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Galileo, Tolomeo e il moto di Venere

GIORNALE DI FISICA VOL. XLII, N. 4 Ottobre-Dicembre 2001 Galileo, Tolomeo e il moto di Venere A. Centomo Via Prato della Valle 17, Padova Se guardiamo alla storia della scienza dobbiamo ammettere che la figura di Galileo spicca in quanto, attorno ad essa, sono state espresse le più diverse opinioni. Nonostante gli studiosi siano sostanzialmente concordi nell’attribuire a Galileo il merito di aver contribuito in modo determinante allo sviluppo della meccanica classica, le motivazioni da essi addotte, per giungere a questa conclusione, risultano spesso controverse. Ancora più complessa, oltre che importante, appare la questione relativa ai contributi galileiani a sostegno della teoria eliocentrica. Il punto di vista eliocentrico, a dispetto della incapacità mostrata da Copernico nel tradurlo in un efficiente sistema di modelli planetari, si è infatti dimostrato essenziale per l’elaborazione delle leggi di Keplero le quali, come noto, sono alla base della formulazione newtoniana della dinamica e della teoria della gravitazione. Ritornando al problema dei contributi galileiani al punto di vista eliocentrico dobbiamo ammettere che qui l’incrocio con problematiche di carattere teologico e filosofico sembra aver prodotto l’effetto di rendere più difficile il compito degli storici e dei critici di ottemperare al dovere dell’esattezza, che consiste nel verificare ogni affermazione alla luce delle fonti ori- ginali. Un notevole passo avanti, verso un chiarimento di questo aspetto, è giunto, oltre che dalla lettura accurata del corpus delle opere e della produzione epistolare di Galileo, dalla minuziosa analisi dei manoscritti riguardanti le osservazioni dei satelliti di Giove [1]. Le conclusioni che, complessivamente, possiamo trarre da questa lunga opera di ricostruzione storica possono essere riassunte come segue. Per quanto sappiamo, almeno fino al 1595, Galileo era propenso ad accettare il sistema tolemaico. Successivamente, nel 1610, grazie alle osservazioni con il cannocchiale delle fasi di Venere, egli ebbe una prova della centralità del Sole rispetto all’orbita venusiana. Nel 1612, lo studio del moto dei satelliti di Giove, gli permise di predire le eclissi di questi ultimi, ipotizzando il moto annuale della Terra intorno al Sole con l’effetto di rafforzare, in modo definitivo, la sua fede nel punto di vista elicentrico. Quanto è stato detto non permette ancora di esprimere un giudizio sul rapporto di Galileo con la tradizione astronomica precedente e, in particolare, con il punto di vista tolemaico. Da questo punto di vista dobbiamo purtroppo rimarcare il persistere di letture storiche, anche relativamente recenti [2], che presentano, 210 in modo discutibile, i contributi galileiani in favore della teoria eliocentrica come mere falsificazioni della teoria tolemaica. Keplero stesso si era reso conto, in modo lucido, della debolezza di simili punti di vista [3]. Analisi storiche più accurate, oltre a mostrare il debito di Galileo verso Tolomeo in relazione allo sviluppo del suo celebrato metodo scientifico [4], suggeriscono l’idea secondo cui, nel caso di Venere, le osservazioni galileiane per mezzo del cannochiale rappresentano un dato sperimentale che elimina una lacuna del modello tolemaico piuttosto che esserne in contrasto. Nel modello tolemaico di Venere restano imprecisate, per i motivi che discuteremo, le distanze planetarie anche se i loro rapporti risultano valutati correttamente. In altri termini il modello tolemaico rappresenta, a meno di un fattore di similitudine, un modello equivalente, entro un buon