La Condizione Della Donna

Introduzione, traduzione italiana con testo latino a fronte a cura di Paola Casali. La donna non è solo “tanto gentile e tanto onesta”. Anche il nostro medioevo, come ogni età e troppe culture, non è immune alla misoginia. La raccolta delle nove favole del maestro Adolfo di Vienna, tramandata con il titolo «Doligamus» (gli inganni delle donne), e pubblicata ora in ebook in traduzione italiana e in latino da Paola Casali, è un testo in versi che si inserisce nel pieno della tradizione misogina, da quella occidentale della commedia latina e degli «exempla» medievali a quella delle raccolte novellistiche orientali, come «Le mille e una notte», fino a giungere a Boccaccio e oltre. Con l’intento dichiarato di mettere in guardia contro la malizia e la scaltrezza femminile, tutte le storielle narrate dipingono la donna, moglie e madre (in particolare delle donne!) secondo il repertorio misogino più classico, indugiando sui particolari anche licenziosi della donna traditrice come Dalila, feroce come Medea, mutevole come Proteo, fonte di tutti i mali e di tutte le disgrazie dell’uomo. L’edizione critica, a cura di Paola Casali, con un puntuale commento e traduzione per ciascuna favola, è stata pubblicata a stampa nel 1997 dalle stesse Edizioni del Galluzzo.

Nell' ambito di un percorso di studio volto ad analizzare il genere del Melodramma nel cinema, l'analisi del film Primo Amore di Garrone, vorrebbe mettere in risalto l'impossibilità di un'evoluzione amorosa generata da un impedimento di natura psicologica o mentale: i protagonisti della relazione, falliscono miseramente nel loro tentativo di impostare un sano rapporto di coppia, completo e soddisfacente, perché impigliati entrambi in un destino di solitudine e patologia.

Partendo dall’etimologia del termine ‘’stupro’’, il cui significato originario potrebbe già darci delle preziose informazioni, sarà opportuno chiedersi: cos’era lo stuprum nell’antica Roma? Veniva punito, tollerato o incoraggiato? Come veniva sfruttato dalla propaganda? Chi erano gli antenati dei moderni stupratori e quante cose avevano in comune con essi?

Lo studio antropologico riguardante la figura femminile nella società sarda risulta piuttosto settoriale, dal momento che gli studiosi hanno analizzato la donna e il suo ruolo nella società a partire principalmente dalla funzione produttiva, economica e lavorativa. Tuttavia, dalla lettura dei numerosi lavori si ha un quadro d'insieme, che presenta i tratti caratteristici femminili, spesso come recessione culturale rispetto alla capacità giuridica sancita dalla Carta de Logu d'Arborea 1 . Si deve notare che il rapporto, emerso dagli studi, lega la figura femminile alla società prevalentemente in ambito redditizio all'interno dell'ambito familiare e domestico, in rapporto con il lavoro e con l'assetto socio-produttivo. E' evidente l'impossibilità di compiere degli studi asettici sulla figura femminile, tuttavia pare importante annotare la visione di "ruolo" con la quale la maggior parte degli antropologi affronta la questione. Il periodo in esame è convenzionalmente racchiuso tra il XIX secolo e la prima metà del XX secolo, in cui il boom economico e tecnologico ha scalzato radicalmente le consuetudini e i sistemi della secolare società pre-tecnologica.

Lo studio presenta la posizione della donna nel medioevo sardo, secondo quanto appare dai testi della Carta de Logu d’Arborea, il Breve di Villa di Chiesa e gli Statuti Sassaresi. I codici offrono uno spaccato interessante e, quanto mai, avvincente della figura femminile, della sua capacità patrimoniale, della possibilità di redigere testamento, della sostanziale parità con gli uomini del suo stesso ceto. Nel confronto tra i vari codici si evince la modernità dei testi meno influenzati dai domini pisani e genovesi, ponendo in rilievo la situazione giudicale come un momento di modernità culturale. La lettura dei testi offre l’opportunità di riscoprire il patrimonio culturale sardo, la freschezza delle normative, la ricchezza del periodo giudicale, troppo spesso dimenticati e sottovalutati. La categoria del “ricordo” e quella del “dialogo” sono i punti nodali intorno ai quali si deve prolungare il lavoro di ricerca e di comprensione della dignità umana e, in questo caso, particolarmente di quella femminile sarda.

