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ISSN 2037-6677
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La dottrina tedesca in tema di forma di governo
di Andrea Gatti
1. – Nella presente rassegna si è scelto di ricomprendere due temi, quello della
democrazia federale (§7) e quello della giustizia costituzionale (§ 8), nella forma di
governo. Sebbene il loro inserimento, sotto un aspetto di teoria generale, sia
controverso, metodologicamente appare ragionevole, per come è strutturato il
sistema tedesco e per le circostanze contingenti (come verrà esplicitato nel corso
dello scritto), riconoscere ai Länder e al Bundesverfassungsgericht una condivisione di
fatto dell'indirizzo politico esercitato a livello federale da Bundesregierung e Bundestag,
di carattere anche strutturale e non solo funzionale. La dottrina tedesca è, sul punto,
pacifica (S. Marschall, D. Nohlen, F. Grotz, K. Schlaich, C. Landfried; così pure C.
Hillgruber, U. Di Fabio, anche nei rispettivi manuali).
Sulla base di questa premessa, nel riportare l'evoluzione della forma di governo
tedesca e i dibattiti dei costituzionalisti, vanno rilevati fin da principio tre elementi
caratterizzanti.
In primo luogo, il sistema politico tedesco è al momento guidato dai tre partiti
di Governo che insieme detengono più dell'80% del potere di voto. Nonostante la
modifica del Regolamento del Bundestag (febbraio 2014, v. infra § 5), tale contesto ha
ridotto molti spazi di manovra dell'opposizione parlamentare, che è peraltro
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interamente composta dai cd. partiti anti-sistema. Nonostante la maggioranza
schiacciante di cui godono i partiti di governo all'interno del Bundestag (BT), è in atto
una riscontrabile crisi di legittimazione del sistema partitico (infra §§ 3 e 4) e dello
stesso Parlamento (si veda infra § 5 la compressione dei poteri dell'opposizione e il
ruolo di "sostituto legislatore" - Ersatzgesetzgeber, come lo definì C. Landfried,
Bundesverfassungsgericht und Gesetzgeber, Baden-Baden, Nomos, 1996, 186 - riconosciuto
al BVerfG). Questa circostanza sembra confermata anche dal progressivo aumento
dei consensi per i partiti anti-sistema (per un inquadramento generale v. O.
Niedermayer, Halbzeit, Die Entwicklung des Parteiensystems nach der Bundestagswahl 2013,
in Zeitschrift für Parlamentsfragen - Z-Parl, n. 4, 2015, 830-851).
In secondo luogo (ma in stretta connessione con il primo punto) va rilevata la
crescente perdita di importanza del Parlamento quale luogo di decisione politica in
favore, nella prassi, del ruolo dei partiti e in particolare dei rispettivi leader: Le
decisioni di governo vengono prese a livello partitico apicale e non raramente anche
extra-parlamentare visto che uno dei tre co-firmatari del Koalitionsvetrag, Horst
Seehofer (CSU), non siede nemmeno al Bundestag (per una ricognizione
sull'incidenza nella prassi politica, anche parlamentare, dell'ampliamento dei poteri
dei leader delle coalizioni, v. P. Horst, Das Management der dritten Grossen Koalition in
Deutschland 2013 bis 2015: unangefochtene Dominanz der drei Parteivorsitzenden, in Z-Parl, n.
4, 2015, 852-853 e infra § 6). Anche la dialettica maggioranza-opposizione ha teso
quindi sempre più a spostarsi al di fuori del Bundestag, mentre il legislatore (Bundestag
e Bundesregierung) subisce una crescente influenza da parte di attori esterni alla
tradizionale dinamica decisionale, ad esempio dalle lobbies (infra §§ 5 e 8).
In terzo luogo, il gap di potere creatosi sia dalla parziale rinuncia da parte del
Parlamento di svolgere fino in fondo il suo ruolo di legislatore (per quanto attiene ai
partiti di maggioranza, sempre più appiattiti sulla linea del Governo), sia dalla
parziale impossibilità di svolgere la sua funzione di controllo (per quanto attiene alla
debolezza parlamentare dei partiti di minoranza), è colmato da un progressivo
ampliamento della sfera di intervento del BVerfG anche su temi tradizionalmente
riservati alla politica. La trasformazione della Bundesrepublik da Rechtsdemokratie in
Richterdemokratie è una tesi provocatoria, ma apertamente discussa (cfr. infra § 8).
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2. – Il tema della streitbare Demokratie e della preservazione dei diritti
fondamentali e dell'ordine costituito attraverso il bando di partiti o movimenti
estremisti ha acquistato rinnovato vigore a causa dello sviluppo di due fattori: il
fenomeno del crescente proselitismo dell'estremismo islamico (con particolare
riguardo alle organizzazioni salafite che vengono costantemente monitorate
dall'Ufficio federale per la difesa costituzionale, il Bundesamt für Verfassungsschutz) e il
timore per l'aumento di consensi del partito neo-nazista NPD paventato prima delle
elezioni in Mecklenburg-Vorpommern del 4 settembre 2016 (ma che poi si è rivelato
infondato). In particolare il dibattito tra i costituzionalisti verte sulla questione se la
preservazione della freiheitliche demokratische Grundordnung debba essere o meno
perseguito attraverso le previsioni costituzionali ablative dei diritti fondamentali - di
cui agli artt. 9, 10, 11, 18, 21, 73, 87a, 91 del Grundgesetz - che costituiscono il vincolo
esplicito posto all'abuso degli stessi quando esercitati in contrasto, appunto, con i
principi supremi dell'ordinamento, Per un recente approccio dogmatico al tema v. AB. Kaiser, Form und Funktion der freiheitlichen demokratischen Grundordnung, in Der Staat,
n. 2, 2015, Vol. 54, 300-303 (come i contributi presentati nella scorsa Rassegna su
questa Rivista, 2014, p. 1330). Le posizioni critiche (D. Volp, Parteiverbot und wehrhafte
Demokratie. Hat das Parteiverbotsverfahren noch eine Berechtigung?, in Neue Juristische
Wochenschrift, n.1, 2016, 459-463) sostengono che solo assai raramente gli strumenti
di tutela dell'ordine costituzionale democratico inseriti dai Padri Costituenti nella
Legge Fondamentale (e quindi non solo l'art. 21 GG sul divieto dei partiti, ma anche
l'art. 9 GG sul divieto delle associazioni e l'art. 11 GG sul divieto dei
comportamenti anti-democratici) sono stati utilizzati come rimedio specifico contro
comportamenti illeciti e che un certo grado di estremismo rientra tra le normali
patologie di ogni Stato democratico (a questo proposito, H. Meier, "Streitbare" oder
liberale Demokratie, in Vierteljahreshefte für Rechts- und Verwaltungspolitik, n. 4, 2015,
193-200). La presenza di tali previsioni all'interno dell'ordinamento costituzionale
renderebbe inoltre il caso tedesco un Sonderweg, un monstrum tra le democrazie
occidentali. La cd. "lezione di Weimar" è invece l'argomento usato dai sostenitori
dell'importanza delle disposizioni sopra citate e di come esse abbiamo agito da
deterrente verso una seconda "Rivoluzione legale". La rinuncia all'idea di una
democrazia senza valori, neutra, ha portato ad un superamento della comprensione
meramente formale del dato democratico. La democrazia militante non si
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esaurirebbe poi nelle esplicite previsioni costituzionali, come appunto l'art. 21 GG,
ma comprenderebbe tutto un sistema di leggi, principi e controlli (tutele, approcci),
non da ultimo la previsione dell'ufficio federale per la tutela della Costituzione, che
sta acquistando un'operatività ed un'autorevolezza sempre maggiore in termini di
tracciatura e denuncia di attività anti-costituzionali e dal quale il Governo stesso trae
legittimità per alcune delle sue decisioni (H-P. Bull, Verfassungsschutz und/oder
polizeilicher Staatsschutz? Warum wir ein Bundesinstitut für Verfassungschutz brauchen, in
Vierteljahreshefte für Rechts- und Verwaltungspolitik, n. 1, 2015, 2-9). In dottrina, tra le
problematiche sollevate, si inserisce anche la questione se il bando costituisca
giuridicamente anche un limite preventivo e quindi a quali situazioni, in linea teorica,
possa essere applicato. Di tale questione si occupa M.J. Alter, Das Parteiverbot:
Weltanschauungsvorsorge oder Gefahrenabwehr?, in Archiv des öffentlichen Rechts, n. 4, 2015,
671-597. L'Autore si sofferma sull'istituto del Parteiverbot e analizza le sue prospettive
di applicazione nell'immediato futuro. L'art. 21 c. 2 GG prevede che un partito
possa essere sciolto in caso in cui la sua ideologia sia in contrasto con la Legge
Fondamentale, ma la linea di confine tra illegalità e legalità di un partito
sembrerebbe porsi sul significato dell'espressione "prefiggersi" contenuta nell'art 21
GG, che non è naturalmente soggetta ad un interpretazione univoca. Se è vero che
condizione imprescindibile per le limitazioni alla libertà in questione è l'esistenza di
comportamenti o anche solo di scopi espressamente contrari all'ordine liberaldemocratico, è altrettanto vero che la determinazione della soglia di intervento deve
anche dipendere, in una prospettiva più sistematica e meno storico-costituzionale, da
valutazioni legate non solo dal loro grado di effettiva aggressività, ma anche da
pericoli concreti, attuali e reali. È appunto il caso che può potenzialmente adattarsi
all'NPD, partito di cui il Tribunale Costituzionale, di recente, è tornata ad occuparsi.
