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Ultimo aggiornamento lunedì 23 maggio 2022
La vera storia dello scrittore Miguel Unamuno, inizialmente a favore di Franco, cambiò totalmente idea rischiando la vita per seguire i suoi ideali. Il film ha ottenuto 17 candidature e vinto 5 Goya, In Italia al Box Office Lettera a Franco ha incassato 13,6 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Dopo il colpo di stato spagnolo del luglio 1936, il rettore dell'Università di Salamanca Miguel de Unamuno appoggia il ritorno all'ordine favorito dai militari e si scontra con i colleghi e amici Atiliano, pastore evangelista, e Salvador, membro del Partito socialista. Mentre dal Marocco il generale Franco si appresta a diventare il leader delle forze nazionaliste impegnate nella guerra civile, Unamano viene prima rimosso dalla sua carica dal governo repubblicano e poi reintrodotto dai golpisti e incaricato dal generale José Millán-Astray di redigerne il manifesto. Con l'arresto dei suoi amici, però, l'anziano intellettuale matura la presa di coscienza e al momento di celebrare l'ingresso di Franco a Salamanca saprà opporsi al nascente regime fascista.
Alejandro Amenábar ricostruisce una fase cruciale della storia spagnola del Novecento dal punto di vista di un anziano pensatore convinto di poter esprimere liberamente il proprio pensiero, ma schiacciato dalla macchina propagandistica.
È sempre difficile - ma inevitabile, nel caso del cinema pensato per il grande pubblico - mettere in scena la Storia con esattezza, incanalando in una narrazione coerente e progressiva le spinte, le contraddizioni e le sovrapposizioni degli eventi passati. Lettera a Franco, che nel 2019 ha segnato il ritorno di Alejandro Amenábar in Spagna quattordici anni dopo Mare dentro, racconta la genesi della guerra civile spagnola con un approccio il più analitico possibile, attraverso la vicenda biografica di un'illustre figura della cultura dell'epoca, per molti il più grande poeta del Novecento con l'amico Federico García Lorca (ucciso dai falangisti proprio nei giorni del golpe).
La sceneggiatura scritta con Alejandro Hernández cerca il più possibile la distanza dai fatti, in una prospettiva che se non è propriamente revisionista fa di tutto per replicare la visione dello stesso Miguel de Unamuno, equidistante da entrambe le posizioni in lotta dopo aver sconfessato la parte golpista inizialmente abbracciata. È noto che prima di morire d'infarto in seguito ai fatti raccontati dal film, il professore e poeta disse che la guerra civile era per il suo paese una «barbarie unanime»: «Eccola», scirsse, «la mia povera Spagna, si sta dissanguando, rovinando, avvelenando e instupidendo...».
Colpisce, in Lettera a Franco, il modo in cui è rappresentato il generale Franco, futuro caudillo inizialmente riluttante di fronte all'enormità del potere che avrebbe riunito nelle sue mani: il ritratto è quello di un uomo piccolo piccolo, quasi impaurito e passivo, laddove il futuro responsabile della propaganda monarchica, José Millán-Astray, è dipinto come il vero artefice delle azioni dell'esercito, con alle spalle gli ispiratori nazisti.
Amenabar non vuole tanto riflettere sulle forze in guerra e sulla fine del progetto repubblicano a opera delle forze fasciste, ma sulla responsabilità individuale di fronte all'incidere della Storia, in una prospettiva individualista e astorica (nonostante il tema) tipica della nostra epoca. Il problema della sua impostazione è soprattutto di natura stilistica (per non dire cinematografica), dal momento che l'impaginazione anonima, la ricostruzione storica accurata ma fredda e il passo romanzesco del racconto, più che privilegiare uno sguardo soggettivo, creano al contrario l'impressione di un discorso oggettivo, storicistico, facile da scambiare per documentato e autentico.
Della complessità di una vicenda che avrebbe condotto la Spagna verso un regime fascista responsabile per i successivi quarant'anni dell'isolamento e dell'arretratezza del paese, il film non riporta in realtà quasi nulla, privilegiando la tragedia individuale a quella collettiva. Il ritratto di Unamuno è unidimensionale, la sua parabola dall'adesione all'opposizione al regime è quella tipica di un eroe riluttante (in questo senso quasi un doppio di Franco...), mentre le contraddizioni dell'uomo e dell'intellettuale sono dichiarate in modo didascalico, "recitate" dal testo, mai lasciate in carico alle immagini, che sono al servizio della ricostruzione e della recitazione (notevole in tal senso la prova del veterano Karra Elejalde).
In patria il film è stato accusato di imprecisione storiche (necessarie come sempre alle necessità drammatiche della trama) e attaccato dalla destra per il ritratto eccessivamente negativo di Millán-Astray. La cosa più grave, però, al di là dell'anonimità del prodotto da parte di un regista un tempo promettente, è quella di aver ripreso la lezione conciliante di Unamano - che all'epoca invitava al dialogo gli hunos con gli hotros - togliendola dal suo contesto e proiettandola nel futuro della Spagna, come se la guerra civile fosse stata voluta da entrambe le parti. Se non è revisionismo, è una semplificazione difficile da condividere.
LETTERA A FRANCO disponibile in DVD o BluRay |
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Ti costringeva a prendere in mano il Don Chisciotte. Quello dei mulini a vento, che tutti sappiamo ma che nessuno ha letto. A cominciare da me fino a quando m'imbattei in un libriccino scritto da Unamuno. Il mistico Basco ad ogni capitolo del capolavoro di Cervantes apponeva un suo commentino. Composto 30/40 prima della guerra, forse già allora ci fu qualche immedesimazione.
