Turchia

The aim of this manual is to provide a coherent and balanced historical perspective of Turkish political life, the evolution of political ideas, and key interpretations read together with the main social and cultural transformations. The manual starts with the modernization process of the early nineteenth century, examines the main ideologies emerged since late 1800s, their evolutions through the decades, the key political events that shaped the political system, presents the key intellectuals and politicians at the centre of Turkey's political life, and ends by studying the AK Parti era.
The book has been conceived as a manual for university BA courses of Turkish Politics, Turkish political life, and Political History of Turkey. However, it is also a compact introduction for all those willing to understand contemporary Turkish politics.

The start of the Great War and the tumult it generated continued until the foundation of the Republic of Turkey in 1923. Among the tragedies that happened in Turkish regions, that of Pontus, was characterised by massive killings, deportations, ethnic cleansings and other atrocities, which resulted in the disappearance of Christians without distinction to race, sect or nationality.

On top of that tragedy and for a different point of view in the study of those years, the testimony of Cirillo Giovanni Zohrabiàn is a valuable contribution. Born in Erzurum in 1881, Zohrabiàn was an Armenian Catholic of the Order of Friars Minor Capuchin. The records of his life between Erzurum and Trabzon in the years 1919-1923 were collected by him and published in Italian by Capuchins of Palermo in 1965 as his memories in Minor Asia.

In march 1923, the friar because of his assistance to Greeks of Pontus in terms of financial and humanitarian aid, was accused by Turkish authorities of being one of the leaders of Pontic Greek Committee, "the revolutionary Mesrob Sarkys". For that reason, he was expelled from Trabzon and sent by ship to Constantinople, where he was arrested, tortured and sentenced to death by hanging. Accused by the Turks, he sought for the help of the Dominican Order of the Church of SS Peter and Paul in Galata in order to prove his identity as friar. However, he was condemned to exile for helping the Greeks.

The aim of this paper is to expose the memories of Zorhabiàn. This would be the beginning of a research project on the Pontus tragedy based on Catholic archival and bibliography resources.

Due storie che si intrecciano. Una città: la meravigliosa Istanbul. Rossa all'alba e al tramonto, con le sue meravigliose cupole bianche e blu, i palazzi gioiello, le moschee, le candele, i bazar colorati, i profumi delle spezie, il calore della gente, il fuoco della rivoluzione.

This is the single comprehensive scientific book in Italian on the tragedy of the Circassians in the XIXth Century. On the strictly documentary side, it contains the full transcription of the documents of the Italian consulate in Trebisond and above all of very important documents in French that have been known until now only partly and imperfectly through English reports. The book is not only on the forced exodus of the Circassian but also on their merging in the growing Turkish nation and on the difficult emergence of the recollection of the experienced tragedy in the republican age. Comparisons with and reflexions on the much more known Armenian tragedy are present. Turkish translation published, English translation in progress.

Stato e alla capitale, anche alcuni contenuti essenziali della forma di Stato e di governo); prevedendo l'obbligo del giuramento di fedeltà dei parlamentari, dei membri dell'Esecutivo e del Capo dello Stato alla Costituzione ed ai valori del kemalismo (art. 81 Cost.).

This paper deals with the situation of the Caucasian-origined population of Tukey. It focuses on three aspects: the difficult, controversial shaping of its own identity; the experience of the review Jıneps, which aims at connecting the struggle for the recognizing of the Caucasian identities with a a more general struggle for the democratization of the Turkish society; and the Abkhazians, who, contrarily to the other sides of the Caucasian diaspora, look at Russia as a worthwhile ally.

This paper provides a critical insight in the uncommon history of the Turkish Jews in the Republican age: called to be testimonials of Turkish tolerance, they have been experiencing more troubles than in Ottoman age and look skeptical and uncertain about the possibility of real integration.

