Ti ho visto, sai, l'altra mattina? Stavi andando a scuola in scooter, ed io al lavoro. Ci siamo incrociati, per un attimo, neanche il tempo di salutarti. La tua ragazza abbarbicata a te e tu con una sigaretta tra le dita. Mi sono rimpicciolita dentro l'auto, coperta dal traffico. Lo so che fumi, l'ho sentito prima sui tuoi vestiti, poi su di te, nei rari momenti in cui ci avviciniamo. Lo so da tempo che hai preso questo brutto vizio, ma vederlo è stato comunque strano. Mi ha messo di fronte a quella parte di te che sta andando nel mondo e che a me, per legge naturale, è preclusa. Ho pensato che non te ne avrei parlato perchè, ormai, è una decisione tua; sai perfettamente qual'è la mia idea in proposito, sai quanta rabbia ho provato quando l'oncologo mi ha detto che il tumore di mio padre era stato provocato dal fumo, nonostante avesse ormai smesso da più di dieci anni. Ho pensato che fosse inutile dirtelo e che, magari, farlo avrebbe riaperto una delle mille, interminabili litigate che mi hanno fatto scoprire che non è affatto vero che il cuore non fa male fisicamente: quando ti urlo e tu mi dici cose vere e mi accusi e mi richiami alla coerenza, io spesso mi sento disarmata; in quei momenti, riconoscere che spesso, non sempre, hai ragione, e provare stima per te, proprio mentre ti stai allontanando da me, mi procura un dolore acuto nel petto, in prossimità del cuore. Ma tornando all'altra mattina, ti confesso che mi sono sentita come se ti avessi spiato dal buco della serratura; so che a te non avrebbe fatto piacere che io ti vedessi con la sigaretta tra le mani. Il nostro legame, negli anni, si è attorcigliato in piccoli pudori, imbarazzi, paura di farsi male, difficoltà a comprendersi, che connota il rapporto di chi, pur amandosi, deve separarsi. Nelle litigate tu urli e io piango; io mi sfogo arrivando a colpirti anche fisicamente, come mai ho fatto prima da quando sei nato, e tu ti trattieni, mostrando una rabbia, una forza, che se ti lasciassi andare potresti distruggermi. "Ma perchè sei capitato proprio a me?" penso in maniera stupidamente irrazionale nei momenti in cui l'angoscia diventa insostenibile, come se io non avessi alcun ruolo, come se il caso ti avesse creato e non fossimo così assurdamente uguali e così dolorosamente legati. Sei ribelle, rompi gli schemi, provochi, ed io passo le giornate a pensarti. Ti confesso che, prima di te, non avrei immaginato che si potesse amare così. Nelle notti in cui ti aspetto rivivo le sensazioni di impotenza e speranza che mi accompagnavano nei tuoi primi anni di vita quando, nel buio più totale, mi piantavi addosso i tuoi occhi enormi e, non volendone sapere di dormire, sembravi mettermi alla prova, anche allora, come oggi. "...e ora cosa fai? cosa inventi?" sembravi dirmi, facendomi conoscere il vero senso della parola "responsabilità". Non so spiegare come tutto il negativo si annulli quando, dopo averti tanto aspettato, avverto da lontano, nel silenzio, il rumore del tuo scooter e tu entri in casa come se niente fosse, portando negli occhi, nei vestiti, le esperienze della tua età, le risate fatte in gruppo, l'esigenza irrefrenabile di vivere la notte.
Sei nato, forse, quando ero troppo giovane per crescerti; in un tempo in cui nè io nè tuo padre avevamo stabilità, certezze, come tanti della tua generazione. Ben diverso fu per me, nata negli anni settanta, con un padre che aveva il posto fisso, l'utilitaria, una casa di proprietà costruita insieme alla nonna, l'aiuto dei genitori e un bel mucchio di possibilità da sfruttare. Siamo il risultato di mille e più fattori, figlio mio, compreso il patrimonio genetico, non volermene. Sei quello che sei per tutto l'universo di relazioni che vivi, sperimenti, ti sono state imposte. Non saresti così se ti avessi scelto un altro padre, se mi fossero piaciute le soap opera, se tua nonna non ti viziasse tanto, se non avessi avuto come zie le mie sorelle e lo zio Dani come riflessione costante sull'essere disabili, se quell'insegnante avesse capito che tu eri disgrafico, se tuo nonno non ci avesse fatto vivere la sofferenza della sua perdita, se fossimo stati tutti un pò meno coerenti... A volte mi spiace, tra le altre cose, che sei nato in Italia.
5 commenti:
a volte i "se" diventano macigni. Però è indubbio che poteva andare anche peggio... ;)
E' un ragazzo straordinario mio nipote.. profondo,curioso, intelligente.
Non si accontenta di vedere il mondo girare come fanno molti giovani. Non potrebbe.
Vive come vive chi non smette mai di domandarsi, di cercare..e di credere.
La sua mamma era così, lui non può essere altrimenti.
Straordinari entrambi.
Mi vengono i brividi a pensare chi, come te, è nel momento più duro del mestiere più difficile del mondo.
Chissà quanti guai combinerei, al posto tuo :S
E' che non vogliamo lasciarli andare...i nostri figli. Le mamme poi reciso quello ombelicale, di cordoni ne fabbricano altri di più resistenti, fatti di attese, dubbi, paure. Tutto passa tutto se ne va, recita il vecchio adagio, per noi genitori però, passeranno soltanto le fasi di crescita dei nostri figli. Attese, dubbi e paure quelle saranno sempre con noi, a braccetto della nostra gioventù che, lei si, ci lascerà. Ma come ben sai tutto ha un senso, anche se a volte ci sfugge, e allora gustati l'uomo nuovo che sta sbocciando sotto i tuoi occhi, e non lasciare che la Wilma giocherellona, resti indietro e basta...
Ciao abbraccio.
Mi ha emozionato molto leggerti...
Un abbraccio
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