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Controrisorgimento. Il movimento filoestense apuano e lunigianese

2009, Eclettica

Motivi della ricerca, fonti e breve quadro storico pag.5

A Ninni Fidelitati et Constantiae in Adversis Introduzione Motivi della ricerca, fonti e breve quadro storico pag.5 Capitolo primo La condizione dei vinti nel territorio apuano e lunigianese pag.22 1.1 Reati d’opinione pag.22 1.2 Il pericolo sanfedista e l’attività di spionaggio pag.34 1.3 Nessun diritto al lavoro per i filoestensi pag.46 1.4 Arresti sommari e negazione del diritto di voto pag.50 1.5 Affollamento nelle carceri pag.57 Capitolo secondo La resistenza filoestense pag.59 2.1 Ingiurie contro le Guardie Nazionali pag.59 2.2 Il movimento di resistenza filoestense pag.63 2 Capitolo terzo Volontariato militare ed emigrazione politica dei filoestensi pag.73 3.1 Volontariato militare e ricongiungimenti famigliari pag.79 3.2 I renitenti alla leva emigrano in Corsica pag.105 3.3 Si riparte pag.113 Conclusioni Risorgimento: unificazione nazionale, rivoluzione passiva o guerra civile? pag.116 Fonti e Bibliografia pag.129 3 4 INTRODUZIONE MOTIVI DELLA RICERCA, FONTI E BREVE QUADRO STORICO Ci sono eventi, in tutte le epoche, che la storiografia ufficiale trascura per lungo tempo perché difficilmente integrabili in una verità storica data per assodata. Tale atteggiamento si manifesta con forza ancora maggiore per quegli accadimenti che possono essere visti come messa in discussione dell’esistenza dello Stato o, comunque, ritenuti compromettenti e dannosi per l’identità nazionale. Studiare anche questi episodi storici costituisce, però, opera imprescindibile di ricerca e analisi storica ed anche mezzo di ricostruzione di una memoria oggettiva che divenga, poi, condivisa. Nella storiografia italiana l’interesse per la formazione dell’identità nazionale prende forte impeto dall’affermazione provocatoria di Renzo De Felice 1 che la sconfitta del fascismo 1 Cfr. Renzo De Felice, Rosso e Nero, Baldini & Castoldi 1996. 5 e la resa agli alleati dell’8 settembre 1943 possono essere considerati come la morte della nazione. Renzo De Felice, identificando il fascismo con la nazione, rigetta deliberatamente la tesi avanzata dai partiti nati dalla Resistenza di essere i rappresentanti della vera Italia. Ma chi può definire la vera Italia? La controversia prosegue con la pubblicazione di Claudio Pavone, Una guerra civile: saggio storico sulla moralità nella Resistenza 2 , che sostiene come la seconda guerra mondiale diventi in Italia, dopo il 1943, un conflitto tra italiani: una guerra civile. A partire da questa tematica prende spunto un dibattito storiografico incentrato sull’identità nazionale che riconsidera come le rappresentazioni del Risorgimento abbiano influenzato la formazione di tale identità. 3 Il rilievo del Risorgimento, sia dal punto di vista politico sia storiografico, rende questo breve periodo uno dei più contestati e controversi della storia contemporanea italiana: come i politici, dal 1861 in poi, si contendono l’eredità risorgimentale, così gli storici discutono sui fattori fondamentali del 2 Cfr. Claudio Pavone, Una guerra civile : saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Bollati Boringhieri, 1991. 6 cambiamento e della modernizzazione, concetto insito nello stesso termine risorgimento che, nel suo significato letterale di resurrezione, trova il suo riferimento in un idealizzato passato comune paragonato ad un presente mediocre. Il rimpianto per le glorie risorgimentali, spesso solo immaginate, caratterizza gran parte del dibattito politico dopo il 1860 e la stessa ricerca storica si volge conseguentemente ad indagare la presunta incapacità dell’Italia a risorgere e le peculiarità del suo percorso storico. Nel tentativo di rivalutare la mitologia dell’unificazione nazionale, sullo sfondo del collasso dell’Italia liberale, emergono due versioni in conflitto tra loro: l’una del filosofo idealista Benedetto Croce (1928) 4 e l’altra, divenuta di dominio pubblico nel 1949, dell’intellettuale marxista Antonio Gramsci 5 . Queste due contrapposte interpretazioni storiche 6 condividono la preoccupazione comune di spiegare l’evidente 3 Norma Bouchard, Risorgimento in Modern Italian Culture: Revisiting the Nineteenth-century Past in History, Narrative and Cinema, Fairleigh Dickinson Univ Press 2005, pagg.42-43. 4 Cfr. Benedetto Croce, Storia d'Italia dal 1871 al 1915, G. Laterza 1928. 5 Cfr. Antonio Gramsci. Quaderni del carcere, Einaudi 1975. 6 Vedi capitolo delle conclusioni. Risorgimento: unificazione nazionale, rivoluzione passiva o guerra civile? 7 fallimento dell’Italia liberale nel tener fede alle aspirazioni e alle aspettative del Risorgimento. 7 Assai interessante è, però, tornare alla problematica della formazione dell’identità nazionale sollevata da De Felice, liberando la ricerca storica dalla mitologia dell’unificazione nazionale e tentando di arricchire l’attività di ricerca e di riesame delle diverse storie italiane pre-unitarie. Se così facendo il Risorgimento potrebbe veder indebolita la sua unità tematica, ciò sarebbe però più che compensato dalla varietà di storie che emergono da una rilettura del processo di unificazione nazionale. 8 Lo scopo di questa ricerca è, pertanto, quello di far luce su un evento finora poco trattato a livello di storiografia: quello del fenomeno di opposizione al processo di unificazione nazionale verificatosi nel territorio rispondente alla attuale provincia di Massa Carrara. E’ il fenomeno anti-unitario apuano e lunigianese il centro di questo studio che è composto di una 7 Lucy Riall, Il Risorgimento. Storia e interpretazioni, Donzelli editore 1997, pagg. 35-37. 8 indispensabile analisi delle condizioni sociali che si verificano con la vittoria sabauda e delle conseguenze che essa determina per coloro che sostengono il precedente ordine politico. Uno sguardo particolarmente attento viene posto ad un fenomeno troppo a lungo trascurato: quello dei volontari apuani e lunigianesi che emigrano per arruolarsi volontari nelle truppe estensi. Sebbene in questo studio non vi sia alcun intento antirisorgimentale, nessuno dimentica infatti che nel giorno 20 novembre 1859 alle ore 14,30 si tiene a Massa una tombola pubblica con lo scopo di raccogliere offerte per l’acquisto “di un milione” di fucili per Garibaldi 9 e che parte del popolo apuano e lunigianese è effettivamente animata da sentimenti unitari 10 , ritengo tuttavia importante 8 mostrare, aldilà Norma Bouchard, Risorgimento in Modern Italian Culture: Revisiting the Nineteenth-century Past in History, Narrative and Cinema, Fairleigh Dickinson Univ Press 2005, pag.47. 9 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.5. 10 Si tratta del “febbrile agitarsi dei patrioti in tutta Toscana, iscritti o no che fossero alla Società Nazionale presieduta da Giorgio Pallavicini” e della “onda di volontari accorrenti là dove sventola la bandiera d’Italia”. Cfr. Giovanni Cecconi, Il 27 Aprile 1859. Seconda edizione con aggiunta di notizie finora non divulgate, R. Bemporad & Figlio Librai-Editori 1909, pagg. 13-14. 9 dell’insurrezione filo-piemontese 11 , che certamente vi sono rilevanti strati di popolazione che simpatizzano, parteggiano e decidono di mettere a repentaglio la propria vita in nome della Casa d’Asburgo-Este e di Sua Altezza Reale Francesco V 12 . Ciò che diventa rilevante è la ricostruzione del clima di repressione e persecuzione instaurato, durante e dopo la Seconda Guerra di Indipendenza, sul territorio apuano e lunigianese appena conquistato dalle nuove autorità di Vittorio 11 Era infatti previsto di provocare l’Austria a dichiarare guerra secondo la certezza del Cavour che, con le diverse difficoltà fatte sorgere, prima o poi sarebbe stata data la parola al cannone e “in mancanza di pretesti migliori, Garibaldi, d’accordo con Cavour e La Farina, avrebbe preso il comando di una banda insurrezionale, che per Massa e Carrara e la Garfagnana avrebbe dato fuoco alle polveri”. Cfr. Giovanni Cecconi, Il 27 Aprile 1859. Seconda edizione con aggiunta di notizie finora non divulgate, R. Bemporad & Figlio Librai-Editori 1909, pag. 49. 12 Francesco V d’Asburgo-Este (Modena 1 giugno 1819 – Vienna 20 novembre 1875) è il figlio maggiore del duca Francesco IV d’Este e della principessa Maria Beatrice di Savoia. Appartiene alla linea Asburgo-Este ed è l’ultimo regnante del Ducato di Modena e Reggio. Francesco sposa la principessa Adelgonda di Baviera il 30 marzo 1842 e con lei ha una figlia, la principessa Anna Beatrice, che muore all’età di un anno l’8 giugno 1849. Alla morte del padre, Francesco IV d’Este, il 21 gennaio 1846 Francesco diviene duca regnante di Modena, con anche i titoli di duca di Reggio e Mirandola, duca di Massa, principe di Carrara e Lunigiana. Membro della Casa d’Austria ed insieme sovrano istituzionalmente indipendente di un piccolo stato nel cuore dell’Italia è animato da un forte spirito sanfedista. Assertore del fatto che i fermenti unitari che agitano i vari stati italiani si possano risolvere mediante una loro confederazione capeggiata dall’Austria è “più odiato dalla storiografia ufficiale che non dai suoi sudditi”. Cfr. Giuseppe Orlandi (a cura di), Francesco V d’Austria-Este. Memorie di 10 Emanuele II nei confronti di coloro che parteggiano per il precedente ordine politico e come tale situazione sociale sia causa di esodi migratori e si leghi al fenomeno dei volontari nelle truppe estensi e austriache. Certamente degno di nota è, infatti, il fenomeno dei giovani volontari massesi, carraresi e lunigianesi che lasciano le proprie abitazioni e le proprie famiglie per recarsi a combattere nelle truppe estensi contro coloro che si battono, invece, per unificare l’Italia. Vi è poi il fenomeno migratorio che non riguarda soltanto i combattenti ma anche le donne e i bambini, all’interno dei ricongiungimenti famigliari, gli anziani e gli uomini che non emigrano come volontari, pur consapevoli della possibilità di essere chiamati a combattere, ma perché non si riconoscono nelle nuove autorità sabaude. Il fenomeno dell’emigrazione politica connessa al processo di unificazione è assai rilevante nel comprensorio apuo-lunense e si lega anche a quello degli espatri in Corsica dei renitenti alla leva, che fuggono da un obbligo ritenuto gravoso e/o da una autorità che disconoscono. quanto disposi, vidi e udii dall’11 giugno al 12 luglio 1859, con un saggio 11 Le principali fonti sulle quali poggia la presente ricerca sono quelle disponibili presso l’Archivio di Stato di Massa ed in particolare gli atti ed i documenti inerenti la Prefettura e l’Ispettorato di Pubblica Sicurezza. Queste fonti, redatte dalle nuove autorità sabaude che operano sul territorio apuo-lunense, hanno da un lato il difetto di essere redatte dai vincitori, ma dall’altro il pregio di essere quelle più vicine alla realtà territoriale che interessa lo studio. Preziosi risultano in tal senso i rapporti, redatti principalmente dai Carabinieri Reali, che fanno riferimento ad accadimenti e persone in modo circostanziato e preciso. Ovviamente in tali atti si assiste ad una sistematica denigrazione e criminalizzazione dei vinti, anch’essa rappresentativa del clima sociale instaurato, ma ciò che è di rilievo per il presente studio non è il giudizio politico dei vincitori sui vinti, ma la ricostruzione del clima sociale e degli eventi che caratterizzano il processo di unificazione nazionale e la determinazione dei comportamenti di coloro che a tale processo si oppongono. La collezione di documenti presenti presso l’archivio di Massa è di enorme vastità e sebbene si debba far notare che si assiste, introduttivo di Filippo Valenti, Aedes Muratoriana 1981. 12 talvolta, ad una discontinuità dovuta all’assenza di alcuni atti andati smarriti, ciò non impedisce di dar stima di rilevanza ai fenomeni in gioco. E’ opportuno far presente sin da ora come le fonti d’archivio che mi appresto a prendere in esame documentino senza ombra di dubbio la rilevanza storica e la dimensione effettivamente importante di un movimento popolare filoestense nei territori dell’attuale provincia di Massa Carrara. Giova, prima di intraprendere l’analisi e l’esposizione delle fonti reperite, accennare brevemente alla storia politicoamministrativa dei territori nei quali gli eventi oggetto della ricerca si verificano. Fine di questa breve ricostruzione cronologica è quello di comprendere come i territori apuani siano stati a lungo caratterizzati da una configurazione politicoamministrativa piuttosto autonoma pur essendo coinvolti nei grandi accadimenti europei. Il Ducato di Modena e Reggio, che nel periodo di massima espansione comprende anche il Ducato di Massa e Carrara, esiste dal lontano 1452 al 1859, con un breve intervallo fra il 1798 ed il 1814 in seguito all’invasione francese di Napoleone 13 Bonaparte (1796). Intervallo che si chiude con la sconfitta di Napoleone nel 1814 e con la restituzione del ducato, dopo il congresso di Vienna, alla sovranità di Francesco IV. Il nucleo originale del Ducato di Massa e Carrara nasce ufficialmente il 22 febbraio 1473 con l'acquisto della Signoria di Carrara (borghi di Carrara, Moneta e di Avenza) da parte della Signoria di Massa, ad opera del marchese Giacomo Malaspina 13 che la ottiene dal conte Antonietto Fregoso di Genova, capostipite della linea dei Campofregoso di Milano 14 . Il titolo nobiliare dei Malaspina diviene, quindi, quello di Marchesi di Massa e Signori di Carrara. Nell'arco di due generazioni la famiglia Malaspina esaurisce i discendenti maschi e Ricciarda Malaspina 15 , figlia di Antonio Alberigo Malaspina e ultima erede diretta del casato, sposa nel 1520 Lorenzo Cybo, membro di un'influente famiglia di principi genovesi e nipote del papa Innocenzo VIII. Dal 13 Guido Guagnini, I Malaspina: origini, fasti, tramonto di una dinastia, Il biscione 1973. 14 Emanuele Repetti, Compendio storico di Carrara e Massa, Nella Badia Fiesolana 1821, pagg.15-16 e 41-42. 15 Cfr. Francesco Musettini, Ricciarda Malaspina e Giulio Cybo: storia di Massa, con prefazione del canonico dott. Luigi Mussi, Tip. G. Mannucci 1930. 14 matrimonio ha origine la nuova casata dei Cybo-Malaspina16 : il figlio di Ricciarda e Lorenzo, Alberico I Cybo-Malaspina (detto anche Alberico III Malaspina), ottiene il governo del territorio di Massa e Carrara nel 1554. Sotto il suo governo il territorio è caratterizzato da un fiorente sviluppo, grazie alla crescita del mercato del marmo molto richiesto dalle corti rinascimentali dell'epoca, e le città di Massa e Carrara vengono ingrandite ed adornate di piazze e fontane. Alberico I, consapevole che il suo territorio è circondato da vicini più potenti e influenti di lui, decide di sottomettersi al Sacro Romano Impero di Carlo V (1554). Il 23 ottobre 1568, grazie ai successi culturali ed economici conseguiti sotto il governo di Alberico I, la città di Massa ottiene il titolo di Principato e Carrara viene elevata a Marchesato dall'Imperatore Massimiliano II. Il 5 maggio1664 Massa viene eretta a Ducato e Carrara a Principato ed i Cybo-Malaspina ottengono così il titolo di Duchi di Massa e Principi di Carrara. Il 18 aprile 1741 i due territori ricadono nella Casa d’Este per il matrimonio di Maria Teresa, ultima discendente dei Cybo-Malaspina, con Ercole Rinaldo, figlio di Francesco III Duca di Modena. Dal 16 Cfr. L. Tettoni e F. Saladini, La famiglia Cibo e Cybo Malaspina, Aedes muratoriana 1997. 15 matrimonio nasce, il 7 aprile 1750, Maria Beatrice, Duchessa di Massa e Carrara. 17 Nel 1796 gli Este vengono privati dei loro possedimenti dalle truppe di invasione di Napoleone Bonaparte che ingloba il territorio nella Repubblica Cispadana 18 , facendolo poi confluire nella Repubblica Cisalpina 19 . Durante questo periodo il territorio conosce una rapida successione di differenti ordinamenti amministrativi più o meno provvisori e come ultima modifica amministrativa, nel 1806, l'imperatore francese assegna il Ducato di Massa e Carrara al Principato di Lucca e Piombino, governato dalla sorella maggiore Elisa Bonaparte. Durante la dominazione Napoleonica Maria Beatrice, che rivendica il governo del Ducato, è costretta a rifugiarsi a Vienna presso la corte del marito, l'arciduca Ferdinando d'Asburgo zio dell'Imperatore d'Austria Francesco I. 17 Emanuele Repetti, Compendio storico di Carrara e Massa, Nella Badia Fiesolana 1821, pagg.19 e 42. 18 Cfr. Odoardo Rombaldi, La Repubblica Cispadana, Aedes Muratoriana 1997. 19 Cfr. Giorgio Boccolari (a cura di), La Repubblica Cisalpina, La nuova Italia 1969. 16 Con la caduta del regime napoleonico, il Congresso di Vienna nel 1815 assegna di nuovo a Maria Beatrice tutti i territori che le erano stati sottratti: il Ducato di Massa, il Principato di Carrara e i feudi imperiali della Lunigiana. 20 Nel 1829, alla morte di Maria Beatrice, il Ducato di Massa e Carrara viene annesso al Ducato di Modena e Reggio, ad opera del figlio Francesco IV d'Este 21 . Alla morte di Francesco IV d’Este, il 21 gennaio 1846 Francesco V diviene duca regnante di Modena, con anche i titoli di duca di Reggio e Mirandola, duca di Massa, principe di Carrara e Lunigiana. Francesco V, il cui nome di battesimo è Francesco Ferdinando Geminiano, sale al trono all’età di ventisei anni. Modenese di nascita, ma di mentalità austriaca, Francesco ha modi gentili e, a differenza del padre, un carattere mite: si fa apprezzare per l’onestà e l’amore per la giustizia, per la semplicità e la sobrietà del suo agire. Bel giovane, di svelta figura, di bella carnagione, piace molto alle donne, anche se ama per tutta la vita la moglie Adelgonda, figlia di Luigi I di Baviera, che ha sposato il 30 marzo del 1842 prima di ereditare 20 Congresso di Vienna, Dalla stamperia Imperiale 1815, pag.34. Cfr. Luigi Amorth, Modena capitale : storia di Modena e dei suoi duchi dal 1598 al 1860, Aedes muratoriana 1961. 21 17 il ducato 22 . Il duca vanta una notevole competenza in campo militare, frutto di specifici studi giovanili compiuti sotto la guida di Francesco Beckerhin, comandante dell’artiglieria estense fino al 1848. A ciò Francesco V, nato e cresciuto in mezzo ai soldati, unisce una profonda conoscenza dei problemi dell’esercito ducale, che comanda anche in prima persona dal 1843 al 1846, quando è principe ereditario. Anche dopo essere salito al trono continua a svolgere un ruolo di primissimo piano nella direzione delle truppe, conservando per tutta la vita uno spirito militare. La sua azione nei territori di Massa e Carrara si sviluppa in un potenziamento dell’opera di bonifica e canalizzazione, già intrapresa dal padre, per la quale la “fertilità fu raddoppiata […] e prati e campi ubertosi, piantagioni di gelsi e vigneti lussureggiano al presente ove, ancor pochi anni or sono, erano incolti pantani e paludi” 23 . Nel 1859, con la deposizione di Francesco V d'Este, il Ducato di Modena e Reggio (comprendente anche i territori di Massa e 22 Cfr. L. Borsellini, Francesco IV e Francesco V di Modena, Unione Tip. Ed. 1861. 23 Difesa del Duca di Modena contro le accuse del signor Gladstone tratta da documenti officiali ed altre fonti autentiche, preceduta da una introduzione, e corredata di note ed appendici, dal Marchese di Normanby 18 Carrara) viene definitivamente annesso al Regno di Sardegna, con la costituzione della provincia di Massa Carrara. Ma molte persone apuane e lunigianesi mostrano fedeltà alla Casa d’Asburgo-Este, più che entusiasmo per i Savoia, ed alcuni sostenitori della causa estense ricordano il detto: “Principini, palazzi e giardini; Principoni, fortezze e cannoni” 24 . L’ultimo duca d’Este morirà nel 1875 da esule a Vienna, dove tuttora riposa nella cripta dei Cappuccini, in attesa che i suoi resti siano riportati a Modena nella cappella mortuaria estense di San Vincenzo in cui desiderava essere sepolto. L’anno 1859 è quello cruciale al quale fa riferimento il presente studio che estende la sua indagine anche agli anni successivi nei quali avviene il consolidamento dell’annessione del territorio apuo-lunense al Regno di Sardegna. Non è questa la sede per proseguire con ricostruzioni storiche di maggior dettaglio sull’assegnazione amministrativa del territorio apuano e lunigianese, ma si tenga conto di questa breve introduzione Cavaliere della Giarrettiera, Prima versione italiana, Tipografia Emiliana MDCCCLXII, pag.71. 