Papers by Simone De Fraja
Estratto da Notizie di Storia n. 48 - 2023.
Un piccolo agglomerato di case a pochi chilometri da ... more Estratto da Notizie di Storia n. 48 - 2023.
Un piccolo agglomerato di case a pochi chilometri da Spoleto, riporta il nome di Arezzo. Un agglomerato fortificato che dal secolo XIII faceva parte delle Terre Arnolfe nel cuore dell'Umbria.
L'importante documento del 1385 che elenca i castelli già del Comune di Arezzo ormai in mano fior... more L'importante documento del 1385 che elenca i castelli già del Comune di Arezzo ormai in mano fiorentina indica la consistenza e le sorti di oltre 60 fortificazione del contado. Estratto da Notizie di Storia 46 - 2021
La Badia al Pino, centro di potere ecclesiastico e strutture fortificate.
Estratto da Notizie di ... more La Badia al Pino, centro di potere ecclesiastico e strutture fortificate.
Estratto da Notizie di Storia 44-2020
Luna Nuova, Anno III Num I. Marzo, Aprile, Maggio 2021.
La fortificazione di Cocchiola presso Bad... more Luna Nuova, Anno III Num I. Marzo, Aprile, Maggio 2021.
La fortificazione di Cocchiola presso Badia Tedalda.Tracce e resti di strutture sfiorate dai lavori del metanodotto.
A distanza di anni dalla pubblicazione sulle fortificazioni nel Comune di Badia Tedalda ed in considerazione dei notevoli lavori di sterro per la posa del metanodotto che interessano vari crinali del badiale, compreso il Monte Cocchiola, mi pare opportuno riflettere ancora sulle fondamentali vicende, per esprimere nuove considerazioni, relative alla fortificazione di Cocchiola, presente nella documentazione medioevale ma di cui rimangono scarne tracce materiali.
Luna Nuova, Anno II Num II. 202/21. La Via tra Arezzo e Rimini.
Il percorso piuttosto lineare e f... more Luna Nuova, Anno II Num II. 202/21. La Via tra Arezzo e Rimini.
Il percorso piuttosto lineare e forzato dalle condizioni geomorfologiche della valle scavata dall’Ariminum-Marecchia, si snoda sfruttando antiche direttrici che si diramano soprattutto dall’area nord-orientale di Arezzo. E’ un percorso che offre numerosi elementi di studio e di interesse dalla geologia, dalla storia antica a quella medioevale per giungere agli eventi dell’ultimo conflitto mondiale le cui tracce stanno emergendo sempre di più grazie all’interesse di qualificati appassionati. Ma sol che si percorra il tratto ascendente dell’Alpe e poi la lunga valle del Marecchia, non si può non essere attratti dalle formazioni rocciose messe a nudo dalle frane, dai pinnacoli stratificati privi di vegetazione e dalle numerose fortificazioni, per lo più medioevali, che rifiniscono i picchi aguzzi che si aprono ai lati del percorso sino all’ampio greto del fiume. Un paesaggio certamente conosciuto ma non sufficientemente apprezzato e valutato.
Notizie di Storia 43/2020. Fondamentale postazione, “utile a tenere peroché guarda la strada et a... more Notizie di Storia 43/2020. Fondamentale postazione, “utile a tenere peroché guarda la strada et altri mali passi”, nel 1384 non venne smilitarizzato, ma ristrutturato. Saccheggiato nel Quattrocento e teatro di assedio nel 1502, fu oggetto di ristrutturazione stilistica nell'Ottocento, prima di rimanere danneggiato durante la Seconda guerra mondiale.
Notizie di Storia n. 41/2019
Nel tardo medioevo, a pochi chilometri dalle mura cittadine, si affe... more Notizie di Storia n. 41/2019
Nel tardo medioevo, a pochi chilometri dalle mura cittadine, si afferma una nuova tipologia di edifici
residenziali che “in altre contrade sarebbono chiamate castella”, tipologia edilizia rappresentativa dello
status sociale del committente e del rinnovato interesse economico per la campagna.
Cronache Castellane, Istituto Italiano dei Castelli, 2019
Riflessione sul "collegamento sopraelevato protetto".