ordine di approssimazione, al modello kepleriano rapportato alla Terra. La correttezza cinematica del modello tolemaico spiega, tra le altre cose, il motivo per cui esso, parimenti ai modelli dei rimanenti pianeti, è stato assunto dagli astronomi, per molti secoli, come modello di riferimento. Nel nostro lavoro dopo aver analizzato il modello cinematico del moto longitudinale di Venere presentato da Tolomeo nel libro X dell’Almagesto [5], e dopo aver confrontato il moto del centro dell’epiciclo del modello con il moto del Sole nel modello kepleriano, discutiamo criticamente un passo fondamentale, tratto dal Dialogo sopra i Massimi Sistemi, relativo alle fasi di Venere. Lo scopo ultimo è di mostrare come le osservazioni galileiane non rappresentino, in questo caso, una falsificazione del modello tolemaico quanto piuttosto aprano la strada all’in- A. Centomo terpretazione fisica di un suo ingrediente fondamentale ossia il centro dell’epiciclo. Le osservazioni sulle fasi di Venere permettono infatti di trarre informazioni sulla posizione del Sole relativamente ai pianeti Terra e Venere punto di fronte al quale l’intera tradizione astronomica dovette arrestarsi. 1. Tolomeo e il moto longitudinale di Venere Nel libro X dell’Almagesto (1 ) l’astronomo alessandrino Claudio Tolomeo (2 ) tratta il modello cinematico del moto longitudinale di Venere di cui andiamo ad esporre, in termini moderni, le linee essenziali (3 ). Tolomeo considera un riferimento geocentrico piano (O, x, y) con origine nel centro della Terra e giacente sul piano dell’eclittica. Il modello cinematico del moto longitudinale di Venere consiste nella composizione di due moti circolari: il pianeta si muove di moto circolare uniforme su una circonferenza — detta epiciclo — che ha per centro un punto geometrico che indichiamo con E (vedi fig. 1); il centro dell’epiciclo si muove, a sua volta, di moto circolare non uniforme su una circonferenza — detta deferente — il cui centro D è eccentrico rispetto al centro della Terra. Dal punto (1 ) L’opera, il cui titolo greco originale era M αθηµατ ικὴ σ ύντ αξις — Sintassi Matematica —, prese successivamente il nome di Grande Sintassi Matematica da cui poi l’abbreviazione araba di Almagesto ossia la Grande. (2 ) Matematico e astronomo alessandrino vissuto tra il 100 d.C. e il 175 d.C. circa. (3 ) Ricordiamo, per completezza, che Tolomeo, nel libro XIII dell’Almagesto, affronta anche il complesso problema della descrizione cinematica delle variazioni in latitudine di Venere rispetto al piano dell’eclittica [6]. Galileo, Tolomeo e il moto di Venere 211 Fig. 2. – Equante. Fig. 1. – Modello tolemaico. di vista astronomico osserviamo che l’asse delle ascisse del riferimento geocentrico coincide con la linea degli apsidi del deferente ossia con la linea su cui giacciono i punti del deferente rispettivamente più vicino e più lontano dalla Terra. Tolomeo è in grado di determinare, attraverso opportune osservazioni astronomiche, che gli apsidi giacciono nella direzione individuata dai 25◦ della costellazione dello Scorpione e dai 25◦ della costellazione del Toro (4 ). Sempre attraverso osservazioni astronomiche Tolomeo è in grado di dedurre la durata dell’anno sinodico e dell’anno tropico di Venere dai cui valori si può ricavare la durata del periodo Tv che caratterizza il moto di rotazione uniforme del pianeta sull’epiciclo. Il valore determinato è (1) Tv ≈ 224.77 giorni ≈ 1.942 · 107 s, coincidente con l’attuale valore del periodo di rotazione di Venere intorno al Sole. (4 ) Per ulteriori approfondimenti su questo aspetto e sulla complessa determinazione, a partire dai dati di osservazione astronomici, di tutti