24 Difesa del Duca di Modena contro le accuse del signor Gladstone tratta da documenti officiali ed altre fonti autentiche, preceduta da una introduzione, e corredata di note ed appendici, dal Marchese di Normanby 19 storica per comprendere come le vicende prese in esame comincino e si riferiscano al periodo storico in cui i territori sopraccitati vengono inclusi nel Regno d’Italia dopo un lungo periodo di forte identità amministrativa e politica caratterizzato dal riconoscimento delle specificità locali. Il 27 aprile 1859 il granduca Leopoldo II lascia Firenze 25 e ciò pone l’esercito ed i governanti estensi del territorio apuano in grandi difficoltà. Essi corrono, infatti, il forte rischio di rimanere isolati dai restanti territori del Ducato e sono esposti ai pericoli rappresentati dalla presenza, nella vicina Sarzana, delle truppe piemontesi e dall’insicura posizione del governo dei vicini Stati parmensi. Sin dal 25 aprile, ravvisando la pericolosità della situazione, il duca Francesco V ordina il ritiro delle truppe ed il loro concentramento strategico in Fivizzano, che diventa così la Cavaliere della Giarrettiera, Prima versione italiana, Tipografia Emiliana MDCCCLXII, pag.73. 25 Il granduca Leopoldo II, filoaustriaco e deciso a non concedere la Costituzione, abbandona Firenze dove i liberali ed i democratici formano un governo provvisorio del quale è protagonista Bettino Ricasoli. Cfr. Giulivo Ricci, Aulla e il suo territorio attraverso i secoli IV-Il Risorgimento, Centro Aullese di ricerche e di Studi Lunigianesi 1992, pag.110. 20 nuova sede del governo principale 26 . Le truppe estensi, stabilitesi come ordinato in Fivizzano, tornano poi sui propri passi e prendono possesso di Fosdinovo ed Aulla. Da questo momento prende corso la ricostruzione storica che riguarda il presente studio. 26 Dispaccio telegrafico del ministero dell’Interno al delegato provinciale di Massa in data 25 aprile 1859: ASMs, Delegazione del ministero dell’Interno, b.203. Cfr. Giornale storico della R.D. Brigata estense, Tipografia Emiliana 1866, pagg.36 e ss. 21 CAPITOLO PRIMO LA CONDIZIONE DEI VINTI NEL TERRITORIO APUANO E LUNIGIANESE 1.1 Reati d'opinione Il 28 aprile del 1859, subito dopo la dipartita 27 delle truppe estensi 28 dalle città di Massa e Carrara 29 , vengono prontamente 27 Il duca ordina la dipartita perché confida che una sua resistenza a Brescello, dove l’esercito estense si era già asserragliato nel marzo del 1849 mantenendovisi fino alla cessazione delle ostilità fra il Piemonte e l’Austria, sia possibile e avrebbe dimostrato che, a differenza del granduca di Toscana e della reggente di Parma, egli aveva fatto tutto il possibile per difendere il suo buon diritto, cedendo solo a forze preponderanti. Cfr. Giuseppe Orlandi (a cura di), Francesco V d’Austria-Este. Memorie di quanto disposi, vidi e udii dall’11 giugno al 12 luglio 1859, con un saggio introduttivo di Filippo Valenti, Aedes Muratoriana 1981, pag. 37. 28 “Le forze militari dello Stato Estense erano di due sorta: Truppe regolari e Milizie di Riserva; tutte dipendenti da un Supremo Comando Generale, residente in Modena. Le Truppe regolari constavano: di un Corpo di Trabanti, Guardie de’ Reali Palazzi, […] di un Corpo di Dragoni, corpo scelto, di cui uno Squadrone a cavallo, il rimanente a piedi, questo destinato al servizio di Gendarmeria dello Stato; di un Corpo del Genio; di un Corpo d’Artiglieria; di un Corpo di Pionieri; di un Reggimento d’Infanteria di Linea, con tre battaglioni, ed un quarto battaglione in riserva, che in tempo di pace non mai aveva neppure i quadri compiuti; finalmente di un Corpo di Veterani. Le Milizie di Riserva si componevano di tre Reggimenti: il primo 22 affissi alle mura delle città alcuni manifesti a firma dei Commissari provvisori del nuovo regime, Giusti e Brizzolari. Uno di questi inneggia al Re Vittorio Emanuele II ed all'indipendenza d'Italia ed il testo è il seguente 30 : Cittadini della Provincia di Massa Carrara e Lunigiana. Liberi questi paesi dal giogo estense, hanno spontaneamente acclamato il Governo del Re Prode, del Re VITTORIO EMANUELE. I sottoscritti assumendo il governo di questa provincia in nome del RE DITTATORE confidano di trovare in Voi tutti cooperazione, zelo ed aiuto a mantenere la tranquillità ed il buon ordine. VIVA IL RE VITTORIO EMANUELE II. W L'INDIPENDENZA D'ITALIA Massa 28 Aprile 1859 nella Provincia di Modena e Frignano, con sei battaglioni; il secondo nella Provincia di Reggio, pure con sei battaglioni; il terzo dell’Oltre-apennino con tre battaglioni.” in Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pag.81. 29 “Le truppe che presidiavano Massa e Carrara abbandonarono quelle località nel pomeriggio del 28, e giunsero in Fivizzano tra le 4 e 5 antimeridiane del 29 aprile”. Cfr. Giornale storico della R.D. Brigata estense, Tipografia Emiliana 1866, pag.45. 30ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1 23 I COMMISSARI PROVVISORI V. GIUSTI - E. BRIZZOLARI Questa pronta affissione è certamente rappresentativa di come alla frontiera del Ducato di Modena e Reggio i fedeli del re Vittorio Emanuele si fossero ben preparati all’invasione ed all’immediata instaurazione del nuovo ordine politico ed amministrativo. Più che alla presa di possesso dovuta ad una sollevazione popolare filounitaria è più facile trovare in ciò conferma al fatto che si assista alla realizzazione di un progetto predefinito e ben pianificato. Questa interpretazione, che ridimensiona il ruolo di una sollevazione popolare filounitaria, viene riportata anche in una pubblicazione in difesa del Duca di Modena nella quale si legge: “mentre macchinazioni piemontesi sbalzavano dal potere a Firenze e Parma i sovrani legittimi, ed in breve ora andavano miseramente disciolte le forze militari di quegli Stati, a Modena Francesco V, che senza spiegare alcun rigore straordinario avea continuato a mantenervi la più perfetta tranquillità pubblica, senza esservi in nessun modo costretto dalla sommossa, senza avervi a reprimere verun tentativo rivoluzionario, abbandonava la sua capitale solamente dopochè i movimenti dell’esercito franco24 sardo, già penetrato in una parte del Ducato, aveano resa inevitabile la ritirata dinanzi a forze infinitamente superiori ai mezzi di resistenza ch’egli poteva contrapporre”. 31 Del resto risulta che “nella sera del 26 aprile ebbe realmente luogo una violazione del territorio Estense da parte di 200 uomini dei corpi franchi del Sardo [che] irruppero a Fossola di Carrara, ove disarmarono 30 e più militi di riserva”, ritirandosi poi per evitare la reazione delle truppe estensi che, però, avevano ricevuto ordine di non impegnarsi in combattimento “se non nel solo caso di dover proteggere la propria ritirata sopra Fivizzano” 32 . Un secondo manifesto, affisso nei luoghi pubblici, annuncia lo scioglimento della Guardia di Riserva Estense 33 e l'obbligo, per 31 Difesa del Duca di Modena contro le accuse del signor Gladstone tratta da documenti officiali ed altre fonti autentiche, preceduta da una introduzione, e corredata di note ed appendici, dal Marchese di Normanby Cavaliere della Giarrettiera, Prima versione italiana, Tipografia Emiliana MDCCCLXII, pag.V. 32 Giornale storico della R.D. Brigata estense, Tipografia Emiliana 1866, pag.44. 33 “Una egualmente rimarchevole testimonianza della stabilità del governo del Duca, e dell’affezione del suo popolo verso di lui, trovasi nella organizzazione della Milizia di Riserva […] Questa milizia di campagna, in numero di 7.500 uomini […] prestava servizio senz’alcuna paga fissa.” in Difesa del Duca di Modena contro le accuse del signor Gladstone tratta da documenti officiali ed altre fonti autentiche, preceduta da una introduzione, 25 coloro che ne facevano parte, di depositare il proprio armamento presso il comando della Guardia Nazionale, entro il termine di ventiquattro ore 34 . Il terzo manifesto notifica alla popolazione alcuni provvedimenti restrittivi che vietano la fondazione di circoli e partiti e comunica, inoltre, l'istituzione del Consiglio di Guerra che ha il compito di giudicare e punire in tempi brevi coloro che osteggiano la causa nazionale. Il testo di questo manifesto è il seguente: I COMMISSARI PROVVISORII PER LA PROVINCIA DI MASSA CARRARA E LUNIGIANA NOTIFICANO e corredata di note ed appendici, dal Marchese di Normanby Cavaliere della Giarrettiera, Prima versione italiana, Tipografia Emiliana MDCCCLXII, pag.219. “La loro [Milizie di Riserva] istituzione ebbe origine da una spontanea offerta della popolazione rurale dopo l’effimero Governo provvisorio del 1831. Dapprima ristretta a singole località, mano a mano coll’andare del tempo estesa ed ampliata, ebbe più tardi norme speciali e generale assestamento. […] aveasi in media, un 7500 uomini, numero che al caso sarebbe stato ben agevole raddoppiare. […] Si richiedeva il minor possibile esercizio: per conseguenza non potevano agire contro truppe regolari, e nondimeno eransi dimostrati sempre del tutto sufficienti contro briganti e per faccende locali.” in Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pagg.81-82. 26 Che in virtù dei poteri dittatoriali assunti dal Governo del Re VITTORIO EMANUELE II. I. E' proibito adunarsi con armi. II. E' proibita la fondazione dei circoli, e dei giornali politici. III. E' istituito un Consiglio di Guerra permanente sotto la Presidenza del Comandante Signor Luigi di MERZLYAK per giudicare e punire entro 24. ore tutti gli attentati contro la Causa Nazionale, e contro la vita e le proprietà dei pacifici Cittadini. IV. Il Consiglio di Guerra procederà a tenore delle Leggi militari contro i colpevoli senza distinzione di rango e ceto. Massa 28 Aprile 1859 V. GIUSTI E. BRIZZOLARI 35 Da subito, dunque, le nuove autorità negano la libertà di stampa e di associazione, specie su tematiche di carattere politico. Ciò mostra come esse siano preoccupate della situazione dell’ordine pubblico nei territori di Massa, Carrara e Lunigiana e come, evidentemente, la popolazione non sia così partecipe 34ASMs, 35ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1 Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1 27 alla presa del potere ed all’instaurazione del nuovo corso politico, altrimenti non sarebbero necessari provvedimenti così limitanti le libertà personali e di pensiero. Tale situazione di scarsa adesione popolare viene citata anche nella Gazzetta di Verona del 1 ottobre 1859 nella quale si legge una denuncia su come il nuovo ordine politico “tende a soffocare qualunque dimostrazione e qualunque movimento cui le disposizioni degli animi e le vessazioni di un potere intruso vi promuoverebbero ad ogni istante”. 36 Il clima instaurato dalla nuova classe dirigente diviene, da subito, quello della ricerca e dell'arresto di coloro che manifestano simpatie per il precedente ordine politico ed anche le semplici espressioni verbali vengono punite con la traduzione in carcere. Nelle città di Massa e Carrara, in base a quanto emerge dagli atti rinvenuti presso l'Archivio di Stato di Massa, si instaura un clima di vera e propria "caccia" al 36 Estratto dalla Gazzetta di Verona del 1 ottobre 1859 n.223 in Difesa del Duca di Modena contro le accuse del signor Gladstone tratta da documenti officiali ed altre fonti autentiche, preceduta da una introduzione, e corredata di note ed appendici, dal Marchese di Normanby Cavaliere della Giarrettiera, Prima versione italiana, Tipografia Emiliana MDCCCLXII, pag.217. 28 "legittimista" 37 ed è sufficiente la testimonianza di una persona, che asserisce di aver udito un soggetto proferire frasi contrarie all'unità d'Italia ed in favore del precedente stato di cose, perché venga arrestato ed incarcerato. Gli arresti sono numerosi e sommari, tanto che il regio delegato di Pubblica Sicurezza di Massa, "osservandosi che molti arresti vanno praticandosi da questa Guardia Nazionale" e ritenendo che ciò "può rendersi nocivo al mantenimento dell'ordine pubblico", scrive al comandante della Guardia Nazionale "perchè in avvenire niun cittadino sia più arrestato senza precisi ordini o concerti" del suo ufficio 38 . Questa del regio delegato di P.S. sembra, però, soltanto una affermazione di competenza; visto che anche il suo ufficio non manca di far incarcerare numerose persone, in base a delazioni ed indizi sommari, per reati d'opinione. 37 Il termine legittimismo, che richiama quello di legittimo dal significato generico di ciò che è conforme alla legge, storicamente si riferisce al principio di legittimità, concezione politica affermata nel Congresso di Vienna (1814-1816) dal rappresentante della monarchia francese Talleyrand (1754–1838) il quale teorizzava un ritorno all'assolutismo e, riaffermando che il potere dinastico è assegnato "per grazia di Dio", pretendeva la restaurazione sui loro "legittimi" troni dei sovrani arbitrariamente detronizzati dagli atti illegittimi di Napoleone. Cfr. Congresso di Vienna, Dalla stamperia Imperiale 1815. Cattolicesimo e Legittimismo: note di un giovane cattolico, Milano, Tip. Artigianelli 1889. Aldo Albònico, La mobilitazione legittimista contro il Regno d’Italia: La Spagna e il brigantaggio meridionale postunitario, A. Giuffrè 1979. 29 Non è possibile riportare qui di seguito tutte le storie documentate presso l'Archivio di Stato di Massa riguardo ai reati d'opinione, ma giova comunque farlo per alcune, in modo da rendere più comprensibile il clima di vera e propria persecuzione instaurato dalle nuove autorità contro i simpatizzanti del precedente ordine di cose. L'11 maggio viene arrestata a Montignoso, in base alla testimonianza di una concittadina, Caterina Paolini accusata di "aver sparlato della Guardia Nazionale" e di aver affermato "che a giorni verrà Casoni 39 che darà le paghe a tutti questi briganti" 40 . Altro arrestato, in data 12 maggio, è Domenico Tognoni, detto Caldan, del Colle di Massa che viene accusato "di essersi fatto lecito di pronunziare proposizioni avverse all'attuale governo". Egli è così descritto nel rapportino redatto al momento dell’arresto: "Tognoni Domenico fu Francesco, 38 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atto n.12 del 2 maggio 1859: ASMs Ispettorato di Pubblica Sicurezza, Atti 1859, b.1. 39 Casoni Cav. Giuseppe, Tenente-Colennello del Reggimento di Linea delle Reali Truppe Estensi, poi ammesso nell’I.R. Armata austriaca col grado di Colonnello. Cfr. Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pag.85. 30 d'anni 37, di Massa, Neg.te di grano. Arrivato stamane da Fivizzano, spia di Casoni carcerato per aver sparso notizie allarmanti" 41 . Negli stessi giorni viene incarcerato, tra gli altri, Francesco Balloni del Forno perché, secondo le accuse del milite della Guardia Nazionale Giuseppe Balloni, "sparge per il Paese che sarebbe bene che venissero dieci mila Tedeschi" 42 . Il 20 luglio si verifica l’arresto di Pietro Baldoni, nativo di Resceto e domiciliato a Montignoso, accusato di aver gridato, mentre transitava nello stradone della Madonna del Monte, "Viva Francesco Quinto, a momenti verrà con 80.000 tedeschi" 43 . Caso esemplare del livello di severità col quale vengono puniti i reati d'opinione è quello di Giò Tartarini del Cinquale: egli viene incarcerato perché qualcuno lo ha udito rimproverare il 40 Rapporto Mattinale n.67 dei Carabinieri Reali indirizzato al Regio Commissario Straordinario in Massa l'11 maggio 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza, Atti 1859, b.1. 41 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1. 42 Lettera di Giuseppe Balloni al Regio Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza, Atti 1859, b.1. 43 Presidente del Municipio di Montignoso, Atto n.30 del 19 luglio 1859 indirizzato al Regio Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza, Atti 1859, b.3. 31 figlio che gridava "viva l'Italia" e incitarlo a gridare "abbasso l'Italia" 44 . La persecuzione dei reati d’opinione si protrae nel tempo ed il 31 ottobre la Guardia Nazionale arresta Francesco Amedei di Colonnata, domiciliato al Mirteto, con l’accusa di aver gridato “Viva Francesco V, l’Imperatore” 45 . Viva Nel 1860 l’esternazione di opinioni favorevoli alla casa d’Asburgo-Este ed al suo duca Francesco V continua ad essere punita col carcere ed il 16 aprile viene arrestato, tra gli altri, Domenico Marianni detto Manni, sessantatreenne di Volpigliano (Massa), che le Guardie Nazionali accusano d’essere un “seminatore di zizzania contro il nostro governo” e persona che “notturnamente frequenta case di codini” 46 . 44 Trasmissione copia di Verbale d'arresto dai Carabinieri Reali-Stazione di Massa al Sig. Sovrintendente della Provincia, Massa 18 luglio 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza, Atti 1859, b.3. 45 Luogotenente della IV Compagnia della Guardia Nazionale di Mirteto, Ortola 31 ottobre 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza, Atti 1859, b.4. 46 Guardia Nazionale delle Ville, Rapporto n.1 al Regio Delegato provinciale di Pubblica Sicurezza, Altagnana 16 aprile 1860: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza, Atti 1860, b.6. 32 Le nuove autorità cercano di impedire la diffusione di idee antiitaliane perseguendo con l’arresto coloro che se ne fanno portatori e nel giugno del 1860 viene imposta una stretta forma di controllo anche sulle pubblicazioni. Il 9 giugno l’intendente generale scrive al delegato di Pubblica Sicurezza in Massa per comunicargli che ritiene opportuno “che i venditori ambulanti per ottenere il permesso di comercio di libri ed opuscoli dovranno presentare a codesto Uffizio di S. P. la nota dei libri che espongono in vendita”, nota che dovrà poi essergli comunicata 47 . Si può evincere, dai documenti d’archivio citati, come parte della popolazione apuana e lunigianese confidi ancora nel ripristino del precedente ordine politico-amministrativo e speri, esternandolo pubblicamente, nel ritorno del duca Francesco V e delle sue truppe. 47 Intendenza Generale della Provincia di Massa e Carrara, Prot. Gen.le N.3260 Sez.VI Tit.3, Oggetto: Permessi per vendita di libri ai venditori ambulanti, indirizzata in data 9 giugno 1860 al Sig. Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza, Atti 1860, b.7. 33 1.2 Il pericolo sanfedista e l’attività di spionaggio Il 6 maggio del 1859 il regio delegato di P.S. di Massa indirizza ai regi commissari l'atto n.27, col quale richiede un fondo di cassa per sostenere spese segrete. Nel testo si legge: "all'oggetto di sostenere spese segrete indispensabili nelle presenti circostanze è di urgente necessità che quest'uffizio sia provveduto di una sufficiente somma [...] per un buono ed esatto servizio" 48 . Le spese segrete a cui fa riferimento l'atto sono quelle destinate all'attività di spionaggio che risulta molto intensa a partire dal giorno stesso della ritirata delle truppe estensi. I metodi di questa attività spionistica sono incentrati sulla sorveglianza ed il pedinamento, sugli interrogatori di persone che possono essere a conoscenza di fatti riguardanti i sospettati, sul sequestro della corrispondenza e sulle delazioni. Il regio delegato di Pubblica Sicurezza in Massa convoca a sé numerosi negozianti per chiedere loro informazioni sui discorsi 48 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza di Massa, Atto n.27 del 6 maggio 1859 in dirizzato ai Commissari Straordinari, Oggetto: si chiede un fondo di cassa per sostenere le spese segrete, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza, Atti 1859, b.1. 