Cronache Castellane, 203 - 204 / 2019 - Ist... more Riflessione sul "collegamento sopraelevato protetto".
Cronache Castellane, 203 - 204 / 2019 - Istituto Italiano dei Castelli
Giornale Accademia Casentinese, 2018
Bollettino Brigata Amici Monumenti n. 100/2018 - Arezzo
Gli interventi recentemente eseguiti sul grande complesso edilizio hanno messo in luce l’evidente... more Gli interventi recentemente eseguiti sul grande complesso edilizio hanno messo in luce l’evidente sovrapposizione delle fasi di occupazione e di fortificazione succedutesi, sul primo colle di Arezzo, dall’antichità ad oggi. Le antiche strutture erano rimaste chiuse e fasciate dalla cortina realizzata a metà Cinquecento per “mectere il chassero in fortezza”.
L’Abbazia di Campoleone sorgeva quasi a ridosso dell’Arno sul colle alluvionale retrostante l’abi... more L’Abbazia di Campoleone sorgeva quasi a ridosso dell’Arno sul colle alluvionale retrostante l’abitato di Castelluccio, non lontano da Quarata e da Ponte a Buriano. Il lavoro apparso su Annali Aretini XXV (2017), forse per la prima volta una analisi sistematica e ricerca di tipo “classico” riesuma non solo le vicende di vita del monastero dedicato a San Gennaro ma tenta l’interpretazione delle strutture superstiti anche sulla scorta del manoscritto di Antonio Mucci, Memoria dell’Abbazia di Campoleone (1848). Probabilmente fondata da Ugo Marchese di Toscana, unitamente ad altre notevoli abbazie tra cui le badie di Marturi (968-70), Vandigazza (993) e probabilmente della Verruca pisana (ante 996), l’abbazia di Campoleone, con il limitrofo castello abbaziale e le fortificazioni vicine, accrebbe il proprio patrimonio fondiario nell’arco di un secolo e mezzo sancito da cinque provvedimenti imperiali (dal 997 al 1161) in cui venivano confermate anche preziose fonti di reddito come ampie foreste nonché opifici idraulici e mulini ad acqua.Nella seconda metà del secolo XII l’abbazia di Campoleone, insieme al castello, vantava un notevole gettito di entrate derivante dai vari diritti gravanti sui beni ed annesse pertinenze. Nel primo quarto del secolo XIII si modificarono, nel giro di pochi anni, le sorti di Campoleone. Prima del 1214 il Comune di Arezzo danneggiò il castello ed il campanile della chiesa abbaziale, stipulando poi accordi con l’abate sinchè le tensioni si placarono nel 1216 quando il Comune medesimo entrò definitivamente in possesso del «castrum Campileonis»: in favore dell’abate venne concessa un’ampia area in città nella quale ri-edificare gli edifici religiosi, di servizio come le officinae e abitativi «come una volta esistevano nel castello di Campoleone».
SOMMARIO
Considerazioni preliminari. Terre, poteri, risorse. Il territorio, i luoghi e gli uomini dell’abbazia di Campoleone Alcune note sul culto di San Gennaro ad Arezzo La chiesa abbaziale di San Gennaro a Campoleone Le pertinenze e i dintorni dell’abbazia Fortificare e meditare, un minimo comune denominatore: la sicurezza «Fin qui l’osservazione. Il resto è deduzione». Appunti per una conclusione
Lo studio esamina le vicende della fortificazione di Monterotondo, in Mugello (FI), con particola... more Lo studio esamina le vicende della fortificazione di Monterotondo, in Mugello (FI), con particolare attenzione per i ruderi ancora ben visibili, nell'agosto 2008, di una torre della cinta in pietra che coronava la sommità di Monterotondo. Foto del sopralluogo, ricostruzioni, vecchie incisioni artistiche, fonti documentali e considerazioni di ordine castellologico completano lo studio.
