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Caro Ferruccio,
abbiamo letto con attenzione il tuo editoriale e ne condividiamo i messaggi principali.

Sono passati cinque anni, forse anche qualcuno in più (se ti ricordi, il primo Venture Camp ospitato da te in Sala Buzzati al Corriere della Sera risale al 2009), e grandi risultati all’orizzonte non se ne intravedono.

L’unica certezza (provata dalla nostra ultima ricerca “Scaleup Europe” di cui a dicembre pubblicheremo il focus sull’Italia) è che il nostro paese ha un gap spaventoso con il resto dell’Europa, senza scomodare Stati Uniti e Silicon Valley.
Non solo nei confronti del Regno Unito, di gran lunga, la locomotiva dell’innovazione in Europa (hanno oltre 10 volte più scaleup di noi), ma anche di Francia e Germania. E, se confrontiamo le dimensioni relative, l’Italia batte il passo anche nei confronti dei paesi scandinavi e di paesi come Belgio, Olanda e Portogallo.

I dati riflettono un’evidenza: siamo partiti tardi e andiamo troppo piano (i dati sugli investimenti che menzioni scoloriscono non solo di fronte al piano Macron, ma anche nei confronti di quanto fatto dalla Francia con Hollande e dalla stessa Spagna).

Però, c’è un però. Che va considerato prima  di buttare via, con la tanta acqua sporca, il bimbo startup nostrano.
Il però è che siamo partiti.

Dietro alla moda, alle dichiarazioni di facciata, ai programmi di marketing di alcune aziende, ai convegni, c’è una Nuova Italia che (pian piano) avanza e inizia a produrre i primi risultati in termini di scaleup, termine strano che usiamo per separare dalle intenzioni di impresa quelle che incominciano a produrre risultati tangibili, ossia occupazione, fatturato e crescita. Dietro ai pionieri Octo Telematics, 7 Pixel, Funambol, Decisyon ci sono ora società come Moneyfarm, Musement, Facility Live, Mosaicoon, Cloud4Wi, Satispay, BeMyEye, Shopfully, Beintoo e Buzzooleche si stanno affermando a livello internazionale.

E dietro a queste, ci sono energia e aria nuova. Che si respira non solo nelle grandi città (la diatriba tra Roma e Milano è stucchevole quanto inutile), ma anche e soprattutto nella provincia, al Sud e nelle Isole. Vediamo questa energia nei ragazzi che arrivano da ogni parte di Italia per partecipare alla nostra School a San Francisco e che non hanno problemi a confrontarsi in inglese con startup di tutto il mondo. Sono sempre di più e sono sempre più motivati e sempre meno propensi a lamentarsi su cosa manca in Italia ma pronti a rimboccarsi le maniche e fare succedere cose (o almeno a provarci).

Questa è la base su cui costruire una nuova Italia. Base che sta emergendo da questa generazione, dopo che le generazioni precedenti avevano – non sappiamo esattamente perché – smarrito la tensione imprenditoriale.

Ma non aspettiamoci da questa base di vedere crescere grattacieli se non buttiamo cemento in quantità. E il cemento si chiama venture capital, merce quanto mai rara alle nostre latitudini.

Ad maiora (almeno si spera),
Alberto Onetti e Marco Marinucci