34 pronunziati all'interno delle loro attività da personaggi sospettati d'essere spie estensi o di simpatizzare per il passato ordine politico. L'11 maggio viene convocato Carlo Padroni, di Borgo del Ponte, al quale vengono richieste informazioni su certo Francesco Ceccarelli di Canevara che si reca spesso nella sua bottega. Il Padroni, in proposito, riferisce ciò: "egli in mia presenza nulla ha mai detto di contrario all'attuale ordine di cose ed alle presenti istituzioni" 49 . In questo caso il sospettato dovrebbe essere scampato al carcere, ma molti altri finiscono nelle regie prigioni in base a ciò che viene riferito alle autorità dai bottegai convocati per essere interrogati. Alcuni cittadini si rivolgono alle autorità, spontaneamente od in virtù di compensi ricevuti, per riferire di comportamenti ritenuti antiunitari. Il 21 maggio il regio delegato di Pubblica Sicurezza di Massa scrive al commissario straordinario: "Ill.mo Signore, mi pregio di significare alla S.V. Ill.ma essermi stata riferita da persona di mia confidenza quanto appreso. Che il più fido espresso e spia che serve alle mire e corrispondenze del Casoni è certo Manfredi Michele della Villa della Rocca. Mi viene dalla stessa persona pure riferito che certo Andrea 49 Regia Delegazione di Pubblica Sicurezza in Massa, Atto n.147 dell'11 maggio 1859, Oggetto: interrogatorio a Carlo Padroni di Borgo del Ponte, 35 Baldini della Villa del Mirteto si è di qui esentato per recarsi a Fivizzano, incaricato di corrispondenze. La medesima persona mi riferisce ancora che certi Domenico Battistini e Domenico Lazzini di Rocchetta, entrambi della Villa del Mirteto, sono essi pure incaricati delle corrispondenze per Fivizzano, e non tosto arrivano in quel paese che si dirigono agli alloggi del Colonnello Casoni, del Maggiore Messori 50 e del Cap.no Ballero 51 , mi viene pure fatta avere che questi tali possino essere rientrati in Massa ed ho già dati ordini affinchè rinvenuti ne sia eseguito l'immediato arresto" 52 . La corrispondenza tra la zona litoranea e Fivizzano, dove si trovano le truppe estensi nei giorni successivi alla dipartita da Massa e Carrara, è soggetta ad una attenta sorveglianza e ad una attività spionistica molto intensa. Nella prima metà di ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza, Atti 1859, b.1. 50 Maggiore Nicolò Messori, risulta tra gli Ufficiali pensionati nello Stato nominativo degli Ufficiali appartenenti alle Reali Truppe Estensi nel 24 Settembre 1863 in Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pag.87. 51 Capitano Pietro Ballero, Ufficiale dei Reggimenti di Milizia in disponibilità. Cfr. Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pag.88. 52 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atto n.121 del 21 maggio 1859 inviato al Commissario Straordinario: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza, Atti 1859, b.1. 36 maggio viene sequestrata la corrispondenza in possesso di Giovanni Nardini e di Francesco Manfredi della Rocca. Le lettere che i due giovani stanno portando a Fivizzano vengono aperte ed una di esse risulta firmata da un certo Rocco. Perciò il 13 maggio il delegato di P.S. in Massa convoca il sacerdote Rocco Ballero, ex cappellano militare estense nato e dimorante a Massa, per accertare se sia stato lui a scrivere la lettera, contenente notizie ritenute dannose per la causa italiana, indirizzata al fratello Pietro dimorante a Fivizzano. Tre giorni dopo il sacerdote viene arrestato, tradotto in carcere e messo a disposizione del Consiglio Permanente di Guerra. Il 4 giugno pervengono al presidente del municipio di Massa cinque manifesti, da affiggere in città, che rendono pubblica la sentenza emanata dal Consiglio di Guerra "in odio di Don Rocco Ballero" 53 . Altro caso è quello che si verifica il 24 maggio allorché Francesco Biscardi, milite della Guardia Nazionale, informa il regio delegato di P.S. in Massa che tale Angela Gazzoli ha inviato il proprio figlio a Fivizzano affinché consegnasse agli estensi una lettera in cui viene descritta la condotta di alcune 53 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1. 37 Guardie Nazionali 54 . Gli arresti per corrispondenza col nemico si moltiplicano e diversi cittadini finiscono in carcere con l'accusa di essere spie estensi. L'attività spionistica, effettuata anche con la collaborazione di delatori, è molto intensa e, sempre nel maggio del 1859, la regia delegazione di P.S. in Sarzana informa quella di Massa dell'avvenuto arresto di Pietro Pagani, sessantenne di Fosdinovo, che viene messo a disposizione dei regi commissari "trattandosi di persona che viene segnalata da persone degne di fede come un agente segreto della Polizia Estense" 55 . Il 30 maggio la luogotenenza dei Carabinieri Reali di La Spezia informa il regio commissario straordinario di Massa dell'arresto dei fratelli Durante Don Agostino e Tommaso "siccome inquisiti di reato politico cioè avversi al nostro Governo" 56 . Questo arresto avrà ulteriori ripercussioni dopo la metà di giugno; il 19 di quel mese, infatti, i Carabinieri Reali informano il commissario straordinario di Massa che, nel comune di Aulla, l'arciprete don Giuseppe Durante, invitato a 54 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1. Regia Delegazione di Pubblica Sicurezza in Sarzana, Atto n.735 dell'11 maggio 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1. 55 38 celebrare la vittoria contro gli Austriaci nella battaglia di Magenta 57 , oppone un rifiuto. I carabinieri ipotizzano che tale rifiuto sia imputabile all'arresto del di lui nipote, Don Agostino Durante. La paura per la presenza di spie estensi e per il possibile verificarsi di adunate di rivoltosi induce l’autorità a predisporre un'intensa opera di sorveglianza che sfocia in numerose perquisizioni che avvengono soprattutto ai danni di ex militi della Riserva Estense. Le perquisizioni avvengono spesso col favore delle tenebre, come quella effettuata a Montignoso nella notte tra il 21 ed il 22 maggio ai danni di Luigi Spinetti, Angelo Conielli (?), Luigi Vietti, Luigi Vietina e Giuseppe Vietina, nella quale operano congiuntamente Carabinieri Reali e Guardie Nazionali 58 . Perquisizioni e misure di sorveglianza sono all'ordine del giorno e dagli atti rinvenuti risultano alcuni mandati di vigilanza nella zona del Colle di Massa dove sono attivi i "sospetti spie ed agenti del Governo Estense": Tommaso 56ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1. La Battaglia di Magenta, 4 giugno 1859, è un evento chiave della Seconda guerra di indipendenza e vede la vittoria franco-sabauda. 58 Rapporto dei Carabinieri Reali, Massa 21 maggio 1859, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1. 57 39 Bellati, Palma Ranieri, Domenico Tognoni, Francesco Vignali e Giuseppe Rezzani 59 . Il 6 giugno 1859 il regio delegato di Pubblica Sicurezza in Massa richiede al suo corrispettivo di Pietrasanta di essere informato se "a Seravezza possa esistere o sia di già scoperta una Società di Sanfedisti", nel dubbio che essa si sia diramata anche a Massa 60 . Il delegato di Pubblica Sicurezza di Pietrasanta risponde che non gli risulta alcuna presenza Sanfedista, ma è certa quella di alcuni giovani che nella frazione di Ripa simpatizzano per il precedente ordine di cose 61 . Ciò che desta sospetti è il fatto che alcuni cittadini apuani, sospettati di simpatizzare per gli Estensi, si rechino spesso verso Pietrasanta ed il 25 agosto il Regio Delegato di Pubblica Sicurezza di Massa informa quello di Pietrasanta che alcuni cittadini massesi, che hanno il loro convegno in casa Marchi, sembrano avere "corrispondenza reazionaria" a Pietrasanta 62 . Il timore della diffusione di un movimento 59 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atto n.156 del 6 giugno 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1. 60 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atto n.269 del 5 giugno 1859:ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.2. 61 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza in Pietrasanta, 6 giugno 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.2. 62 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atto n.765 del 25 agosto 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.3. 40 Sanfedista è sufficiente a rinforzare ulteriormente le operazioni di sorveglianza e perquisizione con un inasprimento del clima di repressione e controllo instaurato sia nel comprensorio apuano sia in quello lunigianese. La paura di una presenza Sanfedista si protrae nel tempo ed in un rapporto delle Guardie di Pubblica Sicurezza di Massa, del 18 maggio 1860, si legge: “le sottoscritte Guardie di S. P. Cuturi Luigi, Strenta Roberto, perlustrando la città di Massa, in loco detto al Barile, s’incontrarono nell’individuo, a sospetto, Alberti Bartolomeo fu Jacopo del Forno di Massa, a sospetto ruolativi S. Fedisti, ed intimatili, andare con loro, volendo condurre all’Uffizio di P.S. onde perquisirlo, Esso rispose audacemente, non volere obbedire e così le guardie l’intimarono l’arresto e lo eseguirono alle 12 meridiane” 63 . Il 22 dicembre 1859 dall’ufficio del commissario straordinario ed intendente della Provincia di Massa Carrara e Lunigiana viene inviata al regio delegato di Pubblica Sicurezza in Massa una nota riservata che, poiché “non pochi emissarii di partiti ostili al Governo stretti da un patto comune e cospiranti allo stesso fine percorrono attualmente le Provincie dell’Italia 63 Guardie di Pubblica Sicurezza in Massa, Rapporto n.28 al Delegato di Pubblica Sicurezza, Massa 18 maggio 1860: ASMs, Ispettorato di Pubblica 41 Centrale, intesi a provocare disordini e turbolenze, per indebolire la fiducia che le popolazioni ripongono nelle Autorità”, lo invita a “prendere tutte le opportune disposizioni per sorvegliare indefessamente cotali macchinatori di queste mene, e quando il di lui zelo e premura potesse sortire l’effetto di arrestarne taluno, vorrà farlo tradurre immediatamente sotto sicura scorta alle carceri” 64 . In ottobre il delegato provinciale di Pubblica Sicurezza aveva intanto provveduto a far affiggere manifesti nei quali veniva annunciato che “gli Albergatori dovranno tenere un Registro, in cui descriveranno giornalmente ogni qualunque persona che alloggiano, ed ogni sera alle ore 10. dovranno portare un estratto di detto Registro alla stazione dei R.R. Carabinieri” 65 . Il 16 febbraio 1860 il regio delegato di Pubblica Sicurezza in Massa trasmette all’intendente generale una nota di “spese segrete”, che servono evidentemente a remunerare gli autori Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.7. 64 Ufficio del Commissario Straordinario ed Intendente della Provincia di Massa Carrara e Lunigiana, Nota riservata n.231 alla Delegazione di Pubblica Sicurezza in Massa, Massa 22 dicembre 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.5. 65 Delegato Provinciale di Pubblica Sicurezza, 22 ottobre 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.4. 42 dell’attività spionistica che risulta sempre più intensa 66 ; una ulteriore richiesta viene avanzata anche in data 7 novembre dello stesso anno 67 in un crescendo di spese destinate al controllo e alla repressione dei sentimenti filoestensi. Il clima di sospetto perdura e l’8 novembre 1860 il regio delegato di P.S. di Aulla si rivolge all’intendente generale della provincia di Massa per segnalargli la presenza, a Bibola, di un “consesso austro-Ducale” 68 . Nel febbraio 1860 il Ministero dell’Interno, del resto, aveva comunicato all’intendente generale di Massa Carrara che “quanto più l’annessione di queste Provincie al Regno Sardo si fa certa, e si approssima” 69 è bene che “sia eccitato lo zelo degl’Impiegati e Funzionari tutti di Pubblica Sicurezza, affinché esercitino la maggiore possibile sorveglianza” e vengano “rigorosamente sorvegliate 66 Cfr. Regio Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa, Nota del 16 febbraio 1860, e Intendenza Generale della Provincia di Massa e Carrara, Oggetto Sorveglianza sugli autori di false notizie e voci allarmanti, Massa 26 aprile 1860 Prot. Gen.le n,2196 sez.VI Tit.1°: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.6. 67 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.9. 68 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza di Aulla, Aulla 8 novembre 1860, All’Ill.mo Sig. Intendente Generale della provincia di Massa, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.9. 69 Vedi capitolo 1.4 Arresti sommari e negazione del diritto di voto. 43 tutte le mosse delle persone sospette e riconosciute avverse all’attuale ordine di cose” 70 . Gli eventi presi in esame ci mostrano come da un lato vi siano strati della popolazione che non solo simpatizzano per la casa d’Asburgo-Este ma collaborano e restano in collegamento con le truppe estensi e come dall’altro le nuove autorità pongano da subito in atto intense campagne di controllo e repressione basate sulla delazione e la negazione delle libertà di espressione, riunione, corrispondenza e pensiero. Il pericolo che allarma le nuove autorità è quello di un movimento sanfedista che saldi le masse popolari fedeli a Francesco V al clero, col pericolo di una rivolta di popolo in difesa del passato ordine politico e dei valori tradizionali della santa fede. Giova, infatti, ricordare che i sanfedisti sono i componenti di un movimento che, nel 1799, coinvolge le masse contadine organizzandole, attorno alla figura del cardinale Fabrizio Dionigi Ruffo, nell’Esercito della Santa Fede in Nostro Signore Gesù Cristo. In molte regioni, e soprattutto in Calabria, il movimento sanfedista è protagonista di rivolte antifrancesi e 70 Ministero dell’Interno, Prot. N.70 R.to, Oggetto: Circolare Sorveglianza Politica, 11 febbraio 1860, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.14. 44 la sua azione determina la fine della Repubblica Napoletana e il ritorno dei Borbone. Il Sanfedismo si inserisce a pieno titolo nei movimenti europei controrivoluzionari della fine del XVIII secolo che, guidati dal popolo, difendono i valori tradizionali contro le idee rivoluzionarie, ma non esaurisce la sua spinta in quel periodo e ancora nella prima metà del XIX secolo troviamo attive formazioni sanfediste come quella di Virginio Alpi che opera nel territorio tra Forlì e Faenza 71 . Il diffondersi, dunque, di voci che segnalano la presenza di focolai sanfedisti tra Seravezza e Massa e il verificarsi di eventi come quello di don Giuseppe Durante, che rifiuta di celebrare la vittoria contro gli austriaci a Magenta, o come quello di don Riccardo Ballero, che intrattiene corrispondenza con il fratello nel presidio estense di Fivizzano, porta ad un inasprimento delle misure repressive adottate dai regi delegati di Pubblica Sicurezza e ad una negazione delle libertà personali e di pensiero sempre più ferrea. 71 Cfr. Riccardo Bacchelli, Il mulino del Po, A. Mondadori 1997. 45 1.3 Nessun diritto al lavoro per i filoestensi Il clima di controllo instaurato dalle autorità di Vittorio Emanuele II riguarda tutti gli aspetti della vita civile ed anche il rilascio dei permessi di esercizio per una bottega e/o un'attività ambulante è assoggettato ad una "buona condotta morale e politica" del richiedente e dell’intero nucleo famigliare. Sono molti i documenti nei quali emerge come ai richiedenti di un permesso per una bottega (di caffè, di alimentari o liquoreria) o anche per l’esercizio di un mestiere girovago, ad esempio il ginestraio, esso sia rilasciato soltanto previo accurato accertamento sulla condotta politica. Dopo la ritirata delle truppe estensi comincia, inoltre, una vera e propria inquisizione sul comportamento dei dipendenti pubblici che porta alla destituzione di diversi di essi 72 . E' questo il caso, per fare un esempio, di Giuseppe Albertini, vicedirettore dell'Azienda Tabacchi di Massa. Il delegato di Pubblica Sicurezza della città afferma, in una nota, che l'Albertini non è stato "sfrattato dai regi Stati" ma "soltanto fu 46 consigliato onde risparmiare a sé ed alla sua famiglia dispiaceri che con la sua condotta si volle procacciare". Nella nota si legge, inoltre, come Giuseppe Albertini abbia fatto richiesta di trasferirsi a Sarzana, ma il Delegato di P.S. afferma che "si credé per senso d'immeritevole umanità, impedirglielo essendo colà pure conosciuto" per la "fanatica devozione" agli Estensi 73 . In questo caso si assiste al tentativo di salvare le forme di una destituzione avvenuta certamente per motivi politici. In genere, però, l'essere considerato "devoto al cessato Governo" è motivo più che sufficiente per essere destituito dall'incarico pubblico ricoperto precedentemente e per essere, spesso, arrestato come spia. Anche alcuni di coloro che esercitano la professione legale vengono interdetti e sono ripristinati soltanto se, in seguito, dimostrano fedeltà al novo ordine istituzionale 74 . Queste situazioni di discriminazione in ambito lavorativo giungono a conoscenza di Francesco V che, nel marzo del 1860, cita queste persone a lui fedeli adoperando queste parole: “ […] il molto 72 Giulivo Ricci, Aulla e il suo territorio attraverso i secoli. IV Il Risorgimento, Centro Aullese di ricerche e di Studi Lunigianesi 1992, pagg. 110-118. 73 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa, Nota del 15 maggio 1859 e Atto n.538 dell'11 luglio 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.3. 47 maggior numero che sofferse prigionia, vessazioni d’ogni specie, dimissioni da impieghi, o che si ritirarono spontaneamente da cariche, affrontando in parte anche le privazioni, anziché rinnegare i loro principj e mancare ai loro doveri di fedeli sudditi” 75 . Con queste operazioni, che mirano a rendere impossibile la vita, con la negazione di un lavoro, a coloro che sono sospettati di simpatie filoestensi, ci troviamo di fronte ad una politica persecutoria dell’individuo e del nucleo famigliare. Alcune delle frasi riportate negli atti che portano alla negazione di un permesso di esercizio o alla destituzione di incarichi precedentemente ricoperti rappresentano, come nel caso di Giuseppe Albertini, delle vere e proprie minacce di incolumità non solo per la persona ma per la famiglia. Leggendo frasi presenti in atti pubblici come quella che giova riportare ancora in parentesi (“soltanto fu consigliato onde risparmiare a sé ed alla sua famiglia dispiaceri…”) non si può non affermare che i 74 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.4. Difesa del Duca di Modena contro le accuse del signor Gladstone tratta da documenti officiali ed altre fonti autentiche, preceduta da una introduzione, e corredata di note ed appendici, dal Marchese di Normanby Cavaliere della Giarrettiera, Prima versione italiana, Tipografia Emiliana MDCCCLXII, pag.50. 75 48 provvedimenti posti in atto dalle nuove autorità contro coloro che sono accusati di simpatie per la casa d’Asburgo-Este siano integralmente discriminatori, antiliberali e antilibertari, prevaricatori e contrari ad ogni rispetto della persona. 