parametri del modello tolemaico si rimanda a [7]. Per definire il moto di E sul deferente si procede alla costruzione di ciò che, con terminologia medioevale, sarà detto punto equante. Sull’asse delle ascisse consideriamo il punto K, simmetrico rispetto a D del centro della Terra O, che chiameremo equante (vedi fig. 2). Tolomeo assume il moto di E sul deferente si svolga in modo che l’angolo α : = E K̂O vari uniformemente con legge: (2) α(t) = Ωt, Ω= 2π Ts dove t rappresenta il tempo e Ts ≈ 3.1557 · 107 s coincide con l’anno solare. Ricorrendo ad una terminologia tecnica molto usata ed efficace diremo che, nel tempo, la direzione individuata dai punti E e K segue il Sole medio o, più semplicemente, che il centro dell’epiciclo segue, se osservato dall’equante, il Sole medio. Affrontiamo ora la questione dei calcoli delle distanze ossia del raggio rv dell’epiciclo, del raggio rs del deferente e dell’eccentricità e del deferente rispetto alla Terra. Per quanto riguarda i raggi delle circonferenze è fondamentale notare che, dalle osservazioni astronomiche, Tolomeo non è in grado di dedurre il valore di ciascuno dei due ma solo il valore del rapporto rv /rs . Nel libro IX dell’Almagesto, nel contesto dell’importante discussione A. Centomo 212 sull’ordine dei pianeti, egli giustifica la sua incapacità di determinare le distanze dei pianeti dalla Terra con l’impossibilità di misurare le loro troppo piccole parallassi. Per completezza e per chiarezza riportiamo, nella nostra traduzione, il passo tolemaico dell’inizio del Libro IX dell’Almagesto: A proposito delle sfere di Venere e Mercurio, esse sono collocate, dagli astronomi più antichi, sotto il Sole, anche se, da alcuni dei loro successori, queste stesse sfere sono collocate sopra il Sole, per la ragione che il Sole non viene mai oscurato da questi pianeti. Dal nostro punto di vista, tuttavia, questo criterio appare incerto dal momento che è possibile che alcuni pianeti giacciano sotto il Sole e che essi, non trovandosi mai su un piano contenente il Sole e il nostro punto visuale, ma su altri piani, si vedano transitare davanti al Sole, come nel caso della Luna, quando essa passa sotto il Sole nel momento della congiunzione, senza produrre alcun oscuramento. Dal momento che non abbiamo a disposizione mezzi per risolvere questo problema, in quanto nessun corpo celeste ha una apprezzabile parallasse (unico fenomeno attraverso il quale è possibile derivare le distanze), assumiamo come più plausibile l’ordine assunto dagli astronomi più antichi. Come si evince dal testo l’ipotesi, come sappiamo errata, che Venere e Mercurio abbiano orbite collocate sotto il Sole, è assunta da Tolomeo come la più plausibile. Se tuttavia andiamo a controllare il valore, che egli ha determinato attraverso osservazioni astronomiche, del rapporto ρv tra i raggi di epiciclo e deferente troveremo il valore (3) ρv = rv ≈ 0.72 rs coincidente, con ottima approssimazione, con il rapporto tra gli attuali valori della distanza Venere-Sole e Sole-Terra. In altri termini, a dispetto della infelice supposizione circa la collocazione dell’orbita venusiana sotto il Sole, la valutazione quantitativa del rapporto tra i raggi delle circonferenze, aspetto essenziale per il corretto funzionamento del modello planetario, è ottima. Per concludere la descrizione del modello è necessario ricordare che, sempre dalle osservazioni astronomiche, Tolomeo è in grado di determinare anche il rapporto e = d(D, O)/rs ossia l’eccentricità del deferente rispetto al centro della Terra. Il valore di tale parametro è (4) e ≈ 0.021, prossimo, ma non uguale, al valore di eccentricità dell’orbita terrestre che, all’epoca