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giovedì 20 marzo 2014

Partecipa al crowdfunding Pornoterrorista!

Partecipa al crowdfunding pornoterrorista così da finanziare il tour della performer Diana J. Torres in Italia, in occasione dell’uscita del suo libro in italiano. Qui tutte le info: http://www.verkami.com/locale/it/projects/8362-pornoterrorismo-diana-j-torres-in-italia

L’intervista a Diana tradotta da Intersezioni:

Sesso dell’orrore – Intervista a Diana Pornoterrorista

“Là fuori c’è una guerra”, dichiara il manifesto Pornoterrorista sottoscritto da Diana J. Torres: una guerra contro l’ordine sessuale e l’imposizione di genere, nella quale si vince solamente combattendo il nemico con la stessa violenza. La performer spagnola, oltre a dire questo e molto altro nel suo libro Pornoterrorismo, ci mette il corpo, per chi desidera vederlo e anche per chi non vuole.
di Laura Milano e Nico Hache, (traduzione di feminoska, revisione di Lafra e Serbilla. Articolo originale qui).
La donna nuda con il passamontagna in testa e la granata-dildo in mano non esita ad affermare che “quando dall’altra parte non hai nessuno con cui dialogare, ciò che resta è il terrorismo. Il pornoterrorismo attacca la violenza contro ciò che è fuori dalla norma. Cioè, mette in scena – come tutta la postpornografia – sessualità sovversive. Questo è terrorista”. Lei è Diana Pornoterrorista, un mostro sessuale meraviglioso e inquietante dalla testa ai piedi (o, per meglio dire, dagli anfibi alla cresta). Il suo lavoro come artista di performance iniziò dieci anni fa nella nativa Madrid, con il gruppo di cabaret gore-porno-trash Shock Value e oggi è uno dei punti di riferimento del postporno in Spagna. Attualmente risiede nella città di Barcellona, ​​da dove gestisce la sua centrale operativa postporno e di attivismo queer con un collettivo di artisti locali.
Diana è una guerriera esperta ai margini del genere, una donna che ama pensarsi come costruita alla periferia di quello che è il prototipo di donna (e anche di uomo). E’ un’esibizionista dichiarata, che sale sul palco per recitare le proprie poesie al ritmo di orgasmi terrificanti. Un corpo e una voce determinata a combattere per la liberazione dei corpi, la riappropriazione e il riscatto dei loro desideri più profondi.
Che ruolo ha il corpo nel pornoterrorismo?

lunedì 15 luglio 2013

L’antisessismo sessista

Sulla sentenza per lo stupro di Montalto di Castro, sulla lotta delle donne, sul bambino di Rosy che sarà dato in adozione….ovvero sull’antisessismo sessista.
E’ stata emessa la sentenza per gli otto ragazzi, all’epoca dei fatti minorenni, rei confessi, che sei anni fa hanno stuprato in gruppo una ragazza di quattordici anni in una pineta di Montalto di Castro a margine di una festa di compleanno.
Il tribunale dei minori di Roma, presieduto da Debora Tripiccioni, che lo scorso gennaio aveva sospeso il processo giunto al termine della fase dibattimentale e nella quale il PM aveva chiesto quattro anni per ciascuno dei ragazzi, ha decretato che gli stupratori saranno sottoposti al regime della messa in prova per 24 mesi. Svolgeranno cioè lavori socialmente utili due volte alla settimana e potranno continuare a studiare e a lavorare e a condurre normalmente la loro vita.
Alla fine di questo periodo e in base al giudizio che sul loro comportamento sarà dato dagli assistenti sociali e dal giudice delegato a seguire i loro progressi, potranno anche ottenere la dichiarazione di estinzione del reato loro contestato. Quello di violenza sessuale di gruppo per aver stuprato a turno una loro coetanea.
Questo è quanto riportato in maniera scarna dai media ed è la fine di una storia di grande violenza e non solo per quello che hanno fatto alla ragazza i suoi coetanei, ma per quello che le ha fatto il paese in cui abitava, Montalto di Castro, attraverso l’atteggiamento ipocrita e sessista, minimizzando il tutto come “bravata”, dicendo che lei se l’è cercata perché indossava la minigonna e attraverso il sindaco PD, zio di uno degli otto, che si è dichiarato pronto a stanziare dei soldi per il reinserimento dei ragazzi e neanche un euro per lei.
E’ stata costretta ad andare via dal paese, a vivere in un’altra città, a prendere coscienza a soli quattordici anni dell’orrore di questa società, di cui la sentenza dell’11 luglio scorso non è che l’atto esemplare.
La così detta “giustizia” di questa società non ci appartiene, né i suoi tribunali, né le sue carceri e non ci appartiene chiedere condanne esemplari per nessuno, ma le sentenze che i tribunali esprimono sono una cartina di tornasole della gerarchia dei valori di questo sistema patriarcale e capitalista, della sua struttura portante e dei suoi metri di giudizio:
-quindici anni di reclusione per “devastazione e saccheggio” a chi ha manifestato al G8 di Genova nel 2001 e sei anni per chi ha manifestato  il 15 ottobre 2011 a Roma……
-tre anni e sei mesi per i poliziotti, tra cui anche una donna, che hanno ucciso Federico
Aldrovandi e nessuna condanna per chi ha ucciso Stefano Cucchi, Carlo Giuliani, Giuseppe Uva….
-mesi di galera per chi ruba al supermercato, venti anni per chi rapina una banca…..
La gerarchia di valori che esprime questo elenco significa che al primo posto della pericolosità sociale sta chi manifesta dissenso politico  o semplicemente alterità nei confronti di questa società perché basta solo la partecipazione ad una manifestazione per subire pesanti condanne.
Sullo stesso piano c’è la tutela della proprietà privata. Anche un paio di magliette rubate all’Oviesse sono costate ad una ragazza la traduzione in cella di sicurezza nella caserma del Quadraro qui a Roma e lo stupro di gruppo da parte di tre carabinieri e un vigile urbano ( a proposito, che fine hanno fatto costoro? C’è uno straccio di processo o non è dato sapere?).
Non parliamo, poi, se qualcuno/a osa  rubare dei cibi , qualche salame o qualche formaggio dagli scaffali di un supermercato. Le patrie galere sono piene di gente detenuta per reati così.
Le istituzioni in divisa hanno una totale impunità, tanto che questo è chiaramente un benefit per il loro “lavoro”, come qualcuna/o si ostina ancora a chiamarlo, come per un impiegato sono i buoni pasto.
La società neoliberista ha annullato il valore della vita umana, perché anche la vita degli individui è considerata una merce, ha senso solo se può essere in qualche modo e fino a quando fornisce possibilità di profitto.
Quindi, giù, giù, nella scala dei valori troviamo l‘uso di un corpo, il suo abuso , la sua eliminazione.
Perché questo nullo  e/o bassissimo valore dell’essere umano che impregna l’impostazione socio-economica della società  dovrebbe trovare una risposta  diversa quando si tratta di una donna o della violenza che subisce?
Il neoliberismo è la configurazione attuale del capitalismo e del patriarcato e, come ogni configurazione ha i suoi modi particolari di esprimersi.
Uno di questi è la strumentalizzazione della violenza sulle donne, sulle diversità e dei diritti umani.
Per cui, da una parte sbandiera attenzione e riprovazione nei confronti di questi aspetti e approva  convenzioni, come quella di Istanbul, propone Task Force, spende parole e convegni, crea associazioni, ma fondamentalmente, dall’altra, lo scopo è creare controllo sociale, leggi securitarie, inasprimento delle pene e strumenti di asservimento.
Così può militarizzare il territorio qui da noi  e portare le guerre neocoloniali nel terzo mondo.
Mai vista una società tanto ipocrita e mistificante dove regna l’antirazzismo razzista, l’antisessismo sessista, la carità pelosa e il devastante “politicamente corretto”.
Il bambino di Rosy, la ragazza uccisa pochi giorni fa dal compagno a casa dei genitori dove si era rifugiata, sarà dato in adozione perché i nonni sono stati giudicati troppo poveri per mantenerlo. Anche la povertà è una condanna. Se non sei capace di mantenere tuo nipote, vuol dire che sei un inetto/a e ti sarà portato via. L’idea di dare del denaro direttamente ai nonni  perché possano mantenere il bambino viene da questa società considerata “immorale”: non si danno dei soldi a chi non è in grado di guadagnarseli.
Una società che sbandiera tanta attenzione ai minori da multare, denunciare, privare della potestà chi viene sorpreso ad elemosinare con i figli/e per strada e tanto violenta da recidere affetti e legami familiari con una freddezza nazista.
Che cosa significa tutto questo per noi che vogliamo lottare contro la violenza maschile sulle donne?
Significa non farsi irretire dalle manifestazioni di attenzione del potere, non farsi strumentalizzare, ribadire una distanza incolmabile.
La nostra liberazione passa attraverso l’autodifesa, l’autorganizzazione, il rifiuto della delega, la presa in carico della lotta, la creazione di luoghi di donne e di reti di donne in autonomia consapevoli  della necessità dell’uscita da questa società.
Le coordinamenta

