Risorgimento

Come abbiamo visto citando Marx, ciò che è dato per un paese è dato per il mondo intero, è solo una questione di tempi. Va da sé che bisogna tener conto del grado di sviluppo di una società per spiegare analogie e differenze. Essendo l'Italia il più antico paese capitalistico, la sua borghesia era già decrepita quando riuscì finalmente a contrastare le forze internazionali che impedivano l'unificazione nazionale. Quest'ultima non era ancora completata che già si manifestavano in pieno le peculiarità di questa classe dominante trafficona, corrotta, politicantesca e completamente succuba del capitale. Tenendo conto del ripetersi storico da tragedia in farsa, questo retaggio storico è ben rappresentato dal quindicennio del partito berlusconiano con i suoi presunti nemici, in realtà simbiotici rappresentanti di un governo unico del capitale. Specie fuori d'Italia, sembra che sia difficile capire la genesi di questo fenomeno sociale. I commenti sono per lo più improntati a stupore che possa accadere. Eppure non solo accade, ma si generalizza, dato che non si contano i casi di governi che, in modo più o meno sbracato o clownesco, si dimostrano stupidi strumenti del capitale. Devono essere stupidi per svolgere la loro funzione.

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Il saggio descrive i rapporti di Giuseppe Mazzini con la massoneria e analizza poi l'uso pubblico che la massoneria fece di Mazzini dopo la sua morte (1872) e il contributo che essa dette alla costruzione del suo mito e alla diffusione delle sue idee politiche.

Giulia Iannuzzi Cantoni il volontario. Garibaldi romanziere e i generi popolari in La letteratura degli Italiani. Rotte confini passaggi, Associazione degli Italianisti, XIV congresso nazionale, Genova, 15-18 settembre 2010. A cura di Alberto Beniscelli, Quinto Marini, Luigi Surdich, Diras, Genova, 2012, consultabile all'indirizzo <http://www.diras.unige.it/Adi%202010/Iannuzzi %20Giulia.pdf>. Garibaldi fu autore, oltre che delle proprie memorie, di discorsi, di liriche, di epistole e di quattro romanzi -in ordine di composizione: Clelia o il governo dei preti, Cantoni il volontario, I Mille e Manlio. Tra i primi tre corre un filo comune fornito dall'ambientazione in un passato recente, mentre il quarto proietta le vicende nel futuro e si distingue per l'appartenenza spiccata a un genere avventuroso. Della trilogia scegliamo per un'analisi puntuale Cantoni il volontario, composto senza rilevanti interruzioni tra '68 e '69, per la posizione mediana che occupa tra gli altri due anche relativamente alle scelte tematiche. Tra Clelia, completamente dedicato a un intreccio e a personaggi d'invenzione, e I Mille, in cui invece prevarrà definitivamente la cronaca personale di fatti storici, Cantoni presenta infatti una peculiare mescolanza dei due aspetti -invenzione letteraria e cronaca, oltre che una certa maturazione dell'autore rispetto alla prima prova, individuabile principalmente in un numero di personaggi e vicende inferiore e in una struttura compiuta più compatta e leggibile.

La rivista "Venetica" propone un appropriato approfondimento sui Congressi italiani degli scienziati (1839-1847) ospitati nel Veneto asburgico (Padova 1842 e Venezia 1847) in un'ottica non localistica ma di localizzazione degli svolgimenti di un'istituzione "anomala" di una nascente comunità scientifica trasversale ai vari Stati preunitari.

L'articolo delinea la consistenza  orignaria del legato di Giuseppe Zanardelli  (primo ministro del Regno d'Italia dal 1901 al 1903) ai Musei civici di Brescia, mediante l'inventario redatto poco dopo la sua scomparsa.  Oltre al notevole busto marmoreo di Ettore Ximenes, sono da segnalare le serie delle fotografie e le preziose onorificenze conferitegli da numerosi stati non solo europei.

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This article draws a parallel between Ippolito Nievo’s Pisana in Le confessioni d’un italiano (1867) and Modesta, the protagonist of Goliarda Sapienza’s L’arte della gioia (1998). It argues that, in the characterisation of these two exceptional figures, female heroism emerges as a radical rebellion against the role imposed on women by nationalist discourses of their time. Both Modesta and Pisana stand as rebellious heroines, fundamentally different from the traditional angelic/seductress dyad as well as from the position of victims. They unsettle sanctioned patterns of morality and social roles, calling into question the values that inform women’s sense of national belonging. This article also points out a significant difference between the two novels; while Nievo, like most critics, condemns Pisana’s ‘selfish’ behaviour and ultimately involves her in the ideal of national identity, Sapienza never questions the rebelliousness of Modesta, who, unlike Pisana, is finally entrusted with the narration of her own story.

