25 giugno 2015

24 giugno 2015

Primo giorno di vacanza

Ieri ultimo giorno di scuola: saluti a tutti, baci e abbracci, è stato bello conoscervi!
La prof di italiano ha riempito di piccoli regali i bambini in partenza, la prof di inglese ha elargito coppe e magliette, la prof di francese si è lasciata scappare una lacrima. Oggi ci siamo svegliati con calma (più o meno: 7:30 al posto delle abituali 6:50... avremmo potuto fare meglio!) e abbiamo fatto una colazione da festa. Tommy ma ha preparato un caffè, Mati si prepara al suo shopping party con le amiche, io aggiorno il blog.
Gli scatoloni possono aspettare...

23 giugno 2015

Una piccola aggiunta

Ieri verso mezzogiorno ho spedito per lettera "suivie" la disdetta del contratto del mio cellulare.

Oggi alle 14:37 il mio operatore telefonico mi ha comunicato via sms la data di cessazione del contratto.

Questo significa due cose, anzi tre:
1) dal primo luglio non avrò più un numero francese
2) le poste francesi funzionano molto bene
3) gli operatori telefonici fanno quello che promettono

...


Abbiate pazienza, poi mi passa.

Un post di piccole cose - parafrasando Chiara



Ultimo giorno di scuola, bagagli in corso... ora che non ho ancora ricominciato a respirare l'aria di casa cosa sento che mi resterà di quest'anno strasburghese?

Sicuramente la lotta contro la polvere! Ridete, ridete pure, ma io non ho mai visto tanta polvere in una casa, mai nella mia vita!

Poi le bici: qui tutti usano le biciclette per spostarsi, con qualunque tempo, con qualunque esigenza di trasporto. Si vedono signore eleganti andare in ufficio sotto una mantella impermeabile, ragazze con tacchi altissimi uscire la sera, mamme e papà con bambini al seguito, magari due nella carrozzella agganciata alla bici (davanti o dietro, esistono modelli per ogni gusto!) uno sulla sua bici agganciata al telaio di quella davanti e uno che slalomeggia fra i passanti, incurante degli schizzi che solleva... Ci sono le bici delle biblioteche utilizzate per trasportare libri nei parchi, bici per il trasporto di hot dog caldi o bibite fresche, bici per i gelati o bici dotate di carretto per il trasporto della frutta, con tanto di tendalino parasole! 

Il jogging mattutino con la mia amica Nicoletta. E la sua commozione durante l'ultima corsa, qualche giorno fa.

Le amiche di mia figlia: l'hanno fatta sentire a casa, con semplicità e naturalezza e di questo sarò sempre grata.

Il pane fresco la domenica mattina. E già che ci sono le colazioni delle domeniche: io un croissant aux amandes, mio figlio uno chausson aux pommes, mia figlia un pain au chocolat e mio marito una croix à la cannelle. Tutto appena sfornato. Ho promesso ai bambini che giovedì faremo colazione in pasticceria: un dolce addio a questa incredibile città!

Il clima. Abbiamo avuto giornate calde ma poche e solo di giorno... mai patito il caldo di notte. In inverno fa buio molto presto ma la città non è mai triste o mogia, non c'è nebbia e questo significa che se non piove c'è il sole. Non si può dire lo stesso di casa.

La sensazione di sicurezza. I bambini possono andare in giro da soli, i piccoli strasburghesi cominciano presto, alcuni già in terza elementare, ad andare a scuola in piccoli gruppi. Alle dieci di sera il centro è ancora vivo, uscire da teatro e rientrare a casa non fa paura. Certo parlo del centro, non ho la più pallida idea di come siano le periferie!