Primo paragrafo dell'Introduzione della tesi triennale, in cui si chiarisce il quadro storico che porta Biondo Flavio a scrivere il suo "De expeditione in Turcos", vero e proprio trattato geo-politico in forma di epistola inviato ad Alfonso il Magnanimo. Alla vigilia del 1° agosto 1453, data della stesura dell’epistola "Ad Alphonsum Aragonensem serenissimum regem de expeditione in Turcos", i territori conquistati dal "Magnus Turcus" erano sempre più numerosi: i nemici ottomani erano sempre più vicini alla penisola italiana e la minaccia riguardava anche gli Hungari e i Germani. Biondo era stato lungimirante, considerando che nell’aprile dell’anno precedente aveva pronunciato la sua "Oratio" alla presenza dello stesso Alfonso e dell’imperatore Federico III d’Asburgo in occasione delle nozze di quest’ultimo con l’infanta del Portogallo Eleonora d’Aviz.

L’invincibile Zoppo di ferro
di Francesco Gabrieli

recensione dell'illustre islamista Francesco Gabrieli sul romanzo di Enrico Bernard apparsa sul Messaggero di Roma il 1 luglio 1991 (p. 14)


Tamerlano (Timur lo Zoppo, ed etimologicamente “Lo Zoppo di ferro”, come suona il suo autentico nome) fu un emiro di stirpe turca, ma imparentato e in qualche modo erede e successore dei conquistatori mongoli che, calando nel primo Duecento con Gengis Khan dall’Asia centrale in quella anteriore, devastarono e terrorizzarono il mondo musulmano. Fattisi poi musulmani essi stessi, fondarono in Persia ed Iraq dinastie di sultani, mentre ad oriente, col gran Qubilai, estesero il loro impero sulla Cina.
Su questi precedenti si intesse l’avventura dello Zoppo, che abbraccia tutta la seconda metà del Trecento: dalla nativa Transoxiana (quello che oggi è l’Uzbekistan sovietico), l’onda procellosa di questo turco-mongolo conquistatore dilagò per l’Asia a oriente verso la Cina, a occidente verso il Mediterraneo.
Ciò che di essa più colpì i contemporanei e i posteri fu la sua rapida violenza, e le immani stragi che l’accompagnarono: da Samarcanda a Damasco, la conquista di Timur, come e più di ogni altra, si fondò su fiumi di sangue e, letteralmente, su torri o piramidi di teste umane troncate.
Tale fu la sua violenza, da arrestare per un momento il corso d’un’altra più durevole avventura di conquista, quella dei turchi Ottomani, quando nel 1402 la battaglia di Ankara di fronte Timur e il sultano ottomano Bayazid, “la folgore”, che, vinto e preso, finì di lì a poco i suoi giorni in una gabbia di ferro.
L’avventura ottomana riprese un po’ più tardi, quando l’impero del vincitore Tameralno si allargò coi suoi successori più ad oriente, in Persia e Transoxiana dove Timur era nato, e dove riposano tuttora in Samarcanda i suoi resti, nel mausoleo risplendente di auree piastrelle. Questa parte dell’impero da lui fondata si mantenne poi per un secolo sotto i suoi discendenti, i Timuridi, traboccando con uno di essi, Babur, a fondare l’impero Moghul d’India.
Per tornare ora allo Zoppo di ferro, scomparso nel 1405 mentre preparava una spedizione contro la Cina, egli fu certo un flagellum Dei nelle sue sterminatrici conquiste; ma allo spirito di cruenta violenza si unì in quel barbaro un singolare amore e desiderio dell’arte. Ovunque arrivava il suo dominio, era sua cura raccogliere e avviare (noi diremmo deportare) verso la sua patria d’origine architetti, decoratori, miniatori, ad abbellirla e dotarla di tesori più durevoli dei massacri che la conquista costava: ne son testimoni i monumenti e i cimeli dell’età timuride, uno dei più gloriosi capitoli della storia dell’arte islamica. E in cospetto di Timur, il cui barbaro fasto ci è destritto nella relazione dell’ambasciatore castigliano Clavigo, comparvero per un momento alcuni dei più alti rappresentanti della poesia e del pensiero musulmano medievale.
Il sommo lirico persiano Hafiz fu rimproverato dallo Zoppo, in quel memorando incontro, per aver detto in un suo famoso verso che per il neo dell’amato egli avrebbe ben dato Samarcanda e Bukhara (“Come hai osato dar via a tal vil prezzo queste gemme della mia corona?”). E nell’assedio di Damasco, ai primi del Quattrocento, Tamerlano si trovò di fronte come ambasciatore, per trattare la resa, il pensatore maghrebino Ibn Khaldùn, che fu l’ultimo bagliore della civiltà e storiografia musulmana classica prima che questa si addormentasse nel letargo del suo mancato Rinascimento.
Si trovarono allora di fronte il selvaggio Conquistatore e il grande teorico della storia islamica, scrutata nelle sue forze motrici e nella dinamica della sua evoluzione; ma quasi certo non di questo si trattò allora fra i due, bensì dei pratici patteggiamenti e compromessi della resa. Poi l’uno fece ritorno al suo impero di Transoxiana e l’altro all’ultima sua residenza d’Egitto.
Questa libresca anticipazione del “colossal”, con la sua colorita sceneggiatura, ha fatto riesumare in appendice, quasi a storico complemento, le pagine che dedicò a Tamerlano, nella sua Storia universale il Cantù (si poteva forse trovar di meglio, nell’orientalistica europea). A noi è piaciuto soprattutto il finale della pittoresca rapsodia; una quartina di Omar Khayyàm, sulla condizione umana, che lo Zoppo certo conobbe, e che in una più precisa versione dell’originale persiano suona così: “In senso proprio, non in via di metafora, noi siamo come le pedice del gioco, e il Destino è il giocatore. Giochiamo solo una partita sulla scacchiera dell’Essere, e torniamo uno ad uno nella cassetta del Nulla”.
Così, in un bel film sul Re Sole giovane vedemmo il sovrano potentissimo ripiegarsi a sera sulla constatazione dell’effimera vita; e così poté essere anche per lo Zoppo di ferro e la sua sanguigna meteora.