1. I luoghi del Risorgimento, storia e memoria dell'Italia unita Alla storia del processo di unificazione italiana appartengono alcuni spazi che possono essere chiamati in senso proprio luoghi risorgimentali della memoria nazionale. Sono quelli in cui si sono consumati gli eventi e le battaglie poi entrati a pieno titolo nella narrazione pubblica attraverso la scuola e le poesie patriottiche, l'odonomastica, i monumenti, la pittura, le pubblicazioni ad uso edificante: Goito, Pastrengo, Curtatone e Montanara, Magenta, Solferino, San Martino, Calatafimi e così via. Nel caso delle più celebri insurrezioni popolari, specialmente quelle del 1848-49, il nesso spazio-tempo si fa dominante. Le Cinque giornate di Milano, l'8 agosto a Bologna, le Dieci giornate di Brescia sono gli esempi più conosciuti, unitamente alle vicende delle repubbliche di Venezia e di Roma. Ma l'elenco sarebbe lungo: Padova ricorda l'8 febbraio 1848, Vicenza il 10 giugno 1848, Palermo il 4 e il 29 aprile 1860, Perugia il 20 giugno 1859, Firenze il 27 aprile 1859. Ciò che va rimarcato è il peso ragguardevole, spesso preponderante, che la declinazione locale della rappresentazione memoriale assume in rapporto al discorso nazionale. È una via che viene a lungo percorsa per integrare la piccola patria all'interno di quella più ampia che la contiene, in una relazione che punta alla reciproca valorizzazione. Se dalla dislocazione territoriale dei luoghi si passa alla loro funzione nel campo delle rappresentazioni e delle pratiche simboliche, si entra nel versante più specifico della dimensione memoriale resa celebre dalla fortunata operazione avviata da Pierre Nora in Francia e rilanciata altrove con le varianti e le sensibilità storiografiche proprie di ogni contesto nazionale 1. Ai luoghi della memoria risorgimentale è affidato il compito di cristallizzare il ricordo degli eventi e di consacrarli alla religione della patria con le modalità più varie. Monumenti, ossari, targhe e lapidi, musei, rituali festivi e commemorazioni: la complessa stratificazione dello spazio urbano e del suo arredo diventa parte costitutiva di un progetto di racconto e di messa in scena del passato in cui si misurano rappresentazioni di potere, gerarchie, linguaggi innovativi della politica. Condensando nel loro dispositivo simbolico effetti rievocativi e capacità di seduzione rispetto alla costruzione della memoria collettiva, i luoghi della memoria incarnano una pronunciata vena pedagogico-patriottica. Essi perfezionano e veicolano quella sorta di «corso silenzioso d'etica per il popolo» che nel corso della Rivoluzione francese i giacobini hanno lucidamente affidato alla riorganizzazione dello spazio urbano, elevato a palinsesto simbolico intorno al quale far gravitare attese di vario tipo 2. Non sorprende che tale ampiezza di significati inneschi prolungati conflitti, dentro i quali si esprimono visioni antagonistiche del passato e delle sue proiezioni nel presente 3. In questo ricco e poliedrico panorama, alcuni luoghi hanno mostrato nel tempo una tenuta maggiore di altri. Sono quelli legati ai personaggi più celebri, Garibaldi e Mazzini su tutti, che 1 Les lieux de mémoire, sous la direction de P. Nora, 7 voll, Paris, Gallimard, 1984-1992. Per l'Italia I luoghi della memoria, a cura di M. Isnenghi, 3 voll.