49 1.4 Arresti sommari e negazione del diritto di voto Gli arresti di persone accusate, a torto o ragione, di essere spie ed agenti degli Estensi o di aver commesso reati di opinione e di espressione di ostilità al nuovo ordine politico non sempre avvengono ad opera delle forze dell'ordine e si verificano alcuni casi di vera e propria caccia all'uomo che vede cittadini qualsiasi entrare in casa d'altri con la forza per malmenare persone ritenute sospette e consegnarle, poi, alle autorità. Talvolta queste violenze si verificano ad opera di gruppi di esagitati e di militi della Guardia Nazionale che insieme si scagliano contro cittadini da sempre noti per le proprie simpatie per la casa d’Asburgo-Este. Nella relazione giornaliera dei Carabinieri Reali del 19 giugno 1859 si legge che "verso le ore 11 di notte del 13 andante nella Borgata di Mirteto /Massa/ venne arrestato da alcuni villici e Guardie Nazionali e quindi tradotto nelle Carceri di Carrara alla disposizione del Sig. Maggiore della Guardia Nazionale, certo Fabbricotti Pellegrino da Torano /Carrara/ il quale da quanto si vocifera, nel tempo del cessato Governo Estense pare 50 sia sempre stato Dilatore di quel Governo ed abbia fatto molto male a molti della Popolazione Carrarese" 76 . Il 28 giugno, il giorno prima dell’ascesa di un pallone aerostatico, quattrocento persone, tra le quali diverse Guardie Nazionali, si radunano nella piazza di Fivizzano davanti al palazzo di Carlo Cojari ed inveiscono contro di lui accusandolo di essere stato e di essere ancora una spia estense. Alcuni di questi individui riescono a penetrare nel palazzo e a catturare il Cojani, che, dopo essere stato malmenato, viene portato in prigione 77 . Nello stesso giorno, sempre a Fivizzano, si verifica anche l’arresto sommario del Dott. Bertoletti 78 . Anche a Misegilia, frazione di Carrara, come risulta dai documenti d'archivio, avviene uno di questi arresti sommari. Alcuni individui del paese inseguono, percuotono ed arrestano Carlo Bettini e riguardo a quest'ultimo, in data 21 luglio, il regio delegato di Pubblica Sicurezza di Carrara scrive a quello di Massa che "è cosa prudenziale ritenerlo sempre in carcere in 76 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.2. Relazione Giornaliera dei Carabinieri Reali della Luogotenenza di Massa inviata, in data 28 giugno 1859, al Sig. Commissario Straordinario: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.2. 77 51 questi tempi della votazione, perché ridonandolo a libertà, certamente finirebbe ai nemici del nostro sovrano" 79 . Tale atto, redatto dal Regio Delegato di Pubblica Sicurezza di Carrara, e quindi proveniente dall’autorità dei vincitori, dimostra come vengano effettuate incarcerazioni o vengano prolungati gli arresti di persone già incarcerate col fine di negare loro il diritto di voto e pilotare, così, il risultato delle elezioni dei parlamenti provinciali e dei plebisciti del marzo 1860 che dovranno sancire l’annessione dell’Emilia e della Toscana al Regno di Sardegna. Il fatto che tale strategia sia chiaramente provata, da quanto palesato in un atti pubblici delle autorità piemontesi, consente di rileggere con maggior attenzione e credito le rivelazioni che fonti filoestensi attribuiscono al Curletti, direttore delle votazioni. “Nell’Italia centrale si lavorava pelle elezioni dei parlamenti provinciali, quando giunse a Torino la Nota del gabinetto francese, che intimava il richiamo dei commissarj piemontesi prima del voto. Il Piemonte non poteva esimersi a tale pretesa, 78 Relazione Giornaliera dei Carabinieri Reali della Luogotenenza di Massa del 29 giugno 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.4. 52 e vi si sottomise, comunque a malincuore, nelle Romagne, la Toscana, ed il Ducato di Parma, ove il terreno sembrava abbastanza preparato per non temere sul risultato delle elezioni. Ma non era così a Modena, ove, specialmente nelle campagne, temevasi di non riuscire. I partigiani della dinastia decaduta erano molti ed influenti, ed il gabinetto piemontese temeva, abbandonando quella provincia a sé stessa, di vedersela scappare con una controrivoluzione. Bisognava che Farini rimanesse trovando un pretesto 80 […] Le elezioni che ebbero luogo alcuni giorni dopo […] vennero consegnati al governo i registri delle parrocchie per formare le liste degli elettori dei parlamenti locali, come più tardi per il voto dell’annessione, un piccolo numero di elettori si presentò per prendervi parte, ma al momento del chiudersi delle urne, vi abbiamo gettato i bollettini, in senso piemontese, per coloro che si erano astenuti; non tutti per altro e ne abbiamo lasciato a parte alcune migliaia a norma del numero dei collegi […]. Prima di dar principio alla votazione, alcuni carabinieri e molti agenti di polizia, tutti travestiti, ingombravano le sale e gli approcci allo scrutinio, ed 79 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza di Carrara, 21 luglio 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.3. 80 Pretesto che sarà trovato con la sua nomina a “cittadino di Modena e dittatore”. 53 era sempre fra questa gente che sceglievasi il presidente dell’ufficio e gli scrutatori, onde non avevamo giammai nessun dubbio di riuscita. In alcuni collegi l’introduzione in massa nell’urna dei bollettini degli assenti, che noi chiamavamo compire il voto, si fece con tale trascuratezza, con tale disattenzione, che lo spoglio dello scrutinio diede maggiori numero di voti, che non era quello degli elettori iscritti; alla qualcosa si rimediava con una rettifica nel processo verbale. Per i bollettini negativi, od ostili al Piemonte, necessarj a dare alla votazione l’aria di sincerità, noi ci riportavamo agli elettori stessi. Rispetto a quanto concerne Modena, posso parlare con assoluta cognizione di causa, dappoichè ogni cosa fu fatta sotto ai miei occhi e sotto la mia direzione.” 81 E’ facile comprendere che queste votazioni sono per i filoestensi “quelle bugiarde votazioni predisposte all’unico scopo di proclamare la decadenza di sovrani, dei quali pochi giorni prima si avea pattuita la restaurazione, e di conseguire l’artificiosa annessione al Piemonte di Stati, ne’ quali lo stesso 81 Difesa del Duca di Modena contro le accuse del signor Gladstone tratta da documenti officiali ed altre fonti autentiche, preceduta da una introduzione, e corredata di note ed appendici, dal Marchese di Normanby 54 Imperatore de’ Francesi aveva già stipulato [negli accordi di Villafranca e nel Trattato di Zurigo 82 ] dovesse avvenire il ritorno de’ loro legittimi principi.” 83 La modalità di effettuare i ricorrenti arresti, messi in atto sia per condizionare le votazioni sia per attuazione di pratiche discriminatorie, che avvengono spesso a notte inoltrata per mano di persone che non avrebbero alcuna qualifica per farlo, ma che sono spalleggiate dalle Guardie Nazionali, contribuisce a creare un clima di estremo pericolo per l’incolumità di coloro che parteggiano o hanno fortemente parteggiato per il passato Governo. Per costoro anche la casa, in un clima di violenze sommarie, diventa un luogo insicuro. Questi arresti, eseguiti con modalità violente, diventano inoltre, in alcuni casi, il Cavaliere della Giarrettiera, Prima versione italiana, Tipografia Emiliana MDCCCLXII, pagg.43-45. 82 “L’articolo 19 del Trattato tra l’Austria e la Francia, segnato a Zurigo nel 10 Novembre 1859, confermava e sanzionava la stipulazione di Villafranca: «Le circoscrizioni territoriali degli Stati indipendenti d’Italia, che non parteciparono all’ultima guerra, non potendo essere cambiate se non col consenso delle Potenze, che hanno preseduto alla loro formazione e riconosciuto la loro esistenza, restano espressamente riservati tra le altre Parti contraenti i diritti del Granduca di Toscana, del Duca di Modena e del Duca di Parma» in Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pag.18. 55 pretesto per risolvere vecchie questioni e per perpetrare vendette legate a fatti personali. Il 21 giugno 1859, come risulta dalla relazione giornaliera dei Carabinieri Reali, vengono rinvenuti affissi per le strade di Pontremoli alcuni libelli in odio a "spie e Duchisti" che riportano questo elenco di persone: "Prefetto, Gobbi, Pontremoli), Boliri, Mazzetti, Valeri Cimati, Mazzocchi Ralli, Bocelli, (fuori da Barbieri Leopoldo, Venturini Pietro, Parasacchi Padre e figlio, Moscatelli Filippo, Betti Segretario". Dopo l'elenco vi è una minaccia ed un invito a lasciare Pontremoli: "Guai ai Segnati!! Fate fagotto e Marsc...al di la della Cisa" 84 . 83 Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pag.17. 84 Relazione Giornaliera dei Carabinieri Reali inviata al Commissario Straordinario, Massa 21 giugno 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.3. 56 1.5 Affollamento nelle carceri Il 27 maggio 1859 il regio delegato di Pubblica Sicurezza di Massa predispone un’indagine sulle carceri del castello e sul personale che in esse lavora, dato che “negli ultimi anni il Comando Militare Estense aveva avvocato a sé la presidenza e la sorveglianza delle carceri, disponendo a suo talento” 85 . Il clima instaurato dalle nuove autorità porta all’effettuazione di un numero tale di incarcerazioni 86 che il regio delegato di Pubblica Sicurezza di Massa, in data 23 luglio, scrive al commissario straordinario della città affinché si provveda ad aumentare il personale dei secondini per evitare la fuga dei detenuti in base al rapporto n.99 del custode del castello 87 . 85 Regia Delegazione di Pubblica Sicurezza in Massa, Atto n.177 del 27 maggio 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1. 86 Si farà riferimento più avanti ad una lettera con la quale Franco Spediacci di Bigliolo espone le proprie lamentele per i pochi arresti di simpatizzanti per la causa estense effettuati nel suo paese rispetto ai numerosi di Massa. 87 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza di Massa, Atto n.598 del 23 luglio 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.3. 57 Il 17 novembre il delegato di Pubblica Sicurezza in Massa formula un’ulteriore richiesta d’aumento dei secondini da destinare alle carceri del castello cittadino 88 . Questo è certamente un indice ulteriore del grande numero di arresti per motivi politici effettuati dalle nuove autorità. Sono questi ultimi eventi documentati che confermano ulteriormente, senza ombra di dubbio, come il nuovo corso politico istituzionale nasca sotto il segno della discriminazione, della negazione dei diritti della persona e della minaccia per l’incolumità e la vita stessa di coloro che non se ne sentono parte. Alla base dei numerosi arresti vi è, inoltre, anche una strategia mirante alla privazione del diritto di voto, attraverso la reclusione, di coloro che non gradiscono le nuove istituzioni per garantire, così, un consenso sicuro per la votazione prevista che deve segnare la definitiva annessione al regno di Vittorio Emanuele II. 88 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atto n.1268 del 17 novembre 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.5. 58 CAPITOLO SECONDO LA RESISTENZA FILOESTENSE 2.1 Ingiurie contro le Guardie Nazionali Se da un lato si assiste ad un incremento delle spese per lo spionaggio ai danni dei filoestensi, dall’altro i regi delegati di Pubblica Sicurezza, nelle loro relazioni, tendono, con tono altamente enfatico, a presentare le persone arrestate o destituite dal loro incarico pubblico per ragioni politiche come invise alla maggioranza della popolazione. Ma dai documenti d’archivio rinvenuti emerge un numero eccessivo di arresti per pensare che sia soltanto una minima parte a simpatizzare per il vecchio ordine di cose. Inoltre, in una relazione del 28 giugno 1859 che, purtroppo, non ha né intestazione né firma, si legge: “quando le truppe estensi comandate da Casoni occuparono le frazioni di Fosdinovo e Fivizzano, la Guardia Nazionale ed i Carabinieri Reali sotto la direzione dello scrivente erano incaricati d’invigilare per reprimere il movimento reazionario che non 59 pochi massesi cercavano tentare” 89 . Vi è dunque la conferma di come i filoestensi non siano una minima parte della popolazione e di come parte di essi sia pronta a saldarsi in un movimento organizzato di opposizione al nuovo ordine. Numerosi sono, infatti, i casi di insulti denunciati dalle Guardie Nazionali che portano all’arresto immediato di numerose persone e giova alla ricostruzione storica riportarne alcuni qui di seguito. Il 4 maggio 1859 viene effettuata a Montignoso una perquisizione in casa di Bertagni Giuseppe, segretario del comune sotto gli Estensi, e del figlio Giuseppe, ex tenente della Riserva Estense. Nel rapporto redatto, Giuseppe Frugoni riporta che le donne della famiglia Bertagnini gli avrebbero detto: “I Monti stan fermi, e le persone girano = che mi ricordi di essere stato il primo a portare a Montignoso la Bandiera Tricolore. che farei meglio attendere alla moglie, chè stare a capo della Guardia Nazionale” 90 . Nella zona montana di Massa, soprattutto nei paesi di Canevara e Forno, si verificano numerosi casi di ingiurie contro le Guardie Nazionali ed in 89 90 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.2. ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1. 60 particolare contro la guardia Luigi Fazj. Il 30 giugno, ad esempio, Andrea Padroni depone, alla delegazione di Pubblica Sicurezza in Massa, contro Pietro Sermattei, contadino ventiquattrenne di Turano, che vedendogli il berretto da Guardia Nazionale sul capo gli avrebbe detto: “presto Casoni te lo verrà a levare”. Lo stesso giorno il Sermattei viene arrestato e tradotto in carcere per essere a disposizione della Delegazione Politica ed il regio delegato di Pubblica Sicurezza di Massa, Cristiani, “invocato il disposto dal v.27 del regolamento di polizia condanna Pietro di Silvestro Sermattei all’afflittiva di giorni dieci di carcere” 91 . Dopo un primo momento in cui le ingiurie contro le Guardie Nazionali sono assai frequenti, tale atteggiamento, che porta all’immediata incarcerazione ed alla continua sorveglianza dopo il rilascio, risulta in calo una volta che sono trascorsi i primi mesi dall’instaurazione del nuovo corso politico. Tra coloro che parteggiano per la Casa d’Asburgo-Este prende, infatti, il sopravvento una nuova strategia, che comporta l’organizzazione di manifestazioni di gruppo e di vere e proprie azioni contro l’unità nazionale, pur restando comunque presenti casi di insulti rivolti dai singoli alle nuove forze dell’ordine. Il 91 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.2. 61 19 dicembre 1859 viene arrestato, per questo motivo, Giuseppe Belatti di Massa che, tradotto in carcere, si rivolge alle guardie dicendo: “mi contento di starci finché non venga Francesco V” 92 . 92 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.5. 62 2.2 Il movimento di resistenza filoestense Se, come visto nel paragrafo precedente, le ingiurie alle nuove autorità si verificano frequentemente come manifestazioni di auspicio al ritorno del duca Francesco V, vi sono anche atti più eclatanti che i sostenitori della Casa d’Asburgo-Este mettono in atto, come manifestazioni pubbliche e veri e propri sabotaggi. Il 19 maggio 1859, poiché “un libello in odio all’Ill.ma Sig.a Comm°. Straord. affiggevasi questa mane in alcuni punti di questa città”, il regio delegato di Pubblica Sicurezza invita il comandante dei Carabinieri Reali a disporre un’attenta vigilanza 93 . Evidentemente alcuni simpatizzanti per il passato ordine di cose tentano di rispondere, con lo stesso mezzo, ai molti manifesti fatti affiggere dai vincitori sin dal giorno seguente la ritirata estense. Nell’atto n.265 del 5 giugno, il regio delegato di Pubblica Sicurezza di Massa dispone che si avvertano i Carabinieri perché al Colle si verificano spesso “grida sediziose contro l’attuale governo”. In diverse località di Massa, ed in specie nei 63 paesi dell’area agricola 94 e montana, oltre che a Turano e al Colle, vengono segnalati gruppi di affezionati al cessato governo estense che gode di molte simpatie anche nell’alta classe ed in una parte del clero 95 . Si può affermare, pertanto, che vi sia la presenza di un sodalizio di simpatizzanti per la casa d’Asburgo-Este che non è caratterizzato da una sola classe sociale, ma che vede unirsi e collaborare contadini, classi alte e clero. Il presidente del municipio di Albiano in una nota inviata al regio delegato di Pubblica Sicurezza in Massa scrive che alcuni testimoni riferiscono di aver visto, in data 29 giugno davanti al 93 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza di Massa, Atto n.114 del 19 maggio 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1. 94 “Gli Ufficiali ed i soldati Estensi conoscono per prova l’attaccamento e la devozione che la generalità dei loro concittadini nutre costantemente verso l’augusto legittimo sovrano, e sanno quale sdegno mal represso, e quali lagnanze le presenti calamità suscitino per ogni dove, e principalmente nelle campagne del Ducato” in Estratto della Gazzetta di Verona del 1 ottobre 1859 num.223 in Difesa del Duca di Modena contro le accuse del signor Gladstone tratta da documenti officiali ed altre fonti autentiche, preceduta da una introduzione, e corredata di note ed appendici, dal Marchese di Normanby Cavaliere della Giarrettiera, Prima versione italiana, Tipografia Emiliana MDCCCLXII, pag.217. 95 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza di Massa, Atto n.122 del 21 maggio 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1. 64 muro del Castiglione Rossetti, i fratelli Antonio e Francesco Peroni, Domenico Sciarpa, Antonio Bellini e Ridolfo Nojici (?) “che portavano del verde sul cappello o beretta, e sul petto (…) segnale o colore della bandiera tedesca”. Alcuni dei testimoni aggiungono anche di aver “inteso che avevano cantato degli inni del Casoni e della sua truppa” 96 . Quello di mostrare stoffe e medaglie che ricordino il passato governo è un atto che può essere rinvenuto molte volte nei documenti d’archivio, come nel caso di Battista Festoni, al quale viene sequestrato, in località Cinquale, uno stemma in ferro rappresentante l’Arma del cessato governo 97 . Alcuni di coloro che hanno combattuto nelle armate Estensi o che hanno fatto parte della riserva estense fanno uso delle medaglie di guerra conferite loro dal Duca di Modena e per questo vengono denunciati ai tribunali ordinari e spesso tradotti in carcere 98 . 96 Presidente del Municipio di Albiano, Provincia di Lunigiana, Atto n.39, Albiano 10 luglio 1859, Oggetto: Esami sul conto di individui che avversi all’attuale governo cercano di turbare l’ordine pubblico. ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.3. 97 Presidente del Municipio di Montignoso, Nota del 20 giugno 1859 al Regio Delegato di Pubblica Sicurezza di Massa: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.2. 98 Circolare del Ministero dell’Interno Div.1 Sez.1 N.8516, Oggetto: militari estensi, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza, Atti 1863, b. 39. 65 Talvolta, però, le manifestazioni filoestensi non si limitano all’esposizione di vessilli o colori inneggianti al passato ordine di cose, ma si traducono in vere e proprie azioni. Atti eclatanti di tale opposizione al nuovo ordine politico avvengono a Carrara ed a Massa nei primi giorni di Maggio del 1859. Nel tratto di strada fra il ponte di Codena e la Madonna del Grottone, a Carrara, vengono più volte danneggiati i fili del telegrafo e la notte dell’undici vengono predisposte imboscate “per impedire altre rotture al filo telegrafico e per cogliere in flagranti i delinquenti” 99 . Altre imboscate sono organizzate fra la Madonna del Grottone ed il Mirteto, dove si verificano altri danneggiamenti al filo telegrafico. Dai documenti finora rinvenuti presso l’Archivio di Stato di Massa non si può evincere quanti arresti siano stati effettuati in relazione a tali imboscate, l’unica cosa certa è che, in data 25 maggio, la commissione militare d’inchiesta ordina il rilascio, per mancanza di prove, di Giuseppe Tosi che era stato accusato dei danneggiamenti alle linee telegrafiche 100 . 