Regno Di Napoli

In this contribution, I intend to analyse the necromancy trial against the
noble Baordo Carafa, currently preserved in the Diocesan Historical Archive of Naples. The study of the documents required some preliminary considerations relating to the climate and the social, political and religious condition characterizing Naples at the end of the sixteenth century. The documentation included in the file concerning Baordo Carafa, to which the trial against the cleric-necromancer Girolamo da Varallo Milanese is linked, contains significant information on some members of the Neapolitan patriciate and clergy involved in sacrilegious practices, on their development, on the trafficking and on reading forbidden books. At the same time, an attempt was made to clarify the identity of Baordo Carafa by resorting to the documentation preserved in the State Archives of Naples and the latter’s involvement in the trial against Decio Hogeda and Carlo Sant’Antonio.


https://centrumwolnosci.uksw.edu.pl/wp-content/uploads/sites/30/2024/12/wokol-koncepcji-5_www.pdf - The entire volume.

Barletta was one of the main ports of the Kingdom of Naples and was one of the most important marketplaces, especially for wheat export from Apulia. Since the Middle Ages, it had strong commercial relations with the eastern shore of the Adriatic Sea. In addition to economic exchanges, especially starting from the 15th century, there was also a flow of emigration from the Balkan regions, a phenomenon affecting the entire Italian Adriatic side. The present work aims to illustrate the main socio-demographic and economic features of the population with Balkan origin present in Barletta during the second half of the 16th century using two unpublished numerazioni di fuochi (enumeration of households) referring to the years 1553 and 1568. According to tax sources, it was in this city that there was the largest community of Slavs, Greeks and Albanians in Terra di Bari.

Il seminario dedicato al Laboratorio Bassani 5 è stato realizzato grazie al sostegno della Fondazione Giorgio Bassani. Il presente volume viene pubblicato con il contributo della Fondazione Giorgio Bassani. La pubblicazione è stata realizzata grazie al contributo concesso dal MIC, Direzione Generale Educazione, ricerca e istituti culturali.

ABSTRACT (ENGLISH):
The sixteenth-century conflict between France and Spain provoked a radical rearrangement in the feudal scene of the Kingdom of Naples, causing deep lacerations within the lineages due to the divergent choices of sides. In some cases, the diversified alignments appear to be the result of a targeted family strategy, aimed at cushioning the repercussions of the war outcomes by exploiting the articulation by branches with the aim of guaranteeing the survival of the family. But often these events become incurable fractures within families in which, after the definitive Spanish victory, a division emerges between “faithful” and “rebels”, between “rewarded” and “condemned”, between “exiles” and “graziati”, which opens the way for discord, claims and expensive legal battles that creep into the compact identity of the family unit. The essay reconstructs the events of the Neapolitan barons of important families, such as Acquaviva and Caracciolo, who, refugees at the French court, hopefully foment an invasion of the Kingdom, try to integrate with the French aristocracy with difficulty and continue to have a strong desire to retaliation against their relatives who remained in their homeland who enjoy their ancestral possessions and titles. The concordances connected to the identity self-representation of the lineage are crossed by vehement dissonances, unnecessarily aimed at delegitimizing and destabilizing by now consolidated feudal and patrimonial structures.

ABSTRACT (ITALIANO):
Il conflitto cinquecentesco tra Francia e Spagna provoca un radicale riassetto nel tessuto feudale del Regno di Napoli, causando profonde lacerazioni all’interno dei lignaggi a causa delle divergenti scelte di campo. In alcuni casi, gli allineamenti diversificati appaiono il frutto di una mirata strategia familiare, volta ad attutire i contraccolpi degli esiti della guerra sfruttando l’articolazione per rami con lo scopo di garantire la sopravvivenza del casato. Ma spesso questi eventi si traducono in insanabili fratture in seno alle famiglie nelle quali, dopo la definitiva vittoria spagnola, viene a delinearsi una divisione tra “fedeli” e “ribelli”, tra “premiati” e “condannati”, tra “esuli” e “graziati”, che apre la strada a discordie, rivendicazioni e dispendiose battaglie legali che si insinuano nella compattezza identitaria del nucleo familiare. Il saggio ricostruisce le vicende dei baroni napoletani di importanti casati, come Acquaviva e Caracciolo, che, rifugiati presso la corte francese, fomentano speranzosi un’invasione del Regno, cercano di integrarsi con difficoltà nell’aristocrazia francese e continuano a nutrire uno spiccato desiderio di rivalsa nei confronti dei loro parenti rimasti in patria che si godono beni e titoli aviti. Le concordanze connesse all’autorappresentazione identitaria del lignaggio sono attraversate da veementi dissonanze, velleitariamente finalizzate a delegittimare e destabilizzare assetti feudali e patrimoniali ormai consolidati.

