giovedì 28 febbraio 2013

Orange


Decisamente non era portata per l'ornitologia. A cinque anni uccise con una dose eccessiva di costosissimo profumo appartenente alla di lei madre due poveri e coloratissimi pappagalli rei, sempre secondo la di lei madre proprietaria del profumo, di emanare un odore sgradevole dalla loro gabbietta. Pensando di fare cosa buona e giusta li intossicò con un Tresor della Lancome. Trovarli profumatissimi e stecchiti fu un piccolo trauma.

Eppure la prima immagine che le venne in mente fu quella del picchio. Doveva aver letto da qualche parte che una particolare specie era in grado di tamburellare la corteccia di un albero dalle sei alle dieci volte al secondo e che tutta la loro struttura era finalizzata a fare in modo che quell'attività riuscisse alla perfezione. Becco resistente, coda lunga e rigida per bilanciare i contraccolpi, muscoli del collo sviluppatissimi. Del resto è così che il picchio scova le sue prede. E vive. 

Per la precisione immaginò che un piccolo e stronzissimo picchio dal becco lungo le stesse martellando il cranio. E ad ogni picchiata, per reazione, il cervello producesse un'immagine. Sgradevole, dolorosa, insopportabile. Roba da impazzire.

L'immagine di lui che baciava l'altra. Che la guardava con gli stessi occhi e le parlava con le stesse parole. Che giocava col suo intimo. Che le porgeva il braccio, la spalla, le labbra. Che le stringeva la mano. Che, che, che...

Basta picchio, please. 

Qualsiasi cosa lui facesse o dicesse in quel momento lei la vedeva proiettata sull'altra.

Il punto è che mettere in gioco se stessi rende fragili. Lasciarsi andare rende insicuri.

E se mentisse. E se non fossi così speciale. E se io non fossi quella giusta. E se non fosse vero che sono unica per lui. E se, e se, e se.

Poi pensò alle cose che conosceva solo lei. Pensò allo stupido evento che aveva messo in moto il picchio. E pensò che il picchio il suo vermicello non l'avrebbe trovato. Pensò che per una volta poteva concedersi il lusso di non sentirsi inadeguata. Di credere non tanto a lui ma a se stessa. Pensò al motivo per cui aveva deciso di mettersi in gioco, lasciarsi andare. E decise che andava bene così. Si sarebbe presa tutto il pacchetto.

Compreso quel piccolo, stronzissimo picchio col becco lungo e la cresta arancione. 

mercoledì 27 febbraio 2013

Nuove prime volte

Tornare a fare quella cosa che inizia per s e finisce per port dopo enne anni, dove enne è minore di 4 e maggiore di 2, vuol dire rendersi conto di aver pericolosamente sottovalutato una serie di fattori.

1. L'abbigliamento sportivo. Una che è vissuta in mezzo a body in lycra, ballerine, tutù, costumi ridicoli, forcine per capelli, collant smutandati e tanta, tanta lacca, non potrà mai comprendere pienamente la filosofia che sta dietro l'abbigliamento da palestra della donna base. A meno che non faccia la commessa da Decathlon. E non è il mio caso. Ergo ho rispolverato, again, i leggings Dimensione Danza dal colore osceno (che volete farci, la mia insegnante amava il rosa confetto) già utilizzati per la prova di corsa con la Sister.
Del resto, pensava la me ingenue version, devo andare in palestra. A sudare. A farmi venire i rossi sulle guance e i capelli come Crisitcchi. Non a sfilare. E neppure a danzare vestita da uccellino giallo, che, voglio dire, facevo sempre la mia porca figura, sapevatelo.
E invece no.
La donna base viene in palestra col rimmel waterproof, i pantaloni della Freddy che ti tirano su le chiappe, la maglia elasticizzata che ti strizza la panza e ti riempie le tette, le unghie col gel. Perché, prima, ha fatto un salto dall'estetista.
Orrore.

2. Il risveglio muscolare. Ditemi che anche voi ignoravate l'esistenza di un muscolo all'interno della chiappa sinistra. Altrimenti è lombosciatalgia  E deunuzio Maurizio all'Ordine degli istruttori.

3. Disciplina, disciplina, disciplina. Fare danza classica è deviante. Farla con Mariadele, che una volta mi incastrò le scapole nella spalliera nel vano tentativo di correggermi la postura, è traumatizzante. Quindi, tu, mio caro Maurizio, che mi spieghi come dovrei stare al piccì, scusami, ma non sai proprio con chi hai a che fare. Mariadele non mi ha raddrizzato, nessuno mai potrà.

martedì 26 febbraio 2013

Scrivo per non dimenticare

"Io voglio solo vederti sorridere. Perché sei qui, seduta davanti a me, e, porca troia, quella sedia sarebbe potuta essere vuota. E puoi chiamarlo Dio, fato, destino o semplice prontezza di riflessi, il risultato non cambia, sei qui con me e voglio vederti ridere. Non mi interessa se saremo solo io e te tutta la vita perché io non ho altra vita che te"

Certi discorsi partono con l'intento di essere duri, invece t'accarezzano l'anima. Certi discorsi, forse, saranno banali ma sono necessari. E intimi. Così intimi che non sarebbe neppure il caso di renderli pubblici su un blog ma, sapete, io ho bisogno di fissarmele in testa, le cose importanti. Ho bisogno che mi vengano ripetute, di avere coscienza che siano davvero accadute.

Quando l'Umile Servo si rivolse con queste parole a una Princess in lacrime, rannicchiata su una sedia bianca, una speranza coccolata per due giorni, due giorni di ritardo, era stata appena presa a mazzate da un test negativo.

