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The great Metaphysical: de Chirico and the Ars Regia Giorgio de Chirico, the so-called Pictor Optimus, was fascinated by alchemy and mysticism. De Chirico himself used to say: “the painter becomes a sort of magician”. The first one who explored, thirty years ago, the esoteric profile of the artist of Volos was Maurizio Calvesi. We’re going now to analyze a series of paintings of the Master and compare them with the iconography of Ars Regia, the Latin term to indicate the high work of masonry: as the Masonic degrees boards; but also with the images of tarots, the engravings of the Italian and German Renaissance alchemists, the prints of hermetic literature. Rome in the Twenties, where de Chirico lived in that period, was a town in which he found the right climate for his personal attitude to mystery and enigma, as the Master confided to his friend, the Greek architect Pikionis. The mayor of the Capital, Ernesto Nathan, had been a Grand Master of the Italian Grand Orient; spiritism was practiced by personalities as Julius Evola or Arturo Reghini, and in the salons of the Futurism circles. The matters of this essay (the chessboard, the hermetism, the tarots, the mysterious baths, the cock, the trophies, Mercury’s dream, the black sun, the temple, the laboratory of the initiated), have been all related with the subjects found in the masterpieces of our great artist.
Aracne, 2024
"invano io lotto con l'uomo dagli occhi loschi e dolcissimi" UN SOGNO DI DE CHIRICO di Adello Vanni Contributi "Invano io lotto con l'uomo dagli occhi loschi e dolcissimi" UN SOGNO DI DE CHIRICO di Adello Vanni "Le palpebre del Signor Dudron [de Chirico n.d.a] divennero pesanti; doveva fare uno sforzo per tenerle aperte. Allora soffiò sulla candela, si stese voluttuosamente e, dopo essersi rigirato due o tre volte, finì per addormentarsi profondamente; e sognò".
Un esempio sintomatico è costituito dal "Verde Veronese" citato da de Chirico nel Piccolo trattato di tecnica pittorica 3 , che evidenzia al contempo la feroce concorrenza tra i produttori di materiali artistici e la difficoltà degli artisti a riconoscerne le proprietà: nel 1814 fu infatti prodotto con il nome di Verde di Schweinfurt da von Mitis e descritto da Justus von Liebig sciogliendo il verderame in aceto con l'aggiunta di triossido di arsenico per ottenere un composto a base di aceto-arsenito di rame. Nel 1822 fu commercializzato in Gran Bretagna come Emerald Green, mentre in Francia era venduto come Vert Veronese, per distinguerlo dal Vert Émeraude, ottenuto nel 1859 dal chimico Guignet con l'ossido di cromo idrato, intensamente verde e fortemente coprente, che in Gran Bretagna prendeva il nome di Viridian. Accadeva così che gli artisti italiani potevano alternativamente acquistare il "Verde Veronese" o il "Verde Smeraldo" senza rendersi conto che erano due pigmenti diversi solo nel caso dei prodotti francesi, mentre si trattava del medesimo composto se apparteneva alle marche inglesi Winsor & Newton, Roberson o Reeves che erano le più famose e antiche ditte produttrici. 4 Un altro caso è rappresentato dal Giallo di Napoli, che nella sua formulazione tradizionale risalente al XVII secolo è costituito da antimoniato di piombo, mentre de Chirico afferma che è un pigmento velenoso composto di arsenico, riferendosi forse all'orpimento, che tuttavia non risulta più utilizzato e prodotto all'epoca in cui l'artista scrive. 5 Di fronte a un panorama così variegato e fortemente contrassegnato dalla mobilità delle denominazioni dei materiali, diventa indispensabile valutare con attenzione le testimonianze trattatistiche e anche le identificazioni proposte dai referti delle indagini scientifiche, poiché se è vero che gli artisti italiani acquistavano in genere i prodotti francesi, non sempre questa regola sarà sistematicamente seguita (come risulta ad esempio dallo studio della tecnica di Nino Costa), ed è di fondamentale importanza condurre una corretta contestualizzazione storica.
