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I principali templi Ittiti dall'antico regno al periodo imperiale

L'articolo è una descrizione delle strutture templari presenti all'interno dei confini dell'antica città di Hattusha, prendendo in analisi la relazione del popolo Ittita con la religione autoctona e le influenze esterne delle religioni dei popoli vicini conquistati e integrati nella cultura ittita.

I templi di Hattuša Corso di laurea in Scienze dei Beni Culturali Università di Pisa “I PRINCIPALI TEMPLI DI HATTUŠA DALL’ANTICO REGNO AL PERIODO IMPERIALE” (autore Federica Episcopo) relatore (Giuseppe Del Monte) sessione di laurea (Aprile 2008) Il candidato 1 I templi di Hattuša Sommario Abbreviazioni e Sigle _____________________________________3 CAPITOLO 1 ____________________________________________5 Più di un secolo di indagini ________________________________5 I.Hattuša: l’odierna Boğazkőy ________________________________________________________ 5 II. Gli scavi archeologici della città ___________________________________________________ 9 CAPITOLO 2 __________________________________________ 14 Storia e religione _______________________________________ 14 I. Storia___________________________________________________________________________ 14 II. Religione _______________________________________________________________________ 19 III. Culto, mitologia e usanze funebri ________________________________________________ 27 CAPITOLO 3 __________________________________________ 34 Templi e Santuari ______________________________________ 34 I. I Templi ________________________________________________________________________ 34 II. Il santuario rupestre di Yazilikaya _______________________________________________ 36 III. Il Tempio I (o Grande Tempio) e la Città bassa ____________________________________ 46 IV. Il quartiere di culto nella Città alta ______________________________________________ 56 V. Città alta e Templi II, III, IV, V __________________________________________________ 59 VI. Cittadella Meridionale e Tempio XXXI ___________________________________________ 63 VII. La camera dei geroglifici (vano 2) _______________________________________________ 65 Indice delle Immagini __________________________________ 74 BIBLIOGRAFIA _______________________________________ 76 2 I templi di Hattuša Abbreviazioni e Sigle AboT : Ankara Arkeoloji Műzesinde bulunan Boğazkőy Tableteri, Istanbul 1948 AfO : Archiv fűr Orientforshung, Berlin AGI : Archivio Glottologico Italiano, Firenze AJA : American Journal of Archaeology, Baltimore AOF : Altorientalische Forschungen, Berlin Ar.Or. : Archiv Orientalnì, Praha Bd. : Bordo della tavoletta BO : Bibliotheca Orientalis, Leiden Bo : numeri d’inventario di tavolette degli scavi 1906-1912 Bo anno/… : numeri d’inventario di tavolette degli scavi 1968 ss. CHD : H.G. Gűterbock & H.A. Hoffner, The Hittite Dictionary of the Oriental Insititute of the University of Chicago, Chicago 1980 ss. ChS : V. Haas, M. Salvini, I. Wegner, G. Wilhem (edd.), Corpus der hurritischen Sprachdenmäler, Roma 1984 CTH : E. Laroche, Catalogue des Textes Hittites, Paris 1971 EVO : Egitto e Vicino Oriente, Pisa HT : Hittite texts in the Cuneiform Character in the British Museum, London 1920 3 I templi di Hattuša KBo : Keilschrifttexte aus Boğazkőy, Leipzig/Berlin KUB : Keilschriften aus Boğazkőy, Berlin MIO : Mitteilungen des Instituts fűr Orientforschung, Berlin OA: Oriens antiquus, Roma RHA : Revue Hittite et Asianique, Paris StBoT : Studien zu den Boğazkőy Texten, Wiesbaden 4 I templi di Hattuša CAPITOLO 1 Più di un secolo di indagini I.Hattuša: l’odierna Boğazkőy Nel profondo cuore dell’Anatolia, approssimativamente a 150 Km ad est di Ankara e vicino al confine settentrionale dell’antica Cappadocia, è stato individuato il centro di un potente impero: Hattuša, la città capitale degli Ittiti (fig. 1). 5 I templi di Hattuša Figura 1 Pianta della città; nella pagina precedente: veduta aerea dell’antica città di Hattuša presso Boğazkőy 6 I templi di Hattuša Dal 1650/1600 al 1200 a.C. circa, i grandi re di Hattuša governarono un impero che raggiunse, attraverso le vaste occasionalmente anche conquistarono terre il Babilonia, dell’Anatolia, nord della mentre Siria; Troia fu apparentemente una delle loro città assoggettate. Oltre all'Egitto e all’Assiria/Babilonia gli Ittiti furono la terza superpotenza del Medio Oriente antico. I resti scavati di Hattuša hanno restituito finora l’area di un museo archeologico all’aperto, facente parte di un parco nazionale storico. Hattuša è inoltre uno dei nove luoghi, in Turchia, attualmente incluso nella Lista dei siti del Patrimonio mondiale dell’UNESCO. Secondo la Convenzione, per patrimonio culturale si intende un monumento, un gruppo di edifici o un sito di valore storico, estetico, archeologico, scientifico, etnologico o antropologico. Il patrimonio naturale, invece, indica rilevanti caratteristiche fisiche, biologiche e geologiche, nonché l'habitat di specie animali e vegetali in pericolo e aree di particolare valore scientifico ed estetico. 7 I templi di Hattuša “Il Patrimonio rappresenta l’eredità del passato di cui noi oggi beneficiamo e che trasmettiamo alle generazioni future”1. I nostri patrimoni, culturali e naturali, sono fonte insostituibile di vita e di ispirazione. Luoghi così unici e diversi quali le selvagge distese del Parco Nazionale di Serengeti in Africa Orientale, le Piramidi d’Egitto, la Grande barriera australiana e le cattedrali barocche dell’America latina costituiscono il nostro Patrimonio Mondiale. Ciò che rende eccezionale il concetto di Patrimonio Mondiale è la sua applicazione universale. “I siti del Patrimonio Mondiale appartengono a tutte le popolazioni del mondo, al di là dei territori nei quali esse sono collocati”. 1 Definizione data dall’Unesco 8 I templi di Hattuša II. Gli scavi archeologici della città Le rovine di questo sito furono visitate per la prima volta nel 1834 dal francese Charles Texier che successivamente pubblicò le sue osservazioni accompagnate da disegni tra i quali i rilievi del santuario rupestre di Yazilikaya posto nei pressi della capitale. Gli studiosi del tempo non seppero spiegare a quale popolo appartenessero quelle rovine e furono considerate molteplici teorie tra cui l’attribuzione ai Frigi oppure ai Lidi. Heinrich Barth suppose che si trattasse dell’antica città di Pteria menzionata da Erodoto nel primo libro delle “Historiae” ( I , 76 ). Nel 1882 Carl Human ricevette l’incarico di eseguire dei calchi di alcuni rilievi di Yazilikaya per conto dei Musei Reali di Berlino. Circa dieci anni più tardi, nel 1893-94, Ernst Chantre compì scavi di indagine archeologica a Yazilikaya, Boğazkőy presso quello che oggi è conosciuto come “Tempio I” e l’acropoli Büyükkale e portò alla luce numerosi frammenti di tavolette in lingua cuneiforme le quali dettero conferma della corrispondenza reale tra Egitto, del periodo 9 I templi di Hattuša di Tell-el-Amarna, e Arzawa. Successivamente, nel 1902, lo studioso Jőrgen Knudtzon sostenne che queste tavolette fossero scritte usando una lingua indoeuropea, ma la sua ipotesi non trovò consensi all’epoca. Nel 1905 venne effettuata una seconda spedizione archeologica a Boğazkőy da parte del tedesco Hugo Winckler con la collaborazione del turco Theodor Makridi (facenti parte rispettivamente dell’Università di Berlino e del Museo di Istanbul ). Gli scavi continuarono fino al 1912 e fu indagata la città bassa dove si trova il Tempio I; grazie a queste indagini fu possibile capire, attraverso molteplici testi in cuneiforme, che la zona di ricognizione era la terra di Hatti. Tre anni più tardi fu iniziata la copiatura dei testi rinvenuti negli scavi di Winckler e nel 1916 fu pubblicata la serie KBo (“Testi cuneiformi da Boğazkőy”) ad oggi ancora attiva con 43 volumi. Fino al 1989 queste tavolette furono conservate in Germania, anno in cui furono riconsegnate alla Turchia dove attualmente si trovano. Nel frattempo tra 1915 e il 1917 il linguista Bedrich Hrozný interpretava la lingua ittita nel suo libro “Die Sprache der Hethiter”, confermando la teoria di una lingua indoeuropea ed in seguito nel 1921 10 I templi di Hattuša fu pubblicata la serie KUB (“Documenti cuneiformi da Boğazkőy”) la quale vanta 60 volumi fino al 1990. Con la prima guerra mondiale s’interruppe la ricerca in Turchia. Riprese poi nel 1931 con Kurt Bittel che fino al 1972 scavò a Boğazkőy. Un’ulteriore interruzione delle