Il paventato successo del NPD nelle elezioni di settembre in MecklemburgVorpommern avrebbe potuto scatenare tensioni che avrebbero inverato il potenziale
anti-democratico della sua ideologia. Questa è appunto la tesi sostenuta dai
ricorrenti nell'ultima udienza - tenuta davanti al II Senat del BVerfG il 6 marzo 2016 del caso presentato nel 2013 da alcuni gruppi parlamentari del Bundesrat.
Sembrerebbe poi che questa volta non sussista più l'ostacolo procedurale
(infiltrazioni di agenti dei Servizi segreti nelle pieghe dell'organizzazione) che portò
alla pronuncia di improcedibilità del 2003. La sentenza è prevista solo alla fine
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dell'anno. Per una ricognizione sulle ultime vicende che hanno visto l'intervento del
Tribunale Costituzionale, si segnala R. C. van Ooyen, M.H.W. Moellers, Die
Parteiverbotsverfahren vor dem Bundesverfassungsgericht, Wiesbaden, Springer, 2015, 525.
3. – La lunga convivenza a livello di Governo dei due principali partiti ha dato
luogo, da alcun anni ormai, a dibattiti circa la natura della attuale Grosse Koalition e
del suo impatto sul sistema politico ed istituzionale tedesco. Il tipico schema
fondato su alleanze tra grandi partiti guida e piccoli partiti satelliti di orientamento
omogeneo al partito guida, sembra entrato ormai apertamente in crisi. La riscontrata
tendenza a preferire un'alleanza tra partiti tradizionalmente avversi o comunque non
appartenenti alla stessa linea politica, come nel caso delle Grosse Koalitionen, rispetto
al tentativo di ricercare l'appoggio dei partiti anti-sistema è vista da alcuni Autori
come un fattore non problematico. È questa la situazione che sottolinea O.
Niedermayer, Die brandeburgische Landtagwahl vom 14. September 2014: Die Linke wird
abgestraft, bleibt aber Regierungspartei, in ZParl, n. 1, 2015, 21-39: nelle scorse elezioni
del Land Brandeburgo l'SPD, pur potendo fin da subito governare con Die Linke, ha
preferito trattare prima con la CDU, rivelando quindi quantomeno una disposizione
a preferire la via della governabilità e del compromesso piuttosto che quella
dell'affinità ideologica. B. Volker, in Komplexe Koalitionen, perplexe Waehler, perforierte
Parteiprofile. Eine kritische Revision jüngerer Befunde zur deutschen Koalitionsdemokratie und ein
Reformvorschlag, in ZParl, n. 1, 2015, 82-100, analizza le ripercussioni di questa scelta
(che egli attribuisce alla sola volontà dei partiti e non degli elettori) sul sistema
democratico. La perdita di omogeneità politica darebbe luogo ad una vera e propria
"poligamia di coalizione", in cui la scelta del partner sarebbe rimessa solo ai meri
rapporti di forza e darebbe luogo a cdd. Koaltionen der Unwilligen, "riottose" quindi,
inefficienti, sfilacciate e in continua lotta per evitare di apparire come la "seconda
forza" dell'alleanza di Governo. Tutto ciò sembra portare ad un importante modifica
del delicato equilibrio del sistema partitico e ad una crescente debolezza dei partiti di
Governo. Per l'Autore sarebbe dunque desiderabile introdurre un premio di
maggioranza sulla scorta del (nuovo) sistema elettorale italiano.
4. – La crisi di fiducia di cui soffrono i partiti tradizionali in Europa è tanto più
rilevante in una nazione come la Germania che si è sempre definita come un
Parteienstaat, concetto volto a sottolineare non solo il significativo apporto dei partiti
nel sistema democratico parlamentare e pluralista, ma anche la loro concreta
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funzione di guida e di governo del Paese. Oltre a una serie di fattori fisiologici (come
i vincoli europei e del diritto internazionale) che hanno necessariamente indebolito il
ruolo del Parlamento (R. Frau, Der Gesetzgeber zwischen Verfassungsrecht und
völkerrechtlichem Vertrag, Tübingen, Mohr Siebeck, 2015, 129) e che comunque lo
costringono a porsi in necessario dialogo tanto con le pronunce del BVerfG quanto
con le esigenze concrete di riferimento (il procedimento parlamentare da cui
traggono legittimazione le leggi è ampiamente trattato, anche in chiave comparata, in
H. Gartz, Begründungspflicht des Gesetzgebers. Das verfassungsrechtliche Verhandlungsgebot,
Baden-Baden, Nomos, 2015, 315), il sistema politico-elettorale tedesco è
caratterizzato da un delicato equilibrio che pone il Parlamento su una delicata linea
di confine, una Gratwanderung come è stata definita, tra le esigenze di stabilità e quelle
di legittimazione. Un approfondimento di tale problematica è rinvenibile nei saggi
contenuti in T. Oppelland (cur.), Das deutsche Wahlrecht im Spannungsfeld von
demokratischer Legitimität und politischer Funktionalität, Berlin, BWV, 2015, 161. In
particolare si segnalano, al suo interno, i saggi di H.-J. Paier, Die Legitimität der
Fünfprozentsperrklausel e di E. Jesse, Das Zweistimmensystem in der Bundesrepublik
Deutschland - Funktionsweise, Kritik, Alternative, che concordano sul fatto che
l'ordinamento politico tedesco è inequivocabilmente teso ad un rafforzamento degli
strumenti di governabilità piuttosto che di quelli di rappresentatività. Inoltre
entrambi gli Autori si dicono soddisfatti del fatto che tale sistema permetta di
escludere dal Parlamento i nuovi partiti anti-sistema, pur garantendo che ogni
parlamentare rappresenti la nazione e l'interesse generale (art. 38 c. 1 GG).