giovedì 30 maggio 2013

I carabinieri ci dissero: stuprate Franca Rame (a memento, se i tg non informano)

Se qualcuno parla degli stupratori stranieri:

 I carabinieri ci dissero: stuprate Franca Rame

ROMA - Furono alcuni ufficiali dei carabinieri a ordinare lo stupro di Franca Rame. L' aveva detto dieci anni fa l' ex neofascista Angelo Izzo, l'ha confermato al giudice istruttore Guido Salvini un esponente di spicco della destra milanese, Biagio Pitarresi. Il suo racconto occupa due delle 450 pagine della sentenza di rinvio a giudizio sull' eversione nera degli Anni 70. La sentenza è stata depositata pochi giorni fa, il 3 di questo mese. Lo stupro avvenne il 9 marzo del 1973, venticinque anni orsono. Un tempo che fa scattare la prescrizione e che garantisce l' impunità alle persone chiamate in causa. Pitarresi ha fatto il nome dei camerati stupratori: Angelo Angeli e, con lui, "un certo Muller" e "un certo Patrizio". Neofascisti coinvolti in traffici d' armi, doppiogiochisti che agivano come agenti provocatori negli ambienti di sinistra e informavano i carabinieri, balordi in contatto con la mala. Fu proprio in quella terra di nessuno dove negli Anni 70 s' incontravano apparati dello Stato e terroristi che nacque la decisione di colpire la compagna di Dario Fo. Ha detto Pitarresi: "L'azione contro Franca Rame fu ispirata da alcuni carabinieri della Divisione Pastrengo. Angeli ed io eravamo da tempo in contatto col comando dell'Arma". Commenta il giudice Guido Salvini nella sua sentenza di rinvio a giudizio: "Il probabile coinvolgimento come suggeritori di alcuni ufficiali della divisione Pastrengo non deve stupire... il comando della Pastrengo era stato pesantemente coinvolto, negli Anni 70, in attività di collusione con strutture eversive e di depistaggio delle indagini in corso, quali la copertura di traffici d' armi, la soppressione di fonti informative che avrebbero potuto portare a scoprire le responsabilità nelle stragi dei neofascisti Freda e Ventura". Quando, nel 1987, Angelo Izzo parlò per la prima volta di un coinvolgimento dei carabinieri nell' aggressione a Franca Rame, molti non ci credettero: la storia sembrava assurda, e Izzo era considerato, in generale, un personaggio poco attendibile, uno psicopatico sadico: era in carcere per lo stupro-omicidio del Circeo, una delle vicende più atroci della cronaca nera degli Anni 70. Poi i sospetti si erano rafforzati, ma senza determinare l' avvio di una apposita indagine, durante l' inchiesta sulla strage di Bologna quando era stato trovato un appunto dell' ex dirigente dei Servizi Gianadelio Maletti. Raccontava di un violento alterco tra due generali: Giovanni Battista Palumbo (un iscritto alla loggia P2 che poi sarebbe andato a comandare proprio la "Pastrengo") e Vito Miceli (futuro capo del servizio segreto). Il primo, si leggeva nella nota di Maletti, durante la lite aveva rinfacciato al secondo "l' azione contro Franca Rame". Era stata una delle più spregevoli, tra le tante ignobili, commesse dai neofascisti negli Anni 70. La sera del 9 marzo del 1973, nella via Nirone, a Milano, Franca Rame era stata affiancata da un furgone. C' erano cinque uomini che l' avevano obbligata a salire. La violentarono a turno. Gridavano: "Muoviti puttana, devi farmi godere". Le spegnevano sigarette sui seni, le tagliavano la pelle con delle lamette. Una sequenza allucinante, che la Rame avrebbe inserito in un suo spettacolo, "Tutta casa, letto e chiesa". Fu subito chiaro che la violenza contro la compagna di Dario Fo veniva dagli ambienti neofascisti. E infatti, come in quasi tutti i crimini compiuti in quegli anni dai neofascisti, i responsabili non furono scoperti".

Fonte: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1998/02/10/carabinieri-ci-dissero-stuprate-franca-rame.html