di Tolomeo, era pari a es ≈ 0.0176 (5 ). Precisiamo subito che tale discrepanza non rappresenta, in linea di principio, un errore dovuto ad osservazioni astronomiche imprecise. Al contrario la scelta del valore di questo parametro è tale da compensare, almeno in parte, l’errore che si commette scegliendo di rappresentare l’orbita venusiana con una circonferenza. L’approfondimento di questo aspetto importantissimo richiederebbe un confronto accurato e critico tra modello kepleriano e tolemaico a cui verrà dedicato, data la complessità del tema, un intero lavoro successivo. Per ora ci limitiamo ad osservare che, le valutazioni dei parametri del modello tolemaico, (5 ) Il valore è stato calcolato utilizzando il programma di calcolo delle effemeridi Horizon messo a disposizione dalla Nasa nel sito http://ssd.jpl.nasa.gov. Galileo, Tolomeo e il moto di Venere 213 permettono di trarre le seguenti, sia pure non definitive, conclusioni: 1) il centro E dell’epiciclo si muove, con approssimazione da valutare, come il Sole. Infatti il rapporto tra le distanze (3), la velocità angolare (2) e il valore di eccentricità e (4) permettono di concludere che si tratta di un Sole il quale, anzichè muoversi su un’orbita ellittica intorno alla Terra come nel modello di Keplero trasposto in visuale geocentrica, si muove su una circonferenza eccentrica rispetto alla Terra; 2) inoltre il pianeta Venere ruota intorno ad E, e quindi intorno a questo Sole approssimato, con periodo (1) che, come abbiamo visto, coincide con l’attuale periodo di rotazione di Venere intorno al Sole. Dimostrazione: La dimostrazione (vedi fig. 2) è immediata una volta determinata l’espressione della distanza istantanea d(t) tra E e K. Osserviamo che, per il teorema del coseno, si ha D’ora in avanti, per semplificare le espressioni matematiche, assumeremo come unità di misura delle lunghezze astronomiche il raggio del deferente ossia porremo rs = 1 (6 ). Per riassumere quanto abbiamo visto e per le considerazioni che seguono dimostriamo innanzitutto il seguente: dove si è posto Ωv = 2π/Tv . Prima di concludere il paragrafo discutiamo alcune proprietà importanti del moto di Venere in visuale geocentrica che erano ben note a Tolomeo ed anche ad alcuni importanti astronomi greci che lo precedettero [8]. Il primo punto riguarda le grandi elongazioni di Venere dal Sole medio. Se si osserva il moto di Venere dalla Terra è chiaro (vedi fig. 1) che il pianeta non apparirà mai discostarsi dal punto E — e quindi approssimativamente dal Sole medio — oltre un certo angolo β che possiamo stimare: Proposizione 1. La legge oraria del moto del centro dell’epiciclo, nel riferimento geocentrico (O, x, y), è data da  xp (t) = −2e + d(t) cos Ωt, yp (t) = d(t) sin Ωt, dove d(t) = e cos Ωt +  1 − e2 sin2 Ωt. (6 ) Anche Tolomeo nell’Almagesto assume come unità di misura il raggio del deferente con la differenza che egli pone rs = 60 d2 (t) + e2 − 2ed(t) cos α(t) = 1, da cui, ricordando l’espressione (2), risolvendo l’ultima equazione in d(t) e prendendo la sua determinazione strettamente positiva, si ha d(t) = e cos Ωt +  1 − e2 sin2 Ωt. ✷ Possiamo ora stabilire senza difficoltà la legge oraria del moto di Venere nel riferimento geocentrico:  (5) xv (t) = ρv cos Ωv t − 2e + d(t) cos Ωt, yv (t) = ρv sin Ωv t + d(t) sin Ωt, β ≈ arcsin rv ≈ 46◦ . rs In secondo luogoosserviamo che la distanza ρE (t) = x2v (t) + yv2 (t), del pianeta dalla Terra, varia nel tempo assumendo l’andamento del grafico di fig. 3. Era noto agli astronomi antichi che le variazioni di distanza dalla Terra dei pianeti A. Centomo 214 Fig. 3. – Distanza Terra-Venere nel tempo. erano legate alla variazione della