Ora ho di nuovo bisogno di quelle parole. Così ho deciso di scriverle. Così per ogni delusione, per ogni dubbio, per ogni ferita saranno qui. A ricordarmi che sono state dette, che sono vere. E che devo sorridere.
Perché quella sedia sarebbe potuta essere vuota. E invece, cazzo, ci sono. E lui non ha altra vita che me.

domenica 24 febbraio 2013

Tu chiamale se vuoi elezioni

Dovete sapere che l'Umile Servo è un ex militante ed è anche una delle persone più giuste e oneste che io conosca, motivo per cui ha lasciato la politica alla tenera età di 25 anni, proprio quando avrebbe potuto spiccare il volo con un'importante candidatura. Il suo compagno di merende, che con il concetto di giustizia e onestà non è che abbia tanto a che vedere, decise invece di continuare. Buttarsi nella mischia. Ora è sindaco di un'importante città e candidato regionale, dimostra 50 anni, parla per slogan, è estremamente noioso ma, diavolo, ha fatto tanti soldi.
Il solo fatto di essere stato un militante non farebbe, certo, dell'Umile Servo un esperto di politica se non fosse che è anche una persona lungimirante, appassionata, informata. Nonostante la laurea in Scienze Politiche in stand by da secoli. 

La Princess, invece, ha avuto la fortuna (vi pregherei di notare la sottile ironia nella parola fortuna, non per niente scritta in corsivo) di essere unico frutto di un matrimonio misto. No, non sono figlia di un buddhista e un musulmano ma di un democristiano e una comunista. Sì, ho detto proprio democristiano e comunista.
Le liti in famiglia erano pane quotidiano. Ergo io odio la politica. Tuttavia, negli anni, ho imparato a farmi una mia idea. Sono sempre andata a votare piuttosto convinta della scelta che avrei fatto nel segreto della cabina elettorale.

Quest'anno no.

Qualche giorno fa, mentre ridevo dell'imitazione di Bersani in tivvù, l'Umile servo mi ha chiesto una cosa, apparentemente, banale.

"Princess hai deciso per chi votare?"
"Devo proprio andarci, a votare?"


Mi ha guardata così:



E poi ha iniziato il discorso. Quello che ti fa sentire una cacchetta di cane pestata. Quello che ripercorre la storia del suffragio universale senza timore di perdersi qualche particolare. Ci mancava solo ci mettesse in mezzo le suffragette. Così mi sono messa a cercare la scheda elettorale. Dopo aver messo casa a soqquadro e aver chiamato Mina per sincerarmi non fosse a casa sua avevo quasi interpretato la perdita del documento come un segno divino. In barba alla povere suffragette. Poi l'ho ritrovata. In mezzo al documento con la lista degli esami dell'università e solo perché, presa da immotivata curiosità, non ricordavo quanto avessi preso all'esame di sociolinguistica del secondo anno. Il risultato (27 per i curiosi) era a pagina 3, proprio sotto la scheda elettorale.

Io e l'USI ci siamo confrontati per un po'.
Come sempre lui mi fa da mentore e poi io decido ad minchiam, forse perché sono una povera illusa. Da che ho memoria di voto le nostre scelte hanno sempre coinciso. Stavolta abbiamo votato per due partiti diversi. Io ho messo la ics sul partito di PincoPallo nonostante sentissi chiaro odore di supercazzola, visto che PincoPallo è alleato con PalloPinco che, a sua volta, non disdegna un accordo con PincoPanco e io PincoPanco non lo sopporto.
Lui ha votato per PancoPinco nonostante gli stiano sulle balle alcuni dei suoi supporters.

Ho segnato quelle tre schede con la rabbia, la frustrazione e la delusione di chi si accontenta.
E ho pensato che questo non è certo un bel finale per la storia del suffragio universale.

venerdì 22 febbraio 2013

Red

Lo avvertì chiaramente quel momento. Quello che ogni donna vuole, quello di cui ogni donna ha paura.
Quello in cui lui si prende tutto. Testa, cuore, stomaco, viscere.
Quello in cui lui lascia il segno. Che ti resterà addosso per sempre. Come un'incisione, come un marchio.
Quel momento in cui perdi coscienza, ragione, consapevolezza di chi sei, di chi eri.

Fu in quel momento che pianse.
Di un pianto diverso. Somigliava quasi a quello del neonato che viene alla vita, quello necessario a farlo respirare, a fargli entrare aria nei polmoni.

E pensò che non fosse necessario il sesso per essere intimi. Perché non esiste momento più intimo di quando lui, quelle lacrime strane, se le prende, con la bocca. E continua a baciarti. E si prende pure il respiro.
E ha vinto.
E sei sua.
In quel momento. E sempre. Perché "anche un momento è per sempre".



Ho assaggiato le tue labbra, di miele rosso rosso.
Ti ho detto "dammi quello che vuoi io, quel che posso"

giovedì 21 febbraio 2013

Princess ics-elle

Il primo sospetto si è insidiato nella mia mente insana quando quel jeans, quello che tutte le donne hanno, quello che fa da unità di misura della propria ficaggine, è salito sui miei fianchi con difficoltà. Quando ho pensato "ok ora mi sdraio sul letto a panza in su, la ritiro e vedrai che il bottone entra in questa stramaledetta asola". Quando, in preda a quel moto di orgoglio che ti fa pensare "io arrendermi? mai!" ho fatto ricorso al saltello sulle punte abbinato alla strattonata disperata verso l'alto dell'indumento incriminato con l'intento di far entrare il bagaglio posteriore in quel tessuto non propriamente malleabile.

