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2022, Notturni un dialogo con Giorgio De Chirico
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di Ettore Tripodi con saggi di: Giorgio Bacci, Ada Masoero, Irina Zucca Alessandrelli Traduzioni: Federica Zotti / Design: Alessandra Mancini
The great Metaphysical: de Chirico and the Ars Regia Giorgio de Chirico, the so-called Pictor Optimus, was fascinated by alchemy and mysticism. De Chirico himself used to say: “the painter becomes a sort of magician”. The first one who explored, thirty years ago, the esoteric profile of the artist of Volos was Maurizio Calvesi. We’re going now to analyze a series of paintings of the Master and compare them with the iconography of Ars Regia, the Latin term to indicate the high work of masonry: as the Masonic degrees boards; but also with the images of tarots, the engravings of the Italian and German Renaissance alchemists, the prints of hermetic literature. Rome in the Twenties, where de Chirico lived in that period, was a town in which he found the right climate for his personal attitude to mystery and enigma, as the Master confided to his friend, the Greek architect Pikionis. The mayor of the Capital, Ernesto Nathan, had been a Grand Master of the Italian Grand Orient; spiritism was practiced by personalities as Julius Evola or Arturo Reghini, and in the salons of the Futurism circles. The matters of this essay (the chessboard, the hermetism, the tarots, the mysterious baths, the cock, the trophies, Mercury’s dream, the black sun, the temple, the laboratory of the initiated), have been all related with the subjects found in the masterpieces of our great artist.
Aracne, 2024
"invano io lotto con l'uomo dagli occhi loschi e dolcissimi" UN SOGNO DI DE CHIRICO di Adello Vanni Contributi "Invano io lotto con l'uomo dagli occhi loschi e dolcissimi" UN SOGNO DI DE CHIRICO di Adello Vanni "Le palpebre del Signor Dudron [de Chirico n.d.a] divennero pesanti; doveva fare uno sforzo per tenerle aperte. Allora soffiò sulla candela, si stese voluttuosamente e, dopo essersi rigirato due o tre volte, finì per addormentarsi profondamente; e sognò".
Metafisica Quaderni dellaFondazione Giorgio e Isa de Chirico, 2019
GIORGIO DE CHIRICO E VENEZIA - PARTE III (1937-1947) Giorgia Chierici Giorgio de Chirico e la Biennale di Venezia 7) 1938: XXI Esposizione Biennale Internazionale d’Arte 8) 1940: Zurigo 9) 1942: XXIII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte e Linz 10) XXIV Esposizione Biennale Internazionale d’Arte 11) 1947: Losanna Appendice: Elenco delle opere di alcuni dei più importanti collezionisti milanesi di Giorgio de Chirico messe al riparo nei sotterranei del Castello Sforzesco durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Il catalogo della mostra di Giorgio de Chirico, il ritorno al castello, offre molteplici spunti di riflessione sull'opera e sullo stile pittorico, andando ad ampliare gli spunti di riflessione offerti dalla mostra attraverso saggi stimolanti e gli scritti di de Chirico stesso.
Tra le molteplici sollecitazioni che il poderoso Editoriale di Ferdinando Bologna (apparso sui nn. 0 e 1 della neo-nata rivista di studi e ricerche di storia dell'arte europea «Confronto») può continuare a suscitare ad ogni sua saggia rilettura, sembrano potersi enucleare queste tre esortazioni: studiare la storia dell'arte attraverso i documenti offerti dalla contingenza storica; indagare le peculiarità espressive che "intrinsecamente" il linguaggio figurativo possiede in quanto strumento di comunicazione del pensiero (anzi quale forma di "oggettivazione" del pensiero); diffidare di contro di quelle categorie extra-artistiche o meta-storiche che vorrebbero per certi versi quasi prescindere dal fatto artistico stesso, per cercare intenzionalità ed ideologie dell'artefice al di là perfino della perentorietà del testo, fino a consentire ad esempio a Massimo Firpo -aderendo in tal modo all'«officio della religione» piuttosto che al «mestiero del dipingere» -di ricostruire la sensibilità religiosa di Lotto al di là della sua produzione artistica (e dove si ritrova quasi un'eco delle affermazioni del Longhi, ad andarsi a rileggere le storiche «Proposte per una critica d'arte» del 1950, quando avvertiva dei rischi di scivoloni da parte della critica d'arte verso un «esprit de géometrie» che non tenesse in buon conto quello di «finesse»). Questa pur estrema semplificazione interpretativa di un pensiero evidentemente più alto, può tuttavia giovare come introduzione di metodo allo studio dei cosiddetti "manifesti artistici" di tante