luminosità dgli stessi e, nel caso del Sole, alla variazione del suo diametro apparente [8]. Un terzo aspetto emerge dall’analisi dell’orbita geocentrica di fig. 4: osserviamo, in particolare, che essa presenta dei cappi e che quando il pianeta percorre i tratti apicali dei cappi esso apparirà, se visto dalla Terra, invertire il suo moto sulla sfera celeste dando luogo al fenomeno della retrogradazione. moti un riferimento eliocentrico, mentre il tolemaico usa un riferimento geocentrico, per poter eseguire il confronto tra i due è necessario operare una trasposizione di uno dei due modelli nel riferimento dell’altro. Scegliamo di trasporre il modello kepleriano in un riferimento geocentrico. In questo caso avremo che il Sole descrive un’orbita ellittica rispetto alla Terra, la Terra occupa un fuoco di questa ellisse, e il moto del Sole sull’orbita avviene in accordo con la legge delle aree. Come noto una trattazione rigorosa dell’esplicitazione dell’angolo di anomalia planetaria, a partire dalla legge delle aree, rappresenta un problema matematico non banale che richiede, in ultima istanza, la soluzione per serie dell’equazione di Keplero [9]. In questa sede ci limitiamo alle seguenti semplici considerazioni generali. In un riferimento giacente sul piano dell’eclittica i pianeti si muovono descrivendo orbite ellittiche espresse, in coordinate polari, da un’equazione del tipo (6) ρ(ϕ; a, e) = a 1 − e2 , 1 + e cos ϕ dove e rappresenta l’eccentricità dell’ellisse ed a il suo semiasse maggiore. Il moto ellittico avviene in modo che, in ogni istante, valga la legge delle aree ossia: Fig. 4. – Orbita geocentrica di Venere. 2. Confronto con il modello Kepleriano In questo paragrafo confrontiamo quantitativamente il moto del centro dell’epiciclo nel modello tolemaico con il moto del Sole kepleriano. Dal momento che il modello kepleriano usa come riferimento dei M 1 2 dϕ ρ = , 2 dt 2 e vale l’uguaglianza M = a2 Ω, dove Ω = 2π/T e T rappresenta il periodo del moto planetario. La determinazione della legge di variazione dell’angolo di anomalia planetaria nel tempo è resa difficile dalla necessità di risolvere l’equazione integrale in ϕ:  ϕ (1 − e2 )2 f (z) dz = Ωt, f (z) = . (1 + e cos ϕ)2 0 Galileo, Tolomeo e il moto di Venere 215 Fig. 5. – Simulazioni numeriche. Le difficoltà spariscono se si considera l’eccentricità un piccolo parametro. In tal caso, sviluppando in serie di Taylor al primo ordine, si ha f (z) = 1 − 2e cos z, da cui, dopo qualche calcolo, si ottiene l’approssimazione al primo ordine: (7) ϕ(t) = Ωt + 2e sin Ωt. Superato il problema della determinazione approssimata dell’anomalia non è ora difficile scrivere le equazioni del moto del Sole nel modello kepleriano trasposto in visuale geocentrica. Scelta come unità di misura delle lunghezze la misura del semiasse maggiore dell’orbita solare si ha Proposizione 2. La legge oraria approssimata del moto del Sole, nel riferimento geocentrico (O, x, y), è data da  xk (t) = ρ(ϕ(t); 1, es ) cos ϕ(t), yk (t) = ρ(ϕ(t); 1, es ) sin ϕ(t), dove es ≈ 0.0176 rappresenta l’eccentricità dell’orbita terrestre e dove si è posto ϕ(t) = Ωt + 2es sin Ωt con Ωv = 2π/Tv , Tv anno venusiano, e Ω = 2π/T , T anno solare. Dimostrazione: La dimostrazione è immediata una volta scelto come unità di misura delle distanze il semiasse maggiore dell’orbita terrestre e dopo aver ricordato la relazione (7). ✷ Indicate con (ρ, ϕ) le coordinate polari del piano (O, x, y) introduciamo la differenza (8) δϕ(t) = ϕp (t) − ϕ(t) = = arctan yp − ϕ(t), xp utile per poter valutare le differenze tra l’angolo di anomalia solare nei due modelli. Senza ricorrere agli sviluppi in serie effettuiamo le