Il fatto di non essere diventata blu nel corso della giornata mi aveva fatto sperare che si trattava solo del comunissimo effetto "appena lavati". Una scusa dietro la quale, per secoli, generazioni di femmine si sono trincerate. Magari dopo una sana magnata di manicaretti. Ma questo non lo dite.

Il sospetto ha iniziato a sconfinare nella zona parietale del mio cervello, impedendomi, tra l'altro, di gustare senza alcun rimorso un etto e mezzo di ravioli ricotta e spinaci e due pastarelle rispettivamente panna e cioccolato, quando, domenica mattina, proprio prima di colazione, in bagno, davanti lo specchio grande, ho visto lei. Il risultato di settimane di carboidrati, cioccolato e fame atavica tempestivamente scongiurata con chilate di cibi tossici. Il risultato di fancazzismo e vita sedentaria. E della pizza a taglio consumata sul divano in panciolle con l'Umile Servo, ormai radicata tradizione della domenica sera. La maniglia dell'amore. O dell'odio, nel mio caso. Quell'infame rotolino di lardo che trasborda dall'elastico della mutanda e ti fa passare da Kate Moss a Platinette.

E' stato allora che tutto il mio povero organo preposto al pensiero è stato invaso totalmente. Il sospetto è stato promosso cum laude a tremenda certezza.

Ero ingrassata.

Solo un'ultima carta mi restava da giocare, sperando in un miracolo, sperando che i jeans e la mutanda non fossero metri di valutazione attendibili o si fossero alleati con l'intento di fustigare la mia autostima. Sti stronzi incompetenti.

La bilancia.

Lo strumento per eccellenza. Colei che ti guarda dal basso con l'aria di chi vorrebbe dirti "sali sali bella de casa, che mo ce penso io a te". Verdetto ufficiale: enne kg e mezzo in più, ovviamente.

Non mi restava altro che porre rimedio.

Sono a dieta da tre giorni.

Ieri ho sognato le fettuccine. Oggi, alle otto del mattino, ho sbavato davanti la foto di una pizza porcini, salsiccia e mozzarella sebbene, ad occhio, la pasta risultasse più gommosa della manina appiccicosa delle patatine. Ora voglio le patatine solo perché ho scritto "patatine". E le voglio con la maionese.
Io e l'USI stiamo progettando un week end a Napoli e io riesco a pensare ad una cosa sola: il babà.
Con la Nutella. Sia chiaro.

mercoledì 20 febbraio 2013

Non è vero ma ci credo

Inizio dalla fine: abbiamo dato fuoco al 2012.

Simbolicamente, ovvio.

Il punto è che ci piace fare i ganzi andando a raccontare in giro che noi, a queste fregnacce stupidaggini non ci crediamo. Che, diavolo, siamo nel XXI secolo e ci sono ancora persone che si fanno leggere la mano o fanno i tarocchi, quale orrore.

Eppure io sono quella che, con una Sister a destra e l'altra a sinistra, sedeva al tavolo di una gentile nonnetta, con la mantellina di lana sulle spalle, i baffi, l'attaccatura dei capelli all'altezza della nuca e un secolo scarso alle spalle che, con un piatto pieno d'acqua e il mignolo gocciolante di olio cercava di capire se avessimo il malocchio. Il risultato fu confortante. Peccato che l'inferno si sia scatenato qualche mese dopo. Tempismo di merda.

Questo per dire che qualche volta i rituali sono rassicuranti. Qualche volta è bene, semplicemente, cedervi.
E così io e l'Umile Servo, bottiglia di spirito alla mano, abbiamo dato fuoco all'agenda dell'anno scorso. Vederla bruciare lentamente nel camino ci ha dato una certa soddisfazione.

Non è stato facile ridurla in cenere. Era una Moleskine. Un osso duro. Alla fine, però, ce l'abbiamo fatta.


Alla fine ce la facciamo sempre, io e l'Umile Servo.



martedì 19 febbraio 2013

La mini-me

Non ho avuto ancora la fortuna di conoscere mia figlia ma nella mia corte, da qualche anno, si sta diffondendo la voce che una piccola mocciosa aspiri al mio trono e sia abbastanza spietata da non temere affatto di farmi concorrenza.

Spero almeno non arrivi a ricorrere al Principessicidio.

La tipetta in questione è una cinquenne, secondogenita della cugina L. e, non si sa per qualche divertente scherzo della genetica, ha la mia stessa faccia. Poi, vabbè, è bionda e mangerebbe pure i copertoni delle auto mentre io sono mora e alla sua età la mia massima aspirazione era essere eletta bimba Biafra dell'anno ma la perfezione, sapete, non è da tutti.

Dal parentame questo adorabile mostro viene chiamata la "piccola infame". E' acida, permalosa, capricciosa e un sacco di altri osa. E se la tira. A cinque anni.

La cugina L., nelle ormai rare circostanze in cui ci si vede, non perde occasione di sottolineare la nostra, diciamo, somiglianza. No, non quella fisica.

Cugina L: "è incredibile quanto sia stronza. E' proprio te da piccola"
Princess: "cugina L. mi stai, per caso e nemmeno troppo velatamente, dando della stronza?"
Cugina L: "ma figurati. Era per dire"

Bene.

Vista la non voluta affinità con la "piccola infame" io, fin dai suoi primi strilli isterici vagiti, mi sono sempre schierata dalla sua parte. Perché anche io sono stata una piccola infame e, sapete, si soffre. Moltissimo. E poi, come dire, è sempre bene farsi amici i propri nemici.

