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Io vivo a Pavia (quando non sono in transito). Ricordo che una mattina di qualche anno fa, finita la mia partita di tennis delle 7.30, mi ero fermato a fare colazione in un locale appena aperto, “Miccone”, in Borgo Ticino. “Ma lei è Alberto Onetti di Mind the Bridge?”. Questa è la domanda che mi ha fatto la persona dietro al banco mentre stavo ordinando un cappuccino. Disclaimer: non mi capita spesso e difatti mi ricordo l’episodio.

La persona dall’altra parte del banco era Giuseppe Dabbene, un ragazzo allora venticinquenne, che nel tempo ho seguito nelle sue vicende imprenditoriali che lo hanno portato dalla nebbiosa Pavia alla parimenti nebbiosa Londra dove si trova  tuttora.

Credo che sia interessante raccontare la storia di Giuseppe perché riassume bene lo spirito di chi è imprenditore, ossia di chi vive in una tensione continua tra il pensare in grande e la complessità della realizzazione dei propri progetti.

Giuseppe, cosa è il Miccone e come è nata questa avventura imprenditoriale?
Tutto è nato nel novembre 2013 quando io e la mia famiglia avevamo capito che il mondo del food in Italia stava cambiando e si stava sempre più ammodernando e specializzando.  La mia famiglia proveniva dal mondo del commercio italiano dal 1977, quel commercio fatto di gestione familiare che non rispecchiava le logiche aziendali moderne. Da quando ho iniziato questo cambiamento ho capito che bisognava circondarsi di esperti del settore food e costruire un team che creasse non un semplice locale, ma un vero e proprio brand.
Abbiamo quindi studiato la tradizione enogastronomica pavese e abbiamo capito che il Miccone rappresentava un simbolo per questo territorio. Il Miccone è infatti il pane della tradizione della provincia di Pavia. Abbiamo fatto sì che il Miccone fosse il core-business del progetto, attorno ad esso infatti abbiamo strutturato tutto il menù e l’offerta che proponiamo durante tutto l’arco della giornata.
Il Miccone viene tagliato in fette e da queste fette nascono i nostri “Micconi”, panini creati utilizzando per il 90% ingredienti del territorio come ad esempio salumi, formaggi e confetture tipiche, ma anche ingredienti che rispecchiano i trend del momento come ad esempio l’avocado, sempre abbinato a prodotti locali. Oltre che per gli ingredienti utilizzati, i “Micconi” sono particolari perché la fetta di pane Miccone viene piegata e da questa piega nasce il nostro logo ed il nostro motto “La piega di pane pavese”. I nostri Micconi vengono serviti con vino e birra artigianale dell’Oltrepò pavese.
All’interno del format Miccone troviamo anche la caffetteria che rispecchia la metodologia e le tecniche SCAA di specialty coffee. Tostiamo direttamente il caffè all’interno del negozio. Creiamo espressi e cappuccini che abbiniamo con la torta di pane fatta con il Miccone oppure utilizzando fette di Miccone insieme alle marmellate locali.
Tutto il format è stato creato per essere replicabile e scalabile, infatti tutto il menù è ingegnerizzato e rispecchia le logiche del food cost. Il controllo di gestione è inoltre affidato a un sistema di cassa dove 24h su 24h possiamo monitorare le performance del locale.

Miccone London

Come sono andati questi 3 anni a Pavia?
Fin dal primo giorno di apertura, il 5 Settembre 2014, l’attività è andata molto bene. In 3 anni abbiamo fatturato  oltre €650.000 e nell’ultimo anno abbiamo fatturato €50.000 in più rispetto al 2016. Considerando il mercato pavese di 70.000 abitanti, il cui 50% circa è sopra i 60 anni di età, penso che sia un ottimo risultato.
La vera difficoltà è quella di operare in una micro economia, in un periodo di crisi, dove la burocrazia ed il sistema molto spesso non sono dalla parte dell’imprenditore. Ne ho toccato con mano alla fine del 2016 dove alcuni membri del vecchio team non remavano più dalla parte dell’azienda a abbiamo rischiato di chiudere. Nessuno mi ha dato una mano e mi sono dovuto rialzare da solo, prendendo delle decisioni molto importanti.
Ogni piccolo errore è fatale per la sopravvivenza dell’azienda.
Applicare tale modello di successo in una realtà come Londra dove ci sono 10milioni di persone con molti fattori a vantaggio per l’imprenditore è molto stimolante e positivo per il progetto Miccone.

Perché Londra?
Londra è sempre stata una città che amavo fin da quando avevo 14 anni, nel 2015 ci sono ritornato e mi sono subito accorto che alcune tecniche utilizzate in molti locali, come ad esempio tostare il caffè all’interno del locale, noi a Pavia la facevamo da più di un anno. Dopo quel primo viaggio sono ritornato nel Novembre 2015 e sono rimasto per un mese per essere sicuro che ci sarebbe stato mercato anche per noi, ho analizzato molto le zone, altri format di food e da questa esperienza ho avuto un’ulteriore prova che anche per noi c’era la possibilità di avere mercato.
Oltre che da questi fattori mi sono reso subito conto che la burocrazia, la facilità di apertura della società, la pressione fiscale ridotta avrebbero senza dubbio agevolato l’apertura del format.
Nel febbraio del 2016 ho deciso quindi di trasferirmi definitivamente a Londra e cambiare per sempre la mia vita, quella della mia famiglia e anche quella del mio progetto.
Pur avendo poche conoscenze, nella prima settimana in cui mi sono trasferito ho trovato lavoro presso un Independent Coffee Shop. In quei mesi mi sono aperto a tutte le possibilità che Londra mi presentava e nell’aprile ho aperto il primo pop-up vicino Tower of London solo la sera per testare se il Miccone insieme a vini e birra artigianale avrebbero funzionato a Londra
Da questa esperienza che è durata un paio di mesi, ho capito che il Miccone sarebbe potuto piacere piacere non solo agli italiani presenti su Londra (500.000), ma soprattutto agli inglesi.
Ad agosto ho deciso di trasferire la nostra Ape Truck da Pavia a Londra all’interno del Mercato Metropolitano per continuare questa avventura. Il tutto ha avuto un riscontro positivo che ci ha portati poi a decidere di vendere l’ape e di concentrarci sull’apertura di punti vendita su Londra.