valutazioni numericamente. I risultati, valutati su un periodo indicativo di dieci anni solari, sono riassunti in fig. (5a). Lo scostamento angolare massimo sull’intera orbita è solamente di circa 23′ . Un secondo confronto, anche se molto meno significativo, riguarda l’andamento, al variare del tempo, della distanza tra Terra e Sole nei due modelli che è esprimibile attraverso la differenza (9) δρ(t) =   x2p + yp2 − yk2 + x2k . A. Centomo 216 I risultati, valutati su un periodo indicativo di dieci anni, sono riassunti in fig. 5b. Lo scostamento massimo tra i due modelli è circa 34/10000 del semiasse maggiore dell’orbita solare. Finalmente in fig. 6 vengono rappresentate, in sovrapposizione, le orbite per come sono previste dai due modelli: come si vede esse risultano sostanzialmente coincidenti. In conclusione risulta abbastanza chiaro che, in linea di principio ed escludendo ulteriori errori di osservazione — dovuti ad esempio alla collocazione della linea apsidale del Sole — il moto del centro dell’epiciclo di Venere è prossimo al moto del Sole con buona approssimazione. Fig. 6. – Orbita geocentrica del Sole. 3. Galileo e le fasi di Venere Nel libro I capitolo X del De Rivolutionibus Orbium Coelestium [10] Copernico, all’interno della discussione sull’ordine dei pianeti, aveva richiamato il seguente argomento: Quelli che seguono Platone, pertanto, poiché pensano che tutti i pianeti (che sarebbero in sé corpi oscuri) risplendono di luce solare, [dicono che] se fossero sotto il sole, per la non grande distanza da esso, non si vedrebbero che a metà o, in ogni caso, non apparirebbero interamente rotondi. Infatti, rifletterebbero la luce ricevuta in alto, vale a dire in direzione del sole, come vediamo nel caso della luna nuova o calante. L’argomento copernicano doveva, come vedremo, essere presto trasformato da Galileo, attraverso le osservazioni con il cannocchiale, in prova concreta. Gli argomenti di Galileo a favore della centralità del Sole rispetto all’orbita di Venere sono esposti, in modo particolarmente chiaro e completo, nel seguente passo, tratto dalla Giornata Terza, del Dialogo sopra ai Massimi Sistemi: Salviati: Stabiliti questi due, voglio che pensiamo di accomodar il corpo di Venere in tal maniera, che lo stato e movimento suo possa soddisfar a ciò che di essi ci mostrano le sensate apparenze; e però riducetevi a memoria quello che, o per discorsi passati o per vostre proprie osservazioni, avete compreso accadere in tale stella; e poi assegnatele quello stato che vi parrà convenirsele. Simplicio: Posto che sieno vere le apparenze narrate da voi, e che ho lette ancora nel libretto delle conclusioni, cioè che tale stella non si discosti mai dal Sole oltre a un certo determinato intervallo di 40 e tanti gradi, sı̀ che ella già mai non arrivi non solamente all’opposizion del Sole ma né anco al quadrato, né tampoco all’aspetto sestile; e più, che ella si mostri in un tempo quasi 40 volte maggiore che in altro tempo, cioè grandissima quando, sendo retrograda, va alla congiunzion vespertina del Sole, e piccolissima quando con movimento diretto va alla congiunzion mattutina; e di più, sendo vero che quando ella [Venere] appar grandissima, si mostri di figura cornicolata, e quando appar piccolissima, si vegga rotonda perfettamente; sendo, dico, vere cotali apparenze, non veggo che Galileo, Tolomeo e il moto di Venere 217 si possa sfuggire di affermare, tale stella raggirarsi in un cerchio intorno al Sole, poiché tal cerchio in niuna maniera si può dire che abbracci e dentro di sé contenga la Terra, né meno che sia inferiore al Sole, cioè tra esso e la Terra, né anco superior al Sole. Non può tal cerchio