Una analisi condotta nel 2006 su due blocchi di roccia rivela l'esistenza di due "contratti" fond... more Una analisi condotta nel 2006 su due blocchi di roccia rivela l'esistenza di due "contratti" fondiari incisi. Alcuni simboli e il motto "Per non dormire", già dei Salimbeni e poi di D'Annunzio, rendono i cippi rocciosi meritevoli di tutela e di memoria. Pubblicato in "Centodieci anni dalla fondazione" Bollettino d'Informazione Brigata Amici Monumenti di Arezzo (99/2017).
Analisi delle fonti materiali e documentali che passa per il punto di vista dell'uomo medioevale ... more Analisi delle fonti materiali e documentali che passa per il punto di vista dell'uomo medioevale per cui, per dirla con Roberto S. Lopez, "la città è prima di tutto uno stato d'animo"; strutture e lacerti dell'antichità segnano il vivere dell'Arezzo del medioevo.
Estratto dalla Rivista "Notizie di Storia" n. 34 della Società Storica Aretina. Poggio Santa Ceci... more Estratto dalla Rivista "Notizie di Storia" n. 34 della Società Storica Aretina. Poggio Santa Cecilia, un castello “ad frontieras” (al limite fra i territori di Arezzo e Siena), fu occupato
dai ghibellini nell'ottobre del 1285. I guelfi lo recuperarono nell'aprile dell'anno successivo, passando
per le armi gli avversari. Siamo negli antefatti della battaglia di Campaldino.
Bollettino Brigata Amici dei Monumenti, 28/2004
ANTEPRIMA. Notizie di Storia 33-2015. Una miniatura del manoscritto chigiano (L VIII 296) contene... more ANTEPRIMA. Notizie di Storia 33-2015. Una miniatura del manoscritto chigiano (L VIII 296) contenente la Cronica di G. Villani mostra la scena dell'assedio di Castelfocognano (Ar) in cui è presente il vescovo Guido Tarlati munito di scorta e vessillo. Tale vessillo è stato ritenuto sin'ora prodotto della fantasia del copista, anche dai commentatori del manoscritto edito da Le Lettere - Biblioteca Apostolica Vaticana. La ri-scoperta ed l'inedito collegamento iconografico con uno stemma presente ma defilato nel cenotafio marmoreo del vescovo dimostra l'autenticità dell'arma e la genuinità dello stemma (“di nero a due leoni d'oro addossati, accompagnati in campo da una mitra vescovile d'argento”) attribuibile al vescovo aretino. E' così il terzo stemma attribuito al vescovo.
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Papers by Simone De Fraja
Un piccolo agglomerato di case a pochi chilometri da Spoleto, riporta il nome di Arezzo. Un agglomerato fortificato che dal secolo XIII faceva parte delle Terre Arnolfe nel cuore dell'Umbria.
Estratto da Notizie di Storia 44-2020
La fortificazione di Cocchiola presso Badia Tedalda.Tracce e resti di strutture sfiorate dai lavori del metanodotto.
A distanza di anni dalla pubblicazione sulle fortificazioni nel Comune di Badia Tedalda ed in considerazione dei notevoli lavori di sterro per la posa del metanodotto che interessano vari crinali del badiale, compreso il Monte Cocchiola, mi pare opportuno riflettere ancora sulle fondamentali vicende, per esprimere nuove considerazioni, relative alla fortificazione di Cocchiola, presente nella documentazione medioevale ma di cui rimangono scarne tracce materiali.
Il percorso piuttosto lineare e forzato dalle condizioni geomorfologiche della valle scavata dall’Ariminum-Marecchia, si snoda sfruttando antiche direttrici che si diramano soprattutto dall’area nord-orientale di Arezzo. E’ un percorso che offre numerosi elementi di studio e di interesse dalla geologia, dalla storia antica a quella medioevale per giungere agli eventi dell’ultimo conflitto mondiale le cui tracce stanno emergendo sempre di più grazie all’interesse di qualificati appassionati. Ma sol che si percorra il tratto ascendente dell’Alpe e poi la lunga valle del Marecchia, non si può non essere attratti dalle formazioni rocciose messe a nudo dalle frane, dai pinnacoli stratificati privi di vegetazione e dalle numerose fortificazioni, per lo più medioevali, che rifiniscono i picchi aguzzi che si aprono ai lati del percorso sino all’ampio greto del fiume. Un paesaggio certamente conosciuto ma non sufficientemente apprezzato e valutato.