Langhi Miccone 2 Langhi Miccone

Perché l’Ape Truck non ha funzionato? Me la ricordo davanti all’ufficio ed era iconica…
Il problema principale dell’Ape Truck era l’assenza di spazio. Siamo tuttavia rimasti molto contenti perché grazie a questa esperienza abbiamo saputo ottimizzare le procedure di preparazione dei “Micconi” e dei taglieri. Tutto questo know-how è stato poi portato nel locale di Pavia con una riduzione delle tempistiche di attesa sul servizio e una maggiore armonia nella preparazione.
I problemi che abbiamo riscontrato in Italia sono stati sia di carattere burocratico (alcuni enti non sapevano nemmeno cosa fosse un Ape Truck) sia nella gestione degli eventi, il cui costo la maggior parte risultava essere molto costoso, senza nessuna garanzia di ritorno dell’investimento iniziale.
A Londra, invece, abbiamo capito che per il nostro format – che si basa soprattutto sull’alta qualità di tutti i nostri prodotti – lo street food non riusciva a trasmettere a 360° l’esperienza che si prova mangiando dentro un locale Miccone.
Dall’esperienza però sono nate nuove ricette di “Micconi” e abbiamo avuto un elevato numero di feedback positivi dai clienti inglesi in merito a tutti i prodotti che servivamo, dai “Micconi” al vino e birra dell’Oltrepò Pavese. Tutto questo ci ha dato la consapevolezza che il futuro del Miccone ha una sola strada: diventare grande.

Cosa altro hai imparato da questi anni a Londra che potrebbe essere utile per chi come te volesse avviare una attività lì?
In questi anni ho imparato che Londra è una città che offre tante possibilità di fare business e di conoscere nuove persone. Ti può portare in alto ma bisogna essere preparati. A chi pensa di venire qui in cerca di fortuna, sbaglia in partenza.
Se un imprenditore ha già un progetto minimamente collaudato in Italia, allora le strade per diventare grandi ci sono. Naturalmente bisogna allenarsi tutti i giorni e cogliere tutte le occasioni che si presentano.
La velocità con cui cambiano le cose qui è 10 volte superiore rispetto all’Italia. Avere un’azienda snella e facilmente modificabile per adattarsi al mercato e alle esigenze è la cosa migliore. Bisogna quindi pensare a mettersi continuamente in gioco e reinventarsi sempre.
La burocrazia è pari a 0: per una licenza di food ho aspettato 3 giorni e per aprire la società ho impiegato  1 giorno con una sterlina, il tutto on-line.

Raccontaci l’esperienza del crowdfunding.
Nell’agosto 2017 abbiamo deciso di intraprendere l’esperienza del crowdfunding: abbiamo quindi creato tutto il materiale necessario per presentarci online (video, foto etc.) e ci siamo divertiti molto nel farlo.
Abbiamo lanciato la campagna l’8 Dicembre 2017 raccogliendo in 30 giorni 86.000€, purtroppo non sufficienti a raggiungere il risultato che ci eravamo prefissati. Tutta questa esperienza ci ha portato però molta pubblicità e ha fatto conoscere al grande pubblico il nostro progetto oltre che la possibilità di interloquire con possibili investitori.

Miccone servito

Quali sono ora i progetti per il futuro?
Dopo l’avventura del crowdfunding ora siamo alla ricerca di partner finanziari che ci portino oltre che a capitali anche competenze per aprire il primo punto vendita a Londra e da lì scalare il progetto.
Il nostro sogno è diventare grandi all’estero con molte aperture sia a Londra, ma anche in altre capitali europee. Aprire il mercato online, con l’e-commerce. Poi tornare a investire in Italia, aprendo altri punti vendita, comprare alcuni produttori e far diventare lo store di Pavia il vero headquarter con uffici che si occupino di marketing ecc.
Negli Stati Uniti il fallimento è apprezzato, chi non ha mai toccato con mano il fondo e si è rialzato fatica a ricevere investimenti. Da noi è il contrario.
Io in qualche misura ho fallito, o meglio, alla fine del 2016 ci sono andato molto vicino. L’idea dell’Ape Truck non ha funzionato e il progetto di crowdfunding alla fine non ci ha portato le risorse necessarie.
Ma ho imparato e mi sono sempre rialzato e tutt’oggi continuo questo progetto. Voglio che questo progetto diventi grande e restituisca vantaggi all’Italia e alla mia Pavia, visto che la maggior parte dei fornitori ha base qui. Vorrei che fosse un esempio positivo di rivincita di un territorio che per molti decenni si è dimenticato del suo splendore e delle potenzialità che ha.