sabato 30 novembre 2013

Un taglio a Pessoa

Avvicinarsi ai fatidici enta, no il "tr" davanti non ce lo metto, non sono pronta significa rendersi improvvisamente conto, generalmente dopo una notte brava ad alto tasso alcolico, di non essere più quella spregiudicata ragazzina che andava a dormire alle 5 e si svegliava alle 9 per andare al mare senza che il suo fisico subisse alcun tipo di ritorsione. Insomma io sto a tocchetti per colpa di un drink dal nome di un poeta portoghese, Pessoa. Uno di quegli intrugli zuccherosi che non sanno di alcool ma ne contengono  a sufficienza per farti cantare a squarciagola Perdere l'onore l'amore perfettamente ignara d'essere ripresa e fotografata epperciò ricattabile da qui all'eternità. Qualcuno vada a dire al mio futuro erede che quella non era sua madre. Spero che l'amico G. non gli racconti mai di essere stato implorato dalla sottoscritta per un ovetto Kinder che contenesse Ariel.

Ariel! Capito?! Non Aurora eh, Ariel!

Ma chi cazzo è Aurora?

Stamattina tutte le buone intenzioni settimanali infarcite di frasi tipo sabato mi sveglio presto e rendo casa uno specchio sono andate a farsi benedire dall'ora della sveglia, così ignobile che non la scriverò.

Va bene. Era mezzogiorno e quarantatré.

Visto che avevo già preso un appuntamento col mio hairstyle di fiducia che non si dica in giro che una Princess non rispetta gli appuntamenti ho preferito passare due orette dal parrucchiere anziché pulire i cessi del palazzo reale. Così ora sembro Cleopatra sul set di Lost, la scena immediatamente successiva al disastro aereo, naturalmente.

Ora mi resta solo da decidere se dedicare la restante parte del week end a manicure e ceretta o dare ascolto a quell'invadente vocina che vorrebbe io indossassi i panni della casalinga disperata e cambiassi almeno le lenzuola e la lettiera di Penelope.

Scusate, adesso devo proprio andare a mettermi lo smalto.

venerdì 29 novembre 2013

Attendere l'oro

Il valore di mercato, la domanda e l'offerta, il prezzo e la rarità. A certe leggi non si sfugge.

E non scappo nemmeno io.

Perché tu sei merce rara. Un diamante rosa, un Giglio Rosso di montagna, una veste di seta. Non posso pretendere che la via per raggiungerti sia semplice, lineare, scontata. Non posso pretendere di trovarti in un megastore. Devo cercarti nel posto giusto, un posto speciale, di quelli che non hanno merce in saldo ne offerte 3x2.

Ho imparato il valore dell'attesa, grazie a te. Ho imparato il valore del controllo, che è assai limitato.

Sono cresciuta, grazie a te.

E pensare che ancora non arrivi. Chissà quante cose mi insegnerai, quando ci sarai.

Perché ci sarai, arriverai. Forse quando non ci spererò più, forse in vitro, forse da solo, forse sotto un piumone, forse in un lettino freddo di una stanza dalle pareti verde acido. Io resto qui, ad aspettarti. Perché  l'oro si aspetta.



mercoledì 27 novembre 2013

Trecentosessantacinque

Diario di una Princess sentimentale.
Diciamo che questo blog si sarebbe anche potuto chiamare così perché io soffro d'empatia e ho la lacrima facile. In preciclo riesco a commuovermi pure con le pubblicità, immaginate un po' quale dramma esistenziale sarebbe vedere una cosa tipo Bambi.

Quindi oggi sono un po' emozionata. 

Perché oggi laprincesseilservo.blogspot.it compie un anno.

Un martedì sera d'un anno fa pioveva forte. Coprivo in solitaria il turno pomeridiano e sbuffavo davanti ai miei due monitor, seduta dietro la scrivania un metro per mezzo metro dell'anti-CED, l'orribile luogo tutto blu dove io, M.e la buonanima C., siamo state parcheggiate per un paio di mesi, prima d'approdare nell'ufficio di Capetto.  