Nel tardo medioevo, a pochi chilometri dalle mura cittadine, si afferma una nuova tipologia di edifici
residenziali che “in altre contrade sarebbono chiamate castella”, tipologia edilizia rappresentativa dello
status sociale del committente e del rinnovato interesse economico per la campagna.
Cronache Castellane, 203 - 204 / 2019 - Istituto Italiano dei Castelli
SOMMARIO
Considerazioni preliminari. Terre, poteri, risorse. Il territorio, i luoghi e gli uomini dell’abbazia di Campoleone Alcune note sul culto di San Gennaro ad Arezzo La chiesa abbaziale di San Gennaro a Campoleone Le pertinenze e i dintorni dell’abbazia Fortificare e meditare, un minimo comune denominatore: la sicurezza «Fin qui l’osservazione. Il resto è deduzione». Appunti per una conclusione
dai ghibellini nell'ottobre del 1285. I guelfi lo recuperarono nell'aprile dell'anno successivo, passando
per le armi gli avversari. Siamo negli antefatti della battaglia di Campaldino.
Un piccolo agglomerato di case a pochi chilometri da Spoleto, riporta il nome di Arezzo. Un agglomerato fortificato che dal secolo XIII faceva parte delle Terre Arnolfe nel cuore dell'Umbria.
Estratto da Notizie di Storia 44-2020
La fortificazione di Cocchiola presso Badia Tedalda.Tracce e resti di strutture sfiorate dai lavori del metanodotto.
A distanza di anni dalla pubblicazione sulle fortificazioni nel Comune di Badia Tedalda ed in considerazione dei notevoli lavori di sterro per la posa del metanodotto che interessano vari crinali del badiale, compreso il Monte Cocchiola, mi pare opportuno riflettere ancora sulle fondamentali vicende, per esprimere nuove considerazioni, relative alla fortificazione di Cocchiola, presente nella documentazione medioevale ma di cui rimangono scarne tracce materiali.
Il percorso piuttosto lineare e forzato dalle condizioni geomorfologiche della valle scavata dall’Ariminum-Marecchia, si snoda sfruttando antiche direttrici che si diramano soprattutto dall’area nord-orientale di Arezzo. E’ un percorso che offre numerosi elementi di studio e di interesse dalla geologia, dalla storia antica a quella medioevale per giungere agli eventi dell’ultimo conflitto mondiale le cui tracce stanno emergendo sempre di più grazie all’interesse di qualificati appassionati. Ma sol che si percorra il tratto ascendente dell’Alpe e poi la lunga valle del Marecchia, non si può non essere attratti dalle formazioni rocciose messe a nudo dalle frane, dai pinnacoli stratificati privi di vegetazione e dalle numerose fortificazioni, per lo più medioevali, che rifiniscono i picchi aguzzi che si aprono ai lati del percorso sino all’ampio greto del fiume. Un paesaggio certamente conosciuto ma non sufficientemente apprezzato e valutato.
Nel tardo medioevo, a pochi chilometri dalle mura cittadine, si afferma una nuova tipologia di edifici
residenziali che “in altre contrade sarebbono chiamate castella”, tipologia edilizia rappresentativa dello
status sociale del committente e del rinnovato interesse economico per la campagna.
Cronache Castellane, 203 - 204 / 2019 - Istituto Italiano dei Castelli
SOMMARIO
Considerazioni preliminari. Terre, poteri, risorse. Il territorio, i luoghi e gli uomini dell’abbazia di Campoleone Alcune note sul culto di San Gennaro ad Arezzo La chiesa abbaziale di San Gennaro a Campoleone Le pertinenze e i dintorni dell’abbazia Fortificare e meditare, un minimo comune denominatore: la sicurezza «Fin qui l’osservazione. Il resto è deduzione». Appunti per una conclusione
dai ghibellini nell'ottobre del 1285. I guelfi lo recuperarono nell'aprile dell'anno successivo, passando
per le armi gli avversari. Siamo negli antefatti della battaglia di Campaldino.