indagini si verificò con la seconda guerra mondiale. In seguito vennero attuati alcuni scavi condotti dalla Repubblica Federale Tedesca. Dal 1972 al 1994 altri scavi presso Boğazkőy vennero diretti da Peter Neve, mentre dal 1994 le ricognizioni sono passate a Jürgen Seeher. Le campagne attuali ad Hattusha sono condotte ogni anno durante i mesi estivi, solitamente da luglio a settembre. Anche se questo è uno degli scavi più durevoli nel Medio Oriente - 67 stagioni finora - deve essere fatto ancora tanto. Determinate parti della città rimangono ad oggi non indagate ed inoltre i cimiteri della città attendono ancora di essere scoperti: finora né le sepolture reali né i cimiteri per le persone comuni sono stati individuati. Nel 1998 un progetto condotto su Büyükkaya, una parte dello scavo della città situato su una collina nel nordest della capitale, è stato concluso. Uno dei 11 I templi di Hattuša ritrovamenti principali in questo sito era uno stabilimento dell’Età del Ferro (XII – VIII sec. a.C.). Oltre a questo sono stati trovati, per la prima volta, i sili del grano in grandi pozzi, datati al periodo imperiale Ittita (XIV – XIII sec. a.C.). Il programma attuale dello scavo è ispirato a questo risultato e mette a fuoco due punti importanti: da una parte sono in esame le funzioni della base economica della città. A seguito degli scavi di Büyükkaya un altro grande complesso del deposito del grano è stato scavato nella città più bassa. Le migliaia di tonnellate di grano erano state conservate nelle stanze sotterranee fino alla profondità di sette metri sotto la superficie attuale. Quando il complesso andò a fuoco nel XVI sec. a.C., la maggior parte del grano si bruciò diventando cenere. In alcune stanze, tuttavia, diverse centinaia di tonnellate di grano carbonizzato, principalmente orzo, sono ancora conservate. Un'altra sfaccettatura della base economica è l’immagazzinamento dell’acqua. Nel 2000-2001 sono stati studiati gli Stagni Meridionali, cinque grandi bacini artificiali nella città superiore. Ciò chiarisce il rifornimento idrico della città e, in più, lo studio botanico del polline e 12 I templi di Hattuša delle piante provenienti dagli stagni renderà gli indizi per la ricostruzione del clima e delle funzioni dell'economia, per esempio la scelta e l’importazione delle piante della coltura ed il grado della deforestazione in quei tempi. Il secondo punto principale degli scavi attuali è l'indagine archeologica nella parte occidentale della città superiore. In questa superficie di circa 12 ettari nessuno scavo era stato condotto finora. Le domande primarie sono: c’era uno stabilimento in questa zona, qual era il relativo formato e scopo, e quando e per quanto tempo esso è esistito? Finora si è pensato che lo scopo di culto (cioè il ruolo di Hattusha come centro cultuale del regno) fosse l'unico motivo per l'ingrandimento della città nel XIV –XIII sec. a.C., quando una nuova parte della fortezza fu costruita intorno alla città superiore. Lo scavo attuale punta a risolvere questo problema. Sulla base della previsione geofisica, gli scavi sono cominciati nel 2001 nella valle ad ovest della roccia di Sarikale. Gli strati ittiti diffusi nel periodo dell'impero indicano un uso domestico piuttosto che una funzione ufficiale di questa zona. 13 I templi di Hattuša CAPITOLO 2 Storia e religione I. Storia Le prime notizie che possediamo sulla presenza di genti ittite in Anatolia risalgono alle tavolette paleoassire di Kűltepe (antica città di Kanish). Gli Ittiti sono un’antica popolazione dell’Asia Minore, di origine Indo-Europea, stanziatisi nella regione dell’Hatti, nel II millennio a.C. circa, nella parte centrale della penisola Anatolica delimitata a Nord, Ovest e Sud dal fiume Halys (attuale Kizil Irmak). Questa popolazione diede vita ad un fiorente impero, con capitale nella città di Hattuša (attuale Bogazkőy), il quale iniziò un primo processo di espansione intorno al 1680 a.C., sotto la guida dei re Labarna, Hattušili I e Muršili I, spingendosi con il tempo fino alle soglie dell’impero Babilonese all’incirca nel 1600 a.C.(fig. 2). 14 I templi di Hattuša Figura 2 Prima espansione del Regno Ittita nel periodo dell’Antico Regno. In seguito ci fu un periodo di disordini interni e di decadenza, con la perdita di molti dei territori conquistati. Un secondo periodo espansionistico, detto Imperiale (XV-XIII sec. a.C.), si ebbe con il sovrano Šuppiluliuma II (1380-1340 a.C.) il quale si occupò di stabilizzare la situazione interna ed intraprese poi con successo un’opera di riconquista dei territori perduti annettendo al suo impero la Siria e Mitanni, Kizzuwatna (Anatolia Sud orientale), Aleppo e Karkemish. Questa espansione fu poi continuata con i re Muršili II ( campagna in Siria) , Muwatalli II, protagonista della famosa battaglia di Qadesh contro il faraone Ramses II, e Hattušili III. Sotto quest’ ultimo in 15 I templi di Hattuša particolare l’impero, ormai esteso fino alla Palestina, godette di un periodo di grande prosperità(fig. 3). Figura 3 Seconda espansione del Regno ittita nel periodo Imperiale sotto Šuppiluliuma. Il regno cominciò in seguito a disgregarsi sotto la pressione dei “popoli del mare”, che tra il XII e XI sec. segnarono la fine del dominio Ittita(fig. 4). 16 I templi di Hattuša Figura 4 Incursioni dei “Popoli del Mare”. Numerose sono le testimonianze a noi pervenute di questa civiltà, soprattutto dell’Età Imperiale, fra cui fortificazioni, templi, bassorilievi, ceramiche ed importanti documenti scritti in carattere cuneiforme, che ci hanno permesso, anche grazie al ritrovamento di tavolette bilingui o trilingue, di ricostruire la lingua Ittita, appartenente al gruppo anatolico delle lingue indo-europee. Tra gli scritti rinvenuti, che comprendono traduzioni di opere babilonesi, rituali religiosi e codici legislativi, molto importanti sono gli annali e le cronache, che testimoniano un senso della storia non comune tra 17 I templi di Hattuša le antiche popolazioni mediorientali. Dal punto di vista dell'organizzazione il regno ittita aveva un carattere di tipo feudale, con il re che deteneva il potere sia politico che religioso. I diversi popoli assoggettati godevano però di una relativa autonomia, soprattutto religiosa, tanto che molti caratteri erano assorbiti dal culto ittita, che presenta forti influenze dell'area mesopotamica. Ciò era dovuto al fatto che molti territori conquistati erano organizzati in comunità che facevano capo ad un tempio, per cui nella loro opera di conquista gli Ittiti non fecero altro che mettersi alla guida dei templi e quindi delle relative comunità. Ne deriva un politeismo assai vario, legato alle singole realtà territoriali. Quando Hattuša diviene la capitale dello stato ittita sorge la necessità di elaborare una teologia di stato che legittimi la regalità. Così vengono redatti i testi di benedizione per la coppia reale, nei quali il re appare come il governatore del paese per conto della divinità, l’unico mediatore tra i sudditi e gli dèi, nonché il sommo sacerdote. Il re ittita porta il titolo “(mio) Sole”. 18 I templi di Hattuša II. Religione Le fonti scritte dell’Antico Regno riguardanti temi magico-religiosi giunte fino a noi sono scarse ed incomplete, ma fortunatamente ci hanno rivelato importanti nomi appartenenti a divinità che svelano una radice lessicale indo-europea (es: Šiwat “giorno”, “luce solare”) ma ciò non vuol dire necessariamente che l’origine stessa degli dèi fosse indo-europea. Infatti il termine Ittita che indica il dio è šiu-/šiuna-/šiuni- il quale riporta la stessa provenienza da cui derivano anche i termini theòs (greco) e deus (latino), anche se spesso è usato il termine sumerico DINGIR. Tracce di questa derivazione, non solo semantica, sembrano più evidenti verosimilmente nelle credenze delle popolazioni Luvie dove il nome del dio solare Tiwat deriva da quello del dio della luce solare indoeuropeo *Dyeu-. La caratteristica fondamentale della religione l’integrazione di ittita, culti come stranieri già nel detto, è proprio, attraverso la conquista delle popolazioni limitrofe e l’acquisizione della benevolenza della divinità straniera grazie all’assimilazione ad un proprio dio 19 I templi di Hattuša con caratteri comuni ad entrambi. Il popolo conquistato così diventava automaticamente sottomesso alla potenza Ittita. Con questo sistema il pantheon si ingrandiva sempre di più tanto che gli stessi Ittiti , quando parlavano delle loro divinità, utilizzavano