Ma poi è arrivata quella conversazione telefonica.
A chiamarmi, ovviamente, non fu lei ma il primogenito F. che è, sì, pazzo da legare ma anche tanto coccoloso, amoroso, teneroso e un sacco di altri oso.

Driiin driiin
"ciao zia!"
"ciao amore come stai?"
"bene! e tu?"
"bene. Quando venite a trovarmi?"
"mamma dice presto. Perché ci manchi"
"oh bellodezia... e tua sorella dov'è?"
"te la passo"
...
...
"Catie?"
"..."
"Catieeee?"
"..."
"Caterì!"
"ciao"
"ah finalmente. Ciao tesoro come stai?"
"abbastanza bene"
"abbastanza bene. Bene. Quando vieni dalla zia?"
"non saprei"
ci mancava che mi dicesse una cosa tipo "devo controllare l'agenda"
"beh quando vieni ti preparo la torta al cacao con la panna"
"non la voglio"
"no?"
"no, voglio i cupcakes"

E io, che in fondo sono una personcina dal cuore tenero, sono andata pure a comprare gli stampini.
Quando la piccola stronzetta mi ha onorato della sua presenza i cupcosi erano in bella mostra sul tavolo della cucina.

"grazie ma io preferirei pane e nutella"

tuttasuzia

lunedì 18 febbraio 2013

Una tipa sportiva

La motivazione è essenziale per fare sport.

"Lazzara alzati e vieni a correre con me"
"Sister, io ti voglio bene, ma le 9 e mezzo di sabato mattina non esistono. E' solo un brutto sogno, torna a dormire"

Un'ora dopo, col fiatone, un paio di ridicoli leggings rosa confetto, adatti alla danza non certo alla corsa, un fermacapelli rosso, un felpone blu elettrico, la faccia incazzata e la speranza che nessuno di mia conoscenza mi vedesse in quello stato, mi chiedevo se nell'arco della mia vita riuscirò mai a far capire alla Sister che "no" significa "no" e non "passo a prenderti tra un'ora e se non sei vestita ti faccio uscire col pigiamone da elfo che indossi".

Mi sono accorta che faceva sul serio, che quella non era la solita scusa per confessare uno dei suoi misfatti, quando al primo accenno di conversazione da gossip lei non ha battuto ciglio. Con una sonora pacca sul mio culo di piombo è schizzata davanti a me e ha detto solo "corri".

Dopo minuti cinque il mio unico desiderio era pomiciare con una bombola d'ossigeno.

"Questa è la dimostrazione che stiamo facendo schifo"
"..."
"Ho deciso che ci iscriviamo in palestra"
"Pa... che?"
"L'istruttore si chiama Maurizio"
"E sti ca..."
"Princess! Corri! Lunedì chiamo"

Così è stato.
E mentre flagellavo il mio ego con frasi tipo:
"anche la Sister ha ceduto allo sport. Faccio pena. Sicuro vuole iscrivermi perché mi si sta allargano il culo e lei non me lo dice"
"ecco, quando sono seduta 'ste cosce sembrano prosciutti. Ora capisco."
"ho il viso a palla e la panza. Voglio morire. Oggi a mensa solo insalata sìsì"
lei mi manda la foto di Maurizio su WhatsApp, con faccina innamorata annessa e il seguente messaggio:

"Piacere, sono il tuo nuovo istruttore. E tu aiuterai la tua Sister a farmi innamorare di lei"

Addominale scolpito, colorito da abbonamento semestrale alle lampados, denti bianchissimi, sopracciglia curate, sguardo da trota.

Io la Sister un po' la odio, un po' mi fa paura.

La motivazione è essenziale per fare sport.
La motivazione per ucciderla per fare sport c'è.


venerdì 15 febbraio 2013

White

Lei pensò che una vita intera probabilmente non le sarebbe bastata per dimenticare certi momenti.
E pure per capirli.

Come quella volta in cui lui la accompagnò alla stazione più vicina della metropolitana. Era un venerdì. E lei, da quella macchina, non sarebbe voluta scendere.
Le costò un certo sforzo non richiudere la portiera e dire una cosa qualsiasi tipo "portami via".
E ci mise un bel po' di tempo per scendere le scale che l'avrebbero portata al treno.

Decise di aspettare 5 minuti, lì sotto, di fronte alla cartoleria, con la faccia rivolta al corridoio di entrata, a destra delle scale e con la certezza che lui, lì sopra, avrebbe atteso, probabilmente, per lo stesso tempo che lei tornasse indietro.

Sapeva che lui non sarebbe sceso, perché temeva, forse, di invadere il suo spazio e sapeva pure che lei non sarebbe risalita perché temeva, forse, tutto il resto.

Il bianco contiene tutti i colori dello spettro elettromagnetico. E' un po' come dire che è solo potenziale.
E' un po' come dire che è il colore delle occasioni mancate.

giovedì 14 febbraio 2013

"Il mezzo è il messaggio"

Nei giorni successivi l'elezione a pontefice di Karol Wojtyła iniziò a circolare una leggenda metropolitana che lo voleva protagonista di segrete fughe notturne dal Vaticano compiute nell'intento di mescolarsi ai suoi fedeli per conoscerli a fondo, contando sul suo momentaneo anonimato.

Bene. Se vi dovesse capitare di vedere una tipa con la tiara, la puzza sotto il naso e l'aria da Princess dallo sbuffo facile sappiate che quella sono io. Ho deciso di imitare il papa (del resto pure i reali sono di discendenza divina, no?) mescolandomi ai miei adorati sudditi e immergendomi nel fantastico mondo di mezzi pubblici romani.