Le operazioni coinvolsero terra e acqua, enormi quantitativi di carpenteria e tutto l’indotto necessario; videro, soprattutto nella fase di assalto e presa della fortificazione, una vasta gamma di metodi di poliorcetica oltreché di abile strategia militare. Stringere d’ assedio un’area così vasta ed orograficamente tutelata, dunque a vantaggio degli assediati Inglesi, dovette prevedere lo svolgimento di un programma ben preciso costituito da progressivi stadi di avanzamento delle opere comunque realizzate in breve tempo.
La città di Arezzo, sullo scorcio del Trecento, era segnata dalla politica degli Arciguelfi e dalla politica filofiorentina, forti correnti che trovavano scontri con frange di ghibellina memoria; forti divisioni, contrasti, anche economici, che si intese gestire manu militari, avvelenarono la città.
Le sorti della città furono presto piegate da eventi che ebbero risvolti locali ma che, in realtà, appartenevano ad un quadro di scala internazionale; interessi politici ed economici esterni, ingestibili dalle forze locali, travolsero la Toscana e le sorti di Arezzo nonchè di quelle forze politiche che tentarono di cogliere l’attimo o comunque approfittare di quella che poteva essere la definitiva occasione per tornare alla guida della città.
Settimo di una lunga dinastia, “uomo quanto valoroso, altrettanto modesto”, secondo la Cronica di Buonaccorso Pitti, Enguerran de Coucy fu un soldato professionista, capitano della propria armata, potente personaggio di Francia la cui fortificazione, a Coucy, vantava il donjon cilindrico più imponente di quel mondo tardo medievale, un esempio di gigantismo.
L’intesa tra il Sire de Coucy e i Tarlati, ad un passo dal riprendersi il governo della città, sfociò con l’offerta di Arezzo alla vicina Siena per venticinque mila fiorini, tosto declinata per le pressioni di Firenze cui fu ceduta per quarantamila fiorini.
Non fu certo Enguerran VII a determinare la débâcle di Arezzo, fisiologica ed inevitabile in quelle storiche sabbie mobili; egli fu solo l’ultimo capitano di ventura che intervenne nelle lotte tra Arciguelfi e Ghibellini, con un risultato che fu solo il prodotto dei tempi e della politica aretina. C’è forse, dunque, la necessità di un approccio più neutro ed oggettivo o comunque tale che non risulti segnato da alcun accento filofrancese, come nell’opera di P. Durrieu, La Prise d’Arezzo, ovvero segnato da campanilismo o revanscismo storico.
Presentazione di ALDO A. SETTIA
Soc. Storica Aretina, 2018, Euro 15,00
Il volume ripercorre le tappe della storia medievale aretina da un punto di vista innovativo rispetto a quello tradizionale. Le fonti, documentarie e cronachistiche, sono gli elementi fondamentali con cui analizzare gli eventi bellici e le politiche che hanno caratterizzato il controllo del territorio. Il rapporto tra documento e realtà topografica, l’interazione tra iconografia superstite e tracce materiali avvicinano il lettore ai fatti realmente accaduti, ma anche alla psicologia che li determinò. Pressione emotiva, tradimento e dileggio sono fra le componenti fondamentali per l’assalto e per l’assedio, con macchine ossidionali, delle fortificazioni, che vengono a loro volta analizzate in dettaglio. Giochi di potere si uniscono a considerazioni militari, esigenze pratiche, costruttive, tecniche e simboliche a stratagemmi ed inganni, talvolta descritti da cronisti portatori di contrastanti punti di vista. La dettagliata analisi degli eventi bellici fornisce un quadro tutt’altro che di immobilismo, dopo la battaglia di Campaldino, così come invece tramandato da una storiografia ormai desueta. Impreziosisce il lavoro una riflessione di Aldo A. Settia.
“Lavoro utile, questo di Simone De Fraja, e interessante. Utile in quanto porta all’attenzione degli studiosi italiani alcuni castelli oggettivamente poco noti, ma di grande rilievo nel contesto delle sperimentazioni sfociate, nei secoli finali del medioevo, nella messa a punto di quei modelli formali che rappresentano, nell’immaginario collettivo, l’archetipo dell’edificio fortificato. Interessante perché l’analisi è condotta con rigore, senza mai perdere di vista, accanto all’illustrazione dei più generali fenomeni culturali e tecnici che condizionarono la pratica del costruire, la verifica sulle fonti materiali e su ciò che di autentico resta delle strutture prese in esame.
