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L’erma di Galileo di Vincenzo Vela

2019, Noctua

Nel Pantheon degli uomini illustri tra gli uomini di scienza sicuramente occupa un posto di rilievo Galileo, ritenuto nel corso dell'Ottocento una delle voci più autorevoli del passato, una personalità di eccezionale levatura, da additare alla popolazione in virtù della sua condotta esemplare nella strenua difesa delle proprie idee. Icona da un lato utilizzata per rappresentare il carattere distintivo e il primato italiano soprattutto in ambito scientifico, sebbene talvolta regredita a deriva e orgoglio municipalistico toscano; dall'altro impiegata per veicolare le ragioni di quella «nuova scienza» che dava voce e spazio alle esigenze di libertà di ricerca e di autonomia rispetto alle strettoie e alle censure ecclesiastiche. Una straordinaria popolarità, alimentata anche dalla grande fortuna iconografica registrata dall'immagine di Galileo per tutto l'Ottocento. In quest'ottica è possibile comprendere anche il sentito omaggio realizzato da Vincenzo Vela (1820-1891), che tra il 1863 e il 1865 scolpì un'erma galileiana per decorare la propria villa di Ligornetto, dove lo scultore ticinese si trasferì da

L’ERMA DI GALILEO DI VINCENZO VELA FEDERICO TOGNONI Nel Pantheon degli uomini illustri tra gli uomini di scienza sicuramente occupa un posto di rilievo Galileo, ritenuto nel corso dell’Ottocento una delle voci più autorevoli del passato, una personalità di eccezionale levatura, da additare alla popolazione in virtù della sua condotta esemplare nella strenua difesa delle proprie idee. Icona da un lato utilizzata per rappresentare il carattere distintivo e il primato italiano soprattutto in ambito scientifico, sebbene talvolta regredita a deriva e orgoglio municipalistico toscano; dall’altro impiegata per veicolare le ragioni di quella «nuova scienza» che dava voce e spazio alle esigenze di libertà di ricerca e di autonomia rispetto alle strettoie e alle censure ecclesiastiche. Una straordinaria popolarità, alimentata anche dalla grande fortuna iconografica registrata dall’immagine di Galileo per tutto l’Ottocento. In quest’ottica è possibile comprendere anche il sentito omaggio realizzato da Vincenzo Vela (1820-1891), che tra il 1863 e il 1865 scolpì un’erma galileiana per decorare la propria villa di Ligornetto, dove lo scultore ticinese si trasferì da Torino nel 1867. Nello specifico, il Busto di Galileo Galilei sovrastava il pilastro di destra del cancello principale dell’abitazione-studio, in corrispondenza del 444 Noctua, anno VI, nn. 1-2, 2019, ISSN 2284-1180 DOI: 10.14640/NoctuaVI10 Busto di Cristoforo Colombo posto sul pilastro opposto (Fig. 1).1 Associazione, quella di Colombo e Galileo, certo non casuale, giacché sottintendeva a un topos letterario di lunga durata avviato all’inizio del Seicento e assai sfruttato anche in epoca risorgimentale per esaltare la supremazia italiana in ambito europeo. Se infatti Colombo veniva ricordato per aver conquistato nuovi continenti, Galilei veniva celebrato per aver violato i confini celesti e quindi aperto la strada all’esplorazione di nuovi mondi.2 I due busti posti all’ingresso costituiscono una sorta di introduzione figurata al pantheon laico, che si apre a partire dalle statue a grandezza naturale di Dante e Giotto e da due medaglioni a rilievo raffiguranti Michelangelo e Raffaello che decorano la facciata principale della casa studio, e prosegue all’interno della villa con la straordinaria galleria di personaggi celebri: dagli eroi risorgimentali agli aristocratici e agli ecclesiastici contemporanei, a dimostrare l’alto apprezzamento della committenza per la vena ritrattistica dello scultore ticinese. Una sorta di tempio d’itale glorie, che