99 Cfr. Regio Delegato di Pubblica Sicurezza di Carrara, Lettera al Regio Delegato di Pubblica Sicurezza di Massa, e Regio Delegato di Pubblica Sicurezza di Massa, Atto n.68: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1. 100 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.2. 66 Il 20 luglio 1859 Franco Spediacci di Bigliolo scrive al Presidente ed al Vice Presidente del municipio di Aulla che “domenica scorsa dopo la Messa Parrocchiale si radunarono nel piazzale della Chiesa tutti i codini e le spie di Bigliolo, cominciarono a gridare che vogliono a basso la bandiera, e farla a pezzi, e che vogliono far a pezzi ancora quelli che l’hanno messa, e chi l’ha fatta mettere, ed alla testa di questi assassini vi era Angelo Fabbri e Filippo Spediacci”. Lo scrivente si lamenta anche perché “a Massa di quelli che gridavano o parlavano in favore del Duca ne hanno carcerati da 90 101 e più mentre a Bigliolo non si sente che parlare del Duca ed insultare gli italiani” 102 . Nello stesso periodo a Massa avvengono alcune manifestazioni di simpatizzanti per il precedente governo, che dopo la conclusione degli accordi di pace tra l’imperatore di Francia e quello d’Austria confidano nel ritorno del Duca di Modena 103 , 101 Anche questa informazione conferma l’elevato numero di arresti di sostenitori della casa d’Asburgo-Este nel territorio apuano. 102 Lettera da Bigliolo del 20 luglio 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.3. 103 “L’11 luglio 1859 i due Imperatori Francesco Giuseppe e Napoleone III, convenivano in Villafranca per fissare di comune accordo le basi preliminari di pace […] l’Imperatore de’ Francesi, che in quella conferenza teneva in mano la penna, e registrava mano a mano i punti su cui erano convenuti, scrisse senza esitazione: «Il Granduca di Toscana ed il Duca di 67 ed i Carabinieri Reali nella loro relazione giornaliera del 21 luglio segnalano l’avvenuto “arresto di retrogradi che già s’arbitrano a far dimostrazioni favorevoli a Francesco V” 104 . Si tratta delle speranze che nascono nei filoestensi in seguito all’armistizio di Villafranca nel quale, cessate le ostilità fra Austria e Francia, vengono fissati i preliminari di pace, elevati poi a stipulazione solenne mediante il Trattato di Zurigo, che prevedono il ristabilimento, mai rispettato ed attuato dai piemontesi 105 che si comportano “in opposizione alla lettera ed Modena rientrano ne’ loro Stati, accordando una amnistia generale»” in Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pagg.11-13. 104 Carabinieri Reali della Luogotenenza di Massa, Relazione giornaliera n.285 D.3 del 21 luglio 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.4. 105 Secondo i filoestensi si tratta di un vero e proprio inganno come emerge dal Dispaccio di Lord John Russel a sir James Hudson del 31 agosto 1860 nel quale si legge che “il Re di Sardegna era libero di non accettare i Preliminari di Villafranca ed il Trattato di Zurigo; ma avendo egli rinunciato alla continuazione della guerra, ed impegnata la sua regale parola di vivere in pace ed amistà coll’Austria, non era più libero di prosciogliersi da quest’obbligo e di procedere ad un inatteso attacco contro un principe suo vicino” in Difesa del Duca di Modena contro le accuse del signor Gladstone tratta da documenti officiali ed altre fonti autentiche, preceduta da una introduzione, e corredata di note ed appendici, dal Marchese di Normanby Cavaliere della Giarrettiera, Prima versione italiana, Tipografia Emiliana MDCCCLXII, pag-7. 68 allo spirito dei patti” 106 , della sovranità della Casa d’AsburgoEste 107 . A fine luglio un manipolo di ribelli filoestensi si reca sui monti che segnano il confine tra le città di Massa e Carrara ed issa la bandiera dell’ex Duca di Modena Francesco V. Il primo di agosto i Carabinieri Reali, che hanno identificato alcuni componenti del gruppo, composto da diverse persone di Canevara, effettuano l’arresto di Gio Gemignani di Carrara 108 . Quello di issare bandiere proprie del passato governo è un atto che si ripete anche il 4 ottobre, quando alcune Guardie Nazionali del Mirteto “scorsero nel Monte detto la Penna del 106 Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pag.14. 107 Il Duca Francesco V, il 22 marzo 1860, si esprime sugli accordi di Villafranca e sul successivo Trattato di Zurigo nel seguente modo: “e sì nei primi, che nel secondo il ristabilimento della Nostra Sovranità fu apertamente ed incontrovertibilmente convenuto. […] Il recente decreto d’annessione, che si vuol far comparire come la conseguenza di un supposto suffragio universale che comprende l’Emilia intera e quindi anche il Nostro Stato, compie la serie degli atti ingiusti e illegali, per mezzo dei quali siamo stati spogliati della Sovranità ereditata dai Nostri Maggiori che la esercitarono per molti secoli.” in Difesa del Duca di Modena contro le accuse del signor Gladstone tratta da documenti officiali ed altre fonti autentiche, preceduta da una introduzione, e corredata di note ed appendici, dal Marchese di Normanby Cavaliere della Giarrettiera, Prima versione italiana, Tipografia Emiliana MDCCCLXII, pag.49. 108 Carabinieri Reali della Luogotenenza di Massa, R.360 D.3°, Oggetto: Arresto di certo Gemignani Gio di Carrara; ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.4. 69 Lazzoni una bandiera bianco-celeste” ed un manifesto recante questa frase: “Il presente vesillo / Guai a chi lo tocha / 40 abastonati o Morti / Viva a Francesco quinto / e sempre viva e tutta la sua famiglia” 109 . Il 16 agosto avviene una “dimostrazione reazionaria” in Montedivalli ed il 25 dello stesso mese il delegato di Pubblica Sicurezza di Massa dispone che “quattro fra gl’individui che presero parte a detta dimostrazione, da scegliersi dalla predetta giunta [trattasi della giunta di Aulla, alla quale si rivolge] fra i più compromessi, siano puniti in via correzionale con quattro giorni di carcere” 110 . E’ chiaro che tale provvedimento ha un fine intimidatorio e mira a porre un freno alle “continue grida e manifestazioni reazionarie”. Manifestazioni che sul finire di settembre si verificano anche nel paese di Giucano ed inducono il Podestà di Fosdinovo a scrivere al regio delegato di Pubblica Sicurezza in Massa per esporgli che sarebbe necessario prendere qualche provvedimento utile ad impedire le dimostrazioni che “giornalmente hanno luogo” col grido: 109 Rapporto del luogotenente della IV Compagnia della Guardia Nazionale di Mirteto, 4 ottobre 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.4. 110 Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atto n.761 del 25 agosto 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.4. 70 “Viva Casoni / Il suo governo / La civica all’inferno / Viva l’Imperatore” 111 . Disordini assai rilevanti avvengono ad Antona la sera del 3 ottobre, quando cinquanta persone, facenti parte di una società segreta avversa al nuovo governo, armate di fucili, pistole, coltelli, pennati e bastoni, inneggiano ripetutamente a Francesco V. La maggior parte dei manifestanti viene arrestata ed uno di questi, Domenico Antognoli, viene fermato a Castelnuovo Garfagnana dove si può ipotizzare che si trovi nel tentativo di allontanarsi da Massa per poi raggiungere i territori del Veneto, cosa che potrebbero aver tentato di fare anche altri quattro manifestanti, che in data 18 ottobre risultano latitanti 112 . E’ ovvio che tali azioni portino all’arresto ed all’incarcerazione di coloro che le pongono in essere, anche perché, come scritto in precedenza, sono sufficienti i semplici reati d’opinione per essere tradotti in carcere. 111 Podestà di Fosdinovo, Nota del 28 settembre 1859 al Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.4. 112 Carabinieri Reali della Luogotenenza di Massa, n.798 Div.3, Massa 18 ottobre 1859: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.4. 71 Come si evince dagli eventi documentati, nel territorio apuolunense le manifestazioni in supporto di Francesco V non consistono solo in azioni individuali ma anche in veri e propri sabotaggi alle linee telegrafiche ed in manifestazioni di gruppo che possono essere ricondotte a quello che, a tutti gli effetti, è un movimento di vera e propria resistenza. Si può asserire che ci troviamo davanti non alla semplice esternazione di simpatie filoestensi ma di un vero e proprio movimento resistenziale in nome del duca Francesco V. 72 CAPITOLO TERZO VOLONTARIATO MILITARE ED EMIGRAZIONE POLITICA DEI FILOESTENSI Le guerre comportano da sempre, durante il loro svolgimento ed al termine delle operazioni militari, cambi di sovranità su alcuni territori. Lo spostamento del fronte di guerra e gli accordi di pace, che segnano la fine od una tregua del conflitto, si accompagnano solitamente a cambiamenti politici per la popolazione che vive sui territori contesi ed interessati dagli scontri. Vi sono cittadini che, rappresentando uno strato più o meno vasto della popolazione, non accettano questi cambiamenti e preferiscono emigrare piuttosto che assoggettarsi ad una autorità che non riconoscono e che spesso li perseguita come dissidenti politici. Ciò avviene anche nel territorio rispondente alla provincia di Massa Carrara durante e dopo gli eventi bellici che portano all’annessione di fatto di questi territori al Regno di Sardegna. Questo fenomeno viene descritto nelle prime 73 pagine del trattato in difesa del Duca di Modena dove, a proposito della decisione di Francesco V di lasciare il Ducato, si legge: “se ne partiva a tutto agio, in capo alle fedeli sue truppe […] seguito da eletto stuolo di migranti e da gran numero di famiglie d’ogni condizione, cui, quantunque amarissimo, meno amaro riusciva pigliare la via del volontario esiglio che non sottostare a un governo usurpatore, lungi dal principe benamato.” 113 La stessa pubblicazione riporta le parole del Duca di Modena che, riguardo al fenomeno dell’emigrazione di interi nuclei famigliari, si esprime in questo modo: “se il mio governo fosse stato così arbitrario […] no so perché tante famiglie emigrassero con me; perché in tutto questo tempo nessuna rimpatriasse, quantunque molte per tal cagione soffrano nei loro materiali interessi”. 114 Sarebbe assai sbrigativo procedere, in base ai documenti rinvenuti presso l’Archivio di Stato di Massa, ad una 113 Difesa del Duca di Modena contro le accuse del signor Gladstone tratta da documenti officiali ed altre fonti autentiche, preceduta da una introduzione, e corredata di note ed appendici, dal Marchese di Normanby Cavaliere della Giarrettiera, Prima versione italiana, Tipografia Emiliana MDCCCLXII, pag.VI. 114 Difesa del Duca di Modena contro le accuse del signor Gladstone tratta da documenti officiali ed altre fonti autentiche, preceduta da una introduzione, e corredata di note ed appendici, dal Marchese di Normanby Cavaliere della Giarrettiera, Prima versione italiana, Tipografia Emiliana MDCCCLXII, pag.25. 74 descrizione esclusivamente cronologica degli esodi che ancora oggi possono essere documentati, ma scopo di questo studio è quello di cogliere le motivazioni che spingono molti cittadini apuani e lunigianesi verso l’emigrazione politica e come queste si leghino alla scelta dei luoghi in cui emigrare. La classificazione della popolazione emigrante in base alle motivazioni di partenza non è però mai semplice, perché nell’animo di chi emigra si agita sempre un universo di sensazioni ed i fattori che inducono l’individuo a lasciare la terra natale sono molteplici 115 . Nel caso dell’emigrazione politica la maggior difficoltà è rappresentata dal fatto che essa avviene in larga parte in modo clandestino e coloro che emigrano seguendo le regolari procedure adducono motivi ufficiali, solitamente attinenti la sfera occupazionale, ben diversi da quelli reali. Per ricostruire nel modo più attendibile possibile gli esodi politici apuani e lunigianesi conseguenti al processo di unificazione dell’Italia è necessario tenere conto contemporaneamente dei sentimenti politici degli emigranti, 115 Cfr. Nicola Guerra, Partir Bisogna. Storie e momenti dell’emigrazione apuana e lunigianese, Provincia di Massa Carrara e Comunità Montana 75 dei comportamenti che tali sentimenti comportano (renitenza alla leva, diserzione, arruolamento volontario nelle truppe della Casa d’Asburgo-Este 116 , diffusione di propaganda anti-italiana, riunione in società segrete) e delle destinazioni in cui si emigra. Le principali destinazioni verso le quali si dirige l’emigrazione politica apuana e lunigianese, a partire dall’aprile 1859, sono prima l’Oltrepò e poi la Corsica. Alcuni di coloro che si recano nell’isola lo fanno, ad esempio, per fuggire alla chiamata alla leva militare del nuovo ordine politico e questa decisione può derivare sia da sentimenti di simpatia per il vecchio ordine di cose sia dal semplice desiderio di fuggire un obbligo gravoso. Le persone che emigrano nell’Oltrepò, in territorio austriaco, sono fortemente animate da sentimenti filoestensi e filoaustriaci e gli uomini che partono, sin dai primi momenti dell’occupazione sabauda, lo fanno per arruolarsi volontari o comunque consapevoli e pronti per essere chiamati a combattere nella parte alla quale sono rimasti fedeli. E’ bene far presente come la carriera militare a Parma e Modena, ben prima degli eventi citati, sia preferita soprattutto dalle classi della Lunigiana 2001. 76 umili e da quelle rurali, e a Modena, ancor più che a Parma, la devozione al trono e all’altare delle componenti militari fa si che il piccolo esercito ducale resti fedele a Francesco V117 . Una fedeltà che resiste ai tentativi sabaudi di fomentare le diserzioni, con promesse o con minacce, e che viene ben descritta in un memoriale filoestense dell’epoca. “Il 27 Settembre 1859 l’intruso Dittatore delle Provincie Modenesi e Parmensi, il Farini, metteva fuori un Decreto, uno de’ tanti mezzi invano posti in opera a smuovere la fedeltà delle truppe, che avevano seguito il Duca in territorio austriaco. Promessa a quanti si presentassero entro il 15 Ottobre facoltà d’impune rimpatrio, agli ufficiali accettazione coi rispettivi gradi «nell’Esercito Nazionale», od abilitazione a far valere i loro titoli alla pensione, a sotto-ufficiali e soldati corrisponsione d’una indennità di viaggio; a tutti coloro, che entro l’assegnato termine non fossero rientrati, era fatta minaccia di perdere la qualità di cittadini e di rimanere privi di ogni diritto politico e civile. Se non che ben più delle promesse e delle minacce degli 116 Cfr. Alberto Menziani, L’esercito del ducato di Modena dal 1848 al 1859, Ufficio Storico dello Stato 2005. 117 Francesco Leoni, Storia della Controrivoluzione in Italia:1799-1859, Guida 1975, pag. 185. 77 uomini della rivoluzione poteano sugli animi di que’ leali l’affetto al Principe ed il sentimento dell’onore” 118 . Col passare del tempo i confini col Veneto vengono attentamente sorvegliati dall’esercito sardo e per coloro che, fedeli alla Casa d’Este, vogliono raggiungere i territori controllati dagli austriaci aumentano enormemente i rischi di essere intercettati ed arrestati. In un secondo momento la Corsica prende dunque il sopravvento nelle destinazioni dell’emigrazione politica e diventa più difficile distinguere coloro che sono animati da forti sentimenti filoestensi da coloro che rifiutano semplicemente la chiamata alle armi delle nuove autorità di Vittorio Emanuele II e da coloro che emigrano nell’isola per motivi di lavoro, secondo un’abitudine da tempo consolidata. Un aiuto nella scomposizione degli esodi verso la Corsica, secondo le motivazioni di coloro che si imbarcano, proviene comunque dalle relazioni redatte periodicamente dai delegati di Pubblica Sicurezza del comprensorio apuo-lunense e dalla corrispondenza che essi tengono con i delegati delle città portuali dalle quali avvengono le partenze. 118 Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pag.28. 78 3.1 Volontariato militare e ricongiungimenti famigliari Mentre quello dei volontari che lasciano la terra natale per arruolarsi e combattere in nome dell’unità d’Italia è un fenomeno ampiamente studiato, quello dei volontari che scelgono la parte estense od austriaca è troppo spesso taciuto. Quando, il 27 aprile 1859, le truppe del colonnello Casoni lasciano le città di Massa e Carrara per riparare a Fivizzano, si verificano numerose partenze di uomini che si arruolano nelle armate estensi. Questi spostamenti possono essere considerati come scelte politiche, più che veri e propri esodi emigratori, anche se, come avrò modo di esporre successivamente, si legano anche famigliari che alle problematiche rappresentano a dei tutti ricongiungimenti gli effetti casi d’emigrazione. Anche in questo primo momento si verificano comunque delle vere e proprie emigrazioni poiché non lasciano il comprensorio apuano soltanto dei volontari ma anche interi nuclei famigliari che si spostano seguendo le milizie estensi fino in Veneto. 79 In un secondo momento, quando è ormai chiaro che il territorio apuano e lunigianese è soggetto alle nuove autorità di Vittorio Emanuele II, le partenze clandestine degli uomini per il Veneto sono sempre legate ad una scelta politica che comprende l’arruolamento volontario, ma denotano maggiori caratteristiche tipiche dei flussi migratori, dato che si legano ad una scelta di campo ma anche al desiderio di vivere in un altro Paese. Poiché le informazioni sulle quali si basa questo studio sono quelle rinvenute presso l’Archivio di Stato di Massa, e cioè quelle emergenti dai documenti redatti dalle nuove autorità, tutti gli uomini che emigrano nell’Oltrepò in età utile alla leva risultano classificati come volontari nelle truppe estensi. Emerge, da un esame attento dei documenti e della corrispondenza, come alcuni di questi uomini abbiano possibilità di domicilio nelle città sotto la sovranità austriaca, in particolare a Mantova, e ciò sembra indicare che per costoro l’arruolamento nelle truppe estensi avvenga in un secondo momento, dopo aver stabilito in quelle zone la propria residenza, ma la classificazione di volontari militari appare certamente appropriata. Le partenze che avvengono non in coincidenza con la dipartita delle truppe estensi, ma quando il 80 nuovo ordine politico appare ormai difficilmente reversibile, sono da considerarsi vere e proprie fughe da un’autorità non riconosciuta, che instaura un clima di sorveglianza e persecuzione ai danni di coloro che parteggiano o simpatizzano per il passato ordine di cose, e come scelta che comporta l’essere pronti ad arruolarsi e combattere nelle truppe fedeli a Francesco V. Sebbene questa emigrazione sia molto difficile da stimare a livello numerico si possono fare comunque alcune considerazione sulla composizione degli esodi. Nelle prime partenze, che si accompagnano alla ritirata estense ed alle operazioni belliche ancora in corso, vi è una presenza prevalente di uomini di giovane e media età che si muovono, in prevalenza, con l’intento di combattere per rientrare poi alle proprie abitazioni da vincitori o restare, in caso di sconfitta, sotto un’autorità riconosciuta. Negli esodi del secondo momento, quando vi è la certezza dell’impossibilità che ritorni l’autorità di Francesco V d’Asburgo-Este, aumenta invece la presenza delle donne e dei giovani. Questi ultimi, chiamati alle armi dalle nuove autorità, scelgono di recarsi in Veneto per vivere e lottare in nome del vecchio ordine politico. Le donne si muovono spesso con i figli per raggiungere i propri mariti 81 che si trovano già in Veneto e vestono le divise estensi od austriache. E’ il fenomeno dei ricongiungimenti famigliari. Il 5 luglio 1859, con atto n.498, il regio commissario straordinario di Massa richiede all’intendente generale di Reggio l’arresto di Domenico Guerra di Massa che, “persona sempre avversissima all’idea nazionale e costantemente ligia e devota all’assolutismo; allorquando le truppe Estensi nel 27 aprile, abbandonarono questa città egli le seguitò colla propria famiglia” 119 . Il regio delegato di Pubblica Sicurezza di Massa suppone che il Guerra si trovi a Reggio, ospitato da alcuni amici, ma al momento non si sono rinvenuti documenti che testimoniano il suo ritrovamento o quello della di lui famiglia. Come accade a molti di coloro che emigrano, viene accusato di “sottrazione criminale”, gli viene imputato, infatti, di aver lasciato il suo impiego con un deficit di 10.000 lire. Questo è un caso di emigrazione di un intero nucleo famigliare sin dal giorno in cui si verifica la dipartita delle truppe estensi da Massa e Carrara e nel quale la figura maschile assume il ruolo di volontario di guerra. 