Questa è la prima di una serie di monografie nelle quali mi propongo di raccogliere notizie su alcune famiglie nobili collegate a Torre del Greco. Ho deciso di iniziare con la famiglia Morra che secondo molti storici sarebbe antichissima e tra le più cospicue del Regno di Napoli. Secondo alcuni discende da Morra che era capitano dei Goti, secondo altri trae origine da un Giuzzolino signore di Morra negli Irpini, una terza corrente di storici la dice di origine elvetica, passata poi in Toscana e discesa da San Lino che fu Papa e successore di S. Pietro.

Nel campo delle fonti per la ricerca delle genealogie delle antiche famiglie del Meridione d'Italia, gli archivi privati hanno ancora oggi un ruolo vitale per la ricostruzione storica delle vicende ad esse collegate. La cultura calabrese, consolidatasi in alcuni secoli di appartenenza ad un regno che, a prescindere dal sovrano in carica, ha sempre dato fondamentale importanza alla posizione sociale del casato, ha fatto sì che si tramandassero di generazione in generazione le antiche scritture, le carte, i privilegi utili per dimostrare lo "splendore" della propria dinastia. A questo vasto quanto fondamentale materiale archivistico, ha attinto principalmente Ercole per ricostruire con massimo rigore e grande passione le genealogie di Tropea riportate in quest'opera. La mole della ricerca richiama subito alla mente l'amore che l'A. prova per quella città, sebbene senza voler tradire la sua patria Monterosso Calabro, l'antica Montis Rubei. Nel passato i legami fra le due località, anche per il ruolo di tramite che ebbe Monteleone, oggi Vibo Valentia, furono frequenti. I rapporti genealogici con Tropea non furono gli unici, perché, grazie alla posizione di Monterosso a ridosso dello spartiacque delle Serre, furono proficui anche quelli con il versante ionico, tanto che la famiglia Massara nel corso del XVII secolo vi si trapiantò provenendo dall'odierna Torre di Ruggiero. Tutto ciò a dimostrazione del grande livello di mobilità che aveva la società calabrese in un tempo che, per moderna presunzione, lo si vuole statico e di chiusura sociale. Non è fe imbattersi in opere che raccontano la storia delle famiglie "non titolate" della Calabria. Gli studi maggiori si rivolgono o alla nobiltà generosa o, all'opposto, alle classi costituenti la base del tessuto sociale delle antiche Università. Nondimeno, la struttura portante della società calabrese erano le famiglie del Patriziato e della Nobiltà cittadina che potevano condizionare con i loro capitali l'economia locale, nel bene e nel male. Non solo proprietà terriere, per lo più di piccola estensione in quanto in Calabria Ultra il latifondo era sconosciuto fino alle leggi agrarie del novello regno d'Italia, ma opere idrauliche, trappeti, molini, colture e allevamenti che richiedevano, allora come oggi, di assumersi il "rischio d'impresa" con il pericolo di perdere il livello di benessere e di conseguenza la posizione sociale che ne derivava. Non solo per prodigalità o per mancanza del senso degli affari, ma per terremoti, carestie, pestilenze. In conclusione, Ercole ci ha donato un'opera che rende giustizia all'omissione storiografica di famiglie che un tempo godevano di Patriziati e di Nobiltà cittadina, di uomini e donne che sarebbero caduti nell'oblio a causa del passare del tempo e dei nuovi riferimenti sociali.

Il saggio studia approfonditamente il personaggio di Alberto nel "Giardino dei Finzi-Contini" e ne analizza i messaggi cifrati. Musica, arredamento e tecnologia diventano per lui un modo di esprimere il suo antifascismo 

L'essai étudie en profondeur le personnage d'Albert dans "Le jardin des Finzi-Contini" et analyse ses messages codés. La musique, les meubles et la technologie deviennent pour lui un moyen d'exprimer son antifascisme.

The essay takes an in-depth look at Albert's character in “Il giardino dei Finzi-Contini” and analyzes his coded messages. Music, furniture and technology become his means of expressing his anti-fascism.

Since its construction, the Royal Palace of Caserta became one of the most popular destinations of the Grand Tour in the Kingdom of Naples. The ever-increasing flow of travellers contributed greatly to the international fame of one of the most magnificent royal residences in Europe, commissioned by Charles of Bourbon and the fruit of the genius of one of the most acclaimed architects of his time, Luigi Vanvitelli. The majestic palace thus became the protagonist of nu- merous testimonies of English, French, Russian, German, Spanish and American visitors. It is precisely their lines - critical, ecstatic and sometimes ironic - that form the basis of this essay, which aims to reconstruct the image of one of the most magnificent palaces in Europe between the 18th and 19th centuries.

Attraverso la poesia di mio padre, un ricollegamento antropologico alla quotidianità della vita, alle origini lontane nei secoli, motivazioni esistenziali di ciascuno che ciclicamente si riververberano nell'essenza della vita attraverso l'amore che non ha tempo e che in taluni casi trova la fortuna di esprimersi, come è capitato a mia madre e a mio padre, indissolubilmente. "L'amor che move il sole e l'altre stelle" (Paradiso, XXXIII, v. 145) è l'ultimo verso del Paradiso e della Divina Commedia di Dante Alighieri.