trova un significativo precedente iconografico e ideologico nella raccolta di busti ed erme commissionati da Antonio Canova a giovani allievi per la decorazione dell’interno del Pantheon a Roma.3 Di convinta fede repubblicana e liberale sin dal 1848, Vela aveva d’altronde palesato la sua adesione agli ideali patriottici, partecipando attivamente alla prima guerra d’indipendenza tra le file antiaustriache e approntando per il duca Antonio Litta la severa figura di Spartaco, lo schiavo di origine tracia che aveva capeggiato la celebre rivolta dei gladiatori durante l’egemonia romana, pagando 1 Ringrazio la Direttrice del Museo Vela, la Dott.ssa Gianna Mina, e l’assistente di direzione, la dott.ssa Anita Guglielmetti, per avermi supportato nello studio dell’opera. MANZONI 1906, 15; cfr. la scheda di Gianna A. Mina Zeni in Museo Vela 2002, 292-293, n. I. 27. Attualmente conservato all’interno del Museo Vela a Ligornetto, il busto in marmo misura cm 66 x 30 x 42. 2 BATTISTINI 1992. 3 BOUWERS 2012; BOUWERS 2014. 445 con la vita la conquista della propria libertà. Un’opera che a partire dalla presentazione all’Esposizione Universale di Parigi del 1855, oltre a catturare l’attenzione della critica e del pubblico, era stata assunta a emblema della resistenza nazionale, elevando di fatto lo scultore ticinese ad apostolo delle istanze libertarie. In questa prospettiva è possibile interpretare anche la scelta di raffigurare Galileo, che per tutto l’Ottocento incarnò l’archetipo dell’eroe ribelle, martire della libertas philosophandi in grado di lottare contro le catene dell’oscurantismo, e per questo inserito a pieno titolo nell’Olimpo dei padri fondatori della patria per tutto il Risorgimento. Funzionale a sottolineare la dimensione intellettuale del modello, del resto, anche la scelta di immortalare le fattezze di Galileo in un’erma all’antica, formato con cui si tramandavano le effigi dei personaggi illustri, in particolare dei filosofi antichi o dei profeti di origine veterotestamentaria. Un’opzione adottata già in passato e segnatamente a partire dal 1853, allorquando Vela realizzò il Busto di Tommaso Calosso, e sfruttata per il suo portato simbolico anche per realizzare i busti di alcuni uomini illustri come Dante e Garibaldi.4 Una soluzione dunque che se da un lato soddisfaceva alle esigenze statiche, dall’altro era destinata a sottolineare la dimensione intellettuale del modello. Almeno così lascia intuire pure la rilegatura nella zona inferiore del nome dell’effigiato scritto in lettere capitali, come per le erme degli antichi ritratti romani. Per l’esecuzione dell’erma Vela ricorse a una copia del Ritratto di Galileo eseguito da Justus Suttermans per Elia Diodati; una delle immagini galileiane di maggior successo, riprodotta per tutto il corso dell’Ottocento da intere schiere di copisti nei formati e con le tecniche più varie per esaudire le richie4 SCOTT 1979, 220-222, 466, n. 23. 446 ste dei grand tourists e dei collezionisti di tutta Europa, desiderosi di arricchire le proprie iconoteche con l’effigie del grande scienziato toscano.5 La copia, conservata al Museo Vela, anche se non figura nell’inventario testamentario di Spartaco, erede della raccolta del padre Vincenzo Vela, quasi sicuramente fu acquistata dallo scultore nel corso del suo soggiorno torinese poco prima dell’esecuzione del busto6. La prima menzione risale infatti al 1901, anno della pubblicazione della guida al Museo Vela, che registra la tela nella Sala G della Villa, mentre nel catalogo del Museo Vela del 1919 l’opera risulta nella Sala IX, come specifica anche l’iscrizione a matita che si legge sul retro del telaio in alto a sinistra che riporta: «Ignoto (copia) Galileo Galilei / IX / 16». E proprio in virtù di