abbracciar la Terra, perché Venere verrebbe talvolta all’opposizion del Sole; non può essere inferiore, perché Venere circa l’una e l’altra congiunzione co’l Sole si mostrerebbe falcata; né può esser superiore, perché si mostrerebbe sempre rotonda, né mai cornicolata. gue, la successione delle osservazioni galileiane di quel periodo per come essa è stata fedelmente ricostruita in [13]. Come appare chiaro dall’intervento di Salviati le argomentazioni che seguiranno avranno come riferimento imprescindibile quelle “sensate apparenze” che si possono trarre dalle osservazioni con il cannochiale (7 ). L’allusione del Salviati richiama osservazioni e scritti precedenti la stesura del Dialogo sopra ai Massimi Sistemi, completato intorno al 1629 e pubblicato nel 1632, e non si ha motivo di dubitare che il riferimento sia alle osservazioni di Venere eseguite da Galileo tra il novembre del 1610 e il gennaio del 1611 e alla contemporanea produzione epistolare. In fig. 7 (8 ) riportiamo, come riferimento costante per la discussione che se- Fig. 7. – Fasi di Venere. (7 ) Abbiamo motivo di pensare che le immagini viste attraverso lo strumento costruito da Galileo, benchè caratterizzate da poca nitidezza e da aberrazioni, permettessero di trarre le conclusioni esposte nel passo citato. Alla stessa conclusione portano le precisissime determinazioni effettuate da Galileo dei periodi dei satelliti di Giove. Le critiche esposte in [11], a proposito delle osservazioni lunari, non sono a nostro avviso sufficienti per giungere alla conclusione della erroneità di tutte le osservazioni galileiane, opinione che, per il resto, neppure l’autore citato avanza. (8 ) Figure simili si trovano anche ne Il Saggiatore [12]. L’intervento di Simplicio si articola idealmente in due momenti: nel primo si richiamano alcuni caratteri essenziali legati al moto di Venere che, come abbiamo visto, si possono dedurre dal modello tolemaico, ossia l’angolo di massima elongazione dal Sole (5) e la variazione del diametro apparente (9 ); nel secondo, che analizzeremo in dettaglio, vengono esposti gli argomenti a favore della centralità del Sole rispetto all’orbita venusiana. Notiamo che, nell’intervento di Simplicio, vengono richiamate sia le immagini relative alle osservazioni di Agosto e Settembre, dove Venere appare piccola e rotonda, sia l’osservazione di Gennaio, dove il pianeta appare più grande, e, per usare l’espressione di Galileo, cornicolato (10 ). La sequenza completa delle fa- (9 ) Il sistema tolemaico, volendo essere rigorosi, non ha dati che permettano di prevedere quantitativamente la variazione del diametro apparente di Venere che Galileo fissa pari a 40 volte. (10 ) Il termine cornicolato è usato come sinonimo di falcato. 218 si (11 ) permette di concludere, attraverso uno stringente ragionamento (12 ), che il Sole è contenuto nell’orbita di Venere. Se infatti l’orbita venusiana si trovasse completamente al di sopra del Sole il pianeta apparirebbe sempre di forma rotonda ma mai falcata come mostra l’osservazione di Gennaio. Inoltre se, come supponeva Tolomeo, l’orbita di Venere si trovasse sempre al di sotto del Sole le sue fasi dovrebbero risultare sempre falcate in contrasto con le osservazioni precedenti il Gennaio del 1611. L’osservazione delle fasi di Venere non rappresenta storicamente solo un argomento a favore del punto di vista eliocentrico ma evidenzia una proprietà del pianeta, mai verificata prima del 1611, ossia il suo essere un corpo opaco. Keplero, in base ad alcune considerazioni di ottica e contro l’opinione della tradizione astronomica che si rifaceva a Platone, aveva erroneamente concluso che Venere doveva brillare