I temi e le suggestioni sono abbondanti per chi sa osservare i mutamenti attraverso un lasso di tempo molto lungo, anche in un territorio che potrebbe apparire periferico e insignificante. La bellezza della Storia risiede proprio in questa capacità di intuire il quadro generale partendo da un singolo dettaglio, di comprendere le grandi dinamiche europee esaminando le vicende di due piccoli centri della Calabria.
Sant’Ilario e Condojanni, pur essendo lontani dalle grandi capitali europee, mostrano come la storia locale sia strettamente intrecciata con quella d’Europa, rivelando le influenze reciproche e le connessioni che hanno modellato la realtà contemporanea. Analizzando la storia di questi luoghi, possiamo comprendere meglio le grandi narrazioni storiche, scoprendo come le dinamiche globali si riflettano a livello locale e viceversa.
La Calabria, con la sua posizione strategica nel cuore del Mediterraneo, ha sempre giocato un ruolo significativo nella storia europea. Terra di passaggio e di incontro tra culture, questa regione ha visto fiorire civiltà, commerci e idee, contribuendo al patrimonio comune europeo. Le vicende di Sant’Ilario e Condojanni, quindi, non sono solo storie locali, ma tasselli di un mosaico più ampio che ci aiuta a capire l’intero continente. Così, osservando con attenzione questi piccoli centri della Calabria, possiamo intravedere le grandi dinamiche che hanno plasmato l’Europa, riscoprendo una terra meravigliosa e la sua inestimabile eredità storica.

Bona Sforza – between Poland, Naples and Bari The Rivalry of the Great European Powers in the 16th Century
The story of Bona Sforza is examined, in this essay, in the context of the relations between the European states of the first half of the '500, in particular the Empire and the Catholic Monarchy of Charles V and of Philip II. The Queen of Poland and Duchess of Bari attempted to carve out a leading role in the international relations of the time, but had to succumb to the wishes of the two Habsburgs, interested in regaining control of the Duchy of Bari and intertwining anti-Turkish alliances with Sigismondo II of Poland, the son of Bona.

El 10 de noviembre de 1706 el Consejo de Órdenes, con su presidente el duque de Veragua a la cabeza, representaba a Felipe V su consideración acerca de un decreto del rey del pasado 15 de octubre en el que le ordenaba consultar sobre de la pretensión de Francisco de Pagave, secretario de Estado y Guerra del Estado de Milán, de poder vestir al mismo tiempo los hábitos de la orden francesa de Saint-Michel, de la que Luis XIV le tenía hecho gracia, así como el de la Orden de Santiago, cuya merced había recibido del rey de España recientemente.

Hanno retto dimore e corti, hanno ispirato la penna dei letterati e sono state concretamente attive nel mantenimento del potere. Ai capi opposti dell’Italia rinascimentale – tra la corte mantovana dei Gonzaga e i territori dei nobili siciliani – una dinastia di donne ha difeso possessi ed elaborato strategie, prendendo il posto delle figure maschili quando mariti e figli partivano – e perivano – per servire l’imperatore. Di molte di loro si conoscono i nomi e, a tratti, anche le vicende; di altre quasi nulla. Eppure, quelle donne si trovarono agli snodi di una rete politica italiana e sovranazionale tra gli inizi del Quattrocento e gli anni Quaranta del Cinquecento, nella Napoli aragonese e nella Sicilia non ancora castigliana.

Les sources sont à la base le travail de Frédéric POUVESLE et une reprise du travail du site www.histofig.com de 1999 modifié entre 2008 et 2010 et aujourd'hui fermé. A cela ce sont ajoutés des sources italiennes sur l'armée napolitaine, souvent en contradiction avec les éléments de la base. Les ouvrages de Virgilio ILARI et Piero CROCIANI sur les écoles et les forces napolitaines sont un élément appréciable pour comprendre ce pays. « Gli eserciti napolionici italiani 1800-1815 » qui traite de façon exhaustive les unités italiennes et napolitaines. Enfin l'ouvrage « Les Italiens de l'Empereur », aux éditions Heimdall, même s'il est très incomplet, dispose d'une iconographie sur l'infanterie, l'artillerie et la marine de haut niveau. L'ordre de bataille de 1815 est issu du livret de Diégo MANE « Campagne d'Italie 1813-1815, Tolentino 1815 », édité en 1998.

nel 1442, avevano fatto supporre che l'ospedale fosse effettivamente in funzione solo dagli anni Quaranta del XV secolo, disattendendo quanto previsto nei capitoli provvisori del 1431 relativamente ai tempi di restauro, che dovevano essere brevi, dell'edificio scelto per ospitare il nuovo ospedale, Palazzo Sclafani. Un testamento del dicembre 1435 restituisce utili elementi per la storia dell'ente assistenziale palermitano: attesta che l'ospedale esercitava la sua attività in quella data; rivela il nome, il primo e unico conosciuto per i secoli medievali, di un ammalato ricoverato all'interno del nuovo ospedale; porta a supporre che anche a Palermo, come in altre città sedi di importanti enti ospedalieri, operò un notaio fidelizzato all'ospedale.

