Politecnico di Milano
Dipartimento di conservazione e storia dell'architettura
Dottorato di ricerca in conservazione dei beni architettonici - XII ciclo
Coordinatrice: prof. Tatiana Kirova
Conoscere l'architettura, manufatti nel Settecento genovese
Candidata:
Anna Decri
Tutores:
prof. Tiziano Mannoni
prof. Alberto Grimoldi
Conoscere l'architettura, manufatti nel settecento genovese
1. Introduzione
contesto e metodo
la fonte riflessa
sul senso del rapporto tra archeologia dell'architettura e conservazione
dell'edilizia storica
2. I documenti scritti
il palazzo di Paolo Gerolamo Pallavicini
la villa Durazzo a Cornigliano
allegato 1: regesti e trascrizioni dalle filze 43 e 44, dell'archivio Pallavicini,
ramo cadetto
allegato 2: regesti e trascrizioni dalle filze 476-480 dell'archivio Durazzo
3. I documenti materiali
il palazzo Balbi Durazzo Reale
descrizione della Galleria di Palazzo Balbi Durazzo Reale
scheda sui tessuti
abaco di riferimento
annotazioni e cronologie possibili
4. Manufatti
serramenti
vetro nelle finestre
cornici
ferramenta
guarnimenti
anelli
bochette e gaccie
cricche e accricatori
ferrogiali
mappe, gangheri e occhi
serrature
accomodi e manutenzioni
legno impiegato
decorazione dipinta delle ante delle porte
pavimenti
pietra e laterizi
battuti
stucchi
Il termine
Materiali e lavorazioni
Finiture e manutenzioni
coloritura e doratura
verniciatura
trasformazione e manutenzione
5. Il cantiere
maestranze, mestieri e arnesi da cantiere
il capo d'opera
lo scalpellino
il marmaraio
i lustratori
i falegnami
il fabbro
il bottaio
il vetraio
i segatori
materiali
calce e sabbia
laterizi
mattoni
materiali per pavimenti
trattamenti
impianti ed altro
legno
baio
becciarie
bordonari
canteri
gene
squere
tavole e tavoloni
trapellotti, palati, riondi, radici
marmo
metalli e leghe
ferro
chiodi
chiavi
strumenti
inferriate, ringhiere e altro
altri metalli e leghe
pietra di Lavagna
abbaini
battiporta
chiappe
coperte
lavelli
mezzanini
ottangoli
pilastrate
portelli
quaroni
scalini
schiavoni
lavori particolari
la notte
attrezzi speciali
provenienze e trasporti
colori
6. Architettura a Genova nel Settecento
contesto generale
arte, arredo, architetti
gli 'ultimi' palazzi, le opere pubbliche e l'edilizia da reddito
questioni di stile e di gusto
considerazioni conclusive
Elenco testi citati o consultati
Ringraziamenti
Introduzione p. 1
1. Introduzione
Quando ci si interessa di quanto il costruito è in grado di comunicare, un passo
inevitabile è costituito dall'interrogarsi sul rapporto tra la materia di cui è fatto e l'effetto che
se ne ottiene con la lavorazione, cioé sulla cultura materiale come la si intende nell'ambito
dell'archeologia dell'architettura.
Si crea in questo orizzonte un rapporto biunivoco e dialogico tra conoscenza e
conservazione: la conservazione si alimenta di conoscenza del costruito, riscontrando in
essa una ricchezza di informazioni che non solo le sono utili ma che la stimolano nella sua
funzione di trasmissione di saperi al futuro, d'altro lato è evidente come la conoscenza
auspichi una diffusa conservazione di quei resti materiali che sono l'oggetto degli studi
presenti e futuri…
In questo contesto la disciplina del restauro si arricchisce con gli studi sull'edilizia
storica, sia essa monumentale oppure no. Naturalmente è opportuno che questi studi siano
condotti nelle forme e nei modi che si ritengono di maggior contenuto per una storia
dell'architettura e del costruire che sia davvero in rapporto con le istanze delle
conservazione.
Diversi lavori hanno già messo in luce la quantità e la qualità di informazioni che si
possono trarre da un confronto incrociato sistematico di fonti scritte e fonti materiali, 1 in
particolare da un uso quantitativo delle fonti scritte, secondo un approccio non consueto alle
stesse, almeno per quanto riguarda il campo della storia dell'architettura.
Questa tesi si pone nella stessa linea di ricerca dal punto di vista metodologico, ma si
sviluppa tentando un doppio esperimento: da una parte ci si propone di organizzare uno
studio sistematico per un periodo della storia dell'architettura genovese finora poco noto, ma
di affrontarlo nell'ambito dell'archeologia dell'architettura, dall'altra ci si propone di
approfondirne alcuni aspetti, presto individuati come peculiari, applicando il "cambio di
1 Nel campo della storia del costruire cfr, ad esempio, PH. BERNARDI, Métiers du bâtiment et
techniques de costruction à Aix-en-Provence à la fin de l'époque gothique (1400-1550), Université de
Provence, Aix-en-Provence 1995, A. BOATO, Costruire a Genova tra Medioevo ed età moderna, Tesi
di dottorato in Conservazione dei beni architettonici, VI ciclo; A. BOATO, Fonti indirette e archeologia
dell'architettura: una proposta di metodo, in riv. Archeologia dell'architettura, III, Firenze 1998, pp 6174; A. DECRI, C. GAVOTTI, M. MONGUZZI Uso incrociato di fonti scritte e fonti materiali per lo studio
dell'edilizia storica. Verifiche di metodo attraverso un edificio della Genova di età moderna, in Atti del
convegno "Scienza e beni culturali, n° 12: dal sito archeologico all'archeologia del costruito", Padova
1996, pp. 115-124; nonché il lavoro svolto nel corso delle ricerche interuniversitarie Fonti scritte e fonti
materiali per l'edilizia dell'età moderna, Storia dell'uso dei materiali edili a Genova, Tecniche
costruttive, manutenzione, materiali, restauri: il caso ligure, svoltesi tra il 1988 e il 1996 presso la
Facoltà di Architettura di Genova (finanziamenti del Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica
e Tecnologica, responsabile dell'Unità Operativa locale prof. L. Grossi Bianchi).
Introduzione p. 2
metodo al bivio"2 anche con tentativi forse arditi (come la messa a confronto di risultati
provenienti da fonti che riguardano manufatti diversi come se non lo fossero o l'uso di
esperimenti), e tentando di mantenersi in un orizzonte di interdisciplinarietà che consenta di
avere a disposizione più strumenti conoscitivi possibile.
Per quanto riguarda lo studio dei manufatti in questo lavoro vengono usati concetti e
metodi che appartengono all'archeologia dell'architettura, ormai variamente trattati nella
letteratura a cui si rimanda,3 considerando peraltro possibile un uso "archeologico" delle fonti
scritte, come vedremo parlando del concetto di fonte riflessa.
La scelta dell'argomento, alcune architetture genovesi settecentesche, è sembrata
favorevole per diversi fattori: la continuità con esperienze svolte sui secoli precedenti e la
conseguente possibilità di confronto specialmente metodologico,4 la disponibilità di
abbondanti fonti, sia scritte sia materiali; la scarsità di studi generali eseguiti: si tratta di un
periodo per Genova poco approfondito che solo negli ultimissimi tempi ha avuto un risveglio
di attenzione da parte degli studiosi, questo fatto consente di portare un contributo originale,
ma si rivelerà anche un problema per l'assenza di un quadro di riferimento completo.
L'attenzione che nel corso del lavoro si è rivolta anche (o soprattutto) a manufatti
ritenuti solitamente secondari - se non insignificanti - per il risultato finale dell'opera è stata
guidata da due fattori diversi: da un lato la speciale situazione della cultura architettonica e
abitativa settecentesca, che proprio nel portare a perfezione i particolari trova un suo modo
di esprimersi. D'altro lato la forte convinzione che, per avanzare di un passo nella
conoscenza, occorre approfondire la ricerca quanto più possibile - ovvero con tutti gli
strumenti conoscitivi a nostra disposizione che possano essere utili - e ciò, per ora, non è
possibile se non nel dettaglio, dove sia possibile raggiungere qualche punto fermo, seppur
piccolo.
2
Cfr T. MANNONI, Archeometria: archeografia o archeologia?, in "Dialoghi di archeologia",
serie III, anno 8 (1990), n° 2, pp 77-81.
3 I principali testi di carattere generale sono: R. FRANCOVICH, R. PARENTI (a cura),
Archeologia e restauro dei monumenti, Firenze, 1988; T. MANNONI , Caratteri costruttivi dell'edilizia
storica, Genova, 1994; F. DOGLIONI, Stratigrafia e restauro, Trieste, 1997; per approfondimenti e
aggiornamenti si vedano specialmente i numeri della rivista Archeologia dell'Architettura.
4 Cfr alla nota 1.
Introduzione p. 3
La fonte riflessa
Su metodi e contenuti di una ricerca svolta con fonti scritte e fonti materiali esistono
già eloquenti interventi,5 vorrei qui invece proporre alcune riflessioni su questo rapporto
quando lo si porti alle estreme conseguenze e si possa parlare di "fonte riflessa".6
Ragionando attorno al rapporto che si instaura durante una ricerca nel campo della
cultura materiale tra le diverse fonti che vi concorrono, ci si accorge che questo rapporto, in
alcuni casi, diventa paradossale: succede infatti che si ottengano da una fonte le
informazioni che sono tipiche della sua opposta e viceversa.
Infatti tenendo presente la definizione delle fonti dirette e fonti indirette come quelle
che ci procurano datazioni interne o esterne ai manufatti, e, più sottilmente, vedendo le fonti
scritte e le fonti materiali come sorgenti di informazioni testuali le prime e dati quantitativi e
qualitativi - anche se pur'essi si esprimono a parole - le seconde può succedere che
informazioni materiali siano ricavabili da fonti indirette e che testi interi siano leggibili
nell'osservazione (con approccio archeologico) dei manufatti.
Ciò non avviene tanto nell'indagine di un monumento, dove più peculiarmente
l'apporto della ricerca d'archivio e quello dell'indagine archeologica si confrontano per un
incrocio di dati.
Forse non avviene neanche nell'indagine quantitativa delle fonti sull'edilizia corrente
di un intero nucleo di costruito storico, cioé in quella che è stata definita come la possibilità di
un uso archeologico delle fonti indirette.7
Ma lo sto sperimentando particolarmente nell'esperienza metodologica che si articola
nel corso del presente lavoro di dottorato, in cui vengono esaminati i manufatti 'piccoli'
dell'architettura di un determinato periodo, per qualificarli e possibilmente inserirli in una
cronologia loro propria.
Per fare questo mi avvalgo di conti di fabbrica molto dettagliati e di un rilievo
archeologico di alcuni di essi, senza che sia possibile incrociare i dati direttamente: i conti
appartengono a cantieri diversi da quello dell'edificio esaminato.
Questo è già un incrocio azzardato: ma risulta molto fruttuoso, anche alla luce delle
esperienze già svolte nel corso di ricerche archeologiche con fonti indirette.
Dall'esame di notevoli quantità di documenti ho potuto rilevare, ad esempio, i pigmenti
utilizzati in cantiere, che altrimenti avrei dovuto cercare analizzando in laboratorio un certo
5
Cfr alla nota 1 e anche E. GIANNICHEDDA, Storia della cultura materiale, «Archeologia
postmedievale», 1, pp. 117-132. 1997
6 Questo capitoletto ha già trovato spazio sul Notiziario di Archeologia Medioevale, n° 73,
Genova 2001.
7 Di cui già è stato scritto da altri autori e di cui è stato presentato l'orizzonte di ricerca in riv.
Notiziario di Archeologia Medioevale, n° 72, Genova 2000.
Introduzione p. 4
numero di campioni di rivestimenti di superifici murarie, senza la sicurezza di averli
individuati tutti o la certezza della loro datazione. Si tratta certamente di fonti privilegiate, a
contenuto molto tecnico, ma che sono forse più comuni di quanto non si pensi, specialmente
negli archivi privati.
Dall'altro lato ho riscontrato nello studio stratigrafico dei colori di una porta8 una serie
di indicazioni sull'intero edificio, persino sui cambiamenti di mentalità occorsi nel tempo, un
tipo di informazione considerato caratteristico della fonte indiretta.
Solo l'incrocio e il cambio di metodo al bivio hanno infine consentito ulteriori
acquisizioni sul manufatto e sui suoi proprietari.
Si potrebbe allora introdurre per descrivere questo fenomeno il concetto di fonte
riflessa: come in un antico specchio o sulla superficie brusca d'uno stagno comunque
riusciamo a scorgere qualcosa della realtà che vi si guarda, così vediamo consistenti tracce
di materia in un testo scritto e intere frasi di un discorso tecnico ma anche teorico su di un
oggetto materiale o su di un insieme di tali oggetti.
In un ambito più generale, d'altronde, questo fenomeno si osserva già quando si
passa dall'analisi archeologica all'interpretazione storica, ovvero durante la fase della
storicizzazione sul piano umano dei dati materiali e dei risultati delle analisi, che possiamo
considerare come il passaggio da una sequenza puramente fenomenologica di eventi anche se già soggetta ad interpretazione - alla storia umana.
Il primo stadio di questo processo è la restituzione di una cronologia, ma questa è
solo uno degli aspetti della storia: dopo aver messo in fila gli avvenimenti concreti, anzi
proprio nel tentativo di farlo, nella mente dello studioso non possono non affacciarsi mille
"perché", legati da un lato alla comprensione dei dati materici, quindi strettamente connessi
alla padronanza (comprensione empirica) delle tecniche costruttive (pur sempre anch'esse
un prodotto della mente umana - si è osservato infatti che queste dipendono da vari fattori e
non solo o indipendentemente dai materiali disponibili), dall'altro lato al complesso delle
intenzioni umane che si sono intrecciate a tali dati, e che, non meno della ragioni tecniche,
hanno modificato lo stato delle cose, hanno fatto la storia di quel manufatto e delle sue
ragioni d'esistere e di cambiare.
Il secondo stadio consiste appunto nel mettere in rapporto il manufatto con la storia
umana, di incrociare i dati di una cronologia singolare (del caso in esame) con quelli di una
via via più generale.
il terzo stadio raggiunge la possibilità di raccontare storie di singoli individui, che è
cosa praticamente impossibile con l'uso delle sole fonti materiali.
8
Cfr al capitolo Serramenti - decorazione dipinta delle ante delle porte.
Introduzione p. 5
Un quarto stadio (o un terzo bis, poiché ad esso parallelo) potrebbe essere quello del
contributo alla storia generale, ottenuto da sole fonti materiali.
In questo senso siamo arrivatii al ribaltamento del concetto classico di fonte diretta e
indiretta: sappiamo che la fonte scritta, peculiare per la storia, è esterna all'edificio (anche
quando è molto pertinente), ma le deduzioni dai manufatti - ovvero le notizie tratte solo
dall'edificio - per la cultura forte (quella che si occupa delle visioni del mondo), sono come
tratte da una fonte indiretta!
D'altra parte se "tutte le scelte e le azioni sono di natura mista"9 ovvero dipendono sia
dalla cultura materiale sia dalla visione del mondo, non credo sia azzardato pensare che un
manufatto prodotto da tale mescolanza sia in grado di esprimere l'uno e l'altro tipo di
conoscenza, in altri termini che sia possibile un'ermeneutica del dato materiale (ovvero una
ricerca della sua possibile autenticità come testo, di conseguenza un'esegesi di esso).
Che è quella che ci consente di intuire addirittura un sentimento umano (non solo una
visione del mondo, anche un modo di percepirlo) a partire dalla forma e dalla tecnica con cui
è realizzato un cardine di porta.
Altri metodi storici confermeranno o smentiranno tale intuizione ma si tratterà di
verificare la congruenza di un'ipotesi avanzata a partire dalla materia invece che dal testo
scritto, e ciò, nel nostro caso, costituisce la differenza disciplinare con la storia
dell'architettura.
Sul senso del rapporto tra archeologia dell'architettura e conservazione dell'edilizia storica. 10
Conoscere, conservare
Esistono diversi modi di intendere la conoscenza di un manufatto; fra essi vi sono la
scoperta degli eventi che hanno condotto il manufatto alla sua attuale configurazione, il
riconoscimento delle conseguenti trasformazioni e la comprensione delle tecniche costruttive
in esso impiegate. 11
Tutte storie intrecciate a storie di persone, famiglie, gruppi, città… che rendono
possibili diverse letture degli stessi fenomeni, sia dal punto di vista degli studiosi che
provengono dalle diverse discipline interessate sia di committenti, esecutori, progettisti e di
chiunque si soffermi a pensarci.
9
T. MANNONI, Archeologia e neuroscienze, in riv. Notiziario di Archeologia Medioevale, n°
72, Genova 2000.
10 Larga parte del presente capitolo è in corso di pubblicazione, nel volume Archeologie.
11 Tenendo anche presente che "ignoriamo la maggior parte della storia delle costruzioni,
intesa come completa fusione tra forme architettoniche, funzioni e scelte delle tecniche e dei materiali,
in relazione alla durata dell'opera." Cfr T. MANNONI, Conoscenza e recupero edilizio, in riv. Notiziario
di Archeologia Medioevale n° 53, Genova 1990, p. 3.
Introduzione p. 6
Ci si riferisce inoltre alla conoscenza del contesto, a quella della singolarità del
manufatto, a quella della complessità delle sue parti o dell'unità dell'opera…
Una disciplina che tenta di rendere conto di tale complessità é l'archeologia
dell'architettura, ma usare metodi archeologici per aumentare la conoscenza dell'edilizia
storica porta inevitabilmente a porsi domande attorno alla conservazione.
Innanzitutto perché molti dei segni che vengono letti sono in vari modi legati al
degrado o all'assenza di esso, e il degrado é di solito la molla che spinge ad intervenire, poi
perché, trovandosi spesso a pensare che un restauro poco felice ha distrutto informazioni
che sarebbero state molto utili alla comprensione si é portati a desiderare interventi più adatti
all'edificio in sè, in quanto problema unico, e alle materie di cui é fatto, in quanto risultato di
una lunga selezione culturale. 12
Passando per i saperi empirici
Infatti nel tentativo di approfondire la comprensione del costruito occorre diventare
capaci di leggere il sapere empirico con cui si ottengono i manufatti indagati.13
"Il 'saper fare' era, ed è, una capacità acquisita che, mediante una buona conoscenza
dei materiali, e delle risorse naturali più in generale, si preoccupa fondamentalmente di
migliorare in vari modi la qualità della vita propria e degli altri"14
Si tratta di un sapere "non descrivibile in forma intellettuale, ma derivato da un
lunghissimo accumulo di esperienza, imparato visualmente e manualmente con commenti
orali"15 che raggiunge lentamente un livello ottimale di resa, temprato dalla prova del tempo
sulle opere costruite.
Un genere di sapere, quindi che, pur non essendo ottenuto secondo i criteri della
scienza moderna, pure ad essa è in grado di svelarsi e che, pur avendo un'autonomia
limitata da talune condizioni ambientali, manifesta un profondo rigore: "nulla veniva fatto a
caso". 16
Inoltre è un sapere che va indagato con metodi specialistici, sia perché appartiene
alla storia ormai quasi tutto, essendo sfuggito al presente con l'interruzione quasi totale della
12
Sul concetto di selezione culturale cfr T. MANNONI, Metodi pratici ed attendibilità teoriche
delle ricerche archeologiche, in Atti del I Congresso nazionale di archeologia medioevale, Pisa 1997.
13 Un altro nome che si può usare per definire tale sapere è cultura materiale, non nel senso
di 'cultura della massa della popolazione', colorata di accenti ideologici, bensì in questo senso: "tutto
ciò che l'uomo sa fare è cultura; quando il saper fare richiede una conoscneza inevitabile dei dei
caretteri delle risorse naturali, connessa ad una manualità, la cultura diventa cultura materiale" Tiziano
Mannoni, Archeologia delle tecniche produttive, Genova 1994, p. 70.
14 T. MANNONI, Modi di costruire storici a Genova e nelle valli del Ceresio. Primi risultati di
una ricerca, in Magistri dʼEuropa, Atti del convegno, Como, 23-26 ottobre 1996, p. 486.
15 T. MANNONI, Archeologia… cit., p. 55.
16 Ibidem, p. 54.
Introduzione p. 7
sua continuità, sia perché, praticamente per definizione, non è espresso con il linguaggio, ma
con un insieme di gesti e parole.
I risultati di questo genere di ricerche non sono solo utili all'aumento della
conoscenza, 17 ma hanno anche conseguenze sul possibile atteggiamento nei confronti di ciò
che un edificio può dire di se stesso e di chi lo ha vissuto, una nuova ansia non tanto di tutela
quanto di rispetto, che comporta scelte progettuali da fare a partire da una mentalità che ne è
trasformata.
Un rischio da correre
Lo studio di questo sapere, infatti, segna una linea di demarcazione fra un approccio
che si potrebbe definire solamente 'esterno' al manufatto, basato solo sull'osservazione delle
logiche manifeste, (da cui probabilmente deriva la diffusa convinzione che l'archeologia
dell'architettura si identifichi con il metodo stratigrafico e che questo somigli ad una buona
osservazione svolta da un progettista consapevole), e il tentativo di render conto della
complessa realtà dell'oggetto: andando verso la conoscenza del sapere empirico che sta
dietro ad un certo rapporto fra forma e materia possiamo impostare più oggettivamente le
nostre interpretazioni di ciò che quella scelta progettuale del passato ci può dire dello spirito
con cui è stata fatta.
Questo approfondimento,18 opportunamente inserito in una sequenza cronologica,
produce una conoscenza che può essere anche utilizzata in modo pretestuoso, alla ricerca di
un periodo 'originale', anche se é evidente la contraddizione interna: nel riconoscere varie
fasi costruttive si sottolinea proprio il contrario, cioé la dignità e la ricchezza di significato di
ogni periodo attraversato dal manufatto e che vi ha lasciato il segno.
Un altro genere di errore possibile, in un certo senso più specifico di queste ricerche,
é la riproposizione di tecniche costruttive ormai desuete in modo che possano essere usate
per sostituire parti di edificio non rispondenti alle richieste progettuali o per inventarne altre di
nuove, con l'effettivo rischio di falso; evidentemente anche in questo caso il rimedio é interno
al rigore della ricerca: se é molto difficile riuscire a realizzare un frammento di saper fare,
questo sarà ricostruito piuttosto nella scelta dei materiali che non nella tecnica di messa in
opera, inoltre trovare tecniche d'intervento ben compatibili con l'esistente non equivale a
imitarlo.
17 E ciò accade anche se in alcuni ambiti disciplinari ancora non è ritenuto possibile, come si
può vedere ad esempio nel fatto che la domanda: “come conoscere e come interpretare quegli
orizzonti di sapere che si affidavano a tradizione ed esperienza e che ancora informano le opere che il
passato ci ha consegnato?” posta ad un convegno di Storia dellʼarchitettura tenutosi a Genova presso
la Facoltà di Architettura nel dicembre 1997, sessione Costruzione e conservazione, è rimasta molto
significativamente senza risposta.
18 Come del resto può succedere anche con l'approccio 'esterno' sopradescritto.
Introduzione p. 8
Potremmo quindi
assumere la ricerca della logica intrinseca e dei contenuti del
sapere empirico come criterio guida per quella pratica che ne difende le sue stesse
testimonianze; ma il processo che porta dalla conoscenza alla conservazione, e dalla
seconda alla prima, appare senza una fine evidente: l'oggetto conservato ci offre la
possibilità di
studiare il suo significato all'aumentare delle nostre capacità analitiche e
cognitive e di perfezionare le nostre capacità per la sua stessa conservazione; oggi non é
possibile intravedere l'arrivo di questo percorso perché, anche quando le ricerche scientifiche
ci spiegheranno tutte le leggi sottointese nel saper fare, non arriveremo mai a capire che
cosa intendevano gli empirici, uomini del passato, per sapere.
In questa linea mi pare si possano leggere anche queste considerazioni:
È presupposto, e possiamo dare per scontati i fondamenti che vi conducono, che
restauro, conservazione, comunque ogni atteggiamento di considerazione delle
testimonianze del passato comporti il riconoscimento del valore culturale
dellʼesperienza, della possibilità di relazione, della necessità della memoria.
Lʼoggetto non si conserva perché valore in sé, ma in quanto valore per lʼuomo,
testimonianza di pensiero anche quando diretto alla risoluzione di un problema
materiale, risposta pratica ad una circostanza puramente pratica, perché fonte di
pensiero, suscettibile di un uso che al livello materiale aggiunga quello della
riflessione mentale in rapporto a ciò che esso è stato, a quello che è in quanto è
stato.19
Procedere quindi con ricerche sul sapere costruttivo, a mio avviso e al di là del valore
puramente conoscitivo, é comunque 'un rischio da correre' poiché offre due vantaggi molto
importanti sul piano applicativo: una maggiore aderenza alla realtà del singolo manufatto nei
suoi processi costruttivi e una maggiore consapevolezza della quantità di informazioni che si
distruggono ad ogni piccolo intervento operato nella sostituzione o nella demolizione.20
Infatti intervenendo senza capire come é stato ottenuto l'edificio, nelle due chiavi di
lettura dei materiali e degli eventi, si aumentano molto la possibilità di recare danni e la
probabilità di eseguire interventi inutili.
A titolo di esempio si pensi alle conseguenze dei dubbi sulla qualità degli intonaci
antichi quando non si conosce il livello di perfezione tecnica che hanno raggiunto, oppure
sulla possibilità di un elemento strutturale di reggere la sua funzione dopo alcuni secoli di
prova del tempo, tanto per citare casi ormai molto noti ma ancora altrettanto attuali.
Ancora di più: si corre il rischio di confondere una tecnica di lavorazione, come può
facilmente accadere con una finitura superficiale, con un fenomeno di degrado o con un
vecchio trattamento di restauro, specialmente quando la si analizza con strumenti di
19
A. BELLINI, Dal restauro alla conservazione: dallʼestetica allʼetica, in Ananke, 19, 1997, p
21.
20
Lo stesso argomento, ruolo e colpevolizzazione della conoscenza nel cantiere di restauro
specialmente mediante esempi concreti, é affrontato da A. BOATO in Archeologia dell'Architettura, tra
conoscenza formazione e progetto, Atti del XIV Convegno Scienza e beni culturali "Progettare i
restauri" Padova 1998, cfr in particolare pp 233ss.
Introduzione p. 9
laboratorio e poi non si sappia interpretare il risultato: il contenuto, in termini di elementi, di
una preparazione a base d'olio vegetale e gesso e quello di una crosta nera non sono poi
così diversi.
E la domanda: “Perché si vogliono ossessivamente conservare tutte le tracce di un
passato che però, a sua volta, non badava tanto a rispettare i passati che lo avevano
preceduto?”21 trova una modalità di risposta nella constatazione che le trasformazioni e gli
adattamenti che da sempre sono stati fatti erano messi in atto nella continuità della
tradizione tecnica “e si sapeva cosa potesse e dovesse essere mantenuto, e cosa
cambiato”. 22
Eppoi noi non siamo nel passato…
21
22
B. PEDRETTI, La democrazia estetica, in: Il progetto del passato, Milano 1997, p. 10.
Cfr T. MANNONI, Conoscenza… cit., p. 3.
I documenti scritti: i due palazzi p. 1
2. I documenti scritti
Il palazzo di Paolo Gerolamo III Pallavicini
Paolo Gerolamo Pallavicino III, senatore della Repubblica nel 1723, e il padre,
GIuseppe II, "non si limitano a fare splendidi matrimoni, ma sono anche acuti gestori di
un patrimonio che cresce e si espande in tutta Europa. Le proprietà in Genova e
dintorni li elevano tra i maggiori proprietari terrieri della città e la loro correttezza spinge
molti stranieri ad affidar loro l'amministrazione degli investimenti genovesi e non solo.
L'unico figlio maschio di Giuseppe II, Paolo Gerolamo III, sposa nel 1705 Caterina
Imperiale Lercari q Domenico che reca con sé il palazzo di via Lomellini, il feudo di
Mombaruzzo e quello di Casalotto; ed il marchese sarà all'altezza di tanto patrimonio
sviluppandolo, migliorandolo, rendendolo sempre più produttivo e redditizio. Abbellisce
il palazzo di opere splendide, ora confluite nella raccolta Durazzo Pallavicini e la
famiglia si distingue per generosità e munificenza; trae beneficio da questa situazione
anche l'archivio che viene ordinato e ricondizionato con cura sotto l'occhio vigile ed un
poco maniacale di Paolo Gerolamo III."1
Forse il personaggio sarà stato troppo preciso per risultare gradevole, ma per chi
si avvicina alle sue carte come studioso egli possiede un fascino fuori del comune:
l'assoluta precisione con cui ha rivestito ogni singolo conto della sua fabbrica,
avvolgendolo con un ampio regesto, è una qualità che non passa inosservata. (Persino
i Durazzo, che per la loro villa hanno messo insieme un apparato documentario quasi
dieci volte più grande e comunque molto preciso, non raggiungono lo stesso livello di
simpatia, forse anche perché i loro affari in loco erano seguiti da intermediari.)
Dalla filza che raccoglie i documenti sui lavori al suo palazzo di "strada
Lomellina", sono tratti i regesti e le trascrizioni qui allegati, che riguardano il periodo tra
il primo giugno 1718 e il 6 marzo 1724. Alcune note provengono anche dalla
successiva filza 44, utili specialmente per le informazioni sulla manutenzione.
Non si è ritenuto di studiare anche l'ampliamento della fabbrica realizzato tra il
1756 e il '63, ad opera dei figli, descritto nei registri 63 e 64: si tratta di una fonte meno
dettagliata di quella precedente.
1
M. BOLOGNA (a cura di) Gli archivi Pallavicini di Genova, I Archivi propri, in Atti della
Società Ligure di Storia Patria, n. s. XXXIV, fasc. 1, Genova1994, pp 24-5, per notizie sui figli cfr
n. 54.
I documenti scritti: i due palazzi p. 2
Alcune note spese, tuttavia, sono rientrate nel lavoro, come quella del 31
dicembre 1763: Lista delle spese di fabbrica in Palazzo nel cadent'anno, Conto di
spese per la fabbrica di rimesse con stalla e altri appartamenti sopra d'esse nel cortile
vicino alla torre.
L'accorta gestione delle sue risorse (e di quelle della moglie) Paolo Gerolamo la
dimostra anche affittando l'"appartamento inferiore"2 già dal 1723, quando il cantiere
era forse appena terminato. Infatti è del 20 luglio 1723 il pagamento di £ 530 a
Giacomo Viano capo d'opera per l'assistenza fatta alla fabbrica (aveva già ricevuto un
acconto di £ 200 il 19 settembre 1720); si osserva inoltre che da esso vengono detratte
£ 170 per l'affitto della casa di Paolo Gerolamo stesso in Castelletto in cui abita,.
Altre unità archivistiche esaminate sono state la filza 20 dello stesso ramo
cadetto, che contiene copia di tutti gli atti rogati attorno alla proprietà del palazzo e di
tutte le parti (casette, caroggetti) acquistate nelle due fasi degli anni '20 e '50, con
questioni nei confronti dei Padri del Comune e dei Padri di san Filippo, e il registro 33
dello stesso ramo, che contiene l'elenco di tutti gli atti rogati per Paolo Gerolamo III,
oltre a quelli della filza 20, vi si trovano anche vari documenti commerciali: ad esempio,
per il palazzo, l'accordo con il trasportatore dei quadretti da Biserta.
Ciò che si sperava di trovare in queste unità archivistiche, e che avrebbe
arricchito ulteriormente la ricerca, era il capitolato d'appalto dei lavori; ma non se ne è
trovata traccia, neanche in qualche sondaggio all'Archivio di Stato. Alla luce degli studi
sui secoli precedenti questo fatto sembra inesplicabile, ma d'altronde, appare anche
molto poco probabile che un personaggio tanto preciso non abbia conservato copia, o
almeno indicazione, dell'eventuale atto di promissio fabricæ, o anche di un accordo
privato con il capo d'opera; l'ipotesi che ne può conseguire è che, in questo caso, ci si
sia regolati senza accordi scritti.
Un atto notarile, in questo fondo in copia, del 23 aprile 1718 descrive la
situazione su cui si interverrà con un estimo eseguito da Gio Antonio Ricca e da
Tomaso Lagomaggiore, ivi definiti capi d'opera, cioé al grado intermedio tra maestri
muratori e architetti nell'arte,3 tra i maggiori dell'epoca; vengono presi in esame il
palazzo della signora Caterina, e una casetta picciola sempre della stessa proprietaria.
2
Cfr filza 20 doc. 30, in cui è presente la descrizione dell'immobile appigionato.
Cfr L'attività edilizia di età moderna a Genova, in Argomenti di architettura genovese tra
XVI e XVII secolo, Istituto di progettazione, Facoltà di Architettura di Genova, 1995, parte 1: I
maestri muratori, I Padri del Comune, La normativa.
3
I documenti scritti: i due palazzi p. 3
Nell'estimo sono elencati tutti gli elementi che concorrono a formare il valore
dell'immobile secondo i criteri dell'epoca; dalla descrizione appare che il palazzo di per
sé ha già un notevole grado di dignità, su un perimetro di circa 80 metri e alto quasi 25
metri, con muri di facciata spessi circa 70 cm, sembra inoltre che l'edificio possegga
volte di materia per tre piani e volte di canne, in particolare a piano di sala queste sono
in parte a lunette in parte a padiglione con le cornici; nel calcolo dei pavimenti viene
specificato che logge e ballatoi hanno ottangoli di di ardesia e quadretti di marmo, il
piano di sala ottangoli e laggionetti di cotto, la galleria ha quadretti e altrove vi sono
chiappelle oppure mattoni come in cucina, secondo la consolidata tradizione cinqueseicentesca, 4 il tetto è assai buono, vi sono diverse finestre a poggiolo e alcune a
parapetto, una cappella di marmo e canali di rame sotto la gronda.
Anche la distribuzione interna corrisponde al palazzo di uno dei tanti magnifici
che hanno cambiato la fisionomia della citta tra cinque e seicento. Appare già, però, la
netta divisione tra appartamento inferiore e superiore, poiché, ad esempio, in ognuno
di essi vi è una cappella, anche se il secondo ha finiture un poco meno di lusso (l'altare
è di legno, in cucina vi sono trogli di chiappe e non di marmo).
L'acqua arriva alla cisterna attraverso canali di piombo che giungono da
Castelletto, il punto più elevato dell'acquedotto cittadino verso ponente.
Le scale maestre sono dotate di ben dieci colonne di marmo e dieci balaustrate,
salgono per 84 scalini larghi quasi due metri, e sono arrcchite da un niccio con figura,
forse quello visibile ancora oggi?
Il genere di lavori perciò riguarderà soprattutto l'annessione della casetta, la
decorazione delle facciate, il rifacimento degli infissi, il rinnovo di alcuni pavimenti e di
molte finiture interne, anche se non è facile stabilire, a partire dai lunghi elenchi di
materiali e lavorazioni, la loro stessa destinazione e definire perciò la reale entità
dell'intervento.
Prima dell'inizio dei lavori è stato necessario effettuare la consueta pratica presso
la Magistratura dei Padri del Comune nel caso di interventi che insistono su spazi
pubblici, e il 31 agosto 1719 Cipriano Lagomaggiore architetto della stessa
magistratura, esegue il sopralluogo ufficiale, in questo caso per il controllo della
4
Cfr A. BOATO - ATO ECRI, Il cotto nelle pavimentazioni genovesi dei secoli XVI e XVII,
in Atti del convegno "Superfici dell'Architettura: il cotto. Caratterizzazione e trattamenti", Padova
1992, pp. 247-256.
I documenti scritti: i due palazzi p. 4
sporgenza dei poggioli di marmo, che sono descritti e misurati: cinque al primo piano e
cinque al piano di sopra.
All'inizio del cantiere, e al secondo posto nella filza, troviamo la permissione dei
Padri del Comune per fare ponti e ripari alla casa di Paolo Gerolamo Pallavicino q
Giuseppe purché non stia gettito in terra più di hore ventiquattro e per rompere la
strada. Per deposito viene dato un cucchiaio d'argento alla genovese all'antica moda
segnato con marca G. F., debitamente reso il 13 aprile 1723, alla consegna del
permesso alla cancelleria dei Padri del Comune che per questo non è più accluso alla
filza stessa.
Nei registri 45 e 46, sempre del ramo cadetto, si trovano i conti delle finiture
artistiche del palazzo, da cui si evince che i muratori lavorano ai ponti interni e alla
preparazione dei muri persino 'scrostando per le pitture', i pittori dipingono (i loro
soggetti vengono descritti nel documento con tanto di protocollo di spiegazione con
testo a fronte in latino) e gli stuccatori incorniciano.
Già una studiosa di storia dell'arte ha esaminato le stesse carte, con l'intento di
approfondire l'opera di Domenico Parodi come pittore d'affreschi, in particolare nel
contesto più vasto del programma culturale che i committenti perseguivano in diversi
campi artistici. 5
A titolo di esempio notiamo che nell'aprile 1729 Carlo de Marchi di Faenza q Gio
Batta fa la cornice di stucco nella volta del salotto per il quadro in cui devesi dipingere
dal sig Domenico Parodi la scoperta delle Indie fatta dal Colombo, nell'agosto
interviene un pittore d'ornamenti fiorentino e nel febbraio del '30 uno bolognese.
In generale si può osservare che i dati provenienti dai documenti di questa
fabbrica sono risultati molto significativi di un momento di passaggio: la committenza,
raffinata e ricca, era sicuramente alla ricerca di quanto di meglio e di più moderno
poteva trovare, ma in alcuni aspetti non siamo ancora al livello d'innovazione della più
tarda villa Durazzo, come è possibile notare nello studio dei materiali e dei manufatti.
5
L. PICCINNO, Domenico Parodi e la colonia ligustica dell'Arcadia, in "Antichità viva",
anno XXXIV, nn 1-2, FIrenze 1995. L'argomento è stato ripreso da EZIA GAVAZZA - VAURO
MAGNANI, Pittura e decorazione a genova e in Liguria nel settecento, Genova 2000, p. 53.
I documenti scritti: i due palazzi p. 5
La villa Durazzo a Cornigliano
Giacomo Filippo II Durazzo, quinto marchese di Gabiano, finanziò con 50.000 lire
la realizzazione di Forte Diamante, eretto tra il 1756 e il 1758, uno dei tanti che sorsero
in quegli anni in risposta all'invasione Austro-sarda del settembre 1746.
Egli, ai primi posti delle liste della capacità contributiva,6 aveva grosse
responsabilità nel governo della difesa della città. Per questo motivo doveva aver
conosciuto, fin dal suo sbarco a Genova nel febbraio 1747, l'ingegnere militare
francese Pierre Paul de Cotte, e a lui aveva affidato il progetto della sua villa di nuova
costruzione a Cornigliano. Il suo disegno fu consegnato nel 1752,7 e il palazzo
realizzato, nella prima fase, entro una decina d'anni.
Tra il 21 novembre 1761 e il 3 giugno 1762 si è lavorato alla fabrica di mezzarie
(sopra li appartamenti verso levante). Nel corso del 1763 alla fabbrica nova delle
remise.
"La scelta di dotarsi per la villeggiatura di un edificio siffatto non può che essere
frutto di una riflessione assai consapevole e matura, non certo legata alle contingenze
del momento, nel quadro di un più ampio disegno familiare teso a ribadire un'immagine
di indiscutibile supremazia e grandeur."8
Il progetto, in ogni suo aspetto, tende a costruire "un autentico pezzo di Francia
in terra italiana,"9 ma pochissimo tempo dopo, a partire dal 1778, si intraprendono già
lavori per adattare l'edificio, in alcune sue parti, al nuovo gusto neoclassico, con l'opera
di Tagliafichi. Di questa fase, però, non sono segnalate fonti scritte utili a questa
ricerca. 10
Anche se Giacomo Filippo aveva già 79 anni all'epoca dell'inizio del cantiere
avrebbe vissuto in piena lucidità fino a 92, così da poter seguire la costruzione e
godere del risultato; oltre alla sua presenza incombente, nei documenti compaiono il
6
C. BITOSSI, "La repubblica è vecchia" pariziato e governo a Genova nel secondo
Settecento, Roma 1995, tav. 7, p. 77.
7 F. BONORA, Il palazzo Durazzo Bombrini in Cornigliano, un'architettura francese a
Genova, Genova 1991, pp 11-12, in cui si riportano tra l'altro le intestazioni dei disegni, ora
dispersi, eseguiti da Decotte per il progetto. Questo libro costituisce di per sé un intelligente e
completo inquadramento sulla fabbrica e in esso si trova la dettagliata segnalazione della
ricchezza delle filze consultate. A pp 68ss si trovano descrizioni dell'inizio del cantiere.
8 F. BONORA , Il palazzo Durazzo… cit., p. 17.
9 Ivi.
10 Ivi, p. 18, l'architetto stava ristrutturando anche il loro palazzo di città, e pp 136-8.
I documenti scritti: i due palazzi p. 6
figlio Marcello, Clelia sua moglie, a cui si attribuisce un grande peso nella decisione e
conduzione del progetto, la signora Manin insieme al marito Giacomo, nipote, Gio
Luca, Giuseppe (Giuseppino), e Ippolito suoi fratelli.11 Altri membri della numerosa
famiglia non sono citati nei conti qui esaminati.
È molto sovente menzionato, invece, il reverendo Angelo Aronio, che era
incaricato di sovraintendere alla contabilità della fabbrica e che aveva una sua stanza,
forse un mini-appartamento, nel complesso.
L'altra figura di rilievo del cantiere è Andrea Orsolino,12 il capo d'opera, colui che
paga tutti coloro che lavorano nel cantiere, ma soprattutto che sovraintende alla
costruzione, nel suo svolgersi quotidiano, il progettista, monsieur Decotte, sembra
avere un ruolo più distaccato, anche se lo troviamo alle prese con la scala nel 1754:
1754@ 24 maggio Conto di un compasso di ferro
Per un compasso di ferro di palmi 2 e che serve anche per squadra e deve servire
a monsieur Decotte per la scala £ 23.12
È già stato chiarito che lo scalone a sbalzo, del tutto nuovo per l'architettura
genovese, è stato concepito da Decotte, mentre quello, posteriore e molto famoso,
realizzato da Tagliafichi nel palazzo di città non ne costituisce l'esempio, semmai la
conseguenza; 13 con la lettura di questo documento l'ipotesi si rafforza ulteriormente.
L'ingegnere francese viene pagato per la sua opera pochi giorni dopo:
1754 a 12 giugno Ricognizione a monsieur Decotte
zecchini 100 di Firenze a £ 13.10 £ 1350
A lui, come agli estimatori, vengono inoltre pagati i pranzi, a questi ultimi vengono
serviti pane, vino del Monferrato, zuppa di piccioni, vianda grassa e magra, bollito di
vitella, bollito di pesce, zemino di seppia, arrosto di vitella, pesci fritti, frutta e insalata,
biscotti e formaggio; il fatto che, come sembra, abbiano mangiato tutto ciò in unico
pasto, sembra confermato dal conto del disnare di Decotte, in compagnia dell'abate
11
Ivi, pp 26-28.,
Cfr anche al capitolo su Genova nel Settecento. In F. BONORA, Il palazzo Durazzo…
cit., a p. 66, si osserva come l'importante progetto per l'ospedale di Pammatone, a lui affidato
dal 1758, non risenta per niente del gusto francese con cui aveva fino ad allora avuto a che
fare. In E. DE NEGRI, Il sestiere di Portoria: la fisionomia architettonica e gli interventi
dell'Ospedale di Pammatone e del Seminario, si riscontra che il suo nome compare, oltre che in
altri cantieri Durazzo, anche nell'ampliamento del palazzo Pallavicini in via Lomellini, nel 1758.
Risulta un Andrea Orsolino, abitante in vico dei Molini, console dei muratori milanesi nel
1740 ed impegnato nella prevenzione incendi per la sua zona già dal 1734, per cui al momento
del nostro cantiere doveva già avere una certa età ed una sicura esperienza. Cfr A. DECRI, La
presenza degli Antelami nei documenti genovesi, in Atti del convegno "Magistri d'Europa.
Eventi, relazioni, strutture della migrazione di artisti costruttori dai laghi lombardi", Como 1998.
13 F. BONORA , Il palazzo Durazzo… cit., pp 153ss.
12
I documenti scritti: i due palazzi p. 7
don Angelo, in cui si elencano tredici pasti, consumati tra il 3 e il 24 marzo 1755, tra i
piatti possiamo segnalare delle semplici ove nel piatto, minestre di broccoli, zuppa di
piselli, ma anche merluzzo fritto, bianchetti, nasello bollito, aragosta, razza, zuppa de
budegho.
Evidentemente l'interesse per questi conti non è soltanto anedottico, ma si
rivelano utili per testimoniare una presenza costante di Decotte nel cantiere, nel corso
di quel mese.
Si segnala inoltre che, ai fini di una ricerca di tipo attributivo oppure più in
generale sulle maestranze operanti in un siffatto cantiere, possono rivestire grande
interesse le lunghe liste dei lavoranti, che qui si è scelto solo di accennare, nel
tentativo di far fronte alla persino eccessiva quantità di documenti da analizzare.
Fra i nomi più noti - dei pittori parleremo nel capitolo sui colori - si segnalano lo
stuccatore Pietro Cantone, che nel 1766 viene pagato
per due modiglioni ne canti dun salotto nel palazzo di Cornigliano conpreso due
chiappe lavorate del scopelino per li sudetti modiglioni et due vasi alla Marina £ 28
deduzione £ 8
£ 20
un Pietro Cantone lavora al forte di S. Tecla con Decotte tra il 1747 e il 1774 ed è
padre di Simone.14
Le filze di conti esaminate, pur non essendo l'unica fonte documentaria che
riguarda la fabbrica, 15 è la più dettagliata ed estesa nell'indicazione di materiali,
manufatti e manifatture che concorrono all'esecuzione.
Vi sono infine da segnalare, per il particolare interesse, i moltissimi conti per il
giardino,16 che potrebbero proficuamente essere analizzati per la comprensione della
situazione dello stesso al momento della sua realizzazione, mentre, trattandosi di
materia viva, risulta molto difficile farlo a posteriori.
14 L. ALFONSO, Tomaso Orsolino e altri artisti di "Natione Lombarda" a Genova e in
Liguria dal sec. XIV al XIX, Genova 1985, p. 251.
15 La varietà di fonti è ben descritta nella scheda "L'archivio di cantiere" in F. BONORA , Il
palazzo Durazzo… cit., p. 85.
16 Cfr F. BONORA, Il palazzo Durazzo… cit..
I documenti materiali p. 1
3. I documenti materiali
Il palazzo Balbi Durazzo Reale
Su uno dei principali monumenti della città esiste già una copiosa letteratura, ma,
forse a causa di un tipico paradosso storiografico, per la sua fase settecentesca mancano
del tutto fonti documentarie. Non si dispera di rintracciare l'archivio della famiglia, ma
finora ogni ricerca è rimasta senza esito.
Tuttavia, osservando il manufatto, non mancano tracce materiali del periodo ed è di
queste che si occupa questa parte del lavoro.
Per quanto riguarda l'apporto dei documenti scritti si è ritenuto di tentare un
procedimento a ritroso, individuando gli interventi effettuati a partire dagli anni in corso e
fino a tutto il periodo sabaudo; (tutto ciò che si è potuto rintracciare è stato inserito nella
descrizione dei vari vani) le vicende della fondazione del palazzo, alla metà del XVII
secolo, sono già note, eliminando perciò dai dati materiali tutto quello che si può attribuire
a fasi precedenti o posteriori, almeno in alcuni casi fortunati dovrebbero emergere, per
contrasto, le ombre del XVIII secolo.
Si ritiene opportuno fornire qui soltanto un rapido schema delle principali vicende del
palazzo, rimandando alla bibliografia per ogni approfondimento storico-artistico.1
Cronologia:
1621 - sul lotto opere di fondazione del primo edificio dei Gesuiti (poi costruito di fronte)
1643 - progetto di costruzione nucleo centrale, committente Stefano Balbi
1650 - progetto di costruzione ala ovest, committente Gio Battista Balbi
1677 - vendita da Francesco Balbi a Cristoforo Centurione (a nome di Marcantonio Grillo)
1679-1823 periodo Durazzo
1682-1689 ampliamento da parte di Eugenio Durazzo: ala est
1707 - un compromesso per questioni di eredità dice che Gerolamo può "terminare a sue
spese la fabbrica del cortile e portone del palazzo, di raggiustare l'appartamento
superiore e il teatro, di gettare a terra, e rifabbricare le case di Pré come più gli
piacerà" ivi sono citate anche una galleria nuova e una vecchia.
1709 - eredita la sua parte anche il cugino Gio Luca (madre Balbi)
1740 - muore Parodi: finisce un periodo di lavori?
1
In particolare al recente e completo L. LEONCINI (a cura di) Palazzo Reale di Genova. Studi
e restauri 1993-94, Genova 1997, ed alla sua bibliografia. A pp 45ss vi sono narrate le vicende qui
riassunte.
I documenti materiali p. 2
1747 - la proprietà si riunifica con Marcellino e Manin (cugini)
1767-1769 dogato di Marcellino: trasformazioni?
1791- eredita Gerolamo
1824 - fase Savoia
1840circa - sala delle udienze, camera e bagno del re
1860-1919 - abbandono e declino
1919-1946 - cessione allo Stato italiano, fondazione del museo, insediamento di uffici fra
cui la Reale Soprintendenza ai Monumenti della Liguria
1950 trasformazioni del secondo piano nobile da appartemento a museo
Lo studio si è limitato alle osservazioni possibili sul secondo piano nobile per alcuni
motivi: prima di tutto per la funzione attuale di tale piano, che diventa una particolarità
dell'esperienza svolta laddove ogni oggetto fa parte d'un museo; poi per la vastità
dell'edificio nei confronti dell'approfondimento reputato necessario per il corretto progredire
della ricerca. Il piano è però già di per se molto significativo perché in esso vi sono
rappresentate tutte le fasi della storia dell'intero palazzo e sono in un certo senso messe in
mostra, mentre altrove esigenze diverse hanno occultato, se non cancellato molte
informazioni…
Si è proceduto, in prima fase, ad una sistematica osservazione degli elementi
presenti in ogni vano, osservando da subito come i più ricchi di informazioni, anche a
fronte del fatto che sono oggetti poco studiati, siano i serramenti.
Si è così costituita la lista delle cose che sembrano significative: in un primo
momento è sembrato opportuno descrivere e fotografare, segnalando ogni dissomiglianza
da elementi apparentemente simili; non si può sapere a priori infatti quale misura o forma
o materiale possa contenere un'informazione cronologicamente significativa.
Si è così costituito un abaco contenente tutti i diversi generi di elementi individuati:
Cornici di porte, Ante di porte, Cardini di porte, Parpaglioni, Paletti e serrature,
Profilo dei listelli delle ante a vetri e anta degli scuri, Cardini di finestre, Paletti e
mazzacavalli, Parpaglioni, Serrature, Naselli delle spagnolette, Mastietti (degli
scuri), Anelli del tondino.
Non si è ritenuto di poter procedere anche ad osservazioni su alcuni dati quali le
persiane, la forma delle battute delle finestre, i vetri e le doppie finestre per non aprire le
stesse e causare problemi al museo.
I documenti materiali p. 3
Le persiane potrebbero costituire comunque un buon tema di ricerca a sé, non
essendo ancora chiaro il periodo della loro introduzione ma si ritiene che sarebbe più
proficuo un lavoro su più edifici, per allargare la casistica in modo più significativo.
In secondo luogo si è provveduto a localizzare i dati in modo da poterli agevolmente
mettere a confronto tra di loro e con la storia del palazzo, si è così costituita una sorta di
descrizione, vano per vano, dell'intero piano in cui sono state inserite le notizie e i
documenti
d'archivio
rintracciati
mediant
eun'apposita
ricerca
nell'archivio
della
Soprintendenza.
Le informazioni così raccolte e ordinate sono state studiate in modo da poter
aggiungere alla descrizione di ogni sala una nota che contiene le osservazioni possibili
sulla base di questi dati.
Per i dati di porte e finestre si sono quindi redatte due tabelle, per poterli rendere più
maneggevoli e confrontabili, affiancandovi una prima datazione proposta, che costituisce
un primo risultato di tutta questa operazione.