Con la legge dell’8 dicembre 1816, resa nota in Sicilia la vigilia di Natale, Ferdinando I diede vita al Regno delle Due Sicilie. Il nuovo re, in precedenza Ferdinando IV di Napoli e Ferdinando III di Sicilia, pubblicò immediatamente una nuova legge – la n.567 – che confermava ai «carissimi Siciliani» i privilegi goduti previa osservanza delle istituzioni politiche che avrebbero formato il diritto pubblico del regno.
Al tempo, in Sicilia, vi era una opposizione strisciante incapace, però, di sfociare in un’aperta rivolta.
Per circa dieci anni - dal 1838 sino alla rivoluzione del ’48 - si susseguirono decreti a favore dell’isola, quasi a voler compensare la dura reazione borbonica e la perdita di qualsiasi parvenza d’autonomia.
Nel 1847, tramite decreto del 13 agosto, venne ridotta ulteriormente la tassa sul macino e il dazio sui vini siciliani sia all’interno dell’isola sia per l’esportazione a Napoli, uguali misure vennero adottate riguardo l’estrazione degli zolfi. A questi provvedimenti generali fecero seguito particolari attenzioni verso alcune città come Messina - fedelissima -, Siracusa e Augusta, nel 1838 venne elevata a Università l’Accademia Carolina con l’istituzione delle facoltà di Giurisprudenza, Filosofia, Scienze matematiche, Teologia e Letteratura, riabilitando così Messina quale maggiore organo di cultura, soppresso dalla Spagna nel Seicento.
La primavera arrivò presto in Europa, il 1848 si aprì con i moti rivoluzionari borghesi che sconvolsero il continente, scopo delle sommosse fu abbattere i governi della “restaurazione”. La prima agitazione si ebbe in Italia, la rivoluzione siciliana esplose nel gennaio di quell’anno e rappresentò l’inizio della serie di rivolte tese a sovvertire l’ordine stabilito a Vienna. L’insurrezione siciliana portò, in un primo tempo, i Borboni a concedere una Costituzione all’isola e successivamente a proclamarne l’indipendenza, tenuta fino al maggio 1849. La linea borbonica fu intrapresa da Carlo Alberto di Savoia, da papa Pio IX e da Leopoldo II, i quali concessero una Costituzione, ancora prima che scoppiasse la guerra a Parigi.
La rivoluzione siciliana si inserisce nel solco di queste contraddizioni sociali, politiche e culturali e il suo precoce inizio (12 gennaio 1848) la rende la prima rivolta dei moti europei, in realtà ultima di quattro grandi rivolte che ebbero luogo in Sicilia tra il 1800 e il 1849 contro i Borbone di Napoli. Organizzata a Palermo fu appoggiata e sostenuta da Francia e Inghilterra, sotto la guida di Rosolino Pilo e Giuseppe La Masa.
Messina e Palermo furono le città che più coinvolte, luogo di feroci combattimenti. L’assedio di Messina durò nove mesi, un interminabile sequenza di azioni militari e scontri di diversa portata, episodio clou dell’intera rivoluzione, che si concluse con un bombardamento indiscriminato e prolungato sulla città dello Stretto che susciterà stupore nell’opinione pubblica europea e statunitense.
Illustratori, romanzieri, critici, storici, hanno scritto e scriveran largamente, con documenti, invenzioni, bile, o verità, i fasti e le rovine dell’eroica e sventurata Messina nella straordinaria rivoluzione del 1848.
Così scriveva uno dei capi della rivoluzione siciliana Ignazio Calona, nel 1851 in Cenni storici e militari sulla rivoluzione e caduta di Messina del 1848 dove vengono riportati i fatti principali, le operazioni militari più salienti e gli ordini di esecuzioni che ferirono la società siciliana e messinese.
L’aspetto - forse - tra i più interessanti è il riemergere di una città che non vi è più, una società, un paesaggio e un patrimonio architettonico che Messina vedrà poi sgretolarsi definitivamente durante il terremoto del 1908. Una città un tempo capitale del Mediterraneo, snodo fondamentale dei traffici commerciali dal Medio Oriente all’Europa, che assapora l’amara sentenza di un destino che le cambierà per sempre i connotati.
L’obiettivo del saggio è proprio quello di marcare le differenze storiche, politiche, sociali e architettoniche (con studio approfondito di piante e monumenti pre-rivoluzione e post) nel corso del segmento rivoluzionario che coinvolse la Sicilia e la città di Messina.
La corposa ricerca in archivio arricchisce di documenti inediti il lavoro.

Introdotto il principale protagonista e punto di riferimento di questo carteggio (il patriota roveretano Fortunato Zeni, cultore delle scienze naturali, dell'archeologia, della storia del Trentino e della sua città) il saggio si sofferma su un gruppo di internati politici trentini in Moravia e in Boemia dal giugno 1860 all'agosto 1861 e soprattutto sulle lettere che si scambiavano, un documento culturale di notevole suggestione.

Diciamolo subito, senza alcuna esitazione: Naples and Napoleon è un libro importante, caratterizzato da tesi forti e divisive che hanno suscitato accesi dibatti storiografici negli ultimi anni e sono destinate a far discutere per molto tempo ancora 1 . John Davis riesamina il punto di vista attraverso il quale si guarda alla storia italiana Sette-Ottocentesca, incentrato su manichee polarizzazioni fra modernità settentrionale e arretratezza meridionale, e ridimensiona fortemente l'immagine di un Mezzogiorno immobile e ancorato alla tradizione. Pur assegnando un ruolo centrale alle dinamiche economiche e produttive, l'autore cerca di offrire una complessa visione d'insieme, capace di fondere i temi della storia sociale, politica, militare, la storia delle idee, quella culturale e quella religiosa. Negli ultimi anni, anche in virtù delle celebrazioni del bicentenario del "decennio francese", l'attenzione degli studiosi si è soffermata sulle spinte riformiste che hanno caratterizzato l'epoca napoleonica 2 . Si è posto l'accento sulle novità introdotte in quegli anni crucialil'abolizione del sistema feudale, la costruzione di un apparato amministrativo centrale e periferico, la ristrutturazione del sistema fiscale, la ridefinizione del ruolo del clero, dei linguaggi religiosi, dei saperi scientifici, della vita intellettuale, delle attività artistiche -ma si sono troppo spesso sottovalutate le continuità con il secolo precedente, già segnato da trasformazioni importanti, ben individuate dagli storici. Gli studi sulla nobiltà e sui patriziati italiani del XVIII secolo hanno, infatti, messo in evidenza nuovi atteggiamenti culturali, la propensione verso l'uso di nuovi strumenti di partecipazione politica, la ricerca di un consolidamento del prestigio sociale attraverso lo sfruttamento di attività economiche e funzioni burocratiche, la valorizzazione delle tradizionali funzioni svolte nelle milizie 3 . La storia militare, dal canto suo, ha dato un contributo importante mostrando «tutto il rilievo del rafforzamento e della professionalizzazione degli eserciti nella vita degli Stati […], sul piano sociale come su quello politico e culturale, per le sue strette connessioni con amministrazione e fiscalità, processi di ridefinizione delle nobiltà tra onore, mestiere e sapere, con gli sviluppi scientifici e tecnologici» 4 . Altrettanto importanti sono state le suggestioni provenienti dalle ricerche sulla sociabilità culturale, sull'opinione pubblica, sull'editoria e gli scambi librari. Si è arrivati a considerare in maniera autonoma -in particolare grazie ai lavori di studiosi come Daniel Roche, Roger Chartier, Robert Darnton -gli strumenti di circolazione delle idee, come i carteggi, le gazzette, i libelli e i fogli volanti. Il rapporto fra intellettuali e potere, che in passato aveva occupato un ruolo centrale negli studi sull'Illuminismo italiano, ha ceduto il posto «a una meno anacronistica considerazione della figura sociale del letterato e delle sue trasformazioni, e dei processi di 1 Fra le numerosissime recensioni pubblicate negli ultimi anni da riviste specialistiche, mi pare opportuno segnalare quelle di M. Petrusewicz (Journal of Modern Italian Studies, 2008), T. Astarita (Catholic Historical Review, 2008), W. Daum (Rivista storica italiana, 2009). 2 Mi limito a segnalare -per le importanti indicazioni di metodo -il volume curato da S. Russo, All'ombra di Murat. Studi e ricerche sul decennio francese, Bari, Edipuglia, 2007; si vedano in particolar modo gli interventi di A. Spagnoletti (La storiografia meridionale sul Decennio tra Ottocento e Novecento, pp. 11-24), R. De Lorenzo (Riflessioni sul Decennio, pp. 2017-210) e il bilancio tracciato da A.M. Rao (Considerazioni conclusive: le nuove ricerche sul Decennio, pp. 211-224). 3 Per una trattazione più ampia dei nuovi orientamenti storiografici e per indicazioni bibliografiche dettagliate rimando ad A.M. Rao, Lumi Riforme Rivoluzione. Percorsi storiografici, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2011, pp. 3-48. 4 Ivi, pp. 16-17.