l’espressione “I mille dèi di Hatti”. Ciascuna divinità era adorata per dare una risposta a tutto ciò che essi non riuscivano a spiegarsi. In questo modo nasce il dio della tempesta e del fulmine , più importante di tutti, quello della notte, del giorno, del sole e della luna. Non esisteva una gerarchia tra gli dei stranieri e locali e, ad oggi, ci sono stati tramandati con diversi nomi. I più importanti sono: Taru, nome hattico del dio della tempesta, conosciuto anche come Teshub presso gli Hurriti e come Tarhunta in lingua Luvia, mentre per i sumeri il nome era DU oppure DIM; Wurunshemu, nome hattico della dea del sole, della fertilità, sua sposa e regina della terra ittita (DUTU in sumerico); Telipinu, loro figlio e dio del raccolto (protagonista del mito Ittita del “dio scomparso”). A questa sorta di trinità ittita si univano: Ishtar (venerata anche come Sausga dagli hurriti), dea 20 I templi di Hattuša assiro-babilonese, sorella di Taru e dea della guerra e dell’amore, Sharrumma, fratello di Telipinu. Le divinità, che compongono questa particolare trinità, pratiche cercano del di rispondere popolo. Gli ittiti alle esigenze vivevano di agricoltura, per cui era importante non avere tempeste, avere una buona messe e la benevolenza della terra. La divinità principale, come detto in precedenza, era Tarhunta, dio della tempesta, del fulmine, del tuono e della pioggia che appare già nei testi di Kűltepe, il quale era rappresentato in forma antropomorfa e, a volte, zoomorfa con le sembianze di un toro, suo animale sacro e simbolo della forza, della virilità e della vitalità (fig. 5). Il toro, proprio perché considerato “signore”, “capo”, “re”, evoca la potenza spirituale e l’importanza dei poteri dei numi principali cui si riferisce. Per questo motivo il confronto con il toro ( nelle scene di “tauromachia” a Cnosso, o nelle “corride” in Spagna) è la manifestazione del più grande eroismo. Gli eroi famosi – Giasone, Eracle o Teseo – combattono contro tori favolosi. La prova a cui 21 I templi di Hattuša vengono sottoposti non è solo fiscica, ma riveste un significato psicologico. Vincendo, essi testimoniano il loro dominio sugli istinti, il controllo dei loro sensi e delle loro pulsioni. La sua importanza è inoltre attestata dal fatto che il toro è una delle quattro parti che compongono la Sfinge greca: Toro (forza fisica), Leone (forza emotiva), Aquila (forza intellettuale), Angelo (forza spirituale). Figura 5 Statua del dio della tempesta e statuette cerimoniali di due tori, animali sacri al dio, Museo di Civiltà Anatoliche, Ankara, Turchia. Esso era un dio celeste ed era la personificazione delle manifestazioni atmosferiche. Nei templi spesso era venerato solo sotto forma animale, infatti una statua di un toro era posta su un altare, come appare chiaro dalla decorazione di un 22 I templi di Hattuša vaso proveniente da Inandiktepe, datato Antico Regno (fig. 6). Figura 6 Vaso di Inandik: decorazione sul vaso con scene di musica e ballo durante un matrimonio. Nel terzo registro si nota l’altare con sopra la statua del Toro. Datazione Antico Regno (1600 a.C. circa), Museo di Civiltà Anatoliche, Ankara, Turchia. 23 I templi di Hattuša Questa statua era oggetto, verosimilmente, di invocazioni, venerazioni e rituali magici. Il dio della tempesta poteva essere anche sostituito dal dio della montagna, manifestazione tipica delle zone come l’Asia Minore e la Siria, ma fondamentalmente le caratteristiche divine non differivano dal dio ittita. Nel testo di Anitta si parla dello stesso dio Hattico della tempesta: Dalla “Iscrizione di Anitta” CTH 1; KBo 3 22; KUB 26 71; KUB 36 98+98a+98b; StBoT 18, Wiesbaden 1974; OA 23 (1984), pp. 53-73; StBoT 45, Wiesbaden 2001, pp. 51-72. “Parole di Anitta figlio di Pithana, re di Kusara. (Il re di Nesa) era caro a Tarhuna del cielo, ma sebbene fosse caro a Tarhuna il re di Nesa [fu] sot[tomesso] al re di Kusara”.2 Esso era sempre accompagnato dalla dea-madre sua paredra la quale comprendeva vari aspetti: 2 “Iscrizione di Anitta”, Del monte, 2004 24 I templi di Hattuša essa era dea della Primavera e della fertilità, nelle zone più settentrionali del paese, ma a volte poteva essere anche la divinità principale del pantheon locale; era rappresentata con il disco solare ed il suo santuario principale si trovava ad Arinna per questo chiamata “Dea Sole di Arinna”3. Nel periodo Tardo Imperiale essa viene assimilata alla dea siro-hurrita Hebat (letteralmente “quella [dea] di Aleppo”)4. Caratteri analoghi a questa divinità sono riscontrate anche in altre dee anatoliche, oggetto di culti locali come Hannahanna e Kamrušepa. Nella terra di Hatti la divisione tra divinità uranie (del cielo) e ctonie (della terra) era molto marcata ed erano organizzate in maniera gerarchica come in una famiglia, con rapporti di parentela tra ognuno di loro. Nonostante questa forte divisione, la dea Sole è vista sia come divinità celeste sia come divinità ctonia, questo perché il sole quando tramonta, nella mitologia Ittita, abbandona il cielo per entrare nel percorso delle viscere della terra. Al pantheon Hattico appartengono Telipinu, Taru, 3 4 De Martino, 2003 Archi,1994 25 I templi di Hattuša Halmašuit (dea del trono), Tetešhapi (signora delle fiere) e Lelwani (divinità del mondo dei morti). Nel pantheon Hurrico sono presenti Šaušga (dea dell’amore e della guerra assimilata ad Ištar dea della città Assira Niniveh), Išhara (divinità dell’arte divinatoria), Allani (dea dell’oltretomba) e Kumarbi (protagonista del mito hurrita in traduzione ittita). Infine al pantheon Luvio fanno parte Arma (dio Luna), Iyari (dio della guerra), Kamrušepa (dea sole), le divinità Lamma (dei tutelari) e Kurunta (rappresentato con il cervo). In questo panorama il “servizio” agli dei, che fondava la presenza ittita in Anatolia, comportava il massimo adeguamento alla volontà divina; il che si otteneva mediante un gran numero di tecniche divinatorie, tra cui si ricorda, per la sua importanza, l'auspicio, ossia la consultazione del volo e del comportamento degli uccelli. Il peccato per eccellenza, anzi il "reato" data la sua punibilità, era la trasgressione alle norme o agli ordini divini. Per la ricerca e l'espiazione di eventuali trasgressioni essendo di fondamentale 26 I templi di Hattuša importanza, acquistò particolare rilievo l'istituto della confessione. L'idea stessa del peccato fu personificata in un dio, Wastulassis, che assieme ad altre divinità astratte quali Hantassas (equità) e Istamanassas (esaudimento), a differenza degli altri dei che ordinavano il territorio, regolavano i rapporti tra uomini e dei, e quindi il comportamento umano. III. Culto, mitologia e usanze funebri Considerando la natura divina, esistono dei miti che parlano della nascita degli dei, o della loro morte (per esempio il mito della scomparsa del dio Sole), ma ci sono anche dèi eterni i quali, nel cosiddetto mito di Ullikummi, sono chiamati “dèi antichi”. Le divinità erano, nei loro bisogni e desideri, del tutto simili agli uomini. Risiedevano in un palazzo celeste che era la sede di continui banchetti. A parte questa sede, ogni divinità abitava nel proprio tempio. Il tempio era detto siunas parnas, cioè “casa del dio”. In esso venivano fornite agli dèi le offerte giornaliere di cibo e bevande e vi si svolgevano le cerimonie e i rituali. 