A Istanbul vi è un monumento che più di altri racchiude testimonianze preziose delle epoche, degli uomini e delle religioni che hanno attraversato la città turca: si tratta di Ayasofya, nota in Italia come “basilica di Santa Sofia”, oggi sede dell’omonimo museo.

Il complesso attuale è anche noto come”la terza chiesa”, in quanto ciò che noi ammiriamo oggi è essenzialmente la configurazione voluta da Giustiniano I nel VI secolo.

Sul fondo della navata destra si conserva un’altra importante opera che testimonia il passaggio nella storia dell’Imperatrice Zoe, al trono dal 1028 al 1050. Nel mosaico l’imperatrice venne ritratta insieme al marito Romano III Argiro, sposato per volontà del padre Costantino VIII.

L'articolo è una descrizione delle strutture templari presenti all'interno dei confini dell'antica città di Hattusha, prendendo in analisi la relazione del popolo Ittita con la religione autoctona e le influenze esterne delle religioni dei popoli vicini conquistati e integrati nella cultura ittita.

Less known and studied than its military, political and diplomatic aspects, the
demographic aspect of the decadence of the Ottoman Empire is not less important. Under
unfavourable conditions, the Ottoman state implemented demographic engineering in order
to provide decent subsistence and dwelling to the Muslim refugees coming mainly from the
territories seized by the Tsarist Empire and to increase control over the Christian communities.
The greatest (and most tragic) wave of refugees occurred in the years 1862–1864, when the
Tsarist Empire implemented a policy of extermination and expulsion of the native inhabitants
of Western Caucasus. Later, in the memory of the Balkan Christians, these refugees became
villains, as they were the tool of the Ottoman repressions. This long term process includes the
massive killings and bloody resettlement of the Anatolian Armenians in 1915, which must be
viewed not as a sudden starting point, but as a final “perfect storm” caused by the accumulation
of ominous factors.