This Paper deals with the trial of the La Gala brothers and their band of brigands in 1864. It argues that contingent circumstances pertaining to the difficult process of Italian political unification made this trial the starting point for the criminalisation of Southern Italy and its people in the minds of Italian politicians, bureaucrats, scientists and ultimately, the public.

Please excuse the lack of some footnotes.

Contributing to ongoing debates on the ethical and transnational aspects of Victorian cosmopolitanism, the present article examines the response to the struggle for Italian Unification, better known as the Risorgimento, in the work of Anthony Trollope. The Italian question is a hidden presence in particular novels, and three of Trollope's short stories address it directly. A cross-section of these narratives reveals that Trollope tends to couch this subject in the form of two genres, comedy and naturalism. I would suggest that this peculiarity can be traced to Trollope's concern with liberal foreign policy as pursued by Lord Palmerston and William Ewert-Gladstone, and with the repercussions that their foreign policy had on claims for Irish independence.

This article explores counter-revolutionary brigandage in Southern Italy after 1860 (also known as Great Brigandage). Working from archival sources, the article offers a new interpretation of the interactions between the political, social and criminal aspects of the guerrilla war against the Risorgimento. Notwithstanding the plurality of the individual motives leading single actors to fight, it is argued that brigandage was an essentially political phenomenon and that the alliances between common bandits and loyalist forces were made possible only in the macro-political setting of the collapse of the Neapolitan monarchy, the difficulties facing Italian state-building, and the emergence of popular legitimist sympathies after 1860.

http://dx.doi.org/10.1080/1354571X.2017.1350019

Il saggio prende in esame le strategie adottate da Nievo nei suoi articoli del decennio di preparazione, ricchi di riferimenti politici che l'autore aveva la necessità di nascondere e criptare fra le "ciarle" di un discorso divagante per sfuggire alla censura austriaca, dovendo però allo stesso tempo richiamare l'attenzione del lettore sulla presenza, in quei passi, di un significato "altro".

1848, the year of the «revolution», has a key role in «Mastro-don Gesualdo», since the preparatory schemes. This essay analyses the influence that Pasquale Calvi’s «Memorie storiche e critiche della rivoluzione siciliana del 1848», one of the few books in Verga’s personal library that bears his personal annotations, has both on «Mastro-don Gesualdo» and one of the Verga’s minor short stories

Il nome di Baldovina Vestri non è noto oltre le mura di Siena, sua città natale. Questo testo si propone di restiturle il posto che le spetta tra le ‘sorelle d’Italia’ protagoniste della vicenda risorgimentale, illuminando anche il contesto familiare e sociale in cui maturò la sua adesione al garibaldinismo. A Baldovina, figlia di un maestro muratore democratico, esso offrì la spinta a compiere scelte trasgressive, come quella di lasciare la città nella quale nacque per seguire Garibaldi nella campagna dell’Agro romano (1867). Dagli anni Ottanta la Vestri si impegnò nella Pubblica Assistenza, mentre l’impegno sociale negli anni della Grande Guerra ne forgiò definitivamente il mito quale ‘santa laica’: Baldovina divenne l’icona di uno spirito patriottico capace di sopportare qualsiasi sacrificio per la patria, oggetto di un processo di monumentalizzazione destinato a perdurare e ulteriormente ossificarsi negli anni del Fascismo, occultando l’indipendenza e l’inquietudine che avevano caratterizzato, insieme al credo democratico e anticlericale, i suoi anni giovanili.