Avevo voglia di parlare, di raccontarmi, di tornare a scrivere. Avevo alle spalle un anno difficile e davanti tanta incertezza. Avevo la speranza che da lì a qualche mese il blog sarebbe diventato il racconto semi-serio della vita d'una Princess in attesa del suo erede. Un erede che ancora aspetto.

La vita è quel che accade mentre sei impegnato a fare altri progetti, diceva qualcuno. Quel qualcuno c'aveva ragione.

Quest'anno io ho vissuto una vita che non m'aspettavo. 

Ho lasciato che le emozioni mi travolgessero, ho riso tanto e pianto tanto, ho combattuto la paura e il dolore, ho rischiato la pelle su un'autostrada, ho iniziato un percorso di procreazione assistita, una psicoterapia. Ho combattuto i miei mostri, ho imparato il valore dell'attesa, ho sofferto di solitudine, ho imparato a bastarmi

Ma soprattutto l'ho raccontato. Qui. A voi. Che siete diventati 110, mi avete scritto 4mila volte e siete passati di qui 66mila volte.

In 201 post e 365 giorni v'ho raccontato me stessa, tutta. Senza filtri, senza iposcrisie, senza sconti.

Tanti auguri, blog.

lunedì 25 novembre 2013

Cambio

Tutti i lunedì mattina mi viene da scrivere lo stesso patetico e deprimente post. L'antitesi dell'Inno alla gioia, una cosa melodrammatica e tristissima che al confronto la Celeste di Andrea del Boca perdonatemi il confronto ho avuto anche io una nonna drogata di telenovelas argentine era il ritratto della felicità. Se poi il lunedì mattina coincide col 15 p.o. (post ovulazione, per i non addetti ai lavori riproduttivi) la tentazione di gettarsi in lacrime tra le braccia del cioccolato Kinder è francamente irresistibile.

Sono al 15 p.o. e ho i crampi. Sono al 15 p.o. e ho la nausea. Sono al 15 p.o. e sono una cretina, perché ci spero. Perché io la panza non me la voglio bucare, vorrei solo vederla crescere. Perché ho paura. Perché dopo 'sto ciclo si fa sul serio.

Settimana scorsa, ricetta di SantoSpirito alla mano, sono andata da Negnente per farmi prescrivere il Gonal-f.

Allora ci si prova sul serio, eh?

E certo, perché fino ad ora avemo giocato.

Così pare, Doc.

Ma lo sai che ho visto più donne restare incinte con questa penna che naturalmente?

Carini 'sti Docs che infondono speranza, eh? Se non fosse che hanno sempre torto, 'nnaggia a loro.

Nel frattempo penso. Penso a quel tempo in cui beltà splendea negli occhi miei ridenti e fuggitivi, penso a quando non c'avevo un cazzo da pensare. E penso che nonostante non avessi un cazzo da pensare pensavo. Pensavo che se un giorno la vita m'avesse mostrato gli aguzzi denti, che se un giorno tutto quello in cui credevo, tutte le basi su cui i miei regali piedini si tenevano in equilibrio fossero crollate io, anzichè imparare a nuotare con l'acqua alla gola avrei cambiato stagno.

Piano d'evacuazione, abbandonare la nave. Sono la Schettino dei monti. O forse lo ero.

Sì perché adesso che non me ne va bene una, adesso che la basi son crollate, adesso che mi son fatta crescere le ali perché non ho nulla su cui poggiare i piedi, io mi ostino a restare. E volo basso. Raso terra.

E mi chiedo se non sia davvero arrivato il momento di abbandonare la nave. Di cambiare. Cambiare vita. Cambiare davvero.

Intanto mi sa che cambio taglio di capelli, che da qualche parte si deve pur iniziare, no?


venerdì 22 novembre 2013

La livella

Ci sono stata tre volte in Sardegna.

Venite dal Continente?

