'epoca.42 Nel 1751 viene fondata l'Accademia Ligustica, nel 1757 Paolo Gerolamo Franzone fonda la prima biblioteca pubblica genovese, celebre da subito anche per il 39 E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit.. E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit.. 41 E. DE NEGRI, Il sestiere di Portoria: la fisionomia architettonica e gli interventi dell'Ospedale di Pammatone e del Seminario. in Genova, 1746: Una città… cit.. 42 E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit.. 40 Architettura a Genova nel Settecento p. 12 lungo orario di apertura, a cui presto se ne aggiungono altre due. Tra il 1763 e il 1771 viene costruito il Conservatorio Fieschi, ovvero una scuola per laici.43 La più celebre delle opere pubbliche settecentesche è senz'altro il restauro di palazzo Ducale, dopo l'incendio del 1777; risolto con soluzioni originali entro riferimenti francesi, e pagato da fondi pubblici e privati; ultimato nel 1783 verrà usato dal governo genovese solo fino alla caduta della Repubblica.44 Un motivo di sviluppo di attività edilizie lo hanno dato, alla fine del Seicento, i danni causati dalle bombe incendiarie francesi, specialmente nella zona della collina di Castello fino a Banchi. 45 Qui (e da qui) ha trovato modo di concretizzarsi sia con operazioni di vera e propria destinazione a reddito, sia con nello sviluppo di temi costruttivi appropriati all'uso, come le scale doppie, che servono appartamenti sovrapposti senza incontrarsi mai, la flessibilità plano-altimetrica delle abitazioni, per offrire maggiori possibilità d'uso, anche con commistione di funzioni nello stesso edificio e per meglio adattarsi alle complesse preesistenze, ed infine la diffusione dell'uso del duplex.46 Attorno alla realizzazione, a fine Seicento, dello stradone S. Agostino, (ma non solo lì) sono specialmente committenze religiose quelle che intrapredono operazioni volte al recupero di immobili da reddito; ma oltre a queste si sviluppa "una nuova classe di operatori", specialmente commercianti, in grado di effettuare lo stesso genere di committenza, nonché emergono, in particolare i Ricca, "progettisti da reddito".47 D'altro lato un primo spoglio documentario ha già lasciato intendere "una generale vivacità della classe imprenditoriale."48 Dal quadro tracciato non sembra quindi trascurabile né l'iniziativa pubblica, né quella privata ma di pubblico godimento, perlomeno non sembra indicativa di una città decadente. 43 E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit.. E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit.. 45 Cfr Il bombardamento di Genova del 1684, Atti della giornata di studio nel terzo centenario (Genova 21 giugno 1984), Genova 1988. 46 N. DE MARI, Edilizia e architettura nella ricostruzione della città, in Genova, 1746: Una città… cit.. 47 N. DE MARI, Edilizia da reddito a Genova dopo il 1684: l'area di Castello e il ruolo dei Ricca nella ricostruzione della città (1690ca-1740ca), in riv. Palladio 15, 1995, spec. p. 79 e p 86. 48 N. DE MARI, Edilizia e architettura… cit., p. 317. 44 Architettura a Genova nel Settecento p. 13 questioni di stile e di gusto Ma anche di comodità! La sostituzione delle finestre a piombi con quelle con cornici alla francese può essere intesa come una questione di moda, ma senz'altro ha un risvolto molto pratico nella resa di luce e di solidità. Una prima osservazione, svolta a partire dai documenti letti, è che si nota una forte divisione organizzativa in "appartamenti" di quei palazzi le cui caratteristiche, solo un secolo prima, sarebbero state fortemente unitarie; ciò non da un punto di vista formale, forse, quanto sotto il profilo del reddito. Anche nel secolo precedente avveniva questo fenomeno, magari con la abitazione in un palazzo di più nuclei della stessa famiglia, ma indubbiamente l'edificio era progettato come residenza complessa ma unica, con tutti gli spazi, anche sovrabbondanti, concepiti come gli opportuni accessori di una macchina per compiere un dovere sociale. 49 Una seconda osservazione, tratta come visto dalle indicazioni dei primi studi svolti sull'architettura del periodo, è lo sviluppo di un'architettura da reddito a livello dell'edilizia diffusa. Anche in questo caso, l'appartamento, come oggi lo intendiamo come parte di un immobile unico, era già presente nel Seicento, come presente era il condominio o l'edificio da reddito, 50 ma qui si tratta di progettare qualcosa di particolarmente adatto alla bisogna, con velleità di ricerca architettonica. 