Latin epitaphs

El presente artículo resume los objetivos y principales resultados de la investigación que desarrollamos en nuestra tesis doctoral, Estudio de la mujer a través de los epitafios. Rituales y honores funerarios en la Colonia Tárraco. En ella nos propusimos hacer una revisión de las inscripciones funerarias que recibieron las mujeres de la Tarragona
romana y el "ager tarraconensis", ofreciendo un detallado análisis del patrón de conmemoración fúnebre en el ámbito femenino.

Alberto MONTANER, «La mora Zaida, entre historia y leyenda (con una reflexión sobre la técnica historiográfica alfonsí)», en Historicist Essays on Hispano Medieval Narrative in Memory of Roger M. Walker, London, Maney Publishing for the MHRA, 2005 (Publications of the Modern Humanities Research Association, 16) [ISBN 1904350313], pp. 272-352.

Amtropos heu letum livida rupit opus! Huic ingrata tulit tristem Florentia fructum, 10 exilium, vati patria cruda suo, quem pia Guidonis gremio Ravenna Novelli gaudet honorati continuisse ducis, mille trecentenis ter septem Numinis anni, ad sua septembris ydibus astra redit ( § 91, I red.) 2 .

"L’epigrafia funeraria cristiana in versi a Milano ha un illustre iniziatore: il più antico epitaffio metrico, databile al 377-378, è quello dedicato da Ambrogio al fratello Satiro. Se la tradizione che lo vuole autore non ha conferme, essa indica tuttavia il punto di partenza della grande epigrafia milanese, emula e degna concorrente di quella della Roma di papa Damaso.
Le sue prime attestazioni sono legate al nome e all’epoca di Ambrogio: si devono alla sua opera la progressiva cristianizzazione dello spazio urbano mediante la costruzione di nuove basiliche e la promozione del culto dei martiri, con la conseguente sepoltura di defunti eccellenti presso le loro reliquie. In questo contesto si situano la comparsa sia dei primi epitaffi metrici sia dell’epigrafia monumentale cristiana, che ha ugualmente il suo fondatore in Ambrogio, che compose le iscrizioni dedicatorie per il fonte battesimale di Santa Tecla e per la Basilica di San Nazaro. Queste iscrizioni del tardo sec. IV e del principio del V operano un’attiva rielaborazione dei modelli classici piegandoli alle esigenze espressive e ideologiche della fede cristiana: lasceranno un’eredità che sarà coltivata lungo tutti i secoli successivi fino all’età carolingia e oltre. Una fiorente attività epigrafica si manifesta con continuità nel sec. V e ha un secondo importante capitolo sotto l’episcopato di Lorenzo I († 512), quando Ennodio, su commissione del vescovo, compone alcuni epigrammi che vengono inscritti sotto i ritratti dei suoi predecessori nella basilica di San Nazaro, e altri carmi dedicatori per i numerosi edifici restaurati o rinnovati per ordine di Lorenzo. L’epigrafia funeraria conosce numerose testimonianze databili tra V e VI secolo e l’alto livello stilistico dei componimenti denuncia la continuità di modelli e un mai spento rapporto con i classici. Nel sec. VII, in seguito all’invasione longobarda, le iscrizioni si fanno più rare e nessuna epigrafe di carattere funerario è attribuibile con certezza a tale secolo. Non si può da questo dedurre che l’epigrafia sia scomparsa con l’arrivo dei Longobardi: solo una piccola parte del patrimonio epigrafico milanese è sopravvissuta ai guasti della storia e nella selezione di ciò che è giunto fino a noi bisogna tenere conto dell’importanza del fattore del pregio letterario. Infatti il primo epitaffio che esce dalle tenebre dei secc. VII e VIII, quello del vescovo Natale († 751), e le altre rare
testimonianze epigrafiche di tale secolo, appaiono linguisticamente e stilisticamente assai inferiori rispetto a quelle dell’epoca tardoantica.
Tuttavia l’eredità della poesia funeraria dei secoli IV ex., V e VI potrà essere raccolta dai poeti carolingi grazie alla sua sopravvivenza e diffusione attraverso sillogi manoscritte.
Infatti, al volgere del sec. VIII, un colto pellegrino, probabilmente un franco, raccolse in una silloge urbana complessiva le iscrizioni presenti sui sepolcri e sui monumenti cittadini, sul modello di quanto era avvenuto per Roma nel sec. VII, con la silloge generale delle iscrizioni delle chiese urbane e dei cimiteri suburbani, e nel sec. VIII, con la raccolta delle iscrizioni della basilica di San Pietro e degli oratori adiacenti.
Lo scopo di queste sillogi era anche devozionale, e per questo motivo erano provviste di note cronologiche e spesso legate a un itinerario della città (la cui esistenza per la silloge milanese non è provata).
Di questa antica silloge sopravvivono un apografo parziale contenuto nel ms. Vat. Pal. Lat. 833, formata nel sec. IX, e una serie di componimenti riconducibili a una silloge il cui archetipo, non più esistente, risale forse al sec. XI, ed è testimoniata dalle opere di Goffredo da Bussero, Andrea Alciato e Giovanni Battista Fontana. Entrambe queste sillogi, anche se trasmesse da manoscritti di epoche differenti, risalgono alla fine del sec. VIII e sono da ricondurre alla medesima grande raccolta. La forma in cui si presentano, senza note cronologiche e organizzate secondo criteri metrico-stilistici o tematici, deriva dal fatto che nei sec. IX e X le grandi sillogi complete, perduta la funzione devozionale, divennero modelli poetici.
Queste due sillogi conservano la maggior parte delle iscrizioni milanesi comprese tra i secc. IV e VIII. Di un solo epitaffio, quello di Cervia Abundantia, sopravvive la lapide originale; mentre quella di Manlia Daedalia è una copia successiva. Viene ad integrare il corpus trasmesso dalle due raccolte antiche la silloge composta nel sec. XVI dall’umanista Andrea Alciato.
Il corpus di epitaffi metrici cristiani compresi tra sec. IV e VIII si costituisce così di sedici componimenti, risalenti principalmente ai sec. IV, V e VI.
Lo scopo del presente studio è di raccogliere questo patrimonio di poesia funeraria anteriore all’età carolingia e studiarne la tradizione, la struttura e le fonti."