The name of Baldovina Vestri is not known beyond the boundaries of her native city, Siena. This paper aims to give back her effective role among the ‘sisters of Italy’ protagonists in the history of the Risorgimento. Our proposal is also to explore the social and family context in which she developed her adhesion to the political ideals of Garibaldi. In fact he gave to her, daughter of a democratic master mason, the thrust in order to make transgressive choices, like leaving home to follow him in the Rome campaign (1867). From the Eighties, Vestri hocked her in the Public Assistance, while the social appointment in the years of the Great War definitely forged the myth of her as ‘secular saint’. She became the icon of a quintessential patriotic spirit able to endure any sacrifice for the homeland. This image survived and became fixed forever under Fascism, but it hid the independence and restlessness, linked to her democratic and anticlerical trust, that qualified her early years.

Come si presentava nel 1860 la città di Pozzuoli, capoluogo di uno dei più importanti distretti della provincia di Napoli? Come reagirono i puteolani al crollo del Regno borbonico? Quale fu il clima politico nei comuni flegrei durante l'invasione piemontese e nei primi anni dell'Unità? Basandosi su documenti d'archivio in gran parte inediti, il saggio di Maurizio Erto tenta di rispondere a questi interrogativi attraverso l'analisi di alcuni aspetti e momenti salienti della storia risorgimentale flegrea: l'assedio garibaldino del Castello di Baia; la manipolazione dei risultati del plebiscito; le reazioni legittimiste e gli episodi di brigantaggio a Ischia, Procida, Pozzuoli, Soccavo e Pianura; la situazione carceraria nel bagno penale di Nisida; le vicende dei soldati garibaldini e borbonici originari dei Campi Flegrei; la posizione antiunitaria assunta dal clero locale.

Les commémorations du 150ème anniversaire de l’unité du pays ont suscité en Italie un regain d’intérêt pour l’histoire du Risorgimento national, ce long processus qui mena au cours du XIXème siècle à l’unification politique de toute la péninsule. Sans surprise, plutôt que les trois « guerres d’indépendance » qui permirent de libérer le pays de la présence et de la tutelle autrichienne, ce sont avant tout les conflits internes qui ont retenu l’attention. Dans le Midi notamment, l’épisode connu depuis les années 1860 sous le nom de « Grand Brigandage » a fait l’objet de nombreuses publications invitant toutes à réviser la terminologie jusqu’à présent majoritairement utilisée. Si les motivations prêtées aux rebelles méridionaux diffèrent encore selon les auteurs, l’expression « guerre civile » – à la fois actuelle et accusatrice – tend quant à elle à s’imposer depuis les années 1990, aussi bien chez les auteurs polémistes qui se revendiquent d’un révisionnisme historique que dans les travaux d’historiens universitaires. Reprenant ainsi la « bataille des mots » qui avait accompagné les événements dans les années 1860, la « guerre civile » se substitue aujourd’hui aux qualifications de « brigandage », « jacquerie », « banditisme social » ou « guerre sociale » utilisées par le passé. Sans chercher ici à évaluer la pertinence d’une définition en termes de « guerre civile » par un retour sur les événements en eux-mêmes, ce sont ces labellisations concurrentes et successives qui forment l’objet de cette  communication. Considérant que l’étude des manières contemporaines et postérieures de dire et de penser les événements est au moins aussi importante que l’étude des faits pour comprendre la nature de ces derniers, nous entendons proposer une manière d’étudier les logiques des labellisations, nous efforçant d’aller au-delà des interprétations stratégiques en termes de bataille des mots.

The present paper focuses on prince François Claude Auguste de Crouy-Chanel (1793-1873). In the balance between comedy and tragedy, he was one the most controversial figure of his time. Born in an aristocratic family, from 1823 to 1839, he was involved in a number of conspiracies: at first, he was a financial broker for the Spanish royalists, then he tried to persuade infante Francisco de Paula of Borbon to become emperor of Mexico, finally he plotted with Prince Napoleon III, ten years before his rising as president of the French Republic (1848).
Having obtained nothing, he decided to turn his back to France and to go to Italy in 1859. There he spent several years trying to be recognized as the last descendent of Arpad's dynasty, the ancient ruling family of Hungary. In 1865, he also brought an action against Francesco V, former duke of Modena, to obtain his hereditary titles. His arrival was a shock for the Hungarians exiled in Italy: their unity of purposes was irremediably broken, since not everyone welcomed the prince as his future ruler. Among the enthusiasts were Gyorgy Klapka and Albert Nyary, which were also freemasons. Freemasonry was, indeed, another field of action for the prince. Having the 33rd degree since 1818, he had a moral supremacy over the “young” Italian freemasons and for this reason was one of the founders of the Ancient and Accepted Scottish Rite based in Turin (1862). Close to Lodovico Frapolli, which would have been Grand Master of the Grand Orient of Italy in 1869, he was the first Sovereign Grand Commander until 1864.
After losing his action against Francesco V his fortune started rapidly to fade and soon was forced to come back to France where he died in poverty in 1873.