venerdì 22 febbraio 2013

Fratellanza, sorellanza e famiglia

L'altro giorno Lisa Marie è tornata da scuola un po' turbata. Lisa ha quasi 10 anni, va a scuola nel paese dove viviamo. Frequenta fin dalla materna lo stesso gruppo di amici e amichette, quel gruppo di 15 bambini circa, nati nel 2003, arrivati ormai in quarta elementare. Probabilmente Lisa continuerà a studiare ancora con loro fino a 13 anni, quando finirà le medie.
E' una nostra scelta. Vogliamo che Lisa cresca con i suoi amici di sempre e che affronti magari quel periodo della pre adolescenza, più difficile dicono, con un gruppo di persone affiatate. E' un modo per proteggerla e per sostenerla nella sua vita di scolara italo-francese che ha due mamme e anche un fratellino.
Sei mesi fa, in effetti, è nato Andrea il nostro secondo figlio. Andrea è stato partorito dalla mia compagna, mentre Lisa è stata messa al mondo da me. Sono i nostri figli e li amiamo appassionatamente e non importa se hanno o non hanno il mio corredo genetico o quello di lei. Sono la nostra gioia, i nostri due amori, i regali della nostra vita, desiderati, voluti, attesi; sono il risultato meraviglioso di un percorso lungo difficile travagliato e anche parecchio costoso.
Hanno due cognomi diversi, Lisa porta il mio e Andrea quello di Raphaelle ma noi, da 10 anni, siamo la famiglia La Delfa-Hoedts, in attesa di una legge che lo scriva nella pietra. Ogni volta che è possibile, scriviamo i loro due cognomi legati con un trattino. Trait d'union si dice in francese: trattino per unire, per fare di due uno...
Quel giorno, a metà pranzo, Lisa ci dice che vorrebbe farci una domanda perché Alessia, la sua amica, le ha detto che Andrea, anche se è come un fratello, in verità suo fratello non è. E lei vorrebbe sapere da noi come stanno le cose. Ha continuato cercando di spiegarci le parole precise di Alessia: che uno è fratello perché è la mamma e il padre, che danno ai figli qualcosa di loro e che lei e il fratello sono veri fratelli perché sono nati dalla stessa madre e dallo stesso padre e si capiva che lei non riusciva bene a spiegare ma che intuiva e che Alessia stessa non capiva bene ma qualcosa sì. Insomma un discorso un po' complesso.
Ho detto a Lisa, dopo averla ascoltata senza interrompere (tanto non è possibile: quando ha un'idea la deve dire tutta) che Alessia ha detto così perché lei e tanti altri conoscono un solo modo di essere fratelli e sorelle, quella della trasmissione genetica, la filiazione del sangue, come si dice di solito.
Perciò dal punto di vista di Alessia, Andrea non era il suo fratello perché non condividono il corredo genetico ma da altri punti di vista, è suo fratello perché si può essere fratelli in almeno due altri modi: per adozione, e dunque per legge, e anche per amore quando hai gli stessi genitori: "tu e Andrea avete due mamme e sono le stesse mamme per entrambi".
E poi le ho detto che se io e Raphaelle volevamo tanto sposarci non era tanto per noi due che abbiamo già i Pacs ma per loro due, per iscrivere loro due sullo stesso libretto di famiglia e avere finalmente lo stesso cognome in tutta la famiglia. Quando ci siamo sposate (in Francia) loro sono diventate non solo fratelli per amore (già lo sono) ma fratelli per la legge.
E la legge è l'unica sicurezza per quanto riguarda la filiazione. Non c'è figlio né genitore se non è scritto dalla legge. E nemmeno i legami di sangue riescono a essere più forti dei legami della legge per le tutele, le responsabilità, i doveri dell'uno verso l'altro.
Ho raccontato a Lisa che la nostra storia letteraria e la nostra storia tout court è piena di figli nati dalle violenze e dai soprusi degli uomini sulle donne, figli nati da uomini che non li hanno voluti. Ho raccontato delle grandi famiglie borghesi dell'ottocento in cui i padri-mariti padroni facevano figli con le cuoche o le sarte in barba alla moglie e cacciavano via madri e figli per evitare scandali. Nel migliore dei casi il figlio finiva in orfanotrofio con una pensione del padrone che mai sarebbe stato un padre. Eppure aveva trasmesso i suoi geni. E tutti lo sapevano, perfino il prete ipocrita che mangiava al suo tavolo e faceva le prediche la domenica.
Ho raccontato che il controllo delle persone e la limitazione della loro libertà si faceva attraverso il racconto ripetuto fino alla nausea delle regole di comportamento corrette e della promozione delle apparenze che sembrano dover dominare sui fatti, ho raccontato che viviamo in un paese ipocrita dove si vieta l'eterologa in nome di una sola filiazione possibile e degna mentre ogni anno nascono in Italia migliaia di figli che non hanno il patrimonio genetico dei loro padri e sempre più spesso neanche delle loro madri. Ma va bene cosi, l'importante è che non si sappia.
E di fatto le coppie eterosessuali sterili non si vantano di essere andate in Belgio o in Spagna a concepire e spesso non lo raccontano ai figli, per paura di perdere il loro amore, in nome dell'unica filiazione ammessa e nobile. Ho spiegato che il problema delle nostre famiglie, per i controllori e i limitatori delle libertà altrui, è che l'eterossesualità viene raccontata e promossa come un nuovo modo degno e bellissimo di fare figli.
Ho raccontato che viviamo in un paese strano che non soltanto riconosce culturalmente una sola filiazione nobile, quella "del sangue", ma a condizione che venga agita all'interno di un matrimonio, possibilmente sacro. Difatti ricordo che soltanto da pochi mesi, nel 2012, si sono finalmente parificati i figli naturali con quelli legittimi, dopo una battaglia parlamentare durata decenni e ostacolata come sempre dalla chiesa. La chiesa onnipresente per impedire di dare più responsabilità agli individui togliendo dignità alle loro scelte ogni volta che non rientrano nel quadro che la chiesa stessa ha stabilito essere l'unico giusto.
Ci siamo liberati dal padre padrone ma abbiamo di fronte un altro padre padrone, mille volte più potente: uno stato succube della curia vaticana che detta legge su tutto ciò che riguarda la libertà delle persone e le loro responsabilità personali. Una società di bambocci irresponsabili ai quali si dice come comportarsi in materia di famiglia, una società in cui viene sanzionata culturalmente ogni scelta che esce fuori dal tracciato.
Viviamo in un paese in cui nella guida alla dichiarazioni dei redditi, ancora oggi (2012), permangono le categorie di genitori e figli e si precisa (perché evidentemente non è ovvio per tutti) che per familiari a carico ci sono tra gli altri:
- figli (compresi i figli naturali riconosciuti, adottivi, affidati o affiliati)
- genitori (compresi i genitori naturali e quelli adottivi);
- nonni e le nonne (compresi quelli naturali).
"Compresi quelli adottivi e naturali"! Questa semplice dicitura che sembra inclusiva in verità marca una discriminazione potente: per il senso comune gli unici familiari a carico per i quali non ci sono dubbi sono i figli avuti da un matrimonio e i genitori regolarmente sposati al momento della nascita. Esiste dunque evidentemente una piramide della filiazione e della genitorialità, dove tutto ciò che non rientra nel quadro è di seconda o terza categoria, come la frutta e le verdure un po' marce.
Onestamente non capisco come i genitori adottivi e naturali non chiedano di sostituire queste diciture con un'altra semplice e davvero inclusiva: figli e genitori legali. Punto. Perché non può esistere una scaletta, per l'amministrazione dello Stato, del Genitore o del Figlio con la maiuscola.
Ho raccontato a Lisa che l'unico e incontestabile modo di essere fratelli è la fratellanza dell'amore e quella della legge. Ho detto che se una madre non accetta suo figlio alla nascita il bimbo non sarà figlio della madre che l'ha partorito e se un padre non riconosce il figlio che sua moglie ha messo al mondo non sarà suo figlio anche se ha dato i suoi geni. E anche se, a volte, la legge lo può obbligare a essere il padre legale di un bambino, se lui non lo vuole col cuore, non sarà mai un padre d'amore. E che un padre o una madre senza amore non servono a nulla. E non sono genitori.
Ho detto ciò che sa già: che i donatori di gameti che hanno aiutato a fare nascere lei e il fratello non sono i loro genitori e non lo saranno mai perché non è quello che hanno voluto e non è quello che noi abbiamo voluto e se loro sono nati, sono nati prima di tutto dal nostro amore e desiderio e anche grazie a dei geni che li hanno fatti nascere belli come il sole, ma non sono stati i geni che li hanno accolti, abbracciati, amati, consolati, nutriti, curati, accarezzati, coccolati, puniti, stretti al cuore, sgridati, controllati e sorvegliati. E non saranno i geni di questi signori così gentili da regalarci la vita, a farli diventare adulti sereni e luminosi ma questo lo potranno fare solo l'amore e la cura dei loro genitori.
Ho detto infine che la legge scrive la filiazione e dà sicurezza ma senza amore non c'è né figlio né padre né madre né figlia. Ho detto che per fare un figlio, per dare un fratello a una bambina, ci vuole l'amore prima di tutto e poi ci vuole anche la legge e quando ci sono i geni a disposizione, è tutto piu semplice, spesso, ma non sempre. E che la fratellanza di sangue è quella che da meno garanzie, in fin dei conti.
E dunque, Lisa e Andrea, figli miei, figli nostri, voi due siete fratelli. Più di tanti altri.
E adesso chi lo racconta a Alessia?