In totale disaccordo con tale linea si pone invece E. V. Towfigh, Das ParteienParadox. Ein Beitrag zur Bestimmung des Verhältnisses von Demokratie und Parteien,
Tübingen, Mohr Siebeck, 2015. Secondo l'Autore la nascita o la crescita dei cd.
partiti anti-sistema non è tanto un sintomo, quanto la causa della più grande crisi
democratica tedesca. Tale crisi va ad intaccare direttamente il rapporto tra la
concezione tradizionale (o anche costituzionale) della democrazia e la sua
declinazione istituzionale. Nella sua analisi Towfigh ricostruisce il modello
dominante dell'ordine democratico tedesco che riconosce nella partecipazione del
popolo alle scelte politiche, così come delineato dalla costante giurisprudenza del
BVerfG (Urt.e 5.12.2002 - 2 BvL 5/98; 24.06.2008 2 BvE 2/08) e indaga le
conseguenze che la debolezza dei partiti comporta per la forma di Governo: "dewww.dpce.it
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parlamentarizzazione" e "de-individualizzazione" delle decisioni lasciano sempre
meno spazio all'apporto dei singoli parlamentari fino a mutare la stessa natura del
processo che porta alla formazione della volontà politica che avrebbe infatti
acquisito tratti sempre più marcatamente oligopolisti e sarebbe sempre più
influenzato dall'azione delle lobbies. Partendo da queste premesse l'Autore giunge alla
conclusione che il modello dei partiti per come si è strutturato in Germania ad oggi
porta i partiti ad essere, paradossalmente appunto, i più importanti mezzi e nello
stesso tempo i più seri pericoli per il pieno sviluppo democratico.
Una prospettiva analoga si rinviene nella raccolta di saggi di F. Decker,
Parteiendemokratie im Wandel. Beiträge zur Theorie und Empirie, Baden-Baden, Nomos,
2015, 265. Se la prima parte del volume è dedicata alla dimostrazione che ogni
democrazia moderna ha necessariamente le caratteristiche di una democrazia
partitica, nella seconda parte Decker ne studia i recenti sviluppi recenti in Germania
(l'indagine del sistema partitico dopo le elezioni del 2013 è accompagnata dallo
studio dei due partiti non attualmente presenti nel Bundestag, AfD e FDP, che egli
definisce come possibili forze del bürgeliches Lager - del "centro-destra"). In
particolare Decker analizza il cambiamento di ruolo del partito nella società, la
trasformazione della sua tradizionale funzione di legislatore, la cristallizzazione della
organizzazione interna e, nella terza parte, suggerisce alcune riforme che
dovrebbero comportare un maggior coinvolgimento dei loro membri e
simpatizzanti. Solo così la (apparente) crisi dei partiti si può rivelare solamente una
necessaria , benefica trasformazione. Un Wandel, appunto.
Nell'attuale "cartello istituzionale" del panorama partitico A. Thiele,
Verlustdemokratie. Die drei Verlustebenen der Demokratie, Tübingen, Mohr Siebeck, 2016,
299, ravvisa uno degli aspetti di crisi della democrazia tedesca. La perdita di potere
dell'onnipotenza decisionale del legislatore per causa della globalizzazione (e in
particolare l'acquisto, da parte dell'economia, di un ruolo primario nell'agenda
politica), l'appiattimento dei partiti di maggioranza sulla linea di Governo e la
resistenza dei partiti tradizionali alla formazione di altri partiti avrebbero portato
all'attuale deficit di una sana cultura del confronto (II fattore di debolezza
democratica: Defizitäre Streitkultur). Thiele ritiene inoltre che tale gap non possa
essere in alcun modo colmato dai blocchi dei partiti esistenti (III fattore: Verlust des
Demos), sia per un deficit organizzativo (e a questo proposito si veda anche P. Horst,
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Das Management der dritten Grossen Koalition in Deutschland 2013 bis 2015, cit.) sia per
una crescente soggezione all'influenza delle lobbies (pp.123 ss).
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5. – L'attuale sistema caratterizzato da una stabile Grosse Koalition e da una
schiacciante prevalenza parlamentare dei partiti di maggioranza, ha indotto la
letteratura giuridica a chiedersi cosa ne sia, nel concreto, dei poteri effettivi a
disposizione dell'opposizione e se non sia costituzionalmente necessario o almeno
legittimo rafforzare strutturalmente i poteri e le garanzie delle opposizioni per non
compromettere la loro fondamentale funzione di controllo.
Nella 18ma legislatura, invero, i partiti di minoranza non raggiungono che il
18% dell'intera composizione del Bundestag (non è comunque un caso senza
precedenti: anche tra il 1966 e il 1969 le opposizioni non costituivano che il 10%
della forza del Parlamento). Per l'esperimento delle azioni che rientrano nelle
tradizionali funzioni di controllo dell'opposizione, come la richiesta di convocazione
di assemblea (art. 39 GG), la costituzione di una commissione d'inchiesta o di un
commissione per la difesa (artt. 44 c. 1, 45 c. 2, 53 GG), il ricorso al BVerfG sulla
interpretazione conforme di norme federali o dei singoli Länder, (art. 94 c. 1 GG), il
Regolamento del Bundestag prevede un quorum del 25% di voti in assemblea (per
l'esercizio dei diritti di cui agli artt. 23, 44, 56 GG) o in commissione (per quello, ad
esempio, di cui all'art. 45 GG). Alla richiesta dei gruppi Bündnis 90/Die Grünen e Die
Linke di procedere ad una modifica della legislazione, i partiti di maggioranza,
all'inizio della attuale legislatura, hanno risposto con una modifica temporanea al
Regolamento (cioè cioè destinata ad esaurirsi con la fine della legislatura): la regola
del 25% è stata sostituita da un quorum minimo di 120 deputati (le opposizioni ne
hanno 127 in tutto) mentre i altri casi è stato previsto che la rappresentanza
dell'opposizione non potesse scendere sotto il 25% (v. § 126a della Geschäftsordnung
BT). Alcune previsioni restano però inalterate, tra cui quella che regola il ricorso di
legittimità costituzionale in via principale al BVerfG. Parte della dottrina ha concluso
per la parziale inadeguatezza di tali misure (S. Hölscheidt, Die Rechte der Opposition im
18. Deutschen Bundestag, in Zeitschrift für Gesetzgebung, vol. 30, n. 3, 2015, 246 - 259).
Sinistra e Verdi hanno sollevato conflitto di attribuzione al BVerfG chiedendo
un'ulteriore ampliamento delle garanzie e, soprattutto, chiedendo che la modifica
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avesse validità indefinita e non limitata alla situazione contingente (BT-Drs. 18/380,
2014). Il recente pronunciamento del Tribunale (Urt. 3.5.2016 – 2 BvE 4/14) ha
stabilito che la tutela dei diritti dell'opposizione, anche in caso di una maggioranza
molto forte come quella attualmente presente al Bundestag, non richiederebbe un
necessario rafforzamento dei diritti delle opposizioni attraverso una modifica
costituzionale, se fosse provata - come in effetti è stato - la possibilità di un'
"effettiva" opposizione, che può esplicitarsi in molti modi, anche per via extraparlamentare. L'art. 38 GG, nel suo richiamo al "diritto individuale" di fare
opposizione (che vive in capo ad ogni singolo parlamentare), ne afferma l'esercizio
sia istituzionale sia - per così dire - adattandolo alle circostanze (sowohl strukturellen als
auch situativen). Si tratterebbe dunque di una mera questione ermeneutica, facilmente
superabile attraverso un'interpretazione estensiva delle già esistenti disposizioni di
diritto costituzionale (v. M. Eifert, Kein Verfassungsgebot zur Schaffung spezifischer
Oppositionsfraktionsrechte, in Jura - Juristische Ausblidung, n. 8, agosto 2016, 960-961).