This paper examines the relationship between Florentine Catholicism and the national-patriotic ‘war culture’, which developed during the nineteenth century and prepared the ideological ground for the outbreak of World War I. The focus on a long-term period and, at the same time, on a limited geo-graphic context represents an original feature of the essay. This approach al-lows us to sketch the different stages of evolution of the national-Catholic discourse, detecting the elements of continuity and novelty in the represen-tation of three different kinds of war (the Risorgimento, the colonial and the total war). At the centre of the analysis will be the churchmen’s ‘words’ – sermons, epigraphs, prayers, especially related to the religious liturgies for the fallen soldiers – which gave plausibility to the violence against the en-emy and sacralised, in different ways depending on the political circum-stances, the sacrifice for Italy’s destiny.

1 Cfr. anche per ulteriori indicazioni bibliografiche Lucien JAUME, L'individu effacé ou le paradoxe du libéralisme français, Fayard, Parigi 1997; Aurelian CRAIUTU, Le centre introuvable. La pensée politique des doctrinaires sous la Restauration, Plon, Parigi 2006; Alan S. KAHAN, Aristocratic liberalism. The social and political thought of Jacob Burckhardt, John Stuart Mill and Alexis de Tocqueville, Transaction Publishers, New Brunswick-Londra 2001. 2 Cfr. le osservazioni di Edoardo TORTAROLO, L'invenzione della libertà di stampa. Censori e scrittori nel Settecento, Carocci, Roma 2011, pp. 13-14.

Prefazione.  I Neoplatonici: una lettura di genere tra storia e politica (M. De Leo)

Introduzione                       

Cap. I - Reticenze, fraintendimenti, forzature. La fondazione del discorso 
 
[Storia del testo. Rassegna critico-bibliografica; forzature e abbagli interpretativi; analisi di R. Cantarella, M. Gigante e S. Casi.  I nodi da sciogliere e gli obiettivi della ricerca. Il rimando alle 'Opere di Luciano voltate in italiano' inevitabile per la collocazione spazio-temporale e per i riferimenti tematici ed espressivi. Cantarella e Gigante vi legano la cronologia dell’opera indicando il 1858-59 (traduzione di Tucidide) e il 1854 (interpretazione di un passaggio epistolare)].

Cap. II - La traduzione delle Opere di Luciano

II. a – Cronologia e fonti
[Ricostruzione, attraverso l’epistolario, delle fasi della traduzione e dei testi adoperati. Impossibile appurare se nel 1854 Settembrini avesse già tradotto 'gli Amori', si dimostra comunque errata l’interpretazione di Gigante. La citazione di Tucidide segnalata da Cantarella non è valida perché già presente in un dialogo lucianeo; inoltre fino all'autunno del 1858 Sett. è occupato a scrivere il 'Discorso' introduttivo, per il quale utilizza come fonti E. Gibbon, C. Meiners e S. Centofanti.]
                       
II. b – L’amor dei garzoni nel 'Discorso intorno la vita e le opere di Luciano'   
[I cenni all’omosessualità frequenti nel corpus lucianeo inducono Sett. a interrogarsi, nel 'Discorso' che precede la traduzione, sull’omosessualità nel mondo antico: interpretata come ricerca del piacere, posta in relazione alla religione e alla filosofia, alla disponibilità degli schiavi e alla nudità nelle palestre. Ricerca dei riscontri testuali nella traduzione; figura ambivalente di Socrate; il rapporto con i ragazzi liberi. Il tentativo di una visione storicistica, sganciata dall’interpretazione religiosa, appare consapevole e singolare, soprattutto in rapporto al silenzio e/o al moralismo sette-ottocentesco, incluso quello degli antichisti e delle fonti consultate.]
                 
II. c – Le 5 opere oscene; gli Amori
[L’analisi di cinque testi che Sett. avrebbe voluto pubblicare a parte, evidenzia quali modelli di relazioni omosessuali avrà presenti il traduttore nel corso del suo lavoro. A livello del contenuto, al rapporto pederastico come modalità erotica libera e generalmente accettata, con la netta divisione dei ruoli fra l’amante (adulto-attivo) e l’amato (adolescente-passivo), si contrappone nel rapporto fra adulti la rappresentazione caricaturale dell’effeminatezza e lo scherno per il ruolo passivo. A livello espressivo, le parti oscene sono riferite sommariamente, con due eccezioni in cui gli atti vengono rappresentati. Analisi dei commenti del traduttore sulle cinque opere; sorprendente condanna degli 'Amori' pseudolucianei, in cui svolgono un ruolo non secondario l’aspetto estetico e la condanna della pederastia, che lascia sullo sfondo l’omosessualità fra adulti.]

II. d – La scelta purista  e il lessico osceno   
[A differenza di G. Gozzi, Sett. traduce Luciano integralmente, attuando rarissime e minimali forme di censura, due delle quali riguardano il rapporto coi fanciulli. Cenni sulle traduzioni novecentesche. A livello stilistico, Sett. sceglie di rendere l’atticismo di Luciano attraverso il lessico purista (allontanandosi dalla versione di G. Manzi) e l’innesto di echi della tradizione letteraria italiana anche per l’ambito osceno, che egli enfatizza rispetto all’originale. Rassegna dei termini legati ai personaggi omosessuali; ridotto l’impiego di 'pederasta', e sempre in funzione negativa, risemantizzazione del termine: il "fanciullaio".]
                           