Исходным пунктом для доклада служит феномен «читабельности» кладбища, которая в европейской культуре стала остро осознаваться с XVII в., когда возникла мода на кладбищенские прогулки и на чтение надгробных памятников. В эту эпоху появляется сравнение кладбища со школой и библиотекой-хранилищем подлинной мудрости, противостоящей ложной книжной учености. Как особая «книга» надгробие не сводится к одной лишь эпитафии, но представляет собой сложение текстов, которое в известном смысле изоморфно архитектурному устройству надгробия как сложения камней. Тексты, сложенные в надгробие, объединены общей задачей толкования: они толкуют факт смерти с разных точек зрения. Эти точки зрения в целом соответствуют четырем базовым смыслам средневековой герменевтической системы многосмысленного толкования. Буквальный смысл в тексте надгробия дан в биографической информации об умершем; моральный-в свидетельствах земных межчеловеческих отношений; аллегорический-в косвенном и образном, нередко стихотворном выражении религиозной идеи пока еще из земной перспективы; анагогический-в выражении идеи бессмертия из перспективы трансцендентной, как бы уже из «Царства Небесного». Если в архитектурном плане надгробие подобно дому, сложенному из камней, то и в текстуально-смысловом плане оно-«дом», сложенный из смыслов. Сравнение системы смыслов с домом присутствует у самих средневековых герменевтов, например, у Храбана Мавра (буквальный смысл-«фундамент дома души», аллегорический и моральный-его стены, анагогический-его крыша). Как и реальный дом, кладбищенский «дом смыслов» образует как единое целое благодаря связующему материалу, своего рода словесному цементу. В качестве такого материала выступают определенные текстовые приемы, прежде всего-сложная система обращений, пронизывающих собой надгробные надписи. Чрезвычайно разнообразные, они включают обращения мертвого к живому человеку; мертвого или живого-к Богу; живого-к мертвому; а также обращения, автор и/или адресат которых не поддаются однозначному определению.