I sistemi educativi rappresentano la cartina al tornasole del livello di democraticità e di sviluppo di ogni ordinamento. Come è stato autorevolmente osservato, infatti, nella società
contemporanea l'istruzione costituisce il fattore che, più di ogni altro, condiziona le opportunità di vita degli individui, incidendo in modo determinante sulle forme di partecipazione sociale e politica, sulle chance occupazionali, sui consumi culturali e sulle stesse condizioni di salute di un popolo. A riprova di ciò, basti considerare la puntuale attenzione che la Commissione europea rivolge da anni al campo dell'istruzione e della formazione, tanto da predisporre una vera e propria European strategy and co-operation in education and training che fissa dei precisi obiettivi da raggiungere. Il Commissario responsabile per l'istruzione, la cultura, il multilinguismo e la gioventù, Androulla Vassiliou, ha affermato di recente: “Gli Stati
membri devono intensificare gli sforzi per raggiungere i nostri obiettivi europei comuni(…) La spesa per l'istruzione è un buon investimento per l'occupazione e la crescita economica e si ripaga nel lungo periodo". Tali benchmarks non riguardano i soli Stati membri ma fungono altresì da parametri di valutazione dei Paesi candidati all'ingresso in UE, proprio come la Turchia.

La Turchia è una nazione oltremodo ricca da un punto di vista idrico. Per comprendere tale ricchezza basti pensare che il Tigri e l’Eufrate, due dei più famosi ed iconici corsi d’acqua del Medio Oriente (e non solo), sgorgano proprio dalle montagne anatoliche situate all’interno dei confini turchi. Ciò conferisce ad Ankara un enorme potere in chiave geopolitica, soprattutto verso i Paesi arabi a valle, da sempre alle prese con preoccupanti crisi di approvvigionamento idrico. Nel corso degli ultimi decenni la Turchia ha investito copiosamente in Anatolia allo scopo di realizzare imponenti dighe e centrali idroelettriche in grado di usare l’acqua per scopi produttivi. Il frutto di questi investimenti è il Güneydoğu Anadolu Projesi (GAP) o “Progetto dell’Anatolia Sud-Orientale”. Si tratta di un complesso sistema di infrastrutture idriche in grado di generare molta energia idroelettrica e di regolare il flusso di acqua che scorre verso altre nazioni mediorientali. In virtù della propria abbondanza in fatto di risorse idriche e, soprattutto, vista la scarsità di tali risorse in tutto l’altopiano arabico e il Vicino Oriente, Ankara da tempo utilizza l’acqua come strumento diplomatico per promuovere strategie di politica estera. In questo report, oltre ad una disamina tecnica del GAP turco, si analizzeranno vari casi ascrivibili alla cosiddetta “diplomazia dell’acqua” turca.

Riassunto. Questo studio nasce da una questione di natura imagologica: l’immagine dei turchi in generale e in particolare il modo in cui il
film Fuga di mezzanotte viene recensito e veicolato da critica e stampa italiane, hanno favorito la diffusione di numerosi fraintendimenti
e difficoltà di comprensione tra le culture occidentali e in particolare la cultura italiana e quella turca. Lo scopo di questa indagine è di
individuare quali siano gli elementi presenti nel film e nella critica e stampa italiane responsabili di una tale lettura distorta della realtà turca
ed analizzarne le motivazioni. Il lavoro è di ambito generale e non ha la pretesa di costituire una rassegna esauriente della tematica presa in
considerazione. Metodologicamente, lo studio si basa su una analisi di secondo livello. I risultati della ricerca mettono in evidenza che
secondo alcuni critici il film Fuga di mezzanotte ha contribuito a generare nell’immaginario culturale occidentale ed in particolare in quello
italiano l’idea che la Turchia sia un paese pericoloso, dove persone innocenti vengono arbitrariamente arrestate, processate e condannate,
mentre i turchi sono dei barbari da temere ed odiare. Altri adottano invece un approccio più critico nell’analisi della pellicola, affermando
che i turchi rappresentati nel film non sono altro che personaggi dalla valenza caricaturale, degni di un fumetto, perché la sceneggiatura,
priva di qualsiasi senso reale, imbastisce varie situazioni del tutto inventate che limitano gli orizzonti, confermano le paure e i pregiudizi
degli spettatori, alimentandone al contempo i risentimenti più miseri. In ultima analisi, emerge il fatto che il regista di Fuga di mezzanotte
non è interessato alla realtà turca e anche le poche volte in cui vi si sofferma tende a favorire un approccio filtrato e frutto di manipolazione.

