"Mamma, che cos'e un fratello?"
Un articolo dell'
huffingtonpost.it di Giuseppina La Delfa, Presidente Associazione Famiglie Arcobaleno
L'altro giorno Lisa Marie è tornata da scuola un po' turbata. Lisa ha
quasi 10 anni, va a scuola nel paese dove viviamo. Frequenta fin dalla
materna lo stesso gruppo di amici e amichette, quel gruppo di 15 bambini
circa, nati nel 2003, arrivati ormai in quarta elementare.
Probabilmente Lisa continuerà a studiare ancora con loro fino a 13 anni,
quando finirà le medie.
E' una nostra scelta. Vogliamo che Lisa cresca con i suoi amici di
sempre e che affronti magari quel periodo della pre adolescenza, più
difficile dicono, con un gruppo di persone affiatate. E' un modo per
proteggerla e per sostenerla nella sua vita di scolara italo-francese
che ha due mamme e anche un fratellino.
Sei mesi fa, in effetti, è nato Andrea il nostro secondo figlio.
Andrea è stato partorito dalla mia compagna, mentre Lisa è stata messa
al mondo da me. Sono i nostri figli e li amiamo appassionatamente e non
importa se hanno o non hanno il mio corredo genetico o quello di lei.
Sono la nostra gioia, i nostri due amori, i regali della nostra vita,
desiderati, voluti, attesi; sono il risultato meraviglioso di un
percorso lungo difficile travagliato e anche parecchio costoso.
Hanno due cognomi diversi, Lisa porta il mio e Andrea quello di
Raphaelle ma noi, da 10 anni, siamo la famiglia La Delfa-Hoedts, in
attesa di una legge che lo scriva nella pietra. Ogni volta che è
possibile, scriviamo i loro due cognomi legati con un trattino. Trait d'union si dice in francese: trattino per unire, per fare di due uno...
Quel giorno, a metà pranzo, Lisa ci dice che vorrebbe farci una
domanda perché Alessia, la sua amica, le ha detto che Andrea, anche se è
come un fratello, in verità suo fratello non è. E lei vorrebbe sapere
da noi come stanno le cose. Ha continuato cercando di spiegarci le
parole precise di Alessia: che uno è fratello perché è la mamma e il
padre, che danno ai figli qualcosa di loro e che lei e il fratello sono
veri fratelli perché sono nati dalla stessa madre e dallo stesso padre e
si capiva che lei non riusciva bene a spiegare ma che intuiva e che
Alessia stessa non capiva bene ma qualcosa sì. Insomma un discorso un
po' complesso.
Ho detto a Lisa, dopo averla ascoltata senza interrompere (tanto non è
possibile: quando ha un'idea la deve dire tutta) che Alessia ha detto
così perché lei e tanti altri conoscono un solo modo di essere fratelli e
sorelle, quella della trasmissione genetica, la filiazione del sangue,
come si dice di solito.
Perciò dal punto di vista di Alessia, Andrea non era il suo fratello
perché non condividono il corredo genetico ma da altri punti di vista, è
suo fratello perché si può essere fratelli in almeno due altri modi:
per adozione, e dunque per legge, e anche per amore quando hai gli
stessi genitori: "tu e Andrea avete due mamme e sono le stesse mamme per
entrambi".
E poi le ho detto che se io e Raphaelle volevamo tanto sposarci non
era tanto per noi due che abbiamo già i Pacs ma per loro due, per
iscrivere loro due sullo stesso libretto di famiglia e avere finalmente
lo stesso cognome in tutta la famiglia. Quando ci siamo sposate (in
Francia) loro sono diventate non solo fratelli per amore (già lo sono)
ma fratelli per la legge.
E la legge è l'unica sicurezza per quanto riguarda la filiazione. Non
c'è figlio né genitore se non è scritto dalla legge. E nemmeno i legami
di sangue riescono a essere più forti dei legami della legge per le
tutele, le responsabilità, i doveri dell'uno verso l'altro.
Ho raccontato a Lisa che la nostra storia letteraria e la nostra
storia tout court è piena di figli nati dalle violenze e dai soprusi
degli uomini sulle donne, figli nati da uomini che non li hanno voluti.
Ho raccontato delle grandi famiglie borghesi dell'ottocento in cui i
padri-mariti padroni facevano figli con le cuoche o le sarte in barba
alla moglie e cacciavano via madri e figli per evitare scandali. Nel
migliore dei casi il figlio finiva in orfanotrofio con una pensione del
padrone che mai sarebbe stato un padre. Eppure aveva trasmesso i suoi
geni. E tutti lo sapevano, perfino il prete ipocrita che mangiava al suo
tavolo e faceva le prediche la domenica.
Ho raccontato che il controllo delle persone e la limitazione della
loro libertà si faceva attraverso il racconto ripetuto fino alla nausea
delle regole di comportamento corrette e della promozione delle
apparenze che sembrano dover dominare sui fatti, ho raccontato che
viviamo in un paese ipocrita dove si vieta l'eterologa in nome di una
sola filiazione possibile e degna mentre ogni anno nascono in Italia
migliaia di figli che non hanno il patrimonio genetico dei loro padri e
sempre più spesso neanche delle loro madri. Ma va bene cosi,
l'importante è che non si sappia.