I parchi: tanti, curati, frequentati tutto l'anno e fino a tardi. C'è chi corre (qui corrono tutti), chi fa picnic, chi porta i bambini a giocare, chi legge, che scatta foto, chi fa sport

Gli italiani. In Italia sono spesso sfuggenti, diffidenti, frettolosi e chiusi. Qui ho trovato persone accoglienti, disponibili, simpatiche. E non solo gli espatriati di breve durata, che magari hanno la necessità di fare gruppo per non sentirsi completamente persi. Anche i residenti, persone che lavorano qui in via definitiva: loro, magari per motivi diversi, sentono forse il bisogno di ricordare la loro identità. Molto interessante osservare come la lontananza da casa ci renda quasi parenti ;-) Una bella scoperta!

Vedremo, fra qualche settimana, se dovrò aggiungere qualcosa alla lista. O magari togliere :-)


18 giugno 2015

Ma si può ancora parlare delLA SCUOLA ITALIANA?


Vi incollo un paio di grafici così per semplicità




Tratti da qui

15 giugno 2015

Democrazia e diritti sociali



Oggi a nessun socialista e a nessun comunista sensato verrebbe in mente di sostenere che i diritti di libertà siano necessariamente strumenti giuridici di privilegio borghese. Anche le masse lavoratrici hanno compreso (...) che la giustizia sociale non è pensabile se non in funzione della libertà individuale: e sono sorti così quei movimenti politici che, invece di accentuare l'antagonismo tra l'idea liberale e l'idea socialista, hanno messo in evidenza che una democrazia vitale può attuarsi soltanto nella misura in cui la giustizia sociale (...) sia concepita come premessa necessaria e come graduale arricchimento della libertà individuale.(...) (E) se vera democrazia può aversi soltanto là dove ogni cittadino sia in grado di esplicar senza ostacoli la sua personalità per poter in questo modo contribuire attivamente alla vita della comunità, non basta assicurargli teoricamente le libertà politiche, ma bisogna metterlo in condizione di potersene praticamente servire. E siccome una assai facile esperienza dimostra che il bisogno economico toglie al povero la possibilità pratica di valersi delle libertà politiche e della proclamata uguaglianza giuridica, ne viene di conseguenza che di vera libertà politica potrà parlarsi solo in un ordinamento in cui essa sia accompagnata per tutti dalla garanzia di quel minimo benessere economico (...) Ogni uomo che non si sottrae alla legge del lavoro deve godere del minimo di risorse necessarie per far vivere, a lui e alla sua famiglia, la vita degna di un uomo.
Articolo pubblicato su "Il ponte", agosto 1945
Tratto da Pietro Calamandrei - Lo stato siamo noi - Instant book Chiarelettere - Milano 2011 (pag 47 - 50)

In estrema sintesi: senza un lavoro dignitoso non esiste libertà e senza libertà non esiste democrazia.

La situazione in Italia non sembra molto migliorata in questi ultimi 70 anni...

13 giugno 2015

Produzione scritta

Una volta si chiamavano temi, ma la sostanza non cambia.
Nel corso di francese, nella classe di mio figlio hanno dovuto descrivere la loro scuola ideale. Lui ha "sognato" una scuola nella quale i bulli vengono sanzionati, le lezioni durano fino all'ultimo giorno (qui le ultime 2 settimane sono di mezza vacanza), in mensa nessuno lascia il tavolo sporco e in cortile i più grandi lasciano in pace i piccoli.
Nella classe di mia figlia invece hanno dovuto commentare la notizia di un preside che ha rimandato a casa una studentessa perché troppo succintamente vestita, ragionando di libertà e regole. Mia figlia ha dato ragione al preside perché, ha sostenuto, la scuola non è una passerella e un abbigliamento adeguato è preferibile.
Leggo nei loro testi il desiderio di un mondo ordinato, nel quale le regole esistono e vengono fatte rispettare.

Come posso spiegare loro che in Italia (e non solo) non va proprio così?

12 giugno 2015

Due settimane

Undici mesi fa dicevo questo , oggi, a meno due settimane dalla partenza, lo rileggo e mi ci riconosco: sono ancora in scadenza come uno yogurt!
Fra due settimane esatte sarò in auto, sulla via del ritorno.
L'anno scorso non vedevo l'ora di partire, ora non vedo l'ora di tornare.