Insomma, visto l'allerta meteo a giorni alterni, Alemanno perennemente pronto con la pala, l'autostrada che mi comunica il pericolo neve, l'era glaciale 1,2,3 e 4 e, soprattutto, visto che ho rischiato la pelle a causa del ghiaccio già una volta e la lezione mi è bastata, ho deciso, quando i turni di lavoro me lo consentono, di lasciare la Polly Princess-mobile a risposo e prendere i mezzi. Nonostante io abiti nella provincia di Monculo, il mio posto di lavoro sia sito in Monculo e, per raggiungerlo, io debba passare per il centro città, lontano da Monculo, lontanissimo dalla provincia. Cioè arrivo in centro e poi TORNO INDIETRO. Ma vabbè.

Premetto che sono una sovrana piuttoso tollerante con quella che viene chiamata gente comune. Non mi urtano i discorsi degli altri, la condivisione di un minuscolo spazio vitale, le attese. Sui mezzi sono anche in grado di rilassarmi e fare quello che altrimenti non avrei tempo e modo di fare. Leggere, ascoltare musica, farmi le seghe mentali.

Però.

C'è sempre il però. Senza il però questo post non avrebbe senso.
Ci sono tre categorie di viaggiatori che mi scuotono il sistema nervoso. Che mi incitano alla violenza. Che mi mandano in pappa le sinapsi.

Precisamente:

1. Gli ansiosi. Sono quelli votati alla standing ovation. Perenne. Non si siedono nemmeno quando la loro fermata è il capolinea. Fissano la porta come se dall'altra parte li attendesse Bar Rafaeli in perizoma o Johnny Deep vestito da Jack Sparrow. Se, come spesso accade, tu sei entrato a spintoni, hai la schiena poggiata sul vetro e le falangi che carezzano il palo centrale sono l'unico modo che hai per restare in un equilibrio sempre troppo precario, a loro non interessa. Loro devono assicurarsi che il tratto postazione-porta sia libero. E iniziano a fissarti come se gli avessi scippato la nonna. In prossimità della loro fermata la frase "scende alla prossima?" sarà la vostra rovina. Il signficato occulto è "togliti dalle palle, io devo scendere, devo salvare vite, io rischio di restare intrappolato per sempre nei sotterranei di Roma per colpa tua, io ti denuncio per sequestro di persona". E tu ci provi a fargli capire che se nel momento in cui pronunciano la frase tu togliessi di mezzo il braccio che ti permette di restare in piedi finiresti per terra, trascinandoti dietro mezzo treno. Inutile. Ci provi a fargli capire che stai solo attendendo che il treno si fermi, che passi il momento rinculo, estremamente pericoloso, che segue la frenata e poi, in un secondo scarso, toglierai il braccio per farli passare. No, a loro non interessa. Loro devono avere la traiettoria libera. Tu puoi pure morire sotto le rotaie, stronzo.

2. I liceali. Categoria spesso innocua, vero. Si muovono in gruppo, spesso intorno al mattatore, protagonista, buffone di corte. I decibel che le loro corde vocali sono in grado di raggiungere superano di gran lunga quelli prodotti dai rumori circostanti e occupano, in cinque, tre quarti del vagone ma, fin qui, il fastidio è limitato. Il problema sorge nel momento in cui iniziano a fissarti, violando quel comodo rituale chiamato disattenzione civile. E tu senti puzza di provolaggine. Nel momento in cui vedi quello sguardo, quello da ormone neo-sviluppato, quello tipico del 14enne che ha appena scoperto le gioie del porno, posato su di te capisci di essere fottuta. Io, per esempio, inizio a pensare che avrei dovuto indossare le perle ereditate da Nonna R. che fanno tanto 30enne per bene. Un liceale non ci prova mica con una 30enne per bene. Ma con una con la faccia da ragazzina sì. E io sono quella che è stata presa per una 18enne neopatentata dall'ex propritaria di Polly e che si è gustata la sua faccia da merluzzo quando le ha confessato di avere 28 anni e dover rinnovare la patente ad Aprile. Ergo non ho scampo. Se non con le perle di Nonna R.

3. Le nuvole verdi. Il loro ultimo incontro con l'acqua risale ai tempi in cui ci si lavava nel fiume e di notte si faceva pipì negli urinali. In compenso hanno fatto degli incontri ravvicinati del terzo tipo con cipolla e aglio la loro filosofia di vita. E siedono vicino a te, sempre.

mercoledì 13 febbraio 2013

Brown

Lei occhi di un marrone così pieno non li aveva visti mai.

Quando lui si voltò per farle una battuta quella fu la prima cosa che notò.
E poi pensò che sarebbero andati d'accordo, loro due.
Perché lei aveva un debole per le persone così.
Per quelli con la battuta pronta.
Per quelli che ti mettono in imbarazzo, quasi fosse una sfida a far uscire fuori il tuo caratterino di merda. Perché l'hanno capito che la timidezza è uno scudo di cartapesta. Che quello che c'è sotto è divertente. E perché il caratterino di merda ai tipi come lui, in fondo, piace.

Quando le disse per la prima volta che la trovava bella lei, quegli occhi di un marrone così pieno, li evitò.
Perché va bene il caratterino di merda, ma farsi vedere imbarazzate, quello no. Quello mai. Perché lei i complimenti li riceveva spesso. E che differenza poteva mai esserci nella parola "bella" detta da lui?

