Ho appena terminato questo libro e ho preso coscienza di una cosa: da adesso in poi il mio modo di scrivere, interagire, approcciarmi agli altri e anche alla lingua non sarà più come quello di prima. Sarà diverso: probabilmente meno supponente e meno "rigido".
Vera Gheno è una sociolinguista specializzata in comunicazione digitale che per vent'anni ha collaborato con l'Accademia della Crusca, e ha scritto questo libro in cui, fondamentalmente, suggerisce alcuni metodi per utilizzare al meglio le parole e il linguaggio sui social media ma anche nella vita reale. Non per diventare più bravi, per riuscire a produrre migliori performance, ma per migliorare il proprio modo di comunicare e, di riflesso, migliorare la propria vita. Perché oggi, che viviamo nell'era dell'antropocene e della comunicazione, saper comunicare bene utilizzando il dubbio, la riflessione e il silenzio - anche il silenzio è una forma di comunicazione - migliora la qualità della vita.
Molte cose mi hanno colpito, in questo libro, e mi hanno fatto comprendere tutta una serie di errori che fino ad oggi non mi ero reso conto di commettere.
Un concetto molto interessante riguarda gli approcci che teniamo nei confronti della presunta stupidità altrui (mai la nostra). Scrive a questo proposito l'autrice: "Vedo troppe persone gonfie di sapienza, ricolme di nozioni come granai, che invece di pensare a come perpetuare ciò che sanno si arroccano nelle loro torri d'avorio, disprezzando la ggènte che è stupida. E lo stesso discorso - quello della gente stupida, e quindi dell'inevitabilità di un certo grado di paternalismo in ambito politico - l'ho sentito fare tante volte anche a persone che, per orientamento politico, dovrebbero essere interessate alla sorte degli ultimi, e non considerarli un peso, un impiccio. La gente è stupida? Chi lo dice, stranamente, non fa mai parte dell'entità indistinta così definita. Per quanto mi riguarda, è sbagliato trattare le persone da stupide; casomai, occorrerebbe chiedersi se a tutte le persone - non una di meno, per richiamare le parole di Tullio De Mauro - viene data uguale possibilità di evolversi e di far evolvere il proprio pensiero (e di conseguenza lavorare perché venga loro data)."
Questo concetto mi ha fatto venire in mente ciò che scrisse tempo fa Roberta Covelli commentando l'articolo della Costituzione che recita: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana [...]" La Covelli rimarcava il fatto che la summenzionata "Repubblica" non è un misterioso ente astratto o metafisico che si trova da qualche parte nell'etere, ma siamo noi. Tutti noi comunità. E quegli ostacoli che impediscono a tutti di svilupparsi pienamente siamo noi a doverli rimuovere. Un concetto abbastanza scomodo, se ci si pensa, specialmente in rete, dove allo stupido si usa buttare addosso il crucifige piuttosto che chiedersi perché, eventualmente, sia stupido e quanta parte della stessa stupidità alberghi in noi.
Altro capitolo molto interessante e condivisibile è quello in cui l'autrice critica ferocemente i cosiddetti "grammarnazi", ossia coloro che correggono ossessivamente gli errori linguistici (degli altri) nel linguaggio formale e in rete. Certo, cose come "qual'e" sono errori da 4, non si discute, ma i continui cambiamenti e il modificarsi della lingua potrebbero un giorno portare a considerarlo accettato. Dino Buzzati e Italo Calvino scrivevano "ciliege" e "valige", ad esempio, e ai loro tempi (gli anni Sessanta, non due secoli fa) era corretto mentre oggi non lo è più. E i casi che si potrebbero citare sono tantissimi. Questo succede perché la lingua non è qualcosa di granitico e immutabile ma cambia continuamente col passare del tempo. "Per l'esattezza, ogni lingua sana cambia al mutare della realtà che deve rispecchiare. Dunque, è naturale che la lingua di oggi, il giorno in cui qualcuno legge queste righe, sia diversa dal giorno in cui queste righe le ho scritte, ma magari anche da quella di una settimana fa. [...] Quando ci si irrigidisce sulla norma e ci si abbarbica alle regole, quale sarà l'atteggiamento nei confronti delle novità e di ciò che non si conosce? Non ci vuole molto a immaginarlo: fastidio e repulsa. La mancanza di elasticità porta a un istintivo misoneismo, ossia odio per tutto ciò che è nuovo, inedito, visto come qualcosa che mette in crisi lo status quo. Più in generale, chi è rigido è xenofobo, che etimologicamente non vuol dire 'razzista', ma 'che ha in odio tutto ciò che è straniero, alieno'. [...] I grammarnazi, in ogni caso, non sono mai davvero competenti. Di solito, sono persone che a scuola erano pure bravine, ma che poi, per vari motivi, si sono fossilizzate su quelle posizioni senza evolversi ulteriormente. Il che, in un contesto fluido e per definizione soggetto al cambiamento continuo come quello delle lingue vive, può diventare davvero un problema. E allora, quando si ha la sensazione di cominciare a essere fuori sincrono rispetto al presente, ci si rifugia, impauriti, nella certezza delle regole note, schifando ogni possibile cambiamento, ogni devianza." Insomma, la lingua cambia, le parole mutano, diventano polisemiche, cambiano morfologia, ne nascono di nuove, altre diventano desuete, poi inutilizzate e infine tolte dai vocabolari, per poi magari rientrarci successivamente. È normale che sia così, guai se non fosse così, perché la lingua è viva e in movimento.
Chiudo riproponendo i dieci suggerimenti che l'autrice pubblica come riassunto finale del libro, un libro che consiglio caldamente a chiunque, a vario titolo, si interessi di comunicazione, magari perché gestisce un blog o un sito, o anche solo perché ha un account su qualche social. Che poi, in definitiva, sono suggerimenti che hanno una loro utilità anche nelle normali relazioni fuori dalla rete.
A me questo libro è servito un sacco.
- Riconosci e pattuglia i limiti della tua conoscenza. Stana stereotipi e automatismi linguistici. Resisti all'istintiva xenofobia umana.
- Poniti dubbi su quello che leggi e senti; chiediti se qualcuno sta provando a manipolarti. Se qualcosa ti infastidisce, chiediti perché.
- Pratica l'aikidō della comunicazione: non rispondere a violenza verbale con violenza verbale, non schernire chi sa meno di te o chi sbaglia, ignora l'aggressività e rimani sulla questione.
- Costruisci la tua reputazione in un certo ambito: non c'è bisogno, e non è possibile, sapere tutto. Anche il più esperto lo è in un determinato campo.
- Pratica l'autoironia, ma non difenderti mai dicendo che eri ironicə.
- Sii capace di riconoscere il tuo errore.
- Se non capisci, di' che non hai capito; se non lo sai, di' che non lo sai.
- Ricordati che sei sempre in pubblico: i nostri spazi privati sono più ristretti di quanto pensiamo e vanno difesi curando bene la "faccia pubblica".
- Non smettere mai di studiare e approfondire; la conoscenza non è mai abbastanza. Trova una dieta mediatica varia ed equilibrata. Coltiva la curiosità.
- Quando serve, scegli il silenzio.