Non sarà che, semplicemente, mi piacciono i cambiamenti?

11 giugno 2015

Milan l'è un gran Milan

Foto Corriere della Sera del 12/06/2015

Ma in questa situazione forse neppure lei può farcela.

10 giugno 2015

Vorrei che leggeste questo


Quando la città retta a democrazia si ubriaca di libertà confondendola con la licenza, con l’aiuto di cattivi coppieri costretti a comprarsi l’immunità con dosi sempre massicce d’indulgenza verso ogni sorta di illegalità e di soperchieria; quando questa città si copre di fango accettando di farsi serva di uomini di fango per potere continuare a vivere e ad ingrassare nel fango; quando il padre si abbassa al livello del figlio e si mette, bamboleggiando, a copiarlo perché ha paura del figlio; quando il figlio si mette alla pari del padre e, lungi da rispettarlo, impara a disprezzarlo per la sua pavidità; quando il cittadino accetta che, di dovunque venga, chiunque gli capiti in casa, possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’ha costruita e ci è nato; quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola ed ordine; c’è da meravigliarsi che l’arbitrio si estenda a tutto e che dappertutto nasca l’anarchia e penetri nelle dimore private e perfino nelle stalle?
In un ambiente siffatto, in cui il maestro teme ed adula gli scolari e gli scolari non tengono in alcun conto i maestri; in cui tutto si mescola e si confonde; in cui chi comanda finge, per comandare sempre di più, di mettersi al servizio di chi è comandato e ne lusinga, per sfruttarli, tutti i vizi; in cui i rapporti tra gli uni e gli altri sono regolati soltanto dalle reciproche convenienze nelle reciproche tolleranze; in cui la demagogia dell’uguaglianza rende impraticabile qualsiasi selezione, ed anzi costringe tutti a misurare il passo delle gambe su chi le ha più corte; in cui l’unico rimedio contro il favoritismo consiste nella molteplicità e moltiplicazione dei favori; in cui tutto è concesso a tutti in modo che tutti ne diventino complici; in un ambiente siffatto, quando raggiunge il culmine dell’anarchia e nessuno è più sicuro di nulla e nessuno è più padrone di qualcosa perché tutti lo sono, anche del suo letto e della sua madia a parità di diritti con lui e i rifiuti si ammonticchiano per le strade perché nessuno può comandare a nessuno di sgombrarli; in un ambiente siffatto, dico, pensi tu che il cittadino accorrerebbe a difendere la libertà, quella libertà, dal pericolo dell’autoritarismo?
Ecco, secondo me, come nascono le dittature. Esse hanno due madri.
Una è l’oligarchia quando degenera, per le sue lotte interne, in satrapia. L’altra è la democrazia quando, per sete di libertà e per l’inettitudine dei suoi capi, precipita nella corruzione e nella paralisi.
Allora la gente si separa da coloro cui fa la colpa di averla condotta a tale disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza che della dittatura è pronuba e levatrice.
Così la democrazia muore: per abuso di se stessa.
E prima che nel sangue, nel ridicolo.

Cap. VIII de "La Repubblica" di Platone nella libera traduzione di Indro Montanelli 

Tratto da: http://www.ceccodottipuntocom.com/2015/06/platone-la-repubblica.html

09 giugno 2015

Ancora numeri

Con il 22,4% di laureati, l'Italia è il fanalino di coda della UE. Ma è anche il paese nel quale i laureati rispondono nei call center o scaricano cassette di frutta all'ortomercato, come se il numero di laureati fosse sovrabbondante.
Delle due l'una: o i laureati italiani non valgono la carta del diploma o in Italia non esistono lavori per laureati.