L’obiettivo di questa tesi di laurea non è ripercorrere nuovamente la storia della letteratura italiana, né di parlare della condizione della donna, ma esplorare tramite i sentimenti delle donne, il conflitto interiore tra la femminilità e la vita intellettuale: cioé la decisione di una donna intellettuale se dedicarsi al lavoro, oppure alla famiglia, oppure dedicarsi ad entrambe le cose.

INDICE INTRODUZIONE 4 INTRODUZIONE Questo lavoro si è originato dal desiderio di approfondire un caso poco indagato dagli studi di cinema sardo, vale a dire …Con amore, Fabia, pellicola di esordio di Maria Teresa Camoglio, una autrice che ha scelto la Cosima di Deledda per affacciarsi al cinema e al mondo. La tesi si apre con un capitolo dedicato alla cinematografia sarda e al peso che il filone letterario deleddiano ha avuto nella sua definizione; all'interno di esso si espone, brevemente, l'importanza della scrittrice barbaricina nella formazione dell'immaginario filmico sardo. Grazia Deledda vive nell'epoca dell'affermazione del mezzo cinematografico, intessendo con esso rapporti marginali (se confrontata con le esperienze in tale campo di altri scrittori suoi contemporanei); tre sono le testimonianze filmiche che ne mostrano il suo diretto contributo: un soggetto cinematografico originale dal titolo Scenario sardo per il cinema del 1916, mai arrivato sullo schermo, Cenere, dello stesso anno e La Grazia del 1929. Il rapporto (di natura sporadica) dell'autrice con il cinema si rivela più consistente nei tempi successivi alla sua morte; molti registi infatti, negli anni del dopoguerra, si impossessano delle opere di Grazia Deledda (scrittrice di grande descrizione corale) e quindi di tematiche, immagini e narrazioni precise che trovano espressione in alcuni film importanti di questo periodo. L'autrice offre una moltitudine di storie al cinema sardo, nutrendolo con opere caratterizzate da una scrittura ben strutturata e riconoscibilmente «cinematografica». Tra gli anni Venti e la metà degli anni Cinquanta, il cinema ambientato e girato in Sardegna, per l'area geograficoambientale di cui si interessa, per le tematiche intriganti e la descrizione del mondo popolare, passa attraverso un solido simbolismo di matrice deleddiana, che va a definire, nel passaggio dalle novelle ai film, un vero e proprio spettacolo etnografico . Nella pellicola …con amore, Fabia apparsa quarant'anni dopo l'ultimo film deleddiano (Proibito del 1954), Maria Teresa Camoglio, ispirandosi alla storia narrata in Cosima, trasforma il mondo del villaggio sardo e la modalità con cui mostrarlo. Per prima cosa modifica il titolo (che diviene una formula di saluto) dal quale non si deduce nessun rimando alla vicenda del romanzo, e inoltre, con 14 1.3 Adattamenti delle opere di Grazia Deledda È prassi consolidata nella cinematografia (in modo particolare in quella delle origini) attingere all'inesauribile giacimento di storie (romanzi, commedie, libretti teatrali) sia per trarne ispirazione che per sfruttare la forza attrattiva di opere già note al pubblico, 17 arrivando anche a mettere a punto delle vere e proprie operazioni di marketing per coinvolgere gli autori della letteratura italiana. 18 Grazia Deledda vive e lavora a Roma all'inizio del Ventesimo secolo, durante gli anni del fervente sviluppo del cinematografo, ma i suoi rapporti con la Settima Arte, a differenza di altri intellettuali suoi contemporanei, non sono né profondi né duraturi: 19 L'autrice, pur non rimanendo totalmente immune dall'influenza del cinematografo, dà in prima persona degli esigui contributi cinematografici; 20 nonostante ciò si deve riconoscere il debito che la cinematografia ha nei confronti della scrittrice per importanza di contenuti e delle trame derivanti dalle sue novelle e romanzi, dei quali il cinema di ambientazione sardo si è abbondantemente nutrito. Il tipo di scrittura che contraddistingue i suoi lavori, dall'andamento ritmico e dalla narrazione essenzialmente visiva, 21 sembra rappresentare un ideale punto di partenza per la cinematografia in cui si riscontra una figurazione semplice, una determinazione di tempo e di luogo, una narrazione lineare. Scrive Giovanna Cerina a proposito di questo aspetto "cinematografico" dello stile di Grazia Deledda: Quasi inquadrate da un occhio cinematografico (semplicemente in senso metaforico), la Deledda fissa nelle sue riprese albe, tramonti, notti nella tanca, 17 Il primo lungometraggio italiano è l'Inferno, un film di Adolfo Padovan, Francesco Bertolini, Giuseppe Liguoro, ispirato alla prima cantica dantesca. La nascente industria cinematografica si rivolge ad un capolavoro della letteratura profondamente radicato nell'immaginario popolare. 18 Ne sono esempio le molteplici collaborazioni di intellettuali come Gabriele D'Annunzio che trasporta molte sue opere sul grande schermo, e innumerevoli altri. Cfr. ANTONIO COSTA, Il cinema italiano. Generi, figure, film del passato e del presente, Bologna, Il Mulino, 2013. 19 G. CERINA, Deledda: La Sardegna "a modo suo" in S. OLLA, Scenari sardi… cit, pp. 26-8. 20 Ivi, p. 26-7.«Si cimenta con cautela […] in questo campo […] ma riconosce le virtù evocatrici di straordinaria efficacia del mezzo», collabora a Cenere nel 1916 e stende un soggetto cinematografico da ambientare in Sardegna, mai trasmesso, dal titolo Lo Scenario sardo per il cinema scritto negli stessi anni della collaborazione con Eleonora Duse. 21 La critica deleddiana che è enorme ed eterogenea ha evidenziato un fattore comune: la narrazione derivante da una visione diretta delle cose, come un occhio. Cfr. ANNA DOLFI, Grazia Deledda, Milano, Mursia, 1979, pp. 176-195.