Il presente lavoro, incentrato sulla storia del lavoro e dei lavoratori nel mondo romano, si propone di ricostruire, attraverso l'epigrafia monumentale, l'identità e il profilo socio-economico di alcuni individui vissuti a Mutina o nel suo ager in età tardorepubblicana e altoimperiale. Si tratta di alcuni uomini e una donna le cui iscrizioni, di natura prevalentemente funeraria, ricordano diverse figure professionali: un aurifex, un copo,  un medicus, un negotians lanarius, un praeceptor, un tonsor, diversi vestiarii, un vicesimarius, un possibile unctor e una vilica. Nel testo si formulano inoltre alcune ipotesi in merito alle funzioni esercitate in ambito domestico dai cosiddetti "delicia" o "pueri delicati"; vengono infine analizzati i tre gentilizi di derivazione professionale finora attestati nel Modenese: Aerarius, Aurarius e Purpurarius. Quest'ultimo nome, in particolare, fino a oggi sembrerebbe attestato esclusivamente nella colonia di Mutina e nel suo ager.

When Michelangelo died in Rome in 1564, his body was transported back to his native Florence for an honourable state funeral. The event was an extravagant multi-step affair because of the deep sentiments many Florentines genuinely felt for the master and also because of what Michelangelo-regularly identified as 'il divino'-had come to symbolize to the artistic and cultural superiority of the Florentine state which only the year before had launched the Accademia del Disegno with Michelangelo at the spiritual helm. The funeral involved a procession and a rapid formal burial in Michelangelo's own parish of S. Croce followed by a lengthy public mourning over an elaborately decorated catafalque set up in the Medici parish of San Lorenzo. 1 Both the sepulchre and the catafalque received the attention of letterati in the form of verses in the Latin and Italian. About the S. Croce sepulchre, Vasari wrote, When the people had calmed down, it was ordered to place him in a sepulchre in the church next to the Cavalcanti altar, by the door that leads into the cloister of the chapter-house. While this was happening, the news had spread through the city, and such a multitude of young people came to see him that that it was difficult to close the sepulchre. And if it had been day, instead of night, they would have been forced to leave it open many hours in order to satisfy everyone. The following morning, while the painters and sculptors were beginning arrange for his honouring, great minds, of which there have always been many in Florence began to attach above the aforementioned sepulchre verses both Latin and in Italian, and thus it continued for some time; but those compositions that were printed at that time were only a small part with respect to the many which were written. 2 * Earlier versions of this study were presented at the Cambridge Society for Neo-Latin Studies (Clare College, Cambridge University, 2001) and the Renaissance Society of America (Venice, 2010). The author would like to thank participants of those venues and especially Nadia Cannata who carefully read this manuscript prior to its publication for their helpful comments and bibliographic references. 1 On Michelangelo's funeral, see Rudolf and Margot Wittkower, The Divine Michelangelo, London: Phaidon Publishers, 1964. 2 'Passata poi la furia del popolo, si diede ordine di metterlo in un deposito in chiesa a canto all'altare de' Cavalcanti per me' la porta che va nel chiostro del Capitolo. In quel mezzo, sparsasi la voce per la città, vi concorse tanta moltitudine di giovani per vederlo, che fu gran fatica il potere chiudere il deposito. E se era di giorno, come fu di notte, sarebbe stato forza lasciarlo stare aperto molte ore per sodisfare all'universale. La mattina seguente, mentre si cominciava dai pittori e scultori a dare ordine all'onoranza, cominciava belli ingegni, di che è sempre Fiorenza abondantissima, ad appiccare sopra detto deposito versi latini e volgari, e così per buona pezza fu continuato, in tanto che quelli componimenti che allora furono stampati furono piccola parte a rispetto de' molti che furono fatti' from Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori nelle redazioni del 1550 e 1568, edited by Rosanna Bettarini and with commentary by Paola Barocchi, 9 vols to date. Firenze, Sansoni, 1966-, vol. 6, 128. Unless otherwise noted, English translations are the author's.

Il patrimonio epigrafico lapidario modenese, che attualmente comprende circa 300 iscrizioni, ha restituito più di 160 menzioni relative a schiave, liberte e ingenuae vissute a Mutina e nell'ager Mutinensis tra la seconda metà del I secolo a.C. e la prima metà del IV secolo d.C. Le epigrafi esaminate mettono in luce alcuni interessanti aspetti relativi alla condizione femminile nella splendidissima colonia emiliana e, più in generale, nella società romana.

L’Afrique du Nord présente une densité d’épitaphes tardo-antiques élevée, uniquement comparable à celle de l’Italie. Cette contribution donne un bilan des problèmes et des progrès de la recherche funéraire tardive en Afrique pendant les dernières trois décades. A l’aide de quelques études de cas en Tunisie et en Algérie nous examinons les épitaphes dans leurs contextes originaux sur le plan spatial, rituel et social. Des nouvelles cartes de SIG (avec indications sur la chronologie, les types, et les métiers) visualisent les mutations de la culture épigraphique tardive en Afrique et les diversités régionales. Avec ces nouveaux moyens il est possible de fournir une synthèse actuelle du paysage funéraire tardo-antique de l’Afrique.