di luce propria. Se questa ipotesi si fosse rivelata esatta le osservazioni astronomiche non avrebbero dovuto rivelare in alcun modo il fenomeno delle fasi [3]. Se le osservazioni di Galileo sull’opacità di Venere costituiscono motivo di (11 ) Come è stato ben evidenziato in [13] i contenuti della produzione epistolare galileiana del periodo di osservazione di Venere sono perfettamente coerenti con l’evoluzione dei risultati dedotti dalle osservazioni. (12 ) L’argomentazione galileiana, oltre ad accogliere lo spunto copernicano, ripercorre le linee di quanto suggerito da Benedetto Castelli a Galileo in una lettera del 5 dicembre 1610. Nella stessa lettera si richiama anche l’importanza delle osservazioni delle fasi di Venere in relazione alla teoria copernicana. Per un curioso resoconto sul rapporto tra Galileo e i suoi discepoli in relazione alle scoperte scientifiche si rimanda a [14]. A. Centomo contrasto con alcune idee di Keplero e, soprattutto, con l’idea aristotelica secondo cui i corpi celesti, costituiti di fuoco, brillano di luce propria, il fatto che l’orbita venusiana abbracci il Sole non implica una immediata confutazione del modello tolemaico. Come abbiamo segnalato in precedenza in esso, a meno di argomenti solo probabili, il rapporto tra raggio dell’epiciclo e del deferente è calcolato in modo da risultare compatibile con il punto di vista eliocentrico. Dal nostro punto di vista allora l’osservazione di Galileo permette di chiarire come il centro dell’epiciclo tolemaico non sia solo un punto geometrico necessario alla strutturazione di modelli cinematici che rendano conto, nel modo migliore possibile, delle apparenze astronomiche, ma abbia un significato fisico preciso in quanto coincide proprio con il centro del Sole. Per sgombrare il campo dagli equivoci sono necessarie ancora alcune considerazioni. In primo luogo il fatto che sia stabilita la centralità del Sole rispetto all’orbita venusiana non implica necessariamente che debba essere accettata la centralità del Sole rispetto alle rimanenti orbite planetarie. Una secondo argomento, a conferma dell’ipotesi eliocentrica, venne offerto a Galileo dal calcolo dei periodi dei satelliti di Giove [1]. Tuttavia rimanevano aperti due problemi. Il primo, risolto solo da Keplero con il suo modello, consisteva nel tradurre l’informazione circa la centralità del Sole nella formulazione di modelli planetari più precisi di quello tolemaico. Il secondo, ben più arduo, di dimostrare l’effettiva mobilità della Terra. Galileo aveva elaborato, in questa direzione, numerose riflessioni di carattere fisico legate al principio di inerzia. Anche se nessuna di queste riflessioni può essere rigorosamente considerata una prova de- Galileo, Tolomeo e il moto di Venere finitiva del moto terrestre l’intuizione che tale prova dovesse essere fondata sulla base di una teoria meccanica risulta assai felice e, di fatto, conduce nella direzione della dinamica newtoniana. 219 [8] Centomo A., L’epiciclo di Venere, G. Astron., 25 (1999) 41. [9] Colwell P., Solving Kepler’s Equation [10] [11] Bibliografia [1] Drake S., Galileo and satellite prediction, J. Hist. Astron., 10 (1979) 75. [2] Selleri F., Galileo e la falsificazione del[3] [4] [5] [6] [7] la cosmologia tolemaica, Rend. Accad. Naz. Sci. (1990) 37. Drake S., Galileo, Kepler, and Phases of Venus, J. Hist. Astron., 15 (1984) 198. Drake S., Ptolemy, Galileo, and scientific method, Stud. Hist. Philos. Sci., 9 (1978) 99. Toomer G. J., Ptolemy’s Almagest, (Duckworth, London) 1984. Riddell R. C., The Latitudes of Venus and Mercury in the Almagest, Arch. Hist. Exact. 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