Notturni un dialogo con Giorgio De Chirico, 2022
di Ettore Tripodi con saggi di: Giorgio Bacci, Ada Masoero, Irina Zucca Alessandrelli Traduzioni: Federica Zotti / Design: Alessandra Mancini
Tra le molteplici sollecitazioni che il poderoso Editoriale di Ferdinando Bologna (apparso sui nn. 0 e 1 della neo-nata rivista di studi e ricerche di storia dell'arte europea «Confronto») può continuare a suscitare ad ogni sua saggia rilettura, sembrano potersi enucleare queste tre esortazioni: studiare la storia dell'arte attraverso i documenti offerti dalla contingenza storica; indagare le peculiarità espressive che "intrinsecamente" il linguaggio figurativo possiede in quanto strumento di comunicazione del pensiero (anzi quale forma di "oggettivazione" del pensiero); diffidare di contro di quelle categorie extra-artistiche o meta-storiche che vorrebbero per certi versi quasi prescindere dal fatto artistico stesso, per cercare intenzionalità ed ideologie dell'artefice al di là perfino della perentorietà del testo, fino a consentire ad esempio a Massimo Firpo -aderendo in tal modo all'«officio della religione» piuttosto che al «mestiero del dipingere» -di ricostruire la sensibilità religiosa di Lotto al di là della sua produzione artistica (e dove si ritrova quasi un'eco delle affermazioni del Longhi, ad andarsi a rileggere le storiche «Proposte per una critica d'arte» del 1950, quando avvertiva dei rischi di scivoloni da parte della critica d'arte verso un «esprit de géometrie» che non tenesse in buon conto quello di «finesse»). Questa pur estrema semplificazione interpretativa di un pensiero evidentemente più alto, può tuttavia giovare come introduzione di metodo allo studio dei cosiddetti "manifesti artistici" di tante avanguardie del Novecento (ma chiamando in causa non tanto i movimenti storici in séche rientrano a buon titolo nell' "oggetto" dell'indagine -quanto alcuni atteggiamenti critici che le hanno analizzate). Epperò anche guardando ai "manifesti in sé", gli ammonimenti di approccio teorico e metodologico riaffermati da Bologna inducono quantomeno a virgolettare anche taluni programmi di intenti (qualora fossero riguardati, ad esempio, come sorta di "critica ante rem"), dovendosi in realtà anche in quel caso prestare attenzione al dato in sé, come fattore significante e qualificante, ovvero all'esito effettivo che l'opera d'arte ha prodotto sul pubblico e nel tempo, rispetto alle intenzioni a monte, più o meno esplicitate appunto programmaticamente dai manifesti, così come rispetto alle poetiche individuali quando sono dichiarate. In particolare, interrogandoci sul portato effettivo della vantata pittura "metafisica" di Giorgio De Chirico (autodefinizione sì, ma accordata dalla critica, e che le recenti mostre di Merano e di Roma hanno anzi sembrato rilanciare), viene da porsi la seguente questione: in che senso la pittura di Giorgio De Chirico può realmente chiamarsi "metafisica" stando almeno all'accezione strettamente filosofica che diamo al termine con cui De Chirico volle definire quella sua stagione artistica, al di là cioè di un'accezione contingente, riformulata e in qualche modo aggiornata da parte della cultura contemporanea? Sembra in sostanza problematico -pur nella consapevolezza di una rivisitazione attuata dalla filosofia tardo-ottocentesca di alcuni spunti della cultura e della mitologia greche -in primo luogo inquadrare tout court la reale portata semantica di una possibile "metafisica" agli esordi del XX secolo, e in secondo luogo indagare quali nuovi rapporti possa stabilire una teoria puramente filosofica -per quanto, appunto, "rivisitata" -con il manifesto programmatico della pittura dechirichiana, la quale per suo conto si configura in realtà come la mera "poetica" dell'artista (che è cosa ben diversa rispetto ad una più generale e fondante teoria estetica). Non si tratta pertanto, e ovviamente, di una qualche censura dell'elaborazione teorica di De Chirico -della quale non possiamo, con buona pace delle riserve longhiane, che prendere attoma della constatazione di come la critica non abbia forse affrontato sufficientemente il problema della decodificazione di una citazione tolta dal pensiero antico -e che a mio avviso nella sostanza resta invece relegata nella cultura greca -, e non si sia in realtà preoccupata dei riscontri "pittorici" di quell'elaborazione teorica.