I'll be delivering a short version of this draft paper at CAMWS 2018, and discussing this longer version at the Chicago Regional Workshop organized by Alexander Loney later this month, in preparation for a volume on Vergil and Elegy edited by Alison Keith and Micah Myers. I'd love your thoughts!

Embedded within the transition from life to death, epitaphs reveal aspects about important boundaries in life, and for Roman women in Late Antiquity this boundary was between childhood and womanhood. Early Christianity accepted girls into marriage with either a man or with Christ. Marital imagery surrounds the epitaphs of young women whether or not they were in one of these two states. Verse epitaphs dedicated to young women demonstrate parents lamenting their daughters (ICUR 7.18944, ICUR 9.24125, ICUR 8.20819) or men grieving their wives (ICUR 10.27296, ICI 6.41, ICI 9.14). This paper will discuss the boundaries between childhood and womanhood, as defined by their role in a marital relationship, through means of verse funerary epitaphs. In looking at six poetic epitaphs in the third and fourth centuries CE, the boundary between life and death illuminates the collective and individual expectations thrust upon girls as they transitioned from childhood to womanhood.

Un esempio di ambizione sociale e orgoglio professionale da Mutina: la stele del tonsor Lucius Rubrius Stabilio Primus -Luogo di ritrovamento: Modena, via Emilia Est -via Pelusia (1999). -Contesto di riferimento: necropoli orientale di Mutina. -Datazione: prima metà I sec. d.C. (tipologia monumento, paleografia, formulario, iconografia). -Luogo di conservazione: Lapidario Romano dei Musei Civici di Modena.

In this paper the scholar offers the first really critical edition of the Epitaphium Leandri, Isidori et Florentinae (ICERV 272), founded on all existing manuscripts. He examines too the textual tradition of this work and analyzes his metrical and linguistic properties.

A study of fictive orality in the Republican epitaphs of the CLE reveals that two categories of fictive orality are especially rare, and moreover limited to a specific situation: in a corpus of forty-nine inscriptions, only two (CIL I² 1603, CIL I² 10) are addressed to the deceased, and only two (CIL I² 1223b, CIL I² 1215) feature a speech by the deceased to specific still-living individuals; in all four cases the subjects died prematurely. These two categories of fictive orality seem, then, to be licensed specifically by premature death.

This paper examines these four poems; as it explores how each kind of fictive orality is implemented, how each engages with the content of the epitaph, and why the use of these kinds of fictive orality might have been limited to cases of premature death, it also considers the even more compelling question of whether such speeches suggest an expectation of communication between the living and the dead.

Nec minus interea Misenum in litore Teucri flebant et cineri ingrato suprema ferebant. principio pinguem taedis et robore secto ingentem struxere pyram, cui frondibus atris 215 intexunt latera et feralis ante cupressos constituunt, decorantque super fulgentibus armis. pars calidos latices et aena undantia flammis expediunt, corpusque lavant frigentis et unguunt. fit gemitus. tum membra toro defleta reponunt 220 purpureasque super vestis, velamina nota, coniciunt. pars ingenti subiere feretro, triste ministerium, et subiectam more parentum aversi tenuere facem. congesta cremantur turea dona, dapes, fuso crateres olivo. 225 postquam conlapsi cineres et flamma quievit, reliquias vino et bibulam lavere favillam, ossaque lecta cado texit Corynaeus aeno. idem ter socios pura circumtulit unda spargens rore levi et ramo felicis olivae, 230 lustravitque viros dixitque novissima verba. at pius Aeneas ingenti mole sepulcrum imponit suaque arma viro remumque tubamque monte sub aerio, qui nunc Misenus ab illo dicitur aeternumque tenet per saecula nomen. 235 Verg. Aen. 6, 212-235 Lamentation Funeral pyre Anointment Prothesis Cremation Ossilegium Lustratio Insignia 1

"During recent rescue excavations conducted on Petra Zoranića
square in Zadar, the remains of an earlier-known church were
discovered, which has been identified as the Church of St. Peter of
the Windlass mentioned in medieval documents. A sarcophagus
with an engraved epitaph of Georgius, preist and recluse, was
found in the south-west corner of the church. The sarcophagus
fully corresponds to the formational and decorative standards of
identical monuments from the latter half of the eighth and first half
of the ninth centuries."