Sulla stessa linea si collocano le conclusioni della maggior parte della dottrina: A.
Ingold, Das Recht der Oppositionen, Tübingen, Mohr Siebek, 2015, 738, indaga la
natura del concetto di opposizione, sia da un punto di vista costituzionale che
giuridico-politico, così come prevista nel GG e come delineata dal BVerfG anche in
relazione al principio della Freiheitliche Demokratische Grundordnung. Se l'opposizione,
da un punto di vista politico, risulta essere un vero e proprio elemento di
legittimazione (Legitimationsbaustein) dello stesso Governo, da un punto di vista di
teoria della Costituzione l'opposizione si delinea come un concetto complesso, un
Sammelsurium, uno strumento composto da una pluralità di processi che realizza e si
realizza in una pluralità funzioni (v. in particolare§ 5, pp. 363 ss). Una certa
opposizione è attuata - in teoria - anche dagli stessi partiti che fanno parte della
maggioranza, anche se - aggiunge Ingold - nell'attuale realtà costituzionale tedesca, il
Governo e i partiti di maggioranza sono diventati un'unità politica, facendo venire a
mancare del tutto o quasi la dialettica di scambio e confronto che permetta al
Parlamento di controllare effettivamente il Governo. Ma questo fattore non sposta i
termini della questione perché - ed è la tesi centrale dell'Autore - da un punto di
vista di teoria costituzionale, l'opposizione può definirsi non semplicemente come
un'organizzazione incarnata nell'istituzione (parlamentare), ma costituisce una vera e
propria funzione ed è quindi esperibile in ogni contesto e da qualsiasi soggetto
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legittimato. Un rafforzamento dei diritti dei gruppi parlamentari d'opposizione
passerebbe dunque in primo luogo da un rafforzamento dei poteri di controllo dei
singoli parlamentari.
I problemi legati alla legittimità del finanziamento indiretto (o anche detto
nascosto) dei partiti presenti in Parlamento e di una conseguente, presunta,
discriminazione nei confronti dei partiti extra-parlamentari sono stati affrontati in
una recente ordinanza del BVerfG (Beschluss del 15.07.2015 - 2BvE 4/12). Il ricorso
sollevato dall'Ökologisch-Demokratische Partei (ÖDP) verteva su una presunta lesione
della par condicio (Recht auf Chancengleichheit im politischen Wettbewerb) e sulla violazione
dell'art. 21 c. 1 GG e dell'art. 3 c. 3 GG. Il Parlamento federale, infatti, nel garantire
un allocazione di fondi a gruppi parlamentari, fondazioni politiche e impiegati dei
gruppi politici esistenti nel Parlamento, come stabilito dai §§ 50 e 47 del
Abgeordnetengesetz. avrebbe indirettamente finanziato le macchine elettorali dei partiti.
Il BVerfG ha rigettato il ricorso (inammissibile) giudicando che la previsione di
finanziamenti a un organo o ad un soggetto del partito politico (o anche "terzo"
come nel caso delle fondazioni), non proverebbe di per sé che questi fondi siano
usati per finalità elettorali. Sarebbe stato onere del ricorrente provare che il Bundestag
avrebbe permesso una modifica di destinazione tale da dare adito ad un utilizzo
abusivo degli stessi. Tale sentenza è stata biasimata da parte della dottrina. Tra i
commenti più critici H.-H. von Arnim, Anmerkung zu BVerfG, 2. Senat, Beschluss vom
15.07.2015 - 2BvE 4/12 - Zur Verletzung des Rechts auf Chancengleichheit der Parteien im
politischen Wettbewerb, in DVBl, n. 23, dicembre 2015, pp. 1529-1535) secondo il quale
i giudici muovono da convinzioni inadeguate circa l'effettivo contributo che i
finanziamenti possono apportare nella conservazione della sfera di influenza e
sembrano nello stesso tempo ignorare la crescita vertiginosa e - a parere dell'Autore,
sostanzialmente illegittima - dei finanziamenti occulti ai partiti negli ultimi anni (von
Arnim osserva che, mentre i finanziamenti diretti sono aumentati negli ultimi 25
anni di circa 6 volte, quelli indiretti sono aumentati di 30 volte). Nello stesso tempo
la pronuncia, escludendo la finalità politico-elettorale di questi contributi, avrebbe
ulteriormente indebolito la facoltà di controllo sui finanziamenti ai partiti da parte
del potere giudiziario.
6. – Una riflessione teorica sulla natura sempre più complessa del Governo è
stata portata avanti da K. König, Operative Regierung, Tübingen, Mohr Siebeck, 2015,
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477. Il cuore della tesi dell'Autore si basa sulla separazione del concetto di guida
politica da quello di management politico (in cui egli inserisce tutti quei meccanismi,
tipici del sistema di Governo parlamentare, per la conservazione del potere tra i
quali si troverebbe anche, ad esempio, il potere di indirizzo del Cancelliere, la cd.
Richtlinienkompetenz). La nascita del management, dipenderebbe, sì, anche dall'aumento
di complessità dell'articolazione delle funzioni di Governo, ma sarebbe derivata
sopratutto dall'esigenza di sviluppare un fattore di aggregazione politica tendente a
valorizzare la funzione conciliativa e accentratrice del Governo. La ricognizione
degli aspetti caratterizzanti l'Esecutivo (il sistema, le funzioni, la costruzione, il
programma, l'organizzazione e il cd. "processo" di Governo), considerati più da un
punto di vista della Costituzione reale che formale, si conclude con una
considerazione finale: il Bundesregierung è, ad oggi, un'istituzione necessariamente
sempre più interdipendente da elementi esterni. Al tradizionale rapporto di forza
con il Parlamento, si sono aggiunti altri attori con cui l'esercizio del potere deve fare
i conti: associazioni, lobbies, media e lo stesso Tribunale Costituzionale (pp. 51 ss).
Conseguenza necessaria di questo processo è una sempre maggiore
Entparlamentarisierung, una graduale Gouvernementalisierung, e, ancora più
specificamente, una progressiva concentrazione delle decisioni in sedi sempre più
elitarie ed ufficiose. A titolo di esempio, sembra ormai assodato che la tradizionale e
quotidiana riunione ristretta del Cancelliere detta Kleine Lage sia, ormai dall'era Kohl,
seguita da un incontro ancora più ristretto (il Küchenkabinett) vero luogo di decisione
di ogni questione politica. Quella del Cancelliere, infatti, è notoriamente la figura
centrale che caratterizza la forma di Governo tedesca e che la definisce come
Kanzlerdemokratie. König utilizza questo termine tanto per descrivere la posizione del
Cancelliere rispetto agli altri membri del Governo, quanto la posizione del Governo
nel suo insieme nei confronti del Parlamento (artt. 67 ss. GG). Entrambe le
relazioni, nelle spoglie disposizioni costituzionali, non sono del tutto puntualmente
definibili. L'esercizio delle funzioni del Cancelliere dipende infatti, in Germania più
che altrove, ancora in larga parte da molte variabili: la persona stessa del Cancelliere
e la sua determinazione nell'imporre la propria linea, le esigenze concrete del Paese
in quel dato momento storico, ma anche l'effettivo sviluppo del sistema partitico.