Descrizione secondo piano nobile palazzo Balbi Durazzo Realep . 1
Descrizione secondo piano nobile palazzo Balbi Durazzo Reale
Riferimenti:
guida: LUCA LEONCINI, Galleria di Palazzo Reale,
Genova 1996
(Guide ai musei di Genova),
Documenti dall'Archivio Storico della Soprintendenza ai Beni Architettonici e
Ambientali della Liguria, Fondo Real Casa:
i testi qui riportati sono liberamente estratti dai lunghi elenchi originali
inventario 1816 - Relazione e estimo
premetto che nel prezzo del palazzo infraspiegato sono compresi tutti gl'infissi
che ne fanno parte, come sarebbero tutte le balaustrate di marmo e soglie delle
finestre e delle terrazze, i tubi di piombo, e di rame internati ne' muri, e le vasche
di marmo, di pietra e di cotto, che ricevono l'acqua dai tubi sudetti, i canali delle
gronde, ogni sorta di lastrico, e di battuto, ancorché di lusso, gli ornamentii ed
intagli in plastica dipinti e dorati, intagliati sui muri, e sulle voltz, tutte le pitture
indistintamente formate sulla superficie dei muri, gli stipiti delle porte e finestre
in marmi, ed in lavagna, oppure di cotto, gli ornamenti in mamri di camini, e
generalmente tutto ciò che resta specialmente indicato…
inventario 1823 - Nota dei quadri, pitture, sculture ed oggetti d'arte esistenti nel Palazzo proprio del
signor Marchese Marcello Durazzo Gentiluomo di Camera di S. M. posto lungo
la strada Balbi in Genova
inventario 1830 - Inventario del Real Palazzo di Genova
inventario 1844 - (Inventario del Real Palazzo di Genova) nb: in questo periodo il re studiava nella
camera d'angolo e usava il bagno dietro a camera sua
inventario 1854 - (Inventario del Real Palazzo di Genova)
inventario 1877 - (cfr l'originale a Torino)
inventario 1925 - si limita alla galleria, in questo anno infatti viene istituto il museo.
inventario 1933
inventario 1950 - redatto da Ceschi, si limita agli arredi mobili, di cui peraltro molti verranno depennati
dopo il 1968 perché "non artistici".
inventario 1981 - redatto da Ciliento
pratiche recenti - notizie di restauri
Abbreviazioni:
Le porte e le finestre sono nominate con un P o una F e un numero come da figura
seguente; gli elementi che le compongono hanno una sigla che corrisponde all'abaco
degli elementi in questo modo:
PORTE
Cornici delle porte M
Ante delle porte AP
Cardini di porte CP
Parpaglioni PP
Paletti e serrature SP
FINESTRE
Profilo dei listelli delle ante a vetri e anta degli scuri AV
Cardini di finestre CF
Paletti e mazzacavalli PF
Parpaglioni PpF
Serrature SF
Descrizione secondo piano nobile palazzo Balbi Durazzo Realep . 2
Naselli delle spagnolette SN
Mastietti (degli scuri) SM
Anelli del tondino AT
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
M
1
marmo bianco e grigio della zona di Carrara
architrave con giunto orizzontale e profilo scolpito
immagini di rilievo p 30 e foto p60
M
2
legno, dipinto a imitazione di marmo,
presente nel bagno della regina
immagini di p27
M
3
legno dorato,
sala del trono
immagini di
p.1
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
M
4
legno
immagini di p24
M
5
legno
immagini di p65
M
6
marmo
immagini di p48
p.2
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
M
7
legno dipinto bianco e oro;
il motivo è raddoppiato di fronte, nell'imbotte è ripreso il decoro
immagini di p32
M
8
marmo, con doratura di alcuni profili
tipica della sala daballo
immagini di
AP
1
sistema della riduzione della luce con anta unica apribile in
pannello più grande fissato alla cornice mediante parpaglioni, di
spessore cm 3,5±4, rivestito di stoffa
immagini di p43, retro di p 37
p.3
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
M
9
stucco
immagini di p17 e p18
AP
2
salotto aurora, sopra pannelli grandi, sotto pannelli piccoli
immagini di P9
AP
3
sopra pannello grende, sotto pannelli piccoli
immagini di P1
p.4
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
AP
4
cinque pannelli, decorazione oro su fondo bianco, la parte interna (che
aperta resta nello spessore del muro verso di esso) (cm 110 da vano a
vano, in questo stanzino c'è una parete con distacco di profilo di
apertura) presenta la stessa pannellatura con le stesse cornici ma
senza decori applicati e con un colore meno chiaro e brillante
immagini di P32 e P33, spessore max cm 4;
AP
5
pannello a muro, con listello intermedio, dipinto o tappezzato
come le pareti
immagini di P50 e P20
AP
6
P15 e P14, rispetto agli ap9:
hanno entrambe una decorazione più semplice di cornici dorate
anche verso l'interno per presentare un bel verso quando aperte
immagini di P15
p.5
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
AP
9
su una superficie piana sono applicate cornici intagliate di varia
forma, il retro varia, ma in alcuni casi non è visibile
immagini di P1 e P61
AP
10
a muro, coperta di tela ? dipinta come le pareti
cfr anche 57,58 (con retro diverso),71,
può essere unica, o a doppia anta
immagini di P45 e P11
AP
11
un retro possibile di una AP10, con tre traverse orizzontali da
parte a parte e due montanti sottili, cornicetta nella parte alta
immagini di P58
p.6
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
AP
12
pannello superiore con vetro opaco con aquila
immagini di
AP
p24
13
l!anta in alto ha sagoma curva
immagini di p65
AP
13retro
il pannello sagomato si presenta in rilevo, applicato sul retro,
mentre la porta ha struttura indipendente da esso
immagini di p65
p.7
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
AP
14
pannelli a specchio
immagini di p59
AP
15
immagini di p21
AP
16
faccia interna delle porte del salone da ballo; esiste il dubbio se
sono fatte apposta per il salone o se ricavate da precedenti,
magari con semplice dipintura
immagini di porte sala da ballo
p.8
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
M
10
stucco
immagini di rilevo di p46 e foto f58 (imita porta)
M
11
immagini di p25 e p22
CP
1
in un sistema di uscio a sdrucciolo, cardine inferiore piegato a
collo d'oca, con bandelle sagomate a cinque viti
immagini di p31
p.9
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
CP
2
in un sistema di uscio a sdrucciolo, cardine superiore a spina
sagomata, con bandelle trapezie a quattro viti tonde e un occhio
per parte
immagini di p30
CP
3
in un sistema di uscio a sdrucciolo, cardine inferiore piegato a
collo d'oca con spina sagomata sopra
immagini di P36
CP
4
in un sistema di uscio a sdrucciolo, cardine superiore a spina
sagomata sotto e sopra
immagini di P36
p . 10
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
CP
5
a spina sagomata con due anelli, molto sottile
immagini di P24
CP
6
a bilico in alto e in basso (la battuta è tonda e l'effetto è quello di
nasconderli a porta aperta) con tre elementi tondi oggi non in
opera (ne resta uno nascosto nell'apposito vano ricavato nello
spigolo del muro e adiacente al retro della cornice)
immagini di P32
CP
7
immagini di P20
p . 11
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
CP
8
bandella lunga con occhio e arpione a muro (con interposta
rondella) lavorazione superficiale (nascosta):
immagini di p1
CP
9
pivots (cfr anche P71)
immagini di P58
CP
10
pivots come P52, P53, P44, P54, P55, P56
immagini di p44
p . 12
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
CP
11
inferiore di sistema a sdrucciolo
immagini di p21 chiuso, p19 aperto
PP
1
lobato
immagini di P31
PP
2
rettangolare
immagini di P31 e P30
p . 13
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
PP
3
triangolare
immagini di p30
SP
1
scatola di ottone a cricca, mandata e piccola sicurezza; con
coperchio (o solo mostrina?) sagomato a { e maniglia ovale
allungata e toppa da una parte; e maniglia, toppa, sicura quattro
viti e meccanismo coperto dall'interno e 11 in cui la bocchetta
cava fissata con due viti; le viti sono tutte a testa tonda in rilievo.
immagini di p30
SP
1bis
Dotata di una chiave solo interna con stanghetta a sez quadrata
e una sicura azionata da un meccanismo sottostante la
serratura.
immagini di p31
p . 14
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SP
2
entro lo spessore, con cricca e mandata, maniglie assai
elaborate
immagini di p34
SP
3
maniglia di legno, meccanismo in piccola scatola, catenella
immagini di p24
SP
4
piccola mandata di sicurezza
immagini di p24
p . 15
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SP
5
maniglietta a doppio collo di cigno e toppa laterale
immagini di p32
SP
6
paletti a scomparsa nello spessore del serramento in alto e in
basso dell'anta che si chiude prima; cfr anche p65
immagini di P32
SP
7
scatola applicata, fermata da cinque viti a testa tonda, con
scudetto copriforo
immagini di p20
p . 16
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SP
8
SP8a e SP8b scatola inserita nello spessore del serramento e
dipinta, in P15 presenta due maniglie diverse; anche in P65, ma
la maniglia diversa e! ancora diversa; pomo (d'ottone?) lavorato
a guisa di foglia accarticciata (pellaccia?) e toppa analoga cfr
P52, P53, P44, P54, P55, P56
immagini di p15
SP
9
cricca ad anello sagomato
immagini di p66
SP
10
piccolo paletto di sezione piatta e mostrina sagomata
immagini di p66
p . 17
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SP
11
pomo d'ottone ovato che aziona la cricca
immagini di p 11
SP
12
cfr p9 pomo d'ottone tondo e chiave separata
immagini di
SP
15
scatola applicata che funziona con la sola chiave cfr P58 e P71
immagini di P58
p . 18
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SP
16
ingegno d'apertura dalla scala: internamente si agisce su n
acricca più alta di quella esterna, ma un ferro le collega e le
aziona entrambe
immagini di p18
SP
17
maniglia con rosone
immagini di p27
SP
18
piccola maniglia lavorata
immagini di P62
p . 19
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SP
19
tipica della sala da ballo, presenta analogie con SP1, ma qui è
contenuta nello spessore del legno e vi è aggiunta una serratura
da chiave con piccola toppa separata (con scatola diversa)
immagini di p44
SP
20
immagini di P41
SP
21
mazzacavallo con terragnina
immagini di P41
p . 20
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
CP
12
bandella con allargamento finale
immagini di P41
1
PORTE
Cornici delle porte M
Ante delle porte AP
Cardini di porte CP
Parpaglioni PP
Paletti e serrature SP
immagini di
2
FINESTRE
Profilo dei listelli delle ante a vetri e anta degli scuri AV
Cardini di finestre CF - Paletti e mazzacavalli PF
Parpaglioni PpF - Serrature SF- Naselli delle spagnolette SN
Mastietti (degli scuri) SM
Anelli del tondino AT
immagini di
p . 21
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
AV
1
profilo tondo
giunzioni a filo
immagini di rilievo F16
AV
2
profilo tondo con giunzione lunga
nel bagno del re sul serramento esterno
immagini di f73
AV
3
profilo dello specchio basso (nel caso di portafinestra) di legno a
pannello a rilievo centrale
immagini di rilievo sala del trono, foto f18
p . 22
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
AV
4
sezione e battuta dello scuro
immagini di scuro f60
CF
1
arpione semplice e bandella trapezia a tre viti,
il vano di alloggiamento nel telaio fisso è più ampio verso l'alto,
per consentire lo smontaggio
immagini di F16
CF
2
con doppia pigna, tre anelli, bandella verticale;
potrebbe essere quella denominata dai documenti
francese”?
immagini di f18 e f 74
“alla
p . 23
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
CF
3
bandella trapezia a quattro viti, immorsamento con tre anelli di
cui due esterni sulla parte che va sull'anta e uno sul telaio, fissati
da una spina (con pigna)
immagini di scuri F18
CF
4
sopra e sotto pivots
immagini di rilievo f1
CF
6
inferiore e superiore a pivot, centrale a spina
immagini di f23
p . 24
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
CF
7
bandella trapezia a quattro viti immorsamento con tre anelli di
cui due esterni sulla parte che va sull'anta e uno sul telaio, fissati
da una spina (con pigna)
si distingue da CF3 per la posizione delle viti
immagini di scuri F24
CF
8
bandella inferiore e superiore a L con sagoma finale e bandella
intermedia verticale con stessa sagoma, cinque viti a testa
tonda, tre anelli, spina rozzamente sagomata.
immagini di f14 cf8a (centrale) f13 cf8b (inferiore)
CF
9
molto simili a CF1 ma con quattro viti
immagini di
scuri F14
p . 25
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
CF
10
bandella lunga, con snodo, con termine sagomato, incisioni
immagini di scuri F48
CF
11
(molto simile a cf2): alla francese?? con al posto della doppia
pigna lavorazione a balaustro superiore e inferiore, tre anelli,
bandella verticale ??
immagini di f48
CF
12
immagini di F63
p . 26
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
CF
13
immagini di scuro f60
AV
5
molto somigliante ad AV3 ma non identico, presente nella sala
da ballo; la figura sopra si riferisce al profilo del pannello
inferiore, quella sotto alle traverse.
immagini di f71
CF
16
come CF11 ma più semplice, in basso e in alto pivots
immagini di
p . 27
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
CF
17
scuri sala da ballo
immagini di
PF
1
cfr scuri di F14, il tondino ha sezione rettangolare, maniglia
rotonda, parte piatta sagomata (un po' come CF8)
simili a pf8
immagini di p37
PF
2
posizionato in basso
immagini di scuri F48
p . 28
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
PF
3
mazzacavalli con terragnina
immagini di scuri F48
PF
5
mazzacavalli con terragnina di fil di ferro e anello a balaustro
immagini di f63
PF
6
paletti inferiori
immagini di scuri f63
p . 29
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
PF
7
annegati, presenti, in questo caso, solo da una parte (perchè
sono tenuti dalla battuta ad incastro)
immagini di scuri F60
PF
8
ferro a sezione quadra, scontro sagomato
simili a pf1
immagini di f65
PpF 1
immagini di f16
p . 30
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SF
1
spagnoletta con anelli a forma ovata e maniglia cava a lira con
pomo d'ottone
bagno del re
immagini di f16
SF
2
presente in scuro F25 e F24
immagini di scuro F24 e rilievo di F63
SF
3
spagnoletta con pomo piatto d'ottone con sagome, parte piatta
piena; anelli del tondino a filo con esso e a sezione ovale Nel
caso dello scuro, per risolvere l'aggancio a terra che risulta
impossibile, il tondino non arriva a terra ma possiede una
piattina per far forza sull'anta opposta
immagini di scuro di f18, f18
p . 31
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SF
4
salotto aurora
immagini di rilievo f1
SF
6
scuri del bagno della regina: anello a filo su entrambe le ante;
quando sono aperti una cricca li fissa entro il telaio che
incornicia il vano
immagini di f15
SF
8
somiglia molto a SF1, ma variano alcuni piccoli particolari,
specialmente le dimensioni dei riccioli che qui sono più
aggraziate
immagini di f14
p . 32
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SN
1
sala udienze e stanzedel re
immagini di f18
SN
2
vedi scuro f18
immagini di
SN
3
salotto aurora
immagini di F1
p . 33
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SN
4
sala del trono A
immagini di f25
SN
7
sala del trono B
nelle stanze del duca ha leggere differenze di decorazione
immagini di
SN
F24
8
immagini di F63
p . 34
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SM 1
a braccio lungo e trapezoidale
immagini di scuri f 18
SM 2
scuro F6
immagini di
SM 3
immagini di scuro F63 e f64
p . 35
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SM 4
scuro F60
immagini di
AT
1
sagomati in modo da non sporgere dal profilo del tondino ai
bordi e poi si allargano come a balaustrino semplice
immagini di F18
AT
2
sagomati in modo da sporgere dal profilo del tondino ai bordi e
hanno profilo a balustrino doppio con toro centrale.
Simili a quelli raffigurati nell!Enciclopedie.
immagini di F23
p . 36
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
AT
3
sagomati in modo da non sporgere dal profilo del tondino ai
bordi e hanno profilo ovato
immagini di f14
SF
9
immagini di f48 (restauro recente) e finestra dipinta
AP
17
un retro possibile di ap9, con cornice interna e pannello interno
entrambi in rilievo
immagini di p18
p . 37
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SF
5
sala del trono, combinato con diversi naselli
immagini di f25
CP
13
sec XX, resta da trovare traccia dell!intervento
immagini di P64
AP
18
pannelli a specchio solo superiori
immagini di p23
p . 38
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
AP
18retro
immagini di p23
PF
18retro
immagini di f74
PF
10
immagini di f72
p . 39
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SF
10
anello per tirare
immagini di f72 e f 73
PF
11
immagini di f73
PF
12
ferro a sezione semicircolare, in basso (o in alto) rettangolare,
che scorre in bocchette avvitate
immagini di f71 e scuri
p . 40
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SF
11
piccolo ferro morto interno, con placca a filo del montante
immagini di f71
SP
23
scatola con maniglia interna
immagini di p45
CP
14
evidente sostituzione di una cp12 con questa bandella verticale
immagini di P45
p . 41
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SP
24
paletto tondo con finitura a riccio per l!impugnatura
immagini di p45
SP
25
immagini di p45
AP
22
fronte: tavolato liscio dipinto e retro senza cornicette e con
montanti continui
immagini di P45
p . 42
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SF
13
immagini di scuri della sala da ballo
PF
13
immagini di scuri sala da ballo
SP
14
pomo d!ottone (?) con stemma Savoia
immagini di
p . 43
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
SF
12
immagini di finestre atrio
CP
15
a sdrucciolo, più piccoli e semplici di quelli delle stanze del re
immagini di P 27
AP
19
versione di ap9 con la parte superiore dell!anta a sagoma curva
P63, P64, P65, P67
immagini di P65
p . 44
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
AV
6
a quattro pannelli incorsati
immagini di scuro f63
AV
7
fissato sull!anta a vetro
immagini di scuri sala da ballo
AV
12
tre riquadri con il retro a filo e battuta bf2
immagini di scuri F15 e F14
p . 45
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
AV
9
a sette pannelli incorsati
immagini di f23
AV
10
a riquadri applicati, retro piano
immagini di f 48
AV
11
A quattro riquadri applicati su ogni parte, con anta inginocchiata
e battuta tonda interna, a quarto di cerchio in mezzo.
Retro liscio
immagini di f 17
p . 46
Abaco elementi serramenti secondo piano nobile pal. Reale
M
12
parte integrante del serramento
immagini di p19 e p21
SN
6
immagini di f14
p . 47
porte
p1
p1
p2
p2
p3
p4
p5
p6
p6
p7
p8
p9
p10
p11
p12
p13
p13
p14
cornice
ante
cardini
serrature
paletti
m1
m8
m1
m1
m1
affresco
m1
m1
ap9
ap3
ap9
ap16
ap3
ap1
nuove
nuove
nuove
ap1
cp8
sp1
cp8
sp1
sp19
sp6
sostituiti?
sp6
m1
ap2
ap10
ap11
assente
cp9
bandella ing
cp7
sp12
pf1 (retro)
toppa
sp11 e toppa
ap1
ap6
cp3 e cp4
cp10
sp2
sp8a e b
m1
affresco
m3
m1
cp10
nuova
no
no
datazione
proposta
XVII-XIX
XVII-XVIII
XVII-XIX
XIX
XVII-XVIII
XIX
XX
XX
XX
XX
XIX-XX
XVII ?
XX
XVII-XIX
XIX
XVIII
p15
p16
p17
p18
P19
p20
P21
p22
p23
p24
p25
p25
p26
p27
porte
p28
p29
p30
p31
m1
ap6
assente
ap9
ap9
ap15
ap5
ap15
assente
ap18
ap12
cp10
cp10
cp5
sp19
sp3 e sp4
ap18
ap10
ap1
cp10
sp19
m2
cp15
sp17
no
cornice
ante
cardini
serrature
paletti
XVIII
XIX
XVIII ??
datazione
proposta
m1
m1
assente
assente
ap1
ap1
cp1 e cp2
cp1 e cp2
sp1
sp1
no
no
XIX
XIX
m9
m9
m12
m12
m11
m11
m4
m1
m11
cp10
cp10
cp11
cp7
cp11
sp8a e b
no
XVIII
sp16
no
no
XVIII
XVIII
XIX?
XIX?
XIX?
solo segni
XVIII
XX
sp7
p32
p33
p33
p34
p35
p36
p36
p37
p37
p38
p39
p40
p41
p41
p42
p43
p44
p44
p45
p46
p47
m7
m7
m3
m3
m3
m3
m1
m3
m8
m3
m8
m8
m8
m8
m8
m8
affreschi
m1
m10
ap4
ap4
ap1
ap1
ap1
ap1
assente
ap1
ap16
ap1
ap16
ap16
ap16
ap22
ap16
ap16
ap16
ap9
ap10
assenti
ap14
cp6
cp6
cp3 e cp4
cp3 e cp4
cp3 e cp4
cp3 e cp4
resta arpione
cp3 e cp4
cp10
cp3 e cp4
cp10
cp10
cp10
cp12
cp10
cp10
cp10
sp5
sp5
sp2
sp2
sp2
sp2
sp2
assente
sp2
murata
sp19
sp19
sp20
sp19
sp19
sp19
cp14
sp23
resta arpione
cp10
sp9 e sp1
sp6
sp6
no
no
no
no
restano fori
no
no
sp6
sp6
sp21
sp6
sp6
sp6
sp24 e sp25
segni fori
sp6
XIX
XIX
XIX
XIX
XIX
XIX
XVII-XVIII
XIX
XIX
XIX
XIX
XIX
XIX
XVII-XVIII
XIX
XIX
XIX
XVII ?
XIX
XVII-XVIII
XVII-XVIII
Profilo dei listelli delle ante a vetri e anta degliCardini
scuri di finestre CF - Paletti e mazzacavalli PF
Serrature SF - Naselli delle spagnolette SN Mastietti (degli scuri) SMAnelli del tondino AT
finestre
bf1
bf2
scuri
ante
f1
f2
f4
f5
f6
f7
f8
f9
f10
f11
f12
f13
f14
f15
f16
f17
f18
f19
f20
f21
f22
.2 è ord. secondaria
.piv son pivots
cardini
av2.2
cf4.piv
uscita di sicurezza
av2.2
cf8a.piv
av2.2
cf8a.piv
av2.1 csegni cf8a.piv
av2.1 csegni cf8b.piv
av2.1 csegni cf8b.piv
av2.1 csegni cf8b.piv
av2.1 csegni cf8b.piv
ovale
ovale
av2.1 csegni cf8
av2.1 csegni cf8
uscita di sicurezza
av1.1
cf1
av1.1
cf2
av1.1
cf2
av1.1
cf2
av1.1
cf2
av1.1
cf2
av1.1
cf2
serraggio
sf4 e sn3 e at2
sf4 e sn3 e at2
sf4 e sn3 e at2
sf8 e sn6 e at2
sf8 e sn6 e at2
sf8 e sn6 e at2
sf8 e sn6 e at2
sf8 e sn6 e at2
sf8 e sn6 e at3
sf8 e sn6 e at3
sf1
sf3 e sn1 con at1
sf3 e sn1 con at1
sf3 e sn1 con at1
sf3 e sn1 con at1
sf3 e sn1 con at1
sf3 e sn1 con at1
datazione
proposta
ante
cardini
serraggio
paletti
XVII-XIX
XX
XVII-XIX
XVII-XIX
XVII-XIX
XVII-XIX
XVII-XIX
XVII-XIX
XVII-XIX
XVII-XIX
XVII-XIX
XX
XIX
XIX
XIX
XIX
XIX
XIX
XIX
no
no
av12 e bf1
av12 e bf1
av12 e bf1, sm
av12 e bf1
av12 e bf1
av12 e bf1
av12 e bf1
no
no
av12 e bf1
av12 e bf2
av12 e bf2
no
av11
av11
no
no
no
no
arpione
arpione
cf9
cf9
cf9
cf9
cf9
cf9
cf9
no
no
no
no
no
no
no
pf1
pf1
pf1
pf1
pf1
pf1
pf1
cf9
cf9
cf1
no
no
sf6
pf1
pf1
no
cf3 e sm1
cf3 e sm1
sf3 corto e sn2
sf3 corto e sn2
no
no
f23
f24
f25
f26
f27
f28
f29
f30
f31
f32
finestre
f33
f34
f35
f36
f37
f38
f39
f40
f41
f42
f43
f44
f45
f46
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
cf6
cf6
cf6
cf6
cf6
cf6
cf6
cf6
cf6
cf6
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn7 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn4 con at2
XVII-XVIII
XVII-XVIII
XVII-XVIII
XVII-XVIII
XVII-XVIII
XVII-XVIII
XVII-XVIII
XVII-XVIII
XVII-XVIII
XVII-XVIII
av9
av9
av9
no
no
no
no
no
no
no
scuri
cf7
cf7
cf7
sf2 con sn8 e at2 no
sf2 con sn8 e at2 no
sf2 con sn8 e at2 no
ante
cardini
serraggio
datazione
proposta
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
av2.2
cf6
cf6
cf6
cf6
cf6
cf6
cf6
cf6
cf6
cf6
cf2
cf2
cf2
cf2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn7 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf5 e sn4 con at2
sf9 e sn7 con at1
sf9 e sn7 con at1
sf9 e sn7 con at1
sf9 e sn7 con at1
ante
cardini
serraggio
XVII-XVIII
XVIII
XVIII
XVIII
XVIII
XVIII
XVIII-XIX
XVIII
XVIII
XVIII
XVIII-XIX
XVIII-XIX
XVIII-XIX
XVIII-XIX
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
paletti
f47
f48
f49
f50
f51
f52
f53
f54
f55
f56
f57
f58
f59
f60
f61
f62
f63
f64
f65
f66
finestre
f67
f68
f70
f71
av1.2
cf11
av1.2
cf11
av2.2
cf2
av2.2
cf2
av2.2
cf2
av2.2
cf2
av2.2
cf6
av2.2
cf6
av2.2
cf6
av2.2
cf6
av2.2
cf6
av2.2
cf6
av2.2
cf6
av2.2
cf6
av2.2
cf6
av2.2
cf6
av1.2
cf6
av1.2
cf6
uscita di sicurezza
av2.2
cf6
sf9 e sn7 con at1
XIX
sf9 e sn7 con at1
XIX
sf9 e sn7 con at1
XVIII-XIX
sf9 e sn7 con at1
XVIII-XIX
sf9 e sn7 con at1
XVIII-XIX
sf9 e sn7 con at1
XVIII-XIX
sf5 e sn4 con at2
XVIII
sf5 e sn4 con at2
XVIII
sf5 e sn4 con at2
XVIII
sf5 e sn8 (sn5 rotto) at2 XVIII-XIX
sf5 e sn4 con at2
XVIII
sf5 e sn4 con at2
XVIII
sf5 e sn4 con at2
XVIII
sf5 e sn8 con at2
XVIII
sf5 e sn4 con at2
XVIII
sf5 e sn4 con at2
XVIII
sf2 e sn8 con at2
XIX-XX
sf2 e sn8 con at2
XIX-XX
XX
sf5 e sn4 con at2
XVIII
av10
av10
no
no
no
no
no
no
no
no
no
imita una porta
av4
av4
no
no
av6
av6
av6
av6
scuri
cf10
cf10
ante
cardini
serraggio
datazione
proposta
av5.2
av5.2
av5.2
av5.2
cf16.piv
cf16.piv
cf16.piv
cf16.piv
pf12 e sf11
pf12 e sf11
pf12 e sf11
pf12 e sf11
XIX-XX
XIX-XX
XIX-XX
XIX-XX
no
no
pf2 e pf3
pf2 e pf3
cf12 com sm3 no
cf12 com sm3 no
pf7
pf7
cf12 com sm3 pf5
cf15 com sm3 pf5
pf5
pf5
pf6
pf6
pf8
pf8
ante
cardini
serraggio
paletti
av7
av7
av7
av7
cf17
cf17
cf17
cf17
sf13
sf13
sf13
sf13
pf13 sup
pf13 sup
pf13 sup
pf13 sup
Annotazioni e cronologie possibili p. 1
Annotazioni
Un'osservazione necessaria per procedere all'interpretazione dei dati raccolti
nella descrizione è un chiarimento sui termini usati, nonché l'individuazione dei
manufatti a cui si riferiscono.
Una prima precisazione riguarda le porte: il termine porta di riferisce all'anta (o
alle ante) di legno di un certo spessore, dipinte o no, pannellate o decorate e intagliate
in vario modo.
Le antiporta risultano quasi sempre rifasciate di stoffe preziose, come il damasco
cremisi, la seta scarlatta, il lampasso a fondo cremesi e opera giallo-oro, con la
possibilità di avere le due facce diverse, e sono spesso dotate di serratura di ottone.
Esistono tuttavia antiporte a pannelli, o a pannelli e vetri o persino a panelli, e
vetri con chiambrana, con un sovraporta pure a vetri.
inventario 1854: sei antiporte con chiambrane intagliate e dorate di stile
moderno, fasciate di velluto cremesi, cioé quattro rivestite da ambe le parti di
detto velluto, una di terzanello cremesi e l'altra fissa al muro.
La chiambrana citata a proposito della P23 potrebbe essere la parte superiore
del telaio che include il sovraporta, come risulta anche da questa descrizione:
una chiambrana di legno colorita a due tinte con sua porta unita e sportello
alta m.i 2.85 sagomata e ferrata.
Il termine doppiare sembra potersi riferire alla rifasciatura di stoffa, antiporta di
servizio doppiate di drappo rosso ma anche ad un rivestimento ligneo, porta d'entrata
in due parti a panelli doppiata d'abete.
Le portiere (dette anche portine) sono invece assimilabili alle tende, quando sono
apposte a porte invece che a finestre, due portiere e due rideaux di taffetà della china
con ferri, i cui occhi spesso sono ancora in posto.
Si trovano anche le tavolette, una sorta di mantovana?:
Rideaux in taffetà giallo con tavole intagliate e dorate e ferri. Quattro
tavolette per le porte idem con ferri con portiere in damasco giallo.
Due tendine di damasco cremesi alla porta tavoletta, panta e ferri.
In secondo luogo si nota come vengano identificati alcuni tipi diversi di ante:
1. porte a pannelli, di abete o di noce, cioé probabilmente con il legno a vista, che
possono avere vetri o specchi inseriti
-
porta in due parti a panelli doppiata d'abete
porta di noce in due parti
idem con i pannelli superiori a vetri
Annotazioni e cronologie possibili p. 2
-
-
porte di noce in due parti a pannelli alla cappuccina, con cornici intagliate e dorate
nell'interno, che nell'esterno, una delle quali però con pannelli a specchi
esternamente
due porte di legno noce a due battenti, parte fodrinate id. con invetriate a piccoli vetri
impiombati alte m.i 2.90
2. porte fodrinate, ovvero con pannelli incorsati:
-
tre porte di legno noce a due battenti fodrinate a pannelli dell'altezza di metri
2.90 con rispettiva ferramenta
3. porte a pannelli dipinti
-
porta con pannelli dipinti e profili dorati
una porta ad un sol battente di legno dipinto da una parte con piccolo paesaggio
rotondo e dall'altra colorito bigio, alta metri 2.60 con ferramenta
4. porte con cornici ed intagli dorati
-
porta in due parti con cornici uniformi al dirimpetto ed intagli dorati
5. porte finte
-
porta finta con pannelli uniformi in stucco dorato.
porta in legno, ancorché finta, con intagli dorati e specchi
6. porte a filo del muro, spesso mimetizzate in esso
-
porta rasata
quattro piccole porte ossia telari di legno con tela stirata sopra e suoi piccoli
accricatori
7. porte a pannelli con cornici e intagli
-
-
porta a panelli con cornici ed intagli dorati
porta in due parti a pannelli, con intagli, e cornici dorate.
porta a panelli, con chiambrana, il tutto con cornici e intagli dorati con soppraporta in
pittura rappresentanti deità.
altra porta in tutto simile però coi pannelli superiori a specchi.
una porta in due battenti di legno colorita d'ambe le parti in bianco, corniciata
con intagli barocchi da una parte ed indorata, munita della rispettiva
ferramenta e maniglie d'ottone dell'altezza di di metri 2.60, tolta all'apertura di
porta che dalla camera a letto di S. M. il Re mette al gabinetto a studio di S. M.
la Regina nell'appartamento reale.
una porta in due battenti di legno colorito bigio e verde corniciata barocca, alta
m.i 2.70 con ferramenta
8. porte sagomate
-
una porta in una sol parte di legno colorito bianco sagomata alta m.i 1.90 (?)
con ferramenta
-
una porta in due battenti di legno colorito bigio sagomata, alta m.i 2.50 con
ferramenta
9. porte con inferriate o grate
-
una porta in una sol parte di legno colorita bigio con piccola inferriata e
graticola al mezzo alta m.i 2.20 con ferramenta
-
una porta in due battenti di legno colorita bigio con graticella d'ottone alta m.i
2.60 con ferramenta
Annotazioni e cronologie possibili p. 3
Un caso particolare è rappresentato dalle porte alla cappuccina, termine usato
anche per le sedie:
inventario 1816: n°4 sedie di noce intagliate assai belle ma alla capuccina
con stoffa ordinaria di damasco cremesi di lusso a fiori bianchi e gialli con
fondo celeste
porte di noce in due parti a pannelli alla cappuccina, con cornici intagliate e
dorate nell'interno, che nell'esterno, una delle quali però con pannelli a
specchi esternamente
Nell'inventario del 1844 sono citati addirittura dei locali all'ultimo piano denominati
le Cappuccine, superiormente agli appartamenti reali al centro.
Alla cappuccina vengono chiamati, nel 1882,1 degli scuri di pino di Fiandra mobili
attorno all'intelaiatura delle finestre, oppure le intelaiature di porte eseguite con
elementi di pietra di Lavagna, più economiche in confronto a quelle di quairone o a
quelli di pilastrata, che costano quasi quattro volte tanto.
Per le finestre le principali differenze riguardano la dimensione dei vetri,
evidentemente collegata al numero di montanti verticali, abbiamo così finestre a
lastrette, la maggioranza, o a lastre, oltre all'estensione in altezza: se arrivano fino a
terra sono dette porte (o finestre) a poggiolo (o a balcone), se si fermano
appoggiandosi ad una balaustra sono dette a balcone oppure solo finestre.
L'atrio forma un caso particolare poiché in esso sono presenti i chiassili a lastre,
che sono probabilmente da intendersi sinonimi di telai, forse fissi.
Infatti vengono assimilati ai braghettoni:
un braghettone in quattro pezzi con suo architrave corniciato colorito bigio
quattordici simili detti chiambrane alti m.i 2.80 circa
ma invece:
tre telai con suoi chiassili a vetro in due battenti con lastre 8 di vetro caduno,
alti m.i 1.60 con sua ferramenta
Ve ne sono inoltre molti in magazzino, di diverse misure:2
due pezzi di chiassile con 5 vetri caduno, di m.i 2.20 con ferramenta
due pezzi di chiassile a 27 vetri piccoli caduno, parte rotti, di m.i 2.00 con
ferramenta
1
Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale per l'appalto della
manutenzione ordinaria quinquennale degli stabili di proprietà o di uso del Municipio di Genova
o per cui incombe al Municipio di Genova di sopportare o di anticipare in tutto od in parte la
spesa, Genova Pagano 1882, p. 63.
2
Cfr anche l'inventario del magazzino riportato supra.
Annotazioni e cronologie possibili p. 4
tre pezzi di chiassile a 12 vetri grandi caduno, parte rotti, di m.i 1.60 con
ferramenta
otto pezzi di chiassile a 4 vetri grandi caduno, parte rotti, di m.i 1.35 con
ferramenta
un chiassile ovale a 6 vetri, parte rotti, alti 0.85
cinque pezzi di chiassile di diverse misure fuori d'uso
cinque grandi chiassili semicircolari di diverse grandezze, parte di esse con
vetri
dieci pezzi di chiassile di diverse grandezze con vetri a piombi fuori d'uso
particolarmente interessante questa citazione di chiassili in cui i vetri sono ancora
fissati con il piombo.
Annotazioni e cronologie possibili p. 5
Cronologie possibili
É possibile ora raggruppare le osservazioni svolte nelle note redatte durante la
precedente Descrizione e osservare le ricorrenze che compaino nelle precedenti
tabelle, in cui sono riportati gli elementi dell'abaco e i serramenti in cui compaiono.
Bisogna innanzitutto fare alcune precisazioni di carattere generale:
-
Le datazioni proposte in tabella derivano innanzitutto dall'osservazione dei
caratteri generali delle stanze e della loro storia, ma sono corroborate da
alcuni elementi di datazione esterni (ad esempio dai dati derivanti dagli
inventari) e dalla verifica delle coerenze o delle incoerenze contenute nei
gruppi che vengono a formarsi, come vedremo.
-
Occorre comunque tenere presente che non esistono metodi di datazione del
ferro e che gli elementi di questo materiale possono facilmente essere
reimpiegati, perciò il presente tentativo di sistematizzazione va considerato
come
una
prima
proposta
metodologica
che
avrà
maggior
valore
all'aumentare dei dati raccolti.
-
I gruppi di porte e quelli di finestre non si possono correlare, perché le prime
sono molto più coinvolte nell'arredo e nella decorazione delle pareti, mentre
le seconde conservano sempre un atteggiamento più funzionale e, se
possono sopravvivere ad un cambio di gusto, non lo fanno ad un'innovazione
tecnica.
-
L'inventario del 1816 descrive la situazione a fine settecento, poiché non
risulta probabile alcun intervento negli anni immediamente precedenti.
-
Esiste una questione tecnica sul sistema di
inserimento delle bacchette che reggono i vetri
nel telaio mobile delle finestre, la finitura AV2
può essere successiva al telaio stesso,
mentre la AV1 può essere realizzata solo
contemporaneamente ad esso.
-
La dimensione dei vetri e il loro sistema di
montaggio ha significato cronologico, anche
perché la maggior efficienza, in termini di peso
e luminosità, può favorire l'innovazione e il
cambio.
Matteo Vinzoni, salotto a palazzo
Durazzo, Genova 1725
Annotazioni e cronologie possibili p. 6
Proprio durante il settecento si assiste al passaggio tra la messa in opera con
piombo e quella con legno e mastice, com visto nel capitolo sui serramenti, mentre si
evidenzia come la dimensione dei vetri, nel periodo studiato, non superi la trentina di
centimetri per lato, per cui si può escludere che ante senza divisione secondaria delle
bacchette verticali siano state introdotte prima dell'ottocento.
E proprio da questo cominciamo a svolgere delle deduzioni:
I casi di av1 sono molto più rari e sono ubicati in tre zone:
1 - Stanze del re, in cui sono prevalenti interventi ottocenteschi; in cui presentano
i vetri in lastre più grandi e un tipo di spagnolette esclusivo;
2 - Salotto del tempo, sono presenti in due finestre che hanno anche cardini
esclusivi e spagnolette come quelle dei tre scuri della Sala del trono;
3 - Camerino del duca, dove i serramenti sono per
ora un problema: le spagnolette sono esclusive delle tre
Stanze del duca, i cardini sono solo in queste due
finestre, gli scuri hanno ferri e struttura lignea che
potrebbero anche essere del 1650;3 una
logica
conclusione sarebbe quella di interpretare questa
situazione come il frutto di una combinazione di
persistenze e di cambiamenti di parti dei serramenti
stessi: il telaio e i cardini possono essere coevi tra loro
e posteriori al resto, le spagnolette essere state
reimpiegate
oppure
anch'esse
coeve,
gli
scuri ASG, disegno di progetto dell'ala W
preesistere.
Peraltro le tre stanze hanno i serramenti uguali a
quelli di una finestra dipinta che non risulta datata con
certezza, e risultano in generale tre vani con molti
interventi stratificati sulle pareti e sul pavimento, così da
rendere molto probabile anche i cambiamenti nelle
finestre.
Un indizio da considerare è la presenza delle
uniche porte con braghettone e ante curve nella parte
3
A giudicare dai primi risultati di una ricerca svolta sui documenti del Seicento.
La cornice M5 è molto simile a
quanto raffigurato in questa
tavola dell'Encyclopédie
Annotazioni e cronologie possibili p. 7
superiore: finiture simili sono in uso a Cornigliano e saranno usate a Genova ancora a
lungo.
Si può quindi avanzare una datazione per i serramenti della zona posteriore alla
seocnda metà del XVIII secolo.
Le ante AV2 sembrano percorrere tutto l'arco di tempo possibile, ma occorre
porsi il seguente problema: è possibile che questo arco cominci con la metà del XVII
secolo, cioè con la fondazione del palazzo, oppure si tratta di serramenti presenti
soltanto dal XVIII secolo, cioè sicuramente esistenti nel 1816?
I capitolati4 del 1643 e 1650 forniscono indicazioni sommarie riguardo alle
finestre, limitandosi ad indicarne le misure, il legno, che dev'essere arze di nizza, i
ferramenti, che vanno doppi, e la finitura inferiore e superiore (chiappe di lavagna sotto
e sopra).
Gli stessi documenti sono più espliciti invece per le porte: nel 1643 si parla solo
di ante di abeto e si prevede la cornice di marmo solo alla porta di sala, anche nella
parte ampliata nel 1650 le cornici sono di pilastrate di lavagna e le porte di arve di
squere di Fiandra.
Inoltre il primo inventario esaminato riporta la dicitura stipiti ed architrave di
marmo soltanto nell'atrio e in sala; sembra perciò molto probabile che la maggior parte
delle cornici di marmo (del tipo m1) siano posteriori al 1816, magari realizzate
copiando quelle esistenti. Su di esse potrebbe essere utile un approfondimento.
Tornando alle finestre notiamo altri gruppi a partire dalle spagnolette:
SF1 è presente solo nella f 16 (bagno del re) che è in generale un caso a parte,
ma si tratta anche di una finestra doppia, aggiunta dopo quella esterna;
SF8 somiglia molto ad sf1 ed appartiene alle Stanze della regina, in
combinazione con i cardini cf8 e con gli anelli a balaustro;
SF4 ha una forma più coerente con gli anelli a balaustro, ne esistono solo tre:
una resistenza in stanze meno frequentate?
SF2 compare nei tre scuri della Sala del trono e in due finestre: f63 e 64 del
Salotto del tempo: interventi ottocenteschi?
4
Cfr G. ROTONDI TERMINIELLO, Un restauro a palazzo reale gli affreschi dell'ala ovest,
Genova, 1978.
Annotazioni e cronologie possibili p. 8
SF3 ha un comportamento simile ma ancora più
probabilmente ottocentesco, per il carattere dei vani dove
si trova: le Stanze del re e la Sala delle udienze; ma
ancora di più perché in esse le finestre hanno il
serramento a vetri doppio, quello interno più recente, infatti
ha un av1.1, è proprio quello che presenta la sf3, quello
esterno invece ha la sf5 (con diversi naselli).
SF5 è la spagnoletta più diffusa, molto simile a sf4, entrambe potrebbero perciò
essere le più antiche (ovvero quelle settecentesche?), quelle che non sono mai state
sostituite, anche perché sono ubicate nelle zone dove meno si fa sentire l'influenza
Savoia.
Presentano però diversi tipi di naselli (solitamente sn4 e sn3), che costituitendo la parte
più debole del manufatto sono più facilmente cambiati. Questo fenomeno fronisce una
preziosa informazione in una finestra della galleria: in essa si vede chiaramente che un
sn4 è stato sostituito da un sn8 che risulta perciò sicuramente più tardo.
Questo è di solito insieme a sf2, che perciò è più recente, come sopra ipotizzato
ottocentesca.
Anche sn7 compare talvolta con sf5 e potrebbe essere considerato per questo
posteriore. Inoltre, poiché di solito è usato con sf9, anche questa serie di spagnolette
può essere più recente, forse di un periodo intermedio tra la sf5 e la sf3.
In tal caso le finestre delle Stanze del duca possono essere datate tra la fine del
Settecento e l'inizio dell'Ottocento.
Per quanto riguarda i cardini si nota che in generale si accompagnano a
determinate spagnolette, allargando perciò ad essi i ragionamenti suesposti si nota
come i più antichi siano i cf8 con pivots o i cf6: potrebbero corrispondere a quelli
chiamati nei documenti scritti con spina levaressa.
Gli scuri sono presenti in ventisei casi e presentano diversi tipi di ante e ferri, per
quasi tutti è difficile individuare il rapporto con il serramento a vetri, essendo spesso
ferrati in modo diverso. Un allargamento dell'indagine sarebbe molto utile.
Le porte presentano una casistica diversa, meno raggruppabile, ed è stato più
proficuo lo studio approfondito su alcuni casi, che ha dimostrato la presenza di segni di
almeno quattro secoli in un unico manufatto. La datazione si è svolta così sulla base
dei caratteri generali della stanza e delle citazioni negli inventari, ma è poco verificata.
Annotazioni e cronologie possibili p. 9
Comunque la presente schedatura costituisce una prima organizzazione di dati da cui
proseguire il confronto.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.1
Decorazione dipinta delle ante delle porte
Nell'ambito dello studio e del restauro dei beni artistici, al fine di acquisire la
"dimensione della cultura materiale dell'arte",1 e di ottenere dei criteri interpretativi delle
analisi dei vari strati che compongono le cosiddette pellicole pittoriche, già è stata
prodotta una copiosa bibliografia, specialmente all'estero.
Mentre, a quanto mi risulta e nell'ambito di una diffusione già di buon livello
specialistico, non molto è stato studiato nel campo dei colori usati in architettura (su
muri o su manufatti lignei); comunque, particolarmente per quanto riguarda i pigmenti,ci
si può rivolgere a quanto prodotto per la pittura, constatando che, nei documenti
reperiti, non sembra esservi differenza tra quelli usati in un campo o nell'altro.
Qualche indicazione la si trova, in bibliografia, da chi ha studiato gli antichi
ricettari in cui ci si occupa di legno, ma la maggior parte delle indicazioni riguardano la
tintura del legno più corrente ad imitazione di quello più pregiato e solo molto
raramente si incontrano suggerimenti per le pitture.
Per rintracciare informazioni a livello locale occorre effettuare una ricerca nei
fondi antichi delle biblioteche, alla caccia di altri ricettari, anche se quanto tentato finora
non ha avuto esito.
Le 'ricette', che oggi chiameremmo piuttosto voci di capitolato. vengono
considerate infatti una fonte preziosa di informazioni sui procedimenti usati per la
decorazione dei manufatti lignei d'uso, ma, ad un'attenta lettura, si rivelano, come
spesso succede con le informazioni desumibili in generale da trattatistica e
manualistica, o imprecise o troppo generiche e spesso confuse, semplicemente
impraticabili.
Ciò potrebbe essere spiegato osservando la specifica cultura del redattore: se si
tratta di un erudito che raccoglie informazioni di ogni genere gli possono sfuggire dei
passaggi fondamentali, non essendo 'pratico' dell'argomento, se si tratta di un 'pratico',
nel senso di persona realmente capace di eseguire quei procedimenti, cioé in
possesso di tutta la cultura materiale del campo potrebbe aver omesso dei passaggi
considerati da lui evidenti. Dopotutto questa è la stessa constatazione che si può fare
1
Cfr S. BORDINI, Materia e immagine. Fonti sulle tecniche della pittura, Roma 1991 cit. in
P. BENSI, Alcune considerazioni sulle fonti per la storia delle tecniche artistiche, in C. Arcolao
1998.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.2
sulla base di studi quantitativamente estesi su documenti costruttivi, che lasciano
sottointese le regole del costruire che appartenevano alla pratica, per loro evidente, per
noi non più.2 Una ricerca sugli autori e sulla loro formazione potrebbe fornire delle
chiavi di lettura per questo genere di fonte.
Oltre alla distrazione o alla disinformazione dell'autore, un'attenzione da porre in
generale sul senso, a volte sulla mancanza di senso, di alcune prescrizioni tratte dai
vari tipi di ricettari può essere quella di considerare come possibile un fenomeno di
distacco progressivo dall'obbiettivo iniziale nel corso della selezione culturale.
Si tratta di un meccanismo di deviazione che avviene, col passare del tempo,
quando si perde di vista la ragione che aveva condotto al perfezionamento di un
risultato: ad esempio si cercava di ottenere un colore non igroscopico ma coprente, si
ottiene un ottimo risultato con una determinata formula che prevede un additivo, per
determinate ragioni chimico-fisiche. Al mancare di quel preciso additivo, o per
l'insorgere di nuove condizioni storico sociali o per allontamento geografico, si ritiene
della formula solo l'apparenza e si trascrive come utile un additivo soltanto somigliante
a quello adatto.
Altre volte probabilmente si rinuncia al risultato ottimale.
Dobbiamo allora considerare inutili queste ricette?
Prima di poterlo fare si può tentare di indagarle con un procedimento diverso. Il
punto di partenza è dato dall'osservazione che in generale esse descrivono una
sequenza di operazioni apparentemente riscontrabile nei campioni esaminati per le
porte di palazzo Reale nel corso del presente lavoro, per cui esiste una possibilità di
verifica su una fonte materiale, sulla quale sono state fatte accurate analisi.
In archeologia si ricorre in questi casi a due possibili vie metodologiche,
l'etnoarcheolgia e l'archeologia sperimentale, nel primo caso si sfrutta la capacità
pratica di chi, conoscendo il mestiere e i materiali che si stanno studiando, è in grado di
valutare sulla base della sua esperienza - solitamente trasmissibile solo per
apprendistato - elementi non coglibili dallo studioso;3 nel secondo si tenta di riprodurre
concretamente quanto si sta ipotizzando per poterne constatare la validità.
sia
2
Cfr introduzione.
3
Il problema derivato dal fatto che un restauratore non è propriamente un empirico a cui
arrivata la conoscenza per apprendistato - come nel caso in cui si possa ricorrere a
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.3
In questo caso si è tentato di fare le due cose contemporaneamente: il primo
passo infatti è stato l'affrontare la lettura critica delle ricette fin qui rintracciate, per
poterle interpretare in modo che avessero una sequenza operativa praticabile, ciò al
fine di riprodurle. Ciò è stato possibile con l'aiuto di persona esperta, ovvero in grado di
cogliere dei riferimenti nella attuale pratica del campo.
Per poter confrontare con le ricette i dati provenienti dai campioni prelevati dalle
porte di Palazzo Reale, occorre invece effettuare una prova sperimentale, tentando la
riproduzione di sequenze e materiali come quelli descritti nelle antiche ricette o da esse
desumibili.
Partendo quindi dalla certa conoscenza del numero di strati e del numero di
diverse mani in uno stesso strato si può controllare come essi risultano al microscopio
ottico e se possono essere messi a confronto con quello che si vede nei campioni delle
porte.
Inoltre, una nuova analisi di laboratorio, effettuata con strumenti in grado di
esplorare il campione a maggiori ingrandimenti ed eventualmente di definirne gli
elementi, può meglio specificare quanto già scoperto nell'analisi al microscopio ottico,
sia per avere maggiori sicurezze sulla quantità di strati sia, sopratutto, per poter fare
ipotesi sulla loro composizione, come vedremo.
popolazioni ancora al livello culturale dell'epoca in esame - purtroppo non è risolvibile, occorre
tenerne conto come approssimazione.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.4
La seguente relazione, redatta nel 1998 durante le prime fasi della ricerca, illustra
il primo livello di studio sulle porte di palazzo Reale.
A partire da una nuova analisi, descritta in seguito, e dopo gli approfondimenti sui
colori svolti con esperimenti e studiando le fonti è possibile ripartire da quanto rilevato
e precisarne alcuni aspetti che erano rimasti in sospeso.
Indagini a Palazzo Reale, Genova - 1998
Durante i lavori di restauro eseguiti su quattro porte del
secondo piano nobile, si è avuta l'occasione di approfondire
alcuni problemi della loro stessa storia, del loro stato di degrado
e delle conseguenti operazioni di restauro.
Spesso le ante di una porta di tale piano si presentano con
le due facce diverse tra loro, intonate con diverse stagioni
decorative delle due stanze su cui affacciano: quando e come
sono stati effettuati i cambiamenti?
E, più precisamente, in cosa sono consistiti? Solo in sovrapposizioni di colore o
aggiunte o sostituzioni della struttura lignea? Da quanto tempo quei serramenti
occupano il loro posto?
Tenendo presente la nota abitudine del cantiere preindustriale di riutilizzare ogni
materiale valido e dall'opportunità di modificare per questioni di gusto una porta
semplicemente per aggiunta, dalle analisi sono emersi diversi spunti che conducono a
leggere nelle porte molti episodi della storia del palazzo e a ritenerli, in generale,
presenti fin dall'inizio, e se ciò è valido per quelli analizzati è possibile che sia
estendibile anche a molti altri.
Sono emerse infatti le tracce di diverse versioni di ogni serramento databili a
partire dall'epoca della costruzione del palazzo.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.5
P54 - Sulla porta tra la sala delle battaglie e l'atrio il degrado delle tinte era così
avanzato da rendere visibile la struttura della porta, in modo tale da poterla rilevare ed
effettuare un prelievo per l'analisi dendrocronologica, che ha offerto come datazione di
una tavola la metà del XVII secolo, proprio l'epoca della costruzione dell'edificio.
Nella figura si osservano l'orditura delle tavole e le tracce, intagliate, della
ferramenta. Il verso della porta è a pannelli di noce (cfr P1).
P44
P54
eidotipo della sezione
P44 - Porta tra la sala delle battaglie e la sala da ballo: disegno della
pannellatura verso quest'ultima, resta da stabilire quando e come è avvenuta l'attuale
decorazione.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.6
P1 e P2 - Su queste porte ciascuna per il verso che affaccia verso la sala degli
arazzi, si è potuto invece condurre uno studio sistematico degli strati cromatici.
Si è notata inoltre una forte analogia formale e strutturale con le P54 e P44, per
cui sembra ragionevole estendere a tutte
8
10
2
3 9
1
7
5
come
molto
probabile
4 11
la
datazione
dendrocronologica della P54.
P2
P1
L'essenza lignea di cui sono fatte le ante, certamente una conifera, è con molta
probabilità l'abete rosso.
Di seguito si riporta il risultato dell'osservazione al microscopio dei campioni di
strati di coloriture eseguite sulla P1 come indicato sulla foto.
Avvertenze per la lettura dello schema:
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.7
prep = preparazione, presumibilmente di gesso e colla (organica), colore bianco
oppure giallino; la tecnica utilizzata per questo stesura che serve ad uniformare la
superificie non varia nel tempo fino a oggi;
marrone = strato di coloritura a finto legno, si presenta a due strati ed è finito con
una vernice (resina per lucidare ed isolare), (cfr foto …, in cui si notano i tratti,
probabilmente eseguiti per sottrazione di colore, ad imitazione delle venature del legno,
e anche i segni della lavorazione della tavola, ovvero le onde dei denti della sega,
piuttosto grossolana, il che farebbe escludere una precedente fase con il legno a vista);
altri colori = si ipotizza che rappresentino ciascuno una fase di colorazione del
campione, eventualmente resa più intensa da una vernice; si nota una differenza di
impasto tra gli strati rosa, più spessi e a granulometria più varia e grossa, e i verdi.
albicocca = si tratta di uno strato, presente in quasi tutti i campioni, (e in tutti i
sondaggi di pulitura) molto sottile; si possono fare due ipotesi: può trattarsi di una prepreparazione (una sorta di opacizzazione della superficie verniciata sottostante per far
meglio aderire lo strato seguente) oppure la porta ha avuto una seconda fase albicocca
tinta unita, che sembra molto meno probabile perché non ha l'aspetto uniforme e lucido
di uno strato adatto ad essere lasciato a vista.
In considerazione dei molti interventi, anche puntuali, che la porta ha subito si è
reso evidente che occorre il confronto di almeno due campioni prelevati dalla stessa
zona decorativa per aumentare la rappresentatività del campione stesso.
Analisi visiva al microscopio degli strati che compongono i seguenti campioni di
coloriture:
campione 1 - specchiatura interna superiore
prep. 1
marrone albicocca prep. 2
prugna
…
mm 0,2
mm 0,15 mm 0,01 0,04
-
mm 0,3
rosa ch
verde ch verde sc verde me verde ch
0,02
0,05
…
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.8
campione 2 - fascia interna superiore
prep. 1
marrone prep. 2
prugna
rosa ch
prep 3
grigiover rosa
rosa grig
…
mm 0,25 mm 0,3
mm 0,1
mm 0,2
mm 0,1
mm 0,01 …
…
campione 3 (e 8) - fascia verticale esterna
prep. 1
marrone albicocca prep. 2
verde sc. verde ch. verde sc. verde ch. verde ch. verde ch.
…
mm 0,2
mm 0,05 mm 0,05 mm 0,05 mm 0,1
-
mm 0,2
campione 4 - fascia orizzontale
prep. 1
marrone prep. 2
rosa sc.
rosa ch.
prep. 3
verde ch. verde sc. verde sc. verde ch.
mm 0,3
mm 0,2
mm 0,2
…
…
…
mm 0,1
…
…
…
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.9
campioni 5 e 6 - modanatura
prep. 1
prep 2
mm 0,3
verdegri.
oro
campione 7 - tra la modanatura e la superficie del legno
prep. 1
marrone albicocca prep. 2
campione 10 - tra la modanatura e il ferro della bandella
stagno
prep. 1
marrone albicocca prep. 2
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.10
campione 11 - confine tra la fascia esterna e quella orizzontale: si osservano i
due strati rosa sparire verso la parte verticale
prep. 1
marrone albicocca prep 2
rosa ch
rosa sc
prep. 3
verde ch verde sc verde ch
prep. 1
marrone albicocca prep 2
…
…
prep. 3
verde ch verde sc verde ch
Campioni C12 e C2
Campioni C12 e C8
campione 12 - nel punto in cui la specchiatura interna della prima fase colorata
diventa esterna nella seconda, e precisamente all'altezza della prima cornice; su un
bordo del campione, all'altezza della prep. 3-4, si notano tracce di rosa, che non vanno
d'accordo stratigraficamente con la prima fase ma che si potrebbero spiegare con
un'inflitrazione del rosa della fascia interna all'epoca della seconda fase delle
successive cornici
prep. 1
marrone albicocca prep 2
marrone prep 3-4?
verde ch verde sc
verde ch
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.11
Molto proficuo è il confronto tra i campioni a due a due, in cui vengono
sottolineate le somiglianze e le differenze, permettendo di acquisire un più elevato
grado di probabilità nella definizione degli strati.
Fig. 1: dai risultati dell'analisi al microscopio si è tentato quindi di ricostruire le
possibili fasi di un'anta di P1, una prima ipotesi ha rivelato questa incongruenza di
colori nella fascia orizzontale, che ha condotto ad ipotizzare una fase d'incorniciatura
dell'anta precedente a quella visibile.
Infatti, con un tassello negli strati di colore eseguito dal restauratore su una
porzione di un'anta di P2 si è scoperta la traccia di una cornice rettangolare, applicata
o dipinta (come sembra confermare il c12) sopra alla
prima fase.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.12
Si osserva inoltre che le bandelle sono fissate con chiodi a testa piatta,
presentano decorazioni incise e finitura a stagno ma sono coperti da una preparazione
e dallo strato marrone che si ipotizza essere la prima versione della porta, e perciò non
sono poi stati lasciati a vista.
Resta da stabilire la modalità d'inserimento delle modanature attuali: il campione
7, infatti, presenta una preparazione sotto la modanatura che potrebbe essere stata
stesa dopo aver eliminato la tracce della fase precedente, osservazione che, a tutta
prima, andava d'accordo con la prima ipotesi di fasi.
La prima modanatura potrebbe essere stata solo dipinta, come dimostrano il
campione 12 e le osservazioni sul campione 7.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.13
Fig. 2: una nuova ipotesi plausibile potrebbe essere questa.
Dal punto di vista metodologico occorre notare che nella fase di ricerca specifica
sulle porte P1 e P2, si sono incontrate molte difficoltà nell' interpretare i risultati delle
analisi al microscopio.
Tale difficoltà nasce dal problema della definizione degli strati: un cambio di
colore connota con molta probabilità un diverso strato di tinta ma non vuol
necessariamente dire che questo strato sia mai stato visibile, specialmente se manca
la sua finitura superficiale, come a volte si può ipotizzare per taluni strati, mentre,
d'altro lato, non è spesso possibile distinguere strati diversi dello stesso colore da
stesure diverse di una stessa tinteggiatura a più mani.
Le soluzioni di continuità
nella materia che si vedono tra i
10 e i 60 ingrandimenti sono sembrate in tal senso piuttosto attendibili e sono aderenti
a quanto emerge dalle finestre di "pulitura" a bisturi. (Queste analisi possono perciò
dare risultati analoghi ma con ben minore spreco di materia rispetto alle puliture
stesse.)
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.14
Ad ingrandimenti maggiori invece è possibile distinguere molti più strati, ovvero la
singola mano di colore, e alcune caratteristiche dei componenti; tuttavia questi elementi
poco aggiungono a quanto visto sopra, mentre si perde la tridimensionalità del
campione, che a volte, rende più leggibile la continuità dello strato stesso anche in
presenza di disuniformità nello spessore.
Analisi sui materiali renderebbero probabilmente esplicite le somiglianze o le
diversità fra componenti di strati simili, laddove il confronto fra i colori non può
considerarsi esauriente a causa dei trattamenti superficiali e dei cambiamenti che
possono essere occorsi a mutare, ad esempio, tonalità in diverse zone dello stesso
strato. Ma occorre altresì considerare che non sembra ancora significativo ai fini di una
datazione l'individuazione dei componenti e, persino, non si sa cosa cercarvi…
Non si ritiene pertanto, per il momento, di dover procedere ad ulteriori analisi:
solo una sistematizzazione delle conoscenze nel campo delle coloriture delle ante delle
porte a partire dal XVII secolo, può offrire nuovi spiragli per la proficua interpretazione
di dati ottenuti con ricerche finalizzate al riconoscimento dei materiali componenti gli
stati di tinta.
Così si concludeva questa fase della ricerca, dopo aver constatato quanto
offrivano le fonti documentarie e dopo aver deciso di procedere agli esperimenti su
descritti si è ritenuto di far eseguire anche la seguente analisi, nel tentativo di ottenere
altri elementi utili alla comprensione delle decorazioni.
Analisi del C8 - microanalisi elementare semiquantitativa al Sem con edax,
eseguita presso il Laboratorio di scienze della terra dell'Università di Genova (giugno
2000).
Dall'esterno e in ordine di dominanza (non stechiometrico) (tra parentesi le
tracce) V = serie dei verdi
V1: 20 micron = calcio, bario, zolfo, zinco, (silicio, alluminio)
V2: 10 micron = calcio, titanio, (zinco, zolfo)
V3: 30 micron = zolfo10, bario5, zinco0,5
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.15
V4: 10 micron = zolfo10, bario5, zinco1, (ferro), titanio1
V5: 5 micron = organico soltanto
V6: 20 micron = zolfo, calcio, zinco, silicio, alluminio, con cristalli di gesso
V7: 80 micron = piombo con clasti di barite
V8: 50 micron = piombo più diluito
V9: 20 micron = zolfo, calcio, zinco, silicio, alluminio, potassio (abbastanza
rilevanti)
V10: 20 micron = piombo
trasparente bianco = zolfo e calcio
trasparente giallo = zolfo e calcio
arancione/rosa = ossido di piombo
nero = zolfo, calcio, silicio, alluminio, potassio
bianco = zolfo e calcio
Lo strato color albicocca dei campioni su descritti, qui indicato come
arancione/rosa, è ossido di piombo, ovvero il litargirio delle ricette! In questo caso
possiamo supporre due cose: o la porta ha avuto una fase di quel colore, magari un
finto legno come quello descritto nella ricetta 5a (ma di apparenza ben poco
accattivante) o il litargirio è stato usato come seccativo in una passata di olio
precedente alle preparazioni, entrambe le ipotesi trovano riscontri nelle ricette studiate.
Il verde può essere dato dalla barite presente nei V1,3,4,7 ma può anche
risultare da coloranti organici, non oggetto della presente analisi, come è da ritenersi
più probabile. Al microscopio ottico non si nota differenza tra un verde organico e uno
minerale.
Il V5 non presenta minerali, ma può essere uno strato di colla, di vernice o di olio,
come finitura dello strato precedente, che infatti si presenta scuro, o come
preparazione del seguente, secondo quanto prescritto nelle ricette esaminate.
Il solfato di bario BaSO4 - bianco di bario - è citato fin dal 1774 come più adatto
all'uso con acqua che con olio dove diventa trasparente e grigiastro, esiste nelle due
varietà naturale e artificiale, viene utillizzato a partire dalla seconda metà del XVIII
secolo, specialmente nelle miniature.4
4
S. RINALDI, Bianchi e neri, in "La fabbrica dei colori, pigmenti e coloranti nella pittura e
nella tintoria", Roma 1986, pp 38-9.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.16
Questa datazione, se applicabile allo strato V7, il primo con barite, (in forma di
cristalli - quindi più certa e, forse, usata per le prime volte) porrebbe l'applicazione delle
cornici lavorate a partire dalla seconda metà del '700.
Poiché inoltre il titanio non compare nell'uso prima del 19205 i quattro strati più
esterni vanno datati al secolo XX.
Il bianco di zinco ZnO, scoperto nel XVIII secolo, non fu usato diffusamente fino
al secolo successivo;6 se il V6 e il V9, che contengono zinco, devono essere datati così
tardi non resta che avanzare l'ipotesi che si siano adattate le porte alla stanza nel
periodo Savoia.
In effetti l'inventario del 1816 non rileva porte con questa decorazione là dove
avrebbero già dovuto esserci, mentre le rileva nella simmetrica sala delle Battaglie.
Si può ancora osservare, tenendo presente quanto riscontrato nel capitolo sui
colori in cantiere, che i "filetti di lacca" citati dai documenti possono corrispondere alle
prime fasi decorative dopo il finto legno, quelle con incorniciatura dipinta e dalla
geometria semplice.
Rispetto al numero degli strati individuati al miscroscopio ottico per lo stesso
campione qui ve ne sono indicati di più, in effetti un'osservazione svolta nel notarli
precisava che ogni strato sembrava scurirsi o schiarirsi in superficie, come se ciascuno
avesse più mani, il che ci consente di tentare una ipotesi di collegamento fra le due
analisi per poter raffinare l'interpretazione.
1. Preparazione 1:
bianco = zolfo e calcio
2. Marrone:
nero = zolfo, calcio, silicio, alluminio, potassio
3. Albicocca:
arancione/rosa = ossido di piombo
4. Preparazione 2:
trasparente bianco = zolfo e calcio
trasparente giallo = zolfo e calcio
5. Verde scuro:
V10: 20 micron = piombo
V9: 20 micron = zolfo, calcio, zinco, silicio, alluminio, potassio (abbastanza
rilevanti)
(strato inferiore con seccativo e superiore con gesso, zinco e feldspato)
6. Verde chiaro:
5
Comunicazione orale del dr Bensi.
