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sabato 8 dicembre 2012

Il cuore della notizia: la retorica sulla prostituzione

Statistical beauty – study
image sergioalbiac.com
I due articoli riportano la stessa storia, quella di una sex worker di Pescara, che lavora con il soprannome di Francesca. Francesca ha chiesto ai carabinieri la cortesia di proteggere la sua privacy, perché in famiglia nessuno è a conoscenza di questa attività, ma risponde ad alcune domande, raccontando qualcosa di sé.
Gli elementi del racconto riportato dagli articoli, però, lo rendono in questo caso abbastanza retorico: una madre, la crisi, le difficoltà economiche che spingono a scelte difficili e diversi comprimari uomini: il marito ignaro, i clienti ricchi, un losco fruttivendolo che spinge le donne alla prostituzione. Infatti lei è moglie di un imprenditore, entrambi abituati a un tenore di vita alto, subiti i colpi della crisi, sceglie di prostituirsi per far fronte a certi debiti e garantire ancora condizioni di vita agiate alla propria famiglia. Si organizza con delle foto, degli annunci su internet e un secondo numero di cellulare, solo per i clienti. Dice di non ricevere più di due clienti al giorno, che di solito si fa pagare sui 100 euro e che, a fine mese, riesce ad arrivare anche a 7000 euro. Non manca di alludere alla difficoltà di accettare se stessa in veste di prostituta, riferisce di essere stata da uno psicologo, ma oggi, dice, quasi non deve nemmeno toccarli i clienti, tutti uomini comunque facoltosi che spesso le chiedono di essere sottomessi. Francesca racconta anche che, come lei, ce ne sono tante di donne che guadagnano così.

Cerco di capire il cuore della notizia qual è: sarebbe che oggi a causa della crisi le donne, anche quelle perbene, sono costrette a prostituirsi per garantirsi la sopravvivenza.
A me sembra però che ci sia qualcosa di sbagliato, questa donna, stando al racconto riportanto negli articoli, non si garantisce la sopravvivenza, si è pagata dei debiti e il mutuo certo, ma 7000 euro al mese rappresentano un introito superiore a quello che, mediamente, possiamo considerare di sopravvivenza, considerando come standard la pensione minima di vecchiaia. Infatti Francesca ci dice che in famiglia hanno sempre avuto un tenore di vita alto e si prostituisce per continuare ad averlo. Quindi, di cosa parliamo? Un altro dato che nontorna è la difficoltà psicologica di questa donna, gli articoli cercanod i farci credere che sia una grande sofferenza questa, il rimando è chiaramente alla tragedia della prostituzione (molto simile alla tragedia dell’aborto). L’accenno alle sedute di psicoterapia è un dato che serve a chi scrive per sostenere la difficoltà di essere oggetto sessuale. La famosa scissione mente-corpo, che esiste ed è reale, certo, ma che evidentemente non appartiene a tutte le persone che fanno questo lavoro e non allo stesso modo, dato che a Francesca sono bastate poche sedute per ‘ricomporsi’, possiamo considerarla piuttosto resiliente, mi sembra. Anche perché asseconda una tendenza del mercato che le permette di guadagnare senza essere eccessivamente coinvolta fisicamente, la dominazione. In più Francesca ha una clientela che, in base a ciò che sappiamo, possiamo definire esclusiva: politici, imprenditori, uomini ricchi che spendono i loro soldi per farsi umiliare un po’. Potremmo ipotizzare una sorta di compensazione psicologica per tutte le parti in gioco?
Il cuore della notizia è quindi un altro e si trova tra le righe. La notizia è che dei carabinieri hanno fatto irruzione in un luogo di lavoro, dove si svolgono incontri di lavoro, tra persone adulte e consenzienti. Hanno portato via una donna che, nella difficile condizione in cui la mette la legge Merlin, deve chiedere per favore di non essere esposta al pubblico ludibrio, dato che invece di andare a pulire cessi per il necessario, ha pensato di fare un lavoro somatico, cioè scambiare prestazioni sessuali o comunque intime per guadagnare molto, e così è stato.
Francesca non è la straniera che arriva in Italia credendo di trovare lavoro come badante, ma finisce in mano alle mafie, lei ce lo dice chiaramente che pulire i culi ai vecchi non le piacerebbe, in fondo non sembra andarle troppo stretto questo lavoro, magari smetterà o continuerà, questo riguarda solo lei, riesce persino a conciliare con la famiglia.
Si tratta della costruzione di un’immaginario vittimizzante, anche dove è evidente la discordanza con il racconto. Nel discorso sulla prostituzione esiste una retorica molto simile a quella sull’aborto, per la quale alla strega corrisponde la puttana e alla donna distrutta dall’aborto corrisponde la vittima della prostituzione coatta. Fermo restando che esistono sia donne distrutte dall’aborto che vittime di prostituzione coatta.
Si tratta, poi, della ricattabilità (quella per cui puoi trovarti in una caserma o in un cie e ti stuprano) di chi risponde autonomamente alle domande della vita, in uno Stato repressivo, che non ha minimamente a cuore il benessere né delle donne né di altr* sogget*, perché qui non si tratta di decidere se Francesca poteva scegliere diversamente, se Francesca e la sua famiglia se la possono cavare con 1000 euro o con 500, quello è moralismo, qui si tratta di libertà di scelta.