Progettate, per loro natura, per essere sottratte alla vista, le strutture di fondazione definiscono nel sottosuolo della città di Napoli un dedalo di fabbriche interrate, testimonianza dell’arte del costruire locale, e, contestualmente, della capacità, dimostrata attraverso i secoli, di offrire risposte differenti in relazione alle specificità geomorfologiche dei siti di edificazione. Intrecciandosi e sovrapponendosi, talvolta, a più antiche
preesistenze, nonché dando vita a complessi palinsesti impercettibili, solo in pochi e fortunati casi, le pedamenta appaiono ispezionabili o visibili nella loro complessità costruttiva, qualora integrate in percorsi di visita musealizzati, resi possibili soprattutto in ragione della presenza di strutture fondazionali su archi e pilastri.
Partendo dalla consapevolezza dell'esistenza di una lacuna conoscitiva relativa al cantiere di costruzione e consolidamento delle fondazioni napoletane, ancora poco indagato soprattutto rispetto alla comprensione dei
materiali e delle tecniche costruttive, il contributo che si presenta mira a definire un repertorio di soluzioni costruttive e di consolidamento sviluppate tra il XVI e il XVIII secolo, partendo dall’interpretazione della letteratura tecnica locale e potendo contare su un'ampia ricognizione di fonti archivistiche relative a molteplici fabbriche della città, in particolare chiese e complessi religiosi. Il contributo intende, quindi, focalizzare l’attenzione sul cantiere di costruzione e di consolidamento delle fondazioni, nel tentativo di costruirne una cronologia ed evidenziare, anche tramite l'analisi dei casi più rappresentativi dei differenti approcci ed epoche, la longue durée delle soluzioni adottate (a risega semplice, doppia, a risega e doppia scarpa, su archi e pilastri, etc.) ovvero le eventuali varianti costruttive. Ai fini di una migliore comprensione di tali “strutture nascoste”, l’interpretazione delle fonti indirette si accompagna allo studio della documentazione fotografica e grafica inerente a cantieri di restauro che hanno interessato negli ultimi decenni alcune delle architetture indagate e che hanno consentito di rendere temporaneamente visibili le fondazioni.
Nel tracciare una storia delle pratiche di cantiere relative alle strutture di fondazione nel panorama costruttivo napoletano di epoca moderna, il saggio si pone, dunque, l'obiettivo di ampliare la conoscenza in relazione a un patrimonio che, seppur celato alla vista, è portatore di valori legati a una specifica cultura tecnica e alla sua evoluzione attraverso i secoli, che meritano di essere indagati e riconosciuti per una più ampia consapevolezza
di tale "eredità invisibile".

Il 16 maggio 1889, Raffaele Alfonso Ricciardi, un giovane ricercatore di genealogia, araldica e storia locale, scrive di aver rinvenuto un fascicolo di epoca aragonese da un venditore di carte vecchie alla salita di San Sebastiano: il venditore non seppe fornirgli alcun chiarimento sulla origine e provenienza dell'antico documento. Qualche mese dopo, per l'esattezza il 16 settembre dello stesso anno, giorno del suo 21° compleanno, egli annota, sullo stesso foglio di guardia nella cartellina che raccoglie ancora oggi il fascicolo, conservato presso la Società Napoletana di Storia Patria di Napoli, di essersi accorto che «questi fogli facevano parte del volume Curiae della cancelleria aragonese segnato col numero 2° corrispondente ad una antica numerazione volume 4 Curiae, Regis Alphonsi II, mancandovi i fogli da 47 a 61» 1. Nulla di eccezionale in questo racconto se non fosse che la vicenda si interseca con il coevo studio della stessa serie della cancelleria aragonese da parte dell'archivista Nicola Barone. Quest'ultimo, nato a Napoli il 3 maggio 1858, si era laureato in giurisprudenza nel 1879, ed era entrato nel 1881 nell'Archivio di Stato di Napoli nello stesso periodo in cui Michele Russi vi insegnava paleografia e diplomatica 2. Scrive Cencetti: «Quegli anni di formazione furono decisivi per il Barone, che non lasciò più l'Archivio napoletano e vi compì tutta la sua carriera, fino a raggiungere nel 1917 il grado di soprintendente, col quale lo diresse fino al 1929, anno in cui fu collocato a riposo» 3. Nicola Barone, dopo aver realizzato uno spoglio di documenti tratti dalle Cedole di Tesoreria, aveva concluso e pubblicato nel 1889 uno studio, ancora tutt'oggi fondamentale, sulle filigrane presenti nei registri e documenti delle principali istitu-1 Le carte di Raffaele Alfonso Ricciardi sono custodite nella biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria di Napoli: l'inventario è a cura del prof. S. Palmieri; il documento oggetto di analisi e pubblicazione ha la seguente segnatura:

Il lemmario del Deonomasticon Italicum (DI) di Wolfgang Schweickhard
comprende anche voci dedicate a nomi di luoghi immaginari (si vedano, ad esempio, i casi di Eldoràdo, Lilliput); manca, tuttavia, una voce relativa a Utopia, nome dell’isola nata dalla mente del filosofo inglese Thomas More, che vi ambientò il suo Libellus vere aureus (1516). Ci si propone di colmare tale lacuna presentando una voce impostata come quelle del DI, ricostruendo così la famiglia di parole cui lo pseudo-grecismo di coniazione cinquecentesca ha dato luogo.