6
S. RINALDI, Bianchi e neri, cit.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.17
V8: 50 micron = piombo più diluito
V7: 80 micron = piombo con clasti di barite
7. Verde scuro:
V6: 20 micron = zolfo, calcio, zinco, silicio, alluminio, con cristalli di gesso
V5: 5 micron = organico soltanto
8. Verde chiaro:
V4: 10 micron = zolfo10, bario5 , zinco1 , (ferro), titanio1
V3: 30 micron = zolfo10, bario5 , zinco0,5
9. Verde chiaro:
V2: 10 micron = calcio, titanio, (zinco, zolfo)
10. Verde chiaro:
V1: 20 micron = calcio, bario, zolfo, zinco, (silicio, alluminio)
Comunque, osservando la campionatura eseguita dal restauratore, che ha
portato alla luce 12 strati, nonché la relazione dell'analisi dal laboratorio
della Soprintendenza, che ne indica addirittura 20 su di un campione della
stessa zona, non resta che sottolineare la difficoltà di individuazione degli
strati stessi e la necessità di una più vasta esperienza nell'esame di tali
campioni, così da portare su di un piano di maggiore oggettività ciò che per
ora sembra ancora troppo soggettivo.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.18
Ricette analizzate
Sono tratte da M.C. POZZANA, Trattamenti di qualificazione del legno da antichi
ricettari, in Legno nel restauro e restauro del legno, Atti del Convegno, Firenze 1983:
(dalla trascrizione) le ricette 1, 2, 3, 4.
1.
G. Tallieri, Vero plico di ogni sorta di tinture, Venezia 1704
Per dipinger porte e banchoni in color di noce
Darai prima la colla fatta de retagli di pelle sopra la tavola, poi li darai il gesso da
presa incorporato con colla, e asciutta che sarà tornerai a dargli la colla tre, o quatro
volte, lasciandola ogni volta asciugare, alla fine gli darai sopra oglio di lino, e volendo
far le macchie mischia terra d'ombra con detto oglio, e con il penello farai le machie a
tuo capricio.
Sequenza desumibile:
1- colla
2- preparazione a gesso
3- 3 o 4 mani di colla, asciugata ogni volta
4- olio di lino
5- (alternativo a 4?) olio di lino e terra d'ombra con cui imitare le venature del
legno a pennello
Osservazioni:
Il primo strato, la cosiddetta 'acqua di colla di coniglio' ancora oggi usata, ha le
caratteristiche di essere facilmente stendibile e resta elastica così da assecondare
meglio i movimenti del legno e impedire ai pori di riaprirsi, ed è utile a favorire
l'aderenza tra il legno e gli strati successivi; si ipotizza che queste caratteristiche bene
approssimino quelle della colla di ritagli di pelle, che potrebbe essere di altro animale.
Nel secondo strato il gesso da presa offre qualche problema di intepretazione: se
si tratta di quello usato dagli stuccatori bisogna pensare ad un errore nella ricetta
perché normalmente si usa gesso frantumato dopo che ha già fatto presa,7 così da
7
G. RONCHETTI, Manuale per i dilettanti di pittura, Milano 1964 (1911), p. 453.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.19
assolvere la funzione di inerte, mentre risulta difficile immaginare un effetto legante
all'interno di una colla.
Si tratta di quello che Ronchetti chiama gesso da pittore, ottenuto "levando la
presa" al gesso da stuccatori, coll'aggiunta di acqua in quantità poco più che
stechiometrica, così da farlo"restare in massa coagulata", una volta che è seccato
"diventa molto leggero" e si adopera per preparare tele e assicelle
Il terzo strato non sembra avere una logica: le funzioni, sudescritte, che ha la
colla tra legno e preparazione non servono tra la preparazione e il colore.
Dal punto di vista dell'effetto finale, poi, piuttosto che il noce questo sembra
imitare una conifera, nella quale vi è netta distinzione fra venatura chiara e venatura
scura, visto che cita una sola passata di colore, a righe su di una superficie chiara;
quanto alla frase "volendo imitare le macchie": in realtà più che un'opzione
l'applicazione di uno strato di colore di olio e terra è obbligatoria, altrimenti la superficie
resta biancastra e omogenea.
2.
Tratta da F. WATIN, L'art du peintre, doreur, vernisseur, Paris 1773
Colori per porte, telai, imposte esterne
[traduco] Supponiamo che ci sia da dipingere l'esterno di porte, o di finestre di
scale, o di ante:
1° date uno strato di bianco di cerusa frantumata all'olio di noci; e perché copra
meglio il legno, stemperatelo un po' spesso con lo stesso olio, nel quale mettete del
seccativo.
2° date una seconda mano di uno stesso bianco di cerusa frantumata all'olio di
noci, e stemperato nello stesso; se volete un petit gris, aggiungete un po' di blu di
Prussia, e del nero di carbone, che avrete frantumato nell'olio di noci.
Se, sopra queste due mani, volete aggiungerne un'altra, mescolatela e
stemperatela nell'olio di noci puro, facendo attenzione che le due ultime mani siano
stemperate meno chiare delle prime, cioé che abbiano meno olio.
Il colore risulta più bello e meno soggetto a bouilloner all'ardore del sole.
Sequenza desumibile:
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.20
1- preparazione a biacca8 e olio di noci, con seccativo
2- biacca e olio di noci; per ottenere il "grigietto" occorre aggiungere nero e blu
3- successive mani, contenenti via via meno olio
Osservazioni:
La 1 è una preparazione ma costituisce anche uno strato coprente già colorato.9
Rispetto alla preparazione a gesso, che risulta igroscopica, quella a biacca è più
adatta all'uso per esterno.
L'olio di noci è tendenzialmente più chiaro di quello di lino, resta sottointeso se si
tratti di oli cotti o crudi, alcune indicazioni su come preparali tratte da Ronchetti (cfr)
lasciano motli dubbi in proposito, poiché comunque vi sono diversi modi per trattarli e
sbiancarli.
3.
Colori per porte, telai, arve
Le porte, finestre e scuri interni si dipingono comunemente con il petit-gris:
1° date una mano di bianco di cerusa sciolto nell'olio di noci; e stemperato con
tre quarti di olio di noci e un quarto di essenza.
2° date altre due mani di questo bianco di cerusa sciolto nell'olio di noci, e
stemperato con essenza pura: si può applicare, volendo, due mani di vernice allo
spirito di vino.
Sequenza desumibile:
1- bianco a olio di noci diluito con olio di noci ed essenza di trementina
2- altre due mani diluite con solo trementina
3- due mani di vernice allo spirito di vino
Osservazioni:
8
In realtà nel corso del lavoro verrà precisato che la ceruse non è propriamente biacca,
ma contiene un additivo
9
Confermato anche da G. RONCHETTI, Manuale… cit..
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.21
L'effetto ottenuto dall'applicazione di questa sequenza è molto gradevole
nell'aspetto, ma è improponibile all'esterno, poiché la vernice a spirito si rovina
irrimediabilmente al contatto con l'acqua.
4.
Colori per graticole e pergolati (Verde per esterni)
1° date una mano d'impression di bianco di cerusa sciolto nell'olio di noci, e
stemperato nello stesso olio, nel quale metterete un poco di litargirio;
2° date due mani di verde di pergolato sciolto nell'olio di noci.
In campagna si usa molto questo verde in olio, per dipingere le porte, i
controventi, i pergolati, le panche da giardino, le griglie di ferro e di legno; insomma
tutte le opere di legno e di ferro che devono essere esposte alle ingiurie dell'aria.
Il verde da pergolato si compone una libbra di verd-de-gris semplice ogni due
libbre di ceruse; si frantumano l'uno e l'altro separatamente nell'olio di noci e in esso si
stemperano.
(Vert de gris: nom vulgaire de l'oxide de cuivre qui se forme à la surface des
vases de ce métal. Nom de l'acétate bibasique de cuivre, dit dans le commerce verdet.
dal Dictionnaire general de la langue francaise du commencement du XVIIe siecle
jusqu'a nos jours, Paris fine XIX secolo)
Sequenza desumibile:
1- bianco a olio di noci diluito con olio di noci e litargirio
2- due mani di verde a olio di verderame (1 parte) e cerusa (2 parti)
Osservazioni:
Anche a Cornigliano vengono usati verderame e biacca per persiane, rastelli del
mare e per le casse del giardino.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.22
ms 340 Biblioteca Correr di Venezia (tardo '600) (riletto dalla fonte) citato in V.
GHEROLDI, Ricette e ricettari. Tre fonti per la storia delle tecniche delle arti alla
Biblioteca Queriniana di Brescia (sec. XVI-XVII), Brescia 1995
5.
Per dare il color di noce a doi porte
Prima dagli una mano di colla di ritagli potente, sutta la colla dagli terra d'ombra
con un poco di terra rossa et un poco di terra gialla, mezza He in tutto, e tutto
macinato, dagli liquido il colore.
Ciò sutto dagli di novo tre o quattro mano di colla una dopo l'altra, quale quando
sarà sutta piglia mezza libbra di littargirio che vale ?:12 la libbra e fallo bollire
mettendovi una He e mezzo d'oglio di noce per un'ora e poi dallo sopra le porte
Item se vuoi dalli lustro di rasa e acqua di rasa distemperati insieme.
----Vernice bollita con acqua di rasa
----Item Piglia colla di ritagli overo colla todesca e dagliela una o doi volte poi dagli
oglio di lino con littargirio d'oro, sutta la colla se vorrai farvi le macchie dagli doi mano
di gesso sedazzato e stemperato con la medesima colla, di poi piglia terra d'ombra in
pane cotta nel fuoco e poi macinata e stemperata col suetto oglio, e per far lustro sutto
che sarà l'oglio dagli due o tre mani di colla todesca sola.
Sequenze desumibili:
5a finto legno
1- colla di ritagli
2- (in olio) terra d'ombra, gialla e rossa molto diluito
3- tre o quattro mani di colla (senza aspettare l'asciugatura di ogni mano?)
4- litargirio bollito nell'olio di noce
5- vernice di colofonia e trementina? (lustro di rasa)
5b per fare le macchie:
1- colla forte una o due volte
2- preparazione a gesso
3- terra d'ombra in olio di lino
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.23
4- litargirio in olio di lino
5- due o tre mani di colla todesca sola, per far lustro
Osservazioni:
La fonte è un manoscritto, che non ho visto interamente, ma che contiene diverse
specie di ricette e aneddoti, per cui sembra essere meno specialistico dei precedenti,
infatti vi si riscontrano errori e imprecisioni più evidenti: che senso ha frapporre diverse
mani di colla tra due colori? e perché si suggerisce la colla forte (tedesca) invece della
più adatta colla di pelli? Inoltre non è chiara la funzione del litargirio, che qui sembra
essere utilizzato come seccativo, ma che potrebbe essere considerato un pigmento.
6.
Per far porte dipinte e lustre
Rs colla di ritagli overo colla todesca una o doi volte, oglio di lino bollito con
litargirio d'oro.
Sutta che sarà la colla se vi vogliono fare le macchie vi si diano doi mani di gesso
in pane sedacciato e stemperato con la medesima colla.
Di poi terra d'ombra in pane cotta nel forno e poi macinata e stemperata con il
medesimo oglio.
E per far lustro sutto che sarà l'oglio vi si diano doi o tre mani di colla todesca
sola.
Sequenze desumibili:
1- colla di ritagli o todesca (come se fosse lo stesso) una o due mani
2- litargirio e olio di lino (bollito)
3- due o tre mani di colla todesca sola, per far lustro
1- colla di ritagli o todesca (come se fosse lo stesso) una o due mani
2- preparazione a gesso e colla
3- terra d'ombra in olio di lino
4- due o tre mani di colla todesca sola, per far lustro
Osservazioni:
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.24
La colla stesa sul legno prima della preparazione ha una funzione di
miglioramento dell'aderenza delle stesure successive. In generale questa ricetta
appare plausibile.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.25
Narrazione dell'esperimento e discussione dei risultati
La prima difficoltà incontrata nel mettere in pratica le ricette è stata il reperimento
della materia prima; non è difficile trovare una idonea tavoletta di legno, pennelli, olio di
lino cotto, terre colorate; più raro ma accessibile è l'olio di noce, praticamente introvabili
biacca e litargirio.
Un problema a parte è stato anche l'esatta definizione di ceruse, in un primo
momento identificata con la biacca semplice mentre, ad un approfondimento presso lo
stesso autore, è indicata come qualcosa di più complesso:
"La céruse est ce même blanc de plomb broyé avec de la craie ou marne; celle
qui nous vient d'Hollande est plus d'usage dans la Peinture." Ma, prosegue l'autore,
non si riesce a trovare in Francia un materiale equiparabile a quello olandese, le crete
bianche prodotte nella sua patria sono trop légeres, trop friables, e non forniscono
abbastanza corpo al bianco di piombo che, di per sé, non ne ha. (E ciò è risultato molto
evidente nell'esperimento condotto). E da dove lo trae la cerusa olandese, che ne ha
molto, se non da un additivo?
"La céruse se distingue du blanc de plomb par sa couleur, qui est moins blanche,
& par son poids, qui, a volume égal, est moins lourd." Si mescola con tutti i colori e li
rende più belli e brillanti, li rende più coprenti ed è più seccativa, grazie al minerale che
contiene. Si trovano in commercio ceruse di Roma e di Crems (cittadina danubiana)
ma sono molto care. 10
A questo punto occorre capire che sorta di materiale sia questa creta o marna da
lui descritta. Nel testo la distingue da altre crete come il blanc de Bougival anche detto
blanc d'Espagne, molto simile è il blanc de craie che si usa per fare matite o à blanchir
des plafonds, se ne trova in Champagne, in Borgogna, a Meudon vicino a Parigi e in
altri posti del Regno.
Oggi conosciamo il Meudon, una farina fossile silicea, che, alla prova, ha dato
buoni risultati.
D'altra parte una tradizione orale che appartiene a falegnami di serramenti dice
che per dare il colore alle finestre va benissimo mescolare calce all'olio;11 in questa
indicazione bisogna intendere la calce ben carbonatata e resa quindi una polvere
10
11
J. F. WATIN, L'art du peintre, doreur, vernisseur, Paris 1773, pp 19-20.
Comunicazione orale di A. Grimoldi.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.26
inerte inattiva, perché altrimenti, essendo una base fortissima e l'olio un acido grasso il
composto saponifica.
Alla fine delle prove di riproduzione delle sue ricette Watin ha dimostrato di
potersi considerare affidabile, infatti conosce gli argomenti che affronta per esperienza
diretta, e li espone già con uno spirito scientifico; anzi, essendo un commerciante di
colori, probabilmente rientra nella sua logica di fornire precise indicazioni per una
buona riuscita dell'applicazione di prodotti che egli stesso fornisce.
Il problema, con lui, riguarda il fatto che spesso non siamo più in grado noi di
capire le sue affermazioni, perché tirano in ballo nozioni ormai desuete.
Per quanto riguarda l'utilità delle sue ricette nella comprensione dei documenti in
esame si può osservare che nei conti sono presenti ingredienti necessari quali biacca,
olio di lino, terre coloranti e in massicce quantità, ma non è altrettanto evidente quel
componente della cerusa che abbiamo visto essere fondamentale.
Ad esempio:
1758 16 agosto Conto di colori in cui:
libbre 1 verde Ramo
soldi? 6 terra verde di Verona
libbre 1 ritargirio
libbre 3 terra rossa
libbre 3 detta gialla di Roma
ritargirio d'oro
minio
terra d'ombra
biacca, ritagli di guanti, gesso in pane
n° 3 pennelli da s 1
n° 1 detto di Bologna grosso
n° 1 detto
n° 1 penello di Bologna grosso
n° 2 detti in piuma
un penello grosso e due da s 3
£ 2.-." -.18." -.8." -.6." -.12." -.8.-
" -.12." -.12." -.12." -.12." -.4.-
Un'altra ipotesi possibile è che non venisse aggiunto nulla e si facesse un bianco
di piombo semplice, il che forse è giustificato dall'ingente quantità di biacca giunta in
cantiere, nonché dal suo uso non pittorico, lo stesso Watin, infatti, indica la cerusa
come più usata in pittura.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.27
Meno affidabili, invece, sono le altre ricette, o meglio, come già si vedeva nelle
osservazioni, offrono indicazioni suscettibili di interpretazione; tuttavia alcuni punti fermi
vi sono riconoscibili come dati costanti della sequenza:
colla
preparazione a gesso per fondo su cui dipingere ex novo
terra d'ombra per il colore che imita il legno
litargirio per imitare le venature chiare
vernice finale per aspetto lucido
Il confronto con una descrizione di preparazione, pur se per pittura, può essere
utile a capirne le modalità di impasto e stesura:
Preparazione delle assicelle. Per preparare piccole assicelle che
ordinariamente sono di mogano, quercia, noce, cedro o tiglio, si procede nel
modo seguente.
Dopo aver accuratamente piallata la superificie su cui si deve dipingere, la si
pulisce con un pezzetto di pomice strofinandovi sopra l'olio di lino.
Per avere un fondo di lunga durata e servibile subito, si immerge l'assicella
nella colla calda diluita in modo che raffreddandosi non abbia a rapprendersi in
gelatina. Quando l'assicella sarà completamente asciutta, colla spatola e sulla
parte buona si stende uno strato sottile di gesso purgato (gessetto da pittore)
preparato con acqua collata, lisciando la superficie appena che sia asciutta con
olio e pomice.
Dopo 24 ore, si può dipingervi sopra.
Qualora si desiderasse una preparazione più consistente, si mescoli la biacca
in polvere con olio di lino o di papavero, in modo di ottenere una pasta
consistente quanto i colori macinati all'olio (dandole un atinta a piacimento,
coll'aggiungere il colore che meglio aggrada), per stenderla poi colla spatola
sull'assicella, in strato uniforme e di poco spessore. Quando la massa sarà
essiccata, la si passa colla pomice, lavandola, ogni tanto, durante l'operazione,
con la spugna leggermente imbevuta d'acqua.
La prima preparazione è però preferibile perché riceve meglio l'olio contenuto
nei colori."12
L'esperimento si è svolto seguendo le varie ipotesi fatte per ogni ricetta, sono
occorsi tempi lunghi di attesa - dell'ordine di giorni - (perlomeno così appaiono ai nostri
occhi) tra uno strato e l'altro necessari per l'asciugatura specialmente degli olii.
12
G. RONCHETTI, Manuale… cit., pp 456-7.
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.28
Sicuramente a questo punto del lavoro si sarebbe in grado di ricominciare a
svolgere tentativi con un grado di maggior raffinatezza, ma al momento risulta
impossibile dire quanti tentativi occorrerebbero e, in fondo, non conosciamo neanche
bene il risultato da raggiungere!
L'obbiettivo, pur minimo, di poter effettuare l'osservazione al microscopio ottico
dei campioni delle varie prove, comunque, è stato raggiunto e ha rivelato una
somiglianza con quelli antichi; ma, al momento del prelievo, si è potuta constatare una
scarsa adesione degli strati, forse dovuta a tempi o a spessori errati di stesura degli
stessi, anche quando l'effetto finale sembrava soddisfacente; questo problema si
manifesta nei campioni, osservati al microscopio, con una linea troppo netta tra uno
strato e l'altro, forse si dovrebbe cercare di stendere uno strato aspettando il momento
adatto: quando quello precedente non è ancora perfettamente asciutto ma lo è
abbastanza per non venir intaccato dal pennello.
Un obbiettivo più difficile ovvero quello di valutare l'affidabilità delle ricette stesse
può essere anch'esso considerato raggiunto, almeno fino a nuove indicazioni per
ripetere gli esperimenti con variazioni opportune. Vediamo i vari casi:
Con la ricetta 1, pur con l'avvertenza di usare il gesso adatto nella preparazione,
si ottiene un finto legno (la cui qualità visiva dipende dall'abilità del pennello) piuttosto
opaco, e restano i dubbi sull'utilità degli strati
di colla intermedi, anche se occorre tener
conto di possibili effetti differiti nel tempo, che
comunque non siamo oggi in grado di
valutare.
Le ricette 2 e 3 sono praticabili ed
efficaci, anche se a noi oggi mancano le
formule
esatte,
e
la
pratica
per
la
preparazione dei vari strati.
La ricetta 4 non si è ritenuto di provarla,
sia perché si ipotizza valida come le due
precedenti,
sia
per
la
mancanza
di
verderame.
La ricetta 5a, ha offerto diversi spunti interessanti, come il problema del lustro di
rasa, interpretato come vernice di colofonia e trementina, questa è di lunghissima
preparazione (diversi giorni per far sciogliere alcune decine di grammi di colofonia in
Decorazione dipinta delle ante delle porte p.29
100 cc di trementina) e non risulta lucida, per ottenere un effetto maggiore
occorrerebbe disciogliere più colofonia ma con qualche procedimento particolare, per
ora non rintracciato. Il litargirio nell'olio di noce imita un colore di venatura chiara ma la
stesura su più mani di colla è impraticabile (com'è ovvio pensando all'effetto del ritiro di
un olio, molto elastico, su di una colla, con superficie molto liscia), non solo, la stesura
di questa colla su di uno strato di olio con pigmenti crea un effetto simile al ghiaccio,
che si accentua con il tempo, che pare del tutto indesiderabile. Non resta che
concludere che questa ricetta è troppo confusa per essere applicabile.
La ricetta 5b ottiene un bel finto legno anche se non con la colla forte su cui la
preparazione scivola e la finitura a colla tedesca offre un bel lucido. Occorre tener
presente, però, che resta solubile in acqua e perciò si tratta di una finitura molto
delicata.
La ricetta 6 è quella che ha ottenuto il risultato più simile a quello che è stato
ritrovato sulle porte di palazzo Reale, ma è davvero improponibile nella versione con
colla tedesca, il ritiro della preparazione su di essa è macroscopico anche effettuando
passaggi di cartavetro dopo l'asciugatura dei primi strati, in modo da ridurre il ritiro
causato dallo scivolamento su di una superficie troppo liscia, che resta comunque
notevole.
In generale si può osservare che attorno a queste ricette può essere compreso
come il procedimento per verniciare le porte a finto legno fosse complesso,
specialmente tenendo conto del fatto che può sembrare inutile: le porte sono già di
legno; evidentemente la qualità ottenibile con l'imitazione superava la realtà, quasi che
il finto legno divenisse un'idealizzazione del legno stesso.
Serramenti p. 1
serramenti
vetro nelle finestre
La questione della misura delle lastre di
vetro e del sistema di
montaggio non è stata
ancora chiarita ma potrebbe avere una notevole
importanza nella datazione dei serramenti stessi.
Un documento del 1722 elenca il numero
Disegno del sec. XVII, con finestre a piombi e vetri a rombi. E:
GAVAZZA, Lo spazio dipinto, Genova 1989, p 136.
degli elementi (lastre, chiappe e quadretti) che
vengono posti in opera in ogni finestra, parte di nuova fornitura, parte di reimpiego. Le
misura di questi è indicata in un'altra lista,
Nota fatta à primo Giugno 1718 di vedri, christalli, piombo, trappe di ferro per
telari di vedro, trappe di ferro per cortine e per portiere, tutta robba levata dal
palazzo di s Filippo Nerio e dalla casa che hò acquistata dalli
fidecommissarij del q Agostino Lomellino q Bonifacio, quale robba si
conserva per porla à lavoro à suo tempo.
Provando ad incrociare questi dati, anche con la costruzione di apposite tabelle,
si osserva che:
1)
i vetri nuovi che sono chiamati lastre sono pagate a cassa, per un totale di £
43.5.4 a frontedi una fornitura di 220 pezzi;
2)
quelli idetti chiappe hanno due prezzi, soldi 2.10 o soldi 2.4 l'una, confrontando i
totali si vede come il loro costo sia nettamente inferiore a quello delle lastre: £
52.19.8 per 374 pezzi e £ 54.12 per 468 pezzi;
3)
i quadretti trovano impiego solo al piano della cucina, sono forniti a un solo soldo
per uno. Nei documenti di Cornigliano sono citati6 quadreti a mostacolo, che si
possono immaginare romboidali e posti in opera come quelli della figura a destra:
Serramenti p. 2
Finestre in un vano scala di un edificio genovese
4)
i vetri reimpiegati sono anch'essi di tre generi: 43 christali (detti anche chiappe di
cristallo), 542 quadrotti di vetro intieri senza i mezi e una serie di chiappe di queste
dimensioni, i numeri 1 e 2 sono la quantità di vetri che occorre per riempire una
finestra da m.1,2, per 4 nel primo caso e da m. 1.2 per 2 nel secondo:
numero
once
once
cm
cm
area
numero 1
numero 2
512
11
9
22,7
18,6
423,0
113,5
56,7
79
13
8,5
26,9
17,6
472,1
101,7
50,8
150
11
10
22,7
20,7
470,0
102,1
51,1
486
10
9
20,7
18,6
384,5
124,8
62,4
248
10,5
7
21,7
14,5
314,0
152,9
76,4
350
9,5
7
19,6
14,5
284,1
168,9
84,5
325
9
7
18,6
14,5
269,2
178,3
89,2
686
8,5
6
17,6
12,4
217,9
220,3
110,1
130
8,5
7
17,6
14,5
254,2
188,8
94,4
480
7
5
14,5
10,3
149,5
321,0
160,5
5)
in generale vengono poi posti in opera con le seguenti quantità per serramento:
Serramenti p. 3
numero vetri
telari
arve
divisione
nome
ubicazione
165
10
16,5
chiappe
al piano del miradore
156
4
39,0
chiappe
nel guardarobbe
1224
48
25,5
chiappe
nelle mezzarie superiori da padroni
96
9
10,7
chiappe
nelle suddette mezzarie nobili
93
3
31,0
chiappe
mezzarie nobili superiori
48
2
24,0
chiappe
al piano di sala dell'appartamento superiore
3680
23
160,0
chiappe
finestre del piano di sala dell'appartamento superiore
288
8
36,0
chiappe
mezzarie più alte del piano della sala
11,2
chiappe
del detto appartamento
56
5
374
150
4
192
12
chiappe
dell'antisala dell'appartamento superiore
37,5
chiappe
ovati che danno nel vacuo
16,0
chiappe
nel
piano che framezza
gl'appartamenti inferiore e
superiore
chiappe
del sito come sopra
400
40
10
40,0
chiappe
del piano della cucina
116
8
14,5
chiappe
nel caragollo
2480
20
124,0
chiappe
finestre dell'appartamento inferiore
94
1
94,0
chiappe
nella
finestra del
gabinetto
dell'appartamento
nobile
inferiore
252
7
264
62
1
chiappe
mezzarie
24,0
chiappe
al piano di cucina
62,0
chiappe
ad una mezzaluna a piano del portico
352
8
44,0
chiappe
al piano del portico
313
12
26,1
chiappe
al piano del portico
1534
28
54,8
quadretti
al piano del guardarobbe
49,8
quadretti
al piano della cucina
598
6)
11
36,0
12
confrontando le tabelle si osserva la corrispondenza fra le quantità di vetri apposti
ai serramenti e il calcolo basato sulle aree, per cui è confemato
l'utilizzo di quelle pezzature.
Resta da capire la tecnica di inserimento dei vetri nel telaio ;
sicuramente esiste ancora l'irrigidimento del telaio mediante trappe
di ferro, se usano ben 2598 nelli telari da vedri di tutta la fabbrica, e
probabilmentesono fissate ai telai mediante migliaia di stachette da
riga stagnate e alcuni chiodi da solaro.
Un documento di Cornigliano ci precisa la tenica per ottenere
trappe:
Inserimento vetri con
petit bois, dalla
tavola VI del vol.
Ebeniste-Menuisier
dell'Encyclopédie di
Diderot e D'Alambert
2a metà XVIII sec..
Serramenti p. 4
per spesa di ferro tirato alla strafira per fare le trappe per li vetri in peso libre
23 a soldi 6 la libra
£ 6:18
per aver fatto n° 62 trappe nel detto ferro per mia fatura soldi 1 per ognuna £ 3:4
per aver fatto nel suo ferro vecchio n° 86 trappe da vetro per mia fatura 1
soldo per ognuna
£ 4:6
Se nel caso del montaggio con profili di piombo il ruolo delle trappe è
fondamentale e diverrà inutile con il petit bois, il sistema a bacchette di legno descritto
nell'Encyclopédie, si possono ipotizzare due situazioni di passaggio da un sistema
all'altro:
le piccole lastre di vetro sono montate direttamente con ferro, che viene
-
proprio chiamato:
ferro da vedro per fare 12 trappe per i portelli in peso libre 6 1/2£ 1:10:4
ma anche:
filo di ferro per fare trappe da vedro
oppure sono già montate con il legno ma si continua ad irrigidire il telaio con
-
stanghette di ferro (come in figura)
In
entrambi
i
cantieri
si
usano,
nel
montaggio delle trappe, stagno, per rivestire il
ferro,
conto di Carl'Antonio Capello
stagnaro di havere stagnato le
trappe de vedri
e lama, lamiera, Rocco Paganino usa anche
pece greca (una resina),1 mentre un documento
di Cornigliano esplicita le quantità:
84 1763 3 settembre Conto con
Palazzo Pallavicini, un serramento dipinto
quitt.a di £ 106 di Pietro Assereto
Quale periodo rappresenta?
vetraro
Tellari nuovi n° 58 serviti nella fabrica di Cornigliano inclusi n° quattro nella
scuderia posto chiappe n° 688 come conto d'accordo a s 1.8 l'una£ 56.6.8
trappe n° 96 di ferro poste a lavoro a s 1 l'una
£ 4.16
piombo rubbi n° 6 1/2 posti a lavoro in dette a £ 7 il rubbo
£ 45.10
Non è chiaro, nel cantiere di città, perché si
parli di arve, telai e finestre: forse si tratta di
sinonimi ma non si può scartare l'ipotesi che, nel
caso dei telai, l'anta fosse unica o addirittura, nei
1
Cfr capitolo stucchi, nota 5.
Finestra dipinta a pal: Imperiale, Genova
In un telaio basso si contano 24 vetri.
Serramenti p. 5
casi più semplici, non fosse apribile a cerniera , ma a vasistas oppure semplicemente
appesi. Nel seguente documento si parla di:
bartolomeo scirano falegname ha fatto un setto di commodità, ha aggiustato
e nettato quattro porte di noce, cioé la grande che dalla stanza vicina al
gabinetto porta e conduce nel detto mezzano la quale è stata tagliata e
postili li ferri e serrature e tre picciole nella prima stanza del detto mezzano
le quali si sono adattate alli portali di detta stanza, ha fatto tre telari da
finestre, tre telari da vedri le arve a due finestre, et accomodato le arve
inferiori nuove che erano nel gabinetto alla terza cioé ad una delle tre
finestre nel detto mezzano essendo le dette tre finestre nel vicolo di San
Filippo Neri, ha fatto telari da finestra e telari da vetro alla stanza del troglio
dell'acqua e altrove, colla, porta di comodità
Nello stesso cantiere arrivano anche duemila lastre di vetro da Venezia, che si
può supporre vengano messe in opera in qualche vano non compreso nell'elenco
precedente, come ad esempio sembra essere per le stanze principali del primo piano
nobile.
Su queste questioni i documenti di Cornigliano forniscono dati più completi.
Anche qui arrivano, nel 1753, vetri veneziani, si tratta di lastre pagate ben £
2923.4.5, di misura circa 25÷30 cm, cioè non molto più grandi di quelle di inizio secolo
ma probabilmente più spesse e luminose (attributi del cristallo):
Casse dodeci lastre di cristallo da mezzo brazzo di lastre numero 250 per
cassa incerchiate e benissimo conditionate
Casse dieci lastre di cristallo da mezzo brazzo di lastre numero 260 per
cassa incerchiate e benissimo conditionate
Altre 54 sono del 1771:
Nota del costo di lastre n 54 vetri grandi pagato in £ 146.10
fatti venire da Venezia compreso nolo, gabella e porto, per la sala di
Cornigliano
Ma sono ancora moltissime le chiappe, che sono riassunte nella seguente
tabella:
Serramenti p. 6
chiappe
telai
chiappe ogni telaio
162
12
13,5
24
4
6,0
48
4
12,0
4360
392
11,1
364
30
12,1
20
2
10,0
92
16
5,8
240
20
12,0
1320
98
13,5
146
11
13,3
242
18
13,4
96
16
6,0
177
13
13,6
48
4
12,0
162
12
13,5
Facciata di villa Durazzo a Cornigliano
che vengono poste in opera sia con piombo sia con stucco, questo ormai forse
solo con bacchette di legno, alla francese, come vedremo.
Nei locali minori si continua l'uso di piombo:
1761 15 settembre Conto del vetraro Bruno pagato in £ 5:4
per n° 4 telari e fatti nuovi per Cornigliano n° 48 chiappe a soldi 1:8 l'una £
4
per n° 12 trappe di ferro poste a lavoro a soldi 1 l'una
£ 0:12
per fattura del piombo vecchio
£ 0:12
per n° 12 telari fatti novi posto chiape 162 a soldi 1.8
£ 13.10.per libbre 36 piombo novo servito per detti nella stanza dove abita il prete £
8.8.per n° 42 trappe poste a lavoro a soldi 1
£ 2.2.
Mentre per le finestre principali
il numero di chiappe per telaio, rispetto al
cantiere di inizio secolo, si riduce notevolmente e corrisponde a quanto ancora visibile
in facciata; in altre parti dell'edificio alcune finestre potrebbero essere più tarde visto
che vi risulta va ancora impiegato il piombo.
Molto significativa la precisazione sulla forma e sulla sostituzione, ancora nel
1757, di un sistema con l'altro, una modifica in corso d'opera:
Per n° 392 telari fatti di chiappe posto chiappe n° 4360 con spesa di stucco
e lama, fattura alla francese a soldi 4
£ 872
per 11 telari fatti con piombo e rifatti di chiappe alla francese nella sala
grande pezate postone n° 146
£ 20
La lama potrebbe essere quella sorta di spatola impiegata nello stendere lo
stucco?
fatto una lastra per il vedraro da metere il stucho a vetri
86 1763 20 ottobre Conto con quitt.a di £ 38 di Pietro Assereto vetraro
Serramenti p. 7
per n° 18 pezi de telari fati nuovi a cornigiano 16 nella frabica nuova e uno
dove abita Gaetano il carosiere e latro dove abita il Prete, posto chiape
numero 242 a sodi 1:8 luna
£ 20:3:4
posto piombo nuovo rubi 2 e una libra alie 7 a rubo
£ 14:6
per numero 45 trape poste a deti per mia fatura a sodi 1 luna £ 2:5
per n° 8 libre di stagno servito per tuta la frabica a sodi 16 la libra£ 6:8
Con il tempo si rende necessaria anche la sostituzione dei vetri rotti, che
compare in documenti del 1757, 1760, 1761, 1765, 1766… messi in opera sia con
stucco sia con piombo.
Per n° 10 chiape accomodate in stuco, 5 nelli fondi, una all piano dell
giardino e unaltra nella stansia delle donne e due ne coridore nelle mezarie
e unaltra dall porta della scuderia a soldi 4 l'una
£ 2:-:Per n° 5 accomodate in piombo 3 nelle antiporte delli fondi e due nelle
stansie delli carossieri a soldi 1.8 l'una
£ -:8:4
n° 8 chiappe accomodate in stucco per fattura a s 4 l'una £ 1.12
n° 5 dette in piombo accomodate alla scuderia a s 1.8 l'una£ 0.8.4
n° 6 chiappe accomodate in piombo, due in credenza e quattro in cucina a s
1.8 l'una
£ 0.10
per una chiapa posta in stucho nella galleria
£ -.4.per una chiapa posta in stuccho nella stanza degli uccelli £ -.4.per n° 3 sopraporte dove abita il prete posto chiape n° 12 a soldi 1.8
£ 1.per altra chiapa posta ad altro telaro
£ -.1.8
per una chiapa posta in stuccho in uno salotto
£ -.4.per una chiapa accomodata nella camera della signora
£ -.4.per n° 4 in piombo poste nelle stanze de cocieri
£ -.6.8
per una chiapa posta in sala in stucho
£ -.4.per altra in stuccho nelle mezzarie
£ -.4.per altra in stuccho in cucina
£ -.4.per altra in piombo in credenza
£ -.1.8
per n° 5 chiape in piombo dove abita il prete
£ -.8.4
Per n° 7 chiape accomodate in stucco, una posta a piano del portico, altra in
detto piano in uno salotto, due nelle mezzarie delle scale et altra dove
abitano le donne, e due nelle mezzarie sotto tetto
£ 1.8.per n° 4 poste in piombo in cucina
£ -.6.8
Un contratto del 1778 documenta una prassi, forse iniziata proprio a Cornigliano
dove si montano
9 tellari da balcone con apri e tellari di vetro che porgono nella corte nobile
con le cornici alla francese a £ 27 per ognuna,
di aggiornamento delle finestre per un importante palazzo di città:
1778 a 4 luglio in Genova
Conto del falegname Francesco Varzi per Paolino II Sauli q Domenico
Resta convenuto con maestro Francesco Varsi bancalaro il lavoro da farsi
dallo stesso cioé:
finestre n° 7 di palmi 17.8 alte, larghe palmi 6 a £ 55
Serramenti p. 8
dette n° 7 alte palmi 13.3 , larghe palmi 6 a £ 42
dette n° 3 alte palmi 12.8 , larghe palmi 6 a £ 38
quali finestre devono essere finite di tutto punto colli vetri alla francese
corniciate dentro e fuori, col zoccolo di vetri finite a lavoro colli suoi ferri,
colle arve snodate colle sue fodrine corniciate, e con obbligo dello stesso di
accomodare quelli telari maestri che fossero servibili, anco con qualche
giunta conveniente, e ridurli come se fossero nuovi, il tutto per li prezzi detti
di sopra di pura fattura per ogni finestra.
E detto lavoro deve servire per l'appartamento inferiore della casa da San
Genesio
cornici
Nel Seicento il vano della porta veniva sempre rifinito con una cornice di pietra,
dai casi più semplici di elementi di Lavagna lineari per arrivare ai portali decorati e, nei
casi più ricchi ed importanti, all'uso del marmo o della pietra di Finale.2
Nel palazzo
Pallavicini vengono reimpiegate cornici di marmo antiche (a cui
viene fatta manutenzione mediante lustratura, stucco e olio) e ne vengono acquistate
di nuove, a cui occorre preparare degli incastri per la messa in opera dei tre elementi
che costituiscono il portale, e vi interviene:
Francesco Gaggino marmararo per fare gli incavi alle porte o sia porta di
marmo per gorni di ferri per reggere le porte di noce.
Nella villa Durazzo compaiono invece cornici di finto marmo e braghettoni di
stucco:
per aver dato il colore a n°4 porte nelle mezarie nove con le sue pilastrate
machiate marmaresche
per avere lavato la porta finta nel apartamento verde e tuti li braghetoni di stucho e
darli una mano
Con tutta probabilità il termine braghettone si riferisce ad una cornice che, non
essendo più di materiale lapideo, viene semplicemente appoggiata, nel caso di uso di
legno, o decorata, nel caso di stucco, alla superficie del muro, in cui potrebbe essere
presente comunque un elemento di ardesia a regolarizzare la bucatura.
Nell'esame di palazzo Reale si sono riscontrati tutti questi casi.
ferramenta
guarnimenti
Le finestre del piano di sala del palazzo di Paolo Gerolamo sono dotate di:
n° 96 mappe da vedro doppie con giglio quadro per li balconi a piano di sala
£ 62.8
2
Cfr al capitolo sui materiali e A. DECRI, Per un glossario sull'uso della pietra per le
finiture nell'edilizia genovese dei secoli XVI–XVII, in Atti del VII convegno di Studi "Scienza e
beni culturali - le pietre nell'architettura: struttura e superfici", Padova 1991.
Serramenti p. 9
per n° 96 occhietti per dette
per n° 32 ferrogiali da vedro con gamba
per n° 32 criche da vedro
per n° 32 accricatori con due ponte
per n° 32 tarantole per le gambe dei ferrogiali
per n° 16 ferrogiali con suoi mezzi per mezzo de vedri
per n° 32 annelli da vedro limati con sue rosette
£ 6.12
£ 28.16
£ 20.16
£ 4.8
£ 3.4
£8
£ 9.12
Mentre le porte sono finite in questo modo:
per il guarnimento de ferri per la porta di sala dell'appartamento superiore,
cioé n° 6 mappe e n° 6 gangari ben fatti lustri con spina con pomo e due
ferrogiali lustri con gamba e pomi et una serratura con sua mezza lustra da
cricca e stanghetta con due chiavi e sua bochetta e sue gaccie e due annelli
ben fatti e chiodi limati in tutto
£ 80
per due gangari grossi per la porta di sala in peso libbre 11 £ 2.15
per contanti spesi per n° 4 pomi di ottone
£ 6.8
per n° 8 bochette di ottone a soldi 5 l'una
£2
fornimenti di porte di noce n° 10 a piano di sala con ferri come sopra tutti
lustri
£ 235
A villa Durazzo3 le finestre principali sono guarnite con le moderne4spagniolette
grosse e mappe con canto, ma ve ne sono anche di quelle dotate di sistemi più
antichi:
fatto una guarnezione di uno balchone di vetro
cioé 4 mappe e 4 ogetti e due criche con due ponte e due ferugiari e due
anelli a balaustro in tuto
£ 4:4:
per due mappe da vetro e due ochieti e una cricha e uno crichatore
ingenochiato e
fatto una pastecha a una cricha da vetro
£ =:2:8
Mentre nelle arve, cioé scuri, si trovano le
mappe a parpaglione
i ferrogiari con sue cambrette che servono per tenire serrato le dette arve,
n° 1 spagnoletta limata con la sua manetta incastrata e il suo pomo col suo
suppo' a sigio e sue punte da piantare a £ 8 l'una
ve ne sono anche alcuni con le arve disnidate al mezzo.
Le porte, forse comparendo per la prima volta proprio nel cantiere Durazzo,
possono essere a braghettone (una ventina nei salotti dei vari piani), cioè con un telaio
di legno al posto della tradizionale cornice di pietra, che viene messo in opera con
appositi ferri:
per aver fatto un finimento di porta a braghetone cioé n° 7 ferri da murare
ingenochiati con sua vida di oncie 3 a soldi 14 l'una
£ 4:18
3
4
I dati sono meno espliciti, di solito si paga di guarnimento senza meglio specificare.
Le prime a Genova?
Serramenti p. 10
Molto diffuse sono le cosiddette porte finte, ovvero quelle che sono destinate a
confondersi con la superificie del muro. La descrizione del loro guarnimento ricalca
molto da vicino quanto si riscontra ancora nel secondo piano nobile di palazzo Reale:
guarnimento di n° 20 porte finte ciove n° 40 mappe a parpaglione con ochio
da murare e con spina levaressa e n° 3 ferogiali con anello per aprire e n°
17 chriche con anello a scartocio per sudette porte e con ferugialetto
una seratura a scatola da chrica e stangheta con ferogialetto e anello con
griletto per porta
£ 76
Vi sono ferri che possono venir impiegati sia nelle finestre sia nelle porte, come i
braccetti per tenere le ante aperte,
n° 32 brasseti con suoi ochi da murare e 32 da piantare che servono parte
per le porte e parte per le finestre a soldi 6 l'uno
£ 9:12:=
o i parpaglioni, che servono a fissare i telai fissi al
muro (cfr anche le mappe a parpaglione)
Paganini 1857 (tav. XXXIV): 7
per n° 18 ferri da inchiodare e murare fatti a
parpagion parpaglione
palpaglione per li telari delle finestre e porte
per due ferri da murare e inchiodare a parpaglione per li telari delli balconi di
un palmo
8 parpaglioni di o. 4 limati sopra il ganghero per porte nelle mezzarie
o i pivots, chiamati polsi o porxi o pousi o pouxi, che trovano impiego sia in porte
sia in gelosie, e sono probabilmente elementi nuovi; sono costruiti con:
per aver fatto n° 4 puosi cioé due di sopra e due di
sotto con sua femina desnodati e sua spina
levaressa
£ 7:8
e sono realizzati con metalli e leghe diverse:
1756 à 20 febbraio Conto di pivots di bronzo
n° 6 pouxi in peso cannelle 31.5 a soldi 22 la c. £ 37:18
n° 6 altri piccoli a 3.6.8
£2
pagate al maestro Francesco Maria Dalorto
1755 a' 22 settembre Conto di pivots per porte
per n° 20 porxi a £ 1
£ 20
per n° 18 simili picoli a soldi 6.8
£6
6 dicembre 1769 Conto di Francesco Marcenaro
ottonaro
22 marzo per n° 8 porsi di ottone per le gellosie £ 10.8
26 novembre 1771 Conto di Francesco Marcenaro
in cui: n° 4 porsi di bronso gitati nel ferro per le
gellosie di Cornigliano a soldi 30 l'uno
£6
1755 @ 26 febbraio Conto di pivots di bronzo per
le rimesse
avere ottone vecchio
n° 8 polzi di bronzo libbre 35 a soldi 20 la libbra £ 35
per n° 2 polzi di bronzo più piccoli a soldi 8 l'uno £ 0:16
per n° 24 tagliette di bronzo a soldi 8
£ 9:12
Paganini 1857
(tav.
XXXIII):
1 porta a peuxi - uscio a
bilico. U scio sostenuto
inferiormente su di un
Pernio o bilico (a) (peuxo)
girevole sopra un rallino
(b) (d a d d o ) o dado
metallico fermato a piano
del pavimento, e avente
nela parte superiore una
spranga di ferro che gira
in un ane llo, o in una
Nocella (c) (daddo) così
detta dalla forma globosa.
Serramenti p. 11
Una novità introdotta nel cantiere di Cornigliano sono le spagnolette, sistemi di
chiusura delle finestre che si azionano mediante due rotazioni successive e diverse
della maniglia. Ad alcune di esse viene applicata una
lucidatura a spirito (su cui occorre intervenire dopo un
paio d'anni), ad altre un non precisato colore:
1755 a' 30 ottobre Conto di vernice per le
spagnolette
Spirito di vino e gomma lacca in più volte
per vernice delle spagnolette
£ 60.10
aver dato il colore a n° 11 spagnolette
giontato una spagnioletta per essere curta
e fata arivare da serare in fondo e fato n°
Paganini 1857 (tav. XXXIV): 11
2 ochi e il gancio e tirato il ferro per essere
spagnoletta, (Firenze torcetto)
grosso
specie di paletto alto quanto l a
finestra le cui estremità curvate
n° 62 ferri a te con ponta ritonda per
orizzontalmente imboccan ne'
incrociare le spagnolette e da murare
pernj conficcati dentro al telaio.
1757 a 20 agosto Conto di lustratura di
a - maniglia che serve a
spagnolette (firmato da Bartolomeo Bruno)
torcerlo
15 giornate de lavoranti fate per lustrare le
mappe de vetri nelli apartamenti sopra a £ 2 al giorno
£ 30.-.per avere lustrato a oglio n° 40 spagniolette per suddetti per avere fato la
rugine e per darli la vernice a soldi 30 l'una £ 60.-.-
In generale i ferri sono resi lustri e tenuti ingrassati:
guarnicione di n° 5 telari de balconi delle mezz'arie nobile
spesa e fattura del grasso datoli osia vernice
Una parte importante nei serramenti di Cornigliano la svolgono le gelosie, che
invece nel cantiere genovese non sono quasi citate, forse erano già presenti, oppure
erano rarissime e sarebbero poi state aggiunte più tardi.
Si fanno con squere,
per pagato ai segatori per fare segare le squere per fare le tavolette
£3.13.4
e si colorano con verderamee biacca;
22 luglio 1764 Conto di travagli fatti da me Alberto Morasso (…) nel palaso a
Corniliano
Per avere dato due mani di colore a n° 40 finestre di gelosie grandi da una
parte sola e le grosese di dette gelosie a lire 2:10 per finestra che sono
£
100
per avere dato il colore a n° 3 fenestroni di gelosie grandi di sala a lire 3 per
finestra
£9
per avere dato il colore verde come sopra a n° 24 gelosie picole a lire 2 per
finestra che sono
£ 24
Serramenti p. 12
per avere dato il colore a n° 4 finestre di gelozie con suoi pogioli di ferro
sopra le ocelere a lire 2 per finestra, pogioli e gelozie che sono £ 8
per avere dato il colore verde a tuti li grileti delle gelozie in tuti £ 4
Non tutte nascono insieme alle finestre, ancora nel 1771 ne inseriscono di
nuove, con l'aiuto del muratore, o dello scalpellino se si innestano su cornice di pietra,
mentre altre vanno rinfrescate:
6 agosto 1767 conto del falegname mro Giuseppe Peirano per aver fatto le gelosie
alla cucina e scuderia
(detti balconi di gieloxia, fatto segare n° 20 squere)
17 maggio 1769 Conto di mro Giuseppe Peirano bancalaro per fatture e
spese di gelosie a 4 balconi et altri accomodi, pagato in £ 230
24 dicembre 1771 (25 maggio) Conto di mro Giuseppe Peirano per lavori
fatti a Cornigliano pagato in £ 90
Per aver fatto due balconi di geloxie grandi alli balconi al piano del portico
per fattura di dette a £ 32 per balcone
£ 64 per avere fatto li architravi corniciati di sopra a dette geloxie e fatte le sue
tavole di sopra che servono per tetti a £ 5 per ognuna
£ 10 n° 259 1771 lista di spese per manutenzione e usi di casa £ 151.17.8
F-19
29 maggio £ 10.7 per rubbi 1 1/2 biacca per dar tinta a gelosie della sala
inferiore e soldi? 5 colla per falegname
£ 10.12.2 giugno a Giacomo de Luchi scalpellino per giornate cinque impiegate in
lavori per metter suddette gelosie et accomdo della scala segreta verso
ponente
£ 10.-.al muratore Lorenzo Lurasco per giornate 8 in lavori per metter dette gelosie
et accomodo di detta scala
£ 16.-.al lavorante del muratore Lorenzo Parodo
Una manutenzione caratteristica è il rinnovo di alcune parti usurate:
per giornate fatte per ripassare porte e balconi e geloxie e scambiare delle
righe a dette geloxie
La loro guarnizione cambia a seconda dell'importanza del vano dove si trovano,
ad esempio quelle della scuderia e cucina sono dotate di ferri più semplici:
n° 62 mappe a parpaglione con bechello a sol. 8 l'una
n° 44 cricche e ferroggiari doppi a sol 16
n° 22 anelli a balaustro
limati li chiodi per porre in opra detti ferri
24.16
35.- 3:6
1:10
invece nelle mezz'arie di cima verso Genova troviamo alcuni oggetti esclusivi o
dei più moderni:
4 polaghi ingenochiati simili de altri soldi 40 l'uno
n° 2 ochi simili de altri
n° 2 bronzini inazzaliti simili a altri
una spagnioletta con due rampini e n° 3 ochi incastrati e con manetta longha
palmi 5 circa
Serramenti p. 13
n° 2 ponte con due ingenochiature e da murare una per batente e altra da
incrociare suddetta altra ponta d aimpiombare
n° 2 griletti simili de altri
n° 2 lamette per ove bate sudetti griletti
un rampino simile de altri per la manetta della spagnioletta
per n° 8 fornimenti a gierosia cioé quattro polici ingenochiati a squadra di
palmi uno e onze tre per banda a soldi 34 l'uno
£ 6:16:=
per n° 2 occhi con due bronzine di ferro da murare per li detti polici a soldi 12
l'uno
£ 2:8:=
per n° 3 cricche con sua pastecha e suo bottone da piantare che servono
per tenere aperto le gilosie a soldi 4 l'uno
£ 2:8:=
per n° 2 cricattori di un palmo da murare col suo dado bollito dove sbatte la
gilosia a soldi 14 l'uno
£ 1:8:=
per n° 1 spagnoletta con sua manegia e suo suppo' con n° 4 punte cioé due
da murare di mezzo palmo e .. 2 da impiombare più picole @ £ 7 l'una
£
7:=:=
la sudetta roba é un fornimento che in tutto sono otto fornimenti (…)
£
140
Contodel fabro Gaspare Bruno per ferramenti di gelosie per 4 balconi alla
serra, pagato in £ 119
in cui: Per la guarnizione de feramenti per n° 4 gelosie grande simile a quelle
del pogiolo grande di sala state pagate £ 22 per guarnizione£ 88.-.n° 64 perni fati a amandoleta per le tavolette di dette
£ 6.8.n° 8 bochete con due gambe da inpombiare per li ferogiali di fondo a soldi
6.8
£ 2.13.4
n° 7 griletti grandi per tener aperto dette a soldi 30 l'uno £ 10.10.n° 7 lamette per batente de detti
£ 1.15.un bracietto e un ochietto per un'arva de dette
£ -.8.n° 6 lamette per altre gelosie e poste
£ 1.10.fata la lama a un ferogiale da gelosia
@ 18 aprile fatto 8 ferri con patta e buchi da murare per finestre di gelosie di
peso…
fatto altri 8 simili di medesimo pezo
£ 2.15
@ 13 maggio fatto la patta a due pomi da murare per finestre di gelosie di
manifatura
£ 0.3.=
fatto due detti nuovi con patta da murare a sold i 4
£ 0.8.=
Serramenti p. 14
anelli
Prima delle maniglie a spagnoletta, quando il sistema di
chiusura era costituito solo da mazzacavalli o altri paletti, per
tirare l'anta di una finestra e spostarla in posizione si usavano
anelli. Similmente si usavano anelli per le porte, anche con
funzione di battente .
Nel cantiere Pallavicini sono forniti a decine anelli a
balaustro oppure limati, oppure a balaustro ordinarij, tutti con
sue rosette, usati per li telari da vedro, o per le porte, compare
anche un annello da vedro rottondo. Sono completati da
dobioni, (dogoni, dopioni) e vengono stagnati.
Finestra con anelli
A Cornigliano troviamo gli stessi e alcuni per porte detti grossi, per cui come
sistema di chiusura era ancora molto usato; vi
sono inoltre:
n° 30 anelli con dopione e rosetta a
amandoletta lustri per li vetri de
mezzarie nobili
n° 46 anelli a balaustro da vedro di
mezza qualità a soldi 3:4
£ 7.-.£ 7:13:4
bochette e gaccie
Anello a balaustro di portone
La parola ha almeno due significati, uno di
finitura metallica della toppa,
per una bochetta a fiamma per serratura a
scatola lustra
n° 24 bochette di lama per dette serature a
soldi 28
e l'altro comune a gaccia:
per n° 86 bochette da impiobare per porte e
balconi
£ 24.7.4
n° 24 bochette da impiombare per ferrogiali
da vedro, balcone e porte
£ 6.16
che può essere anche detta mezza:
n° 19 serrature con sua mezza e bochetta
fatta a S ben limata
£ 98.16
Per essere messe in
impiombate o murate:
opera
possono
essere
per n° 8 gaccie cioé 4 da murare e 4 da
impionbare per le dette porte a soldi 5 l'una£ 2:=:=
Paganini 1857 (tav. XXXIV): 9
ferugià paletto, nel serrare si fa
entrare coll'estremità inferiore (a) in
un'intaccatura, ovvero in una
bocchetta (b) conficcata nel telaio
Serramenti p. 15
Usate con cricche oppure con ferrogiali si possono trovare insieme a porte o
finestre, nelle varianti grossa o inginocchiata:
una gaccia da murare grossa per porta
n° 3 gaccie ingenochiate per li ferrogiari da vedro
a soldi 5 l'una
£ Ø:15:=
per una gaccia con tre gambe da murare et
impiombare per porta
£ - 12
£ -5
cricche e accricatori
Le cricche nelle finestre sono impiegate soprattutto nel
cantiere Pallavicini, e corrispondono a i mazzacavalli, azionati
da corde o fil di ferro, mentre
gli accricatori
sono
i Paganini 1857 (tav. XXXIV):
corrispondenti naselli, talvolta con due punte, simmetriche, per
accogliere i
10 cricca, paletto a molla o a
mazzacavallo
ferri (le stanghette) di due ante, talaltra con due gambe,
per essere
impiombati nella cornice di pietra.
n° 4 agrichatori con due punte da vedro a soldi 2 l'uno
£ 0:8:=
per due accricatori da murare con due gambe per le porte
fata la stanghetta a una cricca da vetro
£ -.6.-
A Cornigliano sono usati anche nelle persiane:
per aver fatto n° 8 criche per le gelosie a soldi 10 l'una
£4
Nelle porte i termini si riferiscono ancora ai mazzacavalli se posti superiormente
oppure alle serrature (cfr voce serrature), che funzionano con lo stesso principio:
per una cricca grossa con due chiavi e bochetta per la porta di piazza £ 5.12
per uno accricatore con due gambe per detta
per una cricca grossa et un ferrogiale per fondo et altro per mezzo con suo
mezzo il tutto stagnato per la porta di piazza in strada Lomellina in peso
libbre 30
£ 12
per uno accricatore grosso da impiombare con due gambe per la cricca di
sopra di suddetta porta
£ - 13
Possono anche essere semplici o doppi (di spessore?):
per aver dato n° 16 acrichatori da vetro doppii grossi a soldi 2 l'uno £ 2:12
per aver dato altri 14 acrichatori semplici da vetro a soldi 1 l'uno£ 0:18:8
per adattarsi a posizioni particolari possono essere piegati:
per n° 3 agricattori da vedro inginochiati da murare a soldi 2:8 l'uno £ Ø:8:=
Si usano con le tarantole, discusse alla voceferrogiali.
24 accricatori e tarantole da balconi
£2
Nel caso di impiego come serratura si nota uno svilupparsi delle parti, con
diverse funzioni, nel cantiere di villa:
per aver fatto tre criche con suo anello e giocho con vide e dado con suoi
acrichatori e bochette
£ 5:=
Serramenti p. 16
per avere fatto una cricha simile più grossa con uno ferrugiaro da serare
indentro con sua molla sotto, e fatto un acrichatore da murare con due
gambe ingenochiate e una tarantola in tuto
£ 2:10:
per una cricha nova da patta con suo anello e giocho a griletto con sua
bochetta e acrichatore da murare serve per una porta vicino alla fenera £1:16
Tutti questi oggetti hanno inoltre diverse varianti non ancora chiarite:
n° 16 cricche con molla da livello ben limate
£ 19.4
n° 16 accricatori da murare con due gambe per le porte delle mezzarie
£8
n° 106 cricche da balcone con molle da livello
£ 132.10
n° 70 cricche con molla da livello con taglia
£ 105
n° 34 cricche da vedro con giglio quadro
£ 22.2
per n° 42 cricche da balcone con taglia e due molle
£ 63
per n° 70 cricche da balcone con due molle
£ 84
ferrogiali
I ferrogiali , paletti, si usano per tenere chiuse ante di porte e
di finestre,
per n° 16 ferrogiali con suoi mezzi per mezzo de vedri£ 8
n° 22 ferrogiali da balcone con pomo per mezzo de
balconi con suoi mezzi
£ 27.6
per chiodi limati per detti
£-3
per n° 2 ferrogiari da incastrare con sue cambrete che
servono per una delle dette porte a soldi 16 l'uno£ 2:12:=
possono perciò essere messi in opera in verticale, e si
inseriscono in appositi alloggiamenti della soglia o dell'imbotte o in
Paganini 1857
(tav.