mercoledì 12 dicembre 2012

In strada con abiti succinti per la Cassazione è reato

Polizia e Cassazione per la nostra sicurezza:

In strada con abiti succinti per la Cassazione è reato

Una donna straniera che passeggiava per Bologna troppo "poco vestita" è stata condannata a pagare 600 euro di ammenda Vestiti troppo succinti, tanto da lasciare scoperte le parti intime: chi li indossa, in un luogo aperto al pubblico, rischia una condanna per atti contrari alla pubblica decenza. La terza sezione penale della Cassazione ha per questo confermato la condanna al pagamento di un'ammenda di 600 euro inflitta dal giudice di pace di Bologna a una donna straniera, sorpresa da un poliziotto su una via cittadina "abbigliata in modo da fare vedere le parti intime del corpo, in particolare il seno e il fondo schiena, ed era in mutande, che lasciavano scoperti i glutei".

11 dicembre 2012

Fonte:http://bologna.repubblica.it/cronaca/2012/12/11/news/in_strada_con_abiti_succinti_per_la_cassazione_reato-48512697/

lunedì 25 giugno 2012

Solidarietà a Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovandi

Incollo qui il post di solidearietà di Femminismo a sud alla madre di Federico Aldovrandi.
La difesa spetta tutti, anche ai feroci assassini, ma il dileggio, la diffamazione e l'ingiuria della madre di una vittima non hanno scusanti, quando ad esprimersi con tanta violenza, liberamente e in pubblico, sono le stesse persone che hanno ammazzato ti domandi quale principio di giustizia valga in Italia.

Federico Aldrovandi è morto in seguito alle percosse di quattro poliziotti. Così dice la sentenza di cassazione che conferma la condanna, ora definitiva, a 3 anni e mezzo per Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani, Luca Pollastri. Paolo Forlani aveva perfino sporto querela nei confronti di Patrizia Moretti, madre di Federico.
La sentenza è stata commentata nella bacheca del gruppo facebook Prima Difesa 2 (che “tutela gratuitamente per cause di servizio tutti gli appartenenti alle Forze dell’Ordine e Forze Armate“) e lì tale Sergio Bandoli e Paolo Forlani insultano Patrizia Moretti dicendo rispettivamente cose tipo “Se avesse saputo fare la madre non avrebbe allevato un cucciolo di maiale ma un uomo“, e ancora “faccia da culo (…) speriamo non si goda i risarcimenti dello stato“. La discussione era scaturita dallo status scritto dalla Presidente dell’associazione Simona Cenni che diceva “Avete sentito la mamma di Aldrovandi… fermate questo scempio per dio… vuole che i 4 poliziotti vadano in carcere… io sono una bestiaaaaa”.
Paolo Forlani, in dettaglio, così come riporta Il Fatto Quotidiano, scrive:
Che faccia da culo che aveva sul tg – così descrive la madre orfana del figlio su cui lui e i suoi colleghi hanno rotto due manganelli -… una falsa e ipocrita… spero che i soldi che ha avuto ingiustamente (il risarcimento da parte dello Stato, ndr) possa non goderseli come vorrebbe… adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie…”.
Patrizia Moretti ha querelato Simona Cenni, Sergio Bandoli e Paolo Forlani.
A lei, Patrizia, va tutta la nostra solidarietà e un grande abbraccio. In basso trovate le screenshot (fonte) della discussione che si è tenuta nel gruppo facebook.





Da Femminismo a sud

lunedì 18 giugno 2012

#save194Napoli

Comunicato stampa #Save194Napoli

A Napoli la mattina del 20 giugno si svolgeranno due Flash-Mob sulla legge 194/78, uno alle ore 10 e un altro alle ore 12, in piazza San Domenico maggiore. L'intento è quello di informare le persone su quanto sta accadendo con l'attacco odierno alla legge194/78, dato che proprio in questo giorno la Corte Costituzionale deciderà in merito alla sua costituzionalità. Si deciderà infatti se all'embrione vanno riconosciuti gli stessi diritti della donna. Si tratta dell'ennesimo attacco all'autodeterminazione delle donne che ci riporterà ai tempi dell'illegalità, quando abortire significava provocarsi gravi lesioni all'apparato genitale, all'utero e all'intestino, oppure morire di emorragie nella segretezza e nel bisogno che ti mette sotto ricatto, attacchi di questo genere si sono susseguiti con grande frequenza negli ultimi anni.
Non dobbiamo dimenticare che la stessa legge 194 prevede al suo interno il meccanismo per il suo boicottaggio attraverso l'obiezione di coscienza illimitata (art.9 Legge194/78) che si può attuare solo nei confronti dell’aborto e non per l’assistenza sanitaria durante tale intervento o rispetto alla prescrizione della pillola del giorno dopo o dei cinque giorni dopo, che in entrambe i casi sono contraccettivi. Attraverso lo strumento dell’obiezione si dà al medico, e al personale sanitario, la possibilità di non prendere parte a interventi di IVG, nonostante questi optino liberamente per la facoltà di medicina e specializzazione in ginecologia. I numeri degli obiettori in Italia, al Sud in particolare, rendono di fatto quasi impossibile la corretta applicabilità della legge.
Solo attraverso la libertà di scelta può esserci libertà di coscienza, e libertà di scelta significa maternità consapevole. Ad organizzare il Falsh-Mob è un gruppo spontaneo di uomini e donne collegato all'evento #save194. Se un una modifica della legge 194 ci deve essere essa deve andare nel senso di un suo miglioramento, chiediamo quindi che vengano rimossi tutti gli ostacoli che ne impediscono l’applicabilità, vogliamo :

- Educazione sessuale nelle scuole
- Sessualità libera (con chi vuoi)
- Contraccezione disponibile (anche d’emergenza)
- Aborto assistito e gratuito
- Consultorio pubblico e laico
- Creazione di un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza;
- Elaborazione di una legge quadro che definisca e regolamenti l’obiezione di coscienza;
- Concorsi pubblici riservati a medici non obiettori per la gestione dei servizi di IVG;
- Utilizzo dei medici “gettonati” per sopperire urgentemente alle carenze dei medici non obiettori;
- Deroga al blocco dei turnover nelle Regioni dove i servizi di IVG sono scoperti.

L’educazione e la contraccezione ordinaria e di emergenza rappresentano gli unici modi per diminuire il numero di aborti.

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Da qui è possibile scaricare dei materiali da volantinare.

domenica 10 giugno 2012

I torturatori di donne a casa e le vittime costrette a cambiare paese

La notizia del ritorno a casa di Francesco Tuccia, il torturatore, stupratore, ventunenne campano, ex caporale dell'esercito, è di ieri. Torna a casa agli arresti domiciliari. Quello che ha penetrarto il retto della ragazza con un oggetto di quaranta centimetri, dalla punta tagliate, sfondandole da dietro anche il pube e l'ha lasciata in fin di vita all'addiaccio, cosa che l'avvocato della difesa definiva "rapporto consensuale". Mentre la ragazza, che ancora non ricorda nulla, a causa del trauma, dice all'Ansa di voler andare via dall'Italia, perché questo Stato non protegge le vittime e teme che, un giorno, se avrà una figlia, possa passare la stessa cosa: l'umiliazione di vivere in un paese in cui lo stupratore bianco è protetto dalla legge, e la vittima è costretta a scappare. 