Ce lo chiedevano quasi tutti gli autoctoni quando noi, carichi di teli mare, creme solari, occhiali Gucci e Vanity Fair in borsa camminavamo lungo sentieri con poche o nulle indicazioni turistiche alla ricerca di luoghi inesplorati, conosciuti solo dai residenti, vergini.



Immuni allo stupro dei lettini e degli ombrelloni, dei chioschi sulla spiaggia e degli stabilimenti balneari.



Qualcuno, addirittura, estremizzava con un venite dall'Italia?

Non lo so il perché ma a me l'indipendenstismo sardo ha sempre fatto sorridere. Pure quello padano, a dirla tutta. Se non fosse che poi quell'esaltazione campanilistica ce la siamo trovata nelle file dei deputati. Brutta storia.

Ho amato tanto la Sardegna. Perché il mare della Sardegna non lo trovi nemmeno alle Maldive o forse sì ma in Sardegna si mangia meglio. Molto meglio. L'ho amata tanto perché è stata la nostra prima vacanza insieme, da coppia. E resta la più bella.  E poi quei pesci colorati sul fondale di Cala Lunga io credevo li avrei visti solo con la voce di Piero Angela come sottofondo. Invece certi luoghi meravigliosi esistono davvero e sono pure incredibilmente vicini.



A Lampedusa invece non ci sono mai stata, in realtà non ho mai visitato la Sicilia e dovrei proprio rimediare. Non sono mai stata nemmeno in Somalia o in Eritrea che a differenza delle due più grandi e belle isole italiane non vantano nessuna particolare attrazione turistica. Vantano guerre, povertà, disperazione e morte. Non proprio un luogo adatto per le ferie d'agosto, non trovate?

Questo, però, non vuol dire che gli autoctoni somali o eritrei, tra l'altro tutt'altro che indipendentisti e campanilisti, meritino meno rispetto dei sardi. Ne da vivi, ne da morti.

Perché siamo tutti uguali.

E no, non sono banale. Non sto cedendo alle lusinghe del qualquismo per rimediare plausi nei commenti.

Non sono banale perché, non so cosa sia accaduto sulle vostre, ma sulla mia bacheca di Fb ho letto stati  che attribuivano alla morte un diverso valore a seconda della nazionalità del defunto. Gli italiani valgono il lutto, gli immigrati no.

Diciassette morti italiani valgono di più di 300 immigrati

Questo ho letto. E una trentina di mi piace a corredo.

Come se la morte non fosse abbastanza, come se la morte non azzerasse le distinzioni. Come se la morte non fosse una livella.

Non so voi, ma io i morti me li piango.

Tutti.

mercoledì 20 novembre 2013

Sua schifiltà

Ci risiamo. La Princess magnona è tornata. E in grande stile, perdipiù.  No, non è vestita scozzese di tartan, al massimo di tartin. Lo so, questa faceva cagare, saranno i polifosfati che mi attappano le connessioni neuronali, perdonatemi.

Succede che la genitrice, sì proprio Mina, sì proprio quella che quando sono a dieta mi passa il pane sottobanco e mi fa trovare nel freezer i Cornetti Algida, proprio quella che quando il mio didietro era diventato una riproduzione 3D della ballerina di Botero



diceva cose tipo il tuo pediatra sarebbe fiero di me, ah se ti vedesse adesso! Altra cosa rispetto a quando eri una bimbetta smilza, malaticca e Biafrana!, insomma proprio lei mi ha fatto notare che ultimamente mi diletto troppo con questo preciso tipo di ginnastica facciale:

              


Qualcuno mi blocchi le mascelle, va bene anche una museruola per cani. Anzi no, che potrei farci passare dentro una cannuccia. 