27 I templi di Hattuša Il culto prevedeva, come appena detto, la giornaliera offerta di bevande e cibi, le feste, i rituali magici e gli scongiuri. Quanto alle feste esistevano quelle mensili e quelle annuali tra cui le più importanti erano la festa della primavera e la festa dell’autunno5: nell’epoca imperiale le festività stagionali vennero raggruppate in due grandi feste nazionali AN.TAH.SHUM.SAR (= finocchio, croco), celebrata in primavera e Nuntarriyashas (“festa della fretta”), celebrata in autunno. La durata di ciascuna di queste due grandi cerimonie era di circa 38 giorni. I festeggiamenti venivano onorati personalmente dalla coppia reale accompagnata dal principe ereditario e spesso anche dagli altri figli. La celebrazione dei riti da parte del sovrano garantiva il favore degli dèi e il benessere per il paese. Era quindi l’impegno prioritario del regnante, più importante perfino delle campagne militari. Le feste comportavano i pellegrinaggi sui carri della coppia reale nei più grandi santuari della capitale e del paese. I riti compiuti durante le feste implicavano libagioni, offerte di cibo, sacrifici cruenti, 5 banchetti rituali V. Haas “Geschicte der Hetetischen religion” 28 e cerimonie di I templi di Hattuša purificazione ed erano accompagnati da musica, canti corali e danze a carattere propiziatorio. Il momento più solenne dei giorni festivi era la processione con la statua della divinità, la quale durava da alba a tramonto, dal tempio verso un luogo ameno. Le pratiche magiche erano estremamente diffuse. La magia nera era espressamente vietata ed era considerata un reato capitale. Invece le operazioni magiche che servivano per purificare o sanare si basavano sui principi della magia che ha lo scopo di liberare la persona o l’oggetto dal legame magico che consiste nell’impurità rituale. I maghi sono chiamati LU.AZU (= esorcista) e MUNUS.SHU.GI (= “vecchia”, nel senso “ricca d’esperienza”). I rituali magici erano in genere molto lunghi e complicati. Le manipolazioni, accompagnate dagli incantesimi, comprendevano per esempio intrecci o scioglimenti di corde, mandare a fuoco vari oggetti, versare o spruzzare acqua o altri liquidi. I riti catartici consistevano anche nel trasferimento del male dalla vittima umana a un sostituto animale (capro espiatorio), che in seguito veniva allontanato dal territorio della città o del paese, o a una figurina d’argilla (o cera) che in seguito 29 I templi di Hattuša veniva distrutta o portata sul territorio nemico com’è descritto nel testo di Uhhamuwa: Dal “Rituale magico di Uhhamuwa contro una pestilenza” CTH 410; HT 1 II 17-47; KUB 9 31 II 43-III 13; KUB 41 17 II 18’ sgg; KUB 41 18 II 1’; MIO 9 (1963) p. 170; EVO 18 (1995) pp. 173-178. “II 17-19 Così (parla) Uhhamuwa, uomo di Arzawa: se si sta morendo (per una pestilenza) nel paese, e se l’ha cagionata una divinità nemica, così opero: 20-33 Si porta un ariete, si intreccia lana azzurra, lana rossa, lana gialla, lana nera e lana bianca e se ne fa una corona di lana. Si incorona l’ariete, si spinge l’ariete sulla strada per il (paese) nemico e così gli si dice: << Dio del nemico che ha cagionato 30 I templi di Hattuša questa pestilenza: ecco, a te, o dio, mandiamo questo ariete incoronato, per pacificazione…”6 A volte accadeva (specialmente nei rituali riguardanti la famiglia reale o l’intero paese) che il male in questione fosse trasferito a un prigioniero di guerra la cui sorte non era chiara (poteva essere mandato sul territorio nemico affinché esso venisse colpito dal male, o ucciso). Un tipo particolare di rituale era il funerale regio. Dal “Rituale del secondo giorno” CTH 450 I A; KUB 30 15; KUB 39 11; RHA 29 (1971), pp. 65-67 (trad.). Cf. V. Haas, Geschichte der Hethitischen Religion, Leiden 1994, pp. 216248 “Ro 1-2 All’ alba del secondo giorno le donne vanno alla pira per raccogliere le ossa e spengono il fuoco 6 Del Monte, Antologia della letteratura ittita, 2004 pp. 163-164 31 I templi di Hattuša con dieci vasi di birra, 10 [vasi di vino] (e) 10 vasi di birra-walhi-… …7-9 Quando finiscono di raccogliere le ossa le coprono col panno e col panno fine e le mettono a sedere su una sedia; se (il defunto) è una donna le mettono su uno sgabello.”7 La morte del re veniva chiamata “il grande peccato” (nel senso d’impurità rituale) perché essendo il sovrano mediatore tra gli uomini e gli dèi, se veniva a mancare, si sconvolgeva l’ordine delle cose. Quindi il “peccato” che riguardava tutto il paese e il re stesso doveva essere espiato con una cerimonia specifica. I funerali regi duravano 15 giorni e durante il loro svolgimento era attuata la cremazione (sia del corpo del sovrano sia del corredo funebre). La tomba reale era chiamata “casa di pietra”. L’Aldilà era concepito come un mondo dove ciascuno manteneva il proprio status sociale ed economico, indipendentemente dal suo comportamento sulla terra e questo indica che secondo il culto di Hatti non c’era distinzione 7 Del Monte, Antologia della letteratura ittita, 2004 pp. 157-160 32 I templi di Hattuša alcuna tra un mondo ultraterreno benigno ed uno maligno, come invece era presente in tutte le altre religioni. Nel caso di mancanza di cibo od offerte, la condizione del defunto era soggetta a peggioramento e i vivi, in questo modo, avrebbero attirato sulle loro teste la sua ira. 33 I templi di Hattuša CAPITOLO 3 Templi e Santuari I. I Templi I templi sono le abitazioni degli dei. La loro presenza nel tempio garantisce la protezione e la benevolenza verso il popolo, tramite i donatori di pane e di bevande i quali offrono loro sacrifici. L’accesso al tempio, che di norma era consentito solo al clero e alla coppia reale, poteva essere concesso solo in condizione di religiosa purezza8. Agli elementi che determinano il piano di un tempio come di un palazzo, appartengono la porta, il cortile e il porticato a pilastri (stoà): la corte centrale, in parte cinta da colonnati, è raggiungibile attraverso la porta, oltre la quale sono accessibili anche gli spazi circostanti e i corridoi. Per l’orientamento degli spazi cultuali nelle quali sono collocate le statue degli dei, ossia le celle ospitanti le statuette sacre sugli altari, non ricopre alcun ruolo la posizione rispetto al cielo, mentre l’illuminazione è fondamenale. 8 KUB 5.7 Vs 27 ff.,36; KUB 16.34 Vs I 5 ff.; AIT 454 Vs.II9 ff., cfr.anche A.Uenal 1978, 17. 34 In ogni I templi di Hattuša caso l’adyton ( dal greco “ ὸ ἄ ” letteralmente “luogo in cui non è possibile entrare” ) è ordinato in modo tale che, con uno dei suoi stretti lati, intercetti il fronte esterno dell’edificio del tempio, cosicché nel luogo liturgicamente più importante la luce del giorno, attraverso due profonde finestre, possa penetrare nel “Sancta Sanctorum”9. Le pareti sono innalzate su svariati strati di bozze di pietra squadrate con graticci e mattoni di argilla. I muri di mattoni con i pilastri parietali che si innalzano con essi fino alla superficie piana del tetto, sono intonacati con colori splendenti, per cui verosimilmente, nella colorazione, pilastri e superfici si stagliano gli uni rispetto alle altre.10 Tra i templi di Hattuša, dei quali si è per adesso venuti a conoscenza, nessuno risale oltre il XIV secolo. Tuttavia l’antico tempio ittita di Inandik 11 dimostra che le costruzioni sacre si sono sviluppate dalle antiche forme abitative anatoliche12. 9 K.Bittel 1976, 127. K.Bittel 1976, 127 11 T. Ozguc 1988 12 K.Bittel 1976, 122. 10 35 I templi di Hattuša II. Il santuario rupestre di Yazilikaya Il santuario Ittita di Yazilikaya (= roccia con scrittura), riposa rannicchiato fra gli affioramenti della roccia ai piedi di un’ alta cresta ad est di Hattusha. Contrariamente ai templi all'interno della città, le due stanze di questo santuario (alloggiamenti A e B) sono cinte, all’interno, dalla roccia naturale ed arrivano all'altezza di 12 m rimanendo aperte verso il cielo. Anche se il luogo è frequentato almeno dal XV secolo a.C. , è solo nel XIII secolo che la lunga processione degli dei e delle dee prende il suo posto sulla facciata, cesellata sulle facce della roccia dagli scultori ittiti. Rappresenta apparentemente "la Camera della celebrazione del nuovo anno", una camera del dio del tempo in cui i festeggiamenti sono stati tenuti per onorare tutto il pantheon all’arrivo del nuovo anno e della primavera. Il santuario reale della roccia è stato separato dal mondo esterno attraverso un complesso architettonico piuttosto impressionante. Anche se 36 I templi di Hattuša soltanto la zona del basamento della parete rimane sul posto, l'illustrazione di ricostruzione dà un'idea di come le strutture dovevano apparire con la realizzazione tipica della parete dell’ edificio in legname e mattoni crudi che è stata impiegata qui pure. Attraverso questo complesso di edifici l’individuo sarebbe potuto entrare dal grande alloggiamento A. Qui i rilievi possono essere visti da qualsiasi lato, cesellati nei pannelli che corrono orizzontalmente lungo le pareti naturali di calcare (fig. 7). Figura 7 Ricostruzione virtuale delle strutture di Yazilikaya. Dalla parte di sinistra abbiamo divinità maschili (con due eccezioni); a destra, femminili. Tutte si affacciano sull'estremità opposta della camera, 37 I templi di Hattuša verso cui sembrano progredire lentamente; e qui, effettivamente, è rappresentata la scena climatica: come capi della sacra processione, due divinità supreme, il dio del tempo e la dea del sole si salutano l’un l’altro (fig. 8). Figura 8 Rilievo della processione degli dei ; scena climatica nell’alloggiamento A, santuario di Yazilikaya, Turchia. Quasi tutte le divinità lungo la parte sinistra dell'alloggiamento sono vestite con corti gonnellini ed alti cappelli aguzzi. Tutte portano scarpe che si arricciano in su alla punta e molti sono muniti di 38 I templi di Hattuša una falce a forma di spada o una mazza, che portano sulla loro spalla. Le divinità femminili nel lato destro dell'alloggiamento sono vestite con lunghe gonne pieghettate e tutte hanno scarpe arricciate, orecchini ed alti copricapo. Si visualizzano a malapena tutti i diversi attributi. La più grande figura di rilievo nel santuario si leva in piedi sulla parete di fronte alla scena climatica, all'estremità della processione degli dei. Non è rappresentato un dio, ma il grande re Tuthaliya IV, direttamente opposto – anche se ad una rispettosa distanza - alla riunione degli dei, come se stesse portando i suoi rispetti alle più alte divinità. Per questo motivo pure presupponiamo che era questo grande re, il quale era responsabile delle disposizioni finali del santuario di Yazilikaya intorno alla metà del XIII secolo a.C. (fig. 9). 