Cap. III - La traduzione di Aristeo di Megara

III. a – Il racconto osceno sino a la metà 
[L’"Avvertenza del traduttore" evidenzia la contrapposizione fra l’arte antica e l’ipocrita arte moderna, si sofferma sugli amori maschili (tacendo di quelli eterosessuali) e suggerisce al lettore una chiave interpretativa. A differenza che in Luciano e in contrasto col moralismo del tempo, nulla viene lasciato all’immaginazione nei primi capitoli sui rapporti omo- ed etero-sessuali. Analisi del lessico osceno: analogia col 'Decameron' per lo sguardo ludico, ma anche per il linguaggio metaforico e per il procedimento che presiede alla creazione di nuove metafore; analisi di due prestiti decameroniani. Un lusus che fa ampio uso dell’ironia e dell’ammicco diretto e indiretto al lettore, e che tuttavia non autorizza una lettura in chiave anti-omosessuale.]
                                                                             
III. b – Una singolare fiaba di formazione 
[Il racconto scandito in tre blocchi che mostrano il percorso formativo dei protagonisti: dall’omosessualità all’eterosessualità alla bisessualità.
1-Riscrittura dell’amore platonico in chiave provocatoriamente sessuale; la relazione comincia quando di solito terminava, per l’amato, il rapporto pederastico; all’uguaglianza anagrafica si sovrappone la più innovativa reciprocità dei ruoli sessuali. Riprese testuali dal 'Fedro' e, soprattutto, dal 'Simposio', non mediate da Luciano. Il personaggio di Codro: esaltazione dell’amore omosessuale e misoginia; collegamento fra amore maschile e virtù guerriere.
2-La conoscenza della donna e il superamento della misoginia. Sperimentazione delle differenze fra diletto omo- ed etero-sessuale e riformulazione degli insegnamenti di Codro; ebbrezza e temperanza; la condivisione platonica della donna e la gelosia; in che senso Innide risana Doro dalla sua “malattia”.
3-Innamoramento-fidanzamento di Callicle e della fanciulla Psiche; episodio guerresco in difesa della patria: assente il rimando alla tirannide; mancanza di riferimenti storici e di motivazioni. Innamoramento-fidanzamento di Doro e Ioessa; forti differenze fra le figure delle due fanciulle; Psiche personaggio muto. Doppie, felici e feconde nozze; abbandono della condivisione della donna e ripresa degli antichi rapporti: approdo a una pacifica, “borghese” bisessualità.]             

III. c – Aristeo e Settembrini
[Dagli 'Amori' Sett. attinge (riformulandole) la visione misogina e la “lezione” dimostrativa di Codro, la rappresentazione dell’infanzia dei protagonisti, l’insofferenza all’ipocrisia, ma anche l’impianto generale che egli rende 'neo-platonico' sia attraverso gli stravolgimenti di cui al paragrafo precedente sia sostituendo al rapporto pederastico la relazione fra coetanei adulti. Se coi NPL Sett. ha inteso sopperire all’incapacità artistica degli 'Amori', egli riformula al tempo stesso lo statuto dei rapporti omosessuali trovato nel dialogo e in generale in Luciano. Ulteriore specificità: la conoscenza della donna attraverso la figura e il linguaggio di Innide, per i quali attinge ai 'Dialoghi delle cortigiane' e risponde criticamente a un passaggio degli 'Amori'. Due brani dalle 'Lezioni di letteratura italiana' forse riferiti ai NPL (e a Psiche). Un terzo brano cita 'Gli amori pastorali di Dafni e Cloe' da cui riprende l’impianto del romanzo di formazione, incrociandolo con le caratteristiche e le finalità delle 'fabulae milesiae'.
Nei NPL visione politica e religiosa (ma anche linguistica) congruenti con quelle dell’ultimo Sett.; così come i richiami testuali e lo sguardo ironico e provocatorio, che tuttavia non ripropone per la sua favola gli elementi parodici trovati in Luciano né il relativo lessico giudicante.] 
               
Appendice.  I Neoplatonici per Aristeo di Megara  [versione inedita]

Ringraziamenti

Bibliografia

Indice dei nomi
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Domenico Conoscenti, Ph. D. in Italianistica all'Università di Palermo, si è occupato di autori e opere della tradizione trecentesca connessi al tema dell'omosessualità. Come testi non accademici ha pubblicato il romanzo 'La stanza dei lumini rossi' (Il Palindromo 2015) e la raccolta di racconti 'Quando mi apparve amore' (Mesogea 2016).

L’articolo esplora la rete di relazioni politiche che si sviluppò intorno al democratico meridionale
Casimiro De Lieto, dai primi scambi epistolari  - nel 1833 - sino alle cospirazioni per la liberazione
del Mezzogiorno del 1854-56. Attraverso l’analisi della leadership di De Lieto, la circolazione di
idee, programmi e immagini fra questi e i corrispondenti e le  trasformazioni della rete, l’articolo
intende contribuire allo studio delle rivoluzioni del XIX secolo nel Mezzogiorno d’Italia da un
duplice punto di vista: le motivazioni soggettive alla base delle scelte politiche; il contributo delle
relazioni interindividuali e dei gruppi territoriali alle rivoluzioni. La ricerca attinge al fondo del
patriota custodito presso il Museo Centrale del Risorgimento (Roma).