Le ambasciate della città di Napoli a Madrid, così come quelle di altre città e reinos della Corona spagnola avvenute nel corso dell’età moderna, furono pratiche di rappresentanza che davano ai sudditi la possibilità di presentarsi «a sus reales pies» per tutelare o estendere antiche prerogative o per negoziare nuovi privilegi. L’articolo ricostruisce il profilo e l’ambasciata di Pier Giovanni Capece Galeota (1597-1644), protagonista di una vicenda, ad oggi pressoché sconosciuta, che testimonia in modo esemplare quali potessero essere le difficoltà e i rischi di un’ambasciata e le ripercussioni che gli inviati della città potevano subire al termine di una legazione a Madrid, tornati a Napoli.

Las embajadas de la ciudad de Nápoles en Madrid, así como las de otras ciudades y reinos de la Corona española a lo largo de la Edad Moderna, fueron prácticas representativas que brindaron a los súbditos la oportunidad de pre-sentarse «a sus reales pies» para proteger o ampliar antiguas prerrogativas o negociar nuevos privilegios. El artículo reconstruye el perfil y la embajada de Pier Giovanni Capece Galeota (1597-1644), protagonista de un hecho, casi desconocido hasta hoy, que da testimonio ejemplar de las dificultades y los riesgos de una embajada, y las repercusiones que podían sufrir los enviados de la ciudad al final de una legación en Madrid, de regreso a Nápoles.

The embassies of the city of Naples to Madrid, as well as those from other cities and kingdoms of the Spanish Monarchy throughout the Early Modern period, were representative practices that provided subjects with the opportu-nity to present themselves “a sus reales pies” to protect or expand ancient prerogatives or negotiate new privileges. This essay reconstructs the profile and embassy of Pier Giovanni Capece Galeota (1597-1644), a protagonist of a little known affair which serves as an exemplary testimony of the difficulties and risks involved in an embassy and the repercussions that the envoys of the city could suffer at the end of their mission in Madrid.

La Puglia tra Tardo Medioevo e l'inizio dell'Età moderna costituiva il secondo centro di produzione dello zafferano nel Regno di Napoli, essendo L' Aquila quello principale. Il prodotto pugliese era qualitativamente e quantitativamente inferiore rispetto al corrispettivo abruzzese o toscano, ma riusciva a trovare un suo spazio sui mercati internazionali dell'Europa centro-settentrionale e del Levante. In Puglia venivano ad approvvigionarsi i mercanti tedeschi, talvolta direttamente dai produttori, ma più spesso durante le fiere che si tenevano nelle Puglie tra novembre e gennaio. In questo lavoro si vuole esaminare il ruolo svolto dalle due fiere gestite dalla chiesa di San Nicola di Bari tra Cinquecento e Seicento impiegando materiale d'archivio inedito.

La prima biografia del pittore campobassano Nicola Felice/Fenice e di Gian Maria Felice, supposto pittore, su cui oggi alla luce delle scoperte archivistiche aleggiano forti dubbi sulla sua reale attività artistica. Un lavoro d'indagine che chiarisce molti aspetti e cambia molte cose nel campo della storia dell'arte molisana, correggendo e integrando anche quanto già scritto sui due personaggi nel recente volume del 2022 "Attraversamenti: Pittori e scultori in Molise dalla fine del Cinquecento agli anni Sessanta del Novecento".

Estratto da: AA.VV., Campobasso in Comune: Conversazioni per la città, Gabriella Di Rocco (a cura di), Comune di Campobasso Assessorato alla Cultura, SIPBC onlus Molise, Edizioni Espera, dicembre 2023.

Analizzando fonti storiche relative alle età moderna e contemporanea, contenenti dati che risalgono sino agli ultimi secoli del Medioevo, gli autori intendono offrire un nuovo punto di vista, per un'indagine circoscritta ma esauriente, su un ambito di ricerca non scevro di contraddizioni ma forse mai studiato a fondo, sul piano meramente storiografico, senza interessi di parte o secondi fini. Il volume porta alla luce i nomi e le attività dei membri della nobiltà reggina del passato, non pochi dei quali ormai dimenticati e ben diversi da quelli tradizionalmente più noti. Tale categoria sociale, che subì lenti ma costanti mutamenti nel corso dei secoli, fu strettamente legata a quella omologa della confinante città di Sant’Agata, su cui vengono altresì forniti rapidi cenni.