IL GIP CONCEDE I DOMICILIARI DOPO STUPRO. LA VITTIMA: "LASCIO L'ITALIA" -FOTO

L'AQUILA - Quattro mesi di silenzio passati a raccogliere i pezzi della sua vita, sostenuta dall'affetto della famiglia. Poi la notizia degli arresti domiciliari a Francesco Tuccia, il 21enne campano, ex caporale dell'esercito, accusato del suo stupro e, per la prima volta, trova la forza di parlare. «Provo tanta rabbia e amarezza - dice la ragazza all'ANSA - stavo cercando di riorganizzare la mia vita, magari spostandomi in una città che non fosse L'Aquila, ma alla luce di questo fatto valuterò seriamente la possibilità di trasferirmi in un Paese che non sia l'Italia». «Questo perchè - prosegue - non vorrei che un giorno mia figlia potesse dover sopportare e subire tutto quello che sto subendo io e rimanere priva di tutela da parte dello Stato. Non riesco a comprendere il perchè di questa decisione dei giudici dell'Aquila», conclude. Accanto a lei la madre, che ha affidato a una nota sulla rete sociale di Facebook la propria delusione: «Al di là di qualsiasi considerazione tecnica - ha scritto - il messaggio trasmesso è che tutto si può fare, tanto... Ricordate sempre che la vittima non ha voce e che la voce delle vittime, purtroppo, è l'opinione pubblica». La giovane studentessa, che non ricorda nulla di quanto le è accaduto, fu trovata svenuta in mezzo alla neve, seminuda e insanguinata, da un addetto alla sicurezza del locale che dette l'allarme. Ciò consentì ai carabinieri di fermare Tuccia - che ha sempre respinto ogni addebito - e tre suoi amici, due militari e una ragazza, peraltro mai iscritti nel registro degli indagati, risultati subito estranei. Dodici giorni dopo serrate indagini coordinate dal pm della procura dell'Aquila David Mancini, per Tuccia sono scattate le manette. Dopo l'istanza presentata dai difensori di Tuccia, il pronunciamento del Gip Giuseppe Romano Gargarella è arrivato prima del verdetto della Cassazione, in programma il 28 giugno prossimo.

Fonte: Leggo

giovedì 24 maggio 2012

Salerno Campania Pride 2012

Il 26 maggio si svolgerà il Salerno Campania Pride 2012, voluto dal Coordinamento regionale LGBT Campania Rainbow, per festeggiare la giornata dell’orgoglio omosessuale e transessuale e contrastare tutte le forme di discriminazione e offesa che la comunità gay, lesbica, bisessuale, queer e trans si trova ad affrontare.
La città di Salerno svolge in questa occasione un ruolo di cerniera con tutto il meridione d’Italia, come si legge dal sito della manifestazione “Salerno si proporrà come città-limite, luogo di esperimenti di trasmissione culturale e umana, ma anche come città dell’accoglienza, dell’incontro e degli incroci culturali.”
La Campania infatti si muove verso la visibilizzazione e la parità dei diritti di tutti i cittadini e le cittadine, infatti di recente Napoli si è dotata di Registro per le unioni civili, ed è di questi giorni la notizia che anche la città di Portici si doterà di un Registro per le Unioni Civili, per coppie etero e omosessuali.
Pareciperà al corteo finale del Salerno Campania Pride 2012, che partirà da p.zza Vittorio Veneto, anche il gruppo Vegetariani e Vegani in Campania “Presenti a questa manifestazione, convinti che l’omofobia, il sessismo, il razzismo e la violenza sugli animali, abbiano una matrice in comune: l’idea del dominio e della prevaricazione sui più deboli. La nostra presenza, dunque, all’interno del corteo, sarà proprio incentrata su questo punto: nessuna violenza, nessuna discriminazione è accettabile. Rivendichiamo anche per gli animali il diritto di disporre del proprio corpo, il diritto alla libertà.”

lunedì 7 maggio 2012

Questioni di genere. Un convegno alla Camera di Commercio di Salerno

Riporto dal blog napoligaypress.it

Si terrà il 12 maggio nel Salone Genovesi della Camera di Commercio di Salerno il convegno organizzato dall’ONIG - Osservatorio Nazionale Identità di Genere dal titolo “Questioni di genere, Clinica, servizi, associazioni”
L’evento (organizzato con il sostegno, tra le altre, delle associazioni Arcigay Salerno, MIT - Movimento d’Identità Transessuale, Famiglie Arcobaleno) vuole essere un momento di confronto e riflessione tra operatori, professionisti, mondo delle istituzioni e delle associazioni, mondo della formazione e della cultura, sulle questioni di genere, sui servizi dedicati, sulle buone prassi da condividere.
Il convegno si avvale del Patrocinio dell’Ordine degli Psicologi della Campania, dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e di Salerno oltre che della Camera di Commercio, della Provincia e del Comune di Salerno.
Inizio lavori ore 9.30. La Camera di Commercio di Salerno si trova in via Roma.

Fonte: napoligaypress.it

martedì 3 aprile 2012

Gli anni del processo

Quante sono le donne, le ragazze e le bambine che potrebbero raccontare "gli anni del processo"? Quegli anni che passano tra la denuncia  e la condanna, gli anni delle giuste verifiche e delle ingiuste persecuzioni? Il precesso spostato, gli avvocati cavillosi, il familismo. Chi restituirà questi anni alle vittime?

Il "processo Scarfò" via da Cinquefrondi?
La Cassazione deciderà se trasferire il procedimento. La ragazza aveva accusato quanti la insultavano per aver denunciato gli stupri

Processo Anna Maria Scarfò
Il 4 maggio udienza in Cassazione per decidere sulla remissione

Lo scorso 27 febbraio a Cinquefrondi – sezione distaccata del Tribunale di Palmi – si teneva una delle udienze conclusive del processo per ingiurie, minacce, persecuzioni scaturito dalle denunce di Anna Maria Scarfò, la ragazza di San Martino di Taurianova abusata per tre anni dal branco nel suo paesino della Piana di Gioia Tauro. In quella udienza i legali di alcuni dei sedici imputati avevano presentato istanza di remissione del processo stesso, a causa di presunte “pressioni mediatiche” che non ne avrebbero consentito il sereno svolgimento. Le pressioni sarebbero, a loro dire, nate a seguito dell’iniziativa di alcune persone e associazioni calabresi e siciliane di accompagnare in aula la ragazza (all’udienza del 27 febbraio erano oltre sessanta).
Il giudice monocratico, Giuseppe Ramondino, secondo procedura aveva dovuto dunque immediatamente sospendere il giudizio – nonostante ci si trovi ormai alla fase finale, quella della discussione – per trasmettere gli atti alla Corte di Cassazione, deputata a decidere sull’istanza.
L’istanza è stata ritenuta ammissibile e l’apposita sezione della Corte si riunirà il 4 maggio appunto per prenderla in esame e decidere nel merito. Si saprà, dunque, allora se il processo si potrà concludere a Cinquefrondi, dinanzi al giudice naturale, o se dovrà essere spostato altrove.
Quando aveva quindici anni, nel 2002, Anna Maria Scarfò ha presentato la prima di una serie di denunce contro dodici uomini che avrebbero più volte abusato di lei in gruppo. Ne sono nati due processi. Uno, in rito abbreviato, si è concluso con la condanna definitiva di sei imputati, che hanno già scontato la pena. L’altro, in rito ordinario, è in corso. Si è chiuso il primo grado con la condanna di cinque persone e prossimamente dovrà tenersi l’appello. Ma la ragazza ha anche denunciato alcuni dei suoi aggressori e i loro parenti, tra cui alcune donne, per averla perseguitata con intimidazioni, insulti e atti di vario genere. Gli accusati non le avrebbero perdonato di aver “parlato”, di aver appunto denunciato le violenze, per le quali avrebbero ritenuto lei stessa colpevole, come una provocatrice che se la sarebbe andata a cercare.
Quando le violenze sono iniziate Anna Maria aveva tredici anni.
Manuela Iatì
 Fonte: http://www.corrieredellacalabria.it/stories/piana/4541_il_processo_scarf_via_da_cinquefrondi/