Il patrimonio epigrafico lapidario modenese, che attualmente comprende circa 300 iscrizioni, ha restituito più di 160 menzioni relative a schiave, liberte e ingenuae vissute a Mutina e nell'ager Mutinensis tra la seconda metà del I secolo a.C. e la prima metà del IV secolo d.C. Le epigrafi esaminate mettono in luce alcuni interessanti aspetti relativi alla condizione femminile nella splendidissima colonia emiliana e, più in generale, nella società romana.

Sfogliando la cronaca quotidiana è impressionante constatare quante donne ancora oggi vengano uccise: si tratta di un vero e proprio femminicidio. Non vengono uccise solo per le strade, ma anche dentro le mura di casa. Stando alle statistiche, è proprio dentro il contesto familiare che le donne subiscono il maggior numero di violenze. Paradossalmente, la donna è più vulnerabile proprio nel luogo in cui dovrebbe vivere più tranquilla. Le cose non cambiano molto quando si passa ad analizzare la condizione della donna nella religione. Nonostante il progresso industriale, tecnologico e culturale, le donne ancora oggi subiscono maltrattamenti come la mutilazione genitale, l'imposizione di norme che ne indicano una situazione d'inferiorità, l'impossibilità di assumere ruoli di uguaglianza con gli uomini. Scopo del presente lavoro consiste nell'individuare in primo luogo i motivi del silenzio delle donne nella religione e nella Bibbia e, in secondo luogo, la necessità della Chiesa di lasciarsi contaminare dalla presenza delle donne, dal loro pensiero, dal loro modo di essere e di fare esperienza di Dio. Il pericolo, come sostiene la teologa Elisabeth Green, è quello dell'irrilevanza. «Il cristianesimo concentrato in una lingua, quella maschile, rischia di essere del tutto irrilevante nel vissuto delle donne, incapace di rispondere ai nostri bisogni spirituali più profondi e infedele, quindi, alla missione di predicare l'Evangelo a ogni creatura». Come liberare, allora, il cristianesimo dall'idolo maschile manifestato nella cultura patriarcale -che si è impossessato, come vedremo, sia dei testi sacri che della tradizione -in modo tale che anche le donne si sentano accolte e non escluse? Se c'interroghiamo sul perché di tale evidente discriminazione della donna da parte dell'uomo le risposte non le troviamo sui testi ufficiali. Occorre compiere un duplice lavoro euristico, indicato da due correnti di

Il Soroptimist è una associazione femminile nata nel 1921. In questo libro si racconta la nascita e la diffusione del Soroptimist in tutto il mondo.
In Italia l'associazione ha cominciato a svilupparsi dal 1948 e oggi è presente in quasi tutte le città italiane. Molti e importanti i progetti e le realizzazioni a favore di donne e minori

Saggio di DANILO CARUSO / Palermo, settembre 2012

Indice
Introduzione pag. 1
1. Breve antropologia del “diverso” nell’antica Grecia pag. 2
2.1. La ballata di Mulan pag. 3
2.2. La ballata di Mulan (versione in italiano a cura di Danilo Caruso) pag. 7
3. Ipazia, una donna moderna pag. 9
4. Eleonora de Fonseca Pimentel pag. 11
5. Simone Weil pag. 16
6.1. Noor Inayat Khan pag. 19
6.2. Il bufalo paziente pag. 21
7.1. A Eva Perón pag. 22
7.2. A Eva Perón (versione in spagnolo) pag. 24