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The article proposes the documentation relating to the epitaphs that adorned the lost grave of King Alfonso II of Aragon in the Cathedral of Messina. These texts are analyzed both under the historical aspect and in relation to their literary and textual dimension.

L'epigramma III, 59 di Marziale offre lo spunto per riflettere sul ruolo delle categorie sociali subalterne nelle città romane, con particolare riferimento a Bononia e a Mutina, dove un ciabattino e un lavandaio, dice il poeta, offrirono spettacoli di gladiatori alle rispettive comunità. Marziale potrebbe avere citato due categorie professionali particolarmente umili (il sutor e il fullo) per evidenziare lo scandalo, tuttavia, è anche possibile che queste due citazioni nascondano precisi riferimenti all'economia e alla storia sociale delle due città emiliane.

This paper examines Latin epitaphs which particularly focus on the career of mime actresses. These epitaphs have a personal attachment to the mimes and give us an opportunity to look at their lives in a different direction. While most of the literary sources shed a negative view on these actresses it is important to discuss aspects unspoken of them. Here, I discuss the epitaphs related to Claudia (CIL 6.10106 II) Arete (CIL 6.10107) and Ecloga (CIL 6.10110) focusing on the importance of the terms archimima, heredes, primus and diurnus, and how these terms become significant to their careers. Secondly, I examine the importance of the patron and the early age of death of these actresses.
    Claudia and Arete are the only two known archimimae in epitaphs who are acclaimed with the phrase, archimima sui temporis prima. For one thing, the title archimima is a challenging term to decipher. Archimima is known as the “protagonist” of the show (Panayotakis 2006), “head comedienne” (Traina 2001) and also, she might “have seen to the plot-line or the script” and “approved” of the scene (Panayotakis 2006). Although there is hardly any evidence on Roman female mimographers, as Fantham defines these “largely improvisational” performances’ plot is devised by the archimimus/a along with assigning the cast specific dialogues to improvise (Fantham 1989). Case’s chapter on “Women Pioneers” deals with the mimes as a starting point in history where women were involved in devising a plot and claiming the mimes as “the first women playwrights” (Case 2008).
    Arete’s epitaph indicates her career as a wealthy archimima. The epitaph states that she set up this tomb for her parents, the members of the Fabian family, herself and a few others. These fourteen named people are believed to be freed persons belonging to her or it could be a list of actors that worked for her (Starks 2004). The term diurnus (daily) is an “uncommon” term and appears specially with archimimus/a and it might signify that they were paid for holding this position (Maxwell 1992). Heredes (heirs) give the idea that the dead mime actress’s legend will be carried on by them. Both Claudia and Arete had heirs, implying “their pride of ownership and occupation” (Starks 2004). Arete states about her property and her will and she wants her property to be shared among the named persons only, further indicating their bond within the troupe. 
    Ecloga’s epitaph shows that whoever set up her epitaph wanted to make the world remember her as the mime of King Juba of Mauretania. Thus, her identity is aligned with a royal political leader of her time. Another recurrent factor in the epitaphs of the female actresses is their early age of death. Ecloga has died at the age of 18 and other actresses such as Eucharis and Hellas at 14 and Luria Privata at 19 (CIL 12.1214, CIL 12.1916, CIL 6.10111 II). When did they start their careers in life to be praised in their teens? This further shows the plight of these mimes who had a very short childhood or none.
    If a woman appearing on stage was considered a low condition, then why would an epitaph set up by her parents or relatives want people to remember that she was a mime? It shows that for them, it wasn’t a disgrace but an achievement in life (Hov 2015). These epitaphs manifest the power, the authority they had in the society. Claudia or Arete remain in history because they had enough wealth to commission a tomb for themselves. There must be so many untold stories due to their poverty and their social status. Many of the ancient writers remembered them either due to their association with politicians or for their scandalous behaviors. Thus, objectifying the mime actresses made people forget that they also led a life far more complex and powerful as opposed to being a mere object of pleasure for men.