giovedì 2 febbraio 2012

Cassazione: violenze di gruppo,carcere non obbligatorio

Tiziano Riverso

Non vi preoccupate, se stuprate in gruppo una ragazza, la Corte di Cassazione vi da tutto il tempo di:
1) far sparire le prove;
2) minacciare la ragazza e ottenere il ritiro della denuncia;
3) minacciare anche la sua famiglia e coinvolgere l'intero paese nell'azione intimidatoria (vedi Montalto di Castro qui qui qui);
4) uccidere la tipa e sbarazzarvi del corpo, poi tanto, coi tempi e con l'acume della giustizia italiana, potene andare a cena con uno dei tanti femminicida che è stato bravo o solo fortunato (perchè italiano), e mentre tutti cercano la moglie, chatta con amiche e trans.

Vedi anche FaS: Sentenza: se stupri in branco ti tocca una vacanza premio!


Cassazione: violenze di gruppo,carcere non obbligatorio

Una sentenza che farà - giustamente - discutere. Nei procedimenti per violenza sessuale di gruppo, il giudice non è più obbligato a disporre o a mantenere la custodia in carcere dell'indagato, ma può applicare misure cautelari alternative. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, dando un' interprestazione estensiva ad una sentenza della Corte Costituzionale del 2010.

In base a tale valutazione, la Cassazione ha annullato una ordinanza del Tribunale del riesame di Roma, che aveva confermato il carcere - ritenendo che fosse l'unica misura cautelare applicabile - per due giovani (difesi dagli avvocati Lucio Marziale, Nicola Ottaviani ed Eduardo Rotondi) accusati di violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza del frusinate e ha rinviato il fascicolo allo stesso giudice perché faccia una nuova valutazione, tenendo conto dell'interpretazione estensiva data dalla Suprema Corte alla sentenza n. 265 del 2010 della Corte Costituzionale.

A partire dal 2009, con l'approvazione da parte del Parlamento della legge di contrasto alla violenza sessuale - nata sulla base di un diffuso allarme sociale legato alla recrudescenza di episodi di aggressioni alle donne - non era consentito al giudice (salvo che non vi fossero esigenze cautelari) di applicare, per i delitti di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenni, misure cautelari inferiori al cacere carcere nel caso di gravi indizi di colpevolezza.

Investita della vicenda, la Corte Costituzionale, nell'estate del 2010, ha ritenuto la norma in contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione della pena) della Costituzione e ha detto sì alle alternative al carcere «nell'ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfate con altre misure».

giovedì 8 settembre 2011

Sacconi pensa che per salvarsi da uno stupro basti dire semplicemente "no"



Ministro
,
le scrivo per esprimerle tutto il mio disprezzo, disgusto e disappunto per l'ignobile storiella dello stupro di massa consenziente (http://tv.repubblica.it/dossier/crisi-italia-2011/sacconi-le-suore-violentate-per-spiegare-la-manovra/75589?video).
La sua ironia sulla più ignobile delle violenze, lo stupro, di cui solo in Italia sono vittime migliaia di donne ogni anno, è tra le testimonianze più palesi del degrado umano di questo paese, degrado di cui lei è artefice in prima persona, poichè
chi non si dichiara apertamente contro la cultura dello stupro è complice di ogni stupro.

Le sue immediate scuse pubbliche per questa, a dir poco, infelice uscita, e le dimissioni dal suo incarico di Governo, le restituirebbero un po' di dignità, e la ricollocherebbero nella categoria essere umano, comunque non tra i migliori,
saluti"

venerdì 1 luglio 2011

Censura Web: cosa puoi fare



Il 6 luglio l’AgCom voterà una delibera mediante la quale potrà oscurare siti internet stranieri oltre che rimuovere contenuti dai siti italiani, in modo arbitrario.
Questa è una forma di censura diretta.
Cosa puoi fare:
  • se sei un blogger scrivi un post, usando il logo che vedi qua sopra e riportando tutti i link, e diffondilo più che puoi tra quelli che conosci;
  • vai alla pagina di Agorà Digitale in cui sono raccolti tutti i link, le iniziative e le proposte dei cittadini;
  • firma e diffondi la petizione sul sito di Avaaz;
  • partecipa e invita tutti i tuoi amici a "La notte della rete": 4 ore no-stop in cui si alterneranno cittadini e associazioni in difesa del web, politici, giornalisti, cantanti, esperti.
    Reblogga questi contenuti: facciamo rete contro la censura!

    giovedì 26 maggio 2011

    SOTTOSCRIVI L'APPELLO "QUATTRO MILIARDI (ERANO) TUTTI PER NOI"

    Appello congiunto di: A.F.F.I., Amiche ABCD, Arcidonna, Aspettare Stanca, CEMP (Milano, Consultorio familiare privato Laico), Cittadinanza Attiva, Corrente Rosa, Diversamente Occupate, Donne della Banca d’Italia, Donne in Quota, Donne in volo, Filomena, Gruppo Maternità & Paternità, Innovatori Europei, Leipuò, Lucy e Le altre, Ozio Creativo Society, PariMerito, Pari o Dispare, Rete per la Parità, Udi Nazionale, Usciamo dal silenzio, Valore D

    QUATTRO MILIARDI (ERANO) TUTTI PER NOI:
    GIU’ LE MANI DAI FONDI GENERATI DALL'AUMENTO DELL'ETA’ PENSIONABILE DELLE DONNE

    E’ in atto un grave furto alle donne italiane, che rischia di passare inosservato.
    Il Governo, con l'aumento dell’età pensionabile delle donne nel pubblico impiego (come da standard europei), si era impegnato ad utilizzare i risparmi che ne derivano - 4 miliardi circa in dieci anni - per interventi dedicati a favorire l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, per la conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro e per il fondo non autosufficienza.
    Quattro miliardi  nei primi dieci anni e, dopo, 242 milioni di euro a regime ogni anno: sono cifre che mai le donne italiane hanno potuto anche solo sognare.
    Dobbiamo difendere questo tesoro: consentirebbe alle donne italiane e a tutto il Paese di rimettersi in marcia verso gli obiettivi europei, non solo in termini di equiparazione femminile, ma anche di crescita economica. L'Italia stenta a crescere e non può quindi ignorare ciò che è universalmente riconosciuto: il miglior ricostituente per lo sviluppo  è un tasso di occupazione femminile elevato.
    4 miliardi in dieci anni per 4 obiettivi:
    -        un programma pluriennale di investimento pubblico e tracciabile dei “nostri” quattro miliardi
    -        più servizi per la conciliazione di tipologia diversificata
    -        più misure a favore dell’inclusione delle donne nel mercato del lavoro a tutti i livelli
    -        chiara identificazione dei  rappresentanti politici e sindacali che realmente si impegnano a sostenere il programma per le donne italiane
    Noi che firmiamo questo appello ci mobilitiamo per una azione politica – pubblica e visibile -  contro un furto insopportabile per le cittadine di questo paese, irreparabile se dovesse giungere a compimento. Persi questi soldi, sarebbe davvero difficile continuare a parlare di misure per la conciliazione e politiche di inclusione femminile.