Nella sua lunga serie di romanzi, Melania Mazzucco manifesta una costante predilezione per il personaggio femminile, ritratto nell'ambiente interno o esterno, ma sempre a tutto tondo. Che si tratti di contesse devote alla famiglia o di servette come in Il bacio della medusa, di libertine fotografe e archeologhe o di figlie d'arte come in Lei così amata, di ragazze meridionali trapiantate nel Nuovo Mondo come in Vita o di soldati nelle recenti guerre come in Limbo, le sue donne spiccano per un tratto accomunante: la loro indipendenza dalla società e dalla famiglia, la risolutezza con cui recidono i laci di tradizione, convenienza e ipocrisia, alla ricerca della loro vera natura.

La Fabula Togata, la commedia in toga, nacque come trasposizione comica delle novità introdotte da Nevio (nel genere tragico). La Fabula Togata aveva come protagonisti i borghesi; i due autori più celebri furono Titinio (II secolo a.c) e Afranio.

Quando il Feuilleton divenne di moda, alle donne veniva raccomandato di concentrare le proprie energie dentro se stesse, visto che il loro compito era la riproduzione, piuttosto che di disperderle in intrighi, studi intellettuali o piaceri proibiti. Del resto, la scienza medica del tempo riteneva che "l'abuso di pensiero" fosse nocivo "alla salute dell'utero".

Recensione al volume “E dio negò la donna” di Vittoria Haziel
«L'immaginario di miliardi di anime semplici è stato ed è tuttora nutrito con flebo di inganni e usurpazioni. Goccia a goccia, senza clamore, questa terapia ha instillato nella psiche il veleno dei peccati che dannano l'anima. A cominciare da quello originale della Bibbia, che tutto il genere umano si trova sulla coscienza già dalla nascita. E, guarda caso, è un peccato mortale commesso da una femmina. Eva ci ha allontanati tutti dal paradiso terrestre, è lei la tentatrice da cui stare lontani. Ancora oggi è so­prattutto la donna a pagare le conseguenze del peccato di una femmina in­ventato dai maschi. L'uomo e la società intera cadono insieme a lei».

Avvocato, saggista e studioso delle fortificazioni medioevali. Esterno UniFi Architettura -Dida Documentation and management small historical settlements ABSTRACT intervento del 24 ottobre 2014 -"Sala dei Grandi", Provincia di Arezzo. "Associazionismo: ieri, oggi e domani: profili storici, giuridici e fiscali" Fidapa, Federazione Italiana Donne Arti professioni Affari BPW Italy, International federation of Business and Professional Women Comitato Pari Opportunità Ordine Avvocati Arezzo Fondazione Forense Ordine Avvocati Arezzo Ordine Dottori e Commercialisti Arezzo Negli ultimi ottanta o cento anni l'aumento della consapevolezza femminile ha reso il relativo contributo alla società determinante e in rapido e continuo movimento.

La violenza di genere è un problema antico ma sempre attuale, che dovrebbe riguardare l'intera collettività oltre ai carnefici e alle vittime. L'esame di reati violenti come stupri, omicidi e ferimenti, commessi contro donne calabresi dall'Unità al 1885, restituisce un quadro tristemente veritiero della società contadina della Calabria dell'Ottocento.
Articolo pubblicato su «Il Dispaccio» del 6 aprile 2020.

Le cronache delle manifestazioni nelle piazze egiziane sono spesso gravate da notizie di violenza sulle donne. Aggressioni, molestie e stupri accompagnano da tempo la quotidianità delle donne egiziane ed ora che la questione è diventata di dominio pubblico, in molti si interrogano sulla