08 giugno 2015

Io sono quella col vestito rosso - Il lavoro

Anni fa la mia amica Francesca mi diceva, ammirata, che io (cito testualmente) sì che dovevo essere soddisfatta del mio successo professionale: avevo conseguito una laurea prestigiosa nell'università più prestigiosa d'Italia per l'ingegneria ed esercitavo la più prestigiosa delle professioni in quell'ambito.
Settimana scorsa, facendo lezione alla mia sola e unica allieva di italiano, parlando di lavoro e di prospettive per il prossimo anno, lei mi chiedeva se riprenderò la mia professione di ingegnere. Le ho risposto di no, non tornerò a fare l'ingegnere, cercherò invece di trasformare il passatempo di quest'anno, l'insegnamento dell'italiano agli stranieri, in una professione. Lei mi ha guardata perplessa e ha cominciato a sottolineare come sia davvero strano rinunciare ad una professione tanto prestigiosa (ancora...) come l'ingegneria per insegnare italiano, un'attività davvero più modesta e di minor peso sociale. Parlava davvero così (e pure in italiano!)
Premesso che ricoprire un ruolo prestigioso non mi fa schifo, che sono anzi piuttosto ambiziosa e che mi piacerebbe essere LA persona alla quale ci si rivolge per essere sicuri del risultato. Premesso questo, facendo l'ingegnere non sono mai stata felice, non sono mai stata a mio agio, ho sempre odiato il cantiere e giudicato bizantina la burocrazia che regge e governa l'attività edilizia: dopo 15 anni di professione, l'avvio di un nuovo progetto doveva essere preceduto da una visita in Comune per concordare il tipo di pratica necessaria (una DIA, un Permesso, una CIA o una SCIA... non ridete, è tutto vero). Ma non solo io, ho assistito di persona a telefonate di questo tipo fatte da chi di anni di pratica ne ha 30, altro che 15!!!
Quindi, per concludere, benché io abbia FATTO l'ingegnere, non SONO mai STATA un ingegnere e non è la stessa cosa.
Rinuncio (rinuncio?) ad una carriera (carriera? la mia!?!) di prestigio (ah sì? Non mi sembrava che lo fosse) per un lavoro ben più modesto?

Rinuncio
Rinunciare significa fare a meno di qualcosa che si possiede o che si desidera, o alla quale si ha diritto. Non posseggo la mia ex professione, non la desidero ergo la mia non è una rinuncia. Lo so, mi sto arrampicando sugli specchi. D'accordo, sto rinunciando al diritto di esercitare una professione che non mi ha mai appassionato. Questa rinuncia non determina alcun rammarico, perciò non la vivo come una rinuncia.

Carriera
Una carriera è qualcosa che progredisce e cresce. E questo chiude il discorso.

Prestigio
Prestigio nel senso che suscita ammirazione negli altri, immagino che il senso attribuito a questa parola, dalla mia amica prima e dalla mia allieva adesso, sia questo. Certo, il fatto di essermi laureata in ingegneria, di solito, ispira un senso di ammirazione per la mia (presunta) intelligenza. Io (e mio fratello e mio marito e suo fratello...) sono convinta che serva più voglia di studiare che intelligenza per arrivare a laurearsi in ingegneria, non è mica fisica! Gli ingegneri sono degli sgobboni, non dei geni! Non vedo nessun prestigio nell'essere degli sgobboni. 

Lavoro
El laurà l'è el laurà, diceva mia nonna, intendendo con questo che nulla è più importante, niente ha il diritto di distrarre l'attenzione di chi lavora dal suo lavoro. Ci sono lavori "fighi" e altri meno, Sono "fighi" i lavori che danno soddisfazioni, non lo sono tutti gli altri. 

Modesto
E qui casca l'asino. Modesto perchè si guadagna poco? Perchè non si viene considerati importanti? Perchè è pieno il mondo?

In definitiva: perchè la mia ex-professione sì e l'alternativa invece no?