Abstract. The starting point of this study was the recognition of a problem related to imagology: the Turkish images generally, and the
Italian press’ reception of the film Midnight Express particularly, appear to have had considerable potential to foster mutual incomprehension
between Italians and Turks. The purpose of the paper is to indicate how and why this film, and the discourse about it, posed such an obstacle
to intercultural understanding. The paper does not claim to cover all aspects of the issue under investigation but offers an introductory
survey. In terms of methodology, it is a secondary analysis. The findings of the study reveal that, according to some reviewers, Midnight
Express depicts Turkey as a dangerous country where innocent people are arrested, put on trial and condemned; the film even suggests that
Turks are barbarians who deserve to be hated. Other reviewers offer a more critical view of the film, arguing that the Turks in it are little
more than cartoon-like characters, that the screenplay of the film is often entirely unreal, and that the film’s various made-up scenes serve
purely to narrow the horizons of viewers, confirming their fears, prejudices and resentments. In the final analysis, the reality of Turkey seems
to be of little interest to the director of Midnigt Express, who presents a filtered image of this reality, preserving only those elements that are
useful for him; the image of Turkey is always the result of a manipulation in the film.

«Nella ricerca dell’anima malinconica della sua città natale, ha scoperto nuovi simboli per rappresentare lo scontro e l’interrelazione tra le diverse culture» : questa la motivazione dell’assegnazione del premio Nobel per la letteratura a Orhan Pamuk nel 2006. Il rapporto viscerale che lo lega alla sua città, per certi versi paragonabile a quello di James Joyce a Dublino, è forse la cifra più originale e rilevante dell’opera di Pamuk. In effetti tutti i suoi romanzi, con l’unica eccezione di Neve, sono ambientati ad Istanbul, straordinario palcoscenico di un’umanità che risulta vera proprio nella misura in cui interagisce con la realtà della città, per nulla idealizzata e pure a suo modo così sublime. Tuttavia l’Istanbul di Pamuk non rappresenta solamente una notevole capacità di descrivere luoghi ed usarli come scenario per le vicende narrate, ma qualcosa di molto più profondo, cioè un’idea originale del concetto stesso di città(…)

Pur essendo il monumento più studiato di tutta la Turchia e Patrimonio dell‟Umanità, la
storia delle ricerche a Santa Sofia risente della mancanza di collegamento tra i vari dati
ottenuti nel corso del tempo dai numerosi progetti di ricerca sia turchi che
internazionali.Scopo del presente lavoro è riuscire a mettere a disposizione della comunità scientifica
un modello tridimensionale che rappresenti l‟interfaccia di consultazione di un database
interattivo multimediale, una piattaforma in cui potranno confluire tutti i dati che
esistono sul monumento e che derivano dalle diverse ricerche condotte su Santa Sofia.

Catalogo della mostra tenutasi a Rho (Mi) dal titolo "Giornale di Carovana. L'Oriente attraverso gli occhi di un patriota milanese dimenticato: Felice De Vecchi". Raccontato, attraverso disegni e oggetti riportati da Felice De Vecchi, il viaggio intrapreso nel Vicino Oriente tra il 1841 e il 1842 insieme all'esploratore Gaetano Osculati.

This study examines two research questions: the first is why involvement in Somalia made Turkey a ‘hybrid’ actor in Africa; the second is how Turkish engagement could be explained in such crisis situations where all other external actors and the international community were unable to solve the problems and unwilling to fully commit.
This chapter aims to show that Turkish rapprochement toward Africa has made Turkey a regional actor different from the traditional western powers, as well as from the emerging non-western ones. The study of the Somali case is an attempt to analyze and explain the characteristics, benefits, challenges and limits of Turkey’s actions in the Horn of Africa.