Da fas

martedì 13 novembre 2012

Liberare le donne, per liberare gli uomini

Racconti di paternità. Sono sempre più frequenti, alcuni sereni, altri meno sereni. Se le esperienze non possono essere tutte uguali, una cosa accomuna spesso questi racconti e cioè la dimensione della scoperta. La scoperta di poter instaurare con figlie e figli relazioni di intimità, complicità e amore che con i propri padri o non ci sono state o sono state lacunose, la voglia di esprimere una maschilità diversa, che vuole viversi appieno l'esperienza della genitorialità, senza l'esclusione del materno, ma nella parità.

Per me è un mondo sconosciuto, che ascolto volentieri, perché sono convinta, come dice il titolo di questo post, il quale riprende la chiusa di uno scritto che più giù andrò a linkare, che liberare le donne dai ruoli imposti significhi liberare anche gli uomini dai loro, e che tutt* ci guadagneremo.

Tra ieri e oggi ho incrociato tre racconti  di paternità, oltre ad altri letti in passato, che hanno quello stupore della scoperta che tanto mi incuriosisce, forse non sono perfetti, forse c'è tanto da fare, soprattutto a livello culturale e sociale, ma sono molto interessanti.
Sono interessanti alla luce, soprattutto, di alcune immaginette che mi sono saltate sotto al naso in occasione delle elezioni americane, dove le donne hanno avuto un ruolo determinante. Sono quelle che vedete nel post, dal meme: Suffragette Madonna, prodotte dal movimento anti-suffragette. Si tratta di cartoline ad alta diffusione dal doppio messaggio: se le donne avranno il diritto di voto, uomini, vi dovrete occupare di cose che non vi competono e che sono inferiori, e donne lascete i vostri lavori per occuparvi di cose che non vi riguardano. Particolarmente esplicativa, in questo senso, è quella che dice: tutti lavorano ma la mamma, lei è una suffragetta, e il marito disperato, per questo mondo che si sta mettendo all'incontrario, aggiunge: io voglio votare, ma mia moglie non me lo lascia fare.
Servivano a spaventare gli uomini e a scoraggiare le donne che chiedevano il diritto al voto (una fondamentale conquista di parità, anche quando per scelta politica decidiamo di non votare), mostrando gli uomini come delle vittime di queste signore che mollavano figli e casa, i lavori di cura, intesi ovviamente come naturalmente femminili, per fare politica.
Rivendicare oggi quei ruoli, rivendicarli appoggiandosi alle conquiste e richieste di parità e libertà del movimento femminista, è un passo in avanti enorme, dal mio punto di vista. Laddove quei messaggi ieri servivano a demotivarci, oggi servono anche a sostenerci.

I racconti di paternità sorprese qui:

Essere padre, o la scoperta del sistema maschilista;

Ai padri, alle madri;
Appunti sparsi sulla (mia) paternità.




lunedì 11 luglio 2011

La donna licenziata per i suoi capelli

11 luglio 2011

Sandra Rawline ha fatto causa alla sua ex azienda, che l’ha cacciata per una questione estetica

I capelli di Sandra Rawline sono diventati grigi a vent’anni. Ma lei se n’è fatta una ragione, anzi: ha cominciato a portare con orgoglio il suo colore argenteo: “Questo è quello che sono,” si disse all’epoca. Ma non sembrava pensarla alla stessa maniera il suo datore di lavoro texano.