Negli Usa un contrasto torna a stridere e un dilemma a proporsi
È arrivata in questi giorni, mentre il popolo americano andava al voto per il suo presidente, la notizia secondo cui il governo federale degli Stati Uniti ha fissato per l'8 dicembre prossimo l'esecuzione capitale di Lisa Montgomery, a più di sessant'anni dall'ultima esecuzione di una donna negli Usa, nel 1953. Il delitto per cui Montgomery è stata condannata a morte nel 2004 è stato incredibilmente feroce: Lisa ha strangolato una conoscente di ventinove anni che era incinta e, dopo averle tagliato il ventre, le ha rapito la bambina di otto mesi non ancora nata e miracolo-samente sopravvissuta, di cui si credeva la vera madre. Un orrendo femminicidio compiuto da una donna come rivendicazione di maternità. L'efferatezza del gesto si spiega soltanto alla luce della drammatica vicenda personale di Lisa Montgomery: dopo un'infanzia e un'adolescenza piene di violenze e di abusi, più volte stuprata dal compagno della madre e abusata anche dai suoi due mariti, ha trovato nell'alcol un fragile conforto alla propria condizione di disagio psichico, contrassegnata da gravidanze isteriche che spiegano la dinamica dell'omicidio. L'esecuzione è prevista per iniezione letale. Il modo incruento dell'esecuzione e il fatto che questa sia stata programmata nel giorno stesso in cui la Chiesa cattolica celebra la festa dell'Immacolata Concezione apre un inedito scenario di riflessione. La coincidenza temporale accomunerà due donne diametralmente opposte: l'Immacolata da una parte, Lisa Montgomery, indelebilmente macchiata, dall'altra. Eppure quella testimonianza altissima e quella storia terribile paiono intrecciarsi in maniera più profonda. Se la sentenza sarà confermata, nello stesso giorno avverranno conte-stualmente la celebrazione della vicenda umana di una donna priva di peccato fin dal grembo materno, Maria di Nazareth, immacolata a partire dal suo stesso concepimento, e la soppressione della vita di un'altra donna, Lisa Montgomery, che ha elevato il concepimento a fantasia delirante e ha posto nel grembo materno della sua vittima il proprio sigillo di infamia. Come Maria è giunta al limite estremo dell'umano in direzione del divino, così Lisa si è spinta al limite opposto verso la più fosca e abietta condizione di inumanità. Eppure, sebbene a distanza abissale, non mancano le analogie. Tutte le protagoniste della vicenda e del no-stro discorso intanto sono donne: Maria di Nazareth, Lisa Montgomery, la persona barbaramente uccisa, la figlia di quest'ultima. Maria e Lisa poi sono in qualche modo accomunate anche dall'eccezionalità del loro essere madri: in modo verginale ma reale l'una, secondo la fede cattolica, in maniera psicotica e immaginaria l'altra, secondo il parere dei medici. Nel delitto di Lisa possiamo addirittura intravedere degli echi biblici e scorgere in lei il drago rosso di Apocalisse 12.3-5, quello che nel testo sacro «si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino ap-pena nato», sì che «il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo trono». È stupefacente che questo brano venga riferito dalla Chiesa cattolica a Maria e letto in occasione di un'altra fe-sta mariana, quella della sua assunzione in cielo il 15 agosto. Non è il caso qui di soffermarsi sulla rilevanza politica che la decisione riguardante Lisa Montgomery può rivestire nella competizione elettorale in corso negli Stati Uniti, rispecchiandone le dinamiche o influenzandone gli esiti. L'osservatore e-sterno si chiede perché i gravi ed evidenti disturbi mentali della condannata non siano stati sufficienti per prevedere un diverso tipo di pena. Ma il punto fondamentale è un altro. Se le autorità statunitensi con-fermeranno l'esecuzione della con-danna prevista, la vicenda di Lisa Montgomery, che tanto chiaramente si staglia al confine estremo tra l'umano e il disumano, porrà l'opinione pubblica e la nostra coscienza di fronte a un dilemma. Da una parte, la scelta di compiere con la pena di morte prevista, per quanto senza spargimento di sangue e dunque «immacolata» essa possa essere, un passo irrimediabile al di là di questo confine, oltrepassando con la spietatezza di chi condanna il confine ultimo dell'umano raggiunto dalla condannata. Dall'altra parte, la scelta di prendersi cura dell'umanità così profondamente svilita nella psiche di questa donna e assumersi il carico collettivo del delitto indicibile che da questa umanità ferita è scaturito, nell'ottica mariana secondo cui Dio guarda l'umiliazione delle sue creature e rialza chi è stato umiliato. Senza escludere nessuno.

è utile far uscire una lista delle tante donne che nell'Ottocento si impegnarono in politica, nei moti rivoluzionari, nella scienza, scrivendo programmi per l'emancipazione dei lavoratori e delle lavoratrici, e questo perché certi signorini negazionisti dei giorni nostri fanno sembrare che "le donne non hanno mai fatto niente nella storia, non hanno mai lavorato, si facevano mantenere dal marito che andava a lavorare in miniera", facendo apparire le donne come delle eterne mentecatte silenziose e belle addormentate passive.