un’ulteriore scritta, che si scorge sempre sul retro nella parte centrale del telaio che indica «Biblioteca», è possibile ipotizzare che l’opera, secondo uno schema ispirato alle raccolte di uomini illustri degli antichi studioli quattrocenteschi, si trovasse nella biblioteca dell’artista. Nella presentazione del soggetto, come per opere analoghe, Vela abbandona la tradizionale rigidità dello schema frontale imposto dall’erma e accentua la dimensione psicologica del modello, calcando alcuni tratti ricorrenti della fisionomia di Galileo. In altri termini, si affranca dalle istanze idealizzanti per aderire a schemi compostivi antiretorici di matrice verista. Come nel dipinto, Galileo è dotato dell’immancabile toga accademica, che se da un lato esplicita il suo rango di accademico, dall’altro contestualizza l’opera in un preciso momento storico. A questo si aggiunga la straordinaria intensità del volto restituito con estrema cura in ogni singolo dettaglio fisionomico, dalla folta barba definita da vivaci ciocche riunite sul mento alle sopracciglia 5 TOGNONI 2013, 49-51, n. D12. 6 Cfr. la scheda di Luca Tosi nel Museo Vela, che ringrazio per avermi dato la possibilità di consultarla. 447 inarcate, dalla fronte corrugata contraddistinta dalla calvizie incipiente agli zigomi sporgenti, dalla consistenza della pelle alle piccole rughe che circondano gli occhi infossati e gli zigomi prominenti, ricalcando una formula di presentazione ricorrente in molte opere realizzate da Vela a partire dalla fine degli anni cinquanta dell’Ottocento. Fattezze somatiche destinate in ogni caso a rafforzare l’espressione riflessiva del soggetto, sottolineata anche dal modellato plastico palese nella zona temporale del volto, dove il turgore pronunciato del vaso sanguigno crea un sapiente chiaroscuro di natura pittorica, registrato e prontamente lodato anche dalla critica contemporanea concorde nel sottolineare come nelle «opere del Vela [...] lo stile è tale che quasi vi si ravvisano gli attributi varj e versatili del pittore»7. Da segnalare, a questo proposito, alcuni dettagli minuti restituiti con un sapiente modellato che prende corpo nelle pupille finemente definite e soprattutto nel particolare della bocca con le labbra appena dischiuse, per mettere in rilievo l’attitudine all’introspezione del modello, raffigurato come se fosse un «ritratto parlante», ovvero intento a profferire verità incontrovertibili. FEDERICO TOGNONI POLO SCIENTIFICO TECNICO PROFESSIONALE E. FERMI - G. GIORGI, LUCCA 7 ROVANI 1874, II, 222-223; e SCOTT 1979, 113-119. 448 Fig. 1. Vincenzo Vela, Busto di Galileo Galilei, Ligornetto, Museo Vela 449 BIBLIOGRAFIA BATTISTINI 2 0 1 2 = ANDREA BATTISTINI, «“Cedat Columbus” e “Vicisti, Galilaee!”: due esploratori a confronto nell’immaginario barocco», Annali d’Italianistica, X (1992), 116-132. BOUWERS 2012 = EVELINE G. BOUWERS, Public Pantheons in Revolutionary Europe. Comparing Cultures of Remembrance, c. 1790-1840, Basingstoke, Palgrave Macmillan. BOUWERS 2014 = EVELINE G. BOUWERS, «Il culto degli italiani illustri nella Roma pre-risorgimentale», Memoria e ricerca, 45 (2014), 127-155. MANZONI 1906 = ROMÉO MANZONI, Vincenzo Véla. L’Homme – Le patriote – L’artiste, Milano, Ulrico Hoepli. Museo Vela 2002 = Museo Vela. Le collezioni. Scultura, pittura, grafica, fotografia, catalogo a cura di GIANNA A. MINA ZENI, Lugano, Corner Banca. ROVANI 1974 = GIUSEPPE ROVANI, Le tre arti. Considerate in alcuni illustri italiani contemporanei, Milano, Fratelli Treves, 2 voll. SCOTT 1979 = NANCY J. SCOTT, Vincenzo Vela 1820-1891, New York & London, Garland Publishing. TOGNONI 2013 = FEDERICO TOGNONI, «Iconografia galileiana», Le opere di Galileo Galilei, edizione nazionale, appendice Firenze, Giunti, 49-51, n. D12. 450