La guerra civile spagnola vide 2 diverse Spagne che si scontrarono mortalmente. Il film uscito nel 2019 ha la regia di Alejandro Amenabar (The others, Mare dentro) ricostruisce l'inizio della guerra civile spagnola incentrando la vicenda sullla personalità dello scrittore Miguel Unamuno. Due osservazioni la guerra civile non scoppiò che formalmente con la sollevazione militare giustificat [...] Vai alla recensione »
Esprime una riflessione esplicitamente politica il nuovo film di Alejandro Amenàbar, Mientras dure la guerra, in programma al 37° Torino Film Festival dopo aver partecipato a quelli di Toronto e San Sebastian. Il cineasta cileno ma da sempre residente in Spagna di cui è cittadino, ha deciso di rivisitare i prodromi del franchismo assumendo il punto di vista del grande intellettuale e scrittore Miguel [...] Vai alla recensione »
Alejandro Amenábar, regista di Lettera a Franco, è nato a Santiago del Cile poco più di 50 anni fa. La madre, spagnola, aveva accompagnato anni prima in Sudamerica la sorella, il cui marito fuggiva dalla repressione del regime di Francisco Franco. Ma quasi subito gli è toccata in sorte anche un'altra fuga, stavolta all'indietro, verso la Spagna, per il pericolo di conseguenze sulla sua famiglia del [...] Vai alla recensione »
Spagna, luglio 1936: il colpo di Stato dei nazionalisti (sostenuti dai nazifascisti) contro la Repubblica dà inizio alla Guerra civile. A Salamanca, lo scrittore e filosofo basco Miguel De Unamuno, settantenne rettore dell'università locale, è ormai un uomo disilluso, indurito e sempre più solo. Ostile alle sinistre, appoggia gli insorti. Ma, mentre emerge la leadership del generale Francisco Franco [...] Vai alla recensione »
Miguel, rettore dell'università di Salamanca, è uno scrittore disincantato, incompreso, finito. Divenuto suo malgrado simbolo del governo golpista di Franco, vive lontano dal tempo, nella sua casa-fortezza piena zeppa di libri e ricordi. Quando i militari franchisti invadono l'università, ritrova lo spirito combattivo di sempre e si lancia nella sua ultima battaglia di parole e sentimento.
Quando il settantenne Miguel de Unamuno, protagonista di Lettera a Franco, acconsente a fermarsi sull'arida strada di campagna che stanno percorrendo, Salvador è esausto. La méta, che dista ancora 64 impossibili km di cammino, è il primo caffè nel quale Unamuno crede possa esserci un numero troppo elevato di fascisti. Qualche giorno prima, un gruppo di questi lo aveva fermato sull'uscio di quello di [...] Vai alla recensione »
La Guerra civile spagnola ma dal punto di vista del caudillo Francisco Franco che rovesciò la repubblica, compresa la battuta «i rossi hanno bruciato chiese e conventi!» (anche se non di martiri e santi si trattava, ma della rete clericale di potere che garrotava le Asturie, e non solo). L'idea forte di Alejandro Amenábar, figlio di un'esule spagnola rifugiatasi in Cile, cineasta-musicista attratto [...] Vai alla recensione »
È un regista che ci ha finora dispensato il suo cinema con una certa parsimonia, Alejandro Amenábar. Parliamo, infatti, di sette film in ventitre anni di carriera, tre dei quali (il celebrato affresco storico di Agora, il thriller Regression, e quest'ultimo Lettera a Franco, in originale Mientras dure la guerra) diretti nel corso dell'ultimo decennio.
La bandiera della Seconda repubblica spagnola svetta tirata dal vento e da un color seppia iniziale acquista a poco a poco il suo tricolore, segno che la Storia sta per tornare in vita. A essere rievocati sono gli eventi del 1936, della sanguinosa guerra civile che portò Franco al potere. Nel film però non vediamo mai un'uccisione, un corpo ferito, un assalto; si odono spari in lontananza, alcune persone [...] Vai alla recensione »
In un'Europa spostata sempre più a destra, Alejandro Amenabar interviene tornando all'insegnamento della storia con Mientras dure la guerra, (Finché dura la guerra) che racconta il periodo precedente alla presa del potere del caudillo Francisco Franco nella Spagna del 1936. Il regista cileno naturalizzato spagnolo, dagli innumerevoli premi Goya, Gran premio della giuria e premio Oscar per Mare dentro [...] Vai alla recensione »
Lo spagnolo Alejandro Amenábar (Mare dentro, The Others) conferma con Mientras dure la guerra, suo ritorno a girare in patria dopo quindici anni, quel che cinematograficamente è: elegante, pulito, colto, ma anche imbelle, anodino, calligrafico. Problema, i difetti si sentono di più quando la storia è Storia, e della più brutte, Guerra Civile e presa di potere di Francisco Franco.
Spagna, estate 1936. Il celebre intellettuale Miguel de Unamuno, rettore dell'Università di Salamanca, si schiera pubblicamente in favore del colpo di Stato militare antisocialista, ritenendolo un argine all'odiato bolscevismo. Dopo la presa di potere del generalissimo Francisco Franco e in seguito all'incarcerazione di alcuni suoi cari amici, de Unamuno capisce di aver dato il suo appoggio a qualcosa [...] Vai alla recensione »