Venerdì scorso, pregna di senso di colpa derivante dall'abbuffata della sera prima nella casa materna, ho portato a lavoro la solita misera insalatona con lattuga, lattuga, lattuga, mais e tonno senz'olio.
Poi succede che la tua compare di scrivania proponga il Mc. Che a me solo la parola provoca ipersalivazione ai limiti della scialorrea. Ma ho resistito alla tentazione eh, sì sì. Ho lottato strenuamente cercando di convincere M. ed A. a non andare e consumare i nostri rispettivi e salutari pasti.

Perché non andiamo da Mc?

Oh no, M. non tentarmi... ok, andiamo

Ecco. Sono una braveheart, io.

Galvanizzati dalla tossica esperienza mangereccia e non paghi delle porcate di cui ci siam resi protagonisti abbiamo inaugurato il venerdì junk food, per gli amici non anglofoni semplicemente giorno dello schifo.

Che fosse solo un giorno non sarebbe manco tutta 'sta tragedia. Il problema è che io sono dentro fino al collo alla settimana dello schifo. Per esempio faccio colazione con cannoli Nutella e cioccolato bianco, mangio Cipster durante lo spuntino pre pranzo, ho voglia di surgelati Findus. Quelli mini, sopratutto. Fritti e consumati rigorosamente davanti la tivvù, pescandoli da un mega cestone di carta, tipo quelli delle alette di pollo americane, che, voglio dire, vuoi mettere la suspance di non sapere quale dei settantatrè gusti ti capiterà in bocca? Una libidine.

Fino a due giorni fa, nonostante le grandi abbuffate, lo specchio mi restituiva un'immagine clemente. La bilancia due numerelli simpatici, così piccoli piccoli. Teneri loro.

Oggi, invece, complici gli estrogeni, il preciclo e il conseguente crollo di autostima è successo questo:

 
 
 



Sì, mi misuro il culo con le mani e mi dispero.

Ma la settimana non è ancora finita, che non si dica che lascio le cose a metà, io.

Venerdì cinese.

Poi cyclette, giuro.

domenica 17 novembre 2013

Un gioco di ruolo

Ho voglia di giocare, stasera. Un gioco di ruolo, uno di quelli in cui si vestono i panni di qualcun altro, avete presente no? E' complicato, sapete. Perché i ruoli ci si appiccicano addosso. Siamo donne o uomini, mogli, compagne o single, studentesse o lavoratrici, precarie, disoccupate, casalinghe. Siamo avvocati, ingegneri, commercianti, impiegati, operai.

Siamo fertili o infertili.

Stasera vi chiedo uno scambio particolare. Non fare i perversi, non sono interessata ai giochetti di coppia, suvvia, sono come Sissi mica come Maria Antonietta. 

Stasera facciamo che io sono una donna fertile, una moglie devota, una persona credente, una perbenista. Facciamo che io stasera ho due figli, carne della mia carne, usciti dalla mia vulva, partoriti con dolore, venuti fuori da me, rigorosamente da me. Arrivati senza bisogno di ricorrere a nessuna visita medica. Hanno due anni di differenza l'uno dall'altro perché farli crescere insieme è meglio. Hanno nomi da calendario, somigliano al padre, sono sani e svegli. 

Lui lavora, io sto a casa. Al massimo mi cerco un part-time, purché non mi faccia saltare il parrucchiere al sabato mattina e la spesa al pomeriggio. La domenica a messa, col vestito buono. 

Facciamo che io, stasera, ho una vita da manuale.

E poi facciamo che voi, che avete una vita da manuale, siete noi. Facciamo che le vostre ovaie funzionano a cazzo, facciamo che le vostre tube sono chiuse come cannucce mordicchiate o che vostro marito ha una teratozoosperimia non vi servirà mica il link a wikipedia per sapere cos'è vero?, facciamo che non vi arrendete al vostro corpo imperfetto anche se soffrite, anche se morite dentro ad ogni foto di neonato su Fb, anche se guardate gli occhi del vostro compagno e vorreste rivederli felici, grati alla vita per avere cose che il resto del mondo considera scontate. Considera naturali.

Brutta parola naturale, vero?

Brutta parola quando non potete usarla come scudo a tutela della vostra vita facile.