XXXIV): 9
ferugià
paletto, ne l serrare si fa
entrare coll'estremità
inferiore
(a)
in
un'intaccatura, ovvero in
una
bocchetta
(b)
conficcata nel telaio.
bocchette, o in orizzontale, nel qual caso ci vuole ancora una bocchetta da fissare alla
cornice o all'anta opposta:
per una cricca grossa et un ferrogiale per fondo et
altro per mezzo con suo mezzo il tutto stagnato per la
porta di piazza in strada Lomellina in peso libbre 30 £ 12
per una bochetta per il ferrogiale di fondo da
impiombare per sudetta porta
£ - 12
n° 18 bochette da impiobare per li ferrogiali di
suddette porte
£ 5.2
per aumentare la capacità di tenuta sono aiutati da una
molla
Paganini 1857 (tav. XXXIII):
24
fero morto ciatto,
paletto l 'asta piatta scorre
nei piegatelli (pasteche
ciatte)
ferugià palettino, paletto
simile al precedente, ma
molto piccolo, e perlopiù di
ottone che s'appone agli
usci per la parte interna
per avere fatto la mola a due ferrogiali da vedro
£-4
per avere messo la molla a 10 ferrogiali da vedro £ - 10
per n° 6 ferrogiari con trappa con sua lama batuta e sua mola sotto e sua
gambretta che servono per le dette porte a soldi 30 l'uno £ 9:=:=
Serramenti p. 17
mentre per tenerli in posizione aperta, come può essere utile in certi casi, vi si
aggiunge un trategnio.
Quando invece il ferrogiale assume funzione di serratura sarà necessario
aggiungere un arboretto (cfr figura 14 di Paganini):
n° 3 ferrogiali inginocchiati con arboletto per porte di commodit࣠2.8
ferrogiari stagnati con suo arboretto per porte di commodità £ 1.12
oppure un anello con vite:
per uno ferogaro per la porta da coginetta insenogiatto con suo anelo inviatto
con suo dado
£ =:16
Presentano diverse finiture dell'impugnatura: lo scartocio, il pomo , il pometto, il
pomo ovato
n° 20 ferrogiari con gamba ben limati con pomo £ 24
e possono avere la parte piatta (cartella) sagomata a giglio quadro:
n° 68 ferrogiali da vedro con giglio quadro
£ 44.4
n° 16 ferrogiari da vedro doppij con giglio quadro per le mezz'arie di sala a
soldi 16 l'uno
£ 12.16
Quando la loro lunghezza viene esasperata, per
rendere più comodo il loro uso, vengono detti con gamba
oppure con trappa;
se ne trovano di varie misure, dal Paganini 1857 (tav. XXXIII): 27
ferugià co a trappa, paletto
palmo e mezzo ai cinque palmi e mezzo (da 40 cm fino a
140 cm circa ).
due ferrogiali per porta per andare in cucina con gamba di palmi 3 lustri£ 9.12
ferrogiali da balcone con gamba lunga palmi 2.8
per n° 32 ferrogiali da vedro con gamba
£ 28.16
Esistono anche piccoli paletti, probabilmente da
montare in un apposito incavo del serramento:
n° 80 ferogialetti con pometto e da incastrare
per le mez.e de balconi a soldi 6.8 l'uno
£ 26.13.4
Un componente spesso citato con i ferrogiali, (per le
Paganini 1857 (tav. XXXIII):
gambe dei ferrogiali da vedro o da porta) ma anche con gli 14 andelo nottolino specie di leva
interna (a) infissa a
squadra in
accriccatori e con le serrature, sono le tarantole, che non un'asticciuola (bc = erboetto) che,
uscendo fuori dal coperchio della
sono facili da identificare.
per n° 28 acricatori da balcone e n° 20
tarantole
porta nel coridore, 4 tarantolette per li
ferogialetti del vetro di detta
n° 30 acricatori con n° 15 tarantore da balcone
duppie a soldi 2:8
n° 20 tarantole e 20 accricatori da balcone
toppa termina in p r e s a
(de
maneggia), finimento metallico del
fusto
(erboetto) del nottolino
£ 3.13.4
acconcio ad esser preso e volto
colle mani; secondo la forma
£ -.8.prende
il no me di gruccia
(scrossua) pallino (pommo)
maniglia
(maneggia) ec.
£ 6:=:=
£ 3.6.8
Serramenti p. 18
Ne esistono anche di piccole, le tarantolette.
Possono essere:
da impiombare
da vedro da impiombare
doppie
da balcone doppie
da balcone grosse
per fare tre tarantole nove, due insenogiatte da due parte in longhesa oncie
7 de gamba manifattura de sudette a soldi 6 l'una
£ =:18:=
per due gangheri e una tarantola da piantare per aregere la tronba di peso
libre 3
potrebbero corrispondere ad un nome antico di pasteche (pasteche di ferrogiali)
5o
di cambre o cambrette:6
1
2
Disegno di Anna Boato
fatto n°2 cambre per un balcone nel polaro o sia tarantole
infatti si usano per gli stessi scopi:
24 cambrette stagnate con due gambe per da piantare per ferrogiali
n° 38 cambrette che servono per le gambe dei ferrogiali
£ 3.16
per n° 32 tarantole per le gambe dei ferrogiali£ 3.4
per aver fatto n° 2 ferrogiari con trappa uno di palmi 3 e l'altro di palmi 5 1/2
con sue cambrette
£ 4:10
a meno che non se ne distinguano per essere quella particolare pasteca che è
dotata da un lato di una piccola gamba di ferro
piatto che, appoggiandosi alla stanghetta, la
mantiene in posizione perché è foggiata in modo
da servire da molla, come si vede in figura, in una
cricca e in un ferrugiale.
Paganini 1857 (tav. XXXIII): 23 f ero
morto, catenaccio, chiavistello
ab- bastone che scorre negli anelli c, c pasteche rionde
d - bocchetta, gaccia, tonda ingessata
nel muro
e - boncinello, cainasso, ch'entra nella
feritoia (bochetta o imbocatua) d'una
toppa
5
Cfr Paganini, tavola XXXIII, vi compaiono pasteche rotonde (anelli) e piatte.
Garzanti 1987: Cambra: grappa metallica a due punte con cui si tengono uniti elementi
di costruzioni in legno. Cambretta: chiodo ricurvo a forma di V a due punte.
6
Serramenti p. 19
mappe, gangheri e occhi
Murati, cioè inseriti direttamente nella muratura (mediante una
pata da murare), o impiombati, fissatialla cornice di pietra, o piantati, Paganini 1857 (tav.
XXXIII): 5 gàngao -
probabilmente quando martellati nel legno degli stantiroli,7.i gangheri arpione, ganghero,
cardine
, arpioni, sono l'elemento adunco su cui ruota la mappa, che vi è
collegata mediante un occhio.
Misurano fino ad un palmo, ve ne sono anche da otto once, e altri adatti a vari
usi
n° 12 gangheri da murare di palmi 1 che servono per porte £ 4.16
due gangari da impiobare per porta di cucina
£ - 18
per due gangari grossi per la porta di sala in peso libbre 11 £ 2.15
Trovano impieghi anche diversi dal cardine, come:
n° 12 gangheri inginocchiati servono per reggere li seitri d'un salotto
£
3.10
per due gangheri e una tarantola da piantare per aregere la tronba di peso
libre 3
Le mappe possono essere :
per manifattura di fare n° 4 mappe masce in longhezza once 10 a soldi 4
l'una
£ =:16:=
per manifattura di fare due mappe femine in longhezza uno parmo £ =:8:=
sei paia di mappe maschie e femine lustre con pomo sotto e sopra per la
porta per andare in cucina
£ 9.12
per n° 3 mappe per porta di luce a piano di sala maschie e femine con spina
con pomo
£ 4.10
In tal caso saranno necessari, al posto dei gangheri, gli occhietti, che si trovano anche
doppi, o grossi, da impiombare o da murare:
n° 8 occhietti da impiobare grossi per li balconi
£ -13
n° 102 occhietti da vedro
£ 5.2
n° 13 ochietti da murare per li vedri di finestre sopra le porte della servitù a
soldi 2 l'uno
£ 1:6:=
per aver dato n° 44 ochieti da vetro dopii
£ 2:4
Di mappe ne esistono di molte varietà:
mappe da vedro con giglio quadro per balconi
mappe da vedro doppie con giglio quadro per li balconi
a piano di sala
£ 62.8
mappe snodate per balconi
mappe da vedro a due canti
per avere accomodato n° 8 delle sue mappe da vedro e
messoli a parte li suoi canti a soldi 3 l'una
£ 1.4
7
Paganini 1857
(tav.
XXXIII): 6 mappa bandella, i l suo occhio
(a) si fa ent rare nell'ago
o pernio dell'arpione
Elementi lignei con cui venivano fatte le porte o strutture leggere di tramezze nei secoli
precedenti.
Serramenti p. 20
per avere accomodato 24 delle sue mappe da vedro parte fattovi l'anello
nuovo ingenochiate e misole le sue mane'a soldi 2 l'una£ 2.8.per avere fatto 24 oggetti da vedro per le dette mappe £ 1.4.per 4 mappe da vetro mezane e 4 ochieti in tuto
£ 1:4:
n° 8 mapette da vedro quadre con suoi ochi da murare a soldi 8 l'una
£
3:4:=
per aver fatto n° 12 mappe dopie a squadra per le gelosie a soldi 12
per mappe a T per porte
n° 2 mappe a Tei con suoi gangari limati da murare che servono per la porta
della vidraria delle donne a soldi 30 l'una
£ 3:=:=
quelle usate nelle porte variano di lunghezza tra i due palmi e i tre (50÷75cm
circa)
per avere accomodato adrizzato e fatto stagnare n° 120 mappe di palmi 3 £
34
più piccole (cinque once fino a due palmi e mezzo, 10÷65cm circa) quelle da
finestra, che sono spesso a squadra:
per due mappe desnodatte longe oz 5 per balcone
£ =:12:
n° 60 mappe di palmi 2 1/2 stagnate per balconi del primo appartamento in
peso libbre 43.6
£ 56.11
per n° 96 occhietti per dette
£ 6.12
Compare nei due cantieri la mappa a parpaglione , usata nelle finestre ma
specialmente nelle porte, si montano soprattutto con occhi, da piantare nel legno o da
impiombare nella pietra e si fissano con una spina levaressa, cioè sfilabile:
per 2mappe a parpaglione inginocchiate lustre per il balcone finto£ 1.8
n° 54 gangari e mappe a parpaglione per arvi grandi
mappe a parpaglione per porte
per n° 6 mappe a palpaglione inginocchiate per la capella
£6
per due mappe a parpaglione e due occhi da impiombare con spina
levaressa per una porta nel salotto della capella
£ 1.16
porte finte ciove n° 40 mappe a parpaglione con ochio da murare e con
spina levaressa
per n° 16 mappe a parpagione grosse ocn sedeci gangheri da murare che
servono per le porte al piano nobile in due arve a soldi 34 l'uno£ 27:4:=
per n° 4 mappe a parpagione con li suoi gangheri da murare ma più picole
che servono per le porte finte al piano nobile a soldi 28 l'una£ 9:12:=
una mappa a parpaglione con magetta e buchi
per due mappe da porta a parpaglione con ochio da murare e spina
levareza per una porta vicino alla capella
£ 1:4:
mappe a parpaglione con ochi da piantare e spina levareza£ 1:10:
Mentre è una novità di Cornigliano la mappa alla francese.
Inoltre trovano impiego anche per altri manufatti:
4 mappe a parpaglione lustre con spina per il camino
20 mappe da vedro dopie con giglio per il miradore
£ 2.16
£ 6.13.4
Serramenti p. 21
adattandosi alla bisogna, ad esempio con uno snodo:
due mappe snodate a parpaglione ben fatte per sedile di commodità
£
- 16
n° 8 mappe snodate grosse con due occhi di palmi 2 1/2 £ 14.8
mappe desnodate longhe oz 6 per uno portello di uno locho comune
per havere accomodato n° 12 mappe snodate aggiontate e messe in misura,
cambiato le spine e stagnatea soldi 8 l'una
£ 4.16
uno bracio da porta con mappa disnodata e ribatutta a detto.
serrature
Alfredo D'Andrade, serratura genovese, da l ui attribuita al sec.
XVI, in cui è r affigurata anche una chiave da croce. In: M.
BERNARDI - V . VIALE, Alfredo D'Andrade, la vita, l'opera e l 'arte,
Torino 1957
Le serrature più semplici possono essere considerate le
seguenti:
per due stanghette con riondelle poste sopra di
sua lama per il polaio £ =:12:
una salicina con sua chiave per rastello
mentre si fanno via via più complesse a partire dalle più
antiche cricche, o serrature a cricha e stanghetta
per n° 1 cricha di porta finta al piano nobile con il
suo ferrogiaretto alla banda e suo anello
andarello con la sua vida
£ 2:10:=
una cricha con scartozzo da una parte e anello
con vite e griletto e molla a tamborino
n° 1 serradura da cricha e stanghetta con il suo
anello andarello in vida di aprire dentro e fuora
con sua chiave
fatto una seratura a cricha e stangheta in fondo
della schalla
£ 2:10:per una bochetta con due ponte per sudetta £ =:12:
Paganini 1857 (tav. XXXIII):
ciaveuia a
cricca toppa o
serratura a colpo o a sdrucciolo,
quella la cui stanghetta a mezza
mandata, per lo smusso che ha in
cima e per effetto d'una molla
interna entra da sé nella bocchetta,
qualora si dia una spinta all'uscio…
12 meza bocchetta
13 ciaveuia a cricca e stanghetta
toppa o serratura a colpo e
mandata, a stanghetta a c olpo
(smussa), b stanghetta a mandata,
c presa del nottolino
Paganini 1857
(tav.
XXXIII): 9 molla
erco
calcio (
a)
ripiegatura della molla
contro cui la chiave
striscia e pr eme e così
mette in libertà la
stanghetta mossa pur
essa dalla chiave
ombrisallo ago (entra
nel foro della chiave
femmina)
Serramenti p. 22
fatto il scharttocio a una seratura a cricha e stangheta e acomodata
£
=:12:
per avere fatto una seradura fatta a feroggiaro con un altro feroggiaro di
sotto con sua cartella e suo anello andaello d'incrostare per detta porta
£
2.16.per avere comodato una seratura da chircha arboletto comodata nella
bocheta e scontri e fatto giocare le mole serve per una porta nella villa de
pori levata e posta
£ 1;-.per aggiustare una stanghetta con aggiontovi n° 3 ferro et una pastecha
nova
per aggiustare una serratura da cricha con fare chiavi per detta
£ :18
per una chiave da croce
£ :16
probabilmente non dissimili dalle serrature piane, che troviamo
fornite di bocetta, o in una versione più piccola
n° 4 serrature piane mezzane
posseggono una parziale copertura, il capeleto:
achomodato una seratura piana tagliato la stanghetta e
levato il capeleto
£=:6:-
Paganini 1857
(tav. XXXIII): 10
capelletto
coperchio
forse similmente a quanto avviene in una
serratura coperta con sua bochetta di lama
per porta
£ 2:2
forse
sinonimo
di
serratura
chiusa;
mentre
possiamo immaginare completamente nascoste da un
rivestimento metallico (come l'ottone) le serrature a Paganini 1857 (tav. XXXIII):
scatola, a volte colorate di nero:
fatto una seratura a schatola con chiave e
cricha e stanghetta e scartosio e ferugialeto
e anello con doppione, con vide e dado per
porta
£ 7:10:
per una bochetta da inpiombiare con tre
gambe per detta
£ =:10:
per avere accomodato n° 3 serrature a
scatola con sue mezze e bochette e fatte
nere e lustrato le chiavi per salotti
£ 2.6
per avere accomodato n° 3 serrature a
scatola e lustrate e per avere lustrato le
chiavi di dette et accomodato il gioco per
aprire dentro e fuori et una di dette fatta
nera
7
ciaveuia
serratura,
toppa,
strumento che tiene serrati usci,
caase e simili, e s'apre con chiave.
Dicesi toppaiuolo il fabbro che fa
toppe. Le parti della toppa oltre il
fondo e il coperchio sono:
scontri
ingegni
(cfr altre
distinzioni),
stanghetta, (a) ha inferiormente
uno o più denti contro i quali preme
la chiave nell'aprire o serrare;
cricca stanghetta a colpo v.
digiunselle piegatelli (b) staffe di
ferro piegate a squadra dentro le
quali è sostenuta e scorre la
stanghetta
imbocatua feritoia (c) apertura
laterale della toppa dond'esce fuori
la stanghetta per entrare nella
bocchetta
nel cantiere Pallavicino si usa , ad esempio, per il portone d'ingresso
per una serratura grossa a scattola con sua mezza stagnata e due chiavi e
bochetta per la porta di piazza in strada Lomellina
£ 21
Una novità del cantiere Durazzo consiste nell'uso di serrature d'Inghilterra
Serramenti p. 23
per una serratura lustra fatta all'inglese con sua mezza e bochetta e vide per
la porta di sala nel primo appartamento in ascendere£ 22
n° 2 serrature d'Inghilterra per le mezzarie verso il mare£ 20
serrature piccole d'Inghilterra fasciate d'ottone a £ 10 n° 9
£ 90
dette ordinarie piccole nere a £ 2.6 n° 12
£ 24.12
dette come sopra ma più grandi n° 12 a £ 3
£ 36
e per altre due alla dritta come sopra a £ 10 e n° 3 alla sinistra a £ 9
£
47
per avere fatto li denti a una chiave d'Inghilterra del signor Gio Luca
£
0:10:=
per spesa di serradure di Inghilterra di lattone £ 32:=:=
Le serrature sono completate dalle mezze e da vari sistemi di azionamento,
anelli o pomi
per contanti spesi in n° 12 mezze serrature di ottone £ 42
per avere lustrato n° 4 annelli e rosette e molti pomi per le serrature in tutto £
1.12
infine troviamo anche casi particolari quali le serradure da rastello (cancello) o
l'uso di una serratura
a scatola da aprire di fuori e impernata con dadi sopra
un'inferriata, o le serrature inginocchiate. Esiste un fornitore specializzato in chiavi,
Carlo Grandi.
accomodi e manutenzioni
Il reimpiego dei ferri si spinge ad una continua azione sui singoli pezzi, in modo
da adattarli al nuovo uso, che non risparmia nessun elemento:
per avere accomodato 24 delle sue mappe da vedro parte fattovi l'anello
nuovo ingenochiate e misole le sue mane' a soldi 2 l'una £ 2.8.per avere acomodato 30 delle sue mappe vechie e agiustate nelli suoi
gangheri a soldi 2:8 di fattura
£ 4:=:=
Per avere acomodato n° 42 ferri da balcone delli suoi vechij cioé criche e
ferrogiari a soldi 3 l'uno
£ 6:6:=
per aver accomodato n° 28 fra criche e ferroggiari delli suoi e messovi le sue
molle a soldi 3 l'una di mia fattura
£ 4:4
per avere accomodato n° 108 pezzi di criche e ferrogiari da balcone, fatto
molle e rienzelle e stagnati a soldi 4 l'uno
£ 21.12
Per avere acomodato n° 4 delli suoi gangeri per le finestre e datoli giunta £
0:10:=
Per avere acomodato n° 12 delli suoi gangeri con n° 12 delle sue mappe da
balcone a soldi 5 l'una mappa e gangero
£ 3:=:=
oppure a riadattarli qualora si siano rotti:
Serramenti p. 24
spesa di lime molle e lami per agiustare tutti li ferri guasti che erano a
cronigiano £ 4
per levatto una seratura di uno restello di ferro alla marina dismontatta e
posto li schontri e di novo rimontatta levata e posta in opera con perni
ribatutti, e fatto due meze per detta con l'anello in tuto
£ 1:14:per avere achomodatto una seratura a schatolla per la porta del palazo,
posto li schontri e levata e posta in opera
£ =:12:
o a rinforzarli quando tendono a indebolirsi:
per avere acomodato n° 18 delle sue mappe vechie e agiustate nelli
gangheri e limate e molte imbotite a soldi 4
£ 3:12:=
spesso ricorre il rifacimento dei denti delle chiavi o del gioco della cricca perché
rotte
per avere attaccati li denti ad una chiave, quale serve per una porta della
cocina £ 0 10
accomodato una serratura a croce fatto li denti nuovi alla chiave£ . 10.
comodato una seratura a scatola di ottone nelli pomi e gioco della cricca £
-.8.comodato una seratura a scatola d'inghilterra, fati li denti alla stangheta e
fata andare bene
£ -.10.-
o per poterle reimpiegare
Per avere acomodato n° 6 serradure delle sue da porta e fattoli andare bene
sei delle sue chiavi vechie e scambiato a tutte li scontri che una non possa
aprire l'altra per mia fattura
£ 4:=:=
I serramenti tendono a deformarsi, sia per l'igroscopicità del legno, sia per
l'azione della gravità sul profilo opposto a quello delle cerniere, sia per l'usura dei ferri;
sono documentate infatti minuziose manutenzioni, i ripassi, nel 1758, 1769, 1770,
1773…
giornate fatte per ripassare porte e balconi e levato delli ferri e tornati a
ponere e ricomodare le geloxie
legno impiegato
Le essenze esplicitamente impiegate nei serramenti sono:
-
il noce, che compare solo nel palazzo Pallavicini ed è impiegato in alcune
porte importanti
tavole di noce di p 12 1/2 x p 2.3.11
mro Gio Batta Gesta pagato per manifattura delle porte di noce per li salotti e
sala e delle porte di legno nelle mezz'arie nobili superiori
-
il castagno di Corsica, per porte e per porteletti per la scisterna
1759 @ primo ottobre Conto del falegname Giuseppe Rolero e per una porta
nuova nella villa condotta da Picasso pagato in £ 24
fatta con castagna di Corsicha, tavole lun p 10 par p 10, con sue sprande e
batente, chiodi da besaro, chiodi da basto e colla
Serramenti p. 25
-
il cipresso per telai di finestre, per cancelli
e per la porta principale del
palazzo Pallavicino, in forma di canteri, tavole o legname generico:
n° 297 £ 100 per otto gran tavole di cipresso per la porta di piazza sopra la
strada Lomellina
1758 15 luglio Conto di legname per rastelli
Legname di cipresso per n° 5 rastelli cioé 4 al mare et uno nel viale di
Picasso £ 28
9 febbraio 1770 Conto di Giuseppe Moltino per legnami pagato in £ 100
N 8 canteli di cipresso per fare li tellari di balconi del in Cornigliano (Genova
canc.) cioé n 2 di palmi 12 un di palmi 13 e un d ip 10 e n 4 di palmi 9 che in
tutti sono palmi 83 a soldi 5.4 palmo
£ 22.2.8
n 1 di palmi 11 servito per Cornigliano a soldi 5.4
£ 2.18.8
-
le square di fiandra lunghe oltre quattro metri e spesse circa sei centimetri
per le gelosie e fare tellari delli buffetti di sala; per la guarnizione delle gelosie
stesse si usano squere sottili.
-
alcune tavole di pino:
per avere fatto una portetta alla cocina chi figura armario, tavole di pino e
chiodi.
Pavimenti pag. 1
Pavimenti
Le possibilità
di scelta per la realizzazione di un
astrico sono diverse, vanno dagli elementi appositamente
prodotti, siano essi di cotto oppure di materiali lapidei, ai
sistemi di stesura di un calcestruzzo battuto; in città non si
trovano invece pavimenti di legno, che cominceranno a
diffondersi nell'ottocento, come succede nel secondo piano
nobile di palazzo Reale.
Pietra e cotto
Nel seicento i pavimenti più lussuosi sono realizzati
con
ottangoli
e quadretti di terra1 che troviamo ancora
usati nel cantiere Pallacivini ma non in quello Durazzo,
anche se questo potrebbe dipendere dal fatto che si tratta di
una villa, in cui neanche nel secolo precedente sono stati
Quadretti di marmo bianco e
nero nell'atrio della galleria
di palazzo Reale
finora riscontrati questi manufatti.
La particolarità che emerge dai documenti qui studiati riguarda la provenienza:
invece di arrivare da Savona o da altre fornaci più vicine
ottangoli
Ottangoli e lagionetti di
e quadretti sono di Tunisi. Non è stato possibile terra in un ripostiglio di
palazzo reale Ottangoli e
avanzare ipotesi plausibili sulla causa di questo acquisto, solo lagionetti di terra in un
la lettura approfondita dei documenti che riguardano i rapporti ripostiglio di palazzo reale
commerciali di Paolo Gerolamo III potrà forse fornire qualche
indicazione utile.
In entrambi i cantieri sono presenti pavimenti di
chiappelle, particolarmente quelle ferriole, più cotte e più
resistenti all'usura e all'acqua, oppure di quadretti di cotto, a
Cornigliano sono impiegate anche1000 quadrette di oncie 15
in quadro fondo bianco con fiori di diversi colori fatte venire da
Napoli per il pavimento del bagno e luogo all'inglese, secondo
Ottangoli e lagionetti di
terra in un ripostiglio di
palazzo Reale
una moda che aveva già condotto maioliche napoletane
1
Cfr A. BOATO - A. DECRI, Il cotto nelle pavimentazioni genovesi dei secoli XVI e XVII,
in Atti del convegno "Superfici dell'Architettura: il cotto. Caratterizzazione e trattamenti", Padova
1992, pp. 247-256.
Pavimenti pag. 2
persino in una celebre villa settecentesca di Albisola,2 una delle zone di produzione del
miglior cotto locale, e 2050 pianelloni osia chiapelle più larghe e longhe delle nostre e
di pasta più fina venute da Pisa.
Per quanto riguarda i materiali lapidei a Cornigliano
troviamo pavimenti di portelli, grandi quadri di pietra di
Lavagna, ottangoli della stessa pietra, che vanno in opera
insieme ad un quadretto di marmo, e le speciali amandole di
bianco e nero.
Battuti
Astreghi battuti sono attestati a Genova nelle fonti scritte
a partire dal maggio del 1500;3 nel corso del seicento le
Quadretti di terra in
un ri
postiglio di
palazzo Reale
citazioni si moltiplicano, un documento del 16184 dice
chiaramente che bisogna eseguire un lastrico battuto fatto con ogni diligenza
benissimo spianato et fatto liscio e poi tinto di rosso, quindi si prevede la stesura di un
colore su un impasto non meglio definito.
In una descrizione di terrazzi veneziani della fine del XVI secolo5 sembra invece
che il colore venga mescolato all'impasto nello strato di finitura.
Pavimenti ancora oggi visibili nelle sale di alcuni palazzi
monumentali, come
Pellicceria, appaiono
ad esempio nel palazzo Spinola di
effettivamente
come
"laghi rosso
sangue". 6 Tuttavia manca una ricerca sistematica, attraverso
la quale sia possibile verificare su cosa sono stese tali finiture
superficiali, che spesso non coprono un battuto ma quadretti di
cotto.
Proprio nel primo nucleo dell'attuale palazzo Reale, nel
1643, sono eseguiti battuti
2
colorati con il cinabro;7
il
Salotto al
piano di
Spinola
secondo
palazzo
Villa Faraggiana, oggi proprietà del comune di Novara, fu costruita nel XVIII secolo da
Gerolamo Durazzo.
3
A. BOATO, Costruire a Genova tra medioevo ed età moderna tesi di dottorato in
Conservazione dei beni architettonici, VI ciclo, Politecnico di Milano, cfr pp 153ss anche per la
questione della provenienza veneta degli esecutori.
4
ASG, Notai antichi 4381.
5
F. Sansovino citato da A. BOATO, Fonti indirette e archeologia dell'architettura: una
proposta di metodo, in riv. Archeologia dell'architettura, III, Firenze 1998, p. 73.
6
Espressione di A. BOATO, Costruire a Genova… cit..
7
A. BOATO, Costruire a Genova… cit., n. 277.
Pavimenti pag. 3
documento dice: li astreghi della sala, camere al piano di essa e mezzani, si faran
astreghi batuti rossi de cinapro, e a tal fine viene fornito in cantiere un barile di cinabro
perché serva pe r dare il colore alli astrighi battuti delle stanze.8 Anche qui è possibile
ipotizzare una finitura rossa ma non si può escludere che il colore fosse incorporato
nell'impasto, proprio come appare nei pavimenti ancora presenti, permettendo di
conseguenza di avanzare l'ipotesi che i battuti rilevati al secondo piano nobile
appartengano a questa fase.
Nel 1667 si realizzano, in un palazzo della stessa strada Balbi, pavimenti alla
foggia di quelli di Venetia.9
Com'erano in questo periodo i pavimenti a Venezia? Sono diverse le descrizioni
e le ricette diffuse nei secoli, 10 ma esiste l'ipotesi che si tratti di getti continui dal
disegno indifferenziato, rossi per la presenza di cocci e per l'uso di cinabro.11
Nel settecento, sempre a Venezia, pare si diffondano invece quelli riccamente
decorati con tessere di pietre diverse.12
Nell'ottocento13 è indicato a Genova come pavimento alla veneziana un
pavimento formato d'uno strato di pezzetti di marmo, per lo più di diversi
colori e disposti a disegno, incastrati in un suolo di smalto, battuti e lisciati
insieme con esso
probabilmente lo stesso che oggi è detto pavimento alla genovese. A questo
proposito è interessante rilevare quanto riportato dall'Enciclopedia Treccani14 che
definisce "alla veneziana" il pavimento decorato con inserti di marmo e alla genovese
quello ottenuto con il solo impasto (calcestruzzo di cemento e scaglie di marmo) in cui,
nell'altro, sono inserite le tessere: gli esempi che stiamo per descrivere rientrano
sempre in questa descrizione e in quanto Paganini spiega sul termine battuto:
Batüo, battuto, suolo o pavimento di smalto, cioè di:
Batümme, smalto, composto di ghiaia e calcina mescolate con acqua e poi
rassodate insieme. Dicesi pure calcestruzzo e calcistruzzo specialmente se
alla rena si sostituiscono matton pesto e frantumi di marmo.
8
ASG, Notai antichi 6043.
Citato in G. MOR - RTOLUSSO - SSO ITTALUGA, Un'analisi delle pavimentazioni
seminate in area ligure: materiali tecniche e morfologie. In Atti del IX convegno scienza e beni
culturali, Padova 1993.
10
Per un riassunto Cfr A. BOATO, Costruire a Genova… cit..
11
G. MOR - RTOLUSSO - SSO ITTALUGA, Un'analisi… cit., p. 77.
12
Le cui ricette sono messe a confronto in G. MOR - RTALUSSO - SSO ITTALUGA,
Un'analisi… cit., pp 82ss.
13
P. A. PAGANINI, Vocabolario domestico genovese italiano, Genova 1857.
14
Citato in G. MOR- RANIUSSO - SSO ITTALUGA Un'analisi… cit..
9
Pavimenti pag. 4
Nell'ottocento a Genova viene chiamato alla veneziana un battuto uniforme così
realizzato:
n° 479 pavimento alla veneziana od a mosaico senza disegni, formato a
campo liscio sopra tre strati di impasto , il 1° composto di 1/3 calce in pasta
, 1/3 frantumi di mattoni, 1/3 ghiaietta avente lo spessore di m. 0.04 a
m.0.06, il 2° composto di 1/3 calce in pasta e 2/3 polvere di coccio finissima,
avente lo spessore di m 0.03, il 3° composto di 1/3 calce in pasta e 2/3
polvere di marmo avente lo spessore di m
0.05
Sopra
quest'ultimo
strato
si
incastreranno con diligenza dadi di marmo
grossi 15 millimetri, a vari colori per modo
tale che gli interstizii non sieno maggiori di
millimetri 4. Poscia verrà questa superficie
marmorea battura con mazzeranga e lisciata
a cilindro. Infine sarà ridotta lucente, con un
velo di olio di lino cotto e strofinato a perfetta
siccità.
Sembra quindi che si tratti di almeno tre manufatti
dalle caratteristiche diverse: il battuto finito rosso uniforme,
il seminato con l'impasto rosso e la ghiaietta colorata, la
"graniglia" a disegni; 15 questa distinzione potrebbe anche
avere un significato cronologico,
quest'ultima
sia
sicuramente
infatti sembra che
documentata
a
partire
16
dall'inizio dell'ottocento , mentre gli altri appartengono a
periodi precedenti e, proprio nel settecento, potrebbero
cambiare…
Nel cantiere di Cornigliano troviamo diversi battumi o pavimenti di batume, per i
quali viene fornito del sapone, forse per aiutare il passaggio dei ferri per spianare, dei
pezzami di mattoni, della savorina portata dal Gasso.
Questa viene fornita insieme ad arena e savorra e la si può ritenere una ghiaia
fine, mentre la savorra si usa per il pavimento della sera et per li fondi del palazzo ove
vi erano le fosse della calcina, quindi per un riempimento in cui risulta più adatta una
granulometria maggiore. Viene dal monte Gazzo, lo stesso da cui proviene la pietra da
calce, un calcare magnesiaco di colore grigio perla.
15
Così vengono definiti in S. DE MAESTRI, I pavimenti in graniglia a Genova, in riv.
Recupero e conservazione, n° 23,
16
Nel 1833 un veneziano residente a Genova offre i suoi servigi per quattro qulità di
seminati, dai più ricchi ai più semplici, cfr G. MOR- RSTRUSSO - SSO ITTALUGA Un'analisi…
cit..
Pavimenti pag. 5
1760 28 febbraio (un analogo al 10 giugno per £ 561:6)
Conto di pezzami di mattoni, embrici, fasci di bosco da pasteni, legname per
le ville in Cornigliano e Fino ivi provvisti da Giuseppe Maira Costa di Voltri
per £ 790.4.4
I frazammi di mattoni provengono da una fornace (via mare da Sapello)
i pezzami sono per i battumi (non si sa se sono sinonimi e se anche questi
provengono da una fornace)
1755 a' 10 settembre Conto di sapone
Per pani due di sapone per battumi rubbi 2 a £ 6
£ 12
Nel
conto
seguente
si
elencano
diversi
materiali
lapidei
minuti
per
pavimentazioni, come sono i rissoli, elementi per esterni, le già citate arena e savorra,
ma soprattutto si apprende che nei battumi sono entrati savorrino, mattoni e marmo:
1756 à 17 aprile Conto di gettito, savorra, arena
Mesura del gettito che ha levato Domenico Biancho nella villa aquistata delli
signori Porri portato nel giardino dell'Illustrissimo Signor Giacomo Filippo
Durazzo a Cornigliano in N° 27 mesure in tutto sonno canelle
N° 38
e più ha condotto savorino delle cave di Sestri alla fabrica som.
N° 153
e più ha condotto savora della spiagia della marina some
N° 190
e per risoli portati per acomodo della strada di Nostra Signora in Coronata
some
N° 22
e più per servitù di arena nelli orti alla marina in due fosse moggi
N° 7:43
e più per servitù di arena e savora per li battumi in N° 4 fosse bagniata nelli
fondi del palazzo in tutte le sudette fosse moggi N° 22:51 et si deduce delli
suddetti moggi per il savorino, mattoni, e marmaro entrato nelli battumi
pagati a sparte moggi n° 6 che restano a conto del suddetto Bianchi moggi
N° 16:51
rissoli per il pavimento della nuova rimessa
La lavorazione della superficie doveva essere lunga e continua se si è svolta
una veglia de battumi , e poteva rovinare i muri con schizzi di materiale se viene usata
carta stracia servita per coprire i muri.
Nella ricerca condotta a palazzo reale si sono riscontrati diversi casi di battuti, i
più risultano molto simili tra loro e spesso si trovano in vani che conservano molte
caratteristich edelle fasi più antiche dell'edificio.
Essi hanno composizione variabile di pietre macinate (come marmo, ofioliti e
rosso di Levanto) e coccio pesto, in un impasto di fondo colorato, e non presentano
tracce di colorazioni superficiali, ma anche se queste potrebbero essere sparite nel
tempo, sembra più probabile che l'inserimento di ghiaietta di
colori diversi sia una scelta estetica , quindi non soggetta a
copertura.
Sembra quindi di poter concludere che nei casi studiati,
sia dalle fonti scritte sia da quelle materiali, non siano ancora
pavimento nella sala
del tempo
Pavimenti pag. 6
presenti pavimenti decorati come quelli ottocenteschi ma neanche battuti nascosti da
una tinta rossa omogenea, delineando così una fisionomia propria per i battuti
settecenteschi, seppur ancora in forma di ipotesi e valida solo
fino alla metà del
secolo.
Lavorazioni
Per i pavimenti realizzati con elementi quadrati o ottagonali, siano essi di cotto o
di pietra, deve essere eseguita la squadratura di ciascuno delle migliaia di manufatti
prima della messa in opera,
ad Antonio Calimano scalpellino per quadratura di n° 2800 quadretti a soldi
18 il %
e successivamente la lustratura o fregatura
8 aprile a GIuseppe Bernati per quadretti fregati 3200 da esso quadrati e
non fregati 2250
£ 55.8.-
o la più semplice lisciatura, che troviamo citata per elementi di pietra di Lavagna
da esterno,
Un'indicazione sugli strumenti viene da un conto per la manutenzione dei ferri in
cui si precisa che i ferri dei maestri scalpellini che squadrano gli ottangoli e quadretti
venuti da Biserta sono: frappi, un (e più) massolo "impito", agogie minute, agoggie,
frappa reghasasti; con il frappo, usato con precisione, si può dare proprio quel colpo
utile a scagliare il bordo della piastrella per renderne la sezione trapezoidale,
operazione necessaria per migliorare l'aderenza alla malta del sottofondo e rendere
minimo lo spessore dei giunti a vista.
Esiste anche una forma di metallo che aiuta ad eseguire il lavoro con precisione:
per due ottangoli per squadrare gli ottangoli di terra per li pavimenti
£7
Sempre per lo spesso fine, forse da applicare a elementi di pietra invece che di
cotto potrebbero essere usati gli scopelli per li astreghi, poiché uno di essi viene:
comodato il scopello per li astreghi azzalito a modo di frappo
Pavimenti pag. 7
Sono
invece
da
attribuire
alla
lavorazione dei battuti, e sono riconoscibili
nelle figure qui riportate:
il ferro per spianare li
astreghi
una mazza per rompire li mattoni per fare il batume
n° 3 lastre pieghate al giro sotto a un mazabecho per rompire il batume per
astreghi
n° 2 cazzole grosse inazzalite per il battume de astreghi
n° 2 cazzole per li batumi grosse e ponta per il manicho
un ferro a modo di cazzola per li astreghi per aspianare alle muraglie li
astreghi
boglito e giontato ferro alla ponta di due cazole
n° 2 verie per manichi de cazole per astreghi
due verie per il manicho di due cazzole per detti
n° 2 ferri per batere il batume de astreghi
altro ferro grosso per batere li astreghi
altro ferro per batere li astreghi
In generale i ferri per astreghi vengono aggiustati, rinforzati e scelti come tutti gli
attrezzi del cantiere:
aver accomodato due ferri da lastrico scartati
due ferri da lastrico grossi
agiontato ferro a uno ferro da astregho
aver assalito due ferri da astricare
boglito n° 2 ferri per li astreghi per essere rotti nel manicho
£ 1.16
£ =:8:-
Lavorazioni da eseguire sui pavimenti finiti sono dare l'oglio, nei casi più
importanti fino a tre mani, per cui vengono comprati due pennelli da dar oglio a
pavimenti,
1757 à 30 marzo Conto del pittore a olio
Pavimenti pag. 8
G.B. Lupi per lavoro fatto a scarzo cioé per avere dato il colore a oglio a
pavimenti delli due corridori, uno che porta in capella e l'altro in cucina
1758 a 15 febbraio Conto del pittore Lupi
aver ripassata la seconda mano dell'oglio a pavimenti delle stanze a
tramontana e mezo giorno e corridore di belvedere dico
£ 40
o anche dare un colore,
1756 à 26 giugno
Conto di fattura di colorire a olio les entresoles
Al signor Lupi e compagni per aver dato la seconda mano di tinta a olio a
tutte le porte e finestre degli entresoles in Cornigliano, e date due mani di
colore a pavimenti in tutto a scarso
Probabilmente questa operazione
veniva eseguita su pavimenti di cotto
semplici considerando che nello stesso
periodo di uno dei conti sopracitati si
paga una squadratura di 1550 quadretti e
che
gli
altri
astrichi
sono
già
esteticamente finiti. Allo stato attuale
delle conoscenze si possono fare due
ipotesi
di
quale
potesse
essere
il
Applicazione di finto seminato su quadretti
risultato: un finto seminato, così come si
trova in qualche caso sopravvissuto,17
oppure veniva applicato un rosso ottenuto con cinabro,
un rubbo di cinabro per li pavimenti
circa 8 kg
23 gennaio prezzo di rubbi due di cinabro per li pavimenti
considerando che un colore rosso, detto bicocco,
18
£ 4.4.-
si riscontra spesso su tali
pavimenti; tuttavia, poiché, come visto, già dai secoli precedenti lo stesso cinabro
veniva impiegato per i battuti, permane un dubbio sul suo utilizzo e resta sempre la
possibilità dell'uso di altri colori o decorazioni, da verificare direttamente sui eventuali
manufatti ancora esistenti integri.
17
Uno è citato da A. BOATO, Costruire a Genova… cit.
Sulla composizione di tale colore, probabilmente derivante da un prodotto per uso
navale, al di là di quelli sintetici oggi in commercio, occorre ancora fare chiarezza con apposite
analisi, cfr anche A. BOATO, Costruire a Genova… cit., p. 156.
18
Pavimenti pag. 9
Anche perché all'inizio del novecento19 la coloritura ad olio sembra addirittura
presentata come alternativa a quella con cinabro, inoltre si prevede la possibilità di
colori diversi ch evengono comunque applicati su cotto:
La coloritura dei pavimenti con uno strato di biacca stemperata nell'olio di
lino cotto misto a colore da destinarsi, sarà fatta sui pavimenti in cotto
esistenti che l'Incaricato Tecnico indicherà.
Qualora si dovessero colorire pavimenti con uno o più strati di colore ad olio
o cinabro, si dovrà procedere prima colla generale scrostatura di tutti i giunti
e delle parti smosse, con ferro tagliente, e si farà un'accurata lavatura di
tutta la superficie con una soluzione di potassa caustica e si procederà poi
alla ristuccatura eseguita a varie riprese su tutte le commessure onde il
pavimento presenti una superficie perfettamente piana e liscia.
Quando la stuccatura sarà completamente essiccata si stenderà il primo
strato di colore ad olio o di cinabro secondo dei casi. Bene asciutta la prima
coloritura si applicherà la seconda oppure il primo strato di vernice grassa di
copale. E così di seguito pel secondo strato di colore o di vernice.
Infine un altro problema riguarda il cinabro stesso, come già sottolineato nel
capitolo sui colori, evidentemente con questo termine si identificano sia un pigmento
ben preciso, il solfuro di mercurio , sia altri materiali con cui era possibile imitarlo, ad
esempio l'ematite.20
19
Archivio Storico della Soprintendenza ai Beni Architettonici ed Ambientali di Genova,
Amministrazione della Casa di S. M il Re in Genova, Capitolati speciali per le opere provviste
da eseguirsi nel Reale Palazzo di Genova e sue dipendenze per conto dell'Amministrazione
della Real Casa, il coloritore, 1907.
20
Comunicazione orale del prof. Mannoni, che suggerisce l'ipotesi che il bicocco possa
essere composto da ematite e olio di lino cotto.
Stucchi pag. 1
Stucchi
Il termine
Il termine stucco oggi si riferisce a un gruppo di manufatti e materiali molto
complesso, sia per la varietà sia per la composizione; forse neanche l'idea della
lavorabilità per la resa figurativa riesce a raggrupparli tutti, perché ad esempio lo
stucco da vetro o quello da falegname alla fine assumeranno una superficie più liscia
possibile, o spariranno alla vista. 1
Sembra che tale insieme di significati nei documenti qui esaminati sia già
presente: quando Giacomo Maria Mutone stuccatore fa stucchi al primo e al terzo
salotto dell'appartamento verso strada Lomellina indubbiamente ci si riferisce ad un
lavoro di decorazione in rilievo su pareti e volte,2 così come quando Cesare Spatio
figlio di Bartolomeo fa lavori di stucco nella cappella dello stesso palazzo.
È ancora uno stuccatore colui che esegue vasi per il giardino, per i pilastri del
cancello e un delfino per la peschiera nell'orto.3
Nel 1766 Pietro Cantone realizza, per venti lire,
due modiglioni ne canti dun salotto nel palazzo di Cornigliano conpreso due
chiappe lavorate del scopelino per li sudetti modiglioni et due vasi alla
Marina
Qualche anno dopo, nel conto per accrescere i lavori di stucco in una galleria
dello stesso palazzo, si distinguono questi dallo zoccolo lustro, e si paga a parte la
lustratura, quindi il termine stucco si riferisce strettamente al lavoro in rilievo.
D'altra parte si usa la stessa parola per riferirsi al mastice con cui si fissano i vetri
al telaio della finestra:
1757 a 15 dicembre Conto del vetraro Antonio Maria Bruno
per n° 4 telari fatti di nuovo posto chiappe n° 24 a lavoro con stucho a soldi
4 l'una con spesa e fattura
£ 4:16:
o ad altro materiale ancora, quello usato per rendere stagni i giunti negli impianti
idrici: stuco per stucare le canali di trombete.4
Anche nella necessità di riparare un canale del aqua, occorre fare il stucho: in
questo caso si precisa che si tratta di un composto di sego e pece greca5 da mettere in
opera con i fili di canapa:
1
Il contenuto di questo capitolo è stato presentanto in gran parte nell'intervento A. Boato,
A. Decri, Stucchi genovesi, in Atti del convegno "Scienza e beni culturali, n° 17, Lo stucco:
Cultura, Tecnologia, Conoscenza", Padova 2001
2
E si tratta di un lavoro di notevole pregio artistico.
3
1758 31 dicembre Conto dello stuccatore Rocco Cantone.
Stucchi pag. 2
1757 a 15 ottobre Conto di sevo, pece, ecc per i canali
Spesa fatta per fare il stucho per acomodo della canale del aqua
per sevo libbre 6 0/4
£ 2.9.4
pecie greca libbre 10
£ 1.6.8
caneva libbre 1 1/2
£ .12.
Possiamo quindi interpretare come utile per lo stesso fine l'acquisto di 10 soldi di
pece e cera per gli stucchi, per il cantiere di inizio secolo, anche se permane qualche
dubbio che non si tratti di materiali utili a stampi, sulla scorta delle indicazioni del
Vasari che, nella vita di Giovanni da Udine, descrive uno stucco fatto a fuoco con
gesso, calce, pece greca, cera e matton pesto.
Si rileva comunque che gli stucchi decorativi esplicitamente citati dai conti
esaminati sono:
6
agraf di finestre
arme 2 al mare alle case
de manenti
braghetoni
cimase
contorni di sovraporte
cornici di quadri
facciate da tutte le parti
finestre
finestroni
frontoni
lesene
modiglioni
muraglie
ornato per quadri
per aver riquadrato la
stanza da letto del signor
Giacomo Filippo
porta maestra
vasi nel cortile
vasi sopra i pilastri del
rastello
volto (nel senso di volta)
4
103 1763 31 dicembre Conto di Francesco Marcenaro con saldo di £ 897
CERRUTI ROSTAGNO, sego o sevo: grasso di montone, di bue, di cui si fanno candele;
pece greca: lo stesso che colofonia, resina di Colofone (Asia Minore), sorta di resina.
PAGANINI (161a) teia de caneva: tela di canapa.
6
Agrafe, termine francese che significa aggancio e che indica il motivo nel mezzo
dell'architrave.
5
Stucchi pag. 3
Materiali e lavorazioni
Per quanto riguarda i materiali i documenti forniscono
poche indicazioni di ardua interpretazione.
Di quasi
certo utilizzo negli strati più superficiali
dell'opera a stucco è la polvere di marmo, che arriva in una
seconda fase del cantiere Durazzo (tramite due impresari)
nella cospicua quantità di circa 612 litri:
1 1762 21 marzo Conto di Carlo Gava per
polvere di marmo provista quarte 42 a soldi 6.8
8 £ 14, che riceve da Andrea Orsolino
Vengono citate in modo esplicito forniture quali quattro pennelli per li stuccadori e
libbre 1 terra nera provista al stuccadore Cantoni per dissegnare stucchi da farsi, si
tratta dei materiali necessari a tracciare sulla superficie da decorare le forme che poi
verranno eseguite in rilievo.
Un grosso dubbio sull'utilizzo resta per un massiccio acquisto di sabbia bianca di
Spagna, fornita via mare per la villa di Cornigliano: ne arrivano circa 20.000 kg; è stata
presa a bordo di un bastimento, il suo prezzo, basso, è pari al prezzo del trasporto
dalla nave al cantiere, £ 20; non è stato finora possibile determinarne l'uso né
qualificarla, l'ipotesi che sembra più promettente da verificare è che sia stata impiegata
negli stucchi, considerando la cospicua necessità di inerte bianco che vi é in una malta
per stucco, per lavori di notevole estensione.
1754 a 2 luglio Conto di sabia di Spagna e nolo di detta dal porto a
Cornigliano
Per some n° 140 sabia di Spagna bianca essendo ogni soma cantara 3
circa presa a bordo di un bastimento
£ 20
e per nolo a minolli portata in due volte a Cornigliano et ivi sbarcata £ 20
Si può anche segnalare un altro acquisto, per lo stesso cantiere:
1754 a 8 giugno Conto di sabia di Santa Margherita e forbici per giardino
per cantara (soprascritto:) anzi some 113 sabia cenere di Santa Margherita
per le facciate a soldi 14 la soma di cantara 3 se le paga £ 79.2
DI qualunque cosa si tratti viene impiegata per le facciate.
Nell'esempio già citato di realizzazione di due modiglioni7 in un salotto si
sottolinea la fornitura, da parte dello scalpellino, di apposite lastre di ardesia sagomate,
7
CERRUTI ROSTAGNO: modiglione, sorta di mensola che si pone sotto i gocciolatoi dei
cornicioni (per estensione mensola e pilastro)
Stucchi pag. 4
queste potrebbero, ragionevolmente, costituire la piana
posta sulla sommità
dell'elemento, ma anche essere annegate nello stucco come anima .
Sicuramente come base di strutture in aggetto sono impiegate armature
metalliche
n° 33 ferri con ponta di palmi 1.6 per regiere li stuchi delli balconi sotto la
detta arma
n° 8 ferri per li stuchi nella sala con due ingenochiature da murare e da
inchiodare
n° 16 ferri serviti per lavoro da stucchi da piantarsi di palmi n° 3 in peso
rubbi n° 4 e lire 1
n° 8 perni per piantare ne' stucchi di palmi 2 1/2 per ogni uno
n° 16 ponte di palmi n°1 servite per li stucchi soldi 3 ogn'una
in un altro pagamento troviamo
ancora lo spago servito per li stuccatori:
per tracciare gli allineamenti dei motivi
decorativi si usava infatti servirsi di una
cordicella intinta nella terra
nera
che,
tesa e poi pizzicata, lascia sul muro una precisa linea retta.
Una lavorazione a cui si fa esplicito cenno, senza però fornire dettagli sui
materiali è lo stucco lucido, applicato alla base della galleria, la cui lucidatura viene
però rico nosciuta in un dettaglio del pagamento stesso:
30 agosto 1769
Conto dello stuccatore per stucchi accresciuti nel billiard pagato in £ 54.3
Conto de lavori di stucho acresuti et zocolo lustro nella galeria o bigliard nel
palazzo a Cornigliano
per suddetti lavori
£ 51.15
speso per il lustro
£ .2.8
Finiture e manutenzioni
Coloritura e doratura
La cappella del palazzo Durazzo di Cornigliano, già
decorata nel 1755, viene ultimata nel 1761, come da
Conto del stuccadore per raccomodo de stucchi
della capella pagato in £ 15
Poi, nello stesso anno, nel corso di cinquanta giornate
di lavoro dell'indoratore Massa, la si perfeziona usando i
seguenti materiali: colla, gesso, biacca, terra verde dura, bolo,
azzurro, pennelli; precisando che occorrono £ 6 per macinare
Stucchi pag. 5
e aprontare detta roba; inoltre:
per avere aparechiato di geso e puglito n° 4 simace della chapella a 7: per
ogniuna
È interessante notare che queste cimase vengono apparecchiate di gesso e poi
lucidate: possiamo supporre uno strato sottile di gesso steso su motivi già esistenti (i
pagamenti per gli stucchi sono di qualche anno prima) per poter eseguire la politura
oppure un nuovo motivo decorativo che si aggiunge agli altri per completare l'impianto
decorativo.
Qui sembra invece che l'indoratore provveda anche a dipingere con bianco,
verde e azzurro i fondi, infatti ancora adesso le pareti si presentano di due tonalità di
verde-azzurro.
Anche se Watin8 precisa che alcuni materiali come la terra d'ombra, la cerusa,
l'ocra gialla, ecc, si usano per dare diverse tonalità al bolo ed ottenere diversi effetti
nella resa dell'oro o per creare colori che imitano l'oro stesso; e che queste terre
servono quindi al doratore come al pittore. Tuttavia il verde e l'azzurro non sono citati e
non sembrano infatti poter avere un'utilità in tal senso, per cui resta plausibile l'ipotesi
della coloritura svolta dall'ndoratore.
Di solito invece la coloritura degli stucchi era eseguita da altre maestranze,
diverse da stuccatori e indoratori, infatti sono il pittore Favaro e compagni (Brenni e
Veneziano) che impiegano diverse giornate per colorire i stucchi, di un gabinetto
stuccato in pieno. 9
Nel
seguente
caso
si
osserva
un
probabile
ripensamento,
deducibile
dall'"ancora", ma comunque occorre notare che ilcolore viene steso in due mani:
1758 11 settembre Conto di aver colorito gli stucchi della sala a manger
Per far colorire i stucchi della sala, cioé farci dare ancora due mani di tinta,
et anche a fondi
spesa e fatura al Lupi
£ 60
Nel 1762 sempre Lupi lavora a lungo:
29 luglio al signor Lupi pittore per giornate 28 in colorire gli stucchi
8
9
£ 56.-.-
Cfr J. F. WATIN, L'art du peintre, doreur, vernisseur, Paris 1773, pp 141 e 144.
1755 a' 29 ottobre Conto di fattura al pittore Favaro a Cornigliano
Stucchi pag. 6
Troviamo anche il pittore Alberto Morasso10 che, oltre al colore a ringhiere e altri
ferri, finestre, persiane, porte e cornici di porte machiate marmaresche, viene pagato,
insieme al suo lavorante:
per avere fatto io Alberto Morasso giornate n° 22 per colorire li stuchi £ 44
per avere fatto giornate n° 13 il mio lavorante a soldi 36 il giorno
Da un altro conto apprendiamo che un chilogrammo circa di biacca è stato
utilizzato per una base di un letto e per gli stucchi di un piccolo vano (studino), mentre
il resto dei materiali indicati difficilmente può essere messo in relazione con i
manufatti.11
È interessante rilevare questa indicazione sull'uso della biacca perché
corrisponde ad una ricetta cinquecentesca di stesura di un colore bianco sugli stucchi:
biacca, acqua e fiore di calcina colata; la miscela così ottenuta è stesa sulla
superficie con un pennello quando l'impasto è abbastanza asciutto da
essere fermo, ma non secco internamente;
mentre per usare altro colore, si consiglia di dipingere, dopo aver dato la
prima inzuppatura come descritto, utilizzando dei colori a olio, oppure
12
mettendoli già nella pasta.
Una ricetta attribuita a Jacopo Sansovino suggerisce di aggiungere colori
macinati asciutti ma "non vengono tanto vivi quanto a colorirgli poi".13
Sembra di poter concludere che gli stucchi dei casi esaminati sono stati colorati
ad olio, ed in seguito verniciati, anche perché i pittori, evidente il caso di Morasso ma
molto documentato anche quello di Lupi, di solito dipingono a olio.
verniciatura
Lo stesso materiale con cui vengono verniciati arredi mobili come sedie, tavolini
ed altre bagattelle come 3 secretaire 2 tavolini da gioco e sedie da riposo, può essere
usato anche per gli stucchi delle stesse stanze; 44 libbre corrispondono a circa 14 kg:
1757 a 26 ottobre Conto di vernice
Vernice servita per l'appartamento della signora e quello del Billard per gli
stucchi e per le sedie e tavolini dell'appartamento del billard e sala sul
giardino (ecc.)
per libbre 331/2 a soldi 36.8
per libbre 10 1/2 a soldi 40
10
£ 61.4
£ 21
1762 31 luglio Conto del pittore Morasso per colori dati, pagato in £ 123.76
1758 29 agosto Conto di pitture diverse per diversi accomodi e bagno. In cui sono
elencati: colla, gesso, biacha, terra verde, biadetto, azuro, oglio di noce, lacca fina, giardolino di
Fiandra, verde eterno, gomma, vernice.
12
Secreti diversi (Marciana, manoscritti, seconda metà del 1500) pubbl. da M. P.
MERREFIELD, Original treatises on the Arts of painting, 1849, Dover, New York, 1967; in Dimos
1, cap. 3, p.79.
13
Ivi, p. 80.
11
Stucchi pag. 7
Trasformazione e manutenzione
Anche gli stucchi possono essere oggetto di ripensamenti in corso d'opera,
nonché venir coinvolti nelle modifiche di altre parti, per cui si possono trovare nei conti
degli accomodi d'ornato allo stuccatore,14 a cui segue il pagamento di giornate tre a
Berto per colorire i stucchi e spesa. In questo caso si tratta di lavori per l'inserimento di
quadri e cornici come sovraporta.
Naturalmente può essere necessario anche l'intervento dell'indoratore, Andrea
Massa,15 che ha dorato una gionta di stuchi nel salloto verso San Gerolamo con fogli
suo oro n° 22.
D'altronde fa proprio parte di una consuetudine il dover eseguire piccoli
aggiustamenti, se in un conto di lavori di un certo rilievo si aggiunge:
per altre piccole bagatelle fatte in varie volte
£ 20
Un motivo di modifica viene, ed esempio, dalla decisione, presa una decina di
anni dopo la fine del cantiere princiaple, di applicare in due salotti una tappezzeria
cosi da rendere necessaria una accomodatura:
31 dicembre 1770 Conto dello stuccatore Pietro Carlone pagato in £ 28
Per avere accomodato li stucchi in due salotti che impedivano lapararli £ 10
La necessità di intervenire sui colori di un appartamento, sentita pochissimo
tempo dopo la sua ultimazione, può essere ritenuta effetto di un ripensamento:
1757 a 26 giugno Conto di raccomodatura della pittura dell'appartamento
lillà e giallo
A Lupi e compagni per colorire di nuovo li stucchi nell'appartamento del
bagno accomodare tutte le porte o sia filetti di lacca e rittocare i telari da
vetri
£ 251.4
Mentre la lavatura di una porta finta e di tuti li braghetoni di stucho, seguita da
una mano di colore, 16 sembra piuttosto una manutenzione.
Un esempio particolarmente significativo, in questo senso, viene da palazzo
Carrega Cataldi, in cui era stata realizzata una sontuosa galleria dorata tra il 1731 e il
1745, per essa è previsto e fissato uno stipendio annuo all'indoratore Stefano Massa
14
1 ottobre 1773 Nota del costo e spese di due quadri del Canaletto alla Fiaminga posti
nell'appartamento al primo piano delle tele dipinte ascendente a £ 153.6.8.