L'evoluzione del concetto di Kanzlerdemokratie è affrontata da W.-R. Schenke, Die
Bundesrepublik als Kanzlerdemokratie - Zur Rechtsstellung des Bundeskanzlers nach dem
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Grundgesetz, in Juristische Zeitung - JZ, n. 21, Novembre 2015, 1009-1018. L'Autore
ricorda che il salto dalla Präsidialdemokratie di Weimar al ruolo di primo piano del
Cancelliere nella RFT non è riconducibile alla volontà dei Padri Costituenti, ma
all'opera politica di Konrad Adenauer e che nel tempo i poteri del cancelliere si sono
ulteriormente trasformati ed hanno acquisito sempre più incisività rispetto al dettato
costituzionale (cfr. al proposito anche Rassegna precedente, p. 1326). Un ruolo
importante nel processo di ampliamento è stato ricoperto, ancora una volta, dal
Tribunale costituzionale: Schenke riporta l'esempio di Gerhard Schröder e della
"finta" crisi di Governo che gli permise di sciogliere il Parlamento ed andare a nuove
elezioni. Alcuni parlamentari, che denunciavano l'artificiosità della crisi e dunque la
sua sostanziale illegittimità (com'è possibile - si sosteneva - che le proposte del
Governo avessero sempre ottenuto la maggioranza in ogni votazione tranne proprio
in quella del voto di fiducia?), sollevarono conflitto di attribuzione, ma il BVerfG
legittimò l'azione del cancelliere ricorrendo alla fictio juris della verdeckte
Minderheitssituation, l'esistenza di una situazione segreta di una minoranza che
Schröder non era obbligato a ricercare, ma che, una volta manifestata in sede di voto
parlamentare, avrebbe giustificato lo scioglimento del Parlamento. Questa sentenza,
aprendo sostanzialmente alla possibilità di scioglimento del Parlamento da parte del
Governo, ha aumentato così considerevolmente il potere politico del Cancelliere
(cfr. anche K. Niclauß, Kanzlerdemokratie, Regierungsführung von Konrad Adenauer bis
Angela Merkel, Wiesbaden, Springer, 2015, 444).
Ma il Governo federale non è composto solo dal Bundeskanzler e dai ministri. Vi
rientrano infatti a pieno titolo coloro che ricoprono una figura di collegamento
molto importante, gli Staatssekretäre. Questi funzionari, se scelti tra le fila dei membri
del Parlamento, diventano parlamentarische Staatssekretäre. S. Mezenbach, Die
Parlamentarischen. Parlamentarische Staatssekretäre in Bund und in den Länder:
Rechtsgrundlage, Status, Funktionen, Duncken & Humblot, Berlin, 2015, 414, tratta di
questa figura (e di quelle analoghe che si trovano nel sistema di Governo di quattro
Länder: il Meclemburgo-Cispomerania, il Nordreno-Vestfalia, la Baviera e il BadenWürttemberg), ne analizza l'importanza per la cooperazione ed il raccordo tra
Governo e Parlamento, le combinazioni istituzionali, la natura delle nomine (ad
esempio il doppio rapporto di fiducia che li lega ad entrambi gli organi) e le
conseguenze in termini di equilibrio di poteri nel bilanciamento tra i due organi
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coinvolti. I segretari parlamentari si trovano infatti a rivestire due funzioni peculiari:
quella di burocrate di Stato di nomina politica e quello di parlamentare. In nessun
ufficio politico come in questo si riscontrano tante ambivalenze tanto che è difficile,
ad oggi, stabilire a quale organo essi veramente appartengono una volta entrati in
carica, ma senza dubbio sono un ulteriore strumento di legittimazione democratica
dell'Esecutivo federale e di risolutore di controversie politiche tra Governo e
Parlamento. Nonostante ciò, Mezenbach ritiene che, dato il loro alto numero (ben
33!), il rischio di un abuso sia assai concreto: l'attuale sistema non solo potrebbe
portare ad un deficit di coordinazione nel Governo, ma, paradossalmente, anche ad
una svalutazione del sistema di interazione con il Parlamento e al pericolo di un voto
di scambio.
7. – Sul tema della föderale Demokratie e sulla ripartizione di competenze nel
sistema multilivello, soprattutto a seguito delle riforme del 2006 e del 2009, si
segnala la ricognizione operata da M. Heintzen, A, Uhle, Neuere Entwicklungen im
Kompetenzrecht. Zur Verteilung der Gesetzgebungszuständigkeiten zwischen Bund und Ländern
nach der Föderalismusreform, Berlin, Duncker & Humboldt, 2014, 274 e soprattutto T.
Herbst, Gesetzgebunskompetenz im Bundesstaat, Tübingen, Mohr Siebek, 2014, 412.
Quest'ultimo, partendo dalla tesi della neutralità della Costituzione materiale in
materia di competenza e dalla minima influenza che quella formale esercita sulle
norme della stessa, sostiene che la competenza legislativa non rientra tra i principi
costituzionali, come ad esempio il principio democratico, la tutela dei diritti
fondamentali ed altri che sarebbero a loro volta tutti soggetti al principio della
praktische Konkordanz, del bilanciamento di interessi e del parziale sacrificio di quello
che soccombe. Non esiste nessun fondamento normativo né giurisprudenziale alla
cui base sia possibile un'espansione indefinita della competenza del Bund come
quella degli Stati dato che le disposizioni costituzionali di volta in volta prevedono
l'una e l'altra (artt. 31, 30 e 70 GG). Il cuore del saggio consiste nel sostenere che,
anche se il BVerfG. ha da tempo preferito attribuire la competenza legislativa al Bund
piuttosto che ai Länder, tale giurisprudenza, di cui l'Autore riporta e analizza le
sentenze fondamentali, non rappresenta il riconoscimento di una "competenza federale
in quanto bene costituzionale" (v. in particolare pp. 60 ss).
Ma è la questione della crisi immigratoria e del diritto d'asilo che costituisce
sicuramente il banco di prova più recente e controverso per ricostruire, seppur
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parzialmente, non solo il rapporto tra i poteri dello Stato, ma anche per operare una
ricognizione della natura dei compiti del Governo federale. Il Bund è infatti
incaricato del controllo e della difesa delle frontiere esterne. Il mancato
ottemperamento di questa sua competenza non interferisce direttamente sulla
competenza dei singoli Stati, ma senza dubbio incide sui principi portanti dello Stato
nel suo complesso. Cosa succede se esso, espressamente, viene meno al suo ruolo?
U. Di Fabio, Migrationskrise als föderales Verfassungsproblem, in Zeitschrift für Staats- und
Europawissenschaften, n. 4, 2015, pp. 517-541 si occupa di delineare i poteri-doveri che
spettano al Governo federale in materia di controllo delle frontiere e gli eventuali
poteri surrogatori (ed altre vie alternative di tutela, come ricorsi al Tribunale
Costituzionale) a disposizione dei Länder in funzione di auto-tutela. L'articolo
contiene un riassunto dei temi già affrontati nel parere (Gutachten) rilasciato su
richiesta della Baviera in risposta alla grave crisi migratoria che ha investito la
Germania negli ultimi due anni; la legalità dell'attuale politica dei "confini aperti" in
realtà è toccata solo incidentalmente, mentre il cuore dell'analisi è costituito
dall'indagine sui presupposti giuridico-costituzionali che impegnerebbero il Governo
al rispetto e all'utilizzo delle proprie prerogative. Alla luce delle disposizioni tanto
del diritto interno (artt. 30 e 28 GG) quanto del diritto europeo ed internazionale
filtrate attraverso il principio democratico così come sviluppato anche nel celebre
Lissabon Urteil, l'Autore ritiene che non esisterebbe nessun obbligo di garantire un
illimitato diritto individuale d'asilo (concetto diverso è invece quello di status di
rifugiato, così come stabilito dalla prassi degli Stati europei e dalla Agenzia ONU per
i rifugiati, che implica meccanismi di ripartizione e limiti di capacità d'accoglienza) e
che il Governo federale "è costituzionalmente obbligato ad adottare un efficace sistema di
controllo delle frontiere nazionali se il sistema europeo di controllo delle frontiere esterno e il sistema
di controllo migratorio è temporaneamente o permanentemente danneggiato". L'Esecutivo non
avrebbe solo la facoltà, ma, quando la sua inazione leda i diretti interessi dei Länder,
il dovere di azionare i propri poteri, indipendentemente dalla linea politica che
intenda adottare, in ottemperanza al principio di identità costituzionale che
emergerebbe dalla lettura degli artt. 23 e 79 GG.