Grande rilievo va anche (o, per meglio dire, soprattutto) attribuito a ciò che l’autore definisce un «momento di osmosi e […] di svolta dalla funzione prevalentemente militare e di difesa in favore di una maggiormente residenziale». Si tratta, in effetti, di una grande novità, che avvicina l’esperienza clementina all’altra riconosciuta polarità culturale dell’arte di costruire castelli, maturata in ambito imperiale e precisata, nei decenni centrali del XIII secolo, nei cantieri promossi da Federico II, i cui esiti pare talvolta più coerente definire palacia piuttosto che castra.”
[..].. Simone De Fraja è riuscito a elaborare un’opera che coglie il legame fra lo sviluppo della fortificazione e quello del centro urbano, offrendo al lettore un quadro suggestivo delle conoscenze storiche che si hanno di Nepi a partire dalla fine dell’età tardo-antica.
Molto attenta l’analisi tecnica di quanto oggi rimane della rocca e, cosa nuova dato che i precedenti studi si erano limitati a trattare del complesso quattrocentesco, dell’area ad essa antistante, comprendente la fortificazione farnesiana [...]
Dalla Postfazione di Alessandro Merlo:
..[..].. La curiosità della persona unita alle conoscenze proprie di un cultore degli studi storici e delle fortificazioni hanno permesso all‘Autore, come già avvenuto in passato, di trattare la materia con una finalità ben precisa: tracciare un profilo di storia dell'insediamento capace al contempo di fornire contenuti scientifici – in gran parte desunti dalla letteratura disponibile – e di suscitare interesse non solamente negli esperti del settore, ma soprattutto nelle persone comuni che hanno a cuore le proprie radici e sono interessate ad approfondire la storia della terra in cui vivono.
Dalla lettura del testo traspare chiaramente l'enfasi con la quale l’Autore indaga le vestigia dell'abitato di Nepi, confutando le ipotesi fino ad ora avanzate con nuovi dati che a loro volta lo spingono a formulare inedite congetture, proposte con un linguaggio semplice ed efficace [...]
Se questa Istanbul in bianco e nero fosse una sposa, queste pagine sarebbero un’appassionante dichiarazione d’amore del suo narratore e i verbi, disseminati qua e là, in prima persona plurale, mal celano che non è il solo ad amarla; il pranzo, poi, nella catapecchia a picco sul Mar Nero nel borgo di pescatori, non lontano dal faro della “Quercia d’Anatolia”, ha il sapore di un pranzo di nozze, il più semplice e povero, il più bello.
Il primo incontro è un dipinto leggero e sfumato di nebbie, di bruma salmastra, presagio di un incontro che non può bastare.
La voglia di raccontarla nel suo intimo, anche calcando le orme dei viaggiatori ottocenteschi da De Amicis a Gautier, si scontra con il pudore di non volerla svelare: “L’Altra Istanbul” sussurra una città da visitare e rivisitare fino a perdersi per trovarsi.
Una gelosia amorosa la nasconde agli occhi estranei; la potrà gustare solo chi potrà amarla scoprendone vicoli, piazze, palazzi, chiese, mura, torri e moschee fino alle viscere, un profondo affastellato di cisterne, selve colonnate, chiaro scuri ed echi imperiali: acqua dolce o salata, da sempre sua forza, sua vita sua rinascita.
Recensione in Mater Meeting, 2017
1874-2004. (Presidenza Avv. Vincenzo Iodice). Pubblicazione riservata ai soli iscritti all’Albo Ordine Avvocati di Arezzo, Dicembre 2004.
Sommario: La Prudenza. Introduzione. L’ optima hereditas dell’età classica. Mos est vetustate probata consuetudo. L’unificazione d’Italia e la legge dell’8 giugno 1874. L’ Ordine degli Avvocati di Arezzo. Gli iscritti secondo gli Albi dell’Ordine di Arezzo.