15
1762 20 aprile, diversi lavori dell'indoratore Andrea Massa
16
n° 153 1 dicembre 1765 Conto di Alberto Morasso
Stucchi pag. 8
(lo stesso pagato precedentemente per l'esecuzione) "per levar la polvere una volta al
mese alli salotti, cappella, galleria". 17
17
E. GAVAZZA , Stucco e decorazione tra sei e settecento a Genova: le connessioni di
Lombardia, in G. C. SCIOLLA (a cura di) “Artisti lombardi e centri di produzione italiani nel '700”
1995. (ASG, ms 894, fondo Carrega, ivi citato).
Il cantiere pag. 1
la qualità del prodotto dipende dall'equilibrio del cantiere
Non è fine del presente studio esaminare a fondo il cantiere tuttavia, essendo
molti gli spunti offerti dai conti esaminati, si è ritenuto di sviluppare alcune riflessioni
attorno ad esso, senza la pretesa di esaurire l'argomento, piuttosto con l'idea di
sottolineare come l'organizzazione fosse equilibrata ed efficace.
maestranze, mestieri e arnesi da cantiere
I nomi di maestri e lavoranti citati nei conti esaminati, specialmente in quelli di
Cornigliano, sono dell'ordine delle centinaia; una ricerca di tipo attributivo o sui
fenomeni della centenaria emigrazione dalle valli dei laghi lombardi potrebbe utilmente
giovarsi di tali dati, qui invece non si può mancare di delineare le diverse figure che
operano nella fabbrica, per poter constatare la complessità del meccanismo che
conduce all'opera finita.
Persino nel caso della manutenzione successiva al cantiere di costruzione la
varietà di maestranze impiegate resta notevole come si evince ad esempio nella nota
di spese fatte negl'anni 1726 e 1727 per il mantenimento dell'anno 1726 de miei stabili
di Genova e del Palazzo di S. Filippo Neri, in cui sono citati: ottoniere, falegname,
vetraio, ponteggiatore, ferraro, calderaro.
il capo d'opera
Non è possibile cogliere con precisione dai documenti esaminati il ruolo del capo
d'opera, si avverte però la sua presenza costante, documentata dalla periodicità della
ricognizione, somma riconosciuta, per l'assistenza che fa alla fabrica, o dal fatto che,
come si vede chiaramente nei conti Durazzo, fa parte delle sue incombenze redigere le
liste per il pagamento, 1 anche quindicinale, delle maestranze di volta in volta coinvolte,
con l'accurata contabilità delle giornate da ciascuno lavorate.2
Difficilmente invece il capo d'opera di Cornigliano provvede a qualche fornitura di
materiali, perché in questo cantiere è presente una figura a parte, il reverendo Angelo
1
Cfr anche F. BONORA, Il palazzo Durazzo Bombrini in Cornigliano, un'architettura
francese a Genova, Genova 1991, pp 65-66.
2 Con l'esclusione dei falegnami che hanno liste a parte, (in quelle dei muratori sono
presenti invece dei bancalari, si individua così una differenza di compiti tra le due categorie?) o
di qualche opera particolare di pittori.
Il cantiere pag. 2
Aronio, che si occupa di tutti i conti e che tiene una sorta di magazzino del materiale
non utilizzato, così da poterlo usare in caso di bisogno.3
Mentre un particolare interessante riguarda il capo d'opera di via Lomellini, che
l'anno seguente la fine del cantiere ancora è in credito di materiali che evidentemente
aveva fornito lui:
n° 501 6 marzo 1724 pagamento a Giacomo Viano di dieci picciole antenne
poste nella volta della sala et altri luoghi dell'appartamento superiore e nel
guardarobbe, e becciarie poste nelle volte delli salotti del detto
appartamento.
La sua influenza sulla fabbrica continua anche a cantiere concluso, se - nel caso
Durazzo - ancora nel 1766 si ricorre a lui per lavori piccoli ma significativi dal punto di
vista della riuscita generale dell'opera, pagando al capo d'opera Andrea Orsolino per
sua assistenza al lavoro della terassa di Cornigliano, e scalini di marmo nel boschetto
di merangoli £106.2.
La fiducia dei committenti perdura se - nel caso Pallavicini - il rapporto con Viano
continua e si estende al mantenimento dei miei stabili di Genova.
lo scalpellino
È colui che lavora la pietra, ma è anche colui che la fornisce; nel caso di via
Lomellini troviamo Francesco Marini vendere ogni genere di materiale o manufatto
lapideo che occorre in cantiere, mentre il fornitore di Cornigliano, Stefano De Lucchi
scalpellino, provvede anche qualche materiale ceramico (trombette, cannoni, persino
mattoni), nonché diversi rubbi di porcellana, 4 gesso e polvere di marmo.
Una specializzazione faticosa dev'essere quella dello scalpellino da scoglio, che
deve aprire varchi per condutture in muri esistenti o rompere la roccia in un
ampliamento, a lui servono ad esempio scalpelli da scoglio per far più grandi li buchi
ove si pongono le colonne di legno nella strada.
Alcune finiture da fare in opera rendono necessario il lavoro dello scalpellino:
attestare palmi 712 cordone di pietra longo la strada davanti al palazzo, cioé adattare i
3
1756 à 17 aprile Conto di pitture diverse (1755 primo dicembre) Lavori dati a Fregolia in
Cornigliano a scarso.
Conclude con: tutti sudetti lavori sono per la sola fatura avendoci dato a spese nostre tutti
i colori, olio, colla et altro
4 Così veniva chiamato il caolino, additivo idraulicizzante per malte usato a Genova
prima della pozzolana che viene introdotta all'inizio del XVII secolo, in seguito il termine può
indicare entrambe le cose.
Il cantiere pag. 3
profili dei cordoli l'uno all'altro e alla loro posizione lungo il bordo della rampa inclinata
che dà accesso alla villa, oppure inserire le persiane.
Come anche:
fattura di scalpelino di far sagrime
fattura di scalpelino di incastrare dadi
fattura di scalpelino di inpiobare ferri
fattura di scalpelino di inpiobare puzi
fattura di scalpelino di inpiobare ferri e incastrare puzi
£ 0:12:=
£ 1:=:=
£ 0:16:=
£ 1:=:=
£ 1:4:=
Tocca ancora ad uno scalpellino l'operazione di rifinitura dei laterizi da
pavimento: Antonio Calimano scalpellino per quadratura di n° 2800 quadretti a soldi 18
il centinaio; oppure il riattamento delle guide di pietra di lavagna vecchie che erano nel
pavimento del portico per porle al nuovo pavimento del medemo, vanno raddrizzate,
cioé rifilate e sistemate per la nuova posizione. Il reimpiego è una costante nota del
cantiere preindustriale, che ritorna nell'operato di tutte le maestranze.
il marmaraio
Detto anche marmararo. Si potrebbe dire uno scalpellino dedito solo al marmo. Il
nome compare solo nei conti di inizio secolo ed è attribuito a Gio Battista Torre e Gio
Battista Porri q Gio Maria, fornitori di colonne e pilastretti per le scale, porte, piane,
piedistalli, poggioli con balaustri e così via, a Francesco Gaggino, pagato per fare gli
incavi alle porte o sia porta di marmo per gorni di ferri per reggere le porte di noce, a
Francesco Saporito il quale, nel corso di una giornata, ha dovuto impiombare li ferri alla
colonna di marmo per sostenere il rastello
5
o l'ha consumata in fare gli incastri alle
due piane di marmo delle due finestre in strada lomelina del portico per potervi porre le
arve di legno.
Anche lui fornisce, accomoda, completa, specialmente nel caso di reimpieghi: un
marmararo ha ricomodato la colonna vecchia nelle mezarie, si spende per giornate di
marmarari che travagliano con il mio marmo vecchio ascendenti a lire 43.17, ovvero
rifatte n° 4 piane di marmo alli balconi e fatto due capitelli per la porta e il batiporta
della medema. Usa uno stucco speciale (robba per lo stucco de marmarari),
probabilmente anche dell'olio, e si serve di una raspa per le finiture e di agoglie e
scopelli.
5
Cancello, in questo caso può essere di legno traforato, posto a metà scala.
Il cantiere pag. 4
i lustratori
Una figura spesso citata nei conti Pallavicini, quasi da sembrare una maestranza
a se stante, è quella del lustratore, o lustradore, che interviene per lustrare li quadretti
di terra, gli ottangoli e quadretti per i pavimenti venuti da Biserta, molto probabilmente
usando una barcata di arenino, sicuramente alcune raspe.
Interviene anche su marmi nuovi o vecchi, come i marmi antichi della cappella,
mediante l'uso di apposite raspe per lustrare i marmi, non possiamo essere certi che
siano diverse da quelle citate per uso del marmararo, ma qui sembrano specifiche,
sembra evidente invece l'uso per la lustratura di una cornice antica, di stucco e olio.
Da un cenno nei conti di Cornigliano, in cui i lustratori non sono mai citati,
apprendiamo che chi esegue le operazioni di lustratura di ferri da finestra, è un
lavorante, ovvero non possiede ancora (o non avrà mai) la qualifica di maestro.
i falegnami
I maestri che lavorano il legno sono chiamati nei conti con due diversi nomi:
bancalari e falegnami, il primo termine è molto più usato tra cinque e seicento e
compare nella denominazione ufficiale dell'arte, in generale osservando il contenuto
dei documenti sembra che il loro uso sia indifferente.
Ma si trovano i primi pagati dal capo d'opera insieme ad altre maestranze e gli
altri invece hanno una loro lista separata: sembra ipotizzabile, almeno per questo caso,
che i bancalari svolgano un ruolo più attinente allo svolgersi della fabbrica in senso
stretto, mentre i falegnami siano forse impegnati nell'arredo.
Tutti si occupano comunque anche di strumenti o manufatti da cantiere come nel
caso del falegname Rollero che interviene per agiustare tre volte la tavola dello
designo della rebaggia della scala maestra do palaszio e acomodare lo caro.
Hanno ferri che necessitano continua manutenzione ed oliatura: arrivano in
cantiere n° 7 quarteroni di oglio che serve per ongere li ferri de bancallari a soldi 10;
usano un'erba particolare, finemente abrasiva,6 per la superficie dei loro manufatti
(erba per i bancalari). Sembra poi siano ospitati in casa durante il lavoro: bugata fatta a
lenzuoli de bancallari e lavorano anche di sera se devono essere accomodati 24 lumi
6
Comunicazione orale del prof. Mannoni, acquisita presso un laboratorio di falegnameria
in cui ancora viene utilizzata.
Il cantiere pag. 5
per li bancalari, dopotutto il loro lavoro si svolge in gran parte al chiuso e quindi
possono facilmente trovarsi in condizioni di luce ridotta.
il fabbro
Il fabbro, oltre a produrre, come maestro Gio Pietro Bonvino ferraro che fornisce
a Paolo Gerolamo Pallavicino ferri chiodi e manifatture dalla sua ferriera di Trigasta, o
riadattare tutti i manufatti metallici occorrenti, ha una parte importantissima nel
mantenere in efficenza gli strumenti di tutti gli altri operatori,7 per queste operazioni può
essere utile altra attrezzatura come una mola per rotare li ferri de falegnami,.
Così vediamo ad esempio un maestro ferraro che accomoda li ferri à maestri
scalpellini che squadrano gli ottangoli e quadretti venuti da Biserta, oppure le grate
d'ottone con cui si ripassa l'arena e fornisce una cazza per fondere il piombo in peso
libbre 3.4 per uso della fabbrica nel cantiere Pallavicini e i ferrari Bartolomeo Bruno e
Domenico Zanata che, a Cornigliano, in diverse volte eseguono operazioni di bollitura,
azzalitura, appontatura, agiontatura…
Con accomodare si intende in generale la manutenzione che ogni strumento
necessita per mantenere la perfetta funzionalità: può essersi rotta una parte, aver
perso la forma giusta (come nel caso dei denti), o persino essere necessario fare due
interventi diversi sullo stesso attrezzo: azzalito un martello dalla penna e agiontato
ferro dall'altra (parte).
Appontare o pontare e refilare sono termini più specifici, che indicano l'intervento
sulla punta o sul filo dell'attrezzo, così come azzalire, che si potrebbe italianizzare in
acciaiare, irrobustire tramite la carburazione del ferro (battitura della superficie a caldo
con polvere di carbone), procedimento che rende il manufatto più duro in superficie
lasciandogli una certa elasticità.
aver posto l'acciaio ad un piccone
Il carbone usato è probabilmente di castagno se il fabbro ne vende di quello
avanzato:
carbone lasciato di castagnia.
7
Sul ruolo del fabbro in cantiere cfr ANNA BOATO - ANNA DECRI, Il ferro nell'architettura
storica genovese: impieghi strutturali e finiture, in part. 1. Chiavi, vele e stanghette.
Sugli oggetti metallici forniti dal ferraro cfr il capitolo sul ferro e altri metalli.
Il cantiere pag. 6
Inoltre produce strumenti per altri maestri: un pistello per il giesso, due lumi da
mano per uso della fabbrica, un rastello di ferro per uso della fabbrica per la calcina,
punte da piantare per le lenze, una lastra per il vedraro da metere il stucho a vetri.
Durante la costruzione interviene spesso per mettere in opera o adeguare se già
presenti i suoi stessi manufatti che hanno funzione strutturale: le chiavi;8 lo troviamo
così a
ritagliare una chiave con lima e scaldata e rivoltarla
scaldare altra chiave in opera doppiata per carbone e fattura
havere adrizato una chiave da tré a fascio e dato tré bolliture e
misura
tagliare una chiave con lima et archetto in cucina
avere tagliato due chiavi da quattro a fascio in opera con lima
avere tagliato altra chiave in due luoghi con lima in opera
per avere tagliato con lima una chiave grossa in opera per li poggioli
£3
£4
fatta in
£ 7.10
£ 2.10
£4
£ 2.10
£ - 10
dove bollire significa saldare a caldo; nonché deve intervenire sulle stanghette, i
paletti capochiave,
fattura d'havere adrizzato una stanghetta grossa scaldata
tagliare una stanghetta grossa in opera con lima
tagliare una stanghetta di chiave grossa in opera
tagliare una stanghetta in due luoghi in opera
tagliare una stanghetta grossa e scaldata
£ -.16
£ 1.10
£3
£3
£ - 14
ed inoltre prepara:
una branca con due occhi e due inginocchiature per un pilastro in peso rubbi
5.1
£ 16.0.8
una chiavetta per la pilastrata della porta maestra di palmi 1 1/2
£ - 12
il bottaio
Fra le maestranze richieste in cantiere compare il bottaio, evidentemente
specializzato nello scavare il legno per ottenere forme curve, è lui che produce la sesta
del contorno della rembaggia9 della scala, ma anche che realizza oggetti utili al
cantiere, i buglioli10 da calce e le secchie sempre da calce, nonché i secchielli con
maniglia (3 segelli novi da manegia), e utili alla casa come uno bogiollo novo da posso
sercatto de ferro, uno tapo grosso per la siterna; inoltre li aggiusta, magari
aggiungendo uno serco a uno bogiollo da carcina, o intervenendo ben due volte sullo
8 Cfr ANNA BOATO - ANNA DECRI, Il ferro nell'architettura storica genovese: impieghi
strutturali e finiture, in part. 1. Chiavi, vele e stanghette.
9 Arembaggia: bracciuolo, appoggiatoio lungo il muro delle scale ad uso di tenervisi con
la mano. A. PAGANINI, Vocabolario domestico genovese-italiano, Genova 1857.
10 Cfr figura tratta da A. PAGANINI, Vocabolario… cit., tav. III.
Il cantiere pag. 7
segione da pasta da carcina, che dovrebbe essere un mastello
che contiene il
grassello.
Ne troviamo citati due, a Cornigliano nel 1762, Giuseppe Rollero e Benedetto
Daste.
il vetraio
Si usa il termine di vetraio (verero, vedraro, vetriaro) per riferirsi sia a colui che
realizza finestre a vetri (a Cornigliano Antonio Maria Bruno, Sebastiano Bruno, Pietro
Assereto, Nicolò Bruno, sia a colui che fornisce conche, corbe, giare, bottiglie,
trombette… ovvero vari recipienti di vetro e manufatti di cotto invetriati. Così succede in
via Lomellini con Gio Battista Campi, mentre Rocco Paganino vien pagato per
manifattura di vetri.
i segatori
Sia la pietra, specialmente il marmo, sia il legno, ad esempio tavole, squere e
giene, richiedono operazioni di riduzione mediante segatura in cantiere, queste
vengono svolte in cantiere dai segatori ,a volte su materiali nuovi altre volte per il
reimpiego:
n° 287 segano una colonna vecchia che serva per batiporta p 23, olio d'oliva
n° 360 segatura tavole di noce per l'appartamento nob sup 19/4/1721
n° 126 segatura di due schiappe di legno e un cantero
1755 @ 19 luglio Conto di segatura di marmi
di tre tagli per fare i battenti della porta £ 10.8 (li paga al palmetto)
Nel taglio del marmo viene usata, di solito, una sega a lama liscia con sabbia a
far da abrasivo, infatti vengono fornite
Il cantiere pag. 8
arena quarte 18 per segatori a soldi 10
questo strumento necessita di manutenzione là dove si consuma:
comodato una sera per il seratore de marmari adrizzata a caldo per essere
frusta al mezo e tagliato al mezzo altra e di nuovo gionta
anzi, viene pagato proprio il consumo:11
frazattura di sega et arena in più volte: palmi 142
In particolare i legnami possono essere divisi longitudinalmente12 facendo leva
con cunei:
comodato n° 2 conij dal taglio per schiapare li legniami.
materiali
Su alcuni materiali, per le parti che non sono già affrontate in altri capitoli del
presente studio, i documenti offrono indicazioni tali per cui è possibile fermare alcune
note, da ritenersi soltanto il primo passo di ulteriori approfondimenti.
calce e sabbia
La calce usata a Genova per secoli è quella, dalle ottime prestazioni, che si cava
dal monte Gazzo presso Sestri Ponente ed infatti nel cantiere Pallavicini la fornisce
Antonio Rossi di Sestri Ponente.
La calce che arriva in cantiere viene misurata, per il pagamento, dopo lo
spegnimento (sciorare),
n° 248 misure della fossa di calcina
i contenitori più adatti per svolgere questa operazione sono apposite fosse
ricavate in luoghi strategici in cantiere come le cantine o l'atrio, ma troviamo calcina
cioratta nelli troggi e due troggiette di calcina cioratta fuori della fossa, nonché una
cassetta, probabilmente di legno fissata con
8 angolari di ferro, che
potrebbe
contenere calce spenta ma anche costituire la prima vasca dello spegnimento.
Per tale operazione occorre fornire acqua nella quantità necessaria e così, nel
palazzo Pallavicini, l'ottoniere Gio Andrea Pescio fornisce stagno consumato in
aggiongere li canali nel vicolo delle Merini, ad effetto di fare venire l'acqua per
stemperare la calcina nella fossa.
11
Frazzà scemare, disperdere, calare, diminuire, mancare in parte, consumare, in G.
Casaccia, Vocabolario genovese - italiano, Genova 1851.
12 Scciappa: schiappa e stiappa; comunemente intendesi da noi la metà o parte d'una
cosa schiappata, o spaccata per lo lungo, , in G. Casaccia, Vocabolario… Cit..
Il cantiere pag. 9
Un rastello di ferro per uso della fabbrica per la calcina in peso libbre 8 (circa due
chili e mezzo) serve con tutta probabilità come griglia per setacciare i crudi.
Per preparare le malte la sabbia viene fornita in consumo di calcina, si parla
infatti di servitù di arena, a seconda della granulometria desiderata va passata al
setaccio:
acomodato la ramata per pasare l'arena per essere rotta, con filo di ottone.
Per conservare la calce viene costruita una apposita cassetta:
fatto n° 8 canti de suoi pezzi vechij per la casetta per la calcina.
Infine, per chiudere il cantiere, occorre anche eliminarne le tracce: savora portata
per il pavimento della sera et per li fondi del palazzo ove vi erano le fosse della calcina.
laterizi
mattoni
Nel cantiere di inizio secolo vengono forniti (ad esempio da G. B. Lanza) mattoni
di tre tipi: da carogio, ferrioli e neri chiari; con i seguenti prezzi:
mattoni neri e chiari £ 13. 15 il migliaio;
ferioli £ 15.10 il m.
chiapelle feriole £ 15
sono presenti altresì le squole, dette anche spuole,13 che non compaiono nei
secoli precedenti, nei quali, però, i tipi di mattoni nei cantieri erano anche cinque14 per
cui, in prima ipotesi, si potrebbe supporre che esse corrispondano alla qualità di
mattoni meno cotti, quelli rossi o quelli negrisoli.
Nell'ottocento invece i prezzi variano in funzione della misura (ve ne sono diverse
contemporaneamente) più che della cottura.15
Vediamo che nel cantiere di metà secolo la fornitura di mattoni non varia nei tipi,
con qualche differenza nel calcolo del prezzo e persistono quelle che ora son chiamate
spole, risultano in numero molto minore rispetto agli altri e costano come i mattoni neri
13 Il termine potrebbe suggerire anche l'idea di un elemento cavo, si può trattare dei primi
mattoni forati o forse di cilindri ritrovati in riempimenti di volte?
14 Cfr A. BOATO - ATOIECRI, Il cotto nelle pavimentazioni genovesi dei secoli XVI e XVII,
in Atti del convegno "Superfici dell'Architettura: il cotto. Caratterizzazione e trattamenti", Padova
1992
15 Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale per l'appalto della
manutenzione ordinaria quinquennale degli stabili di proprietà o di uso del Municipio di Genova
o per cui incombe al Municipio di Genova di sopportare o di anticipare in tutto od in parte la
spesa, Genova Pagano 1882.
Il cantiere pag. 10
e chiari, mentre invece, per il trasporto, vengono considerate come le chiappelle, ne
consegue che sono più leggere dei mattoni?
Per i gruppi di costo è eloquente il seguente conto:
1756 al primo luglio Conto di prezzo di mattoni
N° 30000 mattoni ferrioli
8640 chiapelle come sopra
38640 a £ 11.10 £ 444.8
N° 37850 da caroggio a £ 13
3000 detti scarti a £ 11
40850
£ 525.11
N° 8000 negri e chiari a £ 9.10
3000 spole a £ 9.10
11000
£ 104.10
N° 10000 ferrioli e da caroggio
rotti per battumi a £ 8
£ 80
È interessante notare questa fornitura di mattoni rotti per i pavimenti battuti, che
non sono quindi un residuo del cantiere ma provengono direttamente dalla fornace già
in frantumi, verranno ridotti a pezzi più piccoli a seconda dell'uso.
In quest'altro conto, in cui collimano i prezzi di cui sopra, si introduce un nuovo
elemento: le monelle di prezzo molto più alto e di spessore maggiore.
1754 a 22 ottobre Conto di Casciano Salamone per mattoni et altro come da
10 contente
mattoni ferrioli
N° 43550 a £ 11.10
£ 500.16.
detti negri e chiari
N° 18000 a £ 9.10
£ 171.-.
detti da caroggio
N° 28600 a £ 13
£ 375.16.
monelle osia mattoni doppi
N° 3589 a £ 18.10
£ 65.12.
chiapelle feriole
N° 12300 a £ 11.10
£ 141.10
spole
N° 1000 a £ 9.10
£ 9.10
quadrelle grandi per pavimenti
N° 4970 a £ 24.10£
121.16
Il totale dei mattoni arrivati a Cornigliano dal 1752 al 1757: è 1.156.189; le
chiapelle ferriole sono 59.530, le spore 10.000 e i quadretti della forma grande 41.130.
materiali per pavimenti
Per i pavimenti troviamo diversi generi di manufatti, innanzitutto le chiappelle che
nei secoli precedenti erano mattonelle rettangolari da pavimentazione interna,
facilmente confondibili con imattoni.
Ma in un conto di prezzo di mattoni ferrioli di Casciano Salamone n° 102900 e
chiappelle ferriole n° 2000, per Cornigliano, si specifica che le chiappelle sono quadre;
in un altroconto di porto alla spiaggia di quadrelle n° 5000, ciapelle ferriole n° 1000 e
Il cantiere pag. 11
spole n° 1000, solo le prime sono indicate per pavimenti; infine troviamo un conto di
porto dalla spiaggia alla fabbrica di quadrelle 12000 e chiappelle ferriole 5000; si
specifica che i quadretti di oncie 6 in quadri sono di matteria ordinaria di mattone e che
il trasporto costa meno rispetto ai mattoni perché sono più piccole.
A fronte di questi dati si può ipotizzare che le chiappelle continuino ad essere
rettangolari come nei secoli precedenti e che quello del documento suindicato sia il
modo di indicare un manufatto particolare, non esistendo la dizione quadretti ferrioli,
infatti, da un controllo sulla filza 476 dei conti Durazzo, apprendiamo che arrivano in
cantiere i quadretti di pasta ordinaria e le chiappelle ferriole quadre.
Inoltre si potrebbe pensare alle spole come ad un materiale per pavimenti,
essendo accomunate in una stessa fornitura con quadretti e chiappelle, oppure si
potrebbe identificarle con i mattonini citati soltanto nella prima filza di conti.
Esistono ancora altri elementi da pavimentazione: le quadrelle grandi, chiamate
in un conto anche quadretti doppi, nel trasporto da Savona di quadrelle n° 6000 il nolo
di dette quadrelle che per essere quasi il doppio delle solite a £ 5 per migliaio se le
paga £ 30.
Molto particolare infine è una fornitura, per il cantiere Pallavicini, di ottangoli
21mila e quadretti 13 mila da fabricare, prodotti a Tunisi, le cui avventure di viaggio
sono narrate al capitolo "provenienze e e trasporti".
Ad aggiungere un po' di complessità a questa fornitura è che 5000 ottangoli di
terra di Tunis per li pavimenti nobili sono venduti a Paolo Gerolamo a Genova, dal
padre Alessandro Mainero della Compagnia di Gesù, per cui si può pensare che
questa lontana fonte fosse usata da più persone.
A Cornigliano sono impiegate anche1000 quadrette di oncie 15 in quadro fondo
bianco con fiori di diversi colori fatte venire da Napoli per il pavimento del bagno e
luogo all'inglese e 2050 pianelloni osia chiapelle più larghe e longhe delle nostre e di
pasta più fina venute da Pisa (pagate a Gio Maria Cavanna £ 60).
finiture
I materiali da pavimento necessitano ancora di lavorazione in cantiere per una
perfetta messa in opera, con i giunti veramente sottili, ineseguibile prima se si vuole
evitare di rovinare i bordi nel trasporto: si tratta della squadratura e fregatura di
quadretti; è impressionante leggere i numeri di questo lavoro di precisione:
n° 1550 £ 38.14
Il cantiere pag. 12
per scuadrare n° 9600 quadretti solo di quadratura per essere statti fregati in
gta a conto de suddetto ill.mo signore a ragione di soldi 30 il centinaio £ 144
per n° 27300 sudetti quadretti scuadrati e fregati a scarso a soldi 52 il
centinaio £ 709:16
per scuadrare n° 900 quadretti vechij a soldi 16 il centinaio
£ 7:4
Mentre per la squadratura si rimanda al capitolo "lo scalpellino", per la fregatura,
con cui si rendeva liscia la superficie scagliata dal frappo16 si può ipotizzare che
venissero usate delle raspe:
2 raspe per quadrelle venute da Napoli.
Probabilmente dopo la messa in opera l'ultima lavorazione è lustrare li quadretti
di terra, operazione effettuabile con
la cospicua quantità di arenino, usato come
abrasivo, che viene citata nello stesso conto:
n° 370 raspe per lustrare ottangoli e quadretti venuti da Biserta
n° 280 lustrare li quadretti (282 e ottangoli) venuti da Biserta; una barcata di
arenino.
elementi per impianti ed altro
Trombette e cannoni,17 le prime più smilze i secondi più larghi sono gli elementi
delle tubature, posti in opera in sequenza e innestati l'uno dentro l'altro, che sono in
grado anche di effettuare cambi di pendenza e curve; ne esistono versioni speciali: 4
cannoni straordinari, 4 canoni da lavello, 12 canoni grossi, 2 goelli da trombetta, 4
trombe grosse.
A Cornigliano fanno la loro comparsa anche le trombette di Pisa, nell'ordine delle
centinaia, perciò prevalenti su quelle locali, sono anch'esse finite con vernice, alcune
sono doppie, 18 ma un'altra voce più ingente è quella delle trombette per canali
Canali con vernice di Empoli tot 1383, se ne deducono per essere stronati
59
Anche fra le trombette di Pisa alcune sono "un poco assentite", in un altro
documento sono "astronate", si può immaginare in suono "stonato" che fanno quando
hanno qualche piccola lesione che ne rende sconsigliabile l'utilizzo.19
16
oppure la parte superiore?
Cfr A. BOATO - ATO ECRI, Gli impianti delle case genovesi tra Cinque e Seicento, in
«Tema», n° 1, 1995.
18 Potrebbero essere più spesse o forse il termine è da riferire al raddoppio del diametro
riscontrato in diversi casi reali.
19 Assentiö allentato, rotto. Astrûnnôu intronato, fesso, smosso. Dicesi di un vaso
incrinato o di campana che battendovi sopra manda un suono cattivo. In G. CASACCIA,
Vocabolario… cit..
17
Il cantiere pag. 13
Fanno parte ancora delle forniture dei ceramisti tre campanelle e una campanella
grossa; eppoi:
18 conche per pittori
3 conche grande
1 conca delle più grande
Infine sono materiali ceramici i coppi, rifiniti con vernice (probabilmente una
vetrina), che devono essere posti a completamento dei vertici del tetto. Sono forniti
anche 12 coppi di Pisa.
legno
Per quanto riguarda il legname resta da segnalare la quantità di diverse forme e,
naturalmente, di diverse essenze e provenienze con cui si presenta al cantiere:
baio
O bailo20 di Fiandra, lungo palmi 22 può essere grosso o mezzano (oltre sette
metri, spesso o sottile), è citato solo nel palazzo Pallavicini.
becciarie
Lunghe dai nove ai dodici metri e più, compaiono solo nel cantiere genovese e
sono paragonabili alle sucinte di rovere di p 50 once 6, o alle
insente di rovere n° 4 di p 52 l'una a £ 7 l'una che servono per incatenare il
solaro del guardarobbe.
bordonari
Questo termine si riferisce a elementi forniti singolarmente o in pochissime unità,
lunghi dagli otto ai sedici metri, vengono impiegati nei solai o come costana al tetto, in
questo caso si precisa che si tratta di un bordonaro di cipresso lungo quasi dieci metri.
Un capitolato ottocentesco li traduce con travi.21
Sono oggetto di reimpiego in altro ruolo:
tre bordonari antichi della casa per servire da canteri delle cantine
dell'appartamento superiore
canteri
20
Baglio: grosso trave di legno o di ferro, in D.E.I. 1975 - C. Battisti, G. Alessio,
Dizionario etimologico italiano, Firenze, 1975.
21 Archivio di S. Maria della Castagna, Genova, Filza A, inserto 7 plico 1, Condizioni
relative all'appalto dei lavori per l'alzamento di un braccio del Monastero dei R.R. Padri
Benedettini di S. Giuliano.
Il cantiere pag. 14
Di solito sono di castagno (specialmente di Corsica) ma a Cornigliano si trovano
anche di cipresso, sono lunghi dai due metri e mezzo ai tre e una misura di spessore
ritrovata è di circa 12 cm; si usano in vario modo, soprattutto per solai e balconi, ma
anche per il pavimento del miradore, o per realizzare la gropia nella stalla.
gene
Sono presenti soltanto nel cantiere più antico dove
due giene (p 34 e p 38) sono poste alli due salotti verso strada lomellina
squere
Sembrano essere sempre di legno di Fiandra, cioé una conifera del nord Europa,
ne arrivano in cantiere centinaia, lunghe dai tre ai quattro metri.
Sono poi dette panconi nell'ottocento.22
tavole e tavoloni
Il significato è evidente, le essenze usate sono moltissime, nel cantiere
genovese: castagno, noce (comprate nel contado di tortone), arbora di Pisa, Amburgo;
a Cornigliano ancora arbola, castagno di Corsica e cipresso proveniente da Savona;
messe in opera nei solari e in molti altri posti:
tavole di castagnia di corchica per le rige della gropia e le sprange della
porta della stalla e per li telari da vedro e per li seti del loco comune e per li
orli deli telari da barconi in tuto parmi n° 9 a sordi 28 il parmo
£ 12:12
Misurano dai 7 ai 32 palmi. Sono forniti anche dei tavoloni di cipresso venuti da
Pisa e venduti dal cavalier Agliata sono varie quantità di diverse lunghezze (da 9 a 14
palmi) provengono anche da Lucca
trapellotti, palati, riondi, radici
Il cantiere più antico ci fornisce ancora altri nomi di elementi, come le radici,
decine di trapellotti di palmi 10-12,
4 mezzi palati
tre legni di rovere di p 15; e 2 di p 10
un legno di sapino l p 38 comprato per appuntelare poi servirà per il tetto
uno riondo di rovere di p 18
22
Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale… cit..
Il cantiere pag. 15
marmo
Anche
se
il
marmo
non
può
essere
considerato
uno
dei
materiali
percentualmente più presenti il suo ruolo nell'architettura è essenziale per realizzare
l'effetto di sobrietà e lusso che caratterizza i palazzi genovesi già nei secoli precedenti.
Sono infatti di marmo manufatti comecolonne e pilastretti per le scale, porte,
piane, piedistalli, poggioli con balaustri, dieci dadi per le scale maestre, due pomelli,
ecc. che sono forniti in via Lomellini da Gio Battista Porri q Gio Maria marmararo.
Naturalmente viene considerato un materiale prezioso (se non altro perché è un
materiale pesante che viene da lontano, proveniendo il tutto da Carrara come da conto
del signor Moretti) e quindi, ancora più attentamente che al solito, ne viene recuperato
e reimpiegato ogni pezzo, così Paolo Gerolamo paga marmari e lustradori che hanno
lavorato attorno ai meii marmi vecchi. E, nei pianerottoli delle scale vengono lavorati
marmi nuovi ma anche 86 quadretti riciclati e rilavorati, nonché bisogna fare con li
marmi antichi della fabbrica il cordone di marmo della porta situata in strada Lomellina,
utilizzareuna colonna vecchia che serva per batiporta, vannorifatte n° 4 piane di marmo
alli balconi e fatto due capitelli per la porta e il batiporta della medema e piede di stallo
con mio marmo al putto di marmo della fontana della terrazza.
Nei bordi dei pianerottoli e dello spazio antisala, vengono messi mezzanini,
elementi che nella pietra di Lavagna sono lunghi e stretti e posti come alzata nelle
scale, perciò questi di marmo risultano molto adatti per costituire la finitura di un
piccolo pavimento.
Una novità che si nota nel cantiere Durazzo è l'impiego del marmo per gli scalini
della scala, cosa che non avviene in casa Pallavicini e neanche nei secoli precedenti
(l'unico esempio che mi risulti documentato - oltre alle chiese - è un edificio molto
particolare quale l'Albergo dei Poveri, costruito nella seconda metà del seicento).
Infatti arrivano diverse casse di scalini, oltre a pezzi vari: 3 pezzi di marmo grigio
per la scala, pezzi marmo per la scala 4, la scala maestra ha ben 54 scalini di
longhezza palmi 12 (che costano l'ingente somma di 2786 lire) l'arco della scala
maestra (che costa da solo ben 760 lire), la sponda con il girone della suddetta scala
secondo il disegno, altri n°6 pezzi di cornice per cordone della suddetta in longhezza
fra tutti palmi 47.
Una fornitura di pezzi tutti diversi serve per la scaletta della parte verso ponente
nel giardino, in cui vengono impiegati
Il cantiere pag. 16
scalini n° 1 di longhezza palmi 9 larghezza palmi 3; n° 1 di longhezza palmi
8.2, n° 1 di longhezza palmi 7.6 e n° 6 di longhezza palmi 7, in tutto sono
palmi 46.8 a £ 4.6
£ 286.12
Gli scalini possono essere corniciati e pieni, a volte sono pagati a palmetto, che
indica il palmo quadrato:
scalino di palmi 6 1/2 largo palmi 2 palmetti 13 riquadrati a £ 2 il parmetto.
Come complemento della facciata vengono impiegati 263 balaustri, 54 poggioli e
5 piedistalli per pogoletti; mentre le terrazze sono fornite di
n° 16 pilastri per le terrazze compreso n° 4 mezzi pilastri a £ 45 l'uno
£ 720
n° 4 pilastri per li canti a £ 70 l'uno
£ 280
per cornice alle suddette due terrazze in giro di palmi 245.4 a £ 4.6 il palmo£ 1054.18
per lastre poste sotto li balaustri in giro di palmi 253 larcghe 0/16 che devono
essere palmi 2 a £ 2.10
£ 632.10
balaustri per le medeme n° 228 a £ 4
£ 912.3 casse lastre per terrazza
6 lastre senza cassa per terrazza
17 casse cornici per terrazza
11 piedistalli per terrazza
A Cornigliano si riscontra un utilizzo notevole del marmo anche nei pavimenti,
quando vengono provvisti da Giambatta Viani 1650 quadretti di marmo bianco di once
7 (circa 14 cm di lato) e 366 quadrelle di marmo compre in Genova, da 12 once (circa
28 cm di lato), 1497 quadrette di marmo rottate e fornite di palmo 1 in quadro e altre
714 in un'altra fornitura (circa 24 cm di lato). Molto belle le 16 amandole di bianco e
nero servite nel squarsato della porta nella capella a soldi 36 cadauna; altre 16 a minor
costo (soldi 22) sono impiegate altrove.
Una voce molto ripetuta nei conti è la polvere di marmo, venduta in centinaia di
quarte (circa 14 kg e mezzo) da Antonio Capelano e da una certo Schiaffino a
Cornigliano, mentre in città viene
fornita da maestro Francesco Marino
scalpellino,
insieme
a
diversi
materiali lapidei.
Marmo
bardiglio,
marmo
avenato, due camini di salvaressa23
e pietre di marmo venute da Roma
sono impiegate per arredi.
Infine il marmo trova largo Camino al pianterreno di villa Durazzo
23
Serravezza, in Versilia, vi si cavava la breccia medicea, roccia policroma oggi esaurita.
Il cantiere pag. 17
impiego negli impianti come troglio, lavello, bocca di pozzo, luogo all'inglese e n° 1
bagno tutto in pezzo e lavorato a £ 420.
Il cantiere pag. 18
metalli e leghe
La quantità di manufatti metallici che circola in cantiere è cospicua e molto varia.
Si va dalle catene, fondamentali per la struttura, ai cardini e sistemi di chiusura dei
serramenti (meglio visti nel capitolo ad essi dedicato) agli attrezzi per la costruzione,
come l'interminabile serie di picche, pichette, marapiche, piconi, martelli, frapine, ecc.
che ricorrono nei conti, specialmente nella prima fase del cantiere.
ferro
Vediamo arrivare a Cornigliano cantara 1.24 ferro ponentino comprato in Genova
(circa sessanta chili). L'aggettivo che parrebbe alludere alla provenienza, tuttavia molto
ferro proviene da Savona (molte le ferriere dell'entroterra) senza essere chiamato
ponentino;
1753 @ 5 dicembre Conto di porto alla spiaggia di ferro cantara n° 34
arriva da Savona ed è provvisto da Garbarino
1753 @ 4 dicembre Conto di porto alla spiaggia di ferro cantara n° 9.67
arriva da Savona col padron Sebastiano Guasco ed è provvisto da
Garbarino
si tratta di 2 fasci ferro quadrato da 6 a fascio
e 6 fasci di ferro simile da 5 a fascio
in tutto pesa cantara 9:67
non è da escludersi allora un significato che riguarda la forma: oltre ad esso,
infatti, sono presenti ferro grosso, ferro piatto e piatto da 7, ferro quadro e bisquadro da
10 e da 12, ferro rotondo e staza sotile; in particolare si trova una citazione di fasci di
ferro ponentino e rottondo: può essere le due cose insieme (forma e provenienza)
oppure il primo è sicuramente non tondo?
prezzo a £ 23 al cantaro di cantario 1.25 peso di fasso uno ferro tondo da 14
consegnato a maestro Bartolomeo Bruno, compreso il facchino
£ 29.4
fasci di ferro da 8 in quadro n°10
fasci di ferro da 12 in quadro n° 3
A complicare la questione è anche la seguente fornitura:
1756 à 22 febbraio Conto di ferro di Moscovia
lastre 30 ferro di Moscovia
il cui prezzo per peso, trasporto, dogana, scelta, ammonta a £ 232.12 pagate ad
Antonio Maria Weber (il quale fornisce anche verderame). Lo stesso compare come
trasportatore (insieme a Rouvier, sono pagati in ragione del 10%) del ferro per i
cancelli della villa di Cornigliano, ben 219 cantara di ferro in verghe (grosso onze 2 1/2
in quadro) fornito da Causa e Raffo.
È noto come il ferro sia indicato nei documenti dei secoli precedenti usando
come unità di misura il fascio:
Il cantiere pag. 19
Negli edifici di abitazione le catene previste dai contratti di costruzione erano
in genere di trappe (barre) da 4 o da 6 a fascio, mentre nelle grandi volte
degli edifici religiosi si potevano mettere in opera anche catene da 1, da 2 o
da 3 a fascio. A numero maggiore corrisponde evidentemente diametro
inferiore, secondo una relazione che dipende forse dal processo di
produzione oppure da una particolare unità di misura in uso nel commercio
di tali elementi.
Possiamo osservare le forniture per Cornigliano:
Fasci n° 2 da 6 a fascio ferro piatto in peso cantara 2:59
fascio 1 da 12 cantara 1:23
fasci n° 2 da 6 a fascio ferro quadro Cantara 2:45
fasci n° 2 da 10 a fascio ferro rotondo cantara 2:81
e notare che i vari fasci hanno solo piccole differenze di peso (circa cantara 1:10
~ 1.20 al fascio, kg 52-57), per cui dato che al diminuire della sezione dell'elemento in
un certo peso ci stanno più elementi, sembra confermata la lettura soprariportata: una
chiave da uno a fascio potrebbe così avere diametro otto volte più grande di una da
otto a fascio.
Restano da citare la ghisa,24 due lastre grandi di ferro d'Olanda per camini e il filo
di ferro: per tendine 3 mazzi fili di ferro, filferro tirato alla trafila.
chiavi
Come sistemi di contrasto delle spinte orizzontali delle volte oppure come
legature degli orizzontamenti e dei muri sono messe in opera le chiavi, e messe in tiro
con la stanghetta, il bolzone, incuneata nell'occhio,
un pezzo di chiave con due occhi da una parte e gancio e altro occhio con
gancio
ma anche con itiranti provvisti di occhio e gancio. Allo spesso scopo servivano
probabilmente i cunei talvolta citati per sequadrare, mettere in tiro.25
due cunij serviti per le chiave
fatto n° 6 conij per sequadrare le chiave inbraghate
La funzione di legatura tra murature e solai poteva essere svolta anche dai travi
maestri attraverso altri elementi diferro le vere, o vele:
lunghe staffe di ferro che da un lato sono dotate di fori per alloggiare tre o
più chiodi e di un gancio lungo e acuminato tramite cui vengono fissate alla
parte terminale del trave, dallʼaltro lato terminano invece in un occhio in cui
24
Il ferro non viene commerciato in lastre e sul fondo dei camini viene usata la ghisa,
riflette il calore verso la stanza ed è possibile decorarla molto finemente mediante stampi.
25 Nella figura la definizione di P. A. PAGANINI, Vocabolario domestico genovese italiano,
Genova 1857
Il cantiere pag. 20
viene inserito un bolzone di ferro (la stanghetta), simile a quello adottato
nelle catene delle volte.26
L'elemento acuminato viene detto
rampone:
fatto il rampone novo a una
veria
boglito nel mezzo n° 13 sue
verie giontato ferro e fatto il
rampone e agiustate nel
ochio
e si trova, oltre che nelle vele, anche
come parte terminale di un tirante
tiranti per regiere la capa di un camino da inchiodare e con ramponi
o a sé stante:
ramponi da una parte tiratti sotili con buchi da inchiodare e dalaltra con
ranpone
A volte le chiavi sono dotate di bracci
27ovvero
di diramazioni rispetto alla linea
orizzontale della catena principale, sistema utilizzato per non ingombrare l'intradosso
dell'arco , detto anche imbragatura:
una chiave senza stanghetta con gancio bollito per il braccio
chiavi con ganci bolliti per li bracci e 4 stanghette
due bracci senza stanghette
un braccio con occhio e ganco
fatto n° 2 chiave nove da 4 inbraghate a n° 4 brazzi e con sue stanghette in
peso cantara 626
Ma esistono anche chiavette, messe in opera nella facciata, probabilmente come
armatura delle decorazioni, altre servono per assicurare i contenitori della terra, altre
ancora legano i manufatti di marmo o di pietra:
chiavette da impiombare e murare per la facciata, altre lunghe once 8, altre
da palmi 1 1/2
chiavette da hortigiolo anche inginocchiate,
chiavette a coda di rondine per li balaustri di marmo sopra la terrazza,
chiavette per i poggioli di marmo
chiavette fatte a Te da murare per tenire le chiappe del parapetto di una
terrazza
chiavette tenere uno stanterolo da una parte da murare e dalaltra d a
inchiodare
26
A. BOATO - ATO ECRI, Il ferro nell'architettura storica genovese: impieghi strutturali e
finiture, in part. 1. Chiavi, vele e stanghette
27 Figura tratta dalla tesi di laurea di PIETRO CEVINI, La torre D'Amico a Campomorone e
il commercio del sale nel seicento, A.A: 1996/97, rel. T. Mannoni.
Il cantiere pag. 21
in modo simile a quanto accade per gli elementi di sostegno dei corrimano delle
scale:
per uno arembatore di scala in peso libbre 64 a soldi 4.5 circa la libbra
13.17.4
per 5 chiavette da impiobare per detto
£
ed altri manufatti diversi come
una branca con due occhi con piegature et una chiavetta per detta per
tenere un pilastro fatte con molte fatture
ganci nuovi incrociati per le colonne
ferri inginocchiati per scale
ferri per reggere li mezzanini
Restano da citare le stazze, verghe di ferro,28 che nell'ottocento sono indicate
come le parti di una ringhiera (cfr infra), ma compaiono nei nostri cantieri anche con
funzioni diverse: per reggere le righe, come tirante di stazza con buchi e persino come
chiavi di stazza e stanghette.
chiodi
Questo argomento necessita di un approfondimento particolare per la difficoltà di
riconoscimento dei molti manufatti diversi che si possono raggruppare sotto il nome di
chiodi, il primo passo, affrontabile già in questa sede, è quello di elencare i termini
riscontrati nei documenti, aggiungendo le sporadiche informazioni che vi si possono
riferire:
chiodi da banco
chiodi da basto semplice
chiodi da basto doppio
chiodi da basto doppio siaccati
chiodi da bessaro (besale)
chiodi da canna
chiodi da cantelaro (incantalaro)
chiodi da gelosia
lorpe
lorpe sciaccati
chiodi da palmo
chiodi da riga
chiodi da riga con bolla
chiodi sciaccati
chiodi da seitro (sentro, celtro) semplici
chiodi da seitro (sentro, sutro) doppi
chiodi da soccalo (zoccolo)
28
Stazza, verga graduata che serve a stazzare, misurare la capaictà interna di una nave;
F.CERRUTI, L.A.RESTAGNO, Vocabolario della lingua italiana, Torino 1939.
Il cantiere pag. 22
chiodi da solaro
chiodi da solaro con bolla
chiodi da solaro lorpe
chiodi da solaro siaccati
chiodi da sprangare (sprangaro)
chiodi da sprangaro con bolla
chiodi da sprangaro sciacati
chiodi da sprangaro sciacati grossi
stachette da solaro
stachette da 10
stachette da 12
stachette da canna
stachette da riga scacciate
stachette da riga stagnate
stachette da solaro
stachette da splangare
chiodi da veria
stachette da zoccolo
Ed inoltre si trovano chiodi da denari 4 l'uno per la facciata, chiodi per li ponteli.
Sono provvisti in balle (pagati a peso) o a numero (migliaia o centinaia) dai fabbri
oppure dalla bottega dei fratelli Riviera (da cui arrivano anche uno barile tonina stipa
grossa e mezzo barile stipa (stepa?) piccola) per Genova e Bartolomeo Piccardo per
Cornigliano.
Il cantiere pag. 23
Un confronto frai prezzi può aiutare a capire, a seconda dell'ordine di costo,
quale rapporto dimensionale vi sia tra i vari chiodi:
soldi al migliaio
soldi alla libbra
62 sprangaro siacati
86 incantalaro
44 solaro
30 bessaro
34 riga
20 sentro doppio
32 solaro siaccati
14 basto doppio
24 stachette da 12
14 gelosia
8 lorpe
6,8 sprangaro
8 lorpe
6 sprangaro
Circa 5 riga con bolla
6 cantelaro
4 riga con bolla
Si possono ancora aggiungere alcune definizioni: 29
cante' o travërsi, correnti,
piane, travicelli quadrangolari,
lunghi e sottili che servono a
diversi usi, especialmente per
far palchi e coprture di edifizj
addattandoli fra trave etrave
riga, regolino,liste di legno che
coprono
inferiormente
le
commessure delle assi de'
palchi. I regolini lisci son
riquadrati solamente, i regolini
bozzolati
(Righe
co'
o
cordonetto),
hanno
una
modanatura per ornamento
e annotare come le stachette da riga
stagnate vengono usate dai vetrai, mentre
stachette semplici vanno in6 telaretti di legno
per l'uccelliera.
Nelle gelosie di Cornigliano vengono impiegati centinaia di chiodi da solaro, di
cui alcuni sciaccati, oltre a pochi chiodi da celtro doppij, da sprangaro e un centinaio
da basto sempij, per le mappe sono specificati chiodi da basto doppij, per i ferogiari
chiodi generici.
In cantiere vengono svolte diverse finiture , come la limatura, applicata alla testa
di diversi tipi di chiodi, specialmente a quelli da basto, semplici o doppi; la sciacatura
della testa, eseguita su chiodi grossi, per dare una forma particolare:
sciacato la testa fatta a marteletto a n°100 chiodi da ? per li legnami delle
grepie
29
P. A. PAGANINI, Vocabolario domestico genovese italiano, Genova 1857
Il cantiere pag. 24
sciacato la testa a n° 40 chiodi da besaro
sciacato la testa a marteletto a n° 88 chiodi da veria e besaro
ed inoltre:
ariondato nella gamba e imbotiti nella testa n° 88 chiodi grossi da cantero
tirato sotile n° 24 chiodi da veria e di novo fatto la testa
tagliato la testa a n°200 chiodi e fatto la ponta
All'inizio del seicento le stachette probabilmente si dicono
aguti per vedri, aguti da riga, aguti sciacati,30
ed inoltre si può redigere una casistica meno ampia:
chiodi da basto e da sentro sia dopij che sempij, chiodi da banco, chiodi
grossi, chiodi da splangare.
Infine si segnalano anch ei dadi:
dadi con testa quadra ribattuti in opera.
attrezzi
Anche per gli attrezzi usati in cantiere la ricerca risulta solo all'inizio, ma sembra
opportunoproporre almeno un primo elenco, corredato dalle note
che si possono
desumere dai conti esaminati.
aghoglie e ponte
Sono entrambe punte, forse le punte sono più grosse delle agoglie, ma più
probabilmente i termini sono sinonimi;
troviamo infatti le agoglie da scoglio per i
muratori, quelle con cui rompere la roccia così come con le ponte da pietra, entrambe
vengono azzalite o appuntate nella punta e gli viene bolito la testa, si usa
una agoglia di azzale per fare le incave li muratorij per la stanghetta della
chiave
e una punta pesa circa kg2,860 e oltre:
1 ponta da pietre nova assalita in peso libbre 9
2 ponte novae assalite in peso libbre 19 1/2
mentre esistono anche agiogie minute
Oltre ai muratori anche gli scalpellini usano le agoglie e le punte:
fato un agoglia e uno scopeletto per Serisola
apontature di agoglie e scopelli de marmarari
pontato n° 3 ponte da scopelino
Esistono anche ponte per stucchi o per i cornicioni, da intendersi come grossi
chiodi che costituiscono un'armatura per elementi aggettanti piuttosto che attrezzi per
scolpire.
ponte da piantare per il cornicione in sala a piano del portico
badili
30
A. BOATO - ATO ECRI, Il ferro nell'architettura… cit..
Il cantiere pag. 25
I badili si usano per la calce, e posseggono una
doglia,
che si consuma,
probabilmente con questo termine si identifica la parte di ferro.
acomodato n° 8 badili per la calcina mesoli le doglie de altri suoi vechi rotti
fatto la doglia nuova a un badile da calcina
cunei
Abbiamo visto i cunei come manufatti da mettere in opera per mettere in tiro le
chiavi, ma possono anche essere usati per schiappare il legname, segnaliamo qui 2
cunii novi in peso libbre 6, circa kg 1,8.
Il cantiere pag. 26
frapine e frappi
Sono due strumenti simili, evidentemente l'una più piccola
dell'altro, nell'ottocento vengono descritti così:
frappo: "uno studioso ottocentesco lo ha definito
martello a due tagli, in quanto è provvisto di due
lame simili a quelle da pialla, contrapposte, in
posizione perpendicolare rispetto all'asse del
manico. Lungo almeno 1 palmo (circa 25
centimetri), pesante 10 libbre (quasi 3,2
chilogrammi), è provvisto di manico sfilabile che può
essere fissato in due maniere differenti" come un
picco, usato per rifilare i bordi, o come una pialla,
per lisciare la superficie.31
Martelinha o frapinha martellina, è senza bocca e
con due penne taglienti32
Dai documenti di cantiere apprendiamo che le frapine
invece hanno i denti da entrambe le parti , e che esiste anche
una frappa reghasasti e che si possono usare
3 frapine fatte grosse per scalcinare li mattoni.
marapiche
frappo
Manutenzione caratteristica della marapica è la ricalsatura:
1 marapicha mezza ricalsata
1 marapicha ricalsata
1 marapicha agionta nella testa assalita la ponta
martelli
I martelli citati dai conti sono del tipo a scure, vengono
infatti aggiustati nel taglio della penna.
acomodato n° 81 martelli dal taglio
azalito in più volte n° 17 martelli dal taglio
azzalito un martello dalla penna e agiontato ferro dall'altra
(parte)
mazzoli
I mazzuoli devono essere più frequenti di quanto non
appaia nei documenti, perché quelli di solo legno non venendo
aggiustati dal fabbro non risultano dai conti, mentre compaiono
i mazzuoli "ripieni", quelli in cui viene rinforzato con ferro il
punto di contatto con la testa dello strumento che si usa
insieme, un peso possibile è di circa kg 2.2:
31
L. SAVIOLI, Tecniche di produzione e lavorazione, in T. MANNONI (a cura di), Ardesia,
materia, cultura, futuro, Genova 1995 p 63.
32 P. A. PAGANINI, Vocabolario domestico genovese italiano, Genova 1857.
Il cantiere pag. 27
comodato il mazzolo per il scopelino inpito da tutte e due le parte e boglito e
alarghato nel ochio pesa libbre 7
pichette
Probabilemnte si tratta di piccoli picconi (con il amnico corto?)
ai quali viene sovente rifatta la punta e acciaiata.
azalito n° 16 pichette
pontato n° 4 pichette in più volte
piconi
Ne esistono alcune varietà, picconi grossi
forniti
insieme alle agoglie da scoglio, picconi da piano che sono
assaliti nella testa, oppure uno viene agionto appontato, in
generale
le punte vengono assalite e appontate, come al
solito, ed inoltre:
1 piccone da ponta e taglio accomodato
1 piccone da piano bolito la testa assalito la
ponta
2 picconi da piano ricalsati
picozzi
Come suggerisce il Paganini (cfr figura), si tratta di una scure:
comodato un picozzo boglito nel taglio e di nuovo temperato
scopelli
Di scalpelli si trovano quelli per li astreghi , quelli da
scopelino, uno scopeletto per Serisola e varie
apontature di agoglie e scopelli de marmarari
Vengono anch eusati per lavori particolari:
fattura di tagliare un pane di piombo con scopelli
tre ferri a modo di scopello inazzaliti per dare
leva alli scalini della nova scala
per aver pontato in più volte n° 8 ponte a un
scopello per lavori de campanini
tenaglie
Uno paro di tenaglie
vengono fornite per rancare li
chiodi dali canteri vechi, oltre a un paio di tenaglie grosse.
trapani
Per forare una verga di ferro si impiegaun trapano:
fato n° 3 buchi con trapano a una rembata di scala per porli li pomi
zappe
Le più citate sono le zappe da calce,
Il cantiere pag. 28
Sappa da cashina, marra è poco dissimile dalla marra ordinaria, ma ha il
collo molto piegato verso il manico: sene serve il calcinaio per istemperare e
rimestar la calcina33
una diesse, definita grossa, pesa circa kg 1,9
una sappa da calcina grossa in peso libbre 6
come per i badili, la parte di ferro viene chiamata doglia o sgoglia e va spesso
rifatta o saldata:
fatura di una sgoglia a una sappa da calcina
boglito nel collo una sappa da calcina per essere rotta
fatto la doglia a una sappa da calcina e boglita
Ma troviamo anche:
2 sapette per uso del giardino
2 sappe da getto agionte nel ochio
inferriate, ringhiere e altro
Nell'ambito delle inferriate e sopratutto delle ringhiere il fabbro può esprimersi
anche da un punto di vista figurativo, anche se guidato dal progettista, come succede a
Cornigliano, dove si sperimenta qualcosa di nuovo.
Tuttavia possiamo notare che già nel cantiere Pallavicini si realizzano con il ferro
due pogioli a arebeschi e balaustri per le mezzarie e un poggiolo con balaustri e tre pomi in peso
rubbi 6.10, (circa 50 kg) che sembrano proprio quelli di seguito descritti:34
Un secondo tipo di ringhiera è costituito da una successione di balaustrini a
tutto tondo, con profilo simile ai coevi balaustri in marmo bianco, ma in forme
molto più affusolate. Nonostante che a prima vista tali balaustrini possano
sembrare torniti, tanto grande è la loro precisione e il loro grado di rifinitura,
essi erano invece ottenuti per battitura entro appositi stampi.
Una forma che appare essere la semplificazione della precedente, e che
forse entra in uso un pò più tardi come imitazione di più facile realizzazione
(probabilmente nel XVIII secolo), è quella a balaustrini piatti, costituiti da una
lamina di ferro, che viene sagomata tramite battitura a partire da un
semilavorato a forma di verga. In relazione al procedimento di lavorazione
tale lamina ha spessore differenziato: più consistente nelle strozzature, più
sottile in corrispondenza delle "pance".
Infine le ringhiere forse più decorative sono quelle costituite da un insieme di
elementi in ferro battuto, a sezione in genere quadrangolare, curvati a
formare disegni più o meno elaborati, e inquadrati tra le due traverse.