D'accordo con la posizione di Di Fabio si trovano anche O. Depenheuer, C.
Grabenwarter (cur.), Der Staat in der Flüchtlingskrise. Zwischen gutem Willen und geltendem
Recht, Bielefeld, Schöningh, 2016, 270, che inoltre sostengono come la crisi
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migratoria abbia rivelato un'altra alterazione istituzionale: in forza del pluralismo
politico di cui è composto il panorama costituzionale tedesco e a causa della
debolezza dell'opposizione al Bundestag, il Land Baviera avrebbe de facto assunto il
vero ruolo di opposizione nazionale. Se è vero che nei conflitti Bund-Länder non
emerge una contrapposizione partitica, è pur vero che gli Stati conservano una
propria autonomia politica ben delineata ed esplicitamente garantita dall'art. 28 GG
che resta uno dei pilastri basilari della struttura della RFT. Dal momento che, a
livello federale, la CSU fa parte della maggioranza di Governo, le posizioni della
rappresentanza bavarese, apertamente critiche sulla politica di apertura delle
frontiere, restano dunque, anche in sede federale, dotate di un loro peso indiretto nel
condizionare le decisioni della propria delegazione al Bundesrat, della propria
rappresentanza al Bundestag e quindi della Cancelleria (cfr. le dichiarazioni di A.
Scheuer, Segretario Generale della CSU al Bundesrat, all'indomani del voto in
Meclemburgo-Cispomerania).
In un commento al Gutachten, A. Peuket, C. Hillgruber, U. Foerste, H. Putzke,
Die Flüchtlingskrise rechtsstaatlich bewältigen, in JZ, n. 8, aprile 2016, pp. 347-356, pur
d'accordo con l'approccio dell'ex giudice costituzionale, identificano come fattore
azionante l'obbligo di intervento del Governo non tanto il principio di identità
costituzionale (assunto da Di Fabio), ma la semplice preservazione dei principi di
legalità e di Stato di diritto ("ritornare al diritto, soprattutto in situazioni di crisi, non è un
segno di debolezza politica") che regolerebbero non solo i rapporti tra organi, ma
detterebbero i confini giuridici della linea politica interna allo stesso Governo. In
parziale disaccordo con Di Fabio, si segnala J. Wieland, Die Herrschaft des Rechts in der
Flüchtlingskrise, in Zeitschrift für Staats- und Europawissenschaften, n. 1, gennaio 2016, pp.
8-15, il quale ritiene che, pur all'interno di uno Stato di diritto che vincola
giuridicamente i rapporti Bund-Länder e nonostante l'indiscutibile ruolo centrale e
sempre più primario del Tribunale Costituzionale nella risoluzione dei conflitti di
attribuzione, la gestione dei confini nazionali resta una questione politica. In
particolare, l'intensità delle sfumature interne alle concrete misure da adottare
appartengono alla sfera della discrezionalità governativa e un ricorso al Tribunale,
quale quello auspicato tra le righe da Di Fabio, sarebbe, in questo caso,
inappropriato.
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8. – Come è noto il Bundesverfassungsgericht ricopre una posizione di estrema
importanza nell'ordinamento tedesco e il suo tradizionale ruolo di controllo del
rispetto del principio democratico e dell'equilibrio tra organi continua ad essere
trattato dalla letteratura sia con riferimento al panorama interno che in un'ottica di
comparazione con le altre Corti europee (seppure in forma di semplice manuale, cfr.
A. von Bogdandy, C. Grabenwarter P.M. Huber, Handbuch Ius Publicum Europaeum,
Vol. VI, Verfassungsgerichtsbarkeit im europäischen Rechtsraum, Heidelberg, Müller, 2016,
945). Ma la sua influenza, in considerazione del mutato quadro del sistema politicopartitico, ha assunto ultimamente ancora più spazio. L'allargamento dello spettro
d'azione del BVerfG sta rendendo sempre più la Corte, pur con tutte le limitazioni
legate all'iniziativa e all'esegesi costituzionale, un vero e proprio attore politico
capace di determinare alcune decisioni fondamentali e addirittura, talvolta, di
sostituirsi al Parlamento nel ruolo di co-decisore a fianco del Governo (V. H.-P.
Hwang, Das Bundesverfassungsgericht im Schnittpunkt zwischen Recht und Politik: ein
unlösbares Problem, in Rechtstheorie, vol. 46, n. 2, 2015, 179-206). Si pensi al recente
assenso della Germania al cd. Fondo salva-Stati voluto dalla Banca centrale europea
che prevede l'acquisto dei bond dei Paesi in cui il differenziale dello spread salga in
maniera preoccupante. L'atteggiamento di attesa assunto dal Bundesregierung,
rimetteva apertamente la questione (di natura primariamente politica) alla decisione
del Tribunale Costituzionale. Il BVerfG attraverso il celebre OMT-Urteil (21 giugno
2016 Az . 2 BvR 2728/13) ha ritenuto che la sovranità del Bundestag sul bilancio non
fosse compromessa dal Fondo, né che si fosse in presenza di atti ultra vires e - pur nei
limiti definiti dalla precedente sentenza della Corte di Giustizia di Lussemburgo
(ovvero, soprattutto, con riguardo all'uso proporzionato degli acquisti e della
reimissione nel mercato dei titoli non appena l'intervento non sia più necessario) ha dato il via all'intervento. Con questa sentenza il sistema tedesco ha posto in
essere un tandem istituzionale che ha permesso sia al Governo (che acquista così una
ulteriore legittimazione), sia al Tribunale costituzionale (che rivendica il suo ruolo di
controllo e di garante) di co-condurre la politica del Paese. Di questo ruolo assunto
del Tribunale Costituzionale parlano anche S. Simon, Gr enzen des
Bundesverfassungsgerichts im europäischen Integrationsprozess, Tübingen, Mohr Siebeck,
2016, 352 e D. Murswiek, Die Eurokrise vor dem Bundesverfassungsgericht. 'EuroRettungsschirm', Europäischer Stabilitätsmechanismus und Rettungsmaßnahmen der EZB,
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Baden-Baden, Nomos, 2016, 726. La via del ricorso al BVerfG è dunque talvolta
perseguita da Governo e opposizioni intenzionalmente, come mezzo per
raggiungere i propri scopi politici. Infatti, se le opposizioni ravvisano nell'operato
del BVerfG un ulteriore strumento di controllo sull'operato del Governo e della
maggioranza (v. infra S. Sternberg, T. Gschwend, C.Wittig, B.G. Engst), il Governo
ha la possibilità di utilizzare la Corte di Karlsruhe in funzione elettorale: sintomatico
il caso del ricorso del Governo per testare la propria competenza sulla possibilità di
concedere l'assegno per l'infanzia (Betreuungsgeld). Non è sfuggito all'analisi dei
politologi e dei giuristi che tutti, nel Governo, erano consapevoli del difetto di
competenza, ma ciò nonostante il ricorso era stato comunque tentato (Cfr. BVerfG,
21 luglio 2015, 1 BvF 2/13 e la nota a sentenza di M. Eifert, Keine
Bundesgesetzgebungskompetenz für das Betreuungsgeld, in Jura - Juristische Ausbildung n. 11,
2015, 1264-1265.