119 Regio Delegato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atto n.498 del 5 luglio 1859; ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.2. 82 La maggior parte di coloro che partono in questo primo momento è costituita da uomini abili a combattere od utili per le operazioni militari che seguono la ritirata estense in Fivizzano. In proposito il sottocommissario straordinario di Massa, in una sua nota, richiede al regio delegato cittadino di Pubblica Sicurezza informazioni su un certo Antonio Mannucci. Gli viene riferito che l’individuo in questione si è messo a disposizione del Maggiore Messori in qualità di telegrafista 120 lungo la ritirata estense, appropriandosi di alcuni strumenti e della cassa 121 . Anche in questo caso emerge, dunque, l’accusa di furto formulata nei confronti di chi segue le truppe Estensi ed il soggetto viene descritto dal regio delegato di Pubblica Sicurezza, con largo uso di toni retorici, come inviso alla popolazione per la sua fedeltà alla Casa d’AsburgoEste. Questa descrizione è però in aperta contraddizione con le note del commissario straordinario che descrivono il Mannucci come persona che vanta amicizie influenti e simpatie a Turano, 120 Al comandante della guarnigione di Massa e Carrara della Brigata estense era stato prescritto “partendo di colà, essendosi potuto riunire al Casoni, prendesse seco alcuni telegrafisti da impiegarsi altrove”. Cfr. Giornale storico della R.D. Brigata estense, Venezia, Tipografia Emiliana 1866, pag. 37. 121 Ufficio del Sotto-Commissario Straordinario in Massa, Atto n.587, in ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.3. 83 zona abitata da diverse persone avverse all’idea nazionale italiana. L’atto n.55, del 9 maggio 1859, redatto dal regio delegato di Pubblica Sicurezza della città di Massa ed indirizzato al regio commissario straordinario ha per oggetto: “Emigrazione di contadini”. Nell’atto si legge: “ Dietro la Notificazione pubblicata per l’arruolamento alla Guardia Nazionale, interpretata malamente da alcuni di questi campagnoli, cioè obbligatoria per dover andare alla guerra, corre voce che un buon numero sonosi portati, dicesi, in Lombardia, o sotto Casoni, scegliendo piuttosto militare sotto quest’ultimo, che per l’attuale Governo” 122 . Da questa nota emerge come sin dai primi giorni della ritirata estense da Massa e Carrara sia presente un canale migratorio tra le città apuane e due destinazioni: le ancora vicine truppe del colonnello Casoni ed i territori soggetti alla sovranità austriaca. Vi è un numero consistente di giovani che percorrono queste strade dell’emigrazione per arruolarsi volontari nelle truppe estensi e talvolta questa scelta viene dichiarata apertamente dalle madri durante gli interrogatori effettuati dai nuovi funzionari di 84 polizia o resa pubblica come reazione al clima di persecuzione instaurato dalle nuove autorità. E’ il caso di Giacinta Caccialuini e di Angela Gazzoli che, esasperate dai continui interrogatori, non fanno mistero che i rispettivi figli si siano uniti clandestinamente alle truppe estensi 123 . Nell’autunno del 1859 le nuove autorità cercano di stimare, presso i comuni del comprensorio apuo-lunense, il numero degli uomini tra i 18 ed i 30 anni che risultano assenti, ma se si escludono i comuni di Fosdinovo e Montignoso, che inseriscono nell’elenco degli assenti anche i volontari ed i coscritti presso le truppe estensi, i dati raccolti risultano talmente frammentari da non consentire una stima numerica complessiva dei volontari nelle truppe estensi. Nel comune di Fosdinovo, su un totale di 63 assenti, 15 vengono registrati come militari estensi ed uno come emigrato a Venezia. A Montignoso sono stimati 33 assenti dei quali 14 presso le truppe di Francesco V: 9 come coscritti e 5 come volontari 124 . 122 Regia Delegazione di Pubblica Sicurezza, Atto n.55 del 9 maggio 1859, Oggetto: emigrazione di contadini, in ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1. 123 Cfr. ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.1 ed ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.5. 124 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.5. 85 Dal 1860 si può affermare che le partenze di coloro che si recano nel mantovano, territorio soggetto al governo della Casa d’Austria, assumano principalmente i tratti caratteristici dell’emigrazione politica. Se nei primi esodi si può vedere una predominanza di partenze dovute ad una scelta di campo legata strettamente alle operazioni belliche, col passare dei mesi gli esodi sono sempre più imputabili anche al clima di persecuzione instaurato dalle nuove autorità ed alla conseguente scelta di alcuni cittadini di recarsi a vivere altrove. A partire dal 1860 si manifesta con maggiore intensità anche un’emigrazione imputabile ai ricongiungimenti famigliari, con partenze di donne e bambini, che si aggiunge agli esodi maschili che vedono partire ancora un largo numero di volontari. Negli atti delle nuove autorità vengono segnalati continuamente casi di espatri nel mantovano ed il 5 maggio 1860 l’intendente generale di Massa e Carrara incarica il regio delegato di Pubblica Sicurezza di Massa di fare approfondite indagini perché “alcuni emisarj ed agenti segreti promuovono la diserzione dalle Regie Truppe” e l’arruolamento nelle armate 86 di Francesco V 125 . L’otto agosto i Carabinieri Reali della luogotenenza di Massa arrestano alcuni individui sospettati di essere in procinto di arruolarsi nelle truppe dell’ex Duca Francesco V e nel rapporto inviato all’intendente generale si legge: “… verso le ore 10 ½ poi, nel Borgo del Ponte altra folla di cittadini, fra cui diversi militi della Guardia Nazionale, arrestarono altri sette individui citati qui contro, e li condusse direttamente in carcere per sospetto che volessero emigrare in Austria, quantunque essi dichiarassero essere assolutamente falso” 126 . Gli individui arrestati sono: Giovanni Polidori di anni ventiquattro, Giuseppe Carlo di venticinque, Francesco Rossi di venti, Giuseppe Corsini di quaranta, Giuseppe Filippo Marselli di ventisette, tutti di Fontia; Giovanni Corsini di anni venti e Domenico Bordigoni di ventisei, entrambi di Massa. Sempre nel 1860, l’intendente generale della provincia di Massa Carrara raccomanda una migliore sorveglianza perché 125 Intendente Generale della Provincia di Massa e Carrara, Prot. Gen.le n.2483 Sez.VI Tit.1, Al Sig. Delegato di P.S. di Massa: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.7. 126 Carabinieri Reali Luogotenenza di Massa R.1069, Oggetto: Arresto di otto individui, Al Sig Intendente Generale, Massa 8 agosto 1860: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.7. 87 “consta al R. Ministero […] che varj reclutati siano già stati diretti a Mantova ed ivi arruolati” 127 . In novembre vengono arrestati a Castelnuovo ne’ Monti tali Vincenzo Zeni, Gio Antonio Piccioli, Ermenegildo Borselli e Giulio Baldassini che si stanno dirigendo nell’Oltrepò 128 . Secondo la Delegazione mandamentale di P.S. di Castelnuovo ne’ Monti il Baldassini “era il condottiero delli Biselli, Zeni, e Piccioli per farli passare oltre Po’, onde arruolarsi sotto le bandiere dell’ex Duca Francesco” e “consegnarli nell’oltre Po’ a certo Tenente Rapetti di Gragnana che trovasi al servizio delle truppe Estensi”. Secondo questa delegazione “complici istigatori di loro emigrazione sono per primo e sembra il capo certo Donati Raffaello di Pallerone (?), il secondo certo Angelo di cui s’ignora il cognome /ma garzone di certi Felliccioni di Gragnana/ terzo certa Maria Rosa Bernucci di Gragnana e per ultimo /finora/ certo Massimiliano Frediani di Gragnana”. Nel 1860 vi sono diversi casi di arresto e segnalazione di persone che fungono da arruolatori e guide per l’emigrazione 127 Intendenza Generale della provincia di Massa Carrara, Prot. N.149, Oggetto: Reclutatori per conto dell’ex Duca di Modena: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.9. 128 Regia Delegazione di P.S. di Carrara, R.54 P. Seg.to, Oggetto: Arresto Baldassini, Zeni, Piccioli e Biselli diretti Oltrepò. ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.9. 88 nell’Oltrepò e tra essi figura anche un certo Pietro Gaboardi di Fontanelle (Parma), che serve ad Aulla come mozzo di stalla per l’albergatore Pietro Gavani ed è sospettato di aver condotto in Veneto Don Odoardo Grilli, divenuto poi cappellano militare nelle truppe dell’ex Duca di Modena 129 . E’ evidente che alla base di tali esodi vi è la fedeltà alla casa d’Asburgo-Este ed al Duca Francesco V unita alla decisione di fuggire da un clima sociale avverso a coloro che parteggiano per il passato ordine di cose. La situazione di sorveglianza con grande ingerenza nella sfera personale, la discriminazione in ambito occupazionale ed il fatto che basti essere sospettati di aver pronunziato frasi di simpatia per la Casa d’Este per essere tradotti in carcere sono certamente cause che contribuiscono alla decisione di emigrare e di arruolarsi nelle truppe estensi. Il 17 maggio 1860 il regio delegato di P.S. di Massa dà istruzioni affinché si trasmettano all’intendente generale i connotati di Pier Angelo Gemelli, quarantaseienne di Montignoso, “ex cursore politico, il quale giorni sono varcò il 129 Regio Delegato di P.S. in Aulla, all’Intendente Generale di Massa, Aulla 7 gennaio 1860: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.14. 89 confine per recarsi a Mantova” 130 . Non è difficile immaginare quali condizioni vessatorie abbiano indotto questo cittadino di Montignoso ad espatriare nell’Oltrepò. Nel giugno dello stesso anno, come risulta dai documenti rinvenuti presso l’Archivio di Stato di Massa, fugge nel mantovano un gruppo di persone composto da Domenico Rognoni del Colle di Massa, Ernesto Giusti, Domenico Corazzini, entrambi di Massa, ed un certo Ribolini di Carrara 131 . Spesso i cittadini che emigrano si muovono in gruppo ma altre volte tentano la fuga in solitario come avviene nel caso del massese Domenico Giusti, riguardo al quale la regia delegazione di P.S. del circondario di Guastalla, in data 24 agosto 1860, comunica al regio delegato di P.S. in Massa l’avvenuto arresto mentre “tentava di varcare il confine ed era sprovvisto di carte” 132 . Durante l’interrogatorio l’arrestato, che ha fornito false generalità ed il vero nome del quale sembra essere quello di Bartolomeo Rossi, afferma che non era sua intenzione arruolarsi per il Duca di Modena ma andare a 130 Regio Delegato di P.S. in Massa, Atto n.425, Massa 17 maggio 1860: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.7. 131 Intendente Generale, n.537, Massa 14 giu 1860: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.7. 90 lavorare nel mantovano. Se da un lato bisogna, in proposito, tenere conto dei tanti dipendenti pubblici che, rimossi dalle nuove autorità, non trovano occupazione e di come sia difficile per coloro che simpatizzano per il passato ordine politico trovare un impiego all’interno di una situazione di forti discriminazioni, dall’altro non è difficile comprendere come questi aspetti corroborino il desiderio di arruolarsi nelle truppe di Francesco V. Solitamente sono gli uomini, i volontari di guerra, a partire per primi in modo clandestino per il Veneto e successivamente si verificano i ricongiungimenti famigliari. Con dispaccio telegrafico n.260 del 23 maggio, presentato alla stazione di Guastalla, il delegato di circondario dell’intendente di Guastalla scrive all’intendente generale di Massa: “si presentano qui la Carolina Freddiani in Gaddi e due suoi figli, Carolina Parozzi nata Contessa Ceccopieri, Giannetti Giuseppe vetturale, e Leopoldo Grotti, tutti di Massa, con carta di sicurezza per Guastalla. Ora vogliono recarsi all’estero dove poi li attende un ufficiale Estense. Debbo accordare carta di 132 Regia Delegazione di P.S. del circondario di Guastalla, n.1405 del 24 agosto 1860, al Illustrissimo Delegato di P.S. del circondario di Massa, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.8. 91 passo? Favorisca subito riscontro” 133 . La risposta del delegato di P.S. di Massa è la seguente: “La Carolina Freddiani in Gaddi, due figli e domestici. Strenta Teresa Ceccopieri in Parozzi raggiungono i loro mariti ufficiali estensi in Mantova. Giannetti e Grotti sono i loro vetturali nulla osta di lasciargli transitare” 134 . Il 30 giugno 1860 Teresa Corsini in Cavazzuti, “ricercata dal proprio marito Giuseppe Cavazzuti militare in Mantova e decisasi di raggiungerlo con li due propri figli di età minorenne, per nome l’una Clementina e l’altro Pietrino”, si rivolge al delegato di P.S. di Massa pregandolo di rilasciarle la carta di passo per recarsi a Mantova 135 . Alcuni giorni prima la donna aveva ricevuto una lettera dal marito nella quale si legge: “scrivimi se poi il giorno della partenza che così presso a poco sapiamo il giorno del vostro arivo in Mantova […] Resto col desiderio di presto abraciarti come pure i miei cari figli” 136 . Il 30 giugno le autorità rilasciano nulla osta per l’espatrio alla 133 Dispaccio n.260 dei Telegrafi Elettrici presentato alla stazione di Guastalla il giorno 23 maggio alle ore 6 ¼ . Ricevimento Sez. Massa alle ore 7,30. ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.7. 134 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.7. 135 Domanda di Teresa Corsini in Cavazzuti in: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.7. 136 Lettera di Giuseppe Cavazzuti alla moglie: ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.7. 92 ventitreenne nubile massese Quinta Giorgieri che si reca a Mantova dal padre Bernardino, che abita lì da quattordici mesi, portando con sé il fratello Enrico di otto anni 137 . Dai documenti d’archivio emerge che quando il ricongiungimento famigliare comporta l’emigrazione di donne e bambini le nuove autorità rilasciano, dopo accurati accertamenti, il nulla osta, ma quando il ricongiungimento comporta l’espatrio di uomini il nulla osta non viene concesso. Il 3 luglio Ferdinando Massa espone che per affari di famiglia deve recarsi dal fratello Gaetano che si trova a Mantova e non ha la possibilità di sostentamento dopo la morte del padre. Un giorno dopo l’intendente generale rifiuta il rilascio del nulla osta ed il regio delegato di P.S. ipotizza che “anziché interessi col fratello, che non vengono giustificati in alcuna guisa, voglia il petente Massa recarsi a Bassano 138 per servire la causa dello ex Duca, cui è assai devoto” 139 . Quello dei volontari nelle 137 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.7. La Brigata Estense “a’ primi del febbraio 1860 passava a quartiere nelle città di Bassano, Tiene e Schio, in provincia di Vicenza, e più tardi in parte a Marostica, Crespano, Asolo e contigui paeselli.” in Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pag.10. 139 Regio Delegato di P.S. in ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.7. 138 93 truppe estensi è un fenomeno che allarma molto le nuove autorità. I passaporti di coloro che intendono recarsi nel territorio austriaco sono delle semplici carte di passo munite del solo timbro della delegazione locale di P.S. e sono privi di stemma e dotati di una diversa intestazione, secondo quanto previsto dal dispaccio n.32 Sez.II del Ministero dell’Interno. Ciò avviene perché le autorità austriache si sono più volte rifiutate di accettare i passaporti di queste province stesi in nome del re Vittorio Emanuele e portanti lo stemma dei Savoia 140 . Il 1861 si apre con una relazione dell’intendente generale, datata primo gennaio, nella quale si legge: “E’ a notifica di questo General Uffizio che diversi giovani di questa città e dintorni appartenenti alla leva, vannosi assentandosi dalle loro case e dirigendosi nel Mantovano per arruolarsi nelle truppe dell’ex Duca assicurati che non sarebbero condotti a combattere. Li medesimi sono tutti sprovvisti di passaporti” 141 . 140 Ufficio del Commissario Straordinario ed Intendente della Provincia di Massa Carrara e Lunigiana, N. d’ordine 2327 P.G., dicembre 1859, alla Delegazione di P.S. in Massa, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.5. 141 Massa 31 dicembre 1860, cartella 39 n.243, Oggetto: Emigrazione di coscritti nel Veneto, Ai Intendenti Generali di Modena e Reggio al Sig. Intendente di Guastalla, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.11. 94 Il 10 gennaio dello stesso anno la sezione di Pubblica Sicurezza della prefettura di Reggio comunica l’avvenuto arresto dei diciannovenni massesi: Luigi Massa, Sante Scufietti, Batta Borghini, Vincenzo Borzoni, Sante Gozzani, Pietro Tongiani e Pietro Nari. L’accusa mossa loro è quella di “tentata evasione dallo Stato onde sottrarsi alla leva” 142 . Dopo i primi interrogatori e le prime indagini risulta che il gruppo è stato guidato nell’Oltrepò da Giacomo Manini di Pariana (Massa) e che i giovani sono stati istigati da Pietro Lombardini e da certo abate Franciò, abitante alla Rocca. Quest’ultimo è accusato, inoltre, di aver condotto nel mantovano altri dieci giovani alcuni giorni prima. Da indagini successive risulta che il Lombardini altri non è che certo Pietro Mannini di Pariana e che l’abate Franciò è Giovanni Manfredi della Rocca. Il 21 dicembre dello stesso anno, però, l’accusa di renitenza alla leva nei confronti degli arrestati passa in secondo piano, anche in virtù del fatto che tra costoro che tentano di emigrare figurano anche riformati dalla leva, come Sante Scuffietti, e persone, come Luigi Massa, mai iscritte nelle liste di leva, come viene appurato dal Municipio di Massa. Il giudice istruttore di Massa 142 Prefettura di Reggio, Sezione di P.S., n.104, Reggio 10 gennaio 1861, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1861, b.23. 95 accusa, però, alcuni di questi cittadini d’essere “ingaggiatori ed arruolatori per l’estero”. Risultano invece essere tutti volontari Giacomo Fazzi di Pariana, Luigi Bugliani, Gio Cantarelli e Franco Curtopassi, tutti e tre del Ponte, che vengono arrestati mentre tentano di espatriare nell’Oltrepò. Altri giovani vengono fermati nello stesso anno mentre vengono condotti in Veneto da certo Luigi Mantovani, accusato di aver aiutato ad espatriare anche Giovanni Manfredi della Rocca 143 . Dai numerosi casi di emigrazione di volontari filoestensi verso l’Oltrepò emerge che la destinazione principale di questo esodo è certamente Mantova, ma esiste un’altra importante località verso la quale la popolazione apuana e lunigianese che simpatizza per il precedente ordine politico si dirige: Bassano. Il 20 agosto 1861 un informatore delle nuove autorità piemontesi riferisce di aver incontrato, vicino a Casola, tre giovani di circa venticinque anni, certamente volontari di guerra, guidati verso il mantovano da un’anziana donna che 143 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1861, b.23. 