Metafisica Quaderni dellaFondazione Giorgio e Isa de Chirico, 2019
GIORGIO DE CHIRICO E VENEZIA - PARTE III (1937-1947) Giorgia Chierici Giorgio de Chirico e la Biennale di Venezia 7) 1938: XXI Esposizione Biennale Internazionale d’Arte 8) 1940: Zurigo 9) 1942: XXIII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte e Linz 10) XXIV Esposizione Biennale Internazionale d’Arte 11) 1947: Losanna Appendice: Elenco delle opere di alcuni dei più importanti collezionisti milanesi di Giorgio de Chirico messe al riparo nei sotterranei del Castello Sforzesco durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Origine e sviluppi dell'arte metafisica. Milano 1909-1911, Firenze 1919-1922, atti del convegno (Milano 2010) a cura di P. Baldacci, M.G.Messina, A. Negri, Milano, Scalpendi edizioni, 2010, pp. 80-97
Giorgio de Chirico, L'Angoisse du départ, 1913, olio su tela, 84,5 x 70, Buffalo, Albright-Knox Art Gallery 81 parigi 1914. quale modernità per de chirico
Saggio nel cat. mostra De Chirico a Ferrara. Metafisica e avanguardie, a cura di P, Baldacci e G. Roos (Ferrara, Palazzo dei Diamanti 2015-16), Ferrara 2015
Giorgio de Chirico e Venezia: 1924-1936, 2018
Giorgio de Chirico e la Biennale di Venezia 1924-1936 in Metafisica 17/18 Quaderni della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico. GIORGIO DE CHIRICO E VENEZIA: 1924-1936 SOMMARIO: Parte I 1) 1924: XIV Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia 2) 1927-1930: da «Comœdia» alla non partecipazione alla XVI Biennale 1928 e XVII Biennale 1930 3) 1932: XVIII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte Parte II Giorgio de Chirico e le mostre organizzate all’estero dalla Biennale 4) 1933: New York e Vienna 5) 1935: Varsavia e Parigi 6) 1936: Budapest
Metafisica. Quaderni della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, 2023
Giorgio de Chirico e Venezia – Parte IV (1948-1978) Giorgia Chierici SOMMARIO Parte IV Giorgio de Chirico e la Biennale di Venezia 12) 1948: XXIV Esposizione Biennale Internazionale d’Arte 13) 1949: Cairo 14) 1950: XXV Esposizione Biennale Internazionale d’Arte 15) 1953: Atene e Costantinopoli, Stoccolma e Helsinki 16) 1956: XXVIII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte 17) 1959-1960: Saint- Étienne 18) 1966: il mancato invito 1972: XXXVI Esposizione internazionale d’arte 19) 1978: L’ultima Biennale
Public Knowledge Project PLN, 2023
Jurnal Ilmiah Teknik Industri, 2021
Money and Power in the Roman Republic, 2016
International Journal for Research in Applied Science & Engineering Technology (IJRASET), 2022
Povijest neostvarenih mogucnosti, 2018
Jurnal Sosial Politik
Deleted Journal, 2024
Research, Society and Development, 2022
Perspectives on Science, 2014
2022 IEEE International Conference on Software Analysis, Evolution and Reengineering (SANER)
Journal of Social Work Practice, 2018
XV Jornadas de Jóvenes Investigadores de la Asociación de Universidades Grupo Montevideo (Paraguay, 24 al 26 de octubre de 2007), 2007
Revista da Sociedade Brasileira de Medicina Tropical, 2010
European journal of radiology, 2016
International Journal of Historical Insight and Research