E di fatto le coppie eterosessuali sterili non si vantano di essere
andate in Belgio o in Spagna a concepire e spesso non lo raccontano ai
figli, per paura di perdere il loro amore, in nome dell'unica filiazione
ammessa e nobile. Ho spiegato che il problema delle nostre famiglie,
per i controllori e i limitatori delle libertà altrui, è che
l'eterossesualità viene raccontata e promossa come un nuovo modo degno e
bellissimo di fare figli.
Ho raccontato che viviamo in un paese strano che non soltanto
riconosce culturalmente una sola filiazione nobile, quella "del sangue",
ma a condizione che venga agita all'interno di un matrimonio,
possibilmente sacro. Difatti ricordo che soltanto da pochi mesi, nel
2012, si sono finalmente parificati i figli naturali con quelli
legittimi, dopo una battaglia parlamentare durata decenni e ostacolata
come sempre dalla chiesa. La chiesa onnipresente per impedire di dare
più responsabilità agli individui togliendo dignità alle loro scelte
ogni volta che non rientrano nel quadro che la chiesa stessa ha
stabilito essere l'unico giusto.
Ci siamo liberati dal padre padrone ma abbiamo di fronte un altro
padre padrone, mille volte più potente: uno stato succube della curia
vaticana che detta legge su tutto ciò che riguarda la libertà delle
persone e le loro responsabilità personali. Una società di bambocci
irresponsabili ai quali si dice come comportarsi in materia di famiglia,
una società in cui viene sanzionata culturalmente ogni scelta che esce
fuori dal tracciato.
Viviamo in un paese in cui nella guida alla dichiarazioni dei
redditi, ancora oggi (2012), permangono le categorie di genitori e figli
e si precisa (perché evidentemente non è ovvio per tutti) che per
familiari a carico ci sono tra gli altri:
- figli (compresi i figli naturali riconosciuti, adottivi, affidati o affiliati)
- genitori (compresi i genitori naturali e quelli adottivi);
- nonni e le nonne (compresi quelli naturali).
"Compresi quelli adottivi e naturali"! Questa semplice dicitura che
sembra inclusiva in verità marca una discriminazione potente: per il
senso comune gli unici familiari a carico per i quali non ci sono dubbi
sono i figli avuti da un matrimonio e i genitori regolarmente sposati al
momento della nascita. Esiste dunque evidentemente una piramide della
filiazione e della genitorialità, dove tutto ciò che non rientra nel
quadro è di seconda o terza categoria, come la frutta e le verdure un
po' marce.
Onestamente non capisco come i genitori adottivi e naturali non
chiedano di sostituire queste diciture con un'altra semplice e davvero
inclusiva: figli e genitori legali. Punto. Perché non può esistere una
scaletta, per l'amministrazione dello Stato, del Genitore o del Figlio
con la maiuscola.
Ho raccontato a Lisa che l'unico e incontestabile modo di essere
fratelli è la fratellanza dell'amore e quella della legge. Ho detto che
se una madre non accetta suo figlio alla nascita il bimbo non sarà
figlio della madre che l'ha partorito e se un padre non riconosce il
figlio che sua moglie ha messo al mondo non sarà suo figlio anche se ha
dato i suoi geni. E anche se, a volte, la legge lo può obbligare a
essere il padre legale di un bambino, se lui non lo vuole col cuore, non
sarà mai un padre d'amore. E che un padre o una madre senza amore non
servono a nulla. E non sono genitori.
Ho detto ciò che sa già: che i donatori di gameti che hanno aiutato a
fare nascere lei e il fratello non sono i loro genitori e non lo
saranno mai perché non è quello che hanno voluto e non è quello che noi
abbiamo voluto e se loro sono nati, sono nati prima di tutto dal nostro
amore e desiderio e anche grazie a dei geni che li hanno fatti nascere
belli come il sole, ma non sono stati i geni che li hanno accolti,
abbracciati, amati, consolati, nutriti, curati, accarezzati, coccolati,
puniti, stretti al cuore, sgridati, controllati e sorvegliati. E non
saranno i geni di questi signori così gentili da regalarci la vita, a
farli diventare adulti sereni e luminosi ma questo lo potranno fare solo
l'amore e la cura dei loro genitori.
Ho detto infine che la legge scrive la filiazione e dà sicurezza ma
senza amore non c'è né figlio né padre né madre né figlia. Ho detto che
per fare un figlio, per dare un fratello a una bambina, ci vuole l'amore
prima di tutto e poi ci vuole anche la legge e quando ci sono i geni a
disposizione, è tutto piu semplice, spesso, ma non sempre. E che la
fratellanza di sangue è quella che da meno garanzie, in fin dei conti.
E dunque, Lisa e Andrea, figli miei, figli nostri, voi due siete fratelli. Più di tanti altri.
E adesso chi lo racconta a Alessia?