96 avrebbe confidato lui di essere diretta dal figlio, milite estense 144 . I ricongiungimenti famigliari che comportano l’emigrazione delle donne avvengono sia in modo clandestino sia facendo richiesta per il rilascio della carta di passo, ma quelli che comportano l’esodo di persone di sesso maschile possono avvenire soltanto clandestinamente perché le nuove autorità, anche nel 1861, non rilasciano carte di passo agli uomini per il timore che si arruolino nelle armate estensi. Il 24 aprile 1861 la regia delegazione di P.S. per i mandamenti di Aulla, Tresana e Calice comunica all’intendente generale di Massa che “Anna Maria Mastarda in Rapetti si è presentata a prendere il visto sul passaporto per intraprendere oggi stesso il viaggio per Oltre Po onde unirsi alla sorte del marito colla figlia Annunziata e figlio Corrado” 145 . L’8 novembre viene invece arrestato il sessantacinquenne Giuseppe Pederini di Bigliolo (Aulla) che interrogato confessa 144 Delegazione mandamentale di P.S. di Fivizzano, Fivizzano 20 agosto 1861, P. N. 431, Oggetto: Individui sospetti di andare ad arruolarsi nelle bande estensi, all’Intendente Generale di Massa, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1861, b.23. 97 di “essere diretto al confine a ritrovare tre suoi figli nelle truppe dell’ex Duca” 146 . Dai documenti d’archivio emerge inoltre una fitta corrispondenza telegrafica tra le autorità locali e quelle poste nelle aree di confine con i territori austriaci con la quale le autorità apuane e lunigianesi chiedono informazioni su persone che risultano assenti dal territorio. E’ questo il caso, ad esempio, di Pietro Raffo di Massa, precedentemente occupato presso la fabbrica di tabacchi ed accusato di appropriazione indebita. Del trattamento riservato ai dipendenti pubblici sospettati di nutrire simpatie filoestensi ho scritto in precedenza, e questo del Raffo, del quale si dice abbia passato il confine per recarsi in territorio austriaco, sembra essere uno di quei casi di emigrazione politica di pubblici impiegati verificatisi nella città apuana 147 . 145 Regia Delegazione di P.S. pei mandamenti di Aulla, Tresana e Calice, Oggetto: Emigrazione, All’Ill.mo Sig. Intendente Generale di Massa, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1861, b.23. 146 Delegazione mandamentale di P.S. di Castelnovo ne’ Monti, 20 novembre 1861, Oggetto: Arresto di Giuseppe Pedrini di Bigliolo (Aulla), ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1861, b.23. 147 Tribunale del Circondario di Massa Ufficio del Giudice istruttore, Massa 30 settembre 1861, al Delegato di P.S. in Massa, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1861, b.23. 98 Nell’anno 1862 risulta ancora presente un canale migratorio tra la provincia di Massa Carrara e l’Oltrepò ed il 24 dicembre la sottoprefettura di Casalmaggiore, rispondendo ad una precedente nota del Prefetto di Massa Carrara, comunica di aver attuato tutte le misure per impedire che fuggiaschi passino all’estero per la vicina renitenti e frontiera mantovana 148 . Precedentemente il prefetto di Massa Carrara aveva indirizzato una nota al prefetto del circondario di Mirandola, Guastalla e Casalmaggiore per “far raddoppiare la vigilanza nell’intento d’impedire che i medesimi [i coscritti] abbiano ad evadere Oltre Pò”. A quanto emerge da questa nota, ancora nel 1862 alcuni coscritti si mettono in cammino clandestinamente per l’Oltrepò, e questo fa di loro certamente delle persone pronte a combattere in nome di Francesco V. Altri, impossibilitati a raggiungere i territori austriaci a causa dell’intensa sorveglianza, partono “muniti di falso passaporto per la Corsica e per la Francia” 149 . 148 Sottoprefettura di Casalmaggiore, P.S., Risposta alla nota del 24 ottobre, Casalmaggiore 24 dicembre 1862, Oggetto: Sorveglianza per prevenire la fuga di giovani oltre Po, Al Sig. Prefetto di Massa Carrara, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1863, b.40. 149 Prefetto di Massa Carrara, Al Sig. Prefetto dei circondari di Mirandola, Guastalla, Casalmaggiore, Oggetto: Sorveglianza per prevenire la fuga di giovani coscritti, 28 novembre 1862, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1863, b.40. 99 Questi dati reperiti presso l’Archivio di Stato di Massa dimostrano come si verifichi una persistente affluenza di giovani volontari nelle armate di Francesco V e come questi scelgano di servire il loro duca per combattere la battaglia di indipendenza dei loro territori piuttosto che divenire italiani per forza ed essere coscritti in quello che evidentemente ritengono un esercito usurpatore. Le vicende della Brigata Estense, considerate nel periodo che va dall’inizio della Seconda guerra di Indipendenza (1859) al settembre 1863, quando viene congedata dall’ormai ex duca di Modena, non possono dunque prescindere dalle storie personali dei massesi, carraresi e lunigianesi che in essa si arruolano come volontari e dalla storia del movimento di resistenza filoestense che nasce in questi territori. Se quando giunge a Mantova, infatti, la Brigata estense è costituita da un effettivo di 3.623 uomini (di cui 510 appartengono ai Dragoni, 335 all’Artiglieria, 169 ai Pionieri, 2.453 al Reggimento di Linea e 156 alle Milizie di Riserva) con 229 cavalli e 4 pezzi 150 , 150 i suoi effettivi crescono Giornale storico della R.D. Brigata estense, Venezia, Tipografia Emiliana 1866, pag.79. Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe 100 considerevolmente fino a raggiungere il numero di circa 5.000 uomini 151 grazie ai molti che scelgono di militare col duca piuttosto che col nuovo governo e grazie a coloro che, in occasione della chiamata alla leva del Regno d’Italia, disertano, passano il Po, e si arruolano nelle truppe estensi 152 . Il fenomeno dei volontari nelle truppe estensi viene commentato dallo stesso Duca Francesco V che, relativamente a ciò, si pone un interrogativo piuttosto chiaro: “se il mio governo fosse stato così arbitrario […] perché le mie truppe abbandonassero il loro paese e le loro famiglie per un tempo indefinito, resistendo a seduzioni di ogni sorta e minacce di vendetta rivoluzionaria; perché, in fine, truppe tenute lontane dal loro proprio paese dovrebbero continuare a rinforzare i loro ranghi persino molto meglio di quando io teneva il potere nelle mie mani [?]”. 153 Questa fedeltà alla casa d’Asburgo-Este viene confermata al momento dello scioglimento della Brigata estense, decretato il estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pag.82. 151 Giornale storico della R.D. Brigata estense, Venezia, Tipografia Emiliana 1866, pag.104. 152 Cfr. Giuliano Muzzioli, Modena, Laterza 1993. 153 Difesa del Duca di Modena contro le accuse del signor Gladstone tratta da documenti officiali ed altre fonti autentiche, preceduta da una introduzione, e corredata di note ed appendici, dal Marchese di Normanby 101 14 agosto ed effettuato il 24 settembre 1863, quando, secondo il Giornale storico della R.D. Brigata estense, dei 158 ufficiali e 2.564 graduati e soldati che ancora la compongono, 56 ufficiali e 726 graduati e soldati passano al servizio dell’Austria 154 . Anche in Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi si ha ulteriore conferma, seppur con stime numeriche differenti, di questa fedeltà: “Centocinquantotto Ufficiali, o con grado pari ad ufficiale, […] rimasero tutti sul territorio austriaco, e tutti passarono nell’Armata imperiale, ad eccezione di uno solo, cui circostanze peculiarissime imponevano la stringente necessità di rimpatriare. Molte centinaja di sotto-ufficiali e soldati seguirono l’esempio dei capi, ed entrarono in servigio austriaco. Quasi un duecento rimasero sul suolo dell’Impero senza prendere servigio militare” 155 . L’ammirazione degli austriaci per la lealtà dei militari estensi a Francesco V è grande 156 e ad essi viene proposto di entrare a Cavaliere della Giarrettiera, Prima versione italiana, Tipografia Emiliana MDCCCLXII, pag.25. 154 Giornale storico della R.D. Brigata estense, Venezia, Tipografia Emiliana 1866, pagg. 305-306. 155 Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pag.36. 156 “[…] il Generale d’artiglieria cavaliere di Benedek ingiungeva al Comando della Brigata di comunicare alle Truppe, «che la sorte di questi 102 far parte dell’esercito austriaco a parità di grado e funzione, senza essere penalizzati dalla non conoscenza della lingua tedesca 157 , ed anche questo contribuisce al fatto che molti decidono di restare nelle file austriache. La documentazione reperita e quella esposta nel presente studio consente di affermare che il ruolo dei massesi, carraresi e lunigianese tra i volontari in nome di Francesco V è certamente rilevante e testimonia ulteriormente come il processo di unificazione nazionale nel territorio apuo-lunense non sia plebiscitario e veda, oltre ad una opposizione che agisce in loco sia a livello individuale sia come movimento di resistenza, una bravi trova pienissima partecipazione nel cuore di tutti i loro camerata dell’I.R. Armata, che ammira l’esempio di fedeltà addimostrato nelle più difficili circostanze per il loro serenissimo Sovrano e per l’intatto onore della loro bandiera, e la quale accoglierà ciascuno di questi bravi, che entrano nelle nostre file, con quella stima e fratellanza che ben meritano la sublime lealtà e cavalleresca nobiltà de’ loro sentimenti.»” in Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pag.33. 157 “Fu pattuito che qualunque Ufficiale possa passare nell’esercito austriaco col grado e rango acquistato nelle truppe ducali, sia, secondo la fisica attitudine, in servizio attivo, in corpi corrispondenti alle armi nelle quali in precedenza servivano, sia nella Gendarmeria, sia in impieghi militari di riposo, sia per immediata pensione a carico dell’Erario imperiale; che il non conoscere al lingua tedesca non possa per alcuno essere di ostacolo a priori per la sua ammissione in servizio attivo …” in Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pagg.31-32. 103 opposizione che decide di mettere a repentaglio la propria vita nelle armate estensi. 104 3.2 I renitenti alla leva emigrano in Corsica Da quanto emerge dai documenti d’archivio, nel 1860 l’intendente del circondario di Pontremoli trasmette una nota al ministero dell’Interno per comunicare l’adozione di misure finalizzate all’arresto dei disertori e renitenti alla leva che emigrano in Corsica 158 . Nel novembre dello stesso anno l’intendenza di Pontremoli redige la relazione straordinaria di buongoverno nella quale si legge: “intento di questo ufficio colla più attiva sollecitudine onde scoprire e cogliere in flagranti almeno alcuni dei tanti, massime fra disertori e coscritti, che con passaporto altrui, o totalmente falso, emigrano dallo Stato, eludendo qualunque siasi più accurata sorveglianza delle autorità di confine” 159 . Nella relazione viene inoltre descritto come in data 5 novembre siano stati arrestati nel porto di La Spezia vari renitenti e disertori che, con 158 Ministero dell’Interno, Divisione II N.10931, Oggetto: Misure adottate per l’arresto dei disertori e renitenti alla leva del circondario di Pontremoli che cercano di passare all’estero, Torino 2 settembre 1860, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.11. 159 Provincia di Massa e Carrara – Intendenza di Pontremoli, Ufficio di Pubblica Sicurezza N.1027, Oggetto: Relazione straordinaria di Buongoverno, Pontremoli 20 nov 1860, All’intendenza Generale di Massa, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1860, b.11. 105 “passaporti procurati da congiunti e amici”, si sarebbero dovuti imbarcare per la Corsica il giorno 7 del mese. Gli arrestati sono: il ventenne Giacomo Luchini di Arzelato (Zeri) che tenta di emigrare col passaporto rilasciato al fratello Giovanni; il contadino diciannovenne Antonio Forni di Cervarola di Bagnone che è munito del passaporto di Felice Bassi; il quarantottenne Felice Sarti di Dozzano (Pontremoli) che cerca di imbarcarsi col passaporto del compaesano Pietro Sordi; il diciannovenne Pietro Pizzanelli di Cervara (Pontremoli) munito del passaporto del fratello undicenne Giorgio ed il ventenne di Filetto, Giorgio Bottini, che spera di salire a bordo con la cartella di documenti di Gio Batta Caselli. L’intendente del circondario di Pontremoli fa presente che molti renitenti che vogliono emigrare in Corsica, giunti a conoscenza della sorveglianza predisposta nel porto di La Spezia, si dirigono verso Livorno e tra coloro che per primi raggiungono l’imbarco toscano vi sono certamente alcuni cittadini lunigianesi che hanno fatto richiesta di passaporto ma non si sono presentati a ritirarlo perché soggetti alla leva: Lorenzo Corvi di Cervara, Pietro Gherbi di Guinadi, Luigi Biondi di Valdatena (Pontremoli), Andrea e Domenico Marioni di Guinadi, Celeste Ballestracci di Filattiera, Antonio Bella di Pontremoli e Rocco 106 Cabrelli di Guinadi. Per quanto riguarda i renitenti e disertori lunigianesi che sono riusciti ad emigrare negli imbarchi da La Spezia precedentemente all’imboscata del 5 novembre, l’intendente ammette di ignorare l’identità di molti, ma è certo che tra essi figurino: Carlo Chiesa di Pracchiola che è partito col passaporto del fratello Luigi; Antonio Papi, anch’egli di Pracchiola, munito del passaporto del fratello Domenico; Bartolomeo Lusardi di Bratto; Lorenzo Cattini di Poraja, Antonio Beschizza di Bratto e Giacomo Fenini di Bassone di Vignola. Sono dunque tanti coloro che, per evitare la leva, prendono le vie dell’emigrazione verso la Corsica e non è possibile distinguere coloro che lo fanno per fuggire semplicemente ad un obbligo gravoso da coloro che sono animati invece da più profonde ragioni politiche, come il rifiuto delle nuove autorità e la simpatia per il precedente ordine politico. Certo la maggior parte di coloro che sono animati da forti motivazioni antiunitarie e pronti a combattere in nome di Francesco V tenta l’emigrazione verso i territori del Veneto, soggetti all’autorità austriaca, ma la più intensa sorveglianza predisposta in quei confini ed il rischio di essere arrestati può aver spinto alcuni di essi ad imbarcarsi per la Corsica. 107 E’ chiaro che la grande adesione popolare alla causa risorgimentale, che viene spesso citata, sembra non essere poi così profonda nel comprensorio apuo-lunense dove sono numerosi sia i volontari nelle truppe estensi sia i renitenti e disertori che fuggono in Corsica onde sottrarsi alla leva, dimostrando la più totale avversione o indifferenza verso il processo di unificazione nazionale. Le nuove autorità sabaude tentano di stimare numericamente il fenomeno dei renitenti alla leva, che prosegue con intensità nel 1861, ma le stime effettuate non approdano a risultati finali completi. Secondo una relazione presente nei documenti rinvenuti nelle cartelle dell’ispettorato di Pubblica Sicurezza presso l’Archivio di Stato di Massa, il cui autore resta ignoto, nell’anno 1861 a Massa vi sarebbero ben 55 “mancanti” su 152 “iscritti” alla leva; 28 mancanti figurano a Carrara su 188 iscritti; a Fivizzano 26 mancanti su 161 iscritti; a Fosdinovo 12 mancanti su 40 iscritti; ad Aulla 13 su 107; a Calice 6 su 48 ed a Tresana 15 su 46. In totale vengono stimati 155 mancanti dalle proprie residenze su 742 iscritti nelle liste di leva, per una percentuale di renitenti intorno al 21%, con una punta di oltre il 108 36% nella città di Massa 160 . Sebbene tale valutazione sia probabilmente sottostimata e afflitta da lacune, specie per i dati relativi alla Lunigiana dove il fenomeno, stando alle relazioni delle autorità di P.S., sembra essere più intenso, essa ci mostra comunque come sia rilevante il fenomeno della renitenza alla leva. Il fenomeno dell’emigrazione clandestina dei renitenti alla leva e dei disertori prosegue nel 1862 ed interessa la zona costiera, con le città di Massa e Carrara, la Lunigiana ed anche il comprensorio della Garfagnana. Il regio intendente di quest’ultimo circondario in una relazione asserisce che alcuni cittadini, dopo aver fatto richiesta per l’ottenimento del passaporto e dopo esserne venuti in possesso, affermano di averlo smarrito ma “si ha fondato sospetto, anzi morale certezza per ritenere che ne abbiano fatta cessione agli evasi coscritti”, è infatti assai diffuso il fenomeno della “evasione dal Regno e rifugio nell’isola di Corsica di molti giovani colpiti dalla leva” 161 . 160 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1861, b.23. Regia Intendenza del Circondario di Garfagnana, Ufficio di P.S. N.15, Castelnovo 9 gennaio 1862, Oggetto: Cessione di passaporti, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1862, b.32. 161 109 Il 21 novembre dello stesso anno il municipio di Tresana 162 invia una nota riservata al prefetto di Massa Carrara con la quale lo pone a conoscenza che alcuni informatori asseriscono che “certo Marcello del Paese di Aulla sia un famoso conduttore e spedizioniere dei giovani coscritti che fuggono all’Estero (specialmente in Corsica) per sottrarsi alla leva militare. Questo li conduce alla Spezia, si presenta all’Impaya Valery di Corsica; va esso a fare le spedizioni pel viaggio, e clandestinamente li conduce al bastimento, dove li nasconde accuratamente; dai quali poi ritrae un proporzionato, e convenuto compenso” 163 . Ancora nel 1863 l’emigrazione verso la Corsica dei renitenti alla leva risulta avere dimensioni rilevanti ed il 28 settembre il prefetto di Massa Carrara invia una nota a quello di Livorno nella quale afferma che da tempo “i villici della Lunigiana sono soliti emigrare in Corsica” e vi sono “corse per un prezzo assai 162 L’emigrazione di renitenti sembra essere intensa da Tresana ed in data 23 ottobre 1862 la delegazione di P.S. di Aulla invia una nota al Prefetto della provincia di Massa per comunicare la fuga da Tresana di 9 coscritti, nessuno dei quali aveva ottenuto il passaporto. Cfr. Delegazione di P.S. di Aulla, Nota al prefetto della provincia di Ms, Aulla 23 ottobre 1862, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1862, b.32. 163 Municipio di Tresana, Nota Riservata all’Ill.mo Prefetto di Massa Carrara, Oggetto: Evasione all’Estero dei giovani coscritti, Tresana 21 novembre 1862, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1862, b.32. 110 limitato”, tanto che ne approfittano “renitenti alla leva, disertori od altri individui colpiti da mandato per evadersi muniti di passaporti non propri”. Il prefetto apuano raccomanda al collega di Livorno una sorveglianza che a suo avviso non viene attuata a dovere, tanto che nella nota si legge: “tanta è la facilità d’imbarco che i coscritti trovarono costa che partirono per la Corsica giovani appartenenti alla leva dell’anno in corso con passaporti appartenenti ad individui dell’età di 30 e più anni” 164 . Il 3 ottobre il regio prefetto di Livorno risponde di aver condotto scrupolose indagini sui renitenti che cercano di emigrare in Corsica 165 ed alla fine dello stesso mese, in risposta ad ulteriori note del prefetto di Massa Carrara sulla facilità d’espatrio dal porto labronico, afferma che “non si rileva che in Livorno vi siano individui che s’incaricano di favorire l’evasione dei coscritti procurandogli dei Passaporti falsi per emigrare clandestinamente in Corsica. Tali operazioni si eseguiscono più probabilmente nel luogo di domicilio o p. lo 164 Prefetto della provincia di Massa Carrara, Oggetto: Vigilanza sui viaggiatori che si recano in Corsica, Al prefetto di Livorno, Massa 28 settembre 1863, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1863, b.39. 165 Regia Prefettura della provincia di Livorno, Registro N.4744, 3 ottobre 1863, Risposta al foglio del 28 settembre, Oggetto: Evasione dei Coscritti p. la Corsica, Al Sig. Prefetto della provincia di Massa Carrara, , ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1863, b.39. 