In this short paper the author presents the first transcription and the analysis of the text of Sidonius Apollinaris’ epitaph as it is transmitted by a manuscript of a private collection. The author proposes also a reconstruction of the history of this manuscript never studied and its most important features with a short commentary of the text of this epitaph. This text is quite different from the text of Sidonius’ epitaph contained in the ms. Madrid, BNE, 9448 (= C) usually used and quoted by the critic.

This article presents an analysis of the neo-Punic funerary inscriptions construed with the verb ṭnʾ - traditionally translated as “to erect.” A new etymology and meaning of this verb is presented. Furthermore, other morpho-syntactic issues are discussed, including the usage of z as a relative pronoun in neo-Punic.

Edition, translation and commentary of Hidalgo's epitaph, printed in 1604 in his Thesaurus of True Surgery. It was written in a baroque style by his son-in-law, a professor of Medicine at the University of Seville. He erroneously placed the ancient city of Ategua in his home town of Marchena. He might have also composed two elegiac couplets for Hidalgo's portrait, which are also edited and translated here. The structure, classical expression and some contents of the epitaph are based on the epitaph engraved in the Renaissance tomb of Cardinal Mendoza in the Cathedral of Seville a century before. The article also deals with the life and work of Hidalgo (1530-1597), his practical teachings on Surgery, and his new method of immediately healing wounds, based on a commentary by Galen, which is also copied and translated.

This paper studies the use of writing in the Roman province of Aquitaine, a province that can be described in several senses as bipartite. Like our province, our work is made up of two parts: the first examines the appearance and disappearance of writing in aquitaine through epigraphic data in Roman times; the second, in the form of an appendix, summarizes the actions taken by the Ausonius institute so that what was written in aquitaine during antiquity, whichever language it was in, will be codified and maintained indefinitely in the PETRAE database.
Este trabajo estudia el uso de la escritura en la provincia romana de Aquitania, una provincia que podemos calificar en varios sentidos de bimembre. Como nuestra provincia, nuestro trabajo tendrá dos partes: la primera será un análisis de la aparición y la desaparición de la escritura en Aquitania a través de los datos epigráficos en época romana, la segunda, a modo de apéndice, será una síntesis de las acciones llevadas a cabo desde el instituto Ausonius para que la escritura de la antigüedad aquitana, sea cual fuere la lengua que esta transmitía, sea codificada y registrada para siempre a través de la base de datos PETRAE.

L'articolo è dedicato allo studio del raro gentilizio Purpurarius, noto dalla metà degli anni '80 del secolo scorso e attestato finora solo a Mutina. Il presente contributo rappresenta anche l'occasione per confermare, a partire dalle indicazioni di Albino Garzetti, l'origine modenese della stele di Ti. Purpurarius Saturninus, che fu segnalata per la prima volta a Ossimo Inferiore ed è oggi conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Cividate Camuno.

La stele modenese del tonsor L. Rubrius Stabilio Primus si rivela una fonte preziosa per riflettere su varie problematiche legate alla considerazione del lavoro nel mondo antico. Molto interessante e complessa è anche la storia familiare di questo antico professionista.

Tutti i diritti riservati Proprietà artistica e letteraria riservata per tutti i Paesi Ogni riproduzione, anche parziale, è vietata Stampa Tipografia S. Giuseppe srl, Pollenza (MC) Questo volume è stato pubblicato con il patrocinio del Comune di Cori 5 Presentazione L a duplice paternità di questo volume, come affermato dagli stessi Curatori «sintesi tra i Quaderni dell'Archivio storico e i Quaderni del Museo della città e del territorio», testimonia una volta di più l'energia e il dinamismo degli istituti culturali della città di Cori. E non da oggi. Un itinerario lungo e variegato di studi, ricerche, iniziative, che senza dubbio hanno ricevuto impulso e sostegno da queste istituzioni e tuttavia non hanno mai smesso di ricercare un dialogo fecondo con la comunità più vasta degli studiosi, accademici e non. Ne sono un esempio le pagine che seguono, la cui genesi va rintracciata nella Giornata di studio Cori nel Medioevo. Memoria e sopravvivenze promossa dal Dipartimento di Storia dell'Arte della "Sapienza" e dall'Archivio storico comunale di Cori e svoltasi il 15 giugno 2013 presso la sala conferenze del Museo cittadino. Con questa pubblicazione, arricchitasi nel tempo di molteplici contributi, una tessera preziosa si aggiunge dunque al mosaico degli studi fioriti nel corso degli ultimi anni sul periodo medievale a Cori. Studi che, come ben detto altrove, «hanno avuto il merito di capovolgere la convinzione che la grave carenza delle fonti impedisse ogni tentativo di comprendere meglio le vicende di Cori nel Medioevo». Vicende certamente condizionate dal secolare e complesso legame con il territorio circostante, la pianura pontina, ossia la vicinanza con la via Appia, e la necessità nondimeno di combattere il drago della malaria, che trovano qui l'occasione per affreschi di ampio respiro o per descrizioni attente e minuziose di aspetti più di dettaglio. In ogni caso, una lettura sempre piacevole nonché istruttiva. E utilizzo quest'ultimo termine non a caso, perché sono convinto che si dovrebbe trovare il modo di far arrivare questo testo, intendo dire il suo messaggio, all'interno delle nostre scuole. Venendo al mio ruolo, a proposito della tradizione di studi sopra menzionata, mi verrebbe da dire che abbiamo il dovere di mantenerla viva, amministrazione comunale e non solo, per tutelare quegli elementi essenziali di ogni comunità, che sono la memoria e la conoscenza del proprio passato. Senza le quali, la stessa identità locale, di sicuro un valore, non può avere solide fondamenta.