LICENZIATA – Nell’agosto 2009 il suo capo le si è avvicinato e le ha consigliato in un sussurro di puntare a un’”immagine di alto livello”. La Rawline, 52 anni, ha detto che le era stato chiesto di venire a lavorare indossando abiti “più giovan” e gioielli. Soprattutto, le hanno chiesto di tingere i capelli, e il suo capo si era anche offerto di pagargli la colorazione. Quando si è rifiutata, è stata licenziata in una settimana e sostituita da una donna 10 anni più giovane di lei. Lei ha citato in giudizio l’azienda per discriminazione nei tribunali di Houston. Rawline ha detto al Guardian che il colore dei suoi capelli non era mai stato un problema quando è entrata nello studio dove lavorava: “Ho lavoratp duro per loro”, ha detto, sottolineando che ha vinto il premio per il miglior dipendente nel 2004 e 2005.

REDDITO DIMINUITO - Da quando è stata costretta a lasciare l’azienda, il reddito Rawline è sceso da 48mila dollari come manager a titolo di capitale a 30mila, che oggi guadagna in quanto lavoratore del servizio clienti in un’altra azienda. La società si è difesa bollando le affermazioni dell’ex dipendente come “completamente prive di fondamento e assurde”. L’amministratore delegato della compagnia, Bill Shaddock, ha detto al Chronicle: “Mi piacerebbe assumere un 150enne, se fosse capace.” Ma la Rawline ha detto non c’èa mai stata alcuna lamentela circa la sua performance prima di essere così bruscamente licenziata. Il suo avvocato con sede a Houston, Dowdy Robert, ha dichiarato: “Io credo che nessuno dovrebbe essere imbarazzato o umiliato perché è invecchiato”.

http://www.giornalettismo.com/archives/133115/la-donna-licenziata-per-i-suoi-capelli/

lunedì 4 luglio 2011

Reggio Emilia: tata aziendale per lavoratrici, l'idea di un'impresa di Montecchio

Reggio Emilia, 3 lug. - (Adnkronos) - Una tata aziendale per le mamme lavoratrici. L'iniziativa e' di un'azienda di Montecchio , in provincia di Reggio Emilia, specializzata nella produzione di adesivi per macchine agricole, camper e carrelli elevatori. Per migliorare l'efficienza e abbattere l'assenza sul lavoro, l'azienda ha deciso di sostenere le sue 27 dipendenti mamme con un servizio di baby sitter a domicilio. A riportare la notizia e' 'l'Unita''. Il servizio funziona cosi': il direttore dell'azienda riceve un sms di richiesta dalla lavoratrice e provvede a contattare la tata. Ci sono anche priorita'. Le addette alla produzione hanno la precedenza sulle impiegate, spiega il quotidiano, e quando a richiedere il servizio di baby sitter sono due operaie, e' l'eta' del bimbo a fare la differenza: i piu' piccoli hanno la precedenza.
(03 luglio 2011 ore 11.32)

http://bologna.repubblica.it/dettaglio-news/11:16-11:16/3997809

giovedì 30 giugno 2011

Inzago, donne in sciopero, e gli uomini?


Alla Ma-Vib licenziano solo le donne, e le donne scioperano fuori dalla fabbrica. Dove sono gli uomini? Dove sono i colleghi che con queste donne lavorano gomito a gomito? Quando sono gli uomini a scioperare le donne sono solidali, perchè qui c'è un solo uomo?


Non aprirmi la portiera dell'auto, lo so fare da sola; non portarmi le rose, le coltivo nel mio giardino: ma uomo sciopera con me!

Guarda il video del Corriere qui.

Alla Ma-Vib licenziano solo le donne?

Questo qui è l'articolo su diritto di critica .
Vita da Streghe qui.
Donnepensanti qui.
Femminismo a sud qui.
Lipperatura qui.


Scriviamo TUTT* all'amministratore per ricordargli dell'ART. 37

La nota di Francesca Sanzo

Leggiamo oggi su Repubblica.it:

Dieci fa mesi, in 14 erano finiti comunque in cassa integrazione ordinaria, tutte donne, tranne uno. "Un'anticipazione di quello che stava per accadere", dice ora il sindacalista rileggendo i fatti. Ieri pomeriggio, nella sede di Api (Associazione piccole medie imprese), al tavolo delle trattative ci sono tutti: sindacati, associazioni di categoria e proprietà. È qui che l'amministratore delegato della società comunica la decisione. "Dopo la cassa integrazione - fa sapere la Fiom Cgil - hanno annunciato il licenziamento di 13 lavoratori scegliendoli rigorosamente di sesso femminile", precisando che "quello portato a casa dalle donne è comunque il secondo stipendio".