Perché la vostra vita è facile. E' facile quando pagate le bollette, quando compilate un CID, quando vi multano per divieto di sosta, quando litigate col capo, quando vostro figlio disegna sul muro col pennarello rosso.

E' tutto facile quando non sei costretto a lottare per le cose importanti.

E la cosa più facile di tutti è giudicare.

Giudicare quei genitori a cui è stato tolto il figlio nato grazie a un utero in affitto.


Siamo donne o uomini, mogli, compagne o single, studentesse o lavoratrici, precarie, disoccupate, casalinghe. Siamo avvocati, ingegneri, commercianti, impiegati, operai. Siamo fertili o infertili.

Ma prima di essere qualsiasi cosa siamo figli e figlie.

Avete provato ad essere noi?

Bene, adesso, se ancora ne avete voglia, giudicate pure. E se proprio non riuscite a perdonare chi non può aver figli naturalmente e va contronatura per realizzare un desiderio almeno siate clementi con quei poveri nati, quei figli strappati alla famiglia. 

Qualsiasi sia la forma, il colore, il sesso dominante della LORO famiglia.

venerdì 15 novembre 2013

Iniziare bene X. Versione animata.

Buongiorno Princess!




Buongiorno C.!

Tutto bene?



Sì, tutto bene

Che fai?

Mah... lavoravo

Ascolta, hai presente la riunione di ieri? Bene, abbiamo stabilito un piano di lavoro. Devo condividerlo con te, così ti spiego tutto e iniziamo l'attività. Ti va di salire da me? 



Certamente! Arrivo.

Dunque, queste sono le nuove pagine da creare. Nella prima ci saranno dei contenuti multimediali, il titolo della seconda è... Mi ascolti Princess?


Sì, certo. Continua.




Dicevo... in tutto sono cinque nuove sezioni di cui tre (...) è un lavoro stimolante per te no?




Assolutamente.

Ti è tutto chiaro?




Ovvio, sì

Ok allora, aspetto aggiornamenti





Buongiorno. Buongiorno?

mercoledì 13 novembre 2013

Un po' omo

Che uno di certezze nella vita ne ha poche, no?

Per esempio:

  • Il traffico sul tratto urbano dell'A24. 
  • Mina che mi chiama tutte le mattine dove sei?, io che tutte le mattine le rispondo a lavoro
  • Mina che tutte le mattine, ascoltata la mia risposta, chiede e che cosa fai? e io che tutte le mattine le rispondo quello che si fa a lavoro, lavoro.
  • La Nutella, che ha sempre lo stesso rassicurante, tossico sapore di surrogato.
  • Essere femmina. Ma femmina femmina. Femmina col fianco pronunciato, il culo tondo, la panzetta addominale free. 

Ecco.

L'ultima certezza è andata a farsi benedire.

Su qualche discutibile rivista scientifica una volta lessi che gli estrogeni sono responsabili anche della forma del corpo della donna. Quella classica a clessidra spalle larghe, vitino e fianchi in linea con le spalle è indice del loro corretto funzionamento. Che culo, pensai, certo io non ho problemi di deficit ormonali.

Mai fidarsi di Focus, mai.

I miei follicoli crescono a rilento, sono tanti ma piccini, modesti, low profile. I monitoraggi ecografici hanno sostanzialmente confermato la teoria iniziale, quella esposta qui, per capirci. Poco maturi. Il mio corpo è rimasto alla preadolescenza e forse ora capisco la fissa per la Disney, le cose che luccicano e gli scoiattoli de La spada nella roccia. Adovo.

Anyway.

Il Clomid non m'abbasta. Il ciclo scorso m'è andata di lusso, questo no. L'ovaia sinistra è diligente e laboriosa, la destra è perchè no, vivo in vacanza da una vita perchè no. Ma ora la metto ai lavori forzati, 'sta stronza.