Un altro contributo di rilievo sulla discussione sul bilanciamento tra potere del
BVerfG ed esecutivo è rinvenibile in D. Willoweit, Rechtsprechung und Staatsverfassung,
in JZ, n. 9, maggio 2016, 429-480, per il quale la natura sempre più strettamente
politica delle decisioni del BVerfG avrebbe radici storiche: tale evoluzione farebbe
infatti parte della fisiologia di un sistema che passa dalla sovranità della legge a
quella della Costituzione. Willoweit, richiamandosi qui ad una prospettiva
costituzionale anti-dogmatica, indaga la funzione di controllo del Tribunale
Costituzionale nei confronti della politica e delle sue competenze esclusive (una
ricognizione che trae la sua legittimità dalla necessità di colmare le lacune giuridiche
al fine della tutela dei diritti) e la inquadra all'interno della nuova forma di sovranità
che egli ravvisa nell'espressione dei principi costituzionali che regolano la
democrazia politica. Di tale rapporto di scambio e integrazione reciproca tra
giustizia costituzionale e politica generalmente intesa è dato conto anche nel saggio
dell'ex giudice di Karlsruhe U. Di Fabio, Schwankender Westen. Wie sich ein
Gesellschaftsmodell neu erfinden muss, München, Beck, 2015, 272; il giurista bonnese
ritiene come non possa (e non debba) essere il solo legislatore ad assumersi il
compito di esprimere la volontà politica, ma che, al contrario, al di fuori del
Parlamento e del Governo, anche le decisioni giurisdizionali possono costituire
importanti correttivi ad un abuso del principio maggioritario (p. 140).
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Il grande impatto, anche politico, delle pronunce del BVerfG nell'evoluzione
dell'ordinamento giuridico tedesco ha fatto dire ad alcuni Autori che la
giurisprudenza del BVerfG avrebbe surclassato la stessa Legge Fondamentale nel
sistema delle fonti tanto da incidere profondamente sulla declinazione della forma di
Governo e determinando un passaggio di fatto da uno Stato di diritto a uno "Stato
di giudizio". È l'interessante tesi avanzata da B. Rüthers, Die heimliche Revolution vom
Rechtsstaat zum Richterstaat. Verfassung und Methoden, 2 ed., Tübingen, Mohr Siebeck,
2016, 175. La concretizzazione della volontà politica della legge generale e astratta
elaborata dal BVerfG attraverso le sue pronunce non sarebbe - egli afferma - una
semplice operazione interpretativa, ma si sostanzierebbe in un'implementazione
della lettera della norma e talvolta in una sua trasformazione, al fine di adattarla al
tenore dei principi costituzionali. Lo stesso ricorso ai principi supremi
dell'ordinamento implica necessariamente una decisione politica: il concetto di
dignità umana, ad esempio, è un metro di giudizio assai variabile e può essere
adattato a situazioni molto diverse.
E questo apre un'ulteriore questione: quella dell'influenza che il BVerfG, a sua
volta, subisce da parte dell'opinione pubblica. A questo proposito, il saggio di S.
Sternberg, T. Gschwend, C. Wittig, B.G. Engst, Zum Einfluss der öffentlichen Meinung
auf Entscheidungen des Bundesverfassungsgerichts. Eine Analyse von abstrakten
Normenkontrollen sowie Bund-Länder-Streitigkeiten 1974 – 2010, in Politische
Vierteljahresschrift (PVS), n. 4, 2015, 570 - 598, basandosi sull'analisi del controllo
astratto di legittimità costituzionale delle norme compiuto nell'arco di trentacinque
anni, dimostrata che molto spesso le decisioni del BVerfG (specialmente nei temi più
eticamente sensibili, come diritto di famiglia e bioetica) sono condizionate
dall'opinione pubblica e i ricorsi presentati dalle opposizioni sono tanto più accolti
quanto più alto è il loro tasso di sostegno nella società e che come questa stessa
condivisione sociale sia una fonte importante di legittimità delle proprie decisioni.
9. – Il crescente ruolo dei gruppi di pressione nel procedimento decisionale è
senza dubbio una delle ragioni che hanno spinto molti commentatori a denunciare
una certa deriva oligopolista dei partiti (sulla relazione tra potere rappresentativo e
potere "silenzioso" delle lobbies si veda il contributo di T. Lief, Lobbyismus und
Transparenz, in H.-H. von Arnim (a cura di), Transparenz contra Geheimhaltung in Staat,
Verwaltung und Wirtschaft, Berlin, Duncker & Humblot, 2015, 145). In ogni caso il
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ricorso ai pareri esterni di lobbisti e di esperti (i cui rispettivi confini sono sempre
più sottili) non è mai stato, di per sé, un problema nel sistema decisionale legislativo
tedesco; basti pensare agli ufficiali wissenschaftliche Beiräte che hanno accompagnato la
maggior parte dei ministri nel corso degli anni. Inoltre, sempre più spesso, il ricorso
alle cd. externe Sachverständige si mostra necessario visto il grado di specificità e di
complessità delle materie oggetto di legislazione. Un approccio generale, ma
circostanziato, alla problematica della dicotomia tra autore materiale della legge e
legislatore, è contenuta in K. von Lewinsky, Gesetzesverfasser und Gesetzgeber, Outsourcing
und fertige Produkte im Normsetzungsverfahren, Baden-Baden, Nomos, 2015, 70. Dopo
una prima parte dedicata all'esame del processo storico di scrittura delle leggi (la
pluralità di autori materiali di una legge - egli afferma - è una pratica antica ed è un
concetto che rispecchia anche il processo di divisione del lavoro), viene introdotta
una fenomenologia dei soggetti e dei fattori extra-parlamentari coinvolti nel
processo legislativo e che possono influenzare il contenuto delle leggi: si tratta di
cooperatori materiali esterni come i partiti, le associazioni di categoria, la Pubblica
amministrazione, le lobbies, la Ministerpräsidentenkonferenz dei Länder i quali agiscono, a
loro volta, all'interno di cornici legislative delineate non solo dai principi e dalle
norme di diritto interno, ma anche da quelle di diritto internazionale ed europeo
(sulla dispersione del potere decisionale v. anche N. Magsaam, Mehrheit entscheidet.
Ausgestaltung und Anwendung des Majoritätsprinzips im Verfassungsrecht des Bundes und der
Länder, Berlin, Duncker & Humblot, 2014, 638); von Lewinsky sostiene che
l'intervento delle lobbies nel processo decisionale sia un concetto di per sé neutro, ma
che un eccessivo utilizzo di tale strumento rischi di far perdere al Parlamento non
tanto le competenze formali, quanto quelle reali, cioè che la capacità di legiferare
autonomamente su tematiche specifiche potrebbe venire inficiata da un processo di
"impigrimento" portando così, sul lungo periodo, ad uno scostamento dalla volontà
popolare. Pur non ravvisando alcun limite predeterminato, da un punto di vista
costituzionale, all'intervento delle lobbies ne auspica una più incisiva
regolamentazione.