Quando gli disse "mi sono innamorata" lei, i suoi occhi, li chiuse. Perché lo scudo è di cartapesta ma sempre di scudo si tratta. E se la bocca la tradisce lei chiude gli occhi. Lo fa sempre. Per ogni confessione.

Quindi, lei, l'espressione degli occhi di lui, quella che avevano in quel momento, non la conosce. Ma nella sua testa riaffiorò l'immagine vecchia di due anni. Quella in cui lui si gira per farle una battuta. Quella in cui lei pensa che occhi di un marrone così pieno non li aveva visti mai.

martedì 12 febbraio 2013

La Cantastorie

Nel Natale del 1993 alla tenera età di 9 anni, in piedi su una sedia, come si conviene ad una little Princess con l'egocentrismo a palla, comunicai al parentame quello che sarebbe stato del mio futuro. Io avrei fatto la giornalista.

Fu mio nonno a convincermi a parlarne con il resto della mia stramba famiglia perché "fino a quando non le dici, le cose non sono vere". Sempre lui a far precedere l'annuncio reale dal tintinnio della forchetta sui bicchieri buoni di cristallo. Credo che abbia la sua buona dose di responsabilità riguardo il mio sentirmi al centro dell'universo.

Comunque.

Avevo preso l'importante decisione qualche giorno prima. La terribile Maria Antonietta, maestra di italiano delle elementari e incubo di tutti i pargoli under 12, aveva deciso di fare una cosa, per i tempi, innovativa. Leggere il giornale in classe, farci commentare gli articoli e farci scrivere un articolo su un fatto di cronaca. Scrivere mi era sempre piaciuto ma solo in quel momento la piccola Briatore che viveva in me capì che poteva monetizzare la sua passione. Poteva lavorare scrivendo.

Una rivelazione.

Qualche annetto più tardi mi resi conto che le passioni non si vendono. La mie triennale attività di giornalista non fu, certo, un fallimento. I due direttori che hanno avuto l'onore di tenermi nella loro redazione non avrebbero mai voluto me ne andassi e lo stesso Presidente dell'Albo, al momento dell'esame di Stato, si complimentò con me. Ma quella non era la little Princess che voleva fare la giornalista monetizzando la sua passione. Perché, semplicemente, la passione non ce l'aveva più. Anzi, veniva colta da un leggero senso di nausea e scoglionamento quando qualcuno le commissionava argomenti come piani regolatori, sindaci corrotti, consuntivi, elezioni.

Nel natale del 1993, dopo l'annuncio, tornata col sedere sulla sedia, mio nonno all'orecchio mi disse "sarai una brava cantastorie" "giornalista!" "no no, tu sei una cantastorie".

Aveva ragione.

Sono una cantastorie. Lasciate che ve ne racconti qualcuna. Vera o presunta.
Sono una cantastorie. Lasciatemi cantare.


lunedì 11 febbraio 2013

God save the aunt

Sabato scorso abbiamo fatto tardi. Così tardi che le ore piccole avevano compiuto 18 anni. E allora, in barba a qualsivoglia senso della decenza, io, che non sono proprio un'allodola, mi sono presa la libertà di restare sotto le pezze fino all'ora di pranzo di domenica.

Prima che i miei vicini si decidessero a chiamare la Sciarelli ho messo piede fuori dal letto con l'unico rammarico di essermi persa Gordon Ramsey che imprecava contro qualche malcapitato masochista che prima gli chiede aiuto poi sclera davanti le telecamere in piena crisi nervosa al primo insulto carico di turpiloquio. Grazie di esistere, Real Time.

Mentre mi accingevo a consumare una tardiva e solitaria colazione ho fatto una scoperta dall'altissimo valore scientifico: la Nutella ha un qualche misterioso potere reminescente sul mio cervello. Infatti, mentre addentavo il primo morso del cornetto farcito un'illuminazione mi ha colta. Come in un sogno ho rivisto l'Umile Servo che, alzatosi prima di me per partecipare ad una riunione di lavoro, mi ha parlato di... di... di...

ospiti

cazzo, ospiti!

Presa dal panico ho fatto l'unica cosa sensata. Chiamato soccorsi. Dove per soccorsi intendo la Zia Santa. Quella che se non sai ammassare non ti considera una donna dotata di apparato riproduttivo funzionante, quella che non ha un congelatore ma un banco frigo modello megalomane con cui potrebbe sfamare mezz'Africa quella che, in questi casi, ti salva il culo.

In un'ora ho rimediato viveri a sufficienza da beccarmi complimenti del tipo "ma non ti dovevi scomodare così tanto!". E mentre l'Umile Servo rideva sottecchi io, senza pudore alcuno, mi gongolavo vantando le mie doti da casalinga mentre in camera da letto, rigorosamente chiusa a chiave, regnava, incontrastato, il caos.



sabato 9 febbraio 2013

Yellow

Ore 03:00 di notte. Sedile posteriore di Polly. Di ritorno da un concerto. Sister è brilla e io, a mio modo, pure.

"Sister?"
"Che c'è?"
"Le emozioni sono a colori, lo sai?"
"Ma va... E di che colore sono?"
"Ognuna ha un colore diverso"
"E il colore della tua emozione qual è?"
"Giallo"


venerdì 8 febbraio 2013

Liebster Blog award

Dunque dunque...
la carissima Mandorla, una delle mie blogger preferite, tappa fissa delle mie web-letture, mi ha premiata!
E da brava novellina entusiasta ora:
risponderò alle 11 domande che mi ha posto
elencherò 11 cose che mi riguardano
formulerò 11 domande per altrettanti blogger

3,2,1 via...