L'azienda è la MA-VIB e questa è la sua mail: [email protected]


Se vuoi scrivergli anche tu per sostenere la MOBILITAZIONE dei lavoratori e ricordare all'azienda che esiste un preciso articolo della Costituzione che promuove, sul lavoro, la parità di trattamento, puoi usare il testo sotto.


Più saremo a scrivere, più capiranno quanto l'hanno fatta grossa.



IL TESTO DELLA MAIL:


Egregio Amministratore Ma- Vib,

Le scriviamo per segnalarle l'esistenza di questo articolo della Costituzione Italiana (1948)


Articolo 37

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.

La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.


Come cittadina, persona e donna ritengo alquanto svilente che Lei si sia permesso di fare le affermazioni che leggiamo in questo articolo: http://milano.repubblica.it/cronaca/2011/06/30/news/c_la_crisi_licenziate_solo_le_donne_cos_stanno_a_casa_a_curare_i_figli-18421119/ e darò sostegno e eco in rete - grazie al passaparola e all'invito a scriverle - alle lavoratrici e ai lavoratori che manifestano contro un'iniziativa vile e discriminatoria.



FIRMA
Nome Cognome


FATE GIRARE QUESTA NOTA IL PIU' POSSIBILE

sabato 25 settembre 2010

Vicenza, il premio produzione? Sesso con la segretaria. Che va dai carabinieri

Piccolo imprenditore manda mail per scherzo, un operaio
si presenta alla donna che s'infuria e medita una denuncia

VICENZA (25 settembre) - Di fronte alla richiesta di un premio di produzione un piccolo imprenditore ha pensato di rispondere dicendo ai dipendenti di rivolgersi alla segretaria per una prestazione sessuale. Una battuta-scherzo di cattivo gusto via e-mail in azienda, un messaggio cancellato rapidamente, che però non ha impedito a qualcuno di presentarsi lo stesso all’ignara segretaria. Questa non l'ha presa bene e, offesa, ha pensato bene di rivolgersi ai carabinieri.

La vicenda accade nell’hinterland del capoluogo berico in un’azienda artigiana specializzata nel settore idraulico. La vittima della “proposta indecente” è una segretaria che, al presentarsi di un operaio con la mail del capo in mano per “incassare”, in tutta risposta si è andata dai carabinieri per avere dei consigli. Ora starebbe valutando, su suggerimento dei militari, di sporgere denuncia. La segretaria lavora nella ditta di idraulica da alcuni anni, è fidanzata e non avrebbe mai avuto problemi a lavorare circondata da una mezza dozzina di uomini dopo che è rimasta la sola donna in azienda.

Fonte:il mattino

sabato 28 agosto 2010

Essere donne - Tutte le libertà che volevo



Nel video l'intervista a Cecilia Mangini che realizzò nel 1965 un documentario, della durata di 28 minuti, sulle donne al lavoro negli anni 60.
Per vedere il documentario che "non piace ai pornovampirologi"basta andare su rassegna.it
Il documentario si apre con le immagini patinate di donne in copertina, usate per vendere un'idea di benesse consumistico, poi si sposta sulle operaie, le impiegate e le braccianti agricole, sullo scollamento tra quella rappresentazione del femminile e la realtà delle italiane, un'analisi che, seppure con le dovute distanze storiche, in fatto di legislazioni, appare attualissima.
Di seguito la trascrizione del testo narrato.

Ci guardano dalle riviste e dai manifesti ci invitano ad essere come loro, sempre più felici e fiduciosi nel rpesente e nell'avvenire. Sono leimmagine pilota del mito del benessere, dietro di esse la nostra società cerca di nascondere contraddizioni e violenze. Sono anche immagini premonitrici, segnali, avvisi. Chi può riconoscersi in queste immagini? non i sei milioni di donne che in Italia lavorano nella produzione, non i milioni di donne che restano a casa, legate alla fatica domestica, non queste ragazze di quattordici e quindici anni che lavorano in un pastificio pugliese.

"Ho quindici anni e non ti possodire il mio nome, lavoro in questo pastificio e prendo ottocentocinquanta lire al giorno. L'anno scorso prendevo cinquecento lire al giorno".