L'aletta descritta nella seguente voce di conto potrebbe essere quella parte di
parapetto che è posta in opera in orizzontale sul bordo superiore della ringhiera stessa
e che è formata da ferri piatti a formare disegni, che compare già nel cantiere
Pallavicini:
33
P. A. PAGANINI, Vocabolario domestico genovese italiano, Genova 1857
Il cantiere pag. 29
per un poggiolo fatto con arabeschi e sua aletta et uno arembatore di scala
attaccato al detto poggiolo et uno rastello per serare con mappe pesa rubbi
17.3
£ 142.13
Anche nelle inferriate si evidenzia un cambiamento, ne vengono fatte due alla
lombarda, che pesano ben kg 754, e sono come quelle in voga per tutto il secolo
precedente, e molte a quadretto; ma anche una ferrata di ferro quadro fatta con
arebeschi in peso rubbi 6.20; dello stesso genere sono queste piccole inferriate per
finestrine ovali o per una mezzaluna:
un ovato fatto ad alboretto per la scala in peso rubbi 6.4
£ 51.6.8
un ovato con arabeschi per la scala in peso rubbi 6.6
£ 52
per un ovato fatto ad arebesco per una finestra nella scala maestra in peso
libbre 66
£ 20.18
una mezzaluna fatta ad arebeschi
Nel finestrino ovale sta molto bene anche una tessitura dei ferri ad incrocio in
diagonale :
una ferrata ovata fatta ad amandoletta per balcone a piano del portico
£ 29
Quelle poste nei sovraporta sono inferriate ottenute con un procedimento
piuttosto complesso, la rifollatura che35
consiste nel riscaldare la barra di ferro nella zona in cui si vuole realizzare il
rigonfiamento stesso e nel comprimerla verticalmente, battendola
all'estremità con la mazza. Al rigonfiamento viene poi data la forma voluta
tramite battitura
nel caso dei balaustrini il procedimento viene aiutato da appositi stampi.
n° 7 balaustri per sopraporte con pomo nel mezzo in peso libbre 25 £ 5.16.8
n° 18 balaustri per sopraporte nel caroggio con pomo in peso rubbi 5.4
£
27.19
Dello stesso genere possono essere i montanti di ringhiere di scale o poggioli,
per i quali si nota una differenza tra i due cantieri , sembra infatti tra il primo e il
secondo si passi dal balaustrino a tutto tondo a quello sottile, ricavato da un ferro
piatto, come nelle alette sudescritte.
per uno arembatore di scala con balaustri a colonetta
in peso libbre 88 a soldi 8 la libbra
per un pomo d'ottone per detto
un arembatore di scala di balaustri a colonnetta in peso libbre 66
per contati spesi in un pomo d'ottone per detto
£ 35.4
£ 1.10
£ 33
£ 1.16
In generale il corrimano della ringhiera viene sorretto da chiavette impiombate o
da
34
A. BOATO - ATO ECRI, Il ferro nell'architettura… cit..
A. BOATO, Archeografia del costruito, tecniche e materiali della Genova preindustriale (secoli XI-XIX), Genova
35
Il cantiere pag. 30
una colonna et un dado che serve per attaccare li rembatori di scala in peso
libbre 41 a soli 8.6 circa
£ 7.4-
Nel cantiere Durazzo tutti questi elementi subiscono ancora un rinnovamento, vi
si introduce una tecnica di lavorazione esplicitamente alla francesa:
1755 a' 24 novembre Conto di 8 balconi di ferro
Lavori fatti dmaestro Giovà Battista Balatti
Per n° 8 poggiolli cioé 20 longhi palmi 7, alti palmi 3 con giro e ghaibo con
staza e cornice fatti di fero quadro tirato sotille fatti alla francessa con diversi
inchastri e ben tiratti con lima in tutto pessano rubbi 15:16
r:20 altri 4 longhi palmi 6 alti palmi 4 fatti con telari quadro e con staza tiratta
a cornice fatti di ferro quadro sotille tirato a patta e fatti con diversi rebeschi
e siggi e con diversi inchastri fatti alla francessa e ben tirati con lima in peso
rubbi 22.20 che in tuto pesano rubbi 40:8 a soldi 22 la lira con fero e fatura e
spesa e ogni cosa
£ 1105:10
spessa di porto de fachini
£ -:18
£ 1106:8
(ma poi si accontenta di £ 900)
Nelle ringhiere di scale minori si usa la stazza:36
una delle due sbarre parallele che formano una ringhiera insieme a
bacchette di ferro verticali
che è un termine non ancora riscontrato nei documenti dei secoli precedenti ,
anche se probabilmente il manufatto aveva già fatto la sua comparsa,
per n° 2 arembatori di scala di palmi 16 circa con li suoi caragoli e sua
stazza sotto e d'alto con sue vide nel suo ferro et al primo caragolo messovi
la stazza cornigiata di sopra in peso rubbi 17:13 a soldi 3/4 la lira di fattura £
87:12:=
per n° 5 pezzi di arembature di scala con sua stazza limata e sua cartella in
peso rubbi 7:10 a soldi 5/6 la lira ferro e fatura
£ 55:10:=
sulle ringhiere vengono effettuati anche adattamenti per modifiche avvenute nella
fabbrica, anche pochi anni dopo :
per avere acomodato uno delli suoi pugioli vechij della scala e trapanato a
lavoro e atacato con la detta scala e messoli giornate n° 3 a soldi 40 il giorno
£ 6:=:=
Come già anticipato, a Cornigliano viene realizzata, ad alto costo, una ringhiera
per la scala maestra, di gusto squisitamente francese che sembra uscire dalle pagine
dell'Ènciclopedie37 uno dei primi tentativi a Genova, se non il primo:
1757 à 16 maggio Conto della rampa della scala grande
per avere fatto la rampa della scala di marmaro cioé n° 6 pezzi con suoi
recanti tutto a rebeschi con molta fatica più de altre
£ 1270.7
36
37
P. A. PAGANINI, Vocabolario… cit..
Cfr F. BONORA, Il palazzo Durazzo Bombrini in Cornigliano, un'architettura francese a
Genova, Genova 1991
Il cantiere pag. 31
deduzione
pagate a Bartolomeo Bruno
£ 188.4
£ 1082.3
Le altre ringhiere sono più semplici ma comunque elaborate:
1756 à 4 settembre Conto di 3 pezzi di rampe
per aver fatto n° 3 pezzi di rembate di scala per la scala verso Sestri per
andare nelle mezzarie di cima fati con driti di ferro con pedino da tutte e due
le parti e con la cadenza ribatuti sotto con stazza e sopra ferro quadro
ritondato dauna parte in peso cantara 529 a £ 22.10 il c.
£ 118.10
fatto una cantonata a rebescho simile de altra
£ 22
detta rampa per essere con troppo ferro se le paga in ragione di £ 13 circa il
cantaro
£ 70
Bartolomeo Bruno riceve £ 92
1756 à 10 luglio Conto della rampe della scaletta a ponente
(realizzate a arebeschi da B. Bruno)
Tutte le ringhiere sono finite dal pittore Lupi con due mani di olio.
Anche il cancello principale della villa viene realizzato con decori arabescati:
1756 à 20 agosto Conto di fattura del rastello del cortile grande
fatto con arebeschi alla cima da B. Bruno per £ 311.12
Anche manufatti particolari come i lumi e gli anelli per appenderli sono curati con
aggiunta di elementi decorativi:
due lumi di Pistoia doppi recamati per la fabbrica
£2
un anello da volta con sua rosetta e fiorami
£5
4 anelli da volta con sue rosette e fiorami con gamba di p 2
£ 20
per due annelli da volta per li salotti con sue rosette fiorami e gambe di palmi
2
£ 12.10
Restano da segnalare alcuni altri manufatti del fabbro Bruno, diversi telai di ferro
tessuti per le uccelliere, le cantine, la cucina, 6 telaretti di legno per l'uccelliera, fissati
mediante stachette, ed inoltre 8 occhi quadri fatti a T con occhio per mettere una
chiavetta per il palco in sala, occhietti, occhi per le cortine di sala fatti a balaustro, ferri
per il lampione e tutto il necessario per i campanelli:
per n° 6 grilette da campanino a soldi 1£ l'uno
£ 5:8:=
per n° 19 ochij da piantare per detti campanini
in peso lire due e onze 4 a soldi 30 la lira
£ 3:10:=
per havere acomodato sei delli suoi griletti usati e messo li perni nuovi
e a qualcuno datoli giunta
£ 0:16:=
n° 2 molle di azzale con ochio e da levare e metere per campanini.
altri metalli e leghe
Il piombo è presente in alcune condutture, canali, usati per la peschiera e per una
tromba (pompa). L'altro ruolo importante di questo metallo è quello visto nei
Il cantiere pag. 32
serramenti, per i quali viene detto piombo da vetro; per lavorarlo può essere
necessario tagliare un pane di piombo con scopelli,lavoro svolto dal fabbro.
Lastre di rame compaiono in entrambi i cantieri, dove sono impiegate per un
balcone, per una canaletta, e si usano100 stopparoli servono per inchiodare una lastra
di ramo.
In particolare:
1754 @ 31 dicembre (5 settembre) Conto di lastre di rame e stagno
per lastra d'Allemagna posta sopra il tetto del palazzo in Cornigliano libbre
84 senza ferro e stagno
£ 113.8.e per stagno per detta libbre 31.3
£ 19.1.per altro stagno per la fabbrica libbre 17.6 a soldi 12
10.10.per fattura di collocare detta lastra con altre e tirarle compresevi giornate 3 di
due uomini
£ 20.-.si deducono avanzi e ritagli
Vi sono inoltre alcuni particolari pezzi di impianti, come un canone nuovo di rame
con due gomiti di p 8 portione saldato in peso netto l 40, oppureuna caldara grande
nuova da far scaldare l'acqua per il bagno di rame senza ferro p libbre 46
Di ottone troviamo ben
n° 270 otto pomi nuovi e nettatura di altri 10 vecchi di casa per le ferrate
Lavorano il rame e l'ottone i calderari Antonio Perpinto e Antonio Maria
Zermucca.
Nel cantiere di Cornigliano arrivano anche alcuni manufatti di ottone, forniti sia
dal fabbro Bruno sia da un tal Brignone
2 anelli con sue rosette due mappe e un anello con bottone per il luogo
all'inglese £ 4
filo d'ottone per li giochi da campanini mandato da Genova
13 grilletti simili de altri per detti giochi
per mettere in detto (palazzo) 5 giochi di canpanili n° 4 canpanili novi
£8
in detto 5 mole di acale con sua ganba
£ 17.10
in detto 25 grileti per detti giochi a soldi 22 l'uno
£ 17.10
ocheti et ponte per negare il filo di lotone
£ 3..16
filo di lotone ricoto
£ 5.10
maestro Antonio Suanasino fatura di deto lavoro
£ 16
filo di ottone in tutto libbre 50 di filo mezzano
pomi grossi 164, mezani 16 e picoli 12
rozete 106
bochete 96 (ad esempio per i secretaire)
stachete dongene 72
E' tessendo il filo di ottone che si realizzano i telai di ramina,
grandi , ad
esempio, sei palmi in quadro.
Infine troviamo documentato anche il bronzo in alcune forme particolari:
Il cantiere pag. 33
Conto di due anitre di bronzo dorato per il bagno
Conto del costo di un pomo di bronzo dorato per la rampa della scala grande
pagato in £ 36
per un pomo di bronzo dorato a vernice per la rampa della scala grande fatto
da Brignone
Il cantiere pag. 34
pietra di Lavagna
Non si può trascurare quanto viene indicato dai conti consultati riguardo
all'ardesia, poiché, oltre a giocare una parte importante nelle finiture, lo fa con una
straordinaria varietà di elementi diversi.
Non è sempre evidente, però, l'impiego di tali elementi, anche perché alcuni
possono giocare più ruoli, per cui occorre analizzarli uno per uno e tentare di
individuarne i principali utilizzi.
Ci vengono in aiuto documenti della metà del seicento,38 il primo redatto in
seguito ad una lunga vertenza tra i cavatori e produttori di pietra di Lavagna e i maestri
muratori per ottenere una standardizzazione degli elementi che cautelasse questi ultimi
da imprevisti negli acquisti e che garantisse una ottimale qualità delle forniture: alla fine
viene redatta una "Dichiarazione delle robbe che si devono fabbricare in ogni bontà e
perfettione nelle rocche di Lavagna e condursi alla città",39 da cui, schematizzando,
rileviamo:
- abbaini palmi 2 e once 2 fino a 4
- chiappe da gronda palmi 3 per 2 (spessore proporzionale)
- scalini lunghi palmi 3.4.5.6 larghi p 1 1/4 spessi (grossi) once 1 e 1/2 (ql
larghi un solo palmo vanno pagati mezzo)
- scalini lunghi palmi 7.8.9.10.11.12 devono essere larghi p 1 1/2 spessi
once 2 (anche qui quelli più sottili o meno larghi vanno pagati meno)
- scalini bastardi lunghi palmi 7.8.9.10.11.12 devono essere larghi p 1 3/4
spessi once 1/2
- scalini grossi (nel senso di spessi) p 1/4 lunghi palmi da 3 a 12 devono
essere palmi 1 1/2, (valgono due scalini ordinari)
- chiappe da lavello lunghe palmi 3 larghe palmi 2 grosse un'onza in circa
- lavelli ordinari incavati lunghi palmi 3 larghi palmi 2 (brutto e netti senza
diffetti, ne schiapati) grossi onze 5
- tetti ordinari lunghi palmi 3 larghi palmi 2 massicci grossi palmi 1/3
- chiappami da palmi 2 pagati come uno scalino e mezzo
- chiappami da palmi 2 1/2 fino a 3 pagati come due scalini
- chiappassoli squadrati di misura giusta di palmi 1 e once 10 in quadro
- quadretti giusti di palmi 1 e 1/4 quelli di un palmo dritti e grossi e 3/4 di
oncia40
- pilastrate grosse p 1/3 larghe di netto un palmo
38 Trascritto in Tesi di Laurea di Silvia Schiaffino, Regestazione e valorizzazione delle
filze dei Padri del Comune relative alle arti, degli anni 1641-50, rel. A. Roccatagliata, AA
1994/95.
39 Esiste un'altra dichiarazione del 1603, che sarebbe utile raffrontare.
40 L'aggettivo "giusti" viene chiarito con il documento di cui alla nota seguente, in cui si
dice: e se si trovassero francischiati con li abbaini giusti i suddetti chiamati grondette e fossero
venduti inssieme…, va quindi inteso "di misura corretta".
Il cantiere pag. 35
- queironi grossi 1/4 di palmo e larghi 3/4 di palmo
in quanto alla qualità li abbaini siano fatti nella più perfetta pietra e siano nè
troppo grossi
li chiappami tutti si faccino senza bianche, nè file per traverso, senza diffetti
e grosse per tutto uguali e dritte
le pilastrate siano di grossezza giusta tutte senza bianche nè file per il
mezzo nè schiappate
il secondo documento, poco più tardo, fa parte del gruppo delle normative che la
Magistratura dei Censori erogava regolarmente al fine di regolamentare le produzionie
i commerci della Repubblica: 41
abbaini palmi due e onze due in quadro et altri chiamati gronde che siano
longhi palmi due e onze sette e larghi palmi uno e onze nove a quali abbaini
detti gronde della suddetta misura è statuita la meta a lire dieci il cento
condotti in città e si vendano separatamente et agl'altri di giusta misura lire
otto il cento pure condotti in città sotto pena…
Una norma simile, ma della metà del settecento, stabilisce anche una misura di
spessore di circa sei millimetri, corrispondente a molti casi reali: 42
abbaini palmi due e onze due in quadro, abbaini doppi di p 2 e mezzo in
quadro della dovuta bontà e grossessa cioè trentasei per ogni palmo si
dell'una che dell'altra qualità
Portando le misure in centimetri è possibile confrontarle con quanto emerge,
nell'Ottocento, da un Capitolato speciale per l'appalto della manutenzione ordinaria
quinquennale degli stabili di proprietà o di uso del Municipio di Genova o per cui
incombe al Municipio di Genova di sopportare o di anticipare in tutto od in parte la
spesa, 43 che, per quanto riguarda l'ardesia prevede:
- intelaiature per porta composte di stipiti, architrave e soglia dette alla
cappuccina di spessore mm 25÷34 x larghezza 10÷15
- intelaiature per porta composte di stipiti, architrave e soglia dette quairone
di spessore mm 35÷44 x larghezza 13÷15
- intelaiature per porta composte di stipiti, architrave e soglia dette a
pilastrate di spessore mm 60÷70 x larghezza 18÷22
- scaglioni per gronde spessi cm 3÷4 x larghezza 10÷12
- gradini detti schiavoni cm 2,5÷3,5 x 28 ÷ 30
- gradini detti da quarto vuoto m 005 ÷ 07 larghi m 030÷035
41
Archivio Storico del Comune di Genova, Censori, 428, 18 maggio 1668.
Archivio Storico del Comune di Genova, Censori, 428, 12 febbraio 1751.
43 Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale… cit..
42
Il cantiere pag. 36
nella seguente tabella sono messe a confronto le fonti, in nero quella più antica, in
verde quella seicentesca dei Censori, in blu quella settecentesca dei Censori in rosso
quella ottocentesca:
cm
abbaini palmi 2 e onze 2 fino a 4 (once?)
abbaini palmi 2 e onze 2
abbaini doppi palmi 2 e mezzo
chiappe da gronda palmi 3 per 2
(spessore proporzionale)
gronde longhe palmi 2 e onze 7, lar. palmi 1 onze 9
scaglioni per gronde
scalini lunghi palmi 3.4.5.6
larghi p 1 1/4 spessi (grossi) once 1 e 1/2
scalini lunghi palmi 7.8.9.10.11.12
larghi p 1 1/2 spessi once 2
scalini bastardi lunghi palmi 7.8.9.10.11.12
larghi p 1 3/4 spessi once 1/2
scalini "grossi" lunghi palmi da 3 a 12
palmi 1 1/2 grossi p 1/4
chiappe da lavello lunghe palmi 3
larghe palmi 2 grosse un'onza in circa
lavelli ordinari incavati lunghi palmi 3
larghi palmi 2 grossi onze 5
tetti ordinari lunghi palmi 3
larghi palmi 2 massicci grossi palmi 1/3
chiappami (nel senso di chiappe) da palmi 2
chiappami da palmi 2 1/2 fino a 3
chiappassoli squadrati di palmi 1 e once 10 in q.
quadretti di palmi 1 e 1/4 quelli di un palmo e
grossi 3/4 di oncia
pilastrate grosse p 1/3 larghe di netto un palmo
pilastrate di spessore mm 60÷70 x larghezza 18÷22
queironi grossi 1/4 di palmo e larghi 3/4 di palmo
quairone di spessore mm 35÷44 x larghezza 13÷15
da
da
da
da
da
da
53.7 a
53.7
62
74.4 lato
64,1
100÷120
74.4
31
173.6
37.2
173.6
43.4
74.4
37.2
74.4
49.6
74.4
49.6
74.4
49.6
49.6
62
45.47
31
a
larghezza
a
larghezza
a
larghezza
a
larghezza
lato
lato
24.8
2.067
43,4
3÷4
148.8
3.1
297.6
4.1
297.6
1.0
297.6
6.2
lato
spessore
lunghezza
spessore
lunghezza
spessore
lunghezza
spessore
lunghezza
spessore
2.1 spessore
lunghezza
10.3 spessore
lunghezza
8.3 spessore
larghezza
larghezza
lato
a
24.8 larghezza
18÷22
18.6 larghezza
13÷15 larghezza
oncia
57.8 lato
lato
lato
49.6 lato
lato
lato
lato
poi
palmo
74.4 lato
24.8
1.6
8.3
6÷7
6.2
3.5÷4.4
lato
spessore
spessore
spessore
spessore
Risulta quindi una sensibile variazione nelle dimensioni degli elementi, perlatro
già nota
nel caso degli abbadini,44 che suggerisce come, nel caso in cui fosse
possibile riconoscere e misurare gli elementi in opera, potrebbe essere pensabile una
mensiocronologia della pietra di Lavagna? Proviamo intanto a verificare l'ipotesi con le
misure settecentesche, come risultano dai conti di fabbrica esaminati.
Il cantiere pag. 37
abbaini
Così si chiamano, almeno tra cinque e seicento,45 gli elementi da copertura
quadrati, sottili, messi in opera per terzo; il termine oggi usato per indicarli è abbadini e
questo cambiamento si può osservare proprio tra il primo e il secondo dei cantieri
studiati.
Nel caso più antico troviamo una precisazione dimensionale: il lato della lastra
dev'essere di p 2 1/2 (circa 62 centimetri), ovvero più grande dell'intervallo previsto
dalla Dichiarazione seicentesca ma perfettamente corrispondente alla norma di metà
settecento proprio per gli abbadini doppi, come infatti sono sempre indicati in tutte le
citazioni:
Nel secondo caso, invece, si pagano sempre abbadini detti grandi, probabilmente
non varia la misura ma solo il modo di chiamarli, se ne possono contare 10600 e oltre,
di cui un migliaio sono doppi (sinonimo o variazione di spessore?), che costano lo
stesso prezzo degli altri.
battiporta
Questo
termine
compare solo nel cantiere
Pallavicini,
in
poche
citazioni, mentre nei secoli
precedenti
usato
ad
era
molto
indicare
un
elemento lavorato di pietra
di Lavagna, usato in orizzontale, messo in opera sotto e sopra ai balconi dalla parte di
fuori.46
Può essere rifinito a bastone oppure semplicemente refilato, 47 misura circa 16
cm di larghezza, ovvero è più piccolo di un querone (cfr).
44 A. BOATO , Costruire a Genova tra medioevo ed età moderna tesi di dottorato in
Conservazione dei beni architettonici, VI ciclo, Politecnico di Milano, p. 64.
45 Cfr A. DECRI, Per un glossario sull'uso della pietra per le finiture nell'edilizia genovese
dei secoli XVI–XVII, in Atti del VII convegno di Studi "Scienza e beni culturali - le pietre
nell'architettura: struttura e superfici", Libreria Progetto, Padova 1991, pp 57-66, voce "abaini".
46 A. DECRI, Per un glossario… cit. voce "battiporta".
Il cantiere pag. 38
chiappe
Voce con cui si designa l'elemento generico di pietra di Lavagna, la lastra, o,
ancor più in generale tutti gli elementi di tale materia;48 ma ha un uso specifico per
indicare gli elementi di forma bidimensionale come le lastre (rispetto a quelli in cui
prevale nettamente la lunghezza); un caso particolare è dato dal chiappasolo,
elemento attestato nel Seicento per i pavimenti e presente nel cantiere Durazzo: n° 130
chiappasoli di p 2 in quadro lavorati £ 32.10, misurano circa mezzo metro di lato, quindi
di tratta di manufatti più piccoli della normale chiappa, ma leggermente più grandi di
quelli del secolo precedente.
Dal punto di vista dimensionale, comunque, esiste una varietà notevole: si va
dalla chiappa quadrata di un metro di lato o a quella rettangolare di due per mezzo
metro, fino alle più grandi, di 175 cm per un metro, neanche previste dalla
Dichiarazione seicentesca.
Esistono lastre specializzate come quelle da lavello (cfr lavello), quelle da gronda
e quelle bastarde usate per la gronda; nell'Ottocento sono chiamate scaglioni per
gronde e misurano mm 30÷40 x 100÷120,49ma sono note già nei secoli precedenti, la
loro dimensione maggiore rispetto alle altre lastre da copertura e la loro forma
rettangolare serve per mettere in opera il corso (chiappata o gronda) in modo da
coprire il termine della muratura con un'unica lastra, per meglio proteggerla dall'acqua
piovana. 50
I conti settecenteschi del cantiere genovese aggiungono dei dati sulle dimensioni:
una cinquantina di chiappe da gronda misurano palmi 5x2 (circa 125 x 50 cm) ben più
grandi di quelle indicate nei documenti ufficiali; sempre larghe cinque palmi sono fornite
anche 124 chiappe bastarde per gronda, forse più corte delle altre. Come finitura si
impiegano due quatteroni d'oglio per la chiapata del tetto, forse steso con pietra
pomice.
Ancor più specializzate sono due chiappe di p 5 in quadro squadrate atorno e
tagliate da canto a filo de canti del tetto, nel palazzo Pallavicini, mentre in quello
47
La figura riguarda l'ipotesi sulla forma di tali profili avanzata da A. BOATO, Costruire a
Genova… cit., p. 115.
48 In un documento che riassume gli "avanzi", vengono detti chiappe anche gli scalini, i
queloni, le pilastrate.
49 Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale… cit..
50 A. DECRI, Per un glossario… cit. voce "chiappata o gronda".
Il cantiere pag. 39
Durazzo, ancora negli angoli, troviamo chiappe da gronda a civetta tagliate a
cartabuone per canti di p 8 e p3 n° 4 e simile di p 7 e 3 n° 4, da cui si evince che il
taglio a cartabono è il taglio a 45° in pianta.
Sempre come finiture della copertura troviamo, a Cornigliano, dei coppi di
querione di p 4 e 8 coppi di palmi 5 di pilastrata doppia incavati: si tratta di quegli
elementi che sono posti sopra il giunto delle due falde nella parte terminale del tetto.
(cfr quaroni e pilastrate).
Come lavorazione del bordo, spesso applicata a lastre tra le più grandi (palmi 8
1/4 x 3 o 7 x 3) e usata specialmente per l'impiego in coperture particolari, come il tetto
del miradore, il lucernaio, il cornicione oppure un trogolo, è il becco di civetta, il cui
profilo corrisponde bene a quello ottenuto con lo smusso di un solo spigolo di una
lastra. A Cornigliano
viene fornita una chiappa così rifinita come copertura di un
trogolo:
chiappa 6x5 e una di p 3 lavorata a bastone e lavorata a becco di civetta
tagliata a carta bone sopra il troglio.
e troviamo anche la finitura a civetona, applicata a tre lati di tre chiappe di palmi 4
e palmi 2, forse usate come mensole?
Nello stesso modo vengono trattate le chiappe per il dado, che è la fascia
marcapiano che interrompe il corso dell'acqua piovana e che, per questo, gioca un
ruolo molto importante nella prevenzione del degrado da dilavamento,51 sembra utile
rilevare, perciò che il bordo di tale fascia, protetto dalla lavagna, è anche
accuratamente sistemato per un corretto gocciolamento: chiappe per il dado lavorate a
becco di civetta et attestate con sue gocciole larghe o 10, col che probabilmente si
intende il piccolo scavo nella parte inferiore della lastra, qui utile perché messa in
opera molto meno inclinata di quelle del tetto.
Il termine attestate potrebbe indicare la sistemazione precisa delle lastre l'una nei
confronti dell'altra per ridurre il giunto.
chiappe di p 7 e p 3 lavorate a becco di civetta et attestate per tetto miradore
chiappe per gronda lavorate a becco di civetta et attestate p 8 e p 2 1/2
Come
due chiappe per pilastri di p.mi 4 in quadro a civeta a torno taliato li canti per
desene £ 4.8
Come finiture troviamo ancora la squadratura, realizzata su chiappe per balconi
(si tratta di lastre di circa 174 x 16,5 probabilmente usate per l'imbotte), per un bordo
51
Poiché interrompono il corso della lama d'acqua sulla facciata ed i suoi effetti.
Il cantiere pag. 40
da incastrare oppure per il pavimento di un ballatoio: si differenzia dal bastone che é
un bordo tondeggiante,52 per cui la squadratura sembra la finitura a 90°.
E allora le chiappe a bastone squadrate oppure quellea bastone e refillate si
possono interpretare come lastre con finiture diverse sui diversi bordi.
Perché la superficie di alcuni elementi sia veramente liscia e piana occorre che
sia aspianata in straguardo.
Tra gli usi è da segnalare il vasto impiego negli impianti, come nei gaggioli
(condotti verticali), nei trogoli, nelle bocche di pozzo, e così via, per cui possono servire
chiappe con fossetta, chiappe con bucci per acqua.
Nelle pavimentazioni la lavagna ha un ruolo importante nei vani delle finestre,
dove realizza una finitura impermeabile all'acqua piovana non trattenuta dal
serramento e poi convogliata fuori da apposito pertugio:
(…) due chiappe di p 6 large 0/14 rifilate da squarcio
£ 1.12
Per riassumere, infine, la straordinaria varietà e quantità di chiappe usate in
cantiere, per i
più diversi impieghi, si è compilata la seguente tabella contenente
esempi di quantità e misure e della loro relazione con i prezzi unitari, qualora presenti o
ricavabili:
52
Cfr alla voce battiporta.
Il cantiere pag. 41
chiappe
quantità lato palmi lato palmi spessore
12
4
7
3
6
15
4
14
21
16
3
4
4
4
4
4
4
4
4
4
1
82
9
1
6
4
3
29
3
1
15
9
29
8
13
14
15
6
12
50
2
3
4
1
34
25
1
45
5
128
11
3
3
4
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
6
6
6
6
6
7
7
7
7
7
7
7
8
8
8
8
8
8
8
9
9
9
4
3
3 grossa onze 2
3 grossa onze 2
3
4
4
4 grosse onze 2
4
4
4
3
3
3
3
3
3
4
4
4
4
2 1/2
3
3
3
4
2
2 1/2
3
3
3
3
4
1 1/2
2
2
2
2 1/2
2 1/2
3
2 1/2
3
4
finitura
soldi 26
doppie
doppie
aspianate
aspianate
aspianate
23 soldi
doppie
doppie
grosse onze 2
doppie
doppia
doppie
grosse onze 2
doppia
doppie
grosse onze 2
prezzo unitario
doppie
doppie
£ 4.16
aspianate
£ 4.16
aspianate in straguardo 30 soldi
scielte
aspianata
£4
soldi 22
£4
aspianata
£4
aspianate
£4
£ 11
aspianate
£4
circa 1 lira e 1/2
£5
£5
£ 1.6
£ 3.4
aspianate
£ 4.14
£ 4.14
£2
ordinarie
doppie
grosse onze 2
aspianate
aspianate
doppie
doppia
grosse onze 2 1/2 doppie
ordinarie
doppia
doppie
£2
£6
soldi 50
£6
£6
£ 7.8
£ 2.10
£8
£2
£4
£ 2.10
£ 4.16
£3
£ 3.4
£8
£ 7.16
Resta da segnalare come coesistano, seppur rari, i termini lastra e piana:
piane alla romana e lisciate di p 6 larghe oncie 10
lastre servite di Francesco Rondanina per lastricare li fondi del palazzo
coperte
Il cantiere pag. 42
Si tratta di un elemento posto a copertura dei vani di porte e finestre, oggi detto
imbotte; può essere realizzato con uno o più quaroni ed avere una sezione scavata per
permettere l'incastro dei telai fissi oppure la battuta di quelli mobili. La finitura alla
romana e l'aggettivo finte risultano per ora poco spiegabili.
una coperta con l'incastro, di p 3 per porta di commodità
una coperta di quaroni con faccia liscia con due incastri da vetro e arva
una coperta alla romana
n° 6 coperte di palmi 4 doppie finte
£ 6.12.-
lavelli
Citato come pezzo solo nel primo cantiere (in cui peraltro compare anche la
chiappa da lavello, un paio sono messe come piede di stallo di colonna),
è
interessante notare che non vengono usati per costruire lavelli, appunto, bensì sono
messi in opera sopra o sotto le colonne e sotto i bordonari, cioé le travi maestre, a
fungere da appoggio piano, nonché come zoccoli (lavelli pieni per fare soccari).
Nel
secondo
cantiere
invece
vengono
fornite
le
chiappe
da
lavello,
presumibilmente lo stesso pezzo, in totale sono 2760, numero che sembra confermare
l'uso come piano di appoggio.
Possiamo quindi descriverle come lastre di particolare spessore, mentre
l'aggettivo pieno potrebbe riferirsi al fatto che non è stato praticato lo scavo per
contenere l'acqua.
Dalle misure della Dichiarazione seicentesca si rileva che lavelli e chiappe da
lavello hanno identiche lunghezza e larghezza (75 x 50 cm circa) ma i primi sono
spessi ben 10 cm mentre le seconde solo 2. Inoltre i lavelli ordinari sono definiti
incavati, proprio il contrario di quelli pieni qui visti.
mezzanini
Trentacinque mezzanini, alcuni lunghi cinque palmi (circa 125 cm) lavorati alla
Romana oppure solo refilati, altri lunghi circa un metro e larghi circa 16 cm, sono forniti
per Cornigliano; il termine già nei secoli precedenti si usa per indicare l'alzata dello
scalino quando è fatta di lavagna.53
ottangoli
53
A. DECRI, Per un glossario… cit. voce "mezzanini".
Il cantiere pag. 43
Manufatti da pavimentazione, così quelli usati a Cornigliano:
n° 3 ottangoli doppij di palmi 2 1/2 in quadro squadrati e lisciati per la
terrazza
£ 4.10
n° 183 ottangoli di palmi 2 1/2 doppij aspianati e lustrati
£ 137.5.(…) otangoli di polteli dopi di p.mi 2 1/2 squadrati e lisati forniti n° 4
£6
pilastrate
La pilastrata è l'elemento verticale della cornice di una porta o di una finestra,
quando questa è realizzata con pietra, mentre la parola stipite, praticamente un
sinonimo, 54 potrebbe indicarne la larghezza;
n° 26 scalini di palmi 5 grossi 1/4 larghi onze 6 di stipito addietro a soldi 34 £
44.4.-
Spesso con un unico pezzo si copre il muro dov'è la bucatura e si decora la
superficie della parete ad esso perpendicolare, a volte infatti questo lato della pilastrata
è modanato, anche da entrambi i lati stretti, quando sono entrambi a vista;
porte di pilastrata doppie corniciate da due parti p 9 e p 4.4;
a volte la battuta viene scavata nell'elemento:
un quadro di pilastrata con l'incastro da vedro di p 3 1/2 in quadro di luce;
Le finiture possibili: alla fratesca, a faccia quadra, corniciata, corrispondono
evidentemente ai vari modi di realizzare i profili delle aperture, possono inoltre avere
l'incastro per il telaio e il batiporta, la battuta :
pilastrata corniciata con l'incastro di dietro
quattro quadri di pilastrata con faccia liscia con l'incastro da vedro di p 5 e p
4 di luce con il batti porta greso oncie 3 e con sue canellette dentro per il
miradore;
Possono essere rifinite anche sulle due facce opposte:
pilastrate doppie di p 7 n 2 e di p 6 n 2 con faccia quadra da due parte per
longhezza sopra un arco
la stessa faccia può essere liscia oppure lustra.
due coperte di pilastrata con faccia liscia di p 7 e due p 4 simili per fare un
quadro;
n° 2 pilastrate di palmi 10 larghe onze 9 lavorate con faccia lustra
£ 5.18.-
Quanto alle dimensioni le pilastrate, sempre di lunghezza variabile, risultano nel
seicento larghe 25 cm circa e spesse circa 8, nel settecento i documenti di solito
indicano la lunghezza o la luce del vano della bucatura, e nell'ottocento si hanno
spessore mm 60÷70 x larghezza 18÷22.
54
Pilastrâ stipite e stipito, chiamasi i due membrid ella porta, che posano in sulla soglia
e reggono l'architrave, G. CASACCIA, Vocabolario genovese - italiano, Genova 1851,
Il cantiere pag. 44
possono ancora essere usate ad esempio per un'imbotte oppure per il colmo del
tetto: due coppi di pilastrata doppia, n° 8 coppi di palmi 5 di pilastrata doppia incavati,
nel qual caso si può praticare un solco per rendere il pezzo più stabile sullo spigolo su
cui appoggia.
Una certa confusione nasce quando viene usato il termine pilastrata riferito
all'elemento costruttivo ma non al pezzo di lavagna:
pilastrate di schiavone con faccia squadra da una parte di palmi 6 large 0/7
N° 8 atestate insieme
£ 9:12
una pilastrata di quarone con faccia liscia di p 8 dal fumarolo
n° 2 pilastrate di qualone di palmi 8 lavorate con faccia lustra
£ 4.8.n° 12 pilastrate di palmi 8 di qualone aspianate a £ 2
£ 24.-.-
Esistono anche pilastrate finte, forse nel senso, già ipotizzato per le coperte, di
un uso non strutturale, ma solo di rivestimento:
n° 12 pilastrate doppie di palmi 8 finte
n° 7 pilastrate di palmi 8 lavorate finte
£ 26.8.£ 15.8.-
portelli
Il portello è una lastra da pavimento,55 può essere quadrato e di dimensione
maggiore rispetto al chiappasolo sopracitato, oppure ottagonale (cfr ottangoli); viene
rifinito con molta attenzione: portelli di palmi 3 in quadro doppij aspianati in straguardo,
cioé con la superificie resa dritta così regolarmente da reggere alla traguardatura,
come visto per le chiappe.
A Cornigliano ne arrivano in tutto 855.
quaroni
Il quarone è simile alla pilastrata ma più piccolo,56 come risulta anche dai
documenti ufficiali già citati, in cui si precisa che siano, nel seicento, grossi 1/4 di
palmo (circa 8 cm, due centimetri meno delle pilastrate) e larghi 3/4 di palmo (sei
centimetri meno delle pilastrate) mentre nell'ottocento si riducono drasticamente:
intelaiature per porta composte di stipiti, architrave e soglia dette quairone di
spessore mm 35÷44 x larghezza 13÷15
55
In un certo senso il significato permane nell'ottocento: Portello, cateratta, botola, (…)
buca per lo più quadra fatta nel palco per cui si passa da un piano dicasa all'altro - ribalta,
sportello orizzontale che chiude la botola, P. A. PAGANINI, Vocabolario domestico genovese
italiano, Genova 1857.
56 Misure diverse da quelle standard sono sempre possibili e varia il prezzo in
conseguenza: n° 2 qualoni di palmi 7 doppij larghi onze 8 £ 3.10.-.
Il cantiere pag. 45
anch'essi possono essere lavorati a faccia squadra da due parti; ma sono
richiesti spesso con faccia liscia (anche quando messi in opera come coperte), nelle
porte (in entrambi i cantieri):
n° 6 qualoni lavorati con faccia liscia di palmi 8 con sue coperte di palmi 5
simile
£ 17.5.-
con o senza predisposizioni per il serramento:
n° 1 porta di palmi 8 larga palmi 5 di qualone lavorata in faccia lustra senza
battente
£ 5.15.n° 1 porta di palmi 8 larga palmi 5 di qualone senza battente
£ 5.15.una porta di quarone corniciata di p 9 e p 4 e o 3 di luce con l'incastro di
dietro astretta ad oncie 6
o nelle finestre, con l'apposito incastro per il telaio:
un quadro di quarone con faccia liscia e con l'incastro da vetro di p 2 e p 1/2
di luce e uno simile di p 3 o 1
oppure ancora soltanto resi piani, anche se più spessi:
n° 6 qualoni di palmi 7 doppij aspianati
n° 3 qualoni di palmi 8 doppij aspianati a £ 2
n° 7 detti di palmi 7 simili
£ 10.10.£ 6.-.£ 12.5.-
Quanto agli impieghi, oltre a quelli già visti per le pilastrate, escluso però quello di
coppo, è interessante ritrovarli come riscontri del paletto capochiave a finitura della
superficie muraria:
quaroni di p 4 n 4 con suo incavo per le stanghette
altri sono usati, nel cantiere del primo settecento per il cornicione, si tratta di molti
quaroni doppi di p 4 n 60 di p 3 n 56 e di p 5 n 2; li troviamo ancora a fungere da
cordone per la rampa di accesso:
due pagioli di quarone lavorati di palmi 2
£ 1:
oppure preparati per qualche uso non ancora chiaro:
uno quarone doppio di palmi 4 fatto la fossa a squadra
£ 1:
due quaroni di palmi 2 fatto la fossa a squadro e uno scalino incrastato nelli
detti quaroni
scalini
Nell'ottocento vien detto:57
Scalìn o scaìn o schën, scalino, (…) scaglione è scalino di pietra o di
marmo più grosso degli ordinarij; gradino è voce nobilitata dall'uso, che
lasciando scalino per una scala qualunque ella sia, riserba gradino per le
scale più nobili.
A questa funzione corrisponde l'elemento di Lavagna: Per esso, nei documenti,
spesso è indicato lo spessore, 6 cm in entrambi i cantieri, ovvero paragonabile a quelli
57
P. A. PAGANINI, Vocabolario domestico… cit..
Il cantiere pag. 46
indicati "grossi" nella Dichiarazione seicentesca, e la larghezza varia tra il metro e
venticinque e il metro e settancinque circa.
schiavoni
Gli schiavoni compaiono soltanto nel cantiere Durazzo, a quanto risulta ad oggi si
tratta si un termine mai usato prima, sono da porre in relazione agli scalini:
scallini sciavoni di palmi 7 attestati insieme, uno da 5 con la canale in
mezzo,
di cui sembra costituiscano una versione più spessa e un po' più costosa, forse si
tratta del nuovo nome dei seicenteschi scalini grossi, dei quali però si scostano in parte
le larghezze (che rileviamo da 32, 34, 36 cm):
- scalini lunghi palmi 3.4.5.6 larghi p 1 1/4 spessi (grossi) once 1 e 1/2 (ql
larghi un solo palmo vanno pagati mezzo)
- scalini lunghi palmi 7.8.9.10.11.12 devono essere larghi p 1 1/2 spessi
once 2 (anche qui quelli più sottili o meno larghi vanno pagati meno)
- scalini bastardi lunghi palmi 7.8.9.10.11.12 devono essere larghi p 1 3/4
spessi once 1/2
- scalini grossi p 1/4 lunghi palmi da 3 a 12 devono essere palmi 1 1/2,
(valgono due scalini ordinari)
Invece, nel capitolato ottocentesco,58 sono citati dalla frase gradini detti schiavoni
mm 25÷35 280 ÷300, che conferma la loro parentela con gli scalini ma qui però sono i
più sottili quasi che il significato sia ribaltato.
Quanto alla lavorazione troviamo il classico bastone ma si trovano anche lasciati
sgrezi, forse per una finitura in opera.
In fine possono, come in ogni manufatto visto, avere un uso diverso:
canale di palmi 6 di schiavone n° 26 a soldi 1:6 l'una larghe
n° 1 battente di palmi 6 refillato di schiavone
£ 33:16:
£ 1.4.-
lavori particolari
la notte
In caso di freddo intenso, con il rischio di gelate, a Cornigliano occorre
proteggere le piante del raffinato giardino, perciò vi è chi deve vegliare dei fuochi
accesi per scaldare l'aria attorno agli alberi più delicati.
111 - spese per il giardino di Cornigliano nel 1763
varie notti impiegate a far fuoco alli cedrati per ripararli dal gelo
Ma di notte si veglia anche, probabilmente per evitare furti, ad un materiale:
1754 a 12 giugno Lista del Reverendo Angelo Aronio per diverse
58
Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale… cit..
Il cantiere pag. 47
(in cui) speso per fare la guardia di notte alla pozzolana
£ 1:4
o per ragioni tecniche ai pavimenti battuti, con consumo d'olio (nei lumi o nelle
finiture?)
n° 17 quarteroni oglio a soldi 9.4 servito per ongere i ferri de bancalari e per
la veglia de battumi
dati al figlio di Cantone muratore che lavorava col Barello per la veglia di
mesi 2 incirca £14
qui veglia, per due mesi, il figlio del capo d'opera.
Nel cantiere di città, forse al fine di avere la strada sgombra di giorno o per
evitare incidenti, si trova il conto per aver levato il gettito di notte nelli ponti delle
facciate; infine si pagano due persone che hanno lavorato due notti per sciorare la
calcina.
attrezzi speciali
Oltre agli esempi già inclusi in altri capitoli, troviamo ancora attrezzature di vario
genere che vengono fornite all'occorrenza, come serre, scalpelli, verrinee persino un
compasso di ferro di palmi 2 e che serve anche per squadra e deve servire a monsieur
Decotte per la scala £ 23.12
Molto utile in un cantiere è la corda, troviamo notizia di un certo Gaetano
Vernengo che fornisce corda fina per le tende e spago nostrale, quindi più per le
finiture che per i lavori strutturali ma questi sono compresi nelle filze non trascritte.
Si trovano anche varie scope, di palma o di brugo (…), un pignatino per la colla,
una bussola per Giolfi (un pittore).
Tra le forniture speciali, infine, segnalerei i materiali per i fiori finti per la cappella
di Cornigliano, apprestati alla fine degli anni '60, vengono prodotti in cantiere con Carta
colore di Rosa,Cartine per verde n° 11, Safrano, Gomma, Reffe verde e filo di ferro , in
tutto per nove once di peso, ma forse ispirandosi a quelli comprati a Milano per le
spalliere (?) della stessa cappella nel 1762.
E il conto per due mesi di carne che ha servito per governo dell'avoltoio, che non
sono certo attinenti al cantiere ma dicono molto sul tenore di vita dei committenti.
provenienze e trasporti
I materiali che sono forniti in cantiere provengono da una varietà di luoghi, alcuni
sono i più vicini alla fabbrica, altri sono quelli di produzione del materiale, oppure quelli
che, pur non essendo i più vicini, lo diventano per motivi politici; altre forniture
Il cantiere pag. 48
sembrano dipendere da mode o da relazioni personali; infine vi sono quelli inesplicabili:
perché Paolo Gerolamo compra ottangoli e quadretti a Tunisi, in Africa?59
E non senza alcune difficoltà: alcuni facchini li portano alla marina, poi van per
nave fino a Biserta dove sostano in magazzino, una volta devono essere sbarcati
perché la barca non poté uscire dalla fiumara per essersi esseccato dalla bocca; così
troviamo un pagamento a mori (per l'assistenza) e sandalli (per l'imbarco) per
operazioni di trasporto, arrivano nel 1719 a Genova, per il cantiere Pallavicini.
Da un altro documento, il
Conto del costo e spese di 14400 ottangoli di Tunisi di quali però se ne sono
ricevuti soli 12955 e di 8760 quadretti di Tunisi mandatomi dal sig. Gio
Angelo Bopo di Biserta con sua lettera in data 12/12/1720
apprendiamo che
I facchini li portarono alla marina, cinque sandalli li portarono da Tunisi a
Biserta, ove giacquero in magazzinaggio, i sandalli li portarono poi a bordo
per imbarcarli, dei mori li portarono dal magazzino ai sandalli, per contarli si
pagò 0.26, "per portione che spetta a detti ottangoli e quadretti di p.zi 70,
cioé p.zi 60 casa del Bastia, p.zi 5 ochilargi, e p.zi 5 torcimano soliti pagarsi
per ogni bastimento che più carrica qualsiasi robba."
Alcuni materiali o manufatti riutilizzabili sono comprati presso altri utilizzatori, sia
privati sia pubblici.
Per il palazzo di via Lomellini sono i gesuiti del collegio dei santi Geronimo e
Saverio, nella persona di padre Agostino Balbi, il rettore, che forniscono 13 scalini
grandi di pietra di lavagna per le scale maestre, e otto quadretti di marmo; ma ancor
più particolare è la rivendita, 60 da parte del padre Alessandro Mainero sj, di 5000
ottangoli di terra di Tunis, che evidentemente non erano un'esclusiva di Paolo
Gerolamo e gli servono per li pavimenti nobili, dopo opportuna lustratura.
Nel palazzo di Cornigliano, invece, per la fabbrica di rimesse con stalla e altri
appartamenti sopra d'esse nel cortile vicino alla torre, siamo nel 1763, viene fatto un
acquisto di mattoni vecchi, e alcuni vengono dal Lazareto per mezzo di maestro
Giacomo Scaniglia. I mattoni nuovi invece vengono da Savona ai seguenti prezzi, al
migliaio, di nolo (a cui occorrerà aggiungere la gabella):
1753 @ 3 novembre Conto di nolo da Savona alla spiaggia di mattoni
36000 mattoni negri e chiari a £ 3.5
12800 mattoni ferrioli a £ 3.5
59
60
Per l'insolito trasporto cfr paragrafo "materiali per pavimenti".
Cfr anche capitolo materiali per pavimenti.
Il cantiere pag. 49
2000 spole a £ 3
10000 mattoni da caruggio a £ 3.5
5000 chiappelle a £ 3
Tra altro arrivano invece da Genova:
una soma di pilastrate di legno; tromba e
canali; ferri, telari e gelosie.
Normalmente la pozzolana (a volte
detta porcellana), 61 per centinaia di cantara,
arriva via mare da Civitavecchia o dal
napolitano, ma troviamo che può essere
fornita direttamente dall'ufficio che si occupa
del territorio e nel 1766 si paga un conto di
pozzolana avuta per riparto dal magistrato illustrissimo dei Padri del Comune; questa
forma di approvvigionamento tramite le scorte pubbliche era stata usata anche nel
1755 se si predispone un conto di porcellana restituita alla Camera dei Padri del
Comune; ciò che restava, quindi poteva, o doveva, essere reso. In effetti abbiamo già
notato come a questo materiale si facesse una particolare attenzione con l'accortezza
di sorvegliarlo anche di notte. Comunque in quel periodo arrivano in cantiere oltre 36
tonnellate di pozzolana.
Anche nel palazzo di via Lomellini è presente.
A volte i materiali sono forniti per più cantieri dello stesso committente:
n° 464 paga calcina anche per la casa grande di Luccoli e per una a S
Genesio
Capita anche di incontrare dei manufatti molto "mobili", come il caso di una vasca
di marmo e un paio di colonne che, dopo essere state prelevate dal ponte della
Mercanzia (nel porto di Genova) e portate in strada Balbi sono state riportate a
Cornigliano, nel novembre 1763.
Il legno è il materiale che arriva dai luoghi più disparati, ad esempio a Cornigliano
arrivano tavole di cipresso provenienti da Savona, tra l'altro passano dal ponte della
Mercanzia a quello Spinola per essere poste sul carro. O anche tavoloni di cipresso da
Pisa e da Lucca (venduti da un certo cavalier Agliata), sono varie quantità di diverse
lunghezze (da 9 a 14 palmi) .
61
Continua un uso già notato per i secoli precedenti……
Il cantiere pag. 50
Vari tagli di castagno arrivano dalla Corsica nei due cantieri, essendo stati
caricati a Bastia. Ma legnami vari provengono anche da Pentema, da Tortona, da
Nizza, dalla Fiandra, da Amburgo…
Un recente studio sulla produzione e commercializzazione del legname indica
proprio Genova come uno dei porti di arrivo per il Pino di Riga (una conifera di
eccezionali qualità) che quindi non proveniva dalla Fiandra bensì da ancora più
lontano. 62
Un caso particolare é dato dalla misteriosa sabbia di Spagna (quale poteva
essere l'utilizzo?)63 che viene comprata da una nave:
1754 a 2 luglio Conto di sabia di Spagna e nolo di detta dal porto a
Cornigliano
Per some n° 140 sabia di Spagna bianca essendo ogni soma cantara 3 circa
presa a bordo di un bastimento
£ 20
e per nolo a minolli64 portata in due volte a Cornigliano et ivi sbarcata £ 20
I mattoni nuovi per Cornigliano vengono da Savona e da lì arrivano anche, in un
caso, quadretti 3000 e chiappelle ferriole 3000, che sono però trasportate da un
padrone (di barca) di Lavagna.
La canna d'India, usata per 24 sedie di canna alla francese, viene da Livorno.
Mentre uno stesso fornitore procura sia le canne per le volte finte, sia quelle utili
nella coltivazione, da giardino, che costano 14 soldi:
1754 a 16 novembre Conto di canne per sofitte
Dato ad Agostino Mascardi per n° 12 fasci cane a soldi 16 il fascio servite
per uso della fabbrica £ 9.12
Per la messa in opera occorre anche la fornitura di balle di appositi chiodi da
canne, che arrivano insieme agli altri chiodi, una varietà notevole65… come vedremo al
capitolo sul ferro.
I trasporti avvengono quanto più possibile per via d'acqua, mentre si ricorre al
mulo, sulla media distanza, per le zone a ridosso dei valichi appenninici, come ad
esempio è per l'olio di noce che arriva dal Piemonte a Cornigliano per mezzo di
Lorenzo Canone mulatiere di Novi, mentre l'acquisto é regolato attraverso un droghiere
di Sottoripa, a Genova.
62
M. ZUNDE, Timber export from old Riga an its impact on dendrochronological dating in
Europe, in "Dendrochronologia", 16-17, 1998-1999, da cui anche la figura.
63 Cfr capitolo stucchi.
64 I minolli e i cam alli
65 Cfr per il Seicento ANNA BOATO - ANNA DECRI, Il ferro… cit., al capitolo aguti, .
Il cantiere pag. 51
Una certa quantità di quarte di polvere di marmo vengono imbarcate a san
Marcho con il mulatiere: prodotte dai marmarai in città66 sono trasferite dalla bottega
alla barca con il mulo?
Alcuni mattoni del cantiere Pallavicini sono stati presi al ponte della legna e in
dogana, evidentemente usati come luogo di compravendita degli stessi.
I vetri di Venezia arrivano via mare a Genova in entrambi i cantieri; eccetto nel
caso di lastre 2000 di vetro arrivate il 11/1/1721 (in via Lomellini) dai sigg Cambiaggio
e Piuma di Venetia con il burchio del padron Giacomo Pinelli, dirigendoli per via del
fiume Po a Piacenza
Se la provenienza è molto distante il materiale fa scalo nel porto di Genova e poi
vi sarà un tratto (da Genova a Cornigliano) da percorrere, ancora via mare, con una
barca da piccolo cabotaggio, così troviamo i conti per farla scaricare:
spaccio barchetta per quadrelle di Napoli
ma il tratto può essere percorso non senza qualche inconveniente:
1754 @ 31 dicembre (1 luglio)
Conto di nolo per donzene 14 tavole (di Corsica) prese in porto
tavole di palmi 16 prese in porto a bordo e portate da Genova a Cornigliano
per averle bagnate (d'acqua salata in mare) non se le paga che £ 7 (invece
che 14)
In città si usa il mulo sia per l'apporto come per l'asporto di materiali dal cantiere,
a titolo di esempio troviamo a Genova un mulattiere per calce e mattoni e a Cornigliano
si paga
n° 485 30/6/1722: saldo al mulattiere Tomaso Croce per trasporti materiali.
n° 474 15/5/1722: per asporto di some 123 gettito a Tomaso Croce
mulattiere, £ 24.12
Ma in caso di materiali troppo pesanti bisogna ricorrere ai buoi:
n° 243 per una carata di tavole di noce tirata alla fabricha con li bovi £ 2
Per il trasporto (ben 39 viaggi) di diverse cose da Genova a Cornigliano i
Durazzo ricorrono alla bestia dei manenti, molto probabilmente si tratta del mulo, sia
perché i buoi sarebbero almeno in coppia, perciò si userebbe il plurale, sia perché così
ad esso ci si riferisce tradizionalmente.
66
Nel XVII secolo i laboratori dei marmarari in città non erano molto vicini, Cfr L. GROSSI
BIANCHI, E. POLEGGI, Una città portuale del Medioevo. Genova nei secoli X-XVI, Genova 1979,
p. 304.
Il cantiere pag. 52
Per condurre una statua di marmo rappresentante Ercole, arrivata per mare da
Carrara nel 1766, dalla spiaggia al sito destinato nel viale della villa a Cornigliano, sono
occorse alcune giornate per muoverla, ricorrendo a legnami imprestati (antenne) e tre
buoi.
Tenendo conto delle difficoltà nei trasporti, specialmente se confrontate con la
situazione odierna, si avverte un paradosso: allora il cantiere non si fermava mai per
mancanza di materiali!
Tutto doveva essere previsto e predisposto per il bisogno della fabbrica in modo
che, paradossalmente, un corretto affrontare la complicazione nelle forniture rendeva
molto più ristretto il campo degli imprevisti.
Colori in cantiere pag. 1
Colori
Nei conti di colori arrivati ai due cantieri esaminati compare un gran numero di
voci di spesa, per alcune delle quali occorre un'interpretazione, non essendo
immediato il riscontro con quanto si conosce della materia o potendovi essere delle
variazioni.
Si è ritenuto perciò opportuno procedere ad un esame analitico di ciascuna voce,
raggruppando ogni citazione, anche per poter valutare elementi come la ripetizione, la
quantità, il prezzo che possono essere significativi al fine di stabilire l'uso dell'elemento,
e raccogliere in letteratura altre informazioni inerenti ciascuno di essi.1
In generale si può osservare che le variazioni tra il 1720 e gli anni '50-'70,
riguardano molte voci, pigmenti e altro, citati nel cantiere di Cornigliano e non in quello
di via Lomellini: per interpretare questo dato occorre tenere in considerazione la
diversità degli interventi, il secondo in ordine di tempo è più esteso e riguarda anche
decorazioni di arredi, nonché la sua documentazione arriva ad abbracciare modifiche
decorative in corso d'opera; basti pensare che per il primo è stata reperita un'unica lista
di colori, che copre tutto il cantiere, per 5800 battute, mentre nell'altro ne ho trascritto
diverse, per quasi 30000 battute.
compaiono solo nel 1720 c.a: Abetio, Morello di sale, Orpimento, Rosso
brunino
compaiono solo nel periodo 1753-73: Azzurro di Berlino, Biadetto, Bolo,
Carmino, Cinabro, Cristallo di monte, Fiele di bue, Giallo santo chiaro e
scuro, Giardolino, Girasole, Gomma, Gomma arabica, Gottagomma,
Gomma lacca, Miele, Minio, Olio di noce, Pasta verde, Ritagli, Spin cervino,
Trementina, Verde eterno, Vernice.
Tra le principali differenze da segnalare, che possono avere un significato
cronologico, si nota la dismissione d'uso dell'orpimento, altamente tossico, tanto da far
dire questo proposito: "Nous n'avons point mis au nombre des matières qui composent
les couleurs, les orpin, les massicot, le minium; comme ils peuvent être suppléés par
quanitité d'autres substances qui valent mieux, qu'on court d'ailleurs, en les employant
des danger infinis, nous conseillons aux Artistes & aux Amateurs, de s'en servir le
moins qu'ils pourront, & en si petite quantité & avec tant de precaution, qu'il n'y ait
aucuns risques à courir."2
1
In R. LAPUCCI, Contributo alla conoscenza della storia dei pigmenti seicenteschi, in
Kermes, n° 24, 1995, si trova un'accurata bibliografia di riferimento per ogni pigmento studiato.
2
J. F. WATIN, L'art du peintre, doreur, vernisseur, Paris 1773, p. 37.
Colori in cantiere pag. 2
La colla viene indicata in modo diverso, o meglio, nel caso più antico arriva in
cantiere già pronta in tre tipi diversi, mentre a Cornigliano le forniture riguardano la
materia per produrla, eccetto la colla di Piemonte.
Si nota inoltre che molti di questi elementi, che, come vedremo, sono usati
principalmente nella pittura ad olio, e che questa meno compare nei documenti di via
Lomellini, perché riguardano soprattutto lavori architettonici e non l'arredo, infatti l'olio
di lino non vi è neanche citato.
È particolarmente significativa la citazione dell'azzurro di Berlino, oggi chiamato
blu di Prussia, a partire dal 1755, finora attestato nel periodo solo nella pittura su tela.
Nel corso del Settecento vennero effettuati infatti molti esperimenti per ottenere
colori e pigmenti con materiali nuovi, dai quali si sono tratti ad esempio il blu di Prussia
(1704), il bianco di zinco (1770), il verde di arsenico (1778), il verde di cobalto (1780), il
giallo di cromo (1797)3 ma la diffusione del loro impiego è stata sempre più tarda.
Non è sempre possibile distinguere i pigmenti per legno da quelli per muro, così
come non è possibile attribuire l'uso della colla, se per strati di preparazione prima di
applicare i colori o per falegnameria.
Con il piccolo glossario di Andrea Pozzo si possono distinguere i colori più adatti
all'affresco, così come far tesoro delle sue indicazioni:4
Colori contrari alla Calce, e che non si possono adoprare nelle pitture a
fresco.
Biacca, Minio, Lacca di Venezia, Lacca fina, Verde rame, Verde azzurro,
Verde porro, Verde in canna, Giallo santo, Giallolino di Fiandra, Orpimento,
Indico, Nero d'osso, Biadetto.