1. Perché hai dato questo titolo/nome al tuo blog?
Durante un viaggio a Vienna mio marito mi svegliò raccontandomi una storia: "C'era una volta una Princess. Acida, pigra, altezzosa e pretenziosa. E poi c'era il suo umile servo MA intelligente...". Da allora sono una Princess a cui, ogni tanto, scivola la corona. E lui è l'Umile Servo con smanie rivoluzionarie.

2. Perché hai deciso di aprire un blog?
Scrivere è la mia passione. Scrivo quando sono felice e quando mi sento giù. Scrivo perché mi piace fissare così le tappe della mia vita. Scrivo da quando ho cinque anni, Mina me lo insegnò prima di iniziare la scuola. Ho sempre tenuto diari. Ultimamente avevo perso quest'abitutine per strada forse perché, per anni, ho venduto la mia passione ai giornali. Ora che non scrivo più per lavoro ho ritrovato il gusto di scrivere per me stessa. E per voi.

3. Hai la possibilità di fare un viaggio nella meta dei tuoi sogni. Dove vai?
A me il mondo piace tutto. La fissa del momento è la California e l'Irlanda.

4. Qual è il tuo peggiore incubo?
Ho un incubo ricorrente. Essere inseguita da un'onda anomala. A volte mi salvo altre, ahime, no :(

5. Qual è la cosa più romantica che hai fatto? Che ti è stata fatta?
Ho preso un aereo alle 11 di sera per raggiungere mio marito a Milano, con un dolce fatto da me come bagaglio a mano. Era il suo compleanno. Il giorno dopo sono ripartita da Linate alle 6 del mattino per arrivare in tempo a lavoro, a Roma.
Il discorso iniziato con "nessuno ti amerà mai più di me" che l'USI mi fece il giorno in cui, dopo mesi di rottura, siamo tornati insieme.

6. Cosa porti con te su un'isola deserta? (3 cose)
Il piccì col wireless.
La Nutella.
L'ipod.

7. Chi porti con te su un'isola deserta?
L'Umile Servo

8. La persona/personaggio (del passato, contemporaneo, del futuro reale o immaginario che sia) che vorresti incontrare per una vacanza/ viaggio/cena/notte sfrenata/passeggiata... insomma per farci qualsiasi cosa?
Mio nonno Mario, che non è tra i vivi da un bel pezzo.

9. Qual è la canzone/poesia/libro/film/ che ti piacerebbe fosse ispirato a te?
Tanto gentile e tanto onesta pare, di Dante.

10. Chi l'avrebbe mai detto! Eppure ho...
Aperto un blog!

11. Se potessi scegliere un superpotere, che dono vorresti avere?
L'immortalità! Se po fa?! :)


11 cose che non sapete di me:

1. Sono testarda. Io vinco. Se non vinco pareggio. Un mulo sardo non ha la mia stessa tenacia. Modestamente.

2. Amo viaggiare. Nelle mie vene scorre sangue da gitana. Più il viaggio è "all'arrembaggio" più mi sento viva.

3. Divoro libri. Sono una droga. E vengo colta da un momentaneo senso di abbandono quando ne finisco uno.

4. Amo la fotografia. Niente mi emoziona di più di una bella immagine.

5. Sono dipendente dalla Nutella come il Dott. House dal Vicodin.

6. Amo definirmi "oculata nelle spese" o "parsimoniosa" ma tutti mi danno, semplicemente, della tirchia. Riesco a soddisfare la mia fame di shopping con pochi euri.

7. Sono l'anti-sport. Venti minuti di cyclette è il massimo che riesco a sopportare. Odio sentirmi sudata e odio avere il fiatone.

8. Sono un ghiro. Toglietemi tutto ma non le mie 8h di sonno nei giorni feriali e le 10 nel w.e.

9. Ho studiato musica per 5 anni. Amo la musica classica. E amo il mio ex strumento, il flauto traverso.

10. Mi piacciono le persone timide ma mi innamoro dei buffoni di corte. L'uomo perfetto deve farmi ridere.

11. Sono ipocondriaca. Un doloretto diventa un drammone. Ricorro spesso ai camici bianchi ma guai a fidarmi di loro.

Ed ecco a voi le mie questions (sì, alcune le riciclo):
1. Perché hai dato questo titolo/nome al tuo blog?
2. Perché hai deciso di aprire un blog?
3. Il vizio a cui non potresti rinunciare?
4. Un tuo pregio e un tuo difetto
5. Hai un sogno/incubo ricorrente? Quale?
6. La cosa che temi di più?
7. Quale personaggio storico vorresti riportare in vita?
8. Devi scegliere un posto dove vivere fuori dall'Italia. Dove vai?
9. A che età la tua prima volta? Lo rifaresti con la stessa persona?
10. Il tuo libro preferito?
11. Chi l'avrebbe mai detto! Eppure ho...

E i nominati:

kermitilrospo
Lilyum
Courtney
Berry
Patalice
Bri
Zio Scriba
George
Un Passante
Raffaella
Giorgia

mercoledì 6 febbraio 2013

Droghe

Visto che questa mattina, prima di venire a lavoro, avevo questo interessantissimo programmino:

farmi svenare, again, dal mio medico di base

ieri sera, prima di tornare a casa, per premiarmi e incoraggiarmi ho pensato bene di fermarmi nel più vicino centro commerciale con l'intento di acquistare quel paio di stivali marroncini, scamosciati, mezzo tacco che sarebbero stati davvero bene con il maglione-vestito blu regalatomi dall'Umile Servo per il mio compleanno.