    Per aderire mandare una mail con i propri dati anagrafici a "Valeria Manieri" < [email protected] >

    domenica 31 ottobre 2010

    Il dito e la luna

    Una ha 17 anni e l'altro ha 74 anni.
    Una non ha altro che se stessa e l'altro ha prestigio, potere e soldi.
    Una prende (e dà) e l'altro dà (e prende).
    Non fermarti al dito, guarda la luna.

    venerdì 3 settembre 2010

    Scendiamo in piazza: chi viene con noi?

    Da Fas

    Teresa Patania, morta ammazzata dall’ex marito.

    Francesca Telch, l’ex marito ha tentato di ucciderla.

    Non sappiamo come si chiama: il marito la picchia fino a spappolarle la milza.

    Idem: una ragazza accoltellata dal fidanzato. E’ ancora viva.

    Donna investita con l’auto dal suo ex che poi tenta di finirla a pugni. E’ ancora viva.

    Il fidanzato la accoltella. Lei sopravvive. Il bambino che aveva nella pancia muore.

    Mariangela Corna, ammazzata dal marito.

    Anna Perrucci, ammazzata da un parente.

    Un uomo respinto getta acido sul corpo di una donna.

    Carmela Scimeca, ammazzata dal marito.

    Un uomo sieropositivo viene arrestato per uno stupro e confessa di voler infettare tutte le donne.

    Catia Carbini, ammazzata dall’ex marito.

    Cesarina Boniotti, ammazzata di botte dal suo convivente.

    Lei gli dice di no e lui tenta di buttarla dal balcone.

    Mara Basso, ammazzata dal marito.

    Emlou Aresu, morta ammazzata di botte da un uomo che voleva fare del male ad una donna qualsiasi.

    Costanta Paduraru, morta ammazzata dal marito.

    Jolanda Ripamonti, morta ammazzata dal marito.

    Questa è solo la cronaca dei femminicidi o dei tentati omicidi avvenuti in agosto. In luglio come sapete è andata molto peggio. Siamo nell’ordine di quasi una donna morta al giorno e tanti tentati omicidi in cui le donne sono rimaste vive “per caso”. Non sono noti ovviamente i casi in cui le donne sono state massacrate di botte ma nessuno ha pubblicato niente.

    Potete controllare voi stessi qui, qui, qui.

    Come potete leggere voi stesse la costante di questi delitti è sempre la stessa. Uomini che ammazzano o tentano di ammazzare le donne. Minori i casi in cui c’è una causa di separazione con l’ex marito e in quel caso vogliamo sapere:

    - chi sono i mandanti?

    - chi ha istigato il delitto?

    - chi ha legittimato l’uomo a compierlo?

    - chi ha diffuso messaggi di istigazione al femminicidio che lo hanno indotto a compierlo?

    - chi ha esasperato il conflitto?

    Noi vogliamo i mandanti morali di ogni femminicidio commesso. Tutti responsabili di ogni goccia di sangue versata per mano di un femminicida.

    Molti, troppi delitti al nord. Molti, troppi delitti nella città di Milano e dintorni. A dimostrare che la cultura misogina realizza le condizioni affinchè gli uomini scelgano di ammazzare le donne. A dimostrare che dal nord parte una crociata di smantellamento dei diritti delle donne, delle strutture di riferimento, di ogni possibile speranza per il futuro.

    Sono quelli del nord che spingono affinchè le regioni del sud perdano consultori, centri antiviolenza, tutto quello che può servire a salvare la vita delle donne. Sono quelli del nord che colonizzano l’italia facendo della difesa degli uomini violenti un business che produce una cultura di morte.

    Ed è al nord che noi vorremmo andare. Vogliamo manifestare, scendere in piazza, con le nostre lenzuola insanguinate, assieme a tutte le donne maltrattate, violentate, sopravvissute. Assieme alla memoria di ogni donna uccisa. Con le famiglie delle donne ammazzate, con chi fa di tutto per difenderle, con chi si oppone a leggi che tutelano i maschi violenti, con chi si oppone alla criminalizzazione delle donne, con chi lotta contro l’istigazione al femminicidio.

    Vogliamo scendere in piazza con tutte le donne e gli uomini che lottano per relazioni in cui la violenza non ha e non deve avere spazio. Vogliamo popolare le strade di quel nord che sputa sulle donne, mette a rischio la vita dei bambini e avanza inesorabilmente per segnare il nostro futuro con una cultura di sterminio.

    Chi viene con noi?

    martedì 20 ottobre 2009

    Violentano sedicenne ad Ascoli, la madre sente tutto al telefono

    Il gip ha disposto l'arresto di due diciottenni già nei guai per festini a base di droga
    Avrebbero adescato 40 ragazze con Messanger e Facebook. La polizia: chi sa parli
    La donna, non vedendo la figlia rientrare, l'aveva chiamata al cellulare
    la comunicazione era rimasta aperta mentre i ragazzi abusavano della figlia


    ASCOLI PICENO - L'hanno fatta ubriacare e costretta a sottostare ad atti sessuali mentre la madre, che l'aveva chiamata al telefonino, ascoltava impotente quello che stava succedendo. Con questa accusa il gip di Ascoli Piceno, Annalisa Gianfelice, ha disposto l'arresto di Carlo Maria Santini ed Enrico Maria Mazzocchi, due diciottenni ascolani accusati di aver abusato di una sedicenne in un'abitazione nel centro storico.

    Un particolare inquietante, è la telefonata con la madre della vittima. Non vedendo la figlia rientrare a casa, la donna l'aveva raggiunta al cellulare. La comunicazione era rimasta aperta mentre i due indagati approfittavano della ragazzina, stordita dall'alcol, senza che la donna potesse far nulla per fermarli.

    L'appartamento dove è avvenuto lo stupro è uno di quelli individuati a settembre dagli investigatori della Squadra mobile, diretta da Piefrancesco Muriana, nell'ambito dell'operazione antidroga "Messenger": lì un gruppo di giovani ascolani si ritrovava per festini a base di sesso e droga. In quell'occasione vennero arrestate tredici persone e fu posta sotto sequestro una gioielleria compiacente alla quale i ragazzini, alcuni dei quali minorenni, vendevano oggetti preziosi sottratti in famiglia per poter acquistare la droga.