This paper explains how Republican Turkey - State authorities, writers and population - have interpreted and remembered the Balkan wars and especially the sorrowful massive process of massacre and expulsion of Turkish/Muslim communities, pointing out the psychologic remotion imposed by the Republican regime.

Negli ultimi anni, ma ancor più negli ultimi mesi, la Turchia è tornata al centro dell’attenzione mediatica. Questo paese ha dimostrato un dinamismo politico e sociale e un fermento culturale importante. In meno di quindici anni la Turchia ha visto un partito di ispirazione islamica salire al governo, l’avvio dei negoziati di adesione all’Unione Europea, una crescita economica esponenziale e, infine, l’affermazione come potenza a livello regionale. Inoltre le pressioni dell’Ue sul governo dell’Akp per una maggiore tutela dei diritti umani hanno, in un primo tempo, portato a sviluppi positivi nella questione delle minoranze, in particolare quella curda. Tuttavia, soprattutto nell’ultimo anno, il paese sembra aver perduto il suo equilibrio interno a causa degli attentati e a causa di un crescente autoritarismo; sono aumentati gli omicidi perpetrati contro sacerdoti cristiani e le violenze contro curdi e armeni. Per comprendere la Turchia di oggi si deve sicuramente considerare il suo passato ottomano, la sua evoluzione, i colpi di stato dell’esercito e la sua crescita a potenza nel Medio Oriente. Sarà da seguire, inoltre, il futuro prossimo e osservare come la rivoluzione del Confederalismo Democratico curdo si evolverà e influenzerà il sud del paese.

Il seguente saggio, attraverso la disamina di documenti diplomatici statunitensi ed una letteratura in lingua inglese, francese e turca, analizza le riforme che hanno contrassegnato l’esercizio di Adnan Menderes e gli eventi interni ed esterni che hanno mutato radicalmente la società turca negli anni Cinquanta. Si analizzeranno inoltre le dinamiche sociali e politiche sfociate nel golpe del 1960, conclusosi con l’esecuzione per condanna a morte di Menderes nel 1961.

At the eve of his brilliant diplomatic career, a young Carlo Sforza was serving at the Italian Embassy in Constantinople where it was a privileged witness of the Ottoman Empire new course. The Young Turk revolution stood as a challenge for the old political system in order to project the whole Empire towards the pursued modernity. Following the dramatic days of the Turkish counter-revolution on April 1909 and the consequent downfall of the Sultan Abdul Hamid II, Carlo Sforza was a watchful observer and a pragmatic witness of this unique historical moment not only for the Ottoman history but also for the shaping of the new Turkish nation after the First War World.

La Turchia moderna sorge dopo i conflitti che dal 1911 al 1923 provocano il crollo dell’Impero Ottomano. La memoria di Gallipoli e le gesta delle truppe turche nella guerra dii indipendenza restano vive, come la paura dell’accerchiamento esterno e delle rivolte interne.

Textile production played an important role in all ancient societies. Spindle whorls and loom weights are the only ar- chaeological evidence of textile activities in many early prehistoric contexts. Nevertheless, the combination of factors involved in their study provide multifaceted information not only on the specialised handicraft activities but also on the dynamics of settlement organisation and layout. The present work focuses on the evolution of spinning and weaving implements at Mer- sin-Yumuktepe (Turkey), from their first appearance in the Late Neolithic (early 6th millennium BC), to their extensive use in an organised pre-urban context (mid-5th millennium BC). The considerable variation in form, raw material, size and weight of the implements suggests that these are decisive characteristics for defining tool function and spinning and weaving methods through time. The evaluation of the importance of textile production among the prehistoric craft activities and the analysis of tool functionality, technology and recovery contexts demonstrate how textile production significantly reflected changes in style, technology and social organisation in this crucial period.

L'inaugurazione dell'esposizione avrà luogo al Museo Storico del Mutuo Soccorso di Pinerolo (To)  il giorno 11 Ottobre 2015 alle ore 12.