Si ritenne provenisse dai depositi pleistocenici di Montione ma in realtà tale mammifero non poteva essere vissuto nelle acque lacustri.
Dunque una nuova interpretazione da scienziati del tempo ma la leggenda lo tenne appeso alle porte del Duomo come segno del Diluvio.
Strutturalmente simile a quello di Buriano il ponte era meno lungo e fu citato da Montaigne.
Una creazione di un mito giustificativo di un sentimento romantico di “aretinità” sulla scia del neo-gotico di fine Ottocento?
Nello studio in collaborazione con il prof. Giovanni Galli Ippolita degli Azzi, come una creazione mitica ed incarnazione di un ideale e, forse, non è mai storicamente esistita.
Arezzo, 18-19 dicembre 2017. Convegno.
Museo Archeologico Mecenate - Casa del Petrarca.
Promo intervento De Fraja, Youtube: https://youtu.be/fWwAc0-6IhU
At the City Council Hall of Firenzuola, Sunday, October 20, 2013, was held the day of study on the fortifications of the family of Ubaldini in the territory of Firenzuola (FI) titled "Castles of Ubaldini in the Municipality of Firenzuola" with the support of Bank of Mugello, Soc. Poggio ai Segugi Srl and the Municipality of Firenzuola inside the event "From the wood and stone."
The initiative is meant to disclosure, science-based, knowledge and preservation and enhancement of historic fortifications with particular reference to the "Alpes" called ubaldinorum. - Print edition on Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del turismo - Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, 9/2013, 2014 All’Insegna del Giglio s.a.s, online in http://www.progettoubaldini.it
Vertigine e tecnica nelle fortificazioni nella terra dei Catari.
Le strutture fortificate che furono teatro delle persecuzioni dei Catari: fortificazioni di montagna che offrono numerosi spunti di studio sotto il profilo storico ed architettonico; le postazioni, site in luoghi impervi sui Pirenei meridionali e in punti strategici dell’Occitania, alla metà del secolo XIII, furono ricostruite dal Re di Francia una volta debellata l’eresia: numerosi i complessi assedi, come quello di Montsegur del 1243 o la serie fortunata condotta da Simon de Monfort, capitano della crociata contro gli Albigesi, nei primi decenni del secolo XIII dei quali le cronache hanno lasciato ampia traccia.
Considerazioni preliminari.
Terre,poteri, risorse.
Il territorio, i luoghi e gli uomini dell’abbazia di Campoleone
Alcune note sul culto di San Gennaro ad Arezzo
La chiesa abbaziale di San Gennaro a Campoleone
Le pertinenze e i dintorni dell’abbazia
Fortificare e meditare, un minimo comune denominatore: la sicurezza
«Fin qui l’osservazione. Il resto è deduzione». Appunti per una conclusione
L’evento formativo avente ad oggetto la quanto mai dibattuta tematica dell’elemento dirimente “Tra prova scientifica e prova mediatica” ha catturato l’attenzione della platea grazie alla straordinaria partecipazione di oratori del calibro del Prof. Alessandro Meluzzi, della Dott.ssa Simonetta Matone e del Gen. Luciano Garofano. Il delicato compito di moderatore degli interventi è stato affidato all’Avv. Vincenza Saltarelli del Foro di Latina.
Dopo i saluti di rito del Presidente della Fondazione dell’Ordine degli Avvocati di Arezzo Avv. Roberto De Fraja, del Presidente della Camera Penale Avv. Anna Boncompagni nonché del Consigliere Avv. Simone De Fraja che ha curato l’organizzazione dell’evento, i tre oratori, ciascuno nel proprio ambito di competenza, in un’assonanza di intenti e di pensiero, hanno messo in evidenza quale sia effettivamente il ruolo della “mediatizzazione” del processo penale criticando l’uso dell’informazione nella parte in cui può essere nocivo alle indagini e all’indagato ed esaltandolo nella misura in cui riesce in molti casi ad essere addirittura decisivo nella soluzione di vicende talvolta estremamente complesse.