    Carlo Maria Santini, uno dei due indagati arrestati stamani, venne denunciato per aver soggiogato e iniziato al consumo di cocaina un ragazzo ascolano appassionato di cultura "emo", che aveva agganciato attraverso il programma di chat Messenger. Il ragazzino era stato ripetutamente costretto a rubare, in casa propria, denaro e oggetti preziosi, per potersi rifornire di droga. Oltre a Messenger, il diciottenne avrebbe utilizzato anche il social network Facebook per avvicinare diverse ragazze, molte delle quali maggiorenni, e alcune consenzienti a intrattenersi con i ragazzi.

    Lo stupro di gruppo risale ad un mese fa circa. Quel pomeriggio la madre ha accompagnato la sedicenne al pronto soccorso, dove i medici hanno diagnosticato uno stato di intossicazione alcolica acuta e confermato la violenza subita, testimoniata anche da vistose tracce di sangue. La ragazzina è rimasta ricoverata in ospedale per due giorni, e poi ha raccontato agli investigatori l'incubo in cui era precipitata, probabilmente come altre giovanissime vittime prima e dopo di lei.

    La sedicenne considerava Santini un suo amico, ed era andata in quell'appartamento (che apparteneva ad un parente di Santini e che il ragazzo continuava a frequentare nonostante il divieto che gli era stato imposto a settembre dalla procura dei minori) senza sospettare nulla. Ad aspettarla però c'era anche Carlo Maria Mazzocchi: i due, così ha riferito, l'hanno fatta bere molto, lei si è sentita male e ha chiesto di sdraiarsi sul letto, e qui sarebbe stata violentata da entrambi, mentre la madre ascoltava tutto.

    Ad inchiodare i due ci sarebbero anche alcune intercettazioni telefoniche e il tentativo di inquinare le prove, minacciando e insultando ripetutamente madre e figlia perchè ritirassero la denuncia. I ragazzi avrebbero progettato anche una fuga all'estero.

    Ci sono poi altri indizi, come le conversazioni di Santini su Facebook, in cui l'indagato dava sfogo alla sua passione, quasi un'ossessione, per le ragazzine più piccole. E i passi falsi mossi nella piazza virtuale, che ora lo accusano. Una madre, insospettita dai comportamenti della figlia, si è finta una giovanissima e si è fatta agganciare in chat, per poi vietare alla ragazzina di frequentare quell'amico conosciuto sul web, ritenuto troppo pericoloso.

    Anche un'altra madre, dopo i clamori dell'operazione 'Messenger' attuata qualche mese fa, si è frapposta tra la figlia quattordicenne ed il ragazzo. Le ha vietato di frequentarlo, sottraendole il telefonino e rispondendo al posto suo. Ma il ragazzo, sempre secondo le forze dell'ordine, "imperturbabile nonostante la giovane età", l'ha insultata, arrivando persino a minacciarla. Tutti comportamenti a cui Santini sarebbe stato avvezzo. Difatti lui ed il suo amico Enrico Maria Mazzocchi, sono accusati anche di un grave tentativo di inquinamento delle prove, poiché hanno più volte avvicinato sia la giovane vittima che la madre, facendo pressione affinché ritrattassero le accuse.

    Se attraverso Messenger Santini reclutava baby consumatori di droga, navigando su Facebook irretiva ragazze e ragazzine, vantandosi poi delle sue "conquiste". La polizia sta facendo accertamenti su una decina di giovanissime che sono entrate in contatto con lui, e non è escluso che emergano altri episodi di violenza. In un'intercettazione telefonica fra gli indagati si parla di un giro di 40 ragazze.

    Squadra mobile e Procura di Ascoli hanno lanciato un appello rivolto alle giovani e alle loro famiglie, perché vincano la vergogna e la paura e dicano quello che sanno.

    (20 ottobre 2009)



    Fonte:repubblica.it

    giovedì 24 settembre 2009

    Ragazza violentata ad Arcinazzo tentato linciaggio dello stupratore

    Gli amici della giovane, una ventina in tutto, hanno cercato di farsi giustizia da soli
    Sono stati fermati dai carabinieri che avevano rintracciato il diciottenne per portarlo in caserma

    ARCINAZZO (Roma) - In lacrime si è rivolta agli amici, a loro ha spiegato cos'era successo mentre tutti la stavano cercando. La reazione è stata immediata: si sono organizzati e hanno cercato di farsi giustizia da soli. Ha rischiato il linciaggio il 18enne romeno accusato dello stupro di una sedicenne italiana durante una festa all'insegna dell'enogastronomia locale, giovedì sera ad Arcinazzo Romano, in provincia di Roma.

    La ragazza, dopo una lunga assenza che aveva preoccupato tutti, è tornata nella piazza in cui aveva lasciato i suoi amici, un'area dedicata ai più giovani all'interno della rassegna "Magnalonga". Ha spiegato, tra le lacrime e visibilmente provata, che il ragazzo che aveva conosciuto quella sera si era trasformato in uno stupratore.

    Immediata la reazione: gli amici sono andati a cercare il diciottenne in un parco giochi dove era ospitato dal proprietario e hanno cercato di entrare. Il linciaggio è stato sventato dai carabinieri che erano andati ad arrestare il presunto stupratore per portarlo in caserma. All'arrivo dei militari il gruppo è fuggito. Il romeno sarà interrogato in giornata dal pm di Tivoli. E' accusato di violenza sessuale aggravata dalla minore età della presunta vittima.

    (22 agosto 2009)

    Fonte: repubblica.it

    lunedì 7 settembre 2009

    Napoli, violenza su una sedicenne in manette 7 minori e un 19enne

    In otto hanno provato a violentarla mentre la riprendevano con i telefonini
    La ragazza si è riuscita a liberare e ha attirato l'attenzione di una pattuglia
    Napoli, violenza su una sedicenne
    in manette 7 minori e un 19enne
    Per la vittima 10 giorni di prognosi, fermati tutti gli aggressori

    NAPOLI - L'hanno circondata, spogliata, palpeggiata. In otto contro una, ma lei è riuscita a divincolarsi e scappare via. E' successo a Scampia, quartiere periferico di Napoli. E sette degli otto aggressori sono minorenni, come minorenne è anche la vittima, una ragazza di sedici anni. L'unico maggiorenne, un ragazzo di diciannove anni, è proprio quello che ha condotto la giovane sul luogo dell'agguato.

    Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri, il diciannovenne aveva dato appuntamento alla ragazza per una passeggiata. Ma dopo averla fatta salire in macchina l'ha portata in luogo isolato, dove con minacce e violenza l'ha costretta a compiere atti sessuali. A quel punto è intervenuto anche il branco, che ha provato a bloccare la sedicenne, spogliandola e palpandola, mentre la riprendevano con il telefonino e la minacciavano di mettere i filmati in rete.

    La ragazza, però, è riuscita a sottrarsi ai suoi aggressori, ed è fuggita inseguita dagli otto giovani. Le sue urla hanno fortunatamente richiamato l'attenzione di una pattuglia del nucleo radiomobile di Napoli. I Carabinieri, nonostante il branco abbia provato a scappare, hanno bloccato tutto il gruppo, che si era infilato in una strada chiusa.

    La sedicenne è stata accompagnata all'ospedale, dove i medici del San Giovanni Bosco di Napoli le hanno prestato le prime cure per per traumi al torace, al bacino e alla testa giudicati guaribili in dieci giorni. Per i sette minorenni si sono aperte le porte del centro di prima accoglienza di viale Colli Aminei, mentre il diciannovenne è stato condotto nel carcere napoletano di Poggio Reale.

    (2 settembre 2009)

    Fonte:repubblica.it

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