avanguardie del Novecento (ma chiamando in causa non tanto i movimenti storici in séche rientrano a buon titolo nell' "oggetto" dell'indagine -quanto alcuni atteggiamenti critici che le hanno analizzate). Epperò anche guardando ai "manifesti in sé", gli ammonimenti di approccio teorico e metodologico riaffermati da Bologna inducono quantomeno a virgolettare anche taluni programmi di intenti (qualora fossero riguardati, ad esempio, come sorta di "critica ante rem"), dovendosi in realtà anche in quel caso prestare attenzione al dato in sé, come fattore significante e qualificante, ovvero all'esito effettivo che l'opera d'arte ha prodotto sul pubblico e nel tempo, rispetto alle intenzioni a monte, più o meno esplicitate appunto programmaticamente dai manifesti, così come rispetto alle poetiche individuali quando sono dichiarate. In particolare, interrogandoci sul portato effettivo della vantata pittura "metafisica" di Giorgio De Chirico (autodefinizione sì, ma accordata dalla critica, e che le recenti mostre di Merano e di Roma hanno anzi sembrato rilanciare), viene da porsi la seguente questione: in che senso la pittura di Giorgio De Chirico può realmente chiamarsi "metafisica" stando almeno all'accezione strettamente filosofica che diamo al termine con cui De Chirico volle definire quella sua stagione artistica, al di là cioè di un'accezione contingente, riformulata e in qualche modo aggiornata da parte della cultura contemporanea? Sembra in sostanza problematico -pur nella consapevolezza di una rivisitazione attuata dalla filosofia tardo-ottocentesca di alcuni spunti della cultura e della mitologia greche -in primo luogo inquadrare tout court la reale portata semantica di una possibile "metafisica" agli esordi del XX secolo, e in secondo luogo indagare quali nuovi rapporti possa stabilire una teoria puramente filosofica -per quanto, appunto, "rivisitata" -con il manifesto programmatico della pittura dechirichiana, la quale per suo conto si configura in realtà come la mera "poetica" dell'artista (che è cosa ben diversa rispetto ad una più generale e fondante teoria estetica). Non si tratta pertanto, e ovviamente, di una qualche censura dell'elaborazione teorica di De Chirico -della quale non possiamo, con buona pace delle riserve longhiane, che prendere attoma della constatazione di come la critica non abbia forse affrontato sufficientemente il problema della decodificazione di una citazione tolta dal pensiero antico -e che a mio avviso nella sostanza resta invece relegata nella cultura greca -, e non si sia in realtà preoccupata dei riscontri "pittorici" di quell'elaborazione teorica.
Il pittore Giorgio de Chirico, che ha chiamato Metafisica la sua pittura, è autore di diversi saggi filosofici, uno dei quali è La realtà profanata, pubblicato nella sua Commedia dell'arte moderna nel 1945. Il saggio è scritto nel 1943, nel pieno del disastro della 2° Guerra mondiale, ed è un fermo richiamo contro la falsificazione della realtà da parte delle ideologie allora imperanti, e all'abbrutimento di essa tramite gli orrori della guerra. Il saggio vuole mostrare come il pittore sia molto vicino alla problematica della metafisica in Heidegger (di cui è contemporaneo(è nato nel 1888), e al concetto di phronesis, saggezza di Gadamer. Non è però che agli abbia attinto ai loro fondamenti ontologici, poiché egli non li ha mai conosciuti, e la sua problematica della metafisica in pittura è anteriore alla critica della metafisica di Heidegger. Anche i concetti di nichilismo, di Inquietante, di essere per la morte, vengono sviluppati sia nei suoi quadri che nei suoi scritti, di cui si dà ampia notizia, il cui interesse dal unto di vista anche filosofico è pari a quello dei due filosofi tedeschi.
2024
Niccolò (da Stella variabile, 1981) è insieme un caso esemplare e un’eccezione nel percorso sereniano: statuto peculiare che il testo deve tanto all’ideale dialogo retrospettivo con un tema cardine del poeta, il rapporto con i trapassati, di cui sembra essere una variazione estrema, quanto alla messa in risalto della sua singolare occasione-spinta in esiti inediti, che trasfigurano la scomparsa dell’amico Niccolò Gallo in un’indagine di ampia portata e complessità sull’assenza. L’intervento si propone di studiare come queste coordinate entrino in risonanza con le strategie compositive della poesia – oltreché con la sua storia genetica –, sulla falsariga delle ‘intermittenze’ epistolari ravvisabili a una lettura pragmatica della testualità, volta a trattenere un assente se non a ripristinare, tramite determinate ‘contromisure’, un colloquio in praesentia.