Insomma, devo farmi le pere. Quelle simpatiche sulla panza. Gonal-F, la penna di cui tanto ho udito parlare dalle altre mie adorabili affezionate ricercatrici adesso me la sparo pure io, datemi il benvenuto, su! 150 ml al dì a partire dal terzo giorno di ciclo.

Funziona sicuramente, dice SS.

Speriamo, rispondo io.

Princess, ottimismo!

Non mi è concesso nemmeno un lamento perché le pere le ho chieste io, con quella sfacciataggine che si palesa sul lettino del giaino.

Doc, so' pronti st'ovi de Pasqua?

Risata. Questa ragazza mi fa morire! Buffetto sulla guancia.

Meno male Doc, pensavo mi odiasse, sa io sono una bella rompiscatole. E pure educata, notare che ho detto rompiscatole e non scassapalle.

Sei simpaticissima tu!

E infertile.

Eh suvvia, fuori da quella porta ho casi assai peggiori e comunque, ogni tanto, la bella notizia arriva. Se non mi figliano quelle come te i ginecologi dovrebbero cambiar mestiere.

Amo quest'uomo.

Allora o proviamo con un altro ciclo di Clomid, visto che l'altra volta è andata bene o...

Doc le pere! Voglio le pere!

Risata. E va bene. Ti spremo allora.

E ho pure un po' paura di quest'uomo.

Nel frattempo la notizia del mio deficit estrogeno suscita ilarità e prese per il culo

La Sister G: aho e per fortuna che ero io quella mascolina. Dovremmo avvertire Adele, che a danza mi faceva sempre fare la parte del maschio.

Mina (seria): io il sospetto che fossi un po' omo ce l'ho sempre avuto

Grazie, famiglia.

lunedì 11 novembre 2013

Strategie anti-ex

Al G.F. c'era il confessionale noi abbiamo il té delle cinque che spesso diventano le sei, qualche volta le sette, raramente l'ora di cena in tal caso diventa magnamose 'na pizza. E' preceduto da un sms, generalmente in codice, a meno che la richiedente non sia tanto sconvolta e bisognosa d'attenzioni e consigli da dimenticare la consolidata prassi, frutto di pluriennali e pregressi accordi.

Il motto dell'abituale incontro è giù le maschere. Al tè delle cinque parlare di tutto è imperativo categorico. 

I problemi derivanti dai nostri rapporti con l'altro sesso costituiscono, ovviamente, la fetta principale del nostro ciarlare anche se le briciole ovvero le appendici della conversazione primaria possono essere assai divertenti e istruttive. Io per esempio ho scoperto innovativi metodi per colmare il gap d'altezza quando si fa sesso in piedi. Che non si dica che non posso imparare nulla dalla Sister G.

Nella classifica degli argomenti più gettonati manco a dirlo ci sono le ex. Lo spauracchio di ogni femmina.
Dopo numerosi confronti con le mie Sisters sono giunta alla conclusione che esistono essenzialmente tre strategie difensive da attuare la fine di pararsi il didietro dai fantasmi delle storie passate.

Indifferenza. E' la meno praticata perché richiede un'autostima pacco famiglia e la certezza assoluta che i suoi ti amo post-coito siano sinceri e replicabili anche con le mutande indosso. Fingersi noncuranti quando lui tira fuori il portafoglio di Hello Kitty appartenuto a qualche buonanima è una prova di resistenza che manco Rambo uno, due, tre, quindici. 

A me non da fastidio, sono superiore.

Guerra in trincea. Senza dare troppo nell'occhio. Per attuare questa strategia è necessario l'ausilio della BFF che all'opportuno interverrà con un mi piace su Fb, una foto di voi due che vi guardate mentre fate finta di non essere in posa, un commento stile siete la coppia più bella del mondo. Perché marcare il territorio è importante, signore mie.

A me non da fastidio ma deve stare al posto suo.

