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Al posto del carbone, 830mila dollari: è quanto hanno trovato nella calza della befana i ragazzi di Buzzoole, la scaleup di influencer marketing guidata da Fabrizio Perrone. Un’iniezione di capitale che si inserisce in un processo di crescita che dal 2013, anno della sua nascita, non si è mai arrestato.

A scommettere su di loro un fondo di Venture capital russo, IMPULSE (secondo le indiscrezioni dietro le quinte ci sarebbe il miliardario Roman Abramovič) e il venture svizzero R301, guidato da Alessandro Rivetti e Nader Sabbaghian.

Nel 2016 le campagne sostenute dai brand attraverso la piattaforma sono più che raddoppiate, per un totale di 80mila contenuti, il 23% dei quali totalmente virale, e circa 2 milioni di interazioni. A oggi in Buzzoole lavorano una cinquantina di persone, distribuite tra Napoli, Roma, Milano e Londra.

Per comprendere meglio le potenzialità di questo mercato e quali saranno le prossime mosse di Buzzoole alla luce del nuovo finanziamento, abbiamo fatto due chiacchiere con il CEO, Fabrizio Perrone.

Fabrizio, tanta acqua è passata sotto “il ponte” dalla prima volta che ci siamo incontrati a Napoli.

Sì, ci avevate selezionati nel 2014 allo Startup Expo in occasione di Go Global Now, l’evento che avevate organizzato nel capoluogo campano all’interno dei progetti SEP Matching Event e “From Vesuvio to Silicon Valley”. A quel tempo Buzzoole aveva solo un anno di vita e ancora non immaginavamo tutto quello che poi sarebbe successo. Voi avevate visto giusto, assegnandoci un posto alla vostra School a San Francisco.

Da allora cosa è cambiato per Buzzoole?

Quasi tutto, a parte il nome e il board (ride, ndr): scherzo, a noi founder [Fabrizio Perrone, CEO, Gennaro Varriale, CTO, Luca Pignataro, Art Director, Luca Camillo, System Engineer, ndr] si sono aggiunte tante validissime persone – oltre 50 – che ci hanno permesso di crescere molto velocemente. Non ultimo Gianluca Perrelli che da settembre 2016 riveste il ruolo di Managing Director.

board buzzoole

Anche i riconoscimenti non sono mancati, soprattutto a livello internazionale.

Sì, nel 2013 siamo stati nominati come “la startup più innovativa nell’ambito dei big data, real time e predictive analysis” da SAP e l’anno successivo ci siamo qualificati tra le prime 8 startup su oltre 24.000 selezionate da tutto il mondo all’Intel Business Challenge Europe. A fine 2016 stati selezionati per l’Unilever Foundry Startup Street e per il Global Entrepreneur Programme di UK Trade&Investment e oggi siamo proprio all’interno del programma Unilever Foundry. Nel frattempo abbiamo aperto nuove sedi a Milano, Roma e Londra, oltre a quella storica di Napoli. E grazie al nuovo finanziamento contiamo di aprirne almeno altre due a breve, una delle quali in Russia.

Tanti riconoscimenti. E a livello di fundraising?

Dopo il primo seed da 180mila euro abbiamo chiuso 2 round per 1.2 milioni di euro guidato da Digital Magics e R301. E ora stiamo festeggiando la convertible note da 830mila dollari chiusa nei primi giorni del 2017 con il fondo russo Impulse VC e la venture firm svizzera R301.

Sembra insomma che quello dell’influencer marketing sia un mercato molto richiesto ultimamente. Buzzoole in buona sostanza come funziona?

Buzzoole è una piattaforma di Influencer Marketing in grado di connettere i brand ai giusti influencer della rete grazie all’utilizzo dei big-data, con l’obiettivo di stimolare le conversazioni intorno alle loro campagne. In breve abbiamo sviluppato un algoritmo proprietario basata sulla raccolta e l’analisi di big-data che permette di attribuire a ciascun influencer della rete e per ciascun topic di discussione un determinato valore di influenza. Sulla base di questi indici, Buzzoole indirizza i brand nella selezione e nel coinvolgimento degli influencer più in target assistendoli nella gestione dell’intera campagna e consentendo loro di monitorare in real-time la performance delle attività.

logo buzzoole

Come riuscite a coinvolgere gli influencer nelle campagne dei brand?
Noi proponiamo le campagne dei brand agli influencer volontariamente iscritti in piattaforma. Sta a loro decidere se aderire o meno, in linea con il loro apprezzamento per il singolo brand o settore merceologico. Molto spesso chi aderisce a una campagna è un utente che già produce contenuti per quel brand e che in ogni caso ne produrrebbe perché appassionato. Noi interveniamo per proporre un avvicinamento dell’utente al brand, coinvolgendolo nelle campagne e premiandolo per ogni contenuto prodotto attraverso un sistema di gamification che permette di accumulare crediti Buzzoole a titolo di ricompensa, spendibili su portali e-commerce.

Non si tratta di “marchette” per i brand?

No, nel modo più assoluto. Se un influencer fa una “marchetta” oggi e la ripete anche domani, alla fine l’utente si accorge che non è più attendibile e autorevole sul topic in questione e lo abbandona. Per questo motivo noi ingaggiamo influencer già attivi e appassionati di determinati topic, con mente critica e forte personalità, che difficilmente produrrebbero contenuti soltanto perché retribuiti. Tutto questo è confermato anche dall’analisi dei nostri dati: il 23% dei contenuti prodotti nelle campagne risulta totalmente “virale”, cioè pubblicato “in più” o dagli stessi influencer coinvolti oppure dai rispettivi follower, in maniera totalmente spontanea e gratuita.

Il nuovo finanziamento come verrà utilizzato? Quali sono le prossime mosse per Buzzoole?

La convertible note ci servirà sicuramente a portare avanti il programma di espansione internazionale. Ovviamente, data la partnership con IMPULSE, nutriamo grande aspettative verso la Russia, che mostra uno dei mercati a più alto tasso di crescita in termini di investimenti in social media e la mancanza di un big player di riferimento. Seguiranno Francia, Spagna e India.

È notizia di questi giorni il programma Erasmus Startup in Campania con borse di studio per la mobilità internazionale. Che consigli dareste a chi sta cominciando o comunque è ancora in fase early-stage?

Si tratta sicuramente di una grande opportunità. Il confronto con il mercato internazionale e con le regole dei big player è un appuntamento obbligato per un progetto che intende crescere, perciò prima questo avviene meglio è. Se potessimo tornare indietro useremmo certamente questi fondi per un’esperienza all’estero, possibilmente in Silicon Valley. Chissà, magari proprio alla School di Mind the Bridge, che consente di fare un buon reality check della propria idea e business plan nel posto più avanzato al mondo. Non necessariamente per restarci, ma per confrontarsi e tornare indietro rafforzati.