Il giorno 3 Maggio 1863 alcuni operai Italiani appartenenti alla Comunità Italiana di Costantinopoli, stabilirono di costituire una Società ispirandosi ai principi di fratellanza e ne definirono lo Statuto. Fu così che in data 17 Maggio 1863 nacque il primo sodalizio italiano a Costantinopoli che con il motto “Chi ama la patria la onori con le opere”, prese il nome di Società Operaia Italiana di Mutuo Soccorso in Costantinopoli. Furono eletti all’unanimità come Presidente Effettivo della Società, l’Eroe dei Due Mondi Giuseppe Garibaldi e come Presidente Onorario Giuseppe Mazzini. Lo scopo principale della Società Operaia era la fratellanza degli operai, il mutuo soccorso, la beneficenza, il miglioramento delle condizioni morali e materiali dei lavoratori, l’istruzione, l’incremento degli interessi nazionali e il decoro del nome italiano.

Il percorso della Società Operaia ci permette di ripercorrere storicamente i 152 anni trascorsi dalla sua fondazione e di scoprire nuovi tasselli dell’emigrazione italiana nel Mediterraneo Orientale e in Turchia, che resta ad oggi una parte di storia italiana ancora poco approfondita. Il percorso espositivo darà voce alla memoria storica vivente della Società Operaia di Mutuo Soccorso in Costantinopoli con un film documentario che ci farà comprendere al meglio il complesso ambiente italo-levantino della città e "l'eredità culturale italiana" lasciata sul territorio e alla sua trasformazione in atto. Preziosa è la testimonianza del socio più anziano, il signor Angelo Teresi, classe 1923, oriundo di Palermo, levantino.

Even before the great transoceanic migrations took millions
of Italians to the Americas, a great number of «Little Italies» mushroomed across and around the Mare Nostrum. The vitality of these communities is little known, although Italian ethnic press flourished, from Greece to Malta and from Tunisia to Egypt, starting in the first half of the nineteenth century. This paper focuses on a later case, The unfolding of a project for
an Italian newspaper to be published in Constantinople at the beginning of the twentieth century. Although the project ultimately folded, a vast throve of unpublished documents preserved in the Ansaldo Archives in Genoa, allowed the author to trace the negotiations surrounding the project in a dense correspondence between the Perrone family, who ran the Arsenal and did business with the Sublime Porte, and the nationalist journalist Rodolfo Foà stationed in Turkey – who defended Ansaldo's business.

Revisions of Turkish geopolitics in the light of the latest Arab upheavals still involving some Arab states, have changed the geopolitical Middle East contest, forcing the main actors to adapt quickly to the change and, sometimes, to the revisions of their own leadership in foreign politics.
Among these countries,  Turkey aspires to a leading role. As a matter of fact, the AKP, an Islamic moderate party whose geopolitical thought is well expressed by “Strategic Depth” doctrine of Ahmet Davutoğlu (Minister of Foreign Affairs) is aiming to make Turkey a main actor relaunching the historical Turkish/Ottoman role, as the point of junction between East and West.
During the last ten years, a political central position has added to geopolitical one and it has been characterized by evolving domestic situation where the emerging AKP, with leader Recep Tayyip Erdoğan, has promoted a new model in which tradition and Islam meet modernity and global market, obtaining excellent result strengthened by an unrestrainable economic growth.
Upheavals in Spring 2011 can be considered both a turning point for the whole Middle East and, meanwhile, a chance by Erdoğan to feed dominating ambitious regarding it. In the same time the imagine of Turkey as a winning model for other countries and people, is getting stronger and stronger. Upheavals have also marked the emerging of new regional competitors and this could threaten short term the Turkish geopolitical plans themselves. The “Strategic Depth” theorized by Davutoğlu had inevitably to undergo some of the changes in regional alterations. Contests, especially those ones connected with the directive of “no problems with neighbors” are menaced by Syrian crisis. Understanding the developing of Turkish foreign politics directives, can help to explain present day critical situations and to foresee future developments of Middle East arrangement.