Come sempre erudita e provocatoria la disquisizione del Prof. Meluzzi che a partire dalle arringhe del Prof. De Marsico, attraverso un interessante excursus storico, è giunto ad analizzare l’uso distorto di quella che comunemente viene definita “la perizia psicologica” dell’indagato e la forte personalizzazione dell’atto di indagine sia sotto il profilo dell’indagato che dell’indagante.
Sulla stessa scia l’intervento della Dott.ssa Simonetta Matone che partendo da casi come quello dell’omicidio Montesi o dei coniugi Bebawi ha approfondito criticamente il tema del raggiungimento della prova “oltre ogni ragionevole dubbio” nell’esame dei più recenti episodi di cronaca nera auspicando una maggiore attenzione sia da parte della Magistratura che da parte degli operatori del settore tutti, stesso concetto espresso dal Gen. Luciano Garofano che ha imperniato il suo intervento sul distacco ancora troppo evidente tra scienza e diritto.
Particolarmente interessanti le slide proiettate da quest’ultimo in cui ha posto l’attenzione sulla facilità di inquinamento della scena del crimine, incentrando il suo intervento sulla necessità di una preparazione specifica di tutti coloro che sono chiamati ad intervenire ed operare nella fase di primo intervento.
Coinvolgente il racconto della sua personale esperienza riferita sia alla creazione del RIS di Parma sia ai casi trattati dopo il congedo dall’Arma, così come la conclusione del suo intervento con la nota massima del genetista Luigi Luca Cavalli Sforza: “la scienza fa paura agli ignoranti e quando non fa paura delude, ma sempre per ignoranza”.
La valle che collega la città di Arezzo con Città di Castello, in Umbria, è ancora oggi sede di importante via di comunicazione stradale detta “dei due mari” in quanto tratta di più lungo percorso di collegamento, particolarmente antico, tra l’Adriatico ed il Tirreno. Il confine amministrativo tra le due regioni, Toscana ed Umbria, ricalca antiche attestazioni di limes, poi confini signorali. Lungo la vallata ed il confine sussistono numerose testimonianze di fortificazioni medievali. L’analisi del territorio si rivela interessante non solo per lo studio delle dinamiche di potere connesse alle fortificazioni con conseguente realizzazione di sistema o testa di ponte militare da parte della Signoria Tarlati verso lo Stato della Chiesa in Valtiberina (prima metà sec. XIV), ma anche perché offre varietà di spunti di studio relativi ad elementi fortificatori, forme e complementi architettonici degli stessi.
L’intervento prende in considerazione le tipologie dimensionali delle torri (isolate o facenti parti di organismo difensivo) tentando una classificazione funzionale e quindi delle destinazioni d’uso; prende in esame elementi storici e tipologie dei “necessari” (con relativi scarichi) ancora individuabili, cisterne nonchè tracce di balconate ancora presenti all’interno di particolare organismo castrale dotato di due monumentali torri gemelle; si offrono ipotesi ricostruttive verosimili e modelli interpretativi del rudere che, come nel caso di un centro urbano di confine, ha visto una importante fortificazione trecentesca lentamente trasformata in fortificazione della transizione e finalmente moderna. Quanto sopra alla luce dei pesanti terremoti degli Anni Venti del secolo passato; si propone esame e connessione della viabilità con centri fortificati, importante apparato iconografico, proposta di modelli ricostruttivi, comparazione dimensionale e funzionale delle torri superstiti.
Le operazioni coinvolsero terra e acqua, enormi quantitativi di carpenteria e tutto l’indotto necessario; videro, soprattutto nella fase di assalto e presa della fortificazione, una vasta gamma di metodi di poliorcetica oltreché di abile strategia militare. Stringere d’ assedio un’area così vasta ed orograficamente tutelata, dunque a vantaggio degli assediati Inglesi, dovette prevedere lo svolgimento di un programma ben preciso costituito da progressivi stadi di avanzamento delle opere comunque realizzate in breve tempo.
Il volume, con una introduzione di Aldo A. Settia è stato vincitore del Primo Premio Tagete per la saggistica.
Recensione al volume "L'altra Istanbul, viaggio e recupero immaginifico" (Phasar, 2014) a cura di Cristina Chiarotti.