51 Si osserva infine che gli spazi più curati secondo il gusto più moderno sono spesso le mezz'arie, che sono i luoghi dove risiedono i proprietari del palazzo. Nelle sale già decorate nei secoli precedenti spesso non si interviene, o solo marginalmente, anche per rispetto della storia della famiglia o per riconoscimento del valore dell'arte.52 Significativo di questo rispetto è il crescere di un moda del restauro di quadri e della loro collocazione secondo i criteri del nuovo gusto ornamentale. La natura delle operazioni rese spesso necessario lʼintervento di “restauratori” i quali, conformandosi ai gusti della committenza, ebbero il 49 Cfr L. GROSSI BIANCHI, Palazzi del XVI e XVII secolo nella Genova dei cauggi, in Argomenti di architettura genovese tra XVI e XVII secolo, Istituto di progettazione, Facoltà di Architettura di Genova, 1995, p. 12. 50 Tutti casi riscontrati nel corso delle ricerche interuniversitarie di cui alla nota 1 del cap. 1. 51 Cfr § Gli 'ultimi' palazzi, le opere pubbliche e l'edilizia da reddito. 52 Cfr, ad esempio l'intervento di Maddalena Spinola, in G. ROTONDI TERMINIELLO, La dimora dell'aristocrazia, in E. GAVAZZA - VAZZAGNANI, Pittura e decorazione a genova e in Liguria nel Settecento, Genova 2000, p. 228. Architettura a Genova nel Settecento p. 14 compito di adattare i quadri al contesto decorativo nuovo, operando ingrandimenti, tagli, stuccature, ritocchi e ridipinture più o meno estese, modificando la forma delle sagome, staccando affreschi ed occupandosi del loro «rinfresco». Riallacciandosi ad una tradizione che a Genova, nel Seicento, aveva già visto allʼopera artisti noti come Domenico Fiasella, Gregorio de Ferrari e Domenico Piola, il “raccomodo" dei quadri diventa nel Settecento lavoro consueto per i pittori vedendo spesso impegnati gli stessi artefici delle ornamentazioni ad affresco.53 considerazioni conclusive Abbiamo visto come l'ipotesi della decadenza generale della città posta all'inizio del capitolo sia in gran parte da confutare: se esistono motivi di crisi esistono parimenti sistemi per farvi fronte e iniziative per aggiornarsi alla situazione. Così succede nei cantieri studiati, dove le novità sembrano introdotte Gli ovati nel vano scale di palazzo Pallavicino, senza traumi, al massimo occorre con le inferriate a rebesco. cambiare una modalità di pagamento, o realizzare una forma che serva di modello, come nel caso delle ringhiere; anche se certamente la solidità dell'esperienza costruttiva dei maestri fungeva da ottimo terreno per l'innovazione stessa. Il contesto che si delinea in generale è molto articolato; esiste una grande interazione di apporti, stimoli, esigenze e situazioni: basti pensare alla varietà di luoghi di provenienza delle forniture, tanto per restare legati ai dati studiati a fondo, ma anche al poli… di committenti e operatori (e questa è una delle difficoltà che vive ai bordi del lavoro, i cui confini continuamente sfuggono). In questa situazione sembra emergere un ruolo di Genova come crocevia di novità nel campo delle conoscenze tecniche e dei materiali, che forse qui non solo giungevano ma si incrociavano per ripartire verso destinazioni altre. Ma occorre attendere nuovi studi sul Settecento architettonico genovese e lavori sulla diffusione del sapere empirico per poter costruire confronti significativi in questo senso. 53 Ivi. Architettura a Genova nel Settecento p. 15 Mentre lo scopo della presente tesi è quello di fondare su basi oggettive la conoscenza di un periodo architettonico partendo dalla storia del costruire. Partire dai manufatti significa ripercorrere lo stesso tragitto dei protagonisti: anche loro sono partiti dalla ricerca della novità; i grandi committenti esprimendone la richiesta e gli artigiani aggiornando la proprio capacità di interpretare e rispondere tecnicamente a tale richiesta. In questo quadro, perciò, possono ben inserirsi tutti gli apporti, di stile, di gusto, ma anche di materiali provenienti dalle più diverse parti, come abbiamo visto. Solo un'indagine sui rapporti interpersonali potrà chiarire le modalità di questi meccanismi che si possono qui cogliere nei risultati. Un simile lavoro fornisce inoltre tutte nuove acquisizioni, se non per il carattere inedito delle informazioni, per la loro possibilità di utilizzo, la forma rigorosa del loro riordino, che è adatta alle successive integrazioni e interpretazioni. La validità dei risultati raggiunti, apparentemente circoscritti a due cantieri e ad un piano di un edificio, in realtà può essere estesa ad un orizzonte più generale proprio per il livello di dettaglio a cui si è giunti: le informazioni raccolte e quelle dedotte descrivono un cantiere che può essere simile in molti altri casi, applicando le dovute proporzioni alla scala degli interventi di cui si vorrà interrogarsi. Inoltre si tratta di esempi significativi a scala cittadina anche per le loro differenze: dei casi di studio la villa di Cornigliano costituisce la situazione emblematica perché costruita in una totale libertà dai vincoli del costruito preesistente e perché pensata per intero, dal nulla. Palazzo Pallavicini rappresenta un caso di restyling, favorevolmente datato ad inizio secolo, cioè in un