Ottenuto il suo primo risultato elettorale, in Turchia e all'estero non furono pochi i dubbi sollevati sulla capacità del movimento di rispettare le istituzioni democratiche, il laicismo, i diritti civili, e le alleanze internazionali. Queste obiezioni non si sono mai sopite, eppure questi dieci anni hanno visto un veloce processo di democratizzazione, di apertura al mondo esterno, di prosperità per la società civile, e di riforme che ricordano e forse sorpassano la radicale rivoluzione kemalista. Il caso turco allora impone una riflessione su cosa siano veramente i movimenti politici musulmani, la loro ideologia, e la loro relazione con la religione. Prima di arrivare a questo, però, vale la pena di ripassare rapidamente alcune tappe della storia repubblicana turca, in quanto l'AK Parti nasce in un contesto sociale e politico molto particolare.

L'unico partito turco che negli ultimi due anni è in continua crescita nei sondaggi 1 e che sta attraendo l'attenzione della stampa internazionale è lo İyi Parti (Partito Buono, İP) guidato dall'unica leader donna, Meral Akşener. Si tratta di un partito di centro-destra che, in alleanza con il partito di centro-sinistra Cumhuriyet Halk Partisi (Partito Repubblicano del Popolo, CHP) ha permesso la conquista delle megalopoli turche nelle elezioni amministrative del 2019. Questa nuova formazione sarà sicuramente uno degli attori principali delle prossime elezioni politiche (previste per il giugno 2023) e, secondo molti osservatori, anche uno degli attori principali della Turchia post-Erdoğan. Infatti, Akşener si è già candidata alla Presidenza del Consiglio 2 , un'istituzione che è stata abolita nella riforma costituzionale che, nel 2017, ha concentrato tutti i poteri esecutivi nelle mani del Presidente della Repubblica. L'İP (insieme a tutti i partiti dell'opposizione), tuttavia, ha promesso di riportare al più presto il paese al sistema parlamentare e, svincolandosi dalle polemiche su chi sarà il candidato alle presidenziali, si candida di già a guidare l'esecutivo quando l'era del governo Erdoğan sarà finita. Questo appello sta diventato sempre più attraente alle orecchie degli elettori delusi dal fatto che il sistema presidenziale non ha migliorato per nulla la qualità della vita. Al contrario: dal referendum costituzionale del 16 aprile 2017, l'inflazione su base annua è passata dall'11,87% al 36,08% nell'ultimo mese del 2021 3. Il 16 aprile 2017, un euro poteva essere acquistato con 3,89 lire turche, mentre invece, nell'ultimo giorno di contrattazione del 2021 servivano ben 15,11 lire per acquistare un euro 4. All'aumento dei prezzi vanno aggiunti i timori dei turchi sulle restrizioni delle libertà e il netto deterioramento del sistema giudiziario che hanno accompagnato il sistema presidenziale. Non vi è dubbio che l'İP sia già uno degli attori principali della politica turca. Il partito sembra nato, però, con forti debolezze che rendono la sua capacità di crescere limitata. Questi limiti del nuovo partito ci dicono molto su quali potranno essere gli scenari politici in Turchia dopo le prossime elezioni politiche. Prima di sottolineare le debolezze del partito è necessario, però, fare un excursus sulla storia politica di Meral Akşener e del suo partito per poi studiarne il programma.

The topic of this work is how the Italians of Smyrna, the Italian Ministry of Foreign Affairs and some prominent Italian politicians conceived to restore and even reinforce Italian presence and power after the terrible fire which destroyed large areas of the city immediately after Turkish reconquest. These aims and project were conceived and discussed in the very same days when Fascist party came to power. The sad (for the Italians) reality of the new Turkey is depicted in an unforgettable report of an Italian officer.

This book was the the first comprehensive study on this issue. It enquires the involvement of Italy in the last step of the dissolution of the Ottoman Empire. After the WWI from the very beginning Italy acted much more as an adversary rather than a shareholder of the official allied Turk policy and supported the Turkish national struggle, in the hope to be rewarded in the future. A large trasversal front of public opinion - from the extreme left to the extreme right, including catholics - stood for Turks against English and Greeks. The failure of this soft-colonialist project had serious - before my book quite forgotten - effects in the lack of reputation of liberalism and in the coming to power of Mussolini.