39 I templi di Hattuša Figura 9 Rilievo del re Tuthaliya IV, alloggiamento A, santuario di Yazilikaya, Turchia. La scultura di rilievo nel piccolo alloggiamento B è conservata molto meglio perché la camera è stata riempita parzialmente di terra e rimasta non scavata fino alla metà del diciannovesimo secolo. Sulla parete immediatamente alla destra dell'entrata è stata intagliata una fila di divinità del sottosuolo. Portano le camicie, le cinghie, i corti gonnellini e le scarpe arricciate in su alla punta. Ciascuno porta una spada falcata appoggiata sopra la spalla ed i cappelli aguzzi cornuti che li identificano come divinità (fig. 10). 40 I templi di Hattuša Figura 10 Rilievo di processione divina nell’alloggiamento B, santuario di Yazilikaya, Turchia. Sulla parete di fronte il dio Sharrumma, patrono di Tuthaliya IV, è descritto come accompagnatore del grande re (forse dopo la sua morte) (fig. 11). Figura 11 Rilievo del dio Sharrumma che accompagna il re Tuthaliya IV tenendolo abbracciato, alloggiamento B, santuario di Yazilikaya, Turchia. 41 I templi di Hattuša Vicino esso, un iconografia più insolita descrive una spada dritta con il pomello sull’ impugnatura adattato in una testa maschile che porta il cappello cornuto ed aguzzo degli dei. Esso è il dio Nergal del mondo sotterraneo (fig. 12). Il terzo rilievo in questo alloggiamento mostra un cartiglio con il nome ed il titolo del grande re Tuthaliya IV. Probabilmente questo alloggiamento potrebbe essere stato un memoriale al grande re Tuthaliya IV eretto da suo figlio Shuppiluliuma II, il quale installò una statua di suo padre qui. Figura 12 Rilievo del dio Nergal nell’alloggiamento B, santuario di Yazilikaya, Turchia. A destra: i due rilievi nella loro posizione all’interno dell’alloggiamento B. Il dio Sharrumma accompagna il re verso il dio Nergal. 42 I templi di Hattuša Solitamente le divinità che proteggono il regnante sono un tema molto diffuso in tutto il vicino Oriente. Le scene meglio conosciute provengono dall’Egitto e raffigurano sempre il Faraone accompagnato da una o più divinità, tra cui Anubi e Horus, dei preposti alla protezione del sovrano e accompagnatori nel mondo ultraterreno al cospetto del dio dell’oltretomba Osiride (divinità ctonia, cioè legata al sotterraneo). L’immagine egiziana più nota è senza dubbio la “psicostasia” (o “pesatura del cuore”) dove il defunto è condotto per mano da Anubi verso la bilancia per la pesatura del cuore e successivamente è portato da Horus al cospetto del dio Osiride affiancato da due divinità femminili (Nefti e Iside). (fig. 13) Figura 13 Scena della pesatura del cuore (“psicostasia”). Il defunto, a sinistra, è condotto per mano da Anubi verso la bilancia; al centro egli è condotto da Horus che indica Osiride seduto sotto la cappelletta e affiancato da Nefti e Iside. 43 I templi di Hattuša Secondo il tema del re accompagnato nel mondo ultraterreno si possono osservare delle similitudini tra il culto dei morti egizio e quello ittita. Infatti nel rilievo dell’alloggiamento B, il re Tuthaliya IV è abbracciato dal dio Sharrumma il quale lo conduce verso Nergal, dio dell’oltretomba. Questo potrebbe dimostrare che il rilievo sia stato eseguito per celebrare il sovrano dopo la sua morte, da suo figlio Shuppiluliuma II. Un’ulteriore analogia con questo tema si ritrova anche nella mitologia Azteca dove il regno dei morti era Mictlan e i defunti per compiere il viaggio dalla Terra a Mictlan erano aiutati dal guardiano dell’oltretomba Xolotl. Altre guide dell’al di là erano Caronte, nella mitologia greca e Charun in quella etrusca. Queste figure sono dette psicopompos. Questo termine deriva dal greco “ óς” - da psyche (anima) e pompós (colui che conduce) - . La figura dello psicopompo è una figura centrale di molte mitologie e religioni antiche, e trova anche corrispondenze nelle religioni monoteistiche (talvolta per integrazione di miti antecedenti; si pensi per esempio al Caronte dantesco). Data l'importanza della riformulazione della morte come 44 I templi di Hattuša passaggio (trasformazione) nelle religioni e nelle mitologie, non stupisce che lo psicopompo sia in genere una figura di rilievo (nelle religioni politeistiche si tratta quasi sempre di una divinità importante del relativo pantheon). 45 I templi di Hattuša III. Il Tempio I (o Grande Tempio) e la Città bassa I rituali religiosi che imponevano al re degli obblighi verso il suo popolo, necessitavano di uno spazio dedicato e così questo spazio fu creato attraverso la costruzione di un enorme complesso templare che noi oggi conosciamo come Tempio I (fig.14). 46 I templi di Hattuša Figura 14 Pianta della città bassa di Hattuša: si nota molto bene l’area quadrata del complesso templare (Tempio I) circondato da numerosi vani preposti all’immagazzinamento. Pagina precedente: foto del Tempio I e della città bassa. 47 I templi di Hattuša Posto in posizione prominente nella città bassa di Hattuša, il complesso comprendeva un’area quadrata di 275 m di lato cinta da mura costruite sia per il tempio sia per la protezione della città. Le strutture templari all’interno del complesso si trovavano nel centro dell’area, mentre il territorio ad ovest e nord-ovest era occupato dalle abitazioni del personale templare. Alcuni alloggi erano terrazzati seguendo il pendio della collina lungo le strade principali, abitative e altre erano presumibilmente singole unità appartenenti a funzionari di alto rango. L’ingresso a quest’area era dato da una porta monumentale situata nel centro della cinta muraria di nord-ovest, mentre sul lato opposto doveva trovarsi un’entrata cerimoniale per il re presso l’area della Scuola per Scribi, una costruzione di due vani immediatamente accanto al muro del temenos (dal greco “ έ ς”, plurale temene, che deriva dal verbo “ έ ”, letteralmente "tagliare": recinzione o cinta muraria che accoglieva al suo interno non solo l’edificio templare, ma anche le varie strutture che circondavano il tempio ed erano funzionali all’attività del complesso). 48 I templi di Hattuša Tra questa porta ed il palazzo stesso il territorio era completamente aperto ed offriva una visione ininterrotta del tempio. La struttura era supportata da una terrazza artificiale lunga 137 m e larga 100 m la quale attraversava, con il suo lato ovest, le unità abitative. Probabilmente questo incrocio tra la terrazza e le abitazioni indica l’espansione templare del XIII sec a.C. L’accesso principale a quest’area si trovava vicino all’angolo sud-est, opposto alla Scuola per Scribi, ma per entrarvi erano presenti anche altri tre ingressi: a nord-est, nord-ovest e sud-ovest. L’entrata propria del tempio era un’elaborata porta disegnata secondo le caratteristiche ittite (un cancello-stanza centrale con le casette dei portatori a destra e a sinistra; all'interno e all'esterno, questo vestibolo con le piccole stanze, aveva grandi finestre che si aprivano sopra alla zona pavimentata esterna o alla corte interna). Nell’angolo opposto all’entrata, nel cortile, si trovava un piccolo edificio adibito al rituale delle sacre abluzioni e dietro ad esso si estendeva un colonnato il quale fronteggiava l’ingresso che portava alle zone più interne del tempio. Per 49 I templi di Hattuša questo colonnato era stato preferito il granito come materiale di costruzione, piuttosto che la pietra calcarea come per il resto dell’intero complesso. Le sale di culto più interne e altri vani del tempio non ricevevano luce dalla corte interna, ma da finestre aperte nel muro esterno. Nelle parti più recondite (doppia cella) erano posti gli altari delle due divinità templari (in questo caso il dio della tempesta Taru - o Teshub - e la dea del Sole di Arinna – o Hebat - ) sui quali erano collocate le immagini degli dei stanti, su basse piattaforme in pietra. Gli altari interni non erano accessibili, o visibili, dal cortile; la visione era esclusiva di pochi e l’immagine divina era portata all’esterno per sottoporla alla vista dei fedeli riuniti fuori. Nella doppia cella si trovavano, come già detto, le statue e gli strumenti sacri13 di entrambe le più alte divinità del Panhteon di stato: a sinistra forse Teshub e a destra Hebat sua consorte. Conformemente si raccoglievano nelle stanzette della parte sinistra le divinità della cerchia di Taru (o Teshub) e in quelle di destra le divinità della cerchia della dea Sole di Arinna (o 13 125/r elaborato da H.G. Gueterbock 1992, 238-239(vedi S. 667) cita come strumenti sacri del Dio del tempo lance, tasche, aghi, frecce, faretre, vesti, sedie, tavoli e vivande. 