momento che aiuta ad individuare dei limiti cronologici verso il passato; inoltre si opera con cospicua dovizia di mezzi, cioè non si tratta di edilizia diffusa, in cui potrebbero persistere attardamenti, ma di evidente sforzo di aggiornamento (che verrà rinnovato circa trent'anni dopo). Palazzo Reale è una fonte materiale particolarmente ricca e completa perché, a causa della sua storia avvenimentale, essa stessa vi si è impressa nei dettagli. Così in questa tesi è stato possibile, lavorando su fonti scritte e materiali, rendere conto di una complessità della realtà del cantiere di costruzione e dell'architettura, altrimenti difficilmente documentabile, e tentare di tradurre in linguaggio parti di sapere empirico. Architettura a Genova nel Settecento p. 16 Architettura a Genova nel Settecento p. 17 Orizzonti dischiusi Alla luce delle riflessioni svolte e dei dati raccolti si possono individuare molti percorsi di ricerca, aperti a partire da questa, sia su alcuni elementi che offrono materia per un approfondimento, sia allargando gli orizzonti a confronti più larghi, dal livello locale a quello europeo. Una prima disamina dei testi tecnici, che proprio nel Settecento tentano di rispondere al desiderio di rendere il sapere empirico più trasmissibile, - le intenzioni di fondo (storia tout-court) motivi delle scelte - ricerca carteggi - il glossario: alcuni termini sono caratteristici solo di quest'epoca? - diffusione della domanda qui vista nel fior fiore dellʼélite sui contratti notarili - ricerche simili condotte altrove (es diffusione certi materiali) – problema della mancanza di studi paralleli - cronotipologia serramenti porte - assenza studi specifici su tecniche decorative e materiali usati finestre - cronologie ferramenta - produzione e cronotipi, confronti con fonti a stampa proposta di metodo per studiare gli strati di una pittura su legno - mensiocrono ardesie in essa aggiungere i testi dei censori ruolo dell'ardesia rispetto ad altri materiali lapidei, sostitutivo o indispensabile? - pavimenti analisi e allargamento del campione per chiarire il fenomeno dei battuti rossi stucchi - uso di stampi e forme e modo di rendere tutto aggraziato - pareti e soffitti - stucchi andrebbe eseguita una campionatura Architettura a Genova nel Settecento p. 18 La possibilità di vederlo nel dettaglio materico rende possibile porre le basi per una lettura più approfondita di un periodo tutt'altro che conosciuto, da questo punto di vista. in sito sia allargando la ricerca: le cornici m1, in realtà presentano leggere differenze delle ante ap9 può essere studiato il modo di essere costruite, che potrebbe anche avere un significato cronologico il fenomeno del deposito può essere affrontato con la schedatura di quanto ancora si trova nel magazzino del palazzo, ad esempio controllando se dodici ante scuri di legno, corniciato, colorite bigio da una parte e dall'altra verniciate e dorati di filetti, alta m.i 4.00 appartenenti alle finestre dell'appartamento Reale citate nell'inventario del 1844 sono come quelle che ora sono nella Sala del trono. La totalità dei pavimenti battuti oggi presenti era già citata nel primo inventario, l'ipotesi che si tratti degli stessi oggi presenti è rafforzata dalla mancanza di segnalazione di cambiamenti negli inventari successivi Mentre le prescrizioni dei capitolati di costruzione (1643-1650) prevedono per la sala e le stanze adiacenti astreghi batuti rossi de Cinapro, così come per la galleria Vediamo oggi la base di questi??? Allora cfr capitolo pavi?? Infine si segnala come un problema per questo lavoro sia la mancanza di possibilità di verifica delle modifiche murarie, che renderebbe significativi dati come: la stratificazione di cornici dipinte, che a volte suggerisce almeno due fasi, forse tre, rispetto all'attuale bucatura. Occorre anche dettagliare la dataz per i simgli elementi, meglio: dalla dataz globale discende ql per singoli elementi Il disegno di petondi e le porte Disegno petondi, data cfr avx Elenco testi citati o consultati Aspetti metodologici Enciclopedia filosofica, Firenze 1957 TIZIANO MANNONI, Conoscenza e recupero edilizio, in riv. Notiziario di Archeologia Medioevale n° 53, Genova 1990 TIZIANO MANNONI, Archeometria: archeografia o archeologia?, in "Dialoghi di archeologia", serie III, anno 8 (1990), n° 2 GIUSEPPE PUCCI, La prova in archeologia, in Quaderni storici 85, a. XXIX, n. 1, aprile 1994 TIZIANO MANNONI, Archeologia delle tecniche produttive, Genova 1994 TIZIANO MANNONI , Caratteri costruttivi dell'edilizia storica, Genova, 1994 PHILIPPE BERNARDI, Métiers du bâtiment et techniques de costruction à Aix-enProvence à la fin de l'époque gothique (1400-1550), Université de Provence, Aix-enProvence 1995 TIZIANO MANNONI, Modi di costruire storici a Genova e nelle valli del Ceresio. 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