Motta San Giovanni (Reggio Calabria), tra i centri più importanti dell'area grecanica, nel Settecento comprende i villaggi di Pellaro e Valanidi ed è un feudo dei Ruffo, una delle dinastie più importanti del Regno di Napoli e della storia del Mezzogiorno. Questo volume, analizzando il catasto onciario del 1747 e la tassazione del 1783, costituisce un utile strumento per lo studio della popolazione mottese e calabrese nel XVIII secolo.

Araldica, descrizione armi gentilizie ALTOMARE: alla fascia di rosso racchiusa da tre stelle (8 raggi) di oro, al capo del primo d'oro con aquila a volo chiuso rivolta verso destra di nero, e in punta bandato d'oro e d'azzurro APUZZO: bandato di argento e di rosso, al capo del primo d'azzurro con due grifi rampanti di verde e linguati di rosso affrontanti al pozzo d'argento murato di nero uscente dalla partizione BUONOCORE: d'azzurro, ai tre monti di verde con due leoni di oro affrontanti e tenenti un cuore di rosso CAPECE ZURLO O ZUROLO: partito, nel 1° di nero al leone rampante coronato d'oro (Capece), e nel 2° di rosso alla banda cuneata d'oro e d'azzurro (Zurlo o Zurolo) CARACCIOLO: bandato di oro e di rosso, al capo del primo di azzurro CARDONE: di rosso, con tre cardi fioriti gambuti e fogliati di oro CRISCUOLO: d'azzurro, alla fascia ondata d'argento con un leone rampante uscente d'oro accostato in capo, da tre stelle (6 raggi) d'argento poste in fascia, e in punta da una mezza luna montante di oro D'AQUINO: inquartato, nel 1° e nel 4° bandato d'oro e di rosso; nel 2° e nel 3° spaccato d'argento e di rosso al leone nell'uno e nell'altro DAMIANO: d'azzurro, a tre fasce d'oro accostate nel capo da tre stelle (6 raggi) d'argento. DE EBULO: incuneato di nero e di argento DE PLANCA: d'azzurro, a nove stelle (6 raggi) d'argento, disposte 3,3,3 DI CAPUA: d'oro, alla banda di rosso caricata di tre conchiglie d'argento DI MARTINO: d'oro, al leone rampante di rosso tenente nella branca anteriore destra una spada d'argento accostato in capo da tre gigli di verde DONNARUMMA: di rosso, al leone rampante posto in banda d'argento racchiusa da tre stelle di rosso (6 raggi), al capo del primo d'azzurro, con una figura d'argento di donna tenente nella mano destra una spada alzata uscente dalla partizione GUARINO: d'azzurro, alla banda d'oro accostata in capo da un lambello di tre pendenti di rosso. IARDINO: di rosso, al monticello d'argento uscente dalla punta, al capo del primo due leoni rampanti d'oro affrontanti alla torre merlata d'argento sormontata da tre gigli d'oro posti in fascia LONGOBARDO: d'azzurro, al leone d'oro imbracante una palma di verde MIROBALLO: d'azzurro, al leone d'oro seduto sopra un monticello di tre cime dello stesso, movente dalla punta, addestrato da una palma d'oro curva sino a circondarne la testa MOROLA: d'azzurro, all'albero al naturale sradicato sopra un monticello di tre cime di verde PIROMALLO CAPECE PISCICELLI: inquartato, nel 1° e nel 4° d'azzurro al leone tenente nelle branche anteriori un maglio e fissante una cometa ondeggiante in sbarra nel punto destro del capo, il tutto d'oro, il leone fermo sulla vetta di un monte di tre colli all'italiana d'argento, nascente da una roccia al naturale movente dalla punta dello scudo;nel 2° e nel 3° di rosso, alla banda cuneata d'oro e d'azzurro accostata in capo da un lambello di tre pendenti di oro PISCICELLO O PISCICELLI: di rosso, alla banda cuneata d'oro e d'azzurro accostata in capo da un lambello di tre pendenti di azzurro PISCICELLO ZUROLO O ZURLO: di rosso, alla banda cuneata d'oro e d'azzurro accostata in capo da un pesce di nero PONTIACO: fusato d'oro e di nero RICCI O DE RITIIS: d'azzurro, alla fascia d'oro accostata in capo e in punta da tre ricci di castagna d'argento posti due a uno TAURISANO: d'azzurro, al toro passante di oro accostato in capo da tre gigli d'oro divisi da un lambello di quattro pendenti di rosso TAVELLA: d'azzurro, al lupo passante di oro su tre cime dello stesso accostato in capo da una stella (6 raggi) di oro ZURLA O ZURLO O ZUROLO (ramo di Crema): d'azzurro, a tre corvi di nero rostrati e membrati di oro