50 I templi di Hattuša Hebat). Con le definizioni “Casa di Teshub”14 sarebbero intese la cella e forse addirittura l’intera parte di Teshub e con “Casa di Hebat”15 la cella e la parte di Hebat. Il principio di progettazione del tempio ittita rispecchia molti altri esempi di costruzioni addette alla sacralità in tutto il mondo antico. Infatti è comune la presenza di luoghi appositi per abluzioni rituali (come per esempio i laghi sacri presso i templi di tutto l’Egitto oppure i bacini lustrali presenti nei palazzi cretesi dell’età del bronzo) poiché tutte le religioni, politeiste o monoteiste, sono accomunate dalla regola sacra della purificazione attraverso l’acqua (per esempio si pensi al battesimo Cristiano o al bagno di massa nel Gange in India secondo la religione Induista). Un altro aspetto comune ai molti luoghi di culto è la visione nascosta delle parti più interne al tempio (adyton). In effetti, quasi tutti i templi del mondo antico avevano la cella dedicata alla divinità riposta nel cuore della struttura, in modo che non fosse visibile dall’esterno e potesse essere esclusiva di pochi sacerdoti o, addirittura, solo del 14 15 Per esempio KBo 2.29 Rs III 18’’; KUB 9.34 R. VI 51’; KUB 10.11 Vs. II 15’; KUB 25.12 Rs VI 6 Per 3esempio KBo 17.103Vs I 26’; IBoT 3.148 Vs II 16 51 I templi di Hattuša più alto sacerdote (che in alcuni casi coincideva con il re come nel regno ittita). Come in Egitto, poi, era consuetudine portare la divinità alla vista dei fedeli per mezzo di una celebrazione religiosa, nella quale la statua del dio era condotta lungo una via processionale per ricevere adorazioni dai devoti e per farla giungere in luoghi di significato sacro. Nessuna delle statue di culto si è conservata, ma si può presumere che la dimensione di queste fosse a grandezza naturale, grazie alla misura delle basi in pietra ritrovate all’interno degli edifici e alle immagini degli altari minori composti da metalli e materiali preziosi. Inoltre le figure rappresentate negli altari minori assomigliano a quelle scolpite nei bassorilievi di Yazilikaya. L’uso di materie pregiate per gli oggetti cultuali è presente anche nella Grecia classica come ad esempio le statue crisoelefantine di Fidia, lo scultore più famoso per la realizzazione di questo tipo di statue nell'antichità, di cui si ricordano la statua di Zeus ad Olimpia e quella di Atena Parthenos nel Partenone. 52 I templi di Hattuša Anche lo scultore Policleto realizzò statue con questa tecnica: di lui si sa che fece una statua di Era ad Argo. Altri oggetti di culto erano dischi solari e lunari, vasi in metallo prezioso e rythà a forma di toro o di altri animali. Questi vasi rituali a forma di toro ricordano fortemente quelli rinvenuti a Cnosso e in tutta l’isola di Creta. Anche il culto del toro stesso accomuna queste popolazioni, infatti il palazzo di Cnosso riporta affreschi che raffigurano giochi acrobatici su tori (“tauromachia”) come dimostrazione dell’importanza di quest’animale nella civiltà minoica. Probabilmente non è da escludere una fortissima influenza ittita nel mondo minoico dell’età del bronzo anche per quanto riguarda il culto della signora delle fiere Cibele (o Kubaba per gli ittiti), dea della fecondità e Grande Madre, onorata soprattutto in Frigia e in Lidia. Ella è la dea creatrice che diede origine all’intero universo senza bisogno di intervento maschile, vergine inviolata e, tuttavia, madre degli dei. La grande dea anatolica si manifestava nella dura sostanza della roccia e si riteneva fosse caduta dal cielo sotto forma di una Pietra nera (fig. 15). 53 I templi di Hattuša Figura 15 Statuetta della dea Madre in pietra. La testa della statuetta è stata ricostruita. A destra: statuetta minoica della dea dei serpenti, avorio e oro, Museum of Fine Arts, Boston. Il tempio, come già detto, non era solo il luogo di culto, ma era soprattutto la casa personale del dio, e come tale aveva sala da pranzo, camera da letto e stanze adibite ad ospitare gli addetti e i sacerdoti. Molti di essi però abitavano, presumibilmente, nella zona residenziale della città e in una curiosa ed irregolare struttura situata immediatamente a sud-ovest dell’edificio templare principale. L’entrata a questo complesso immetteva in una corte trapezoidale lunga circa 30,5 m e larga circa 15 m. Intorno a questa corte si aprivano sedici unità abitative indipendenti di varie misure. 54 I templi di Hattuša L’intero complesso era stato paragonato alla zona di lavoro Egiziana di Tell-el-Amarna e Deir-elMedinah. Oltre ad essere circondato da abitazioni, il Grande Tempio era attorniato da moltissimi vani per l’immagazzinamento delle derrate alimentari e dei materiali, caratteristica comune a quasi tutte le città del mondo antico con struttura economicopolitica che fa riferimento al tempio come centro ridistributivo. Nei magazzini stretti e lungi della navata nordoccidentale erano conservati centinaia di vasi. Questi, una volta immagazzinati, (che contenevano grano, orzo, fagioli secchi e simili, olio e vino) provvedevano al sostentamento del personale templare e di tutta la popolazione. Il contenuto dei magazzini lungo la navata dal lato opposto era differente: centinaia di tavolette e di frammenti in cuneiforme furono rinvenuti in questo settore, caduti dalle mensole di legno su cui erano state organizzate come in un archivio (fig.16). 55 I templi di Hattuša Figura 16 Vasi per derrate alimentari nei magazzini del Tempio I lato nordoccidentale e tavoletta cuneiforme dagli archivi del Tempio I lato sud-orientale, Hatuša. IV. Il quartiere di culto nella Città alta Nel XIV-XIII secolo a.C., successivamente alla costruzione della cinta muraria protettiva nella parte meridionale della città alta, questa zona si sviluppava in un centro affermato di culto. Finora sono stati identificati 30 templi differenti nella città superiore di Hattuša (fig.17). Possiamo supporre che ulteriori templi risiedano nel punto centrale di culto, qui; non senza motivo "i mille dei della terra di Hatti" sono accennati frequentemente nei testi ittiti. La frase esprime 56 I templi di Hattuša abbastanza giustamente la tradizione ittita, infatti gli dei delle altre città erano compresi in questo centro di culto. Se nessun tempio fosse stato eretto, sarebbero esistiti almeno una pietra sacra, un albero o un boschetto sacro, o una fontana consacrata all’ onore del dio. Tali condizioni premesse, sono accennate frequentemente nei testi ittiti. Le dimensioni dei templi cambiano notevolmente. I più grandi variano da 1.200 m² a 1.500 m², mentre quelli più piccoli da 400 m² a 600 m². Determinati templi (n. IV, VI e XXVI) inoltre sono circondati da un recinto (temenos). La struttura e il gran numero di stanze indicano che i templi inoltre avevano scopi economici, ed erano responsabili della preparazione e dell'immagazzinamento delle materie prime e delle derrate alimentari (come nel Tempio I). Alcuni templi avevano persino una funzione ambasciatoriale per il dio che rappresentava la popolazione. 