Probabilmente, dei pigmenti presenti nei conti sono usati per le tinte a calce le
terre (gialla, rossa, d'ombra, verde, nera) e per il blu, più del costossimo azzurro di
Berlino, lo smalto.
La vicinanza delle voci, così come compaiono nell'acquisto in senso cronologico,
e la loro concomitanza con determinati lavori, anche quando non è esplicita, può
chiarire la funzione di alcuni di essi, come vedremo.
3
S. BORDINI, Materia e immagine… cit., p.122.
A. POZZO, Breve istruzione per dipingere a fresco, in "Prospettiva de' Pittori ed
Architetti", parte seconda, dall'ediz. del 1758, (1a ed. Roma 1693-1702) tratto da P. E L. MORA ,
P. PHILIPPOT, La conservation des peintures murales, Bologna 1977, Centre international
d'etudes pour la conservation et la restauration des bien culturel.
4
Colori in cantiere pag. 3
È sembrato opportuno compilare la lista in ordine alfabetico, ma anche di
riassumere gli elementi per colore o funzione:
Bianchi: biacca
Gialli: orpimento, giallo santo chiaro e scuro, giardolino, gottagomma, terra gialla
Rossi: lacca, carmino, cinabro, gomma lacca, minio, morello di sale, rosso
d'Inghilterra, rosso brunino, terra rossa
Bruni: terra d'ombra
Blu: azzurro di Berlino, biadetto, turchino di Spagna, girasole, indaco, smalto
Verdi: pasta verde, spin cervino, terra verde, verderame e verde eterno
Neri: nero di fumo, terra nera
Additivi: fiele di bue, miele, gomma arabica, latte, uova, litargirio
Materiali per preparazioni, diluizioni, altre cose: bolo, colla e ritagli, gesso,
gomma, olio di lino, olio di noce, sabbia di Spagna bianca, trementina, vernice
I principali conti da cui provengono i dati sono:
Fabbrica Pallavicini:
n° 493 Conto della bottega di Gio Domenico Ghiglione droghiere di varij
colori, biacca, colla, penelli et altro dati dal dì 16 ottobre 1719 a tutto il dì 16
maggio 1722 pagato hoggi 22 ottobre 1722 in lire 689.4.4 a Michele Tomaso
Castagneto fattore della bottega di detto Ghiglione et di lui ricevuta a piedi
del detto conto.
Fabbrica Durazzo:
1755 a' 22 ottobre - Conto di colori Spesa fatta da Gio Agostino Favale,
diversi conti
1756 à 19 gennaio - Conto di colori (comincia l'8 aprile 1755)
1756 à 27 luglio - Conto di colori pagati a Francesco Maria Ghiglione (il
documento inizia dall'aprile 1754)
1757 à 28 gennaio - Conto di colori (comincia dal 7 aprile 1756)
1757 a 26 ottobre - Conto di colori (da aprile a settembre)
Si avvisa che alcune delle valutazioni di quantità possono soffrire di imprecisione
dovuta ad alcune semplificazioni nella raccolta di dati già sovrabbondanti, ma sono
senz'altro da ritenersi come una indicazione di 'non meno di'.
Abetio
Presente solo nel cantiere di via Lomellini, per ben 9 libbre, si può per ora solo
affermare che è diverso dall'acqua ragia perché compare anch'essa.
Colori in cantiere pag. 4
Acqua ragia
Ben 12 libbre di acqua di rasa sono usate nel cantiere Pallavicini, mentre poche
volte si trova nei documenti Durazzo, dove viene detta anche raxia di pino, vi viene
utilizzata per gli scambeloti e comod, e per altre cose, molto probabilmente sempre per
arredi lignei.
"L'acqua ragia (acqua di rasa, acqua di ragia, acquaragia) è indicata nelle ricette
moderne anche coi termini olio di trementina ripassato, olio etereo di trementina, spirito
di trementina, essenza di trementina rettificata." Bonanni la descrive come diluente.5
"Alcuni senza conoscerne il perché, fanno distinzione fra l'Acqua di ragia e lo
spirito di trementina. Ma, in sostanza, cosa sono essi? Nè acqua nè spirito, bensì un
olio etereo, ossia volatile, che emana dalle resine molli, dette comunemente ragie o
trementine."6
Azzurro di Berlino
"Le bleu de Prusse, ainsi appellé parce qu'il a été trouvé en Prusse, (…), est une
composition entiérement due à la chymie," per la composizione si rimanda a diversi
autori, "il doit être d'un beau bleu foncé, avoir la casse nette; il sert à l'huile & à la
detrempe; il ne faut en broyer que la quantité nécessaire pour l'opération, étant trèssusceptible de se graisser quand il est gardé."7
"Ancora da chiarire sono i tempi di diffusione in Italia dal Blu di Prussia, scoperto
intorno al 1705 in Germania" per ora attestato in due dipinti veneziani degli anni '20.8
Non compare ancora nel cantiere degli anni venti bensì, in piccole quantità (di poche
once per volta), in quello Durazzo, dove quattro once sono pagate otto lire, cioé 24 lire
la libbra, veramente oneroso. Ma ancora di più costa l'azzurro sopra fino (otto lire per
tre once), che non è detto sia di Berlino, anche se troviamo le diciture: azuro di Berlino
fino, azuro di berlino bello, azzuro fino di berlino (due once a poco meno di tre lire).
5
V. GHEROLDI, Ricette e ricettari. Tre fonti per la storia delle tecniche delle arti alla
Biblioteca Queriniana di Brescia (sec. XVI-XVII), Brescia 1995; in cui viene anche citato: F.
Bonanni, Trattato sopra la Vernice detta comunemente Cinese, Roma 1720.
6
G. SECCO SUARDO, Il restauratore di dipinti, Milano 1866, I, p. 311, citato in V.
GHEROLDI, Ricette e ricettari… cit..
7
J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 33.
8
P. BENSI, "Una franchezza e leggiadria indicibile di pennello": procedimenti esecutivi
nelle opere su tela di Giambattista Tiepolo, in "Ricerche di storia dell'arte", n. 51, 1993.
Colori in cantiere pag. 5
Biacca
Carbonato basico di piombo 2PbCO3.Pb(OH)2.
Arriva a Cornigliano in cassette (più di 70), ad esempio sei per volta, senza
specifica di peso, fornitori citati sono Giuseppe Samengo, che vende anche piombo per
vetri, e Angelo Maria Samengo, che vende anche gesso; questo cognome appartiene
ancora nei secoli successivi a famiglie di industriali polceveraschi che utilizzano l'acqua
come forza motrice. 9
In via Lomelllini si usano più di 19 cassette, il cui costo unitario è £ 23.12, per cui,
calcolando sulla base di una fornitura di libbre 25 biacca a soldi 4.9 circa £ 6 - -, si può
dedurre che una cassetta pesa circa 100 libbre; quindi a villa Durazzo sono stati
utilizzati oltre 200 Kg di biacca.
"Le blanc de plombe, que d'autres appellent céruse pure, est une matière
blanche, cassante, qu'on tire du métal appellé plomb, que l'on enleve, & qui au bout de
plusieurs années se trouve converti en écailles. Comme cette opération est fort longue,
on se procure du blanc de plomb, en coupant de ce métal en lames fort minces, qu'on
pose sur des bois mis en travers dans un vase, au fond duquel on a eu soin de verser
la hauteur de quatre à cinq doigts de fort vinaigre. Le vase, ou pot bien luté, on le met
sur un feu modéré, ou des cendres chaudes; ou encore mieux dans le travail en grand,
on le place dans du fumier pendanti dix jours," dopodiché, scoprendo il recipiente si
trova ciò che viene chiamato blanc de plomb en écailles."10 La biacca così ottenuta va
ancora lavorata a lungo con acqua e poi preparata accuratamente.
Infatti una delle rare citazioni di lavorazione preparatoria dice tre giornate di
lavorante per aver muginato la biacca.11
Biadetto e Turchino di Spagna
Biadetto: "Non c'è concordia di opinioni sulla natura di tale pigmento, sovente
riscontrabile in letteratura: alcuni studiosi ritengono che si tratti di un azzurro artificiale
a base di rame, ossia uno dei surrogati dell'azzurite più volte citati dai trattati
medioevali. Il termine comunque in sé indica genericamente un azzurro sbiadito, una
9
Dati tratti dalla ricerca svolta nell'ambito Convenzione Provincia di Genova - Università
di Genova sulla gestione integrata delle risorse idriche e territoriali nelle valli Polcevera,
Varenna, San Pietro, dal gruppo di lavoro del laboratorio di Archeologia della facoltà di
Architettura di Genova.
10
J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., pp 17ss.
11
AD 476, 1753 @ 15 febbraio.
Colori in cantiere pag. 6
tonalità celestina,e come tale è stato applicato non solo ad azzurriti sintetiche ma
anche ad altri materiali."12
L'azzurrite è carbonato basico di rame 2CuCO3.Cu(OH)2 e proviene da miniere
di rame di area tedesca o macedone.13
Detto nei conti di Cornigliano anche boadetto fino, beadetto fino, biadetto fino o
semplicemente biadetto, se ne usano una dozzina di libbre, il prezzo è alto: £ 8 alla
libbra, lo stesso del turchinetto di Spagna, ed in effetti in un caso lo si paragona ad
esso: turchino di Spagna osia beadetto,
ma non è possibile da questa citazione
affermare che siano la stessa cosa, sia perché la congiunzione osia era usata in
funzione alternativa e non esplicativa, sia perché alcune libbre di turchinetto (o
turchino) di Spagna sono conteggiate esplicitamente in uno stesso documento.
Ecco una citazione che accomuna, in un certo senso, i due pigmenti:
"Un altro azurro si chiama azurro di biadetti buono à olio, et a tempera, il qual
colore si fa di lavature d'azurri di miniera che vengono di Spagna."14
È interessante inoltre quanto nota Roberta Lapucci nell'esaminare un inventario
di colori genovese dei primi del seicento: "a Genova sembra che l'oltremare non sia
menzionato (…) ci stupisce, però, la presenza di un altro azzurro (il turchinetto), il cui
prezzo, (6-10 lire) supera, con forte scarto, tutti gli altri" osservando anche la citazione
della 'cenere turchina', un residuo della lavorazione dell'oltremare, l'autrice ipotizza che
il tuchientto possa essere l'oltremare, oppure che corrisponda all'azzurrite o al
biadetto.15
A questo punto si può almeno ipotizzare che qualche distinzione tra le
provenienze di tali colori, che oggi ci sfugge, allora fosse evidente.
A Cornigliano il turchino (o turchinetto) di Spagna viene usato dal pittore di arredi
lignei (ma forse non soltanto da lui), ne arrivano circa 4 libbre in tutto e costa 8 lire la
libbra.
Nel palazzo Pallavicini il biadetto non compare affatto e vi si usano invece 4
libbre di turchinetto.
12
P. BENSI, "Per l'arte": materiali e procedimenti pittorici nell'opera di Lorenzo Lotto, in
Studi di storia delle arti 5, Università degli studi di Genova, 1983-85, pp. 77-78.
13
P. BENSI, La pellicola pittorica nella pittura murale in Italia: materiali e tecniche
esecutive dall'alto medioevo al XIX secolo, in "Le pitture murali, tecniche, problemi,
conservazione", Firenze 1990, pp. 74-102.
14
R. BORGHINI, Il riposo, rist. anastatica a cura di M. Rosci, Milano (1584) 1967, cit. in R.
LAPUCCI, Contributo alla conoscenza… cit., nota 34.
15
R. LAPUCCI, Contributo alla conoscenza… cit.p 36 e nota 27.
Colori in cantiere pag. 7
Se si tratta di azzurrite sembra potersi smentire quanto finora ritenuto, cioé che fu
abbandonata dai pittori dalla metà del Seicento, oppure che, abbandonata dai pittori,
sia tuttavia utilizzata ancora dai decoratori.16
Il biadetto risulta in letteratura attestato fino al tardo Seicento, mentre qui lo
troviamo in uso con continuità nel cantiere di Cornigliano almeno fino al 1758, per un
totale di circa 15 libbre. Potrebbe trattarsi di una ripresa del suo uso?
Bolo
In pittura è la preparazione che viene stesa sulla tela, nel Settecento veneziano
se ne usava un tipo contenente terre ricche di ossidi di ferro ma anche biacca, minio,
nero carbonioso e legante oleoso; qualcosa di simile compare anche in dipinti francesi
dello stesso periodo,17 le varianti dipendono dalle qualità ottiche richieste; queste
imprimiture presentano problemi per rimediare ai quali si usavano boli più chiari da
sovrapporre nelle parti in cui peggio avrebbero influito sul risultato finale. Questo
potrebbe essere il bolo fino, fornito a Cornigliano in due libbre per 13 soldi e 4 denari.
Negli stucchi viene steso, come nelle cornici di legno, sotto le dorature.
Carmino
Pochissimo pigmento, 14 grani (0,64 grammi) in tutto a 8 soldi al grano, arriva nel
cantiere Durazzo, è citato in forniture di colori troppo generali per poterne individuare
l'uso.
"Le carmin est une fécule, ou une poudre d'un très-beau rouge foncé & velouté,
qu'on tire de la cochenille, par le moyen d'une eau dans laquelle on a fait infuser du
chouan & de l'autour. Il doit être en poudre impalpabile, & haut en couleur; il sert à
peindre en miniature, & pour faire les draperies des tableaux de conséquence. Nous
l'employons quelquefois dans les decorations, pour, dans les couleurs vigoureuses,
soutenir la laque."18
16
P. BENSI, L'inventario… cit., p. 256, P. BENSI, La pellicola pittoricanella pittura murale
in Italia: materiali e tecniche esecutive dall'alto medioevo al XIX secolo, in "Le pitture murali ,
tecnihe, problemi, conservazione", p. 94 in cui cita proprio gli azzurri di Spagna dubitando della
fine del loro uso nella seconda metà del Seicento.
17
Cfr P. BENSI, "Una franchezza e leggiadria indicibile … cit.
18
J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 25.
Colori in cantiere pag. 8
Cinabro
Compare soltanto a Cornigliano, costa sei lire alla libbra e le forniture sono
dell'ordine delle oncie, in tutto ne arrivano tre libbre, viene citato anche il cinapro fino.
"Questo è il colore più vivace di tutti; ed è affatto contrario alla calce,
particolarmente quando è esposto all'aria;" per ovviare a questo inconveniente il Pozzo
rivela un suo segreto, cioé di passare il cinabro puro in polvere più volte nell'acqua
bollente di calce viva "in questa maniera il cinabro s'imbeve delle qualità della calce, né
le perde mai."19
"Le cinnabre est une matière minérale, dure, compacte, pesante, brillante,
chrystalline, très-rouge, composée de soufre & de mercure, extrêmement unis, &
sublimés par l'action du feu: on en distingue de deux sortes, les naturel & l'artificiel. Le
premier se trouve dans les mines du mercure, & le second se compose en mêlant du
mercure avec du soufre, & faisant sublimer ce mêlange, qu'on trouve au haut du
vaisseau en masse dure, par longues aiguilles, tirant un peu sur le violet-brun."20
Si tratta di solfuro di mercurio (HgS), viene ricavato dal minerale omonimo.21
Per l'alto costo, nonché per le scarse quantità, si può supporre una prevalenza
dell'uso per le pitture ad olio. Infatti l'abate Giolfi lo utilizza intervendo nell'accomodo di
sei sovraporte, nel 1763, insieme a rosso d'Inghilterra, biacca, e verde eterno.
Nei documenti seicenteschi viene indicato come colorante per pavimenti battuti22
e con la funzione di pigmento per la ritintura degli stessi si trova anche nei contratti di
manutenzione di palazzo Reale.
Mentre nell'anno precedente, in un conto riguardante la fabbrica di mezzarie et
altri lavori vengono comprati rubbi due di cinabro per li pavimenti per £ 4.4.-. Così
anche nel 1763. Si tratta evidentemente di una materia differente: due rubbi sono circa
16 chili e vengono pagati solo quattro lire, per cui la parola cinabro viene qui usata in
senso di colorante rosso.23
19
A. POZZO, Breve istruzione… cit.
J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 23-4.
21
G. QUARTULLO, Rossi, in "La fabbrica dei colori, pigmenti e coloranti nella pittura e
nella tintoria", Roma 1986, pp 81ss.
22
A. BOATO, Costruire a Genova tra medioevo ed età moderna, Tesi di Dottorato in
Conservazione dei Beni Archittonici, Politecnico di Milano, VI ciclo, pp153-156.
23
Cfr pavimenti.
20
Colori in cantiere pag. 9
Colla e ritagli
Per Ronchetti la colla forte "migliore è quella ricavata dai piedi di bue e di
montone freschi coi tendini e dalle orecchie di montone e di vitello," vi sono poi la "colla
di pergamena o carta pecora e di pelle di montone" - indicata, tra l'altro, per la
preparazione a gesso - la colla di guanti, avente gli stessi usi della precedente, la colla
di pesce e la colla di Fiandra: "è una specie di colla forte, ma di più bella apparenza
che la comune, e si fa coi ritagli di pergamena (…) adoperasi nella pittura a colla e per
preparare la tela a gesso".24
La colla tedesca è un "adesivo ottenuto dalla bollitura delle cartilagini, e non colla
prodotta dalla bollitura dei ritagli di pelle e pergamena. Le due colle hanno comunque
proprietà pressocché identiche (anche se la colla di pergamena è più trasparente e
quindi è spesso documentata come legante per colori)."25
Per il palazzo di Paolo Gerolamo Pallavicino vengono forniti tre tipi di colla:
chiara, 125 libbre, gialla, 6 libbre, e forte, 25 libbre, mentre nel caso della villa di
Cornigliano arriva in forma di colla solo quella piemontese, mentre sono molte le
forniture di diversi tipi di ritagli usati evidentemente per produrre la colla direttamente in
cantiere. Infatti colla animale (legante proteico da sciogliere in acqua) viene usata nella
preparazione delle tavole da pittura, si ricava dalla bollitura di avanzi di pelli animali
(capretto) usate per preparare guanti.26
I ritagli arrivati in cantiere sono di carta pecora, vengono forniti insieme a colori e
vernice, libre 10.4 di ritagli di carta pecora £ 8.5.4, e potrebbero essere stati usati nel
gabinetto verniciato. Oppure di guanti (a soldi 6.8 la libra) usati dal pittore di arredi
lignei; di pelle: si tratta di ritagli bianchi, forniti da Giuseppe Bisso; di cartina (da soldi
14 la lira a soldi 16.8 la lira); questa, in forma di ritagli, fa parte dei materiali usati per
fare colla, ma viene fornita anche insieme ad una filsetta per conti.
La colla di Piemonte, in un caso invece detta solo colla ma proveniente da
Mondovì, viene fornita in balle; due balle di colla pesano 16 rubbi (attorno ai 105 kg) e
costano, a £ 8 il rubbo, £ 128 (di Savoia - di Genova 198.4.6), con il trasporto £
215.12.10; trattandosi di copiose forniture e per di più avvenute in tempi piuttosto
lontani (come il maggio 1753) forse è usata per la produzione dei serramenti più che
24
G. RONCHETTI, Manuale per i dilettanti di pittura, Milano 1964 (1911), pp 418ss.
V. GHEROLDI, Ricette e ricettari… cit., p. 194.
26
Cfr P. BENSI, "Per l'arte": materiali… cit., p. 69.
25
Colori in cantiere pag. 10
per la loro coloritura, ipotesi confortata dalle descrizioni della colla forte e della colla
tedesca sopra riportate.
Altre forniture più piccole assommano oltre 250 libbre di colla; una volta si trova
citato il fornitore, Clemente Budino.
Come confrontare allora i tre tipi di inizio Settecento con quelli più tardi?
Probabilmente la colla chiara e quella gialla sono quelle derivate dai ritagli (anche se
questi sono di almeno quattro tipi e perciò più numerosi) mentre quella forte è
paragonabile a quella piemontese.
Fiele di bue
Compare a Cornigliano in un conto di colori e vernice, si tratta di un additivo "utile
nell'acquarello e nella miniatura; e talvolta può rendere dei veri servizi," come dare
solidità ai colori, ne aumenta la vividezza e la durata, aiuta nell'uso della gomma
arabica ed altro.27
Gesso
La cosa interessante da notare riguardo al gesso, materiale impiegato in svariati
modi (ne arrivano oltre 10000 kg), è la fornitura in due forme:il gesso da presa, detto
anche gesso in polvere e il gesso in pane; il secondo è più caro del primo, soldi 27 il
rubbo contro 9 1/2, un fornitore è Giuseppe Rebora di Isoverde (località dove
abbondano i mulini).
Il gesso "se è impastato coll'acqua, poi asciugato e polverizzato, piglia il nome di
gesso da pittore, se invece di polverizzarlo si fa macerare e poi si macina e si riduce in
polvere, allora si chiama gesso da doratori o gesso marcio di Gaeta; finalmente se si
prende il gesso da stuccatori in polvere sottile, e postolo in un catino, vi si versa
tant'acqua che basti a levargli la presa, facendola restare in massa coagulata, e poi si
fa seccare, diventa molto leggero, e si chiama gessetto da pittori, che si adopera per
preparare la tela e assicelle per dipingervi sopra."28
Possiamo perciò pensare che il gesso da presa sia quello usato dagli stuccatori e
il gesso in pane sia quello adatto alle preparazioni su legno o tela; in pane si dice
anche per le terre.
27
G. RONCHETTI, Manuale per i dilettanti… cit., p. 420, seguono consigli per la
preparazione.
28
G. RONCHETTI, Manuale per i dilettanti… cit., pp 452-3.
Colori in cantiere pag. 11
Oggi viene detto anche gesso di Bologna o morto.
Giallo santo chiaro e scuro
"Anche detto giallo di Spincervino, derivato dalle bacche del Rhamnus
carthaticus,"29 lo si cita solo a Cornigliano, costa una lira e dieci soldi la libbra e ne
arrivano circa nove libbre di chiaro e sei once di scuro.
Giardolino
"Giallolino di Fornace. Chiamasi in Roma Giallolino di Napoli. Io l'ho adoprato a
fresco, e si è conservato: ma non mi sono mai cimentato di esporlo all'aria"30
"Entrato in uso nel XVII secolo, il giallo di Napoli (antimoniato di piombo) nella
tavolozza del Tiepolo è il giallo più usato (assieme alle ocre), avendo ormai sostituito il
litargirio (ossido di piombo), il “giallorino” (stannato di piombo), l'orpimento (solfuro di
arsenico) e il “giallo santo” (lacca vegetale)."31
A Cornigliano arrivano 16 libbre in tutto di giardolino di fornace e circa il doppio di
quello di Fiandra, non è citato nel 1720, è possibile che sia stato impiegato sia a fresco
sia a olio.
La compresenza addirittura di due giallorini diversi porterebbe a spostare più
avanti l'mpiego dello stannato di piombo, e forse ad accettarne la persistenza fino
all'Ottocento; inoltre, constatando anche la citazione separata del litargirio, potrebbe
essere giusta la menzione di Borghini che ne individuava tre tipi in commercio alla fine
del Cinquecento. 32
Il giallo di Fiandra potrebbe essere il massicot, un ossido di piombo ricavato dalla
cottura della biacca, 33 così chiamato in trattati francesi, inglesi, olandesi, 34 a meno che
questo non sia invece da identificarsi con il litargirio d'oro (cfr).
Attualmente è chiamato giallo di stagno e piombo e se ne conoscono due tipi ;35 il
secondo tipo potrebbe essere Il giardolino di fornace che a sua volta potrebbe
29
R. LAPUCCI, Contributo alla conoscenza… cit..
A. POZZO, Breve istruzione… cit..
31
P. BENSI, "Una franchezza e leggiadria indicibile… cit..
32
Cfr R. LAPUCCI, Contributo alla conoscenza… cit.p 34 e note 47 e 50.
33
P. BENSI, "Per l'arte": materiali… cit., p. 80.
34
R. PIETROPAOLI E A. MILANESCHI, Gialli, in "La fabbrica dei colori", cit., p. 221.
35
P. BENSI, La pellicola pittorica… cit., p. 80.
30
Colori in cantiere pag. 12
identificarsi con il giardolino di Venezia, ovvero giallo di Fiandra e giallo di vetro
(ottenuto da vetro colorato con piombo e stagno).36
L'identificazione che ne fa il Pozzo con il giallo di Napoli potrebbe non essere
perciò accettabile anche se Watin parla solo del giallo di Napoli…
Nel 1769, in una Lista di spese per manutenzione et usi di casa tra colori diversi
per dar tinte troviamo litargirio d'oro e gialdolino di Napoli, purtroppo questa citazione
può essere interpretata sia nel senso della testimonianza dell'uso del terzo giardolino
sia potrebbe, essendo l'unica e più tarda, dimostrare invece che il nome era usato
indifferentemente.
in realtà il problema del giardolino è ancora del tutto aperto, si ipotizza addirittura
che ne esistano cinque varietà diverse appartenenti ad epoche differenti. 37
Girasole
Citato solo una volta a Cornigliano, è usato dal pittore di arredi lignei oppure da
pittori a fresco (che stanno lavorando in un salotto), fornito insieme a pasta verde, terra
verde dura, verde eterno, biadetto. Sia per assonanza sia per la vicinanza con questi
altri colori potrebbe essere il tornasole, un pigmento azzurro di origine vegetale.38
Gomma
Una libbra di gomma, senza specificazioni, è usata dal pittore di arredi lignei ed
altra gomma viene usata nel 1768 per realizzare fiori di carta per la capella, insieme a
filo di ferro, carta colore di Rosa, cartine per verde n° 11, safrano, e reffe verde.
Gomma arabica
In 9 mesi arrivano a Cornigliano 45 libbre di gomma arabica e poi 7 libbre di
gomma arabica scelta, viene conservata in una bocietta per la gomma.
"Differiscono le gomme dalle resine per essere solubili nell'acqua e null'affatto
nell'alcool, che, anzi, questo le precipita dalle loro soluzioni acquose. La preferenza
data alla gomma arabica, proveniente dalle acacie dell'Egitto, dell'Arabia e del
Senegal, in confronto delle gomme scolanti dai nostri albicocchi, pruni e ciliegi, dipende
36
P. BENSI, La pellicola pittorica… cit., p. 91.
Comunicazione orale di P. Bensi. Il tema è altresì discusso in P. BENSI, M. R.
MONTIANI BENSI, Osservazioni tecniche e iconografiche sui colori gialli nella pittura del XVI e
XVII secolo, in "Scritti e immagini in onore di Corrado Maltese", Roma 1997.
37
Colori in cantiere pag. 13
dalla completa solubilità di quella nell'acqua. Tutti i colori per l'acquerello e la miniatura
sono sciolti nella gomma arabica." che "oggi" pare scomparsa e sostituita da
"contraffazioni ingegnose".39
Gomma lacca
Onze 6 gomma lacca per £ 2.10.- vengono fornite a villa Durazzo.
"La gommalacca è una sostanza cero-resinosa prodotta dalle femmine fecondate
di alcuni Coccidi (…) che si fissano in colonie sui rami di alcune piante dell'India."
Viene commercializzato in diverse forme."Permette di ottenere vernici durevoli e di
colore rossastro. Si usa più a spirito che a olio."40
Gottagomma
Proveniente dall'Estremo Oriente, usata per acquerelli.41
Nei conti di Cornigliano compaiono:
onze 2 gottagomma
gottogomma onze 2
£ 1:12 : £ 2 -.-
Indaco
"Estratto vegetale molto usato dai tintori ma usato anche in pittura."42
Nel palazzo Pallavicini se ne usano una libbra e due once, al prezzo di 8 soldi
l'oncia; si tratta di Hendaco di Spagna.
Viene anche fornito per il Giolfi che sta dipingendo le sovraporte (ma forse non
solo per lui), 4 once di endaco e libbre 2 endacco di Spagna £ 24. - .- ed è molto
costoso.
Lacca
Ne esistono molte varianti, in generale sono coloranti organici vegetali e animali
su substrato minerale, peculiarmente rossi.
38
G. MINUNNO, Azzurri, in "La fabbrica dei colori", cit., p. 364.
G. PREVIATI, La tecnica della pittura, Milano 1990 (1905).
40
V. GHEROLDI, Ricette e ricettari. Tre fonti per la storia delle tecniche delle arti alla
Biblioteca Queriniana di Brescia (sec. XVI-XVII), Brescia 1995, pp 198-200.
41
P. BENSI, L'inventario della bottega di colori di Angelo Mattei in Roma (1847) in
Arte/Documento, n°7, Udine 1993.
42
P. BENSI, "Per l'arte": materiali… cit., p. 78.
39
Colori in cantiere pag. 14
"On compose des rouges avec des laques. La laque en général est une espèce
de craie, à laquelle on a donné une teinture. La laque fine de Venise est faite avec de
la cochenille, qui reste après qu'on en a tiré le premier carmin." La laque rouge deriva
invece dalla tintura della craie con legni scarlatti.43
Nel cantiere Pallavicino arrivano solo libbre 1 et oncie 4 lacca di Venetia per 12
soldi, mentre in quello Durazzo sono usate la lacca fina, in tutto oltre 10 libbre, a 10 lire
la libbra, e anche onze 2 lacca sopra fina per £ 2 : 8.
La lacca di Venezia, se può essere identificata come lacca di verzino di Venezia
compare ancora nell'Ottocento44, mentre come lacca di verzino è citata alla fine del
Seicento a Modena e Venezia,45 il verzino (rosso brasile) è ricavato da legni rossi, di
diverse provenienze in diverse epoche.46
Per quanto riguarda l'aggettivo "fina" Watin ne parla così: la laque platé qui vient
d'Italie, sert beaucoup pour la decoration: on la broie à l'eau; elle donne une belle
laque brune, en y incorporant de la cendre gravelée: elle est préférable à la laque fine
pour la décoration.47
Ma abbiamo visto da lui detta "fina" la lacca di Venezia, il che contribuisce ad
accrescere la confusione. Si parla di lacca fina ancora a Modena e Venezia.
Sono realizzati con la lacca i filetti delle porte:
1757 a 26 giugno. Conto di raccomodatura della pittura dell'appartamento
lillà e giallo. A Lupi e compagni per colorire di nuovo li stucchi
nell'appartamento del bagno accomodare tutte le porte o sia filetti di lacca e
rittocare i telari da vetri
£ 251.4
Occorre tener conto altresì che il termine lacca può riferirsi oggi anche a una
finitura che allora era detta vernice…
Latte, miele, aglio e uova
Particolarmente interessante risultano le seguenti voci della Lista del Reverendo
Angelo Aronio per diverse spese del 1754:
speso per 57 amole di latte a soldi 2 l'amola servito per mescolare nel colore
dato al pallazzo
£ 3.14
e più n° 10 ova a denari 8
£ 0:6:8
43
J. F. WATIN, L'art du peintre, doreur, vernisseur, Paris 1773.
P. BENSI, L'inventario della bottega di colori di Angelo Mattei in Roma (1847) in
"Arte/Documento", n. 7, Udine 1993, p. 256.
45
R. LAPUCCI, Contributo alla conoscenza… cit., pp. 33 e 35 e note.
46
G. QUARTULLO, Rossi, cit. pp 114-5.
47
J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 25.
44
Colori in cantiere pag. 15
infatti risulta rara una citazione scritta così esplicita dell'utilizzo di un legante
proteico, come sono sia il latte sia le uova, da mescolare al colore; questo uso, che
sembra più adatto all'interno per le migliori possibilità di conservazione, non risulta
nemmeno documentato da analisi.
Anche nel 1762 troviamo un pagamento per latte ma questa volta viene adoprato
nel marmaresco
Nel 1771 si spendono 8 soldi per aglio servito per detti lavori cioé tinteggiature
nel corso di manutenzione.
Compaiono in un conto di colori alcune libbre di miele, chiamato anche miele
mezzano.
Litargirio
Il litargirio d'oro, spesso detto retargirio, o ritargirio, viene usato a Cornigliano
certamente dal pittore di arredi lignei e di infissi, costa tra 5.4 e 6.8 soldi la libbra; in via
Lomellini ne sono usate una ventina di libbre, sempre per sei soldi.
Sembra potersi ipotizzare molto più importante per esso la funzione di seccativo,
piuttosto che di pigmento, anche alla luce di un capitolato ottocentesco in cui, alla voce
Coloritura a olio, si precisa: ed ove richiedasi sarà aggiunto l'essicativo, cioé litargirio.48
Come anticipato alla voce giardolino, in area francese viene usato il termine
massicot, Watin infatti non lo distingue dal litargirio, e dalla sua descrizione sembra
che chiami entrambi con lo stesso nome: "le massicot, dont on se servoit beaucoup
autrefois pour peindre, est une céruse ou blanc de plomb, qu'on a calciné par un feu
modéré: il y en a de trois sortes, du blanc, du jaune, du doré: leurs différences ne
proviennent que des divers degrés de feu qui leur ont donné des couleurs différents: le
massicot blanc est d'une blanc jaunâtre, c'est celui qui a reçu moins de chaleur; le
massicot jaune en a reçu davantage, & le massicot doré encore plus."49
Sempre Watin dice che si ottiene dalla coppellazione50 del piombo, ma cambia
da oro ad argento il suo colore in funzione del modo in cui raffredda: oro se in masse,
argento se piuttosto sparpagliato.
48
Città di Genova, Ufficio dei lavori pubblici, Capitolato speciale per l'appalto della
manutenzione ordinaria quinquennale degli stabili di proprietà o di uso del Municipio di Genova
o per cui incombe al Municipio di Genova di sopportare o di anticipare in tutto od in parte la
spesa, Genova Pagano 1882
49
J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., pp 37-38.
50
La coppellazione è il procedimento per estrarre argento dal piombo argentifero.
Colori in cantiere pag. 16
Si trovano varie descrizioni del litargirio, anche in rapporto con gli altri ossidi di
piombo, come ad esempio questa dei primi del '900: "Il sal saturno è una modificazione
dell'ossido di piombo, la biacca. È noto come il bianco di piombo portato ad un'alta
temperatura ingiallisca e formi il colore che si chiama massicotto; dal massicotto
macinato ed esposto in forno a riverbero, a fuoco continuato, si ottiene il minio. Se
nella detta combinazione del minio si aumenta il calore sino a ridurre il minio
incandescente, si forma sull'ossido di piombo un principio di vetrificazione in piccole
scaglie o lamine di un giallo rosso, che prende il nome di litargirio. Dal litargirio bollito
nell'aceto distillato, fatto filtrare e ridotto col fuoco a certa consistenza, si ricavano nel
raffreddamento dei cristalli agati che sono il sal saturno; essiccante che si trova pure in
commercio in tubetti simili a quelli dei colori."51
Ma sono possibili anche procedimenti inversi, Ghersi52 descrive come molto
efficaci dei procedimenti per produrre biacca a partire dal litargirio.
Minio
Ossido salino di piombo.
È presente solo nei conti Durazzo con la specifica di 'fino', per poche libbre,
comprato a circa 10 soldi la libbra, viene usato dal pittore di arredi lignei.
Watin lo considera eccellente per l'uso in acqua, ben stemperato si usa anche in
olio, molto bello (insieme a orpimento e litargirio) alla vernice. È di un bel rosso arancio
che si ottiene con quella che lui chiama una lunga calcinazione (calcination) del
piombo, ovvero una sorta di tostatura della biacca in una padella di ferro, i cui vapori
sono mortali. 53 Si può ottenere anche partendo dal litargirio.54
Cfr anche litargirio.
Morello di sale
"Mescolato con lo smaltino fà pavonazzo, anzi per se solo fà la detta tinta."55
Compare solo nei conti del palazzo Pallavicini, in tutto tre libbre, del prezzo di
una lira e otto soldi l'una.
51
G. PREVIATI, La tecnica della pittura, Milano 1990 (1905).
I. GHERSI, Ricettario industriale, 9253 procedimenti utili nelle grandi e piccole industrie
nelle arti e nei mestieri, Milano 1919, ricette n° 631ss.
53
J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 38.
54
G. QUARTULLO, Rossi, cit. pp 89-90.
55
A. POZZO, Breve istruzione… cit..
52
Colori in cantiere pag. 17
Nero di fumo
"Nero di carbone. Si prende legno di vite, si brugia, e si macina, è buono ad ogni
sua proprietà. Vi è più sorti di neri, di ossa di persiche brugiate, di carta, di feccie di
vino, che tutti son buoni per lavorar a fresco salvo il nero d'osso."56
In effetti viene usato molto più nel 1720 (18 barilotti per 5 soldi l'uno) che più tardi
(un barile a due soldi e uno scartoco per la stessa cifra), è da segnalare che a
Cornigliano se ne usano anche circa 4,5 kg per tingere le gronde.
Watin elenca diversi tipi di neri ricavati in vario modo dalla bruciatura di diverse
sostanze, ma indica proprio il noir de fumée come un bel nero, ma, non incorporandosi
affatto nell'acqua (occorre stemperarlo con aceto o colla figée) mentre perfettamente lo
fa con l'olio, e per di più rougit communement , si usa per i ferri, i balconi, i jeux de
paume, e per faire les bandeaux noire qui accompagnent les litres d'Eglise.
"Est une substance d'un beau noir qu'on recuielle de plusieurs façons, de la
mìeche d'une lampe, d'une chandelle, d'une bougie; ma celui de poix est le meilleur:
c'est une fuie de refine qui se fait en mettant tous les petits morceaux de rebut de
toutes espèces de poix, dans de grands pots ou marmites de fer qu'on place dans des
chambrea bien fermées de toutes parts, & tendues de toiles ou peaux de moutons: on
met le feu à la poix, & pendant qu'elle brûle la fumée se condense en une fuie noire, &
on la garde en poudre dans des barrils ou en masse."57
Olio di lino
Legante seccativo, "la 'cottura' consisteva nel riscaldamento (limitato spesso
all'azione del sole) in presenza di sali metallici, che innescavano una prima
polimerizzazione dell'olio, onde aumentarne la viscosità e la rapidità di essiccazione."58
"Col nome generico di oli si abbracciano diversi fluidi combustibili, grassi, untuosi
al tatto, più leggeri dell'acqua, che si ricavano con differenti processi da molte piante e
da certe parti di animali. (…) Gli oli seccativi sono i principali solventi
olio, coadiuvati assai spesso dagli oli essenziali
59
della pittura ad
o essenze che entrano nella
composizione delle vernici e servono come diluenti degli uni e delle altre. Gli oli
56
A. POZZO, Breve istruzione… cit..
J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 36.
58
P. BENSI, "Per l'arte": materiali… cit., p. 85.
59
Oggi potremmo meglio dire leganti?
57
Colori in cantiere pag. 18
seccativi hanno un'affinità spiccata per l'ossigeno, che gradatamente dallo stato liquido
li riduce a quello di una grande solidità."
I principali sono l'olio di lino, di noce, di papavero, di canepa. Il problema che
danno è l'ingiallimento e gli antichi, in un certo senso, li depuravano filtrandoli,
introducendovi sostanze che si credeva invece servissero ad aumentare la capacità
essicativa, come osso calcinato, creta, allume arso, borace calcinato, magnesia, ma
specialmente gli ossidi metallici come l'ossido di zinco (copparosa bianca), verde rame
(copparosa verde), acetato di piombo, biacca, minio, litargirio, cinabro, piombo, ossido
di manganese (più tardo).60
Spesso chiamato nei documenti olio di Linosa, viene fornito in barili del peso di
circa 50 kg l'uno, in quantità che variano tra i 150 e gli 800 kg per volta; 61 proviene
dalla Sicilia, al prezzo sono da aggiungere gabella e trasporto.
Olio di noce
Si ricava dai gherigli delle noci, è molto adatto ai pigmenti chiari perché ingiallisce
con minor facilità.62
Provvisto a Cornigliano da Lorenzo Canone mulatiere di Novi (si passa attraverso
un droghiere di Sottoripa) fornito in pelli; ne arriva una discreta quantità (oltre 30 rubbi),
10 once costano 10 soldi.
Orpimento
Viene citato soltanto nel palazzo degli anni '20, con due forniture da 6 once
ciascuna oltre a oncie 2 orpimento sopra fino £ - 4 -.
"L'orpimento è un minerale nativo di un colore giallo molto luminoso, simile al
colore dell'oro come indica l'etimologia stessa del suo nome. È costituito da trisolfuro
di arsenico AS2S3. Allo stato naturale si può trovare si puro che associato al realgar
(solfuro di arsenico, AsS, dal colore rosso aranciato." In questo secondo caso colore e
consistenza variano. Si può anche ottenere artificialmente fondendo zolfo e realgar.
60
61
G. PREVIATI, La tecnica…, cit..
I documenti ci avvisano che rotolo di Sicilia corrisponde a libbre 2 1/2 di peso di
Genova.
62
P. BENSI, "Per l'arte": materiali… cit., p. 85.
Colori in cantiere pag. 19
Pur se altamente tossico è stato molto usato, fino all'Ottocento, per l'impossibilità di
imitare il suo bellissimo colore. 63
"L'orpin ou réalgal, est un arsenic dont il y a deux espèces, une naturelle & l'autre
artificielle; l'orpin naturel est jaune & en écailles; il prend da dose de soufre par des
feux souterrains: le réalgal artificiel, qui est le plus commun, est un mêlange d'arsenic
& de soufre, souffisant pour le faire jaune ou rouge, & qu'on fond ensemble dans des
creusets. Le naturel est le plus estimé; il doit être choisi en beaux morceaux talqueux,
d'un jaune doré, luisant & resplendissant comme de l'or, se divisant facilement par
écailles ou lamines minces: l'artificiel doit être d'un beau rouge. L'un & l'autre se broient
à l'essence pour être employé au vernis; ils peuvent l'être à l'huile: le rouge qu'ils
donnent approche de la couleur de souci."64
Pasta verde
"È fatta col sugo di Spincervino, mescolata con calce bianca diventa gialla, ma il
colore svanisce alquanto."65
Compare solo nei conti Durazzo, usata dal pittore degli arredi lignei, costa ben £
13:4:- la libbra, ne vengono fornite oltre dieci libbre.
Cfr anche spincervino, ben più economico.
Rosso d'Inghilterra
"Vermillon d'Angleterre, qui nous vient en poudre, moins beau (del cinabro) d'une
nuance plus pâle, & que nous croyons n'être autre chose qu'un mêlange de mine
(minium) & de cinnabre bin pulvérisé ensemble, plus or moins beau, suivant la dose de
mine."66
Compare, anche se in piccola quantità (poco più di quattro libbre a Cornigliano e
una sola libbra a Genova) in entrambi i cantieri; viene anche detto rosso d'Inghilterra
fino, a metà '700 costa circa il quadruplo (£ 2 la libbra) che negli anni '20 (6 soldi).
63
R. PIETROPAOLI E A. MILANESCHI, Gialli, in "La fabbrica dei colori", cit., p. 202.
J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 37.
65
A. POZZO, Breve istruzione… cit..
66
J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 24.
64
Colori in cantiere pag. 20
Rosso brunino
Sono 7 le libbre di rosso brunino che vengono usate nel palazzo Pallavicini, costa
uguale al rosso precedente e non compare più tardi.
"On nous apporte d'Angleterre une espèce d'ochre rouge, qu'on appelle rouge
brun, ou brun-rouge d'Angleterre, pour la détrempe & à l'huile, qui sert aussi à peindre
les carreaux d'appartemens, & les charriots, ainsi que l'ochre rouge, & qui mêlangé
avec le plâtre, donne les couleurs de brique."67
Un'altra ipotesi, recente, lo vuole ossido di rame, ottenuto riscaldando il
verderame.68
Sabbia di Spagna bianca
Fornita via mare a Cornigliano, ne arrivano in cantiere circa 20.000 kg; è stata
presa a bordo di un bastimento,69 il suo prezzo, basso, è pari al prezzo del trasporto, £
20; non è stato finora possibile determinarne l'uso né qualificarla, l'ipotesi che sembra
più promettente da verificare è che sia stata impiegata negli stucchi.
Smalto
Pozzo parla di smaltino e avvisa che per una buona adesione occorre stenderlo
con la calce ancora fresca e poi ripassare con una seconda mano.
Si tratta di vetro colorato da sali di cobalto, usato "nella pittura a fresco ma
divenuto ormai raro nei dipinti su tela."70
Ventiquattro libbre di smalto e ventisei di smalto fino sono usate a Cornigliano,
hanno identico prezzo di £ -.14.- la libbra.
Nel palazzo Pallavicini ne arriva una dozzina di libbre, senza specifica di fino, e
viene pagato nello stesso modo.
Spin cervino
Compare solo nei conti Durazzo, usato dal pittore degli arredi lignei e dai pittori
svizzeri, consegnato in un barattolo (due volte) e in libbre, due per 12 soldi. (cfr anche
pasta verde)
67
J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 23.
Comunicazione orale di P. Bensi.
69
1754 a 2 luglio Conto di sabia di Spagna e nolo di detta dal porto a Cornigliano.
70
P. BENSI, "Una franchezza e leggiadria indicibile… cit.
68
Colori in cantiere pag. 21
Terra
Le terre sono "più proprie per dipingere a fresco,"71 a seconda del colore trovano
diversi impieghi con ottimi risultati, il Pozzo cita quelle rossa, gialla brugiata, gialla
chiara (a Roma chiara e oscura), verde (la migliore è quella di Verona), d'ombra,
d'ombra brugiata, nera di Venezia, nera di Roma.
Terra gialla
Le ocre gialle sono ossidi di ferro idrati in matrice argillosa, (se si cuociono
diventano anidri e rossi). 72
In via Lomellini sono impiegate 87 libbre di terra gialla (per un paio di soldi la
libbra); a Cornigliano invece la troviamo arrivare da diverse provenienze, una trentina
di libbre sono di Mondovì (a 4 soldi), 325 di Venezia (100 costano £ 13.6.8), 4 libbre di
terra gialla chiara di Roma (a £ Ø:5.4 la libbra), così come 2 libbre di terra gialla scura,
per lo stesso prezzo, una libbra di terra gialla di Roma non meglio definita costa £ Ø:6,
inoltre sono fornite 6 once di terra gialla scura minerale oltre a due libbre della stessa
di Roma; vanno ancora ricordate la terra gialla di Roma in panisse, sei once di terra
gialla dura e qualche libbra di terra gialla scura senza provenienza (a 6 soldi).
Terra rossa
Sesquiossido di ferro Fe2O3.
Di basso costo, bastano cinque lire per cinquanta libbre.
A Cornigliano arriva l'ingente quantità di 475 libbre (oltre 140 Kg)
In via Lomellini invece solo 14 1/2 libbre, per un costo di meno di circa due lire e
mezza, perciò un poco più alto.
Terra d'ombra
Ossidi di ferro e manganese in matrice argillosa.73
Un paio di forniture per la villa Durazzo parlano di terra d'ombra minerale, le altre
sono otto libbre di terra d'ombra, che costa attorno ai quattro soldi la libbra.
A casa Pallavicini, per pochi soldi di meno, ne arrivano solo due libbre.
71
72
A. POZZO, Breve istruzione… cit.
P. BENSI, La pellicola pittorica… cit..
Colori in cantiere pag. 22
Terra nera
Minerale probabilmente a base di manganese.74
Se ne usano 78 libbre a Cornigliano, e costa appena 2 soldi la libbra; inoltre
arrivano anche circa 15 libbre di terra nera di Roma o nero di Roma (pagata circa lo
stesso prezzo) e sei once di terra nera di Venezia per poco più di un denaro. Nel 1762
viene fornita della terra nera di Spagna.
Anche nel palazzo Pallavicini arriva una libbra di quest'ultima per soli tre soldi e
67 libbre tra nera e nera di Roma, quest'ultima costa £ - 2.8 la libbra.
Terra verde
Celadonite, silico-alluminati argillosi contententi ferro bivalente.75 Oppure
celadonite e glauconite; silicato idrato di ferro contenente anche magnesio, alluminio e
potassio. 76
"La terra verde, proveniente da cave nei pressi di Verona, usata per secoli nella
pittura murale, a partire dal Seicento viene impiegata anche nella pittura ad olio,
legante che ne esalta la brillantezza e la trasparenza, finendo per soppiantare i due
pigmenti verdi sino ad allora più diffusi, il verderame ed il resinato di rame."77
Watin distingue tra la terra verde comune e quella di Verona, molto migliore, cioé
di colore intenso, corposa, più stemperabile, avvisando che non s'impiega in detrempe,
ma nelle pitture di paesaggi e nei marmi. Cita poi un verde di montagna o d'Ungheria,
che si presenta come una sabbia.78
A Cornigliano arrivano circa 6 libbre di terra verde dura a 1.6 la libbra, usata
(anche?) dal pittore di arredi lignei, 68 libbre di terra verde di Verona a £ 1.16 la libbra,
vengono poi citate: la terra verde dura bella, la terra verde dura di Verona, terra verde
dura scielta e la terra verde tenera, quest'ultima costa sei soldi la libbra perciò molto
meno dell'altra.
73
P. BENSI, La pellicola pittorica… cit..
P. BENSI, "Per l'arte": materiali… cit., p. 76.
75
P. BENSI, La pellicola pittorica… cit..
76
R. LAPUCCI, Contributo alla conoscenza… cit..
77
P. BENSI, "Una franchezza e leggiadria indicibile… cit.
78
J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., pp 30-31.
74
Colori in cantiere pag. 23
In via Lomellini arrivano 13 libbre di terra verde dura a una lira la libbra, 27 di
terra verde tenera, a 4 soldi la libbra circa, e 10 libbre di terra verde di Verona (anche
detta di Venezia, ma poi corretta), a prezzo variabile, attorno alla lira per libbra.
Tovio
Voce che compare una volta nei conti di Cornigliano, insieme a pennelli e
pigmenti, di essa non è ancora chiaro il significato materico, è stata avanzata l'ipotesi
che a Genova indichi una marna argillosa, 79 mentre a Como il tuve è una roccia
sedimentaria calcarea, leggera e spugnosa, il tufo di altre regioni.80
"Tuvio: tufo; specie di terreno arido e sodo. Serve per fare stucco, e talora per
metter nella calcina in luogo di rena per murare."81 Descritto così fa pensare ad un
materiale sabbioso, perciò ancora diverso: la questione resta aperta, anche come
quella di una parola usata per indicare cose diverse in zone e tempi diversi.
Trementina
Un paio di once di trementina sono usate a Cornigliano nel '57, e nel '68 la si
trova impiegata insieme ad una cera gialla per gli alberi.
Gli oli essenziali, detti essenze "si ricavano da molte piante distinte per l'odore
aromatico penetrante che emanano, come lo spico, la lavanda, il pino alpestre, il
rosmarino, il lauro, l'arancio emolte altre; (…) tutte devono essere distillate perché
siano pure. (…) in generale sono insoubili nell'acqua mentre hanno grande affinità per
l'alcool, l'etere e gli oli fissi e seccativi. Le essenze sono molto infiammabili, come i loro
vapori, e possono col cloro e il sodio formare anche delle miscele esplodenti." Le più
usate sono quelle di trementina e di spico. La prima si ottiene da alcune conifere la
seconda dalla lavanda o spico. "Oggi" si usa anche l'essenza di petrolio. Ma "l'essenza
di trementina pura, come diluente dei colori a olio, ne assicura la morbidezza
nell'essiccare, mentre coll'essenza di petrolio si ha la certezza di renderli più duri, e
tutto ciò che rende il colore o le vernici troppo vitrei e friabili è nocivo, sia negli strati
79
T. MANNONI, M. MILANESE, Mensiocronologia, in "Archeologia e restauro dei
monumenti", a cura di R. FRancovich e R. Parenti, FIrenze 1988, pp 383-402.
80
V. PRACCHI, Glossario, in "Il mestiere di costruire", a cura di S. Della Torre, Como
1992.
81
G. CASACCIA, Vocabolario genovese-italiano, Genova 1851.
Colori in cantiere pag. 24
interni del colore come alla superficie." L'elasticità è un elemento troppo importante
perché possa essere sacrificata ai pregi dell'uso dell'essenza di petrolio.82
Turchino di Spagna
Cfr biadetto.
Verderame e Verde eterno
Il verderame può arrivare al cantiere in pani, un pane pesa 37 libbre (circa 11 kg)
e costa £ 57.16, viene fornito da Antonio Maria Weber, che traffica anche con altri
metalli, ne arrivano a Cornigliano circa 90 libbre, e una dozzina al palazzo di via
Lomellini.
Trova impiego esplicitamente per le gelosie e per altri oggetti destinati all'esterno.
16 giugno per £ 249.14 cioé £ 123 ad Alberto Morasso per giornate in dar
tinta verde a gelosie e £ 126.14 per biacca, verderame et altro come da lista
n 239
1759 @ 30 settembre libbre 2 1/2 verderame per le cascie; per due mani di
colore alle 36 cascie del giardino, una mano alli rastelli del mare, e dato il
colore al zoccolo della sala contigua al giardino £ 24
libbre .1.2 verde rame per detti lavori
£ 2.2.
"Con il termine verderame si definiscono acetati di rame con differenti
composizioni chimiche, che comprendono toni dal verde al blu, e che sulla base del
loro ph sono divisi in due gruppi: basici e neutri. Il verderame basico, cioé l'acetato
basico di rame, di colore verde, ha come formula: Cu(CH3COO)2.CuO.6H2O, mentre il
verderame neutro, l'acetato neutro che si genera sciogliendo in acido acetico l'acetato
basico, ha come formula: Cu(CH3COO)2.H2O. (…) Proprio per le caratteristiche di
maggior stabilità, i veneti del Cinquecento chiamarono il verderame preparato in questo
modo 'verde eterno'".83
Di esso non v'è traccia nei documenti di Paolo Gerolamo mentre nella villa
Durazzo arrivano numerose forniture (circa una ventina), perlopiù di piccole quantità
(dalle 2 oncie alla libbra) e di caro prezzo, oltre 7 lire la libbra, quasi come l'azzurro di
Berlino.
Viene certamente usato anche dal pittore di arredi lignei, mentre non sembra si
possa accostare ad impieghi più architettonici.
82
G. PREVIATI, La tecnica della pittura, Milano 1990 (1905).
S. OCCORSIO, Verdi, in "La fabbrica dei colori, pigmenti e coloranti nella pittura e nella
tintoria", Roma 1986, pp 38-9.
83
Colori in cantiere pag. 25
In effetti Watin avverte che "le verd-de-gris ou verdet (…) on l'emploie
communément à peindre les treillages; quand il est distillé, il sert dans le verds au
vernis, faisant de très-beaux verds par le mêlange qu'on en fait avec du blanc; diffous
dans l'eau chaude par le moyen du tartre, on en tire une teinture qui sert à enluminer, &
principalment dans le lavis coloré des plans, pour représenter la couleur d'eau: on ne
s'en sert point pour les couleurs en détrempe. Il faut en mêler le moins qu'on peut avec
le couleurs à l'huile, car il les fait foncer quand on les vernit, & les fait jaunir quand on
ne les vernit pas, lorsqu'il est séché: il est en outre fort dangereux è employer. Si on
veut l'employer au vernis, broyez-le à l'essence; n'en détrempez que peu-à-peu, car il
épaissit étant gardé; il est superbe détrempé au vernis blanc au copal, pour les fonds
d'équipages en verd d'eau."84
Vernice
"Si hanno vernici d'olio e vernici di resine o lacche. Le vernici d'olio sono
semplicemente olii seccativi opportunamente preparati. Le vernici di resina sono
soluzioni di resine o d'altre sostanze in un solvente; se questo è olio seccativo si
chiamano lacche grasse, se invece è un olio volatile, un alcool, od altro liquido
facilmente o completamente svaporabile si dicono lacche volatili."85
Le vernici costituiscono lo strato di protezione delle pitture, ottenuto con resine e
gomme, disciolte in trementina (dal XVI sec); le resine "sono succhi che colano da
certe piante per incisioni naturali o artefatte, e che il contatto dell'aria solidificano", "se
restano semiliquide e tengono in soluzione un olio volatile, prendono il nome di
balsami", "hanno stretta relazione cogli oli essenziali."
La sandracca: "del commercio si compone di tre resine dotate di proprietà varie
(…) la s. migliore si ricava da una conifera delle coste settentrionali dell'Africa, la tuja
articolata
di
Desfontaines.
L'umore
resinoso
cola
dai
rami
dell'arboscello,
solidificandosi sul tronco in gocciole o lacrime d'un colore giallo citrino, brillanti e
trasparenti, talvolta però anche bianchicce ed opache. Questa resina arde con fiamma
chiara, emanando odore aromatico piacevole. Ha perfetta affinità per l'alcool e si
scioglie negli oli seccativi e nelle essenze a fuoco medio. Per verificarne la purezza si
scioglie nell'alcool, che lascia cadere a fondo tutte le materie eterogenee."
84
85
J. F. WATIN, L'art du peintre… cit., p. 29.
I. GHERSI, Ricettario industriale… cit., ricetta n° 8572-classificazione.
Colori in cantiere pag. 26
La dammara: è una resina ""da poco" in commercio, composta di due resine
diverse.
La mastice: "cola dal lentisco pistaccio delle isole dell'arcipelago greco, e l'isola
di Chio specialmente ne somministra la maggior quantità. Si ottiene praticando delle
incisioni trsversali sulla corteccia dell'albero. (…) Non è completamente solubile nella
trementina, ma la parte che si scioglie costituisce una vernice lucidissima e durevole.
La coppale: "è insoubile nell'alcool, negli oli esenziali enegli oli fissi, a freddo.
Fusibile a fuoco nudo, può essere in tale stato disciolta negli oli e nell'essenza di
trementina, ma essa ha allora perduto le qualità che a indicano fra e più belle resine,
cosicché la coppale non ha più alcuna indicazione come vernice finale nei dipinti."
"L'industria prepara vernici ad alcool, vernici ad oli seccativi di lino e di noce,
dette vernici grasse, e vernici all'essenza, ossia con gli oli essenziali di trementina e di
spigo."86
A villa Durazzo si usano diverse vernici: otto oncie di vernice di coppalle per £
2.10 servono per scabelli e tavolini coloriti;
oltre 120 libbre di vernice non meglio
specificata, insieme ad un pennello da vernice serve anche per il signor abate per li
sopraporta, con l'avvertenza che un'ampolla di vernice è libbre 2.10 fino a 4, in totale
libbre 12.4 a soldi 36.8; e per l'appartamento della signora e quello del Billard per gli
stucchi e per le sedie e tavolini dell'appartamento del billard e sala sul giardino ed altre
bagattelle come 3 secretaire 2 tavolini da gioco e sedie da riposo ecc.
Inoltre troviamo
libbre 2 vernice di Venezia
£ 2.-.1756 à 27 giugno Conto di vernice Francia: un flacone di vernice "orlane"
Vernice era usata anche sulle murature, forse sugli stucchi:
1755 a' 17 settembre Conto di fattura a pittori Fregolia e compagni
colorire e inverniciare il gabinetto verso Genova ove hanno impiegato da
giorni 44 circa £ 400
Un tipo di vernice (che oggi chiameremmo lacca) fabbricata a Genova da una
bottega in via della Maddalena e documentata dal De Lalande (astronomo francese)
nel 1765, veniva usata per produrre i mobili laccati con preparazione a gesso e colla di
guanti (detti cinesi nei documenti) che erano piuttosto usati nelle ville; l'analogo
francese è la pariginavernis Martin. 87
86
87
G. PREVIATI, La tecnica … cit..
A. GONZÀLEZ-PALACIOS, Il mobile in Liguria, Genova 1996.
Colori in cantiere pag. 27
Vitriolo bianco
Potrebbe trattarsi di solfato di zinco, che è un siccativo, ne arriva a Cornigliano
una libbra, per £ 1.4.-, nel 1767, tra aprile e maggio mentre si fanno rinovare i colori
nell'appartamento della signora Clelia, nel pavimento del corridore attigua alla
cappella, nell'altro verso la cucina, alli telari de vetri della scuderia e gelosie nuove in
detta.