Balì, da Baliaggio (area di giurisdizione di un Balivo), alto grado che attribuiva a un dignitario dell'Ordine un determinato territorio sottoposto alla sua giurisdizione o governo. Altra figura importante, nella scala gerarchica dell'Ordine Gerosolimitano, era il Luogotenente Generale che veniva immediatamente dopo il Balì. Spesso quest'ultimo, non potendo personalmente amministrare o governare taluni territori, sottoposti alla sua giurisdizione, provvedeva a nominare un proprio sostituto, ossia una persona di sua fiducia, idonea ad operare in sua assenza esercitando tutti i poteri conferitogli, considerato che per ben rispondere alle rigide regole dell'Ordine il Luogotenente Generale doveva necessariamente essere un dignitario dell'Ordine o un familiare del Balì. ~ 28 ~ Iscritta nell'Annuario della Nobiltà Italiana, ed. XXXII (cfr. parte IV, p. 2337, Zurolo), e nel Libro d'Oro napoletano (cfr. ad vocem: Zurlo, Capece Zurlo), dopo l'abolizione dei Sedili nel 1800. Questa Casata perdette, ancora, durante la contesa (ispano-francese) tra l'imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V (n. 1500 †1558) e Francesco I di Francia (n. 1494 †1547), molto della sua grandezza e potenza, e precisamente quando giunse (aprile 1528) nel Regno di Napoli il maresciallo di Francia Odet-Odetto de Foix visconte di Lautrec (n. 1485 † agosto1528), dal quale fu spogliata dei suoi feudi e ricchezze nell'aver parteggiato per detto sovrano di Spagna, Carlo V 1. Alcuni membri di questa famiglia, di origine partenopea, nella seconda metà del Cinquecento, a causa degli enunciati motivi emigrarono da Giovinazzo, ove fra l'altro detenevano il Patriziato, e alienarono parte dei loro beni stabili, allora situati sia nei territori di questa Città sia in quelli di Baranello e di Larino in Capitanata, portandosicon vita more nobilium fino al Sei-Settecento 2 , poi riconosciuti/riconfermati in virtù delle prerogative di antica nobiltà od originario status nobiliare dal Sovrano Militare Ordine di Malta (S.M.O.M.) con pedissequa ascrizione nei Ruoli dell'Ordinein Napoli, a Castellammare di Stabia, odierno luogo di residenza del ramo principale della Casata 3 .

Rivista Italiana di Onomastica «RION», XXVIII (2022), 2 Saggi MASSIMO FANFANI (Firenze), Varianti di cognomi: il caso di Allighieri 547-562 GIOVANNI RUFFINO (Palermo), Nella selva dei cognomi: dubbi e congetture interpretative. Esempi siciliani 563-567 ENZO CAFFARELLI (Roma) / ROBERTO RANDACCIO (Cagliari), Che cosa intendiamo per 'deonomastica letteraria' 569-607 OTTAVIO LURATI (Lugano/Basel), Ceresio, Cernobbio, Cernusco: una storia nuova 609-618 SALVATORE CLAUDIO SGROI (Catania), Regole (morfo-fonologiche e prosodiche) e norme (etimologiche e d'uso) della pronuncia di Ucraina/ucraino 619-649 LEONARDO DI VASTO (Cosenza), Onomastica greca a Castrovillari in documenti della seconda metà del XIII secolo 651-658 GUIDO BORGHI (Genova), Frigi < Φρύγες < indoeuropeo *Bʱrgĕs 659-688 GABRIELE ZANELLO (Udine), Modelli e criteri per la resa dell'onomastica biblica nelle traduzioni friulane della Scrittura 689-727 Varietà ENZO CAFFARELLI (Roma), Gli entomonimi nell'onimia italiana contemporanea 730-764 FRANCESCO SCAGLIONE (Palermo), In vino veritas? Calabrese e/o Nero d'Avola: aspetti linguistici e sociali in un caso di "concorrenza" ampelonimica 765-778 Progetti, strumenti, metodologie, applicazioni GIANLUCA BIASCI (Siena), La ricerca digitale in campo lessicale: fra strumenti innovativi e sinergia d'intenti (con un sondaggio sui deantroponimici dannunziani) 780-792 IVETA VALENTOVÁ (Bratislava), MILAN HARVALÍK (Bratislava/Praha), ARTUR GAŁKOWSKI (Łódź), La banca dati internazionale di terminologia onomastica ONOMTERM 793-800 MARINA CASTIGLIONE / GIOVANNI RUFFINO (Palermo), Patrimonio toponomastico di Sicilia. Una raccolta capillare per la toponimia orale e la sua cartografazione digitale 801-813 Minima onomastica ELVIRA ASSENZA (Messina), Il recupero dei microtoponimi fraintesi 816 XAVERIO BALLESTER (Valéncia), Giner: un antropònim valencià 817 GIANLUCA BIASCI (Siena), Una rarità lessicografica: l'aggettivo piononesco 818 MARINO BONIFACIO (Trieste), Carvìn, Cavressi, Coslovi, Cosolini e altri cognomi "caprini' tra Istria, Dalmazia e Venezia Giulia 819 GUIDO BORGHI (Genova), Basilia (Dogger Island) = Atlantide (Doggerland) 821 GIANCARLO BULLO (Claro [Cantone Ticino]), Da Crèe a carèe il passo è breve 823 ENZO CAFFARELLI (Roma), Ma Paparazzo non sarà stato un soprannome? LAURA CASSI (Firenze), Acque chiare, fresche e dolci MARINA CASTIGLIONE (Palermo), Roma bisantina nelle lettere giovanili di Pirandello FURIO CICILIOT (Savona), Quando un toponimo sembra un numerale... VINCENZO D'ANGELO (Torino), Acclimatamento poetico degli antroponimi stranieri nei Filosofi in libertà di Umberto Eco EMIDIO DE ALBENTIIS (Perugia), Sulla appartenenza territoriale di Genzano di Lucania MARCO DI GIACOMO (Roma), I soprannomi in un romanzo di Remo Rapino LYDIA FLÖSS (Trento), L'aggettivo fosco nei toponimi del Dizionario toponomastico trentino MARCO FRAGALE (Palermo), Un toponimo madonita, tra paretimologia e aneddoti PETER JORDAN (Wien), Commemorative naming: a problem in urban areas OTTAVIO LURATI (Lugano/Basel), Gabaglio e Fogliardi: riflessione su due cognomi comaschi e ticinesi LUIGI MATT (Sassari), La scrittura cimmeria di Giorgio Manganelli MAURO MAXIA (Sassari), Un nome nuovo di origine medievale JOSÉ LUIS MEDINA-GAVILÁN (Sevilla), El Castaño, distortion from an Italian anthroponym to a current false phytotoponym (southern Spain) GIAMPAOLO MONTESANTO (Palermo), Ciciliano Mangiasapone... Quando gli indigeni eritrei ridevano dei colonizzatori italiani LUCA MORLINO (Trento), Tracce antonomastiche di Lancillotto ROBERTO RANDACCIO (Cagliari), Ufficio deonomastici smarriti (o quasi): Drusiana, Trusiana GIOVANNI RUFFINO (Palermo), La soprannominazione effimera e volatile dei nuovi giovani AGOSTINHO SALGUEIRO (Coimbra) / MÁRCIA SIPAVICIUS SEIDE (Cascavel/Marechal Cândido Rondon), Onomastic terminology for European Portuguese and Brazilian Portuguese FRANCESCO SESTITO (Roma/Saarbrücken), Influssi letterari e cinematografici sull'antroponimia reale: il caso di Via col vento SALVATORE CLAUDIO SGROI (Catania), La pronuncia e la grafia di <I(n)stanbul / I(n)stambul> STEFANO VASSERE (Bellinzona), Le difficoltà culturali per un'