111 meno si combinano p. esser qui effettuate”; aggiunge inoltre che anche sotto la passata autorità, se pur con maggiori difficoltà, si evadeva ed oggi che “nessuno viaggiatore è obbligato ad adempiere a formalità di sorta, non può che ritenersi impossibile d’impedire li abusi che si condannano” 166 . Emerge, nelle parole scritte dal prefetto di Livorno, una certa rassegnazione di fronte ad esodi che, nonostante la pena di un anno di carcere comminata ai renitenti alla leva, non accennano ad esaurirsi mostrando il permanere di una situazione di non entusiasmo di strati della popolazione per la causa unitaria italiana. 166 Regia Prefettura della provincia di Livorno, Registro N.1546, Risposta al foglio del 24 ottobre N.1679, Oggetto: Evasione Coscritti per la Corsica, Al Sig. Prefetto della provincia di Massa Carrara, , ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1863, b.39. 112 3.3 Si riparte Dopo la sconfitta alcuni dei cittadini di Massa, Carrara e dei paesi della Lunigiana che hanno combattuto nelle armate di Francesco V contro le truppe del nascente Regno d’Italia tornano, principalmente da Bassano e Guastalla, alle proprie famiglie con l’intenzione di fermarsi a vivere nella terra natale sotto la sovranità italiana. Altri decidono, invece, di non tornare o di tornare soltanto per pochi giorni, con l’obiettivo di prelevare i propri cari, per poi espatriare nei territori sotto controllo austriaco. Come accennato in precedenza, tra coloro che scelgono questa parte molti decidono anche di prendere servizio nell’Armata austriaca non rassegnandosi alla sconfitta. Per coloro che, reduci dalle truppe estensi, decidono, invece, di rientrare e restare a vivere nel Regno d’Italia la realtà è problematica. Essi sono tenuti costantemente sotto sorveglianza perché sospettati di essere ritornati alle proprie case “con animo di osteggiare il presente ordine di cose”, sono denunciati ai tribunali ordinari se fanno uso delle medaglie di guerra 167 conferite loro dal 167 Nelle ultime ore di esistenza della Brigata Estense il Duca “aveva fatto coniare una medaglia commemorativa, istituita con Decreto del 31 Luglio 113 Duca di Modena 168 e vengono tradotti in carcere se manifestano in pubblico sentimenti di simpatia per gli estensi. Inoltre a questi ex militari estensi, in base al decreto del 21 settembre 1862, oltre all’esclusione dal diritto alla pensione, Vittorio Emanuele rinnova la comminazione della perdita dei diritti politici e civili, e quindi del diritto di acquistare, possedere e disporre di beni nello stato, beni che sono sottoposti a sequestro 169 . Nelle pratiche pubbliche vengono annotati i trascorsi politici e militari filoestensi degli individui e dei loro parenti e ciò rappresenta sempre un ostacolo ed una discriminante. I permessi per esercitare una bottega od anche un’attività ambulante vengono, ad esempio, rilasciati previo accertamento della condotta politica ed anche in materia di rilascio del passaporto è determinante il certificato di buona condotta morale e politica. Basti pensare, per fare un esempio, che 1863, un ultimo pegno d’onore, di stima, di affetto, di gratitudine […] Da una parte il suo busto colla leggenda: Franciscus V. Aust. Atestinus Dux Mutinae; sul rovescio il motto: Fidelitati et constantiae in adversis, col millesimo della coniazione 1863.”. Cfr. Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pag.37. 168 Circolare del Ministero dell’Interno Div.1 Sez.1 N.8516, Oggetto: militari estensi, ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza, Anno 1863, busta 39. 114 ancora nell’aprile del 1872 nelle pratiche relative al rilascio del passaporto al fivizzanese Ottavio Fabbro, nato il 5 marzo del 1856, che vuole raggiungere la propria famiglia emigrata a Gorizia nel 1860, viene più volte annotato come egli sia “figlio di un tenente estense” 170 . E’ evidente che, dopo alcuni anni, a diversi ex-soldati estensi non resta che emigrare per lasciarsi alle spalle una realtà ostile fatta di difficoltà nel trovare un impiego e di continue ingerenze nella sfera delle libertà personali. Il loro esodo finisce per confondersi con la grande emigrazione italiana della seconda metà dell’Ottocento. 169 Cinquantadue mesi d’esilio delle Ducali truppe estensi dal giugno 1859 al settembre 1863, Tipografia emiliana impr. MDCCCLXIII, pag.29. 170 ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza, Anno 1872, busta 133. 115 CONCLUSIONI Risorgimento: unificazione nazionale, rivoluzione passiva o guerra civile? Le conclusioni che si possono trarre dal presente studio si muovono lungo tre piani intimamente correlati della storia del nostro Paese. Il primo piano, centrale in questa ricerca, riguarda il processo di unificazione nazionale, con il caso apuolunense come area geografica in esame, che determina poi conclusioni ad esso correlate e conseguenti a livello di storia dell’emigrazione e del volontariato militare. E’ utile, innanzitutto, chiarire la distinzione fra due concetti come quelli di unità e di unificazione. La prima indica la qualità di uno Stato non diviso da confini politici interni e di un popolo che forma un tutt’unico dal punto di vista delle sue istituzioni, mentre la seconda esprime l’azione che porta uno Stato a non essere diviso da confini politici interni e l’effetto che determina, nei suoi cittadini, la concordia nelle idee e nei 116 sentimenti essenziali alla vita dello Stato stesso 171 . Non verificandosi, come visto nel territorio apuo-lunense, l’azione unitaria di popolo che lotti collettivamente per la costituzione di uno Stato unitario e verificandosi, invece, un’imposizione violenta, discriminatoria e prolungata nel tempo delle volontà politiche ed istituzionali dei vincitori filosabaudi sui vinti filoestensi, si può affermare che si è ben lungi dall’assistere ad un processo di unificazione nazionale. Manca, cioè, una volontà popolare coesa da sentimenti e idee essenziali alla creazione e vita dello stato e si assiste, piuttosto, ad un processo costitutivo dello Stato nazionale come affermazione dei vincitori sui vinti che è inappropriato qualificare come unificazione. L’esempio di Massa, Carrara e Lunigiana conferma, dunque, come nel corso del Risorgimento non si verifichino quei fenomeni collettivi che spazzano via i poteri costituiti per fondarne di nuovi, come una sollevazione di popolo o una decisa e partecipata conquista militare, né si ponga mano, dopo l’unificazione, ad una azione condivisa e di ricomposizione 171 Aldo Servidio, L’imbroglio nazionale: unità e unificazione dell’Italia (1860-2000), Guida Editori 2002, pag. 14-15. 117 nazionale come sarebbe potuta essere quella costituente 172 , ma piuttosto si assista all’instaurazione di un clima repressivo e discriminatorio dei vincitori sui vinti. Il caso apuo-lunense dimostra, tenendo conto del fatto che sono proprio queste le zone in cui tra il gennaio e l’aprile del 1859 Cavour fomenta la tensione tra Austria e Piemonte con tentate insurrezioni e con la mobilitazione dell’esercito piemontese 173 , come si possa considerare limitato il ruolo del popolo e come nel 1859 il destino dell’Italia sia deciso prevalentemente dalla diplomazia europea 174 . Per quanto concerne i plebisciti del marzo 1860, che sanciscono l’annessione dell’Emilia e della Toscana al Regno di Sardegna, mentre Nizza e Savoia proclamano anch’esse attraverso dei plebisciti ben guidati dalle autorità 175 la loro volontà di unirsi alla Francia, ho ampliamente dimostrato quanto le modalità elettorali 172 siano caratterizzate Raffaele Romanelli, Storia dello Stato italiano dall’Unità a oggi, Donzelli Editore 1995, pagg.125-126. 173 Lucy Riall, Il Risorgimento. Storia e interpretazioni, Donzelli editore 1997, pag.31. 174 Lucy Riall, Il Risorgimento. Storia e interpretazioni, Donzelli editore 1997, pag.33. 175 Gianluca Formichi, Il Risorgimento 1799-1861, Giunti 2003, pag.107. 118 dall’instaurazione di un clima di fortissima intimidazione, da brogli in sede di votazione e scrutinio e dall’incarcerazione, al fine della privazione del diritto di voto, dei cittadini filoestensi. Non si può che concludere, dunque, che il caso di Massa, Carrara e Lunigina confermi come l’unificazione nazionale, aldilà di una immagine semplificata e mitologica del Risorgimento 176 , non sia un fenomeno collettivo. Se la storiografia ha da tempo accettato come nel Sud del Paese il processo di unificazione sia vissuto come invasione ed occupazione di un potere straniero, fino ad assumere i tratti di una vera e propria guerra tra “italiani”, come dimostrano le operazioni contro i cosiddetti briganti attuate tra il 1861 ed il 1864 che comportano anche l’uccisione di contadini passati attraverso la corte marziale con l’accusa di favoreggiamento177 ; i dati del presente studio sul territorio apuo-lunense dimostrano come anche nel centro-nord del Paese l’unificazione sia vissuta come invasione e dia origine ad una ribellione con tratti di 176 Cfr. Anna Ascenzi, Tra educazione etico-civile e costruzione dell’identità nazionale: l’insegnamento della storia nelle scuole italiane dell’Ottocento, Vita e Pensiero – V&P Università 2004. 177 Norma Bouchard, Risorgimento in Modern Italian Culture: Revisiting the Nineteenth-century Past in History, Narrative and Cinema, Fairleigh Dickinson Univ Press 2005, pagg.29-30. 119 movimento di resistenza sin dal 1859. Questa retrodatazione, nel caso apuo-lunense, del fenomeno di unificazione come sopraffazione dei vincitori sui vinti, nel caso studiato dei filosabaudi sui filoestensi, consente di estendere a Nord le interpretazioni storiografiche accettate per il Sud del Paese. Antonio Gramsci analizza il Risorgimento come prodotto di una rivoluzione capitalistica incompleta e mancata nella quale una debole borghesia, composta di proprietari terrieri, avvocati, dottori, e dentisti più che di mercanti, industriali e banchieri, sigla il patto col diavolo con la monarchia Piemontese che rappresenta la forza più reazionaria della società italiana, ma anche l’unica a possedere un esercito che possa fronteggiare l’Austria 178 . Egli descrive, dunque, il Risorgimento come un evento nel quale i liberali conservatori (i “moderati”) hanno strategicamente la meglio sui liberali rivoluzionari (repubblicani democratici) venendo a patti con l’ordine “feudale” esistente e arrivando ad un compromesso che si traduce, secondo il pensatore leninista, in una spaccatura tra Stato e società civile, che caratterizzata da una cronica incapacità politica e da un disordine endemico, determinerà 178 Cfr. Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, Einaudi 1978. 120 come conseguenza l’avvento del fascismo 179 . Gramsci descrive il Risorgimento come una rivoluzione passiva, termine mutuato da Croce che a sua volta lo aveva ripreso dall’analisi di Vincenzo Cuoco sul fallimento della Repubblica Napoletana del 1799 180 , incapace di far propria la causa del malcontento dei contadini e quindi priva di base sociale e, pertanto, incapace di sfidare l’egemonia politica di Cavour che riesce a raccogliere in un blocco le classi più colte e che detengono le proprietà. Già Pietro Ellero, penalista, docente universitario, deputato della IX e X legislatura e senatore dal 1889, nel suo La tirannide borghese 181 , afferma che il Risorgimento non è stato altro che una forma, tra le molte possibili, attraverso la quale la borghesia conquista in potere 182 . Per Gramsci il Risorgimento è una rivoluzione neogiacobina mancata (mentre per Rosario Romeo il Risorgimento cavouriano è, invece, una 179 Lucy Riall, Il Risorgimento. Storia e interpretazioni, Donzelli Editore 1997, pag.37. 180 Cuoco afferma che quella napoletana sia una rivoluzione passiva perché i suoi leader adottano la dottrina ed il programma dei giacobini francesi senza adattare, invece, le proprie idee ai costumi ed alle condizioni sociali locali, con la completa incapacità di comunicare al popolo ed alle masse non istruite, che guidate dal clero, avviano la contro-rivoluzione. Cfr. Vincenzo Cuoco, Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli, Biblioteca universale Rizzoli 1999. 181 Cfr. Pietro Ellero, La tirannide borghese, Feltrinelli 1978. 121 vera rivoluzione liberale riuscita di cui Cavour è il protagonista 183 ) e se il Risorgimento, invece di essere incanalato in un alveo sabaudo e liberale moderato, fosse stato una rivoluzione popolare, anche democratico-borghese, avrebbe naturalmente dovuto mobilitare, come avevano fatto i giacobini nel 1792-1793, le masse rurali, alle quali, invece, neppure i repubblicani risorgimentali si sono, nell’insieme, rivolti 184 . Secondo Croce, il miracoloso evento del Risorgimento, che egli descrive in Storia d’Italia 185 , è la prova dei valori liberali di modernizzazione e della capacità dimostrata dall’elite liberale nel condurre l’Italia al processo di unificazione e, secondo la sua ricostruzione, è soltanto quando la rivoluzione liberale si fonde con quella nazionale che si superano le caratteristiche di passività ed inefficacia. In particolare egli attribuisce un ruolo chiave anche ai liberali del Sud che, in esilio dopo il fallimento delle rivoluzioni del 1848 a Napoli ed in Sicilia, elaborano il 182 Alberto Mario Banti, Storia della borghesia italiana. L’età liberale, Donzelli Editore 1996, pag. 230. 183 Cfr. Rosario Romeo, Risorgimento e capitalismo, Laterza 1970. 184 Roberto Ghiringhelli (a cura di), Città e pensiero politico italiano dal Risorgimento alla Repubblica, Vita e Pensiero 2007, pag. 89. 185 Cfr. Benedetto Croce, Storia d’Italia dal 1871 al 1915, G. Laterza 1928. 122 programma di una rivoluzione nazionale e liberale della quale la monarchia Piemontese ed il Cavour divengono gli esecutori 186 . Anche tale visione ci conferma, pur nella sua diversità dalla gramsciana, come le masse siano poco partecipi al fenomeno risorgimentale che, secondo la ricostruzione del pensatore liberale, è opera prevalente dell’elite liberale. Secondo Federico Chabod lo scopo principale che Benedetto Croce si prefigge, nella sua ricostruzione, è quello di difendere le conquiste del liberalismo italiano 187 ed egli presenta quindi i capi della Destra storica, gli artefici dell’unificazione italiana del 1860, come uomini dal carattere nobile e generoso, “un’aristocrazia spirituale, galantuomini e gentiluomini di piena lealtà” 188 . L’interpretazione di Croce non è, dunque, contestualizzabile al solo Risorgimento e si ricollega alla visione crociana per la quale il Fascismo manca di radici nella storia italiana e rappresenta una parentesi nella storia nazionale. Nel 1949 però il noto strorico inglese, Denis Mack Smith, 186 Norma Bouchard, Risorgimento in Modern Italian Culture: Revisiting the Nineteenth-century Past in History, Narrative and Cinema, Fairleigh Dickinson Univ Press 2005, pagg.28-29. 187 Federico Chabod, Croce storico in Rivista Storica Italiana, 64, 1952, pagg.473-530. 188 Lucy Riall, Il Risorgimento. Storia e interpretazioni, Donzelli Editore 1997, pag.36. 123 pubblica Cavour and Garibaldi 1860 189 , uno studio che si contrappone alla versione di Croce ed afferma che l’unificazione nazionale italiana è il prodotto di conflitto politico e di disunità più che la fraterna impresa celebrata dagli storici del diciannovesimo secolo ed accusa i leader politici post-unitari di aver tradito le aspirazioni del Risorgimento e di comportamenti corrotti sia a livello personale sia di manipolazione delle istituzioni, con conseguente perdita di ogni contatto col popolo e responsabilità nel lasciare così l’Italia aperta all’avvento del Fascismo e di Mussolini. Il confronto tra Gramsci e Croce ha l’effetto di fondare una serie di contrapposizioni storiche che dominano la storiografia sul Risorgimento nel secondo dopoguerra e che nascondono un conflitto più profondo e fortemente politicizzato tra idealismo e materialismo storico nel quale la visione crociana (o liberale) dell’armonia politica viene messa in discussione da quella gramsciana (o marxista) del conflitto di classe 190 . Esula da questo studio l’entrare in maggior 189 dettaglio su tale Cfr. Denis Mack Smith, Cavour and Garibaldi 1860: a study in political conflict, Cambridge University Press, 1985. 190 Lucy Riall, Il Risorgimento. Storia e interpretazioni, Donzelli Editore 1997, pag.37. 124 contrapposizione, e giova, piuttosto, prendere in esame una visione terza, differente dalla storiografia liberale e da quella marxista, come quella di Julius Evola che afferma come nell’analisi del Risorgimento bisogni distinguere il suo aspetto di movimento nazionale da quello ideologico: se è vero che al Risorgimento si deve l’unità di Italia, grazie ad un insieme complesso di circostanze, le cose cambiano molto quando si considerano le idee principali in funzione delle quali tutto ciò viene realizzato e che continuano a predominare nella vita politica italiana sino al periodo del fascismo. Da questo punto di vista, secondo Evola, il Risorgimento non è movimento nazionale che per accidente; esso rientra nei moti rivoluzionari determinatisi in tutto un gruppo di Stati in conseguenza dell’importazione delle idee della rivoluzione giacobina (il ’48 e il ’49, ad esempio, hanno un identico volto nei movimenti italiani e in quelli che si accendono a Praga, in Ungheria, in Germania e nella stessa Vienna asburgica) e dell’avanzata di un unico fronte internazionale comandato dall’ideologia liberaldemocratica e massonica che si serve del mito nazionale e patriottardo come agente di disgregazione. L’unità e l’indipendenza dell’Italia, per le forze in campo che agiscono internazionalmente, sono, secondo la versione evoliana, cose 125 secondarie ed in ogni caso costituiscono non il fine ma piuttosto il mezzo per dare un colpo mortale all’Austria, quale rappresentante dell’idea imperiale, e alla Chiesa 191 . Al termine di questa disamina storiografica ed alla luce dei documenti d’archivio condivisi nel presente studio è possibile concludere che sin dal 1859 si assiste non ad una collettiva insurrezione popolare in nome dell’unificazione nazionale, non ad una rivoluzione liberale che riesce a rendere il popolo coeso, ma al massimo ad una rivoluzione passiva o ancora più precisamente ad uno scontro tra “italiani” che si inserisce in un più vasto quadro internazionale e che vede parte della popolazione opporsi, in vario modo, ai sostenitori dell’unità nazionale, fino ad arruolarsi volontari per combattere in nome del precedente ordine politico istituzionale. Il regime di oppressione, discriminazione e negazione dei diritti della persona che i vincitori filosabaudi instaurano sui vinti costringe molti a emigrare e lasciare le proprie terre, per quelle ancora soggette al controllo austriaco o per altri paesi, pur di sfuggire ad una realtà invivibile e ad una autorità non riconosciuta. 191 Julius Evola, Gli uomini e le rovine. Orientamenti, Edizioni Mediterranee 2001, pagg.131-132. 126 Siamo ben lontani, dunque, dal poter considerare il Risorgimento, specie nel comprensorio apuo-lunense, come un momento unitario per il popolo italiano: sono certamente quelli gli anni in cui si unifica il Paese, ma non certo in virtù di una identità unitaria, dato che quello è un periodo di scontri e contrapposizioni più che di unità d’intenti e di comune volontà politica. Un periodo che, anche volendo considerare gli “italiani” come entità di popolo 192 , si può considerare caratterizzato dai tratti tipici di una guerra civile più che di un moto unitario di liberazione. 192 In realtà le Italie presenti sono diverse in base al sesso, alla religione, alla classe sociale, al carattere etnico ed al desiderio di appartenenza a stati diversi. Cfr. 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