Impatto frontale. Li sentite i tamburi? Vi siete pittati la faccia di strisce blu? Bene. Questa strategia non ammette perbenismi, tolleranze ed ipocrisie. Viene di solito scelta da chi ha visto infranto il proprio sogno d'amore proprio a causa di un ritorno di fiamma e impone pugno duro e lotta senza paura. Il primo passo è pretendere dal proprio compagno l'immediata interruzione di ogni forma reale o immaginaria di contatto con la ex. Segnali di fumo compresi. Il secondo è denigrarla. Puntate al tallone d'achille: la psicosi. Perché tutte le donne ne hanno una fuorché voi che siete perfette sotto ogni aspetto, ovviamente. E poi c'è il confronto sul sesso. Sono sicura che lei quel giochetto d'anca non lo faceva, eh? Infine la minaccia velata ma non troppo: se si fa viva le riempio la posta di Fb di insulti perché ho ucciso per molto meno, io. Se fate il fumo dalle orecchie siete davvero delle professioniste.

A me non da fastidio, al prossimo mi piace è una donna morta. 

E voi come combattete lo spauracchio ex?

giovedì 7 novembre 2013

L'Hit Parade paterna

La clinica sfornamarmocchi si trova in una ridente località abbruzzese che in realtà non c'avrebbe proprio un cazzo da ridere. Raggiungerla da Roma quando hai staccato un'ora prima dal lavoro a causa della solita visita pregna di mistero è sfiancante, soprattutto se a lavoro t'hanno scassato le ovaie fino a 2 minuti netti prima che tagliassi la corda.

Così, ieri, la mano tesa di Pino alias il genitore maschio dichiaratosi disposto a giudare e accompagnarmi da SantoSpirito è stata accolta con sollievo dalla sottoscritta che da brava ingenuotta paesana ha pensato che avrebbe potuto schiacciare un pisolino sul sedile del passeggero per tutti 40 minuti necessari a raggiungere SantoSpirito e la sua sonda esplora ovaie.

Completamene dimentica della scoperta di Pino gli MP3 non sono stata in grado di trattenere l'afflizione sul volto quando lui, tronfio, ha premuto il pulsante dello stereo facendo partire le CENTOTRENTACINQUE canzoni datate quando c'avevo 20 anni. O anche meno, molto meno.

Roba che ho quasi rivalutato Gigi D'Alessio.

No, dai, scherzavo. Non cambiate blog, pliz!

Al terzo posto della classifica Canzoni di dubbio gusto di quando mio padre c'aveva l'acne giovanile troviamo Sereno è, di tal Drupi. No non è un orsacchiotto della Trudy, pare sia un cantante.



Vi prego, femministe, inveite contro 'sto tizio con l'entusiamo di un bradipo sotto Lexodan che se ne resta a letto mentre quella poraccia della sua compagnia sgobba già in cucina e gli prepara il caffè.

Al numero due c'è Celentano con Sotto le Lenzuola.


La storia di un tradimento, fin qui nulla di strano. Pure Battisti in 29 settembre ne parlava. Il problema sorge quando il molleggiato ci illumina riguardo la reazione della cornuta. Mica scema la ragazza, aveva capito perfettamente che il marito l'asso di cuori non lo sbatteva sul tavolo da poker ma nel giardino segreto della regina di fiori. Il fedigrafo, invece di ricevere qualche bastonata sui reni, una lettera dell'avvocato e una richiesta di sussidio mensile pari a tre quarti del suo stipendio, se la cava con un monito oltretutto senza traccia di insulto o turpiloquio al poker sai non si gioca in tre e non giocare più con la mia amica. No cara, certo, non lo farà più. Tu intanto va' in cucina e lava i piatti, che lui esce a farsi un pokerino. Qualcuno chiami il telefono rosa, santocielo!

Il top spetta a lei. Una canzone di protesta. Un impegno civile, sociale, etico: la guerra ai capelloni. Serenata di Don Backy. 