05 giugno 2015

Facciamo i conti - Cosa ce ne facciamo di questa Europa

Leggete questo http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-06-04/pansa-sospetti-coinvolgimento-terroristi-traffico-migranti-143820.shtml?uuid=ABAnHPsD

Dice che ad oggi (1 gennaio - 5 giugno) sono sbarcati in Italia quasi 50.000 profughi (che in due anni fa circa 200.000) e che il piano della UE prevede di distribuirne 25.000 in DUE ANNI. E gli altri 200.000-25.000=175.000 sono "nostri"? Oltre a quelli che già ospitiamo, oltre a quelli che arrivano per altre vie, oltre ai "nostri" veri cioè cittadini italiani in difficoltà?

Tra questi numeri e il plauso della Merkel al lavoro di Renzi... non so cosa faccia più paura!

04 giugno 2015

Murales



A chi appartengono i murales? A chi li dipinge o al proprietario del muro?
Considerando che il risarcimento del danno spetta a chi li dipinge (quando si riesce a prenderli!), mi viene da pensare che anche il godimento di un eventuale vantaggio economico debba appartenere all'artista. E invece pare proprio di no, o per lo meno, non esistendo una legge specifica in materia, non ancora. E così capita che il proprietario di metroquadro di muro posto in una via di Londra stacchi un'opera di tal Banksy e la metta all'asta a Miami: partendo da una base d'asta pari alla folle cifra di 500.000 $ (cinquecentomila dollaroni!!), è stata venduta per una cifra non precisata.


Banksy è un fenomeno, uno capace di pronunciare interi discorsi con un'immagine e che, per sua legittima scelta, non vende le sue opere ma le regala allo sguardo della gente.


 Certo possiamo discutere se sia lecito o meno utilizzare un muro che non appartiene all'artista senza l'autorizzazione del proprietario, ma è innegabile che, a volte, un bel murales vale (molto) più di un muro grigio (o giallo, come insegna il sottopassaggio del mio ufficio, per chi sa di cosa parlo).


Alcune case d'asta si rifiutano di mettere in vendita opere strappate dai muri, ad esempio Christie's o Sotheby's, altre ragionano in modo diverso, non so se per un diverso senso di rispetto delle scelte etiche dell'artista o per altre ragioni.

Cosa penso io? Prima ditemi cosa ne pensate voi...

01 giugno 2015

Voti

Leggo qui
«Il punto è che in Italia, contrariamente alla cultura anglosassone, non è chiaro che cosa è il 10» insiste Mantegazza. «Il dieci è il raggiungimento da parte dello studente dell’obiettivo che io ho fissato nella prova di verifica. Se lo studente risponde bene a tutto, è 10, non 8. Ci vorrebbero corsi di formazione alla valutazione per gli insegnanti». 
Lo sa bene anche il direttore dell’Ufficio scolastico regionale della Lombardia Delia Campanelli, regione con le scuole tra le migliori d’Italia secondo l’Invalsi ma che ha poco più di un centinaio di lodi contro le 700 pugliesi e le 400 della Campania. In vista della maturità ha fatto un appello ai professori a non essere troppo severi e a dare anche i dieci: «Dobbiamo arrivare all’uniformità dei voti. Ma intanto agli studenti che meritano il dieci sia dato il dieci in tutte le classi e in tutte le scuole del Paese». Ne sanno qualcosa i ragazzi che vogliono tentare l’ammissione alle università anglosassoni, che non affidano l’ammissione come quelle americane a test esterni ma considerano il curriculum dei ragazzi: «Provate, se ci riuscite - insiste la preside Ugolini -, a spiegare che l’8 per noi è quasi un dieci ad un rettore di una Università inglese». 

Sono consapevole che i problemi della scuola sono ben altri, ma per gli studenti, che della scuola fanno parte, la questione "valutazione" è tutt'altro che irrilevante. Soprattutto è importante quando si confrontano i risultati non fra studenti della stessa classe (confronto sterile) ma fra studenti di scuole diverse, cosa che succede ovviamente in fase di ammissione all'università o di assegnazione di borse di studio.