Questa mattina, in sala d'attesa, Mina lascia scivolare il suo sguardo sui miei regali piedini.
Mina: "Hai comprato un altro paio di scarpe?"
Princess: "Gli stivali sono scarpe?"
Mina: "Lo sono e sono nuovi"
Princess:  "Dovevo trovare il coraggio per il prelievo di stamattina"
Mina: "E quelle decoltè nere e rosse che hai comprato la scorsa settimana?"
Princess: "Il giorno dopo avevo un pranzo da mia suocera"
Mina: "E le francesine grigie lucide?"
Princess: "Dovevo far schiattare d'invidia quella collega che si crede fashion e invece va in giro vestita da Mago Zurlì"
Mina: "Stai prendendo una brutta piega, secondo me"
Princess: "Assoluttamente no"
Mina: "Invece sì"
Princess: "Ho detto no. IO SMETTO QUANDO VOGLIO"

martedì 5 febbraio 2013

Ode al silenzio. Mancato.

A sei anni mentre aspettavo il mio turno dal dentista vidi una mia coetanea che chiacchierava con i pesci del grande acquario all'angolo della sala d'aspetto. Scesi dalla poltroncina, la raggiunsi, picchiettai con la mia regale manina la sua spalluccia e quando lei, incuriosita, si voltò io le dissi:
"guarda che i pesci non parlano"
per poi tornarmene, con estrema disinvoltura, a sedere vicino a Mina.

A 9 anni decisi di vendicarmi di quella che ritenevo essere un'atroce ingiustizia compiuta nei miei riguardi rivelando alla mia cuginetta cinquenne la vera identità di Babbo Natale, ovvero nostro zio. Avevo appreso che i miei le avevano regalato la Nouvelle Cuisine dopo averla negata alla sottoscritta perché "ma tesoro, quella è per bambine piccole". E non ero piccola io a NOVE anni?! Perdindirindina!

A 12 anni la Sister G. ebbe il suo primo ciclo. La sua Mina le regalò un completino di pizzo verde acqua. Taglia terza. Lei aveva una retromarcia. "Mi cresceranno!" disse speranzosa mostrandomi il presente ancora mezzo incartato. "Non credo. Hai avuto il ciclo. Fine dei giochi. Secondo me ti restano così". Mai profezia fu più nefasta e... azzeccata. Mi odia ancora per quella frase.

A 18 anni la Sister O. mi venne ad aprire la porta di casa sua in mutande e con l'aria afflitta disse "sono ingrassata". "Ma dai - cercai di consolarla io - saranno al massimo tre kg". "Veramente è solo un kg e mezzo". "Libbre! Intendevo libbre!".

Ieri era il compleanno dell'ex collega V. Ed io ero proprio convinta di aver letto su Fb il suo anno di nascita. "Auguri V.! Dai che gli anta non sono poi tanto male. Sei ancora Ciovane!". "Sono Ciovane perché ne faccio 38".

E' ora che io faccia outing. Ho delle serie, serissime, insormontabili difficoltà nel comprendere quando è il momento di tenere la bocca chiusa.

Aiutatemi.

venerdì 1 febbraio 2013

Quel che resta

Iniziamolo bene sto mese va. Parliamo di una cosa allegra. Morire.
Va bene, potete grattarvi. Con grazia please! Che qui siamo a casa di una Princess mica de no scaricatore de Porto de Oxtia, santocielo.

Io e le Sisters siamo state ad un funerale. La Mina di un nostro carissimo amico è venuta a mancare. All'improvviso. E siccome in queste occasioni ognuno si sente libero di testamentare io e Sister G. ci siamo dovute subire i vaneggiamenti della Sister O., quelli che ripete stile mantra terapeutico in ogni simile, triste circostanza. Nel caso in cui dovesse essere accolta nella gloria dei cieli prima di noi, io e G. abbiamo il compito di organizzare il suo funerale e farla cremare. Fino a qui nulla di trascendentale. Il problema si è posto quando ha inizato a blaterare sul dove ubicare o, meglio, sparegere i suoi amabili resti.

Sister O: "voglio che gettiate le mie ceneri nella piscina di acqua sulfurea dove andiamo a fare il bagno d'estate"
Princess: "che schifo. Io dovrei fare il bagno tra le tue ceneri? E' antigienico"
Sister G: "ti immagini scene tipo 'Princess hai un pezzo di O. appicciato su una chiappa!'"
Sister O: "allora buttatemi nell'Aniene"
Princess: "pasto per i pesci!"
Sister G: "non ti facevano senso i pesci?"
Sister O: "mi fanno schifo i pesci. Non voglio essere mangime per i pesci. Accidenti. Allora smezzatevele, le mie ceneri, e mettetevele, che so, in un anello, in un'ampollina, in un ciondolo"
Princess: "Ok, siamo come sorelle noi 3 ma non me la sento di metterti in un anello e usare quella mano, che so, per farmi il bidet. Sarebbe irrispettoso"
Sister G: "per non parlare del lato porno della cosa quando facciamo all'ammore con qualche ganzo"
Sister O: "siete persone perverse. Insane. E difficili".

Alla fine abbiamo mediato su un terreno di campagna, sotto un ciliegio.
Che vi devo dire, ognuno ha i suoi personali metodi per esorcizzare la paura della morte. Il nostro è questo. Sdrammatizzare, ridere, sminuire.
Siamo persone perverse, insane e difficili.
Troviamo ossigeno così quando annaspiamo di fronte all'ennesima, brutale perdita.