A me ha fatto venir voglia di farmi crescere pure i peli sotto le ascelle, non so a voi.

martedì 5 novembre 2013

Sulla sponda

Lavorare con la consapevolezza che tra 35 giorni feriali sarò a casa in panciolle a mandare curricula sperando che il miracolo di un lavoro di due anni e otto mesi consecutivi si ripeta è demotivante. Per quanto possa appassionarmi a nuovi progetti di cui non vedrò mai lo sviluppo l'insofferenza mi si legge in faccia. Collega C. mi parla di ultimo sforzo perfettamente ignara del fatto che il vero sforzo è non risponderle di traverso quando a mensa dice cose tipo io vi capisco perché guardo la televisione. Come se guardare la televisione fosse sufficiente a comprendere il disagio di una generazione di disillusi.

Oltre al danno d'esser nata a metà degli anni ottanta devo subire anche i consigli beffa. Il più gettonato è dovete fare la rivoluzione. A riempirsi la bocca di belle intenzioni sono spesso le stesse persone che mai rinuncerebbero alla loro fetta di beatitudine in nome di una causa comune. Dietro quel velo di ipocrisia si cela un disinteresse difficilmente dissimulabile in quelle quattro frasi fatte e che odorano di muffa.

Gli equilibri qui dentro stanno cambiando. Nuovi assetti, nuovi capi, qualche ritorno, altre funzioni. Io osservo il fiume che scorre seduta sulla sponda o, se preferite, seduta sulla banchina della baia, vicino a Otis Redding, immobile. Sarò già fuori di qui quando i cambiamenti ora in corso si sedimenteranno in consolidate abitudini.

Ricominciare è sempre difficile.

Per una volta C. ha ragione. Peccato che la frase fosse riferita a lei stessa, che non deve ricominciare proprio un cazzo di niente.



domenica 3 novembre 2013

Protezioni

Concedetemi il lusso di frignare come se fossi una bomba di estrogeni la cui deflagrazione potrebbe mietere numerose vittime di sesso maschile. Ho la sensazione che questa stimolazione blanda non porti da nessuna parte se non verso una vaginite che dovrò curare con una dose extra di lavande, creme e indovinate un po' pasticche. La donna bionica mi fa una pippa, sono un OGM. Se fino a qualche tempo fa la sola idea di una cannula bucherellata mi terrorizzava adesso potrei pubblicare un video tutorial su Youtube: come famigliarizzare con la propria Vù.

Non le nascondo che sono demoralizzata, doc

Ma per carità, con te non abbiamo ancora iniziato!

Io non avrei voluto nemmeno leggere la prefazione di questo capitolo della mia vita ma vaglielo a spiegare all'ottimismo in camice bianco.

I sogni però sono sereni. Non ho inveito contro nessun membro della mia famiglia la notte scorsa. Anzi. Tornavo in paese con la mia defunta Clear, distrutta dall'incidente dello scorso dicembre, mia madre e mio padre mi aspettavano nel loro negozio. Lei era sorridente nel suo grembiule bianco e si punzecchiavano come se una volta tanto i loro caratteri non volessero annullarsi a vicenda. Li ho salutati per raggiungere la Sister e correre verso il centro storico. C'era una festa e io ho assaporato quella spensieratezza adolescenziale che già a 18 anni non avevo più.

Con la complicità di amici impegnati altrove ho approfittato del week end lungo per prendermi cura di me, della casa, delle bestie e last but not least del mio rapporto di coppia. Ho avuto addirittura l'ardire di far ordine in macchina. Dentro c'ho trovato 3 paia di scarpe col tacco, una ballerina, 3 bottiglie di plastica vuote, una piena, un quotidiano di due mesi fa, un ombrello, una patatina fritta, due cataloghi IP, un volantino di Acqua e Sapone, la carta di due Kinder Delice.

Ho voglia di dormire. Di quel sonno profondo che si concedono i bambini, rannicchiata in posizione fetale sotto due strati di piume d'oca. Quasi come a volersi sentire nel ventre materno, protetti e ignari del mondo che t'aspetta li fuori. Pronto a fotterti.