Strumenti e contenitori
Oltre ad alcune conchette di terra, molti copetti piccoli per i pittori, spago servito
per li stuccatori, una bocietta per la gomma et uno fiasco, ampolle, ampollette e fiaschi,
sponghe, tasse e pignattini per li pittori e pentola per la colla,i documenti elencano una
quantità di pennelli grossi e piccoli, di varie forme e provenienze, solo per Cornigliano
sono alcune centinaia.
I diversi tipi elencati sono:
- pennelli da 1 oncia
- pennelli da 1/2 oncia
- pennelli da 1/4 oncia
- pennelli da 2 once
- pennelli da 3 once
- pennelli di Bologna
- pennelli di Bologna da 1 oncia
- pennelli di Bologna da 2 once
- pennelli di Bologna da 3 once
- pennelli di Bologna mezzani
- pennelli di Bologna primi
- pennelli di Genova da 1 oncia
- pennelli di Genova da 2 once
- pennelli di Genova da 3 once
- pennelli di puzzola
- pennelli di puzzola di Bologna
- pennelli di puzzola in penna
- pennelli di puzzola in penna di Bologna
- pennelli di sesta sorte a fresco
- pennelli di setola
- pennelli di varo
- pennelli di varo in penna grossi di Bologna
- pennelli di varo in penna mezzani di Bologna
- pennelli di varo in penna di Bologna
- pennelli doppi da muro (o da muratori)
- pennelli in asta a fresco
- pennelli in asta a fresco da onze 1 1/2
- pennelli in asta a fresco mezzani
- pennelli in asta a olio
- pennelli in asta da 2 di Bologna
- pennelli in asta da 3 di Bologna
Colori in cantiere pag. 28
88
- pennelli in asta da 4 di Bologna (?)
- pennelli in asta di Bologna
- pennelli in asta grossi
- pennelli in asta grossi di Bologna
- pennelli in asta mezzani
- pennelli in asta mezzani
- pennelli in asta mezzani di Bologna
- pennelli in penna
- pennelli mezzani
- pennelli per emendare
- pennelli per vernice
- pennelline di setola in asta
Quanto ai prezzi è da notare che i pennelli da muratori costano molto più degli
altri (oltre 10 soldi l'uno), evidentemente ciò che conta è la loro dimensione, gli altri
hanno prezzi piuttosto allineati, quelli di puzzola e quelli di setola costano il doppio di
quelli di varo, ma la differenza è di un soldo (costano 2 i primi e 1 i secondi), tre o
quattro soldi è il prezzo per quelli di Bologna, come i pennelli da tre once, pennelli in
asta da olio costano da due a otto soldi.
Nel cantiere Pallavicini sono stati comprati 112 pennelli, alcuni corrispondono ai
tipi più tardi, quelli di Bologna, in asta, in asta di Bologna, da varie once (ma è presente
il pennello da quarto), di puzzola, mentre non sono menzionati ad esempio quelli di
Genova, compaiono quelli di pelo bianco (£ - 8 -), di pelo bianco da oncie 2, grossi di
pelo bianco, di pelo nero di oncie 2 e uno bianco di Roma da once 1 1/2 da £ - 5.4.
Quanto agli usi ci vien detto che penelli in asta a oglio (di quattro prezzi), di
possola in penna e di varo sono stati consignati al sig.r Lupis per dare il colore a oglio
a telari e finestre; 89 l'abate Giolfi usa, per i sopraporta, un pennello da vernice, una
dozzina di puzzola; questi sono usati anche dal pittore di arredi lignei; i pittori che
dipingono il salotto col signor Lupis usano penelli in asta a frescho; il pittore lombardo
usa sei pennelli a oglio.
Murature e stucchi
Dai conti che specificano la finalità della fornitura apprendiamo che si usano
per dipingere:
1 l'appartamento della signora Clelia
2 l'appartamento del signor Marcello
3 la sala a piano del giardino
88
Il documento dice detti da 4 e non è possibile essere sicuri che si riferisca all'intera
dicitura - in asta di Bologna - o solo alla parola pennelli, nel dubbio, di solito, ho considerato
solo la seconda ipotesi ma in questo caso ritengo più probabile la prima.
89
AD, 477, 30/11/1755.
Colori in cantiere pag. 29
4 la loggia o sia la serra per li vasi
5 il loco all'Inglese
penelli di Possola
altri detti di Bologna
giardolino di Fiandra
pasta verde
azzurro
peneli di Posola
verde di Verona
biadetto
altro verde di Verona
smalto
altri penelli
£ 0:14
£ 2:8
£ 0:8
£ 1:8
£ 1:8
£ 0:12
£ 1:4
£ 2:
£ 1:10
£ 0:14
£ 0:12
A dipingere alcune stanze, come la camera danticamera del billard e la camera,
dipinta in giornata, dell'appartamento del signor Giacomo Filippo intervengono dei
pittori svizzeri (che lavorano anche nelle uccelliere), nella camera del bigliard e stanza
da letto contigua collaborano con Garattino, e se le paga secondo l'accordato,
avendoci dato tutti li colori macinati et altro per £ 350. Ad essi viene anche fornito un
baratolo suco di spin cervino.
La sala sul giardino viene dipinta dal signor Andrea Leoncini che mette a sue
spese colori, carta, ecc.
Il pittore Lupi termina nel '59 la sala inferiore.
Alcune pitture diverse vengono commissionate a scarso, praticamente a forfait,
ad un tal Fregolia, si tratta di lavori eseguiti nel '55
Gabinetto nel appartamento Lilla e giallo colla camera contigua de bagni - £
160
appartamento lilla e giallo cioé camera con alcova e anticamera - £ 500
la sala superiore grande - £ 200
Altre stanze sono dipinte da Alberto Morasso, che esegue anche pitture ad olio
(su serramenti e pavimenti) e vi impiega:
terra gialla per dar tinta nelle stanze del signor Ippolito
seccante s?3
litargirio He 2
aglio servito per detti lavori
" -.12." -.6." -.13.4
" -.8.-
Nel 1762 tra le spese per la fabbrica di mezzarie et altri lavori; in esse, o altrove,
viene realizzato un marmaresco, per cui probabilmente sono impiegate q.te (quarte?)
42 di polvere di marmo consegnate Carlo Gava per £ 14 (è l'esecutore?), nonché del
latte.
Colori in cantiere pag. 30
Ma anche degli stucchi infatti sono spesisoldi 2 per un pennello e soldi 2 libbre 1
terra nera provista al stuccadore Cantoni per dissegnare stucchi da farsi; agli stuccatori
vengono anche forniti quattro pennelli
Negli stessi lavori
troviamo il signor Lupi pittore pagato per giornate 28 in
colorire gli stucchi £ 56, forse a lui allora sono servite terra nera di Spagna e gialla,
terra gialla e terra verde, nonché libbre 3 gesso, l 1.6 ritagli, soldi 6 per due pennelli e
soldi 8 per coppetti per pittore, oltre a tasse e pignattini per li pittori e pentola per la
colla.
Lo stesso pittore esegue lavori diversi come dare la seconda mano di tinta a olio
a tutte le porte e finestre degli entresoles in Cornigliano, e dare due mani di colore a
pavimenti
Sugli stucchi sono eseguiti sia aggiustamenti (forse modifiche in corso d'opera),
sia coloriture, ed è interessante notare che sono a due mani
1758 11 settembre Conto di aver colorito gli stucchi della sala a manger
Per far colorire i stucchi della sala, cioé farci dare ancora due mani di tinta,
et anche a fondi spesa e fatura al Lupi
£ 60
sia indorature
1762 20 aprile diversi lavori dell'indoratore Andrea Massa fra cui:
per aver dorato una gionta di stuchi nel salloto verso San Gerolamo con fogli
suo oro n° 22 (sottoscritto: averli datoli di tinta) speza e fatura
£ 2:10
Infissi
Nella coloritura delle finestre compaiono le voci gesso, litargirio, biacca, olio.
Viene anche spesso indicato il numero di mani o di dare la seconda mano e troviamo
anche la specificazione di dare solo olio:
(31/12/58) per far dare la seconda mano di tinta a n° 18 balconi alle gelosie
de due appartamenti superiori a C. verso mezzo giorno una mano d'oglio
schietto e 2 di colore a soldi 50
£ 45
e per come sopra a n° 8 balconi alle gelosie delle mezzarie a soldi 20
£8
Ad Alberto Morasso, nello stesso giorno in cui viene pagato per 17 1/2 giornate
per aver dato il colore a oglio, il 17 marzo 1760, vengono rimborsare le seguenti
spese di colori e penelli pagato in £ 1:10
per avere comprato libre otto di gesso
per avere comprato libre una e messa di terra gialla di Venesia
per avere comprato mezza libra fra retalgilio e minio
per avere comprato n° 2 penelli
£ 0:8
£ 0:6
£ 0:6
£ 0:10
Lo stesso pittore, due anni più tardi, redige un conto di colori penelli et altro in cui
troviamo:
Colori in cantiere pag. 31
… spezo per libre 12 retalgilio a soldi 6:8 la lira che sono
£ 4:0:
spezo per libre 20 terra giala a soldi 2:8 la lira che sono
£ 2:13:4
spezo per libre 8 terra rosso a soldi :2: la lira che sono
£ 0:16
spezo per n° 4 penelli da once tre due sono serviti per il colore a oglio e due
per il colore a cola
£ 2:0
spezo per n° 1 penello da muratori servito per li astrichi
£ 0:14
Materiali che, probabilmente con altri già in mano sua, sono stati usati
per aver dato il colore a n°8 finestre di gelosie nelle mezz'arie
per aver dato il colore a n°8 finestre di mezarie, a telari e telari di vedro e
sue arve datoli tre mani
per aver dato il colore a n°4 porte nelle mezarie nove con le sue pilastrate
machiate marmaresche
per aver dato il colore a colla a n° 5 porte finte
per aver dato il colore alla ringera nel scala et alli ferri che servano pogiolo
alle finestre
per aver dato due mani alla porta con la vedriata nella stansa delle mame
per aver dato una mano da una parte a n° 6 porte che sono nelle stanse a
teto
per aver dato una mano alle finestre che danno la luce nelle stanse in n° 6
per aver dato il colore alla finestra dove sono li canarii
per aver dato tre mani di colore alle due casabanche che sono nella capella
per avere fatto io Alberto Morasso giornate n° 22 per colorire li stuchi £ 44
per avere fatto giornate n° 13 il mio lavorante a soldi 36 il giorno
Si nota come ancora lo stesso pittore dipinge stucchi e manufatti lignei, e che
possono essere date una o più mani, anzi, addirittura, viene dato il colore alle porte
anche da una parte sola.
Alcune porte hanno i filetti di lacca,
a tutti i pavimenti del piano superiore verso Genova e dare la seconda mano
e filetti a tutte le porte e finestre de suddetti due appartamenti
£ 300
A Lupi e compagni per colorire di nuovo li stucchi nell'appartamento del
bagno accomodare tutte le porte o sia filetti di lacca e rittocare i telari da vetri
£ 251.4
n° 153 1 dicembre 1765 Conto di Alberto Morasso per avere dato tre mani di
colore alla porta nova che finge armario con li suoi fileti verdi nel
apartamento verde al piano del porticho e dare la prima mano allaporta finta
nel apartamento rosso al detto piano per fare questo lavoro giornate 3
£6
Sulle porte finte viene steso un colore a colla, il che suggerisce che siano
realizzate con una tecnica particolare, forse coperte di tela dipinta come quelle ancora
oggi visibili in alcune stanze della galleria di palazzo Reale.
Per dar la tinta alle gelosie sono usati biacca, seccante non meglio specificato,
verderame, colla da falegname, quest'ultima puù essere servita per le piccole
riparazioni.
Un caso particolare è quello delle finestre finte, che devono somigliare a quelle
vere ma sono realizzate su intonaco, il pittore, Massa, ha lo stesso cognome di quello
Colori in cantiere pag. 32
che di solito fa l'indoratore, ma non è possible essere certi che siano la stessa
persona, anzi il secondo potrebbe essere figlio del primo; in questo caso sono imitate
le ante a vetro e non le persiane:
1754 a 21 agosto Conto del pittore Massa
per giornate n° 6 1/2 a Massa per fingere le finestre osia dipingere le finestre
cioé i vetri a £ 5
per giornate n° 7 de figli a soldi 50 £ 17.10
Arredi lignei
Nella finitura di arredi lignei troviamo la preparazione con gesso, colla e biacca,
inoltre acqua di rasa servita per gli scambeloti e comod; uno stesso pittore, Gian
Agostino Favale, dipinge sia stucchi sia arredi lignei (ad esempio tre sedie giallo e
cremisi e vernice). Nei conti si trovano varie cose come:
1757 a 2 ottobre, due conti di pittura mobili in cui:
filettato alcuni bouquet di fiori ad un tavolino per la sala a manger £ 8
sedie di canna dipinte con vernice
due tavolini per il salone del billard con ispesa di biacca e di colori £ 30
1758 29 agosto Conto di pitture diverse per diversi accomodi e bagno
colla
£ 0.6.8
gesso
£ 0.2
biacha He 4 trà il piede del letto e stuchi (soprascritto studino)
£ 1.8.
terra verde oz 8
£ 0.18.
biadetto oz 1/2
£ 0.6.
azuro
£ 0.10
oglio di noce oz 10
£ 0.10
lacca fina
£ 0.6
giardolino di Fiandra oz 3
£ 0.12
verde eterno
£ 0.12
gomma
£ 0.4
vernice oz 8
£ 1.15.4
Sovraporta
Nella villa sono stati realizzati molti sovraporta, dei quali sedici sono stati dipinti
dal signor abate Giolfi pel piano superiore: 4 rossi, 4 turchini, due gialli, due verdi, 4 a
olio con vernice, lo stesso autore ne realizza sei verde e cremesi per l'appartamento
del billard.
Ma anche il signor Favale, pittore anche di mobili, ne dipinge alcuni alla cinese,
con 25 1/2 palmi di tela e capiccinola per montare le carte, nonché altri in gabinetti,
camere, bagni.
Colori in cantiere pag. 33
I più importanti sono quelli dipinti a fresco dal Signor Giacomo Bona che ha fatto
la spesa dell'imprimitura avendoci però dato la tela, per zecchini 110 del Papa a £ 13.2
£ 1441, si tratta degli otto sopraporti della sala grande.
Vengono utilizzati diversi tipi di tela, trattata con un'imprimitura e una stiratura
della tela sovra i telari, sono citate la tela di Milano, un'altra più stretta, la tela Roano e
la tela per le carte cinesi.
Nell'appartamento lillà e giallo sembra che già poco dopo la sua ultimazione sono
necessari dei raccomodi, potrebbe essere a causa di una modifica in corso d'opera che
riguarda l'ampliamento delle porte o della loro decorazione, comunque si tratta di un
aumento delle dimensioni, infatti vengono acquistati palmi 56 di tela per fodera e giunta
de' 4 sopraporte, conseguentemente viene eseguita la loro imprimitura e poi stiratura
per poterli aggiungere, infine deve intervenire il signor abate Giolfi con giunte anche
nelle figure a £ 20 per ognuno.
Anche nel 1763 occorre intervenire su sei sovraporte, quattro nell'appartamento
della signora Manin e due in quello del signor Giacomo, per essi vengono usati verde
eterno, biacca, cinapro e rosso d'Inghilterra.
Nel 1770 vengono posti come sovraporta 4 quadri comprati usati.
Ancora nel 1771 vengono ritoccati due sopraporta significanti due inverni, vi
lavorano un imprimitore per due giornate, che usa palmi 8 1/2 tela, 3 stachette, retagli
di guante, imprimitura, oglio di noce, perché poi si possa realizzare l'accomodo del
pittore Galeotti.
Infine, nel 1773, vengono acquistati due quadri del Canaleto alla Fiaminga per
sopraporti nell'apppartamento in Cornigliano delle tele dipinte al primo piano terreno
Carte cinesi
Per mettere in opera le carte della cina vengono costruiti dei telai probabilmente
di arbora, e si usano tele come supporto per la messa in opera, poi si incollano. Nello
stesso conto vengono dette "cinesi" e "d'indie".
1755 a' 22 ottobre Conto di incollare 10 carte cinesi
Per 10 carte d'indie incollate a £ 3
£ 30
Architettura a Genova nel Settecento p. 1
6. Architettura a Genova nel Settecento
contesto generale
Conseguenza di un periodo di florida economia è per Genova un palese
manifestarsi nell'architettura della città della disponibilità finanziaria dei committenti,
così come delle sfumature del commercio e degli affari che a tale economia sono
legati.
Per ogni periodo si sono verificati rinnovamenti visibili, spesso ancora oggi
decifrabili, di questa attitudine pratica di
rispondere con edifici adatti a esigenze
concrete.
L'edificio adatto, però, non è qui da intendersi quello in cui una forma ottimale è
stata realizzata con materiali quasi indifferenti, ma quello ottenuto dall'equilibrio
sapiente fra usi, spazi e qualità costruttiva.
Così è stato per la casa mercantile durante il medioevo e per il palazzo nobiliare
nel Cinque-Seicento, con l'organizzazione parallela del complesso delle strutture
pubbliche (magazzini, acquedotto, Loggia di Banchi, Palazzo Ducale…) e degli sviluppi
degli edifici religiosi, sia nella gara per arricchire le chiese di cappelle gentilizie, sia
nelle continue migliorie ai conventi dove spesso andavano a vivere i cadetti nobili.
Così continua il rapporto tra economia ed architettura nel Settecento in modo
meno strutturale: mentre nei due secoli precedenti la città viene praticamente tutta
ricostruita (su se stessa), ora si assiste ad un livello di attività edilizia ridotto, i cantieri
di grandi interventi sono pochi, le trasformazioni sono di minore portata, rari i palazzi ricostruiti per poche famiglie desiderose di sfoggiare (o saggiare?) la propria ricchezza,
gli ultimi prima della fine della Repubblica…
Ma forse questa potrebbe essere soltanto una vecchia teoria - gli studi sono
appena iniziati - avanzata perché la storiografia1 ha sempre presentato il periodo in cui
maturano moti rivoluzionari come un periodo di decadenza, di debolezza, e che questo
si manifesti in ogni aspetto della vita cittadina: più incertezza dal punto di vista delle
sicurezze, quasi un secolo dei lumi poco luminoso.
Proviamo allora a raccogliere qualche dato in più, per provare la solidità di questa
ipotesi.
Architettura a Genova nel Settecento p. 2
L'impressione che si ricava dalle lettura delle nuove acquisizioni degli storici2 è
che anche dal loro punto di vista molto sia da rivedere e che questo processo, da poco
avviato, possa portare a nuovi modi di considerare il Settecento genovese e i suoi
protagonisti, finora oscurato, spesso ad arte, dagli storici con un effetto da cui oggi
occorre forse affrancarsi:3
Lʼidea di «decadenza» dei patriziati italiani nel Settecento è stata ricalcata
sui giudizi dei Voyages di Montesquieu e estesa a tutte le repubbliche e le
piccole monarchie, e in modo ancor più acritico alla Repubblica genovese.
La storia politica della Repubblica di Genova ha accettato come naturale una
cronologia lunga che tra il XV e il XVIII secolo vedrebbe le seguenti
scansioni: conflitti di fazione, riforma di Andrea Doria e secolo dʼoro,
repubblica oligarchica e poi inesorabile declino. Lʼidea è caratteristica per
lʼappunto dellʼinterpretazione politica (più che della storia economica); e né le
famiglie patrizie né la cultura sociale degli aristocratici dipinti da Magnasco
sono state oggetto di studio. Ma non cʼè ovviamente alcun legame
necessario tra la storia politica generale e la storia delle ascese e dei declini
delle famiglie. Per alcune famiglie genovesi il Settecento è il secolo
dellʼapogeo; certamente lo è per i Durazzo.
La posizione della Repubblica genovese nei confronti della politica internazionale
si modificò nel corso del Settecento, in modo da poter continuare a tessere favorevoli
rapporti economici, ma con risvolti insolitamente audaci, con l'entrata in guerra contro
l'Austria.
Per quasi due secoli la repubblica era stata inserita in un circuito politicofinanziario coerente, quello spagnolo, che sommava ad un sistema di
protezione militare un rapporto di simbiosi economica. Alla fine del '600,
però, questo sistema non esisteva più. La Francia semmai, poteva offrire
occasioni di rilancio armatoriale, con la copertura del suo commercio durante
la guerra della lega d'Augusta, e di investimenti finanziari.4
Poco importa che dopo il bombardamento del 1684 il re di Francia fosse stato
considerato nel peggiore dei modi, perché già nel 1736, nel corso del dibattito attorno
1
In C. BITOSSI, "La repubblica è vecchia" patriziato e governo a Genova nel secondo
Settecento, Roma 1995, all'Introduzione, si narra e commenta il percorso degli studi otto e
novecenteschi sul periodo.
2 Cfr, ad esempio, i diversi contributi in Genova, 1746: Una città di antico regime tra
guerra e rivolta, in "Quaderni franzoniani", anno XI, n 2, Genova 1998, C. BITOSSI, "La
repubblica è vecchia"… cit., oltre ai più recente O. R AGGIO, Storia di una passione, Venezia
2000.
3 O. RAGGIO , Storia di una passione, cit., p. 10.
4 C. BITOSSI, Il ceto dirigente della Repubblica alla vigilia della guerra di Successione
austriaca, in Genova, 1746: Una città… cit., p. 31.
Architettura a Genova nel Settecento p. 3
alla Corsica, emerse un primo, rilevante, intervento a favore della Francia come
alleata. 5
Qualche problema con l'Inghilterra e poi la crescente pressione dei Savoia
contribuirono a formare il nuovo quadro, dominato dalla "presenza politica e militare
dell'imperatore" ai confini della Repubblica.
L'acquisto del marchesato di Finale e i problemi suscitati dalla ribellione in
Corsica furono i principali argomenti di discussione della prima metà del Settecento in
seno ai Consigli dei Magnifici; intrecciate a queste questioni vi sono, ovviamente, i
diversi pareri attorno alla convenienza delle alleanze.
L'aristocrazia genovese di metà Settecento si rivolse ai mercati esteri e,
cautamente, la sua finanza poté espandersi.6 "In definitiva i genovesi avevano interessi
un po' dappertutto." E non da poco; oltre alla Francia anche in Spagna e negli stati
austriaci.7
"Le famiglie del patriziato genovese nel corso del primo quarantennio del secolo
furono poco più di 150." E fu molto basso il numero degli ascritti nel periodo, che,
tenendo anche conto della relativa numerosità delle casate nuove, è indicativo di una
crisi demografica notevole. Inoltre ben 54 erano i nuclei fiscali che nel 1738 erano
esenti perché residenti stabilmente fuori città: a Roma, a Palermo, a Napoli e in
Spagna.
"Caratteristico del '700 fu il sommarsi del frequente rifiuto delle cariche anche più
prestigiose da parte dei grandi, e della caccia all'incarico da parte dei nobili di secondo
piano."8 D'altro canto i milionari erano in maggioranza nuovi.
Il ceto dirigente che si divise sull'entrata in guerra era un gruppo sociale
invecchiato come non mai. I sessantenni che si confrontavano in
Consiglietto e nelle Giunte erano personaggi che avevano iniziato il cursus
honorum negli anni dell'acquisto del Finale e del dispiegamento di ambizioni
di rilancio mercantile e di espansione territoriale che avevano caratterizzato
gli anni '10 e i primi anni '20: senza voler azzardare esercizi di psicologia
storica, si può forse ricondurre a quelle esperienze formative della loro
cultura politica la disposizione a combattere, nel 1745, per difendere un
acquisto a suo tempo salutato come un grande successo diplomatico e la
premessa di ulteriori successi a venire.9
5
C. BITOSSI, Il ceto dirigente… cit..
G. FELLONI, Genova e la contribuzione di guerra all'Austria nel 1746: dall'emergenza
finanziaria alle riforme di struttura, in Genova, 1746: Una città… cit.,
7 C. BITOSSI, Il ceto dirigente … cit., p. 37.
8 C. BITOSSI, Il ceto dirigente… cit., pp 42ss.
9 C. BITOSSI, Il ceto dirigente… cit., p. 43.
6
Architettura a Genova nel Settecento p. 4
Risulta dIfficile dire quali rapporti potessero esserci tra interessi economici e la
posizione assunta nei confronti della politica estera, mentre risulta evidente che sotto
alle varie diatribe c'era una diversa visione di politica interna, particolarmente del ruolo
dello stato; 10 comunque i genovesi affrontarono con vivacità la questione tanto da
propendere per l'idea di non rimanere neutrali in guerra, fatto molto insolito per la storia
della repubblica.
Questi eventi bellici di metà secolo provocarono però una grave crisi economica
dovuta all'esborso di una "contribuzione di guerra", così alta da essere una forma di
ritorsione, ma per farvi fronte vennero escogitati sistemi così efficaci e innovativi che
potrebbero essere applicati ancora oggi.11
Inoltre il peso sui cittadini non fu poi così grave: "l'aumento delle imposte non
sembra eccessivo: il prezzo della carne è aggravato solo del 10% (e ciò non impedisce
ai genovesi del Settecento di consumare ogni anno una quantità di carne superiore a
quella degli italiani nel tardo Ottocento: kg 5,7 contro 4,7); la nuova imposta sugli
immobili introdotta nel 1751 li colpisce con un'aliquota del 2 per mille del valore capitale
(molto meno dell'odierna ICI); la trattenuta sugli interessi del debito pubblico varia dal
10 all'11,25 % (oggi, per i titoli emessi in Italia dal 1992 in poi, è del 12,5%)."12
"Nel quadro politico istituzionale del Settecento italiano la fisionomia della
Repubblica di Genova è indubbiamente anomala." Sia per la forma politica con cui si
regge, sia per condizioni di vita della popolazione, migliori che altrove, sia per il clima di
libertà.13 Allora "una generale resistenza al nuovo" potrebbe essere giustificata: perché
cambiare un sistema che funziona?
Ancora di fronte alla fine questa fiducia non si perde:14
La caduta della repubblica genovese non fu l'irrecusabile corollario di una
grave senescenza. Le manifestazioni di vitalità e la repugnanza alla
rassegnazione acquistano un crescente vigore con il crescere del rischio. Gli
uomini posti a capo delle massime magistrature credono nelle loro risorse…
E per quanto riguarda la presunta debolezza dello stato a favore del potere dei
"particolari" questa è sempre stata la forza della politica genovese, una sorta di
sussidiarietà ante litteram.
10
C. BITOSSI, Il ceto dirigente … cit., pp 46ss.
G. FELLONI, Genova e la contribuzione… cit., p. 13.
12 G. FELLONI, Genova e la contribuzione… cit., p. 13.
13 E. DE NEGRI, Edifici pubblici nel Settecento genovese, in "L'edilizia pubblica nell'età
dell'illuminismo", a cura di Giogio Simonicini, Firenze 2000, pp. 407-438.
14 G. GIACCHERO, Economia e società del settecento genovese, Genova 1973, p. 421.
11
Architettura a Genova nel Settecento p. 5
Vero è che, a lungo andare, la mancanza della progettazione di quelle che oggi
chiamiamo infrastrutture causa arretratezza rispetto ad altre regioni. E che le industrie,
in città o nell'entroterra si conservano a lungo a scala molto piccola, spesso familiare.
"Il funzionamento della città cambierà solo con l'introduzione di manifatture o di attività
pubbliche in ex conventi, ma a Genova questo avverrà solo dopo il 1797."15
Un quadro particolarmente vivido dell'atmosfera che si viveva in città lo hanno
lasciato i diari dei viaggiatori stranieri.16 Particolarmente interessati agli sviluppi e alle
forme del commercio, nonché alla politica, spesso lodavano le opere d'arte,
l'architettura, la natura ma mostravano anche apertamente la loro ostilità per le
persone, esprimendo pareri filtrati dai loro pregiudizi, invidie, sospetti; altre volte erano
poco o male informati e scrivevano travisando la realtà.
Mentre un punto di vista particolarmente efficace sulla vita secolare di una
famiglia nobile lo si ha osservando i Brignole Sale attraverso i loro conti;17 da essi
ci si rende conto di come in quest'epoca si moltiplichino le occasioni di
eleganza e di fasto: ricevimenti, matrimoni, elezioni dogali, ambasciate,
viaggi nel contesto di una generica ripresa che sembra caratterizzare
l'economia genovese alla metà del Settecento.18
Abbiamo detto come la nobiltà (ma non solo quella - l'importanza dei ceti
mercantile e professionale è ancora da approfondire, così come le 'istanze plebee'19)
ha rapporti di affari ad un raggio geografico molto ampio, ma ha anche interessi
culturali molto vari. Vediamo qualche esempio.
Nicolò Maria Pallavicini, colui che fece costruire il teatro di S. Agostino, era stato
accolto nel 1692 nell'Accademia Romana.20
Gio Luca Pallavicini, il finanziatore dell'ospedale, prima ambasciatore della
repubblica a Vienna, poi governatore del Ducato di Milano dal 1746 si stabilirà a
Bologna dal 1753.21
15
E. DE NEGRI, Edifici pubblici … cit..
Cfr ad esempio V. AMOROSO, Viaggiatori stranieri in Liguria, Genova 1988, e i
commenti in C. BITOSSI, Il ceto dirigente cit..
17 Lo ha fatto in modo esauriente L. TAGLIAFERRO, in La magnificenza privata, Genova
1995
18 L. TAGLIAFERRO, in La magnificenza… cit., p. 29.
19 C. BITOSSI, Il ceto dirigente… cit., p. 55.
20 E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit.., a nota 38 riporta la notizia data in A. F. IVALDI,
Divagazioni sui Durazzo mecenati di prestigio, in ASLSP, 1979, I , pp 315-331.
21 E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit.., n. 51.
16
Architettura a Genova nel Settecento p. 6
Giacomo Filippo III Durazzo, "erede universale nel 1787 di una grande famiglia di
origine artigiana", ma ormai di preminenza sociale ed economica, ha una serie di
interessi culturali e collezionistici rilevanti a livello europeo, formati attraverso viaggi e
consolidati a Genova, anche nella villa che costituisce un oggetto del presente studio.
È ad esempio uno dei fondatori dell'Accademia Ligustica di Belle Arti. Suo zio
Giacomo, che lo ha ospitato tra il 1754 e il 55, era direttore di teatri a Vienna.
Nella seconda metà del '700 i rapporti tra Genova e la Francia si fanno
sempre più frequenti, non più soltanto sotto un profilo di carattere economico
e politico, ma culturale. Lo attestano le soste frequenti a Genova dei
voyageurs e le loro relazioni, spesso entusiastiche, sulla città e le sue
bellezze. (…) Del resto, cenacolo di relazioni culturali con la Francia fu la
casa di Agostino Lomellini, doge della repubblica dal 1760 al 1762. Lo
stesso Lomellini, sotto il nome di Nemillo Caramicio, tradusse e pubblicò a
Genova nel 1765 L'arte della pittura del signor di Watellet dell'Accademia
francese, apparso a Parigi nel 1760 e ad Amsterdam nel 1761.22
Verso la fine del secolo (nel 1784), nel corso di una discussione attorno ai
problemi dell'arte dei lanieri sui telai per calzette, una citazione dell'Enciclopedia (e di
un dizionario del Chambers) fa capire come questa fosse riferimento corrente per una
conoscenza oggettiva.23
Un dato marginale ma significativo di questa apertura all'esterno viene dai
lampadari acquistati per palazzo Brignole (Rosso): essi provengono da Roma, Milano,
Venezia e Vienna, già a partire dalla fine del Seicento.24
Questa ricerca non può certo pretendere di rispondere fino in fondo alla domanda
se sia da rivedere il luogo comune della decadenza, ma può contribuire, da un punto di
vista particolare quanto è quello della materia di cui son fatte certe parti d'architettura e
del modo in cui sono fatte, a delineare le caratteristiche di un periodo la cui
conoscenza è senz'altro lacunosa. Ci si accorge peraltro di quanto pesi questa
mancanza nella storia del costruire osservando i documenti ottocenteschi, in cui
persiste la cultura materiale del secolo precedente.25
22
E. GAVAZZA, Apporti "lombardi" alla decorazione a stucco tra '600 e '700 a Genova, in
Arte e artisti dei laghi lombardi II, Gli stuccatori dal barocco al rococò, a cura di E. Arslan, Como
1961, nota 52, p. 70.
23 F. FABBRI, Il mondo del lavoro a Genova nel XVIII secolo: tracce per una lettura
attraverso suppliche, denunce anonime, missive, in Genova, 1746: Una città… cit., p. 25.
24 L. TAGLIAFERRO, in La magnificenza… cit., p. 88.
25 Valga, solo a titolo di esempio, il contenuto di: Città di Genova, Ufficio dei lavori
pubblici, Capitolato speciale per l'appalto della manutenzione ordinaria quinquennale degli
Architettura a Genova nel Settecento p. 7
arte, arredo, architetti
Volendo approfondire il discorso su ciò che di più tipico in architettura appartiene
al Settecento, ovvero sulle finiture, è opportuno rivolgersi ai punti di vista storicoartistico e dell'arredo; ciò anche considerando che, fin dal primo 700, la decorazione
veniva impostata come un gioco di
scambi
tra
realtà
(partecipazione
e
alla
finzione
scena,
continuità dell'azione tra materiali e
supporti diversi) nonché una certa
realtà veniva vissuta come una
finzione, 'un vero e proprio copione
da recitare'. 26
Nelle decorazioni tratte da
fonti letterarie coeve e da mitologia
e
storia
classica
si
ricerca
un'estrema raffinatezza,27 fondata Disegno di Gregorio Petondi riportato da A. GONZÀLEZPALACIOS, Il mobile in Liguria, Genova 1996, pp 198-9
su uno studio dell'arte romana,
preferibilmente diretto.28
Particolarmente utile per i raffronti possibili con Palazzo Reale è il seguente
commento ad un disegno di Petondi:
Per il terzo quarto del 700 non abbiamo dati certi nè opere di arredo che
consentano di stabilire una cronologia convincente. Il disegno (…) recava sul
retro una scritta col nome di Gregorio Petondi e la data 1770. Si tratta di un
architetto genovese sul quale ci sono relativamente poche notizie. L'Alizeri e
altri eruditi locali ricordano un suo intervento del 1772 nel progetto per la
Strada di Santa Caterina, un altro nel 1778 per quello della Via Novissima
(oggi via Cairoli), certe modifiche e aggiunte a Palazzo Balbi del 1780, un
concorso per il Palazzo Ducale in cui lo precedette Simone Cantoni. Ora si
tratta del progetto per una parete che segue la qualifica che l'Alizeri dà
dell'architetto, "docile al curvo"; in esso una serie di scritte deve essere letta
prima di ogni commento.
stabili di proprietà o di uso del Municipio di Genova o per cui incombe al Municipio di Genova di
sopportare o di anticipare in tutto od in parte la spesa, Genova Pagano 1882.
26 L. PICCINNO, Domenico Parodi e la colonia ligustica dell'Arcadia, in Antichità viva,
anno XXXIV, nn 1-2, FIrenze 1995, p.62.
27 Cfr L. PICCINNO, Domenico Parodi… cit..
28 F. FRANCHINI GUELFI, Il Settecento. Theatrum sacrum e magnifico apparato, in La
scultura a Genova e in Liguria, Genova 1988, p. 219.
Architettura a Genova nel Settecento p. 8
In alto: Alla Testa della Galeria dove sono due balconi vi andrà un Tremò
framezzo del suo Tavolino; Non si sono introdotte figure negl'ornati per non
essere più di moda.
Sullo specchio: La metà, ossia mezzo della Galeria; Tremò col suo camino
di sotto disegnati a due [visi]29 per sciegliere quel che più piacerà; Camino.
Accanto: Lesena fra il Tremò ed il Panò di stucco.
A fianco: Panò di damasco ossia di stucco.
A destra: Lesena.
In basso: Tavolino sotto la Lesena.
In alto: Altro Panò. Lesena.
A destra in alto: In questa fondi Xtalli, al di sotto: Sovraporta o di pittura o di
stucco fatto a due … per sciegliere quel che più piacerà; e Xtalli; Porta.
In basso, accanto alla scala numerica: di Genova
(…) Nel 1770 le figure intagliate non erano più di moda e infatti il tavolino
disegnato dal Petondi non ne ha come non ne hanno quelli qui illustrati a
figure 199 e 200. Ovunque si vede il trionfo dell'asimmetria30 e un gusto per
l'ornato astratto o a leggeri motivi floreali." Si osserva l'uso di termini
francesi; "la maggior parte delle opere incluse in questo capitoletto, e nelle
quali la figura appare rarissimamente, sembrano rifarsi a prototipi francesi
[degli anni 30] per quanto conservino alcune caratteristiche affatto liguri.31
Quando, più oltre, l'autore si chiede quali siano le fonti per la tipologia dei mobili
settecenteschi visti, apprendiamo che ne arrivano negli anni '20 dall'Inghilterra per Gio
Francesco Durazzo, nel 1739 dallo scagnettiere Andrea Svarkz tedesco per i Brignole
Sale, altri arrivano da Roma, ma "ancor più inconfutabile sarà il rapporto con
l'ebanisteria francese che verrà via via indicato. Genova, diventata verso a metà del
secolo un vero crogiolo internazionale, finisce proprio per questo con l'attutire la propria
personalità." Fino a subire persino influenze olandesi.32
Occorre ancora ricordare che, verso la fine del secolo, emergono alcune
personalità famose a Genova e anche all'estero. Questo fenomeno resta fuori dal
contenuto della presente ricerca, perché costituisce un nuovo momento di cambio, che
richiederà approfondimenti suoi particolari, e diventa perciò il limite temporale più
recente del lavoro.
"Il 16 dicembre 1771 l'architetto parigino Charles De Wailly (1730-1798) scrive da
Genova" che aveva conosciuto il marchese Cristoforo Spinola (ambasciatore di
29
Dichiarato illeggibile dallo studioso, si tratta di un disegno appositamente non
simmetrico per presentare più possibili decorazioni contemporaneamente. Ritengo inoltre si
intenda scala metrica e non numerica.
30 Più che per una ricercata asimmetria il disegno si presenta così perché costiutisce uan
abse compositiva da applicare a qualsiasi situazione spaziale.
31 A. GONZÀLEZ-PALACIOS, Il mobile in Liguria, Genova 1996, pp 198-9.
32 A. GONZÀLEZ-PALACIOS, Il mobile … cit., p. 237 e pp 275ss.
Architettura a Genova nel Settecento p. 9
Genova a Parigi dove faceva affari anche per i Durazzo) che stava facendo restaurare
un grande palazzo e che, a fronte della sua critica perché demoliva alcune volte
antiche, gli aveva dato incarico di decorare un salone. (Già dal 1770 vi lavoravano
Andrea Tagliafichi (1729-1811) e, sotto di lui, Gaetano Cantoni (1743- post1827);33
mentre il padre Pietro aveva lavorato per i Brignole nel periodo 1740-45.)
Consegnò i disegni, fatti a Roma, nel 1772 e il progetto fu eseguito sotto la
direzione di Tagliafichi, con l'occasione i due divennero fraterni amici.
La volta fu dipinta da A-F Callet, le cariatidi e i bassorilievi furono scolpiti da J-P
de Beuvais, entrambi premiatissimi in Francia.
"Nel Salon del 1773 De Wailly espose a Parigi i suoi magnifici disegni e da allora
fino alla sua distruzione sotto le bombe nell'ottore del 1942 quella solenne aula venne
chiamata la reggia del Sole."34
Tagliafichi andò a Parigi nel '74 e curò gli acquisti dello Spinola. Nel '79,
stranamente, Spinola vendette a Serra il palazzo. Tagliafichi continuò la collaborazione
col Serra, anche per la villa a Cornigliano. Inoltre lavorò per la famosa scala del
palazzo Durazzo Pallavicini (in via Balbi, 1780), ma ormai si trattava di un gusto
completamente diverso.
Significativo del clima di fine secolo sono questi discorsi tra i Cantoni (Gaetano e
Simone) e di Tagliafichi: "Gaetano lavora al Palazzo Ducale fra il '78 e l'83 ed è collega
33
Fratello di Simone, attivo a Milano, e zio di PL Fontana, il progettista del restauro di
palazzo Ducale, cfr E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit..
34 A. GONZÀLEZ-PALACIOS, Il mobile … cit., pp 295ss.
Architettura a Genova nel Settecento p. 10
del Barabino alla Scuola di Architettura, occupandosi di ornato. Allora è pure buon
amico del Tagliafichi e nel febbraio del 1771 scrive a Simone di un progettato Saggio
delle Decorazioni 'che a disinganno di questa nobiltà abbiamo io e il sig. Tagliafico
meditato di pubblicare anonimamente. potete immaginarvi lo schiamazzo de' Stuccatori
quando vedranno dovere finalmente soccombere col diletto loro Barrocco la libertà che
avevano di operare a loro talento.' Quanto egli dice è del tutto lecito se si pensa che
nel 1770 ciò che imperava ancora a Genova era un pretto rococò come dimostra il
disegno di Petondi da noi illustrato. Poco prima, il 23 luglio 1769, Andrea Tagliafichi
aveva scritto a Simone: 'immaginatevi se io posso essere in stato a poter introdurre un
miglior gusto d'architettura in questa città, e far abbattere il cattivo di Barocchi e
Roncaglie e confusioni che con profusione di denaro questi signori studiano
d'abelire.' 35
Questo ritardo del gusto sembra appartenere anche agli arredi mobili: infatti di
solito si ritiene che in Francia i mobili Luigi XV siano del secondo quarto del '700
mentre a Genova del terzo quarto.36 Anche se già "sul finire del Seicento e agli inizi del
secolo successivo Genova sembra risentire la cadenza dei francesi nel proprio
linguaggio formale. I rapporti con Parigi sono tormentosi e persin tragici eppure è
innegabile che fra i molti modelli di tavoli parietali liguri si senta la conoscenza di
prototipi d'oltralpe forse attraverso stampe e disegni per non dire viaggi e soggiorni."37
gli 'ultimi' palazzi, le opere pubbliche e l'edilizia da reddito
Si parla, per il Settecento, di operazioni di restyling, ovvero di adeguamento di
edifici già esistenti, lasciati pressocché intatti nella struttura.
Se nel campo della decorazione degli interni Genova, come si è accennato,
occupa un posto di primo piano, nel settore specificamente architettonico si
ha una produzione qualificata ma non vastissima. Ciò forse perché la grande
aristocrazia finanziaria, ormai da tempo costruite le proprie dimore, si
orientava massimamente al loro rammodernamento.38
35
G. MARTINOLA, L'architetto Simone Cantoni (1739-1818), Bellinzona 1950, citato in A.
GONZÀLEZ-PALACIOS, Il mobile … cit., pp 300ss.
36 A. GONZÀLEZ-PALACIOS, Il mobile … cit., p. 214.
37 A. GONZÀLEZ-PALACIOS, Il mobile … cit., p. 134.
38 L'architettura nella Repubblica di Genova, pp 238-9.
Architettura a Genova nel Settecento p. 11
Tuttavia manca una casistica esauriente che potrebbe essere svolta a partire
dagli edifici già segnalati come toccati da questo fenomeno, a cui applicare analisi
come quelle svolte nella presente tesi.
Parte importante dell'attività edilizia sono poi le opere pubbliche, di varia portata,
come nel caso dei forni per il pane, che occorre spostare per ingrandire il porto franco.
Vengono realizzati tra il 1727 e il 1734 dopo una decina d'anni di progetti e
discussioni, a cui partecipano gli architetti più vicini alla magistratura dei Padri del
Comune, come al solito.39
Un paio d'anni dopo si incomincia a realizzare il nuovo porto franco, fino al 1741
da cui si parte per la ristrutturazione dei magazzini seicenteschi. Gli edifici non sono
solo dipinti con motivi prospettici, ma vi sono anche presenti scene figurati di Lorenzo
de Ferrari "pittore di grande fama al momento conclusivo della sua carriera."40
A partire dal 1747 (l'anno successivo alle sconfitte militari) si procede inoltre al
rinforzo delle fortificazioni e alla realizzazione di nuovi forti, affidando i progetti agli
ingegneri militari francesi Pier Paul de Cotte e Jaques de Sicre, e la direzione lavori a
nomi locali (sempre di provenienza antelamica).
Grande opera di iniziativa privata ma di utilità pubblica è l'ampliamento
dell'Ospedale di Pammatone realizzato tra il 1758 e il 1773, con lo stesso capo d'opera
della villa Durazzo a Cornigliano, Andrea Orsolino, qui anche progettista, anche se
questo edificio - anche per la sua funzione e per l'economia di realizzazione - non
sembra presentare alcuna delle caratteristiche di novità e raffinatezza di quella, a cui è
posteriore. 41
Altre iniziative, di "nobili nuovi che vogliono imporsi anche visivamente alla città"
sono quelle dell'apertura, a inizio secolo, di ben tre teatri (Sant'Agostino, Falcone e
Vigne) su progetti così all'avanguardia da essere stati attribuiti, seppur per ipotesi, ai
più grandi nomi di architetti italiani dell'epoca.42
Nel 1751 viene fondata l'Accademia Ligustica, nel 1757 Paolo Gerolamo
Franzone fonda la prima biblioteca pubblica genovese, celebre da subito anche per il
39
E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit..
E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit..
41 E. DE NEGRI, Il sestiere di Portoria: la fisionomia architettonica e gli interventi
dell'Ospedale di Pammatone e del Seminario. in Genova, 1746: Una città… cit..
42 E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit..
40
Architettura a Genova nel Settecento p. 12
lungo orario di apertura, a cui presto se ne aggiungono altre due. Tra il 1763 e il 1771
viene costruito il Conservatorio Fieschi, ovvero una scuola per laici.43
La più celebre delle opere pubbliche settecentesche è senz'altro il restauro di
palazzo Ducale, dopo l'incendio del 1777; risolto con soluzioni originali entro riferimenti
francesi, e pagato da fondi pubblici e privati; ultimato nel 1783 verrà usato dal governo
genovese solo fino alla caduta della Repubblica.44
Un motivo di sviluppo di attività edilizie lo hanno dato, alla fine del Seicento, i
danni causati dalle bombe incendiarie francesi, specialmente nella zona della collina di
Castello fino a Banchi. 45 Qui (e da qui) ha trovato modo di concretizzarsi sia con
operazioni di vera e propria destinazione a reddito, sia con nello sviluppo di temi
costruttivi appropriati all'uso, come le scale doppie, che servono appartamenti
sovrapposti senza incontrarsi mai, la flessibilità plano-altimetrica delle abitazioni, per
offrire maggiori possibilità d'uso, anche con commistione di funzioni nello stesso
edificio e per meglio adattarsi alle complesse preesistenze, ed
infine la diffusione
dell'uso del duplex.46
Attorno alla realizzazione, a fine Seicento, dello stradone S. Agostino, (ma non
solo lì) sono specialmente committenze religiose quelle che intrapredono operazioni
volte al recupero di immobili da reddito; ma oltre a queste si sviluppa "una nuova
classe di operatori", specialmente commercianti, in grado di effettuare lo stesso genere
di committenza, nonché emergono, in particolare i Ricca, "progettisti da reddito".47
D'altro lato un primo spoglio documentario ha già lasciato intendere "una
generale vivacità della classe imprenditoriale."48
Dal quadro tracciato non sembra quindi trascurabile né l'iniziativa pubblica, né
quella privata ma di pubblico godimento, perlomeno non sembra indicativa di una città
decadente.
43
E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit..
E. DE NEGRI, Edifici pubblici cit..
45 Cfr Il bombardamento di Genova del 1684, Atti della giornata di studio nel terzo
centenario (Genova 21 giugno 1984), Genova 1988.
46 N. DE MARI, Edilizia e architettura nella ricostruzione della città, in Genova, 1746: Una
città… cit..
47 N. DE MARI, Edilizia da reddito a Genova dopo il 1684: l'area di Castello e il ruolo dei
Ricca nella ricostruzione della città (1690ca-1740ca), in riv. Palladio 15, 1995, spec. p. 79 e p
86.
48 N. DE MARI, Edilizia e architettura… cit., p. 317.
44
Architettura a Genova nel Settecento p. 13
questioni di stile e di gusto
Ma anche di comodità! La sostituzione delle finestre a piombi con quelle con
cornici alla francese può essere intesa come una questione di moda, ma senz'altro ha
un risvolto molto pratico nella resa di luce e di solidità.
Una prima osservazione, svolta a partire dai documenti letti, è che si nota una
forte divisione organizzativa in "appartamenti" di quei palazzi le cui caratteristiche, solo
un secolo prima, sarebbero state fortemente unitarie; ciò non da un punto di vista
formale, forse, quanto sotto il profilo del reddito.
Anche nel secolo precedente avveniva questo fenomeno, magari con la
abitazione in un palazzo di più nuclei della stessa famiglia, ma indubbiamente l'edificio
era progettato come residenza complessa ma unica, con tutti gli spazi, anche
sovrabbondanti, concepiti come gli opportuni accessori di una macchina per compiere
un dovere sociale. 49
Una seconda osservazione, tratta come visto dalle indicazioni dei primi studi
svolti sull'architettura del periodo, è lo sviluppo di un'architettura da reddito a livello
dell'edilizia diffusa. Anche in questo caso, l'appartamento, come oggi lo intendiamo
come parte di un immobile unico, era già presente nel Seicento, come presente era il
condominio o l'edificio da reddito, 50 ma qui si tratta di progettare qualcosa di
particolarmente adatto alla bisogna, con velleità di ricerca architettonica. 51
Si osserva infine che gli spazi più curati secondo il gusto più moderno sono
spesso le mezz'arie, che sono i luoghi dove risiedono i proprietari del palazzo. Nelle
sale già decorate nei secoli precedenti spesso non si interviene, o solo marginalmente,
anche per rispetto della storia della famiglia o per riconoscimento del valore dell'arte.52
Significativo di questo rispetto è il crescere di un moda del restauro di quadri e
della loro collocazione secondo i criteri del nuovo gusto ornamentale.
La natura delle operazioni rese spesso necessario lʼintervento di
“restauratori” i quali, conformandosi ai gusti della committenza, ebbero il
49
Cfr L. GROSSI BIANCHI, Palazzi del XVI e XVII secolo nella Genova dei cauggi, in
Argomenti di architettura genovese tra XVI e XVII secolo, Istituto di progettazione, Facoltà di
Architettura di Genova, 1995, p. 12.
50 Tutti casi riscontrati nel corso delle ricerche interuniversitarie di cui alla nota 1 del cap.
1.
51 Cfr § Gli 'ultimi' palazzi, le opere pubbliche e l'edilizia da reddito.
52 Cfr, ad esempio l'intervento di Maddalena Spinola, in G. ROTONDI TERMINIELLO, La
dimora dell'aristocrazia, in E. GAVAZZA - VAZZAGNANI, Pittura e decorazione a genova e in
Liguria nel Settecento, Genova 2000, p. 228.
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compito di adattare i quadri al contesto decorativo nuovo, operando
ingrandimenti, tagli, stuccature, ritocchi e ridipinture più o meno estese,
modificando la forma delle sagome, staccando affreschi ed occupandosi del
loro «rinfresco». Riallacciandosi ad una tradizione che a Genova, nel
Seicento, aveva già visto allʼopera artisti noti come Domenico Fiasella,
Gregorio de Ferrari e Domenico Piola, il “raccomodo" dei quadri diventa nel
Settecento lavoro consueto per i pittori vedendo spesso impegnati gli stessi
artefici delle ornamentazioni ad affresco.53
considerazioni conclusive
Abbiamo visto come l'ipotesi della
decadenza generale della città posta
all'inizio del capitolo sia in gran parte da
confutare: se esistono motivi di crisi
esistono parimenti sistemi per farvi
fronte e iniziative per aggiornarsi alla
situazione.
Così succede nei cantieri studiati,
dove le novità sembrano introdotte Gli ovati nel vano scale di palazzo Pallavicino,
senza traumi,
al massimo occorre
con le inferriate a rebesco.
cambiare una modalità di pagamento, o realizzare una forma che serva di modello,
come nel caso delle ringhiere; anche se certamente la solidità dell'esperienza
costruttiva dei maestri fungeva da ottimo terreno per l'innovazione stessa.
Il contesto che si delinea in generale è molto articolato; esiste una grande
interazione di apporti, stimoli, esigenze e situazioni: basti pensare alla varietà di luoghi
di provenienza delle forniture, tanto per restare legati ai dati studiati a fondo, ma anche
al poli… di committenti e operatori (e questa è una delle difficoltà che vive ai bordi del
lavoro, i cui confini continuamente sfuggono).
In questa situazione sembra emergere un ruolo di Genova come crocevia di
novità nel campo delle conoscenze tecniche e dei materiali, che forse qui non solo
giungevano ma si incrociavano per ripartire verso destinazioni altre. Ma occorre
attendere nuovi studi sul Settecento architettonico genovese e lavori sulla diffusione
del sapere empirico per poter costruire confronti significativi in questo senso.
53
Ivi.
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Mentre lo scopo della presente tesi è quello di fondare su basi oggettive la
conoscenza di un periodo architettonico partendo dalla storia del costruire.
Partire dai manufatti significa ripercorrere lo stesso tragitto dei protagonisti:
anche loro sono partiti dalla ricerca della novità; i grandi committenti esprimendone la
richiesta e gli artigiani aggiornando la proprio capacità di interpretare e rispondere
tecnicamente a tale richiesta. In questo quadro, perciò, possono ben inserirsi tutti gli
apporti, di stile, di gusto, ma anche di materiali provenienti dalle più diverse parti, come
abbiamo visto. Solo un'indagine sui rapporti interpersonali potrà chiarire le modalità di
questi meccanismi che si possono qui cogliere nei risultati.
Un simile lavoro fornisce inoltre tutte nuove acquisizioni, se non per il carattere
inedito delle informazioni, per la loro possibilità di utilizzo, la forma rigorosa del loro
riordino, che è adatta alle successive integrazioni e interpretazioni.
La validità dei risultati raggiunti, apparentemente circoscritti a due cantieri e ad
un piano di un edificio, in realtà
può essere estesa ad un orizzonte più generale
proprio per il livello di dettaglio a cui si è giunti: le informazioni raccolte e quelle dedotte
descrivono un cantiere che può essere simile in molti altri casi, applicando le dovute
proporzioni alla scala degli interventi di cui si vorrà interrogarsi.
Inoltre si tratta di esempi significativi a scala cittadina anche per le loro
differenze: dei casi di studio la villa di Cornigliano costituisce la situazione emblematica
perché costruita in una totale libertà dai vincoli del costruito preesistente e perché
pensata per intero, dal nulla.
Palazzo Pallavicini rappresenta un caso di restyling, favorevolmente datato ad
inizio secolo, cioè in un momento che aiuta ad individuare dei limiti cronologici verso il
passato; inoltre si opera con cospicua dovizia di mezzi, cioè non si tratta di edilizia
diffusa, in cui potrebbero persistere attardamenti, ma di evidente sforzo di
aggiornamento (che verrà rinnovato circa trent'anni dopo).
Palazzo Reale è una fonte materiale particolarmente ricca e completa perché, a
causa della sua storia avvenimentale, essa stessa vi si è impressa nei dettagli.
Così in questa tesi è stato possibile, lavorando su fonti scritte e materiali, rendere
conto di una complessità della realtà del cantiere di costruzione e dell'architettura,
altrimenti difficilmente documentabile, e tentare di tradurre in linguaggio parti di sapere
empirico.
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Orizzonti dischiusi
Alla luce delle riflessioni svolte e dei dati raccolti si possono individuare molti
percorsi di ricerca, aperti a partire da questa, sia su alcuni elementi che offrono materia
per un approfondimento, sia allargando gli orizzonti a confronti più larghi, dal livello
locale a quello europeo.
Una prima disamina dei testi tecnici, che proprio nel Settecento tentano di
rispondere al desiderio di rendere il sapere empirico più trasmissibile,
-
le intenzioni di fondo (storia tout-court)
motivi delle scelte - ricerca carteggi
-
il glossario: alcuni termini sono caratteristici solo di quest'epoca?
-
diffusione della domanda qui vista nel fior fiore dellʼélite
sui contratti notarili
-
ricerche simili condotte altrove (es diffusione certi materiali) – problema della
mancanza di studi paralleli
-
cronotipologia serramenti
porte - assenza studi specifici su tecniche decorative e materiali usati
finestre - cronologie
ferramenta - produzione e cronotipi, confronti con fonti a stampa
proposta di metodo per studiare gli strati di una pittura su legno
-
mensiocrono ardesie
in essa aggiungere i testi dei censori
ruolo dell'ardesia rispetto ad altri materiali lapidei, sostitutivo o
indispensabile?
-
pavimenti
analisi e allargamento del campione per chiarire il fenomeno dei battuti
rossi
stucchi - uso di stampi e forme e modo di rendere tutto aggraziato
-
pareti e soffitti - stucchi andrebbe eseguita una campionatura
Architettura a Genova nel Settecento p. 18
La possibilità di vederlo nel dettaglio materico rende possibile porre le basi per
una lettura più approfondita di un periodo tutt'altro che conosciuto, da questo punto di
vista.
in sito sia allargando la ricerca:
le cornici m1, in realtà presentano leggere differenze
delle ante ap9 può essere studiato il modo di essere costruite, che potrebbe
anche avere un significato cronologico
il fenomeno del deposito può essere affrontato con la schedatura di quanto
ancora si trova nel magazzino del palazzo, ad esempio controllando se
dodici ante scuri di legno, corniciato, colorite bigio da una parte e dall'altra
verniciate e dorati di filetti, alta m.i 4.00 appartenenti alle finestre
dell'appartamento Reale
citate nell'inventario del 1844 sono come quelle che ora sono nella Sala del
trono.
La totalità dei pavimenti battuti oggi presenti era già citata nel primo inventario,
l'ipotesi che si tratti degli stessi oggi presenti è rafforzata dalla mancanza di
segnalazione di cambiamenti negli inventari successivi
Mentre le prescrizioni dei capitolati di costruzione (1643-1650) prevedono per la
sala e le stanze adiacenti astreghi batuti rossi de Cinapro, così come per la galleria
Vediamo oggi la base di questi???
Allora cfr capitolo pavi??
Infine si segnala come un problema per questo lavoro sia la mancanza di
possibilità di verifica delle modifiche murarie, che renderebbe significativi dati come: la
stratificazione di cornici dipinte, che a volte suggerisce almeno due fasi, forse tre,
rispetto all'attuale bucatura.
Occorre anche dettagliare la dataz per i simgli elementi, meglio: dalla dataz
globale discende ql per singoli elementi
Il disegno di petondi e le porte
Disegno petondi, data cfr avx
Elenco testi citati o consultati
Aspetti metodologici
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FRANCESCO CERRUTI - LUIGI ANDREA RESTAGNO, Vocabolario della lingua italiana,
Torino 1939
Ringraziamenti
Paolo Bensi, Maria Bibolini, Anna Boato, Marta Calleri, Emmina De Negri, Ezia
Gavazza, Maddalena Giordano, Luciano Grossi Bianchi, Luca Leoncini, Angela
Mambelli, Nerio Marchi. Roberto Santamaria.