The Great Northern War (1700-1721) between Sweden and Denmark saw the tension between these two nations rise to unprecedented levels. When the Swedish king Charles XII was killed in 1718, Danish poets saw that occasion as their ultimate chance to revel in anti-Swedish lampoons. Most remarkable among these invectives was the so-called Fredrikshald Monument. The obelisk’s Latin and Danish inscriptions represent a witty form of early modern propaganda. They were given the form of traditional epitaphs, yet their content pushed contemporary boundaries for what an invective could include. The article places these unusual epigraphs within their contemporary theoretical framework, which was shaped by handbooks such as Christian Weise’s De poësi hodiernorum politicorum sive de argutis inscriptionibus (1678). In addition, it examines the Swedish reaction to them. The analysis highlights the significance of this type of art and literature as a political tool.

Il saggio è dedicato ad alcune figure professionali del mondo romano legate alla lavorazione e alla vendita dell'oro e di manufatti realizzati con questo metallo prezioso. Nel testo si analizzano in particolare le testimonianze epigrafiche di Roma e quelle di Mutina nel cui territorio, secondo un'antica tradizione popolare, sarebbe stato possibile estrarre masse aurifere.

In this paper I intend to study a particular variant of Latin inscriptions, that is to say, the epitaphs devoted to Dean Pedro Bencomo (1749-1828) and also provide their edition and translation. As all of them were written in the 19th century, the aim is to examine whether their structure is similar to that of the Classical or the Rennaissance epitahs. I. INTRODUCCIÓN Uno de los legados fundamentales que nos ha dejado la Antigüedad son las inscripciones, tanto en su variante festiva o con¬ memorativa, como en la vertiente sobre la que, en este estudio, voy a centrar mi atención por ser, si no de las más frecuentes, sí la más carac¬ terística: me refiero al epitafio latino. Repasando en la Vida Literaria de Francisco Martínez de Fuentes1 una serie de notas para un trabajo anterior, pude dar con unos epita¬ fios en latín2, dedicados al Deán Pedro José Bencomo3, los cuales, por 1 La Vida literaria se localiza en la Biblioteca de la Real Sociedad Económica de Amigos del País de Tenerife (en adelante RSEAPT) y consta de varios volúmenes. Las inscripciones ocupan el volumen IV (tomo VIII) de dicha obra (sign. 22/ 33). 2 Estos epitafios latinos hacen un total de diez. Los mismos van precedidos por un comentario sobre su contenido. Por ello podemos saber que todos los epitafios fueron realizados motu proprio, «de su producción», excepto el primero que le fue confiado por «el Sor. Racionero Martinón» (cf. Vida literaria, fol. 16 v.). 2 A. Millares (Biobibliografía de escritores canarios [siglos XVI, XVII y XVIII], tomo II, letras B-C, El Museo Canario, Excma. Mancomunidad de Cabildos de Las Palmas,

The visible use of spolia in late antique Rome seems comparable to the way classical remains are reused more broadly in late antique culture, whether that be classical motifs in art, or classical texts in poetry. In the same way that antiquities were spoliated to adorn the Arch of Constantine with the borrowed prestige of the past, classical motifs were reused to frame a Christian present, not just as part of traditional Roman culture, but as its fulfilment.