"Lavoriamo dieci ore di lavoro al giorno, c'è la caporale che ci grida sempre".

Milano tempi stretti per chi lavora alla catena di montaggio, vista, nervi, tensione continua.

"Qui alla catena per ogni cestello abbiamo un minuto di tempo, sul minuto faccio diciotto saldature, sono più di mille saldature all'ora, sono ottomila settecento saldature al giorno in otto ore. Ma quando arriva il tempista ci prende la paura che ci taglino ancora i tempi, o che ci vogliono licenziare. Siamo al limite, non c'è più margine, sono sempre gli stessi gesti calcolati aldecimo di secondo, dopo otto ore andiamo a casa rotte, le ossa non cel e sentiamo più e non ci rendiamo conto che crepiamo vent'anni prima".

Donne e uomini, operaie e operai, impiegati e impiegate donne presenti ogni mattina per la Montecatini, per la Fiat, per la Pirelli.
Ogni giorno che si alza sui grattaceli come sulle case di contadini e braccianti del sud, inizia nel santo nome del monopolio, si avviano verso lunghe ore di zappa, la loro fatica sarà vanificata dall eleggi del profitto che i centri direzionali dei monopoli al nord impongono anche nel più lontano paese del meridione.
Così braccianti e operaie anche per questa giornata riceveranno una paga ingiusta, come gli uomini, ma sulla donna ricade anche il peso di subordinazioni antiche addizionali.

mercoledì 25 agosto 2010

La mia famiglia monologo di Paola Cortellesi

La mia famiglia è una serie di monologhi che Paola Cortellesi scrisse e interpretò durante lo spettacolo televisivo "Non perdiamoci di vista", anch'esso scritto e condotto dalla stessa Cortellesi, e trasmesso in prima serata su rai2 nel 2008.

Ogni puntata ruotava attorno ad un tema centrale, tema dell'ultima puntata furono le Donne.




Questa che segue è la trascrizione del monologo di Paola Cortellesi che ha come protagonista Colacci Luciana, una giovane donna alle prese con la violenza sociale dell'Italia contemporanea.

__________________________________________
La mia famiglia siamo uno, mi chiamo Colacci Luciana, sto per venire al mondo, e non vedo l’ora, perché nella pancia si sta veramente strettissimi. Mamma nonostante sia incinta di nove mesi, lavora a servizio da una signora, papà lavora per un traslochi, si chiama Mario e si lamenta sempre che non c’ha una lira dice sempre: se andassi a rubare, sì che sarei ricco! La differenza tra mamma e papà è che mamma lavora e si sta zitta, e papà invece lavora e si lamenta. Appena nascerò però m’ha promesso che mi fasci adentro la bandiara della Lazio, sai che risate!

La mia famiglia siamo cinque, io sto alle elementari e i miei hanno fatto altri due figli a raffica dopo di me, alla seconda femminuccia mio padre ha rosicato, e s’è calmato soltanto quando è arrivato il maschietto, papà ci tiene al cognome, e nel nostro paese lo puoi mantenere solo se sei maschio. A casa c’è tanto rumore, la televisione, il traffico della tangenziale, i mie fratelli che stanno sempre a piangere, papà che russa. Io vorrei un po’ di silenzio, secondo me quando si fa troppo rumore le persone non riescono apensare e, così, ci si confone.

La mia famiglia siamo trenta, con i miei compagni di classe stiamo sempre insieme per strada, noi ragazze sognamo l’amore romantico sotto la luna piena, i ragazzi invece disegnano enormi peni, come si dice? Enormi peni, sul muro, di tutte le forme, certe volte pure con le variazioni sofisticate, io veramente non la capisco st’ossessione che c’hanno i maschi. L’anno prossimo vorrei tanto fare la scuola alberghiera, però non ce l’ho vicino casa, dietro casa c’è ragioneria, allora mio padre mi ha detto che devo fare ragioneria così vado a scuola a piedi e risparmiamo 36.000 lire al mese della tessera dell’autobus.