Un esempio sintomatico è costituito dal "Verde Veronese" citato da de Chirico nel Piccolo trattato di tecnica pittorica 3 , che evidenzia al contempo la feroce concorrenza tra i produttori di materiali artistici e la difficoltà degli artisti a riconoscerne le proprietà: nel 1814 fu infatti prodotto con il nome di Verde di Schweinfurt da von Mitis e descritto da Justus von Liebig sciogliendo il verderame in aceto con l'aggiunta di triossido di arsenico per ottenere un composto a base di aceto-arsenito di rame. Nel 1822 fu commercializzato in Gran Bretagna come Emerald Green, mentre in Francia era venduto come Vert Veronese, per distinguerlo dal Vert Émeraude, ottenuto nel 1859 dal chimico Guignet con l'ossido di cromo idrato, intensamente verde e fortemente coprente, che in Gran Bretagna prendeva il nome di Viridian. Accadeva così che gli artisti italiani potevano alternativamente acquistare il "Verde Veronese" o il "Verde Smeraldo" senza rendersi conto che erano due pigmenti diversi solo nel caso dei prodotti francesi, mentre si trattava del medesimo composto se apparteneva alle marche inglesi Winsor & Newton, Roberson o Reeves che erano le più famose e antiche ditte produttrici. 4 Un altro caso è rappresentato dal Giallo di Napoli, che nella sua formulazione tradizionale risalente al XVII secolo è costituito da antimoniato di piombo, mentre de Chirico afferma che è un pigmento velenoso composto di arsenico, riferendosi forse all'orpimento, che tuttavia non risulta più utilizzato e prodotto all'epoca in cui l'artista scrive. 5 Di fronte a un panorama così variegato e fortemente contrassegnato dalla mobilità delle denominazioni dei materiali, diventa indispensabile valutare con attenzione le testimonianze trattatistiche e anche le identificazioni proposte dai referti delle indagini scientifiche, poiché se è vero che gli artisti italiani acquistavano in genere i prodotti francesi, non sempre questa regola sarà sistematicamente seguita (come risulta ad esempio dallo studio della tecnica di Nino Costa), ed è di fondamentale importanza condurre una corretta contestualizzazione storica.
Between, 2012
Dialogando con Giancarlo De Cataldo A cura della Redazione di Between Between: La letteratura ha affrontato la legge in modi infiniti ma, schematizzando, in due sensi principali: criticandone determinati pregiudizi, disfunzioni, aberrazioni, solitamente legati a specifici contesti storici-sociali; oppure (è una linea che inizia dalle Eumenididi Eschiloper arrivare a Dostoevskij e al Novecento) mettendone a fuoco problemi più ricorrenti e magari intrinseci, come la tendenza a giudicare non solo il fatto ma anche o soprattutto la persona, la cristallizzazione delle ipotesi in certezze, la difficoltà di stringere in un verdetto definitivo la complessità e l'ambiguità dell'esperienza reale. Cosa pensa di queste due tipologie di base? Secondo lei sono entrambe ancora vitali? De Cataldo: Più che mai vitali! E nemmeno contraddittorie fra loro, sono le linee che voi descrivete. Nel mondo contemporaneo l'area coperta dalle leggi e dai regolamenti tende ad allargarsi a dismisura e il tecnicismo viene troppo spesso utilizzato per comprimere diritti, soffocare libertà o, per contro, garantire vergognose aree di impunità. Strumenti legislativi sofisticati possono, da un lato, aiutare il progresso umano, dall'altro sostituire, con analoga potenza devastante, ciò che in passato era il dominio della forza bruta e non regolamentata. Per questo delle due tipologie che voi descrivete credo che l'una sia lo
Transmission: Journal of the Awareness Field, Vol.9, The Realm of Immanence, 2018-2019, 2019, 2019
Bulletin of the American Society of Overseas Research , 2024
J.C. Friedman (Ed.), The Routledge History of the Holocaust (pp. 412-424). New York: Routledge
Hegel-Studien, 2020
International Journal of Plant & Soil Science
Berkshire Magazine, 2024
Chemical Society Reviews, 2014
Filologiya məsələləri No 8, 2014
Dentistry Journal
International Journal of Scientific Reports, 2020
Risco Revista de Pesquisa em Arquitetura e Urbanismo (Online), 2019
Frontiers in Cardiovascular Medicine
Production Planning & Control, 2017
Journal of Ayub Medical College, Abbottabad : JAMC
Contabilidad y Negocios, 2007
Current Anesthesiology Reports, 2013