57 I templi di Hattuša Figura 17 Pianta dell'area templare nella città alta con i resti dei 30 tempietti, Hattuša 58 I templi di Hattuša V. Città alta e Templi II, III, IV, V In Hattuša sono conosciuti da diverso tempo quattro templi minori tutti abilmente situati su piattaforme naturali nella parte più meridionale della città alta rivolti verso la città bassa. In pianta corrispondono esattamente al Grande Tempio (hanno anch’essi entrata cerimoniale, cortile centrale con colonnato e santuario interno con finestre che si aprono all’esterno). I templi minori detti Tempio II, III e IV (fig.18-19) hanno una sola stanza di culto (o Cella) mentre il Tempio V (fig.20), che inizialmente fu creduto un palazzo, ne ha due come il Tempio I, ma in questo caso una delle celle è stata costruita nel lato ovest del cortile e non sul lato opposto all’ingresso come nel Grande Tempio. La sequenza architettonica del tempio V è stata ripetuta: se nel cortile si gira di 90° dall’ingresso, nella sua parte di sinistra si vedrebbe ancora il colonnato (lo stoà, il vestibolo ed il grande alloggiamento di culto con una base della statua). Riconosciamo, quindi, che questo tempio - come il Tempio I - era un altro santuario dedicato a due divinità. 59 Un’ulteriore I templi di Hattuša rassomiglianza fra questi due templi, non accennando al formato (il tempio V è molto più piccolo del tempio I), è vista nella piccola struttura - forse altare indipendente - nell’ angolo destro della corte interna. Una differenza significativa fra i due templi è la disposizione dei due gruppi delle stanze sacre, che nel tempio V sono entrambi posti nel lato ad ovest della costruzione. Questo tempio, come alcuni del distretto religioso, era connesso ad un muro di recinzione che conteneva al suo interno l’edificio cultuale e varie altre strutture chiuse nel temenos. Tre piccole costruzioni vicine al tempio, formate da una sola camera, possono essere paragonate a cappellette; potevano essere quasi sicuramente altari addizionali usati per determinati rituali funebri. Una stele con la rappresentazione di un guerriero che impugna una lancia e che indossa un corto gonnellino e cappello aguzzo ornato di corna, è stato rinvenuto all’inteno di una di queste piccole strutture. I geroglifici presenti sopra la mano sinistra del personaggio indicano che il rilievo è il ritratto del Grande re Tuthaliya. Poiché le corna che ornano il copricapo simboleggiano il potere divino, la scultura apparentemente descrive il re, già lontano da 60 I templi di Hattuša questo mondo, che si accinge ad entrare nel mondo ultraterreno. Verosimilmente questo indica che nel luogo dove sorge il tempio V erano svolti rituali per la celebrazione delle esequie regali, forse attraverso un corteo che accompagnava simbolicamente il re defunto seguendo un percorso preciso che partiva dalla porta a sud nel temenos e, passando dall’ingresso del tempio posto a nordest, terminava nel cortile rettangolare dell’edificio sacro. Scavi recenti nella città alta hanno portato alla luce altri due templi (Tempio VI e VII) e dieci piccoli edifici, simili come struttura ai templi maggiori, che contenevano oggetti votivi in terracotta. L’intera parte meridionale della città alta sembra essere stata costruita durante il regno di Tuthaliya IV. Le divinità a cui erano dedicati questi edifici non sono state ancora identificate, ma presumibilmente i templi appartengono alle figure maggiori del Pantheon Ittita. L’edificio più piccolo probabilmente era dedicato alla coppia divina minore. Una delle costruzioni è ricordata, nelle fonti, per il fatto che poiché molte divinità avevano le loro residenze al di fuori di Hattuša avevano deciso di 61 I templi di Hattuša farne costruire altre nella capitale per poter ricevere la visita del sovrano, come capo del corpo religioso, senza che quest’ultimo dovesse intraprendere lunghi e numerosi viaggi. Figura 18 Veduta del Tempio II nella città alta, Hattuša Figura 19 Veduta del Tempio III nella città alta, Hattuša 62 I templi di Hattuša Figura 20 Veduta del Tempio V nella città alta; accanto: rilievo del grande re Tuthaliya in uno dei vani prossimi al tempio, Hattuša VI. Cittadella Meridionale e Tempio XXXI Uno dei pochi monumenti rimasto in piedi ad Hattuša, che non proviene da periodi Ittiti, è la Citadella Frigia meridionale, edificata subito dopo il 700 a.C. Questa faceva parte di uno stabilimento ragionevolmente grande dell’Età del Ferro, che si era diramato in determinate zone della città più bassa così come aveva occupato le porzioni orientali della città superiore. Inoltre esisteva una grande citadella dell’Età del Ferro costruita sul luogo dove sorgeva la citadella reale ittita a Büyükkale, vale a dire il plateau situato circa a 100 metri a nord della citadella meridionale. Le 63 I templi di Hattuša pareti della fortificazione dell’Età del Ferro erano state costruite su una massicciata della cava di pietra; qui nella Citadella meridionale, le fondamenta erano larghe circa 4 metri. Su queste doveva sussistere una sovrastruttura in mattoni crudi simile a quella ittita, con una costruzione in mattoni crudi e legno, torrette di avvistamento e parapetti. Un singolo cancello, fiancheggiato dalle torrette, conduceva all’interno del complesso da nord-ovest. All'interno erano presenti le residenze, le officine ed i depositi. Anche queste strutture erano state costruite con le pareti di mattoni crudi e probabilmente avevano tetti piani come quelli delle costruzioni ittite. Nella metà più a nord della citadella sono stati scavati i resti di una grande struttura ittita, conosciuta come il tempio XXXI (fig. 21). In pianta è immediatamente apparente il grande cortile interno caratteristico della composizione del tempio ittita. Questo tempio poteva essere contingente, verosimilmente, alle pratiche di culto addette agli alloggiamenti 1 e 2 (camera dei geriglifici) e agli stagni. 64 I templi di Hattuša Figura 21 Pianta della Cittadella meridionale e Tempio XXXI, Hattuša VII. La camera dei geroglifici (vano 2) Vicino alla Cittadella meridionale, nella parte orientale della città superiore, sono stati rinvenuti due alloggiamenti a cupola monumentali, detti Camera 1 e 2. L'alloggiamento 1 non è decorato, mentre l'alloggiamento 2 è ricco di rilievi (fig. 22) i quali sono sopravvissuti in condizioni eccellenti grazie alla copertura di terra sotto cui sono rimasti 65 I templi di Hattuša protetti attraverso i millenni. Sulla parte posteriore della parete si leva in piedi un sole-dio in mantello lungo e calzari che si arricciano in su alla punta. Identificato dal doppio sole alato posizionato sopra la sua testa, tiene un asta curva nella sua mano sinistra e nella destra -come dispensatore di vita- una versione piuttosto modificata dell'emblema egiziano “ankh”- chiave della vita. Il rilievo a sinistra rappresenta Shupiluliuma II, l'ultimo dei grandi re di Hattusha, ed il responsabile della costruzione della camera. È ritratto con il corto gonnellino del guerriero, porta una spada agganciata alla cintura e una lancia nella sua mano destra; un arco è poggiato sopra la sua spalla. Sui suoi piedi si notano le calzature che si arricciano in su alle punte e sulla sua testa porta il cappello aguzzo tipico dei numi; questo ha tre corni nella parte anteriore. Dinnanzi a lui appaiono il suo nome e titolo iscritti in Luvio - geroglifico. Il re appare ritratto come divinità, come è confermato sulla parete di fronte, anche se al tempo del rilievo egli era ancora vivo ed in piena attività. L’iscrizione in geroglifico luvio sulla parete destra della camera 2 presenta sei linee di scrittura cesellate nella 66 I templi di Hattuša parete opposta al rilievo del re (i geroglifici Luvi sono una scrittura figurata sviluppata in Anatolia; sia linguisticamente sia iconograficamente non hanno niente in comune con i geroglifici egiziani) (fig. 23). Anche se l'iscrizione deve essere ancora completamente decifrata, il senso principale di essa è chiaro: il grande re Shupiluliuma indica che grazie alla benedizione degli dei ha conquistato molte terre, compresa quella di Tarhuntasa, che ha fondato nuove città e fatto sacrifici agli dei delle varie popolazioni. L'ultima frase accenna "una divina strada della terra." D. Hawkins, un esperto sui geroglifici Luvi, afferma che questa sia l'iscrizione dedicata alla costruzione, la quale dichiara lo scopo della struttura, qui indicato come passaggio che conduce nella terra, nel sottosuolo. Per questo l'alloggiamento potrebbe un'entrata simbolica al mondo ultraterreno. 