"Correspondence and Political Networks. Casimiro De Lieto's Network Between Italian Mezzogiorno and Roman Republic"
The article investigates the political network of the democratic, Southern Italian patriot Casimiro
De Lieto, starting with from his early epistolary exchanges – in 1833- to the conspirancies for the
liberation of Mezzogiorno in 1854-56. By analisyng the leadership of De Lieto, the circulation of
ideas, programmes and images between him and his correspondents and changes in his network, the
article aims at offering a contribution to the study of the XIX revolutions in Southern Italy. This
research  is  utilizing  two  approaches:  the  subjective  motivation  for  political  choice;    the
interpersonal exchanges and territorial groups contributing to revolution. The investigation draws
upon De Lieto’s personal fond in the Central Museum of Risorgimento (Rome).

Adriano Prosperi's magisterial reconstruction of the life of Italian peasants in the 19th century is a pivotal work that enlightens the dark side of the Risorgimento, the world of peasants, 90% or little less of the Italian population, cut off from literacy, hence from mainstream political and intellectual world. How did they live? What was their prospect of life? Why they lived so miserably? In comparison to the previous century, where the old feudal gears of the Medieval system assured a certain social stability in the agricultural world, the nineteenth century saw the return of disasters such as famine, plague (in form of cholera), pellagra, as well as malaria, and war (the Napoleonic war, the first Italian civil war in the South from 1859 until 1870 at least). The bad centralistic administration of Italy, which treated on the same level and with the same laws different legal situations in the distribution of property ("mezzadria" in the North, "latifondo" in the South, at large), on top of the tragedy of diseases and famines, caused extermination, mass migration, devastations of the countryside.

"Alla domanda «perché il Sud è rimasto indietro?» sono state date risposte diverse, fra le più lontane l’una dall’altra. Una letteratura di lunga data pone l’accento sulle differenze fra i meridionali e il resto degli italiani, di tipo culturale o etico, quando non addirittura genetico: i meridionali finiscono sul banco degli imputati, senza grosse distinzioni fra loro. Un altro genere di risposte biasima la geografia avversa, oppure denuncia lo sfruttamento ad opera degli italiani del Nord: qui i meridionali vengono assolti, ma di nuovo senza distinzioni, al punto che perfino i misfatti di certe classi dirigenti appaiono ridimensionati.
Il libro ricostruisce i divari regionali sotto diversi aspetti (reddito, istruzione, sviluppo umano e civile) al momento dell’Unità, demolendo il mito che vorrebbe un Mezzogiorno allora paragonabile al Centro-Nord, e poi la loro evoluzione fino ai nostri giorni. Il cuore della trattazione sta in una terza risposta: la «miseria degli uomini», cioè la più alta disuguaglianza dei redditi e delle ricchezze, hanno fatto sì che al Sud prevalessero istituzioni estrattive, anziché inclusive come nel Centro-Nord. È stato questo il fattore che maggiormente ha frenato lo sviluppo del Mezzogiorno. La responsabilità ricade sulle classi dirigenti che quelle istituzioni hanno sorretto e incarnato; su quanti nel tempo si sono accaparrati benefici e risorse, avendo interesse a mantenere l’economia e la società involute in una «modernizzazione passiva».

Indice del volume. Introduzione. Capitolo I − Il divario all’Unità (1. Le precondizioni. 2. Il reddito. 3. Le condizioni di vita. 4. Povertà della natura e miseria degli uomini. 5. Perché nasce la mafia?). Capitolo II − La modernizzazione passiva: il divario dall’Unità a oggi (1. La modernizzazione. 2. L’industrializzazione attiva: il Centro-Nord. 3. L’industrializzazione passiva: il Mezzogiorno. 4. Istruzione. 5. Salute. 6. Lo sviluppo umano e civile. 7. Perché la mafia non è stata sconfitta?). Capitolo III − Perché il Sud è rimasto indietro (1. La razza maledetta. 2. L’etica. 3. La geografia. 4. Sfruttati, ma da chi? 5. L’uomo al centro della storia). Conclusioni""

Il presente lavoro ha svolto il ruolo di tesina per l'esame di maturità classica nel 2014 ed è stato successivamente pubblicato su Il pensiero mazziniano (anno LXX – numero 1. Gennaio-Aprile 2015), edito dalla Associazione Mazziniana Italiana o.n.l.u.s. – Editrice presso la Tipo-Litografia Fabbri s.nc. di Modigliana (FC). L'articolo contiene: una sintesi dei principi mazziniani, confrontati con il pensiero di Pier Paolo Pasolini; un'esposizione del socialismo mazziniano, che sottolinea gli aspetti, non sempre evidenziati, anti-capitalistici del pensiero di Mazzini; l'illustrazione dell'eredità mazziniana, in particolare nella Costituzione italiana; una discussione sull'attualità di Mazzini nell'epoca della globalizzazione.