La mia famiglia siamo quattro, mi sono presa il diploma e ho cominciato a lavorare, prima a nero, e poi sono entrata nel delirio di sti contratti a termine e ho cominciato a capire come funzionano le cose, e ho capito che io un posto fisso non lo avrei avuto mai, vivo ancora a casa con i miei, ma a venticinque anni mi sento stanca come se ne avessi cinquanta, però sto lì e sto zitta. Quando è morto mio padre non è che c’aveva la pensione o l’assicurazione perché lavorava a nero come tutti quelli del quartiere nostro, c’ha lasciato quattro soldi e una 127 verde che quando arrivavo sotto casa tutti quanti strillavano : “Eccola là è arrivata Luciana col testaverde! Mia madre c’ha settantanni e sta ancora a sevizio, che ora la chiamano collaboratrice domestica, ma per tutti rimane sempre una sguattera. E, siccome che nella vita uno parla sempre del lavoro che fa, gli avvocati parlano dei processi, i medici delle malattie, mia madre parla solo di stracci e di sapone, forse è per questo che sono venuta su una ragazzetta pulita!

La mia famiglia siamo due, mi hanno fatto un contratto a termine in un’azienda, ogni sei mesi me lo rinnovano, oramai è un bel po’ che lavoro, ho conosciuto Stefano, ci siamo innamorati, ci siamo pure sposati, lui fa il muratore, mi rispetta e ci vogliamo proprio bene, viviamo in un monolocale in affitto fuori Roma a Guidonia, a 350 euro al mese, che poi è la metà di quello che guadagno. Le vacanze le facciamo a fine settembre perché costa di meno, l’altranno in calabria nella pensione ci stavamo solo noi due e una vecchia su una sedia a rotelle trascinata da una moldava scoglionata, pure il cinema all’aperto aveva chiuso. Quando non pioveva andavamo al mare alla spiaggia libera, un giorno siamo andati persiono a visitare Potenza, gli unici turisti nella storia di quella città! La gente ci guardava strano, dicevano: boh gli si sarà fermata la macchina proprio qua. E invece dei monumenti ci indicavano direttamente i meccanici, però io e Stefano ci ridevamo sopra, capito, stavamo noi due e stavamo bene. Settimana dopo tornavamo al lavoro, guardavamo le foto con gli amci, raccontavamo la vacanza, a noi ci stava bene pure così, perché un lavoro ce l’avevamo ancora, ripetitivo faticoso, mal retribuito, però almeno ci faceva sopravvivere, era una vita di merda sia ben chiaro, però era quello che ci era capitato, e a noi ci stava bene pure così.

La mia famiglia siamo due e mezzo, un bel giorno ho compiuto trentatrè anni e mi sono detta: ma mica devo morire sulla croce come Cristo, io ho ancora tutta la vita davanti, in azienda mi hanno pure promesso che se lavoro tanto, non baccaglio sullo stipendio da fame, non pretendo i buoni pasto e mi fermo quel paio d’ore in più al giorno senza che mi paghino lo straordinario, dice che sicuramente mi rinnovano il contratto e pare che l’anno dopo mi assumano in pianta stabile. E io faccio tutto, faccio tutto, faccio tutto mi sacrifico, mi spacco la schiena per settecento euro al mese, e in più sorrido sempre che manco mi era stato rischiesto, però faccio un errore solo, uno solo, in un momento di grande gioia e di allegria, decido di mettere al mondo una creatura, con Stefano c’avevamo tanta voglia, e invece di riceve una pacca sulla spalla, mi vengono a dire che non mi rinnovano il contratto, che l’azienda deve risparmiare, che mi ringrazia per il lavoro svolto ma non hanno più bisogno di me, e me lo dicono che sto al settimo mese di gravidanza, con mio marito che sta a lavorare in Germania, e mia madre che non gliela fa più manco a tenersi dritta con la schiena. E che dite? Ma come vado avanti io secondo voi? Che faccio mi vendo la 127?

La mia famiglia siamo tre milioni settecento cinquantasettemila, io faccio parte di quel 12% del paese che sta sotto la soglia di povertà, io non chiedo niente di speciale, io voglio solo essere ascoltata, io rivoglio la vita mia, rivoglio lo stipendio basso mio, voglio essere premiata perché metto al mondo una creatura. Una donna se rimane incinta e non ha il contratto protetto rimane sull’astrico, io non lo voglio il macchinone, i capelli me li tingo da sola, ma ridatemi lo stipendio mio! Io non sono pazza, io sono soltanto stanca!
Il piccolo mario è nato, pesava nemmanco due kili, però non ha versato nemmeno una lacrima, ci ha guardato dritto negli occhi, sembrava un piccolo guerriero silenzioso. Nostro signore ha detto che gli ultimi saranno i primi, non ha detto di preciso quando.

La mia famiglia siamo tre.

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