Il dibattito sul ruolo dei consulenti nella stesura materiale delle leggi acquista
nuova concretezza con il contributo di V. Boehme-Nessler, Fracking-Entscheidungen
durch Experten-Kommissionen?, in NVwZ, n. 18, 2015, 1249-1258 che tratta del ruolo
esecutivo assegnato alla Commissione di esperti nella redazione del progetto di
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legge sulla fratturazione idraulica (Fracking-paket). Questa legge, approvata dal
Bundestag nel luglio 2016, prevedendo l'utilizzo di determinate tecniche e tecnologie
per l'estrazione di liquidi dal suolo, ha operato de facto, seppur indirettamente, una
selezione tra le compagnie di estrazione. L'Autore - attingendo anche dalla
giurisprudenza costituzionale (BVerfG, 53, 30 del 1980; 18, 353 del 1965) ritiene che
la decisione di affidare alla Commissione la redazione dell'intero progetto sia stata
profondamente lesiva del principio democratico ex art. 20 GG e che avrebbe
dovuto sussistere un'analisi e una discussione dell'aula (almeno) in sede di
approvazione finale.
Da un punto di vista più generale, ad oggi, in tema di lobby, la questione più
dibattuta consiste proprio nel delineare capacità di azione e limiti delle lobby
all'interno dell'ordinamento politico tedesco. È già prevista nel Regolamento del
Bundestag la possibilità che il Presidente dell'Assemblea possa istituire una lista dei
gruppi di pressione (Geschäftsordnung BT, Allegato 2, "Registrazione delle
associazioni"). Gli stessi lobbisti, in coerenza con la disciplina comunitaria e sulla
scorta del già presente Registro di trasparenza europeo, ne avevano proposto una
versione su base volontaria (M. Gerig, Der rechtliche Rahmen für Lobbyisten, in Zeitschrift
für Rechtspolitik, n. 8, 2014, 247-256). È al momento all'ordine del giorno del
Parlamento una proposta, promossa da Die Linke (BT-Drs. 18/3842, 2016) di
istituire un registro per i gruppi pressione che operano sia con il Bundestag che con il
Governo federale. Il disegno di legge prevede l'iscrizione obbligatoria per qualsiasi
persona giuridica o fisica che intenda avere un ruolo di influenza nelle decisioni
prese a livello parlamentare o di Governo. Gli esperti chiamati (anche qui) ad
esprimersi sulla sua fattibilità giuridica davanti alla Commissione per le Elezioni, le
Immunità e il Regolamento (12 maggio 2016) hanno espresso molte riserve al
proposito. In particolare è stato osservato come il principio di trasparenza totale
possa entrare in contrastato con i principi democratici e come la rappresentanza
degli interessi, al contrario della trasparenza, sia un diritto fondamentale nel sistema
tedesco. Assai criticata è anche la previsione di sanzioni in caso di non ottemperanza
all'obbligo di iscrizione (cfr. audizioni parlamentari del prof. U. Schliesky - Direttore
dello Schleswig-holsteinischer Landtag e del prof. H. Sodan - Freien Universität Berlin in
www.bundestag.de/bundestag/ausschuesse18/a01/anhoerungen/stellungnahmen/
418862; e § 5 di M. Morlok, U. Schliesky, D. Wiefelspuetz (a cura di), Parlamentsrecht,
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Nomos, Baden-Baden, 2015, 1846, citato anche nel paragrafo seguente). È assai
improbabile che si arrivi all'approvazione del registro entro l'inizio del prossimo
anno (vista anche l'opposizione del Governo), ma la questione è rivelatrice del ruolo
determinante e ormai irrinunciabile delle lobbies nel processo decisionale legislativo
tedesco.
10. – Per un approccio generale alla forma di Governo tedesca e ad alcune delle
sue declinazioni si segnalano infine i manuali M.G. Schmidt, Das politische System der
Bundesrepublik Deutschland, Beck, 3a ed., 2016, 128; S. Wizinger, Das Verhältnis von
Parlament und Regierung in der Bundesrepublik Deutschland, Ravensburg, Grin, 2015, 57;
B. Pieroth, B. Schlink, T. Kingreen, Staatsrecht II (Grundrechte), Heidelberg, Müller,
31ma ed., 2015, 251; H.-G Dederer, M. Schweitzer, Staatsrecht III, Heidelberg,
Müller, 2016, 11ma ed., 93; S. Detterbeck, Oeffentliches Recht, 10ma ed., München,
Vahles, 2015, 745; C. Bumke, A. Voßkuhle, Casebook Verfassungsrecht, 7ma ed., Mohr
Siebeck, 2015, 693. Un'interessante disamina del processo decisionale interno e delle
strategie dei partiti tedeschi è rinvenibile nella nuova collana Die politischen Parteien der
Bundesrepublik Deutschland, Nomos, Baden-Baden. Tra le nuove edizioni si trovano
Die FDP (2014), Bündnis 90/Die Grünen (2015), Die Linke (2015), Die SPD (2016);
Sull'organizzazione e i rapporti tra Cancelleria e Governo (dai principi di
funzionamento alle rispettive articolazioni amministrativo-burocratiche) si guardi la
ricognizione operata da V. Busse, H. Hoffmann (a cura di), Bundeskanzleramt und
Bundesregierung. Aufgaben, Organisation, Arbeitsweise, 6a ed., Heidelberg, Müller, 2016,
224. Da segnalarsi poi, in tema di diritto parlamentare, un nuovo manuale che
permette una ampia e completa ricognizione sulle ultime novità legislative e sulle
sentenze costituzionali degli ultimi anni in tema di diritto parlamentare e compie
un'approfondita analisi degli istituti e della loro evoluzione: M. Morlok, U. Schliesky,
D. Wiefelspuetz (cur.), Parlamentsrecht, Nomos, Baden-Baden, 2015, 1846. Il corposo
volume è diviso in undici parti. Se la prima e la seconda sono dedicate alla storia del
parlamentarismo e ai suoi principi fondanti, già dalla terza si opera una rassegna dei
procedimenti principali contenuti nei regolamenti delle Camere (§§ 6-8, con
particolare riguardo al tema delle operazioni di voto); la quarta parte (§§ 9-35) è
dedicata fondamentalmente all'organizzazione e alla ripartizione del lavoro
parlamentare (organizzazione dei gruppi e funzioni dei capigruppo, commissioni e
opposizioni). La quinta parte (§§ 36-39, Das Parlament in der offenen Gesellschaft) è
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dedicata all'influenza della società civile (coscienza del Parlamento) sui lavori e i
programmi della politica del Parlamento (compresi i fenomeni di lobbismo).
Settima, ottava, nona e decima parte riguardano i procedimenti parlamentari,
comprese le situazioni di crisi come scioglimento del Governo o del Parlamento.
L'ultima parte è dedicata alle prospettive future che gli Autori ravvisano nel
rafforzamento del ruolo del Governo, nell'indebolimento del parlamento nazionale e
nel progressivo rafforzamento del Parlamento europeo. Infine D. Nohlen, F. Grotz
(a cura di), Kleines Lexikon der Politik, 6a ed., München, Beck, 2015, dov'è possibile
trovare una breve ricognizione sugli organi e i concetti più importanti sulla forma di
Governo, anche in chiave comparata.
Tra i commentari va menzionato C. Lenz, R. Hansel, Bundesverfassungsgerichtsgesetz
(Kommentar), 2 ed., Baden-Baden, Nomos, 2015, 728, fornito anche dell'analisi della
prassi del Tribunale e dell'impatto delle sue sentenze più importanti; C. Gramm, S.
Pieper, Grundgesetz, Bürgerkommentar, 3a ed., Baden-Baden, Nomos, 2015, 399, in
particolare il §10 (Verfassungsorgane und das Personal des Staates). Da segnalare infine il
commentario on-line del GG: V. Epping, C. Hillgruber, GG Kommentar, Beck'scher
OK, 2016, diviso non solo per articoli, ma anche per argomenti.
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