Traduzione italiana della raccolta di documenti relativi alla mostra tenutasi a San Leucio nell'agosto 1973, promossa dal Dipartimento di architettura della Pennsylvania State University in collaborazione con il Politecnico di Milano - facoltà di architettura, l'Istituto d'Arte di San Leucio e il Municipio di Caserta.
Direttore del Progetto di ricerca e titolare del catalogo della mostra del 1973, pubblicato a New York  nello stesso anno, architetto Richard Plunz.
Copyright © 1973 by Richard Plunz.
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Italian translation of the collection of documents relating to the exhibition held in San Leucio in August 1973, promoted by the Department of Architecture of the Pennsylvania State University in collaboration with the Polytechnic of Milan - Faculty of Architecture, the Art Institute of San Leucio and the Caserta Town Hall.
Director of the research project and holder of the 1973 exhibition catalog, published in New York in the same year, architect Richard Plunz.
Copyright © 1973 by Richard Plunz.
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Hanno retto dimore e corti, hanno ispirato la penna dei letterati e sono state concretamente attive nel mantenimento del potere. Ai capi opposti dell’Italia rinascimentale – tra la corte mantovana dei Gonzaga e i territori dei nobili
siciliani – una dinastia di donne ha difeso possessi ed elaborato strategie, prendendo il posto delle figure maschili quando mariti e figli partivano –
e perivano – per servire l’imperatore. Di molte di loro si conoscono i nomi e, a tratti, anche le vicende; di altre quasi nulla. Eppure, quelle donne si trovarono agli snodi di una rete politica italiana e sovranazionale tra gli inizi del Quattrocento e gli anni Quaranta del Cinquecento, nella Napoli aragonese e nella Sicilia non ancora castigliana.

Il Laboratorio di Documentazione Storica e Patrimonio Culturale Digitale (DocStoLab) ha organizzato il seminario: "Malinconia barocca. Alle radici del moderno", che si terrà presso l'Archivio di Stato di Avellino il 7 novembre.
L'evento si svolgerà con il patrocinio del Dipartimento di Scienze Umane, Filosofiche e della Formazione (DiSUFF) dell'Università degli Studi di Salerno, del Laboratorio Interdisciplinare per gli Studi Euro-Latinoamericani (LISEL) e del Comune di Avellino