67 essere I templi di Hattuša Figura 22 A sinistra: rilievo del dio con doppio disco solare; a destra: rilievo del grande re Shupiluliuma II, Camera 2, Hattuša Figura 23 Iscrizione in Luvio - geroglifico dalla Camera 2, Hattuša 68 I templi di Hattuša Conclusioni Analizzando il popolo ittita, nel corso di questo studio, si è giunti spesso al confronto con le popolazioni mediterranee quali Greci, Macedoni, Egei ed Egizi, che mostrano di avere in comune con gli abitanti della terra di Hatti molte caratteristiche tra cui le architetture templari, le usanze funebri o le personificazioni delle divinità. Seguendo questa logica si può affermare che il mondo Minoico, e di conseguenza quello Miceneo e Greco, abbiano teoricamente assorbito moltissimo dagli usi e costumi degli Ittiti. In questo caso la mancanza attuale di rinvenimenti di necropoli ad Hattuša potrebbe essere colmata osservando attentamente le tipologie di sepolture macedoni; infatti anche in Macedonia, come in Anatolia, era presente una doppia tipologia di sepoltura (cremazione ed inumazione) ed inoltre le pire descritte nei testi ittiti, nell’Iliade di Omero e quelle documentate dai resti rinvenuti presso le necropoli macedoni testimoniano profonde assonanze ed un forte scambio interculturale tra mondo del Vicino Oriente Mediterraneo. 69 e bacino del I templi di Hattuša Ad ulteriore conferma di questa ipotesi si possono presentare le testimonianze dell’influenza della religione ittita nelle popolazioni che vi sono entrate in contatto grazie a scambi sia culturali, sia commerciali, sia bellici. In tutti i popoli dell’età del bronzo sono presenti divinità che mostrano peculiarità affini le une alle altre: ogni comunità possiede un dio della tempesta o del fulmine che generalmente è venerato come padre o re degli dei, e ciò accomuna non solo le popolazioni dell’età del bronzo, ma anche le civiltà Greca e Romana (infatti Zeus, Giove, Taru, Tarhunta e Teshub sono tutte divinità maschili principali associate al fulmine e al comando sugli altri dei; inoltre si può addirittura considerare il dio Thor appartenente alla mitologia dei popoli nordici, anch’esso associato alla folgore il quale parrebbe trarre la sua radice lessicale prorio dal nome hattico o da quello luvio). Oltre a questi aspetti appena elencati, sicuramente il sintomo maggiore di influenza nel mediterraneo venerazione si percepisce dell’animale sacro attraverso al dio la della tempesta e simbolo di forza e virilità: il toro. Come già detto in precedenza questo animale è sempre 70 I templi di Hattuša stato una metafora molto forte in tutto il mondo antico, assimilato unicamente al grande re o dio, il quale riusciva ad assoggettare i suoi nemici grazie alla sua potenza divina. Il toro rappresenta il vigore ed è simbolo fortemente legato alle manifestazioni terrene e proprio per questo motivo il confronto con esso rappresenta la massima espressione di valore. Ma le somiglianze non si limitano solo ai tori sacri di Cnosso. In Egitto molte divinità sono rappresentate con questa forma animale: Osiride s’incarna nel toro Onuphis, per Atum dio di Eliopoli il toro sacro è Mnevis, Mentu dio della guerra corrisponde al toro Bukhis, Ptah dio-re di Menfi è assimilato al toro Api ed infine al dio Min, protettore delle piste del deserto e della procreazione, era consacrato un toro bianco, simbolo che coniuga la potenza e la purezza. Anche presso altre civiltà si incontra lo stesso utilizzo dell’immagine taurina: Dioniso, dio greco del vino, è talvolta raffigurato con testa di toro, per simboleggiare la forza data dall’alcol che scioglie e fa cadere i freni inibitori, al punto di centuplicare l’energia fisica e psichica dell’uomo. In India, benchè sia il dio del fuoco, Agni è chiamato “Toro delle acque”, perché secondo Rig Veda, il sole nasce 71 I templi di Hattuša nell’acqua, mentre il toro bianco Nandin è allo stesso tempo la cavalcatura di Shiva e il guardiano della sua porta. Secondo la leggenda cosmogonica persiana, il primo animale del mondo fu un toro bianco; esso fu ucciso dal demone Angra Mainyu e il suo seme, purificato dalla luna, dette vita alla maggior parte delle specie animali e perfino ad alcune piante. Come ultimo punto di contatto tra le varie civiltà si può esaminare la credenza nel mondo ultraterreno e nella conseguente divinizzazzione del re che vi accede. Infatti sia in Egitto, sia in Mesopotamia, sia in Anatolia il sovrano defunto, accompagnato nell’ Aldilà da una divinità, diventa anch’egli un dio e fornisce protezione e benevolenza comportandosi, sia in vita sia nel mondo dei morti, da intermediario tra gli uomini e gli dei. Questo aspetto è molto marcato nel mondo Ittita, Egiziano e Mesopotamico. Per questa serie di ragioni che sono state elencate è facile accedere all’idea che gli Ittiti siano stati una grande civiltà che ha influito e ispirato le altre limitrofe grazie a scambi di varia natura. Purtroppo la fine dell’impero Ittita con le sue città fu repentina e sparì nel grande movimento di 72 I templi di Hattuša popoli di circa 3500 anni fa, ma gli Ittiti continuarono a sopravvivere. 73 I templi di Hattuša Indice delle Immagini Figura 1 Pianta della città; nella pagina precedente: veduta aerea dell’antica città di Hattuša presso Boğazkőy 6 15 Figura 3 Seconda espansione del Regno ittita nel periodo Imperiale sotto Šuppiluliuma. ____ 16 Figura 4 Incursioni dei “Popoli del Mare”. _______________________________ 17 Figura 2 Prima espansione del Regno Ittita nel periodo dell’Antico Regno. ____________ Figura 5 Statua del dio della tempesta e statuette cerimoniali di due tori, animali sacri al dio, Museo di Civiltà Anatoliche, Ankara, Turchia. ____________________________ 22 Figura 6 Vaso di Inandik: decorazione sul vaso con scene di musica e ballo durante un matrimonio. Nel terzo registro si nota l’altare con sopra la statua del Toro. Datazione Antico Regno (1600 a.C. circa), Museo di Civiltà Anatoliche, Ankara, Turchia. __________________ Figura 7 Ricostruzione virtuale delle strutture di Yazilikaya. 23 ___________________ 37 Figura 8 Rilievo della processione degli dei ; scena climatica nell’alloggiamento A, santuario di Yazilikaya, Turchia. ___________________________________________ 38 ___ 40 Figura 10 Rilievo di processione divina nell’alloggiamento B, santuario di Yazilikaya, Turchia. 41 Figura 9 Rilievo del re Tuthaliya IV, alloggiamento A, santuario di Yazilikaya, Turchia. Figura 11 Rilievo del dio Sharrumma che accompagna il re Tuthaliya IV tenendolo abbracciato, alloggiamento B, santuario di Yazilikaya, Turchia.__________________________ 41 Figura 12 Rilievo del dio Nergal nell’alloggiamento B, santuario di Yazilikaya, Turchia. A destra: i due rilievi nella loro posizione all’interno dell’alloggiamento B. Il dio Sharrumma accompagna il re verso il dio Nergal. ___________________________________________ 42 Figura 13 Scena della pesatura del cuore (“psicostasia”). Il defunto, a sinistra, è condotto per mano da Anubi verso la bilancia; al centro egli è condotto da Horus che indica Osiride seduto sotto la cappelletta e affiancato da Nefti e Iside. ________________________________ 43 ________________________________________________________ 47 Figura 14 Pianta della città bassa di Hattuša: si nota molto bene l’area quadrata del complesso templare (Tempio I) circondato da numerosi vani preposti all’immagazzinamento. Pagina precedente: foto del Tempio I e della città bassa. ___________________________ 47 Figura 15 Statuetta della dea Madre in pietra. La testa della statuetta è stata ricostruita. A destra: statuetta minoica della dea dei serpenti, avorio e oro, Museum of Fine Arts, Boston. _ 54 Figura 16 Vasi per derrate alimentari nei magazzini del Tempio I lato nord-occidentale e tavoletta cuneiforme dagli archivi del Tempio I lato sud-orientale, Hatuša. _________________ Figura 17 Pianta dell'area templare nella città alta con i resti dei 30 tempietti, Hattuša ____ Figura 18 Veduta del Tempio II nella città alta, Hattuša ______________________ Figura 19 Veduta del Tempio III nella città alta, Hattuša _____________________ 56 58 62 62 Figura 20 Veduta del Tempio V nella città alta; accanto: rilievo del grande re Tuthaliya in uno dei vani prossimi al tempio, Hattuša ____________________________________ 63 Figura 21 Pianta della Cittadella meridionale e Tempio XXXI, Hattuša _____________ 65 74 I templi di Hattuša Figura 22 A sinistra: rilievo del dio con doppio disco solare; a destra: rilievo del grande re Shupiluliuma II, Camera 2, Hattuša __________________________________ 68 Figura 23 Iscrizione in Luvio - geroglifico dalla Camera 2, Hattuša ________________ 68 Fonte delle immagini: http://www.hattuscha.de Fonte Immagine 13: foto personale 75 I templi di Hattuša BIBLIOGRAFIA  Alberto R.W. 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