Libro Di Testo L'ARCHITETTURA DEL RINASCIMENTO ITALIANO
Libro Di Testo L'ARCHITETTURA DEL RINASCIMENTO ITALIANO
Libro Di Testo L'ARCHITETTURA DEL RINASCIMENTO ITALIANO
Peter Murray
Firenze.
L’evoluzione della società italiana fu molto diversa da quella del resto dell’Europa: la
società era imperniata in parte sulla chiesa, in parte sulle città che avevano avuto un
precoce sviluppo.
Le città fondate dai romani continuavano a essere i centri più importanti del paese.
L’ascesa delle classi mercantili fu particolarmente evidente in alcune delle città più
grandi come Firenze (divisa tra Guelfi e Ghibellini), che nel Quattrocento assunse la
direzione economica del paese.
Nel 1250 fu instaurata una nuova repubblica fiorentina e nel 1293 furono redatte le
Ordinanze di giustizia, una specie di costituzione repubblicana. Il potere politico veniva
conferito alle grandi corporazioni o Arti (in tutto 21). Le Arti poi si dividevano in: Arti
Maggiori (7), che detenevano il potere politico ed economico, e Arti Minori (14). Nel
Quattrocento ogni grande impresa commerciale apparteneva ad una famiglia
fiorentina; a questa ristretta cerchia di potentissima si opponeva una grande massa di
popolazione, il “popolo minuto”, che non esercitava alcun potere. Allora, moltissime
dimore di famiglie agiate tendevano a diventare “semi-fortezze” e questa tendenza si
accentuò per il fatto che ogni famiglia abitava sopra i locali in cui svolgeva i propri
affari.
Di conseguenza, il mercante fiorentino preferiva costruire palazzi ad un tempo ufficio e
magazzino. Ciò che conferisce importanza al palazzo fiorentino è l’aver fissato un tipo
architettonico, tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento.
§ Palazzo Vecchio o della Signoria a Firenze.
Era il municipio, risale agli anni fra il 1298 e il 1340, con modifiche ed aggiunte
riferibili a un periodo successivo. Il disegno è attribuito ad Arnolfo di Cambio.
Esternamente presenta l’aspetto di fortezza e presenta una torre campanaria, poiché
la campana a martello era un mezzo ufficiale che doveva dare l’allarme o per
richiamare a raccolta i cittadini.
§ Il Bargello a Firenze.
Iniziato nel 1255, era la residenza ufficiale del podestà. Esternamente presenta
l’aspetto di fortezza e presenta una torre campanaria, poiché la campana a martello
era un mezzo ufficiale che doveva dare l’allarme o per richiamare a raccolta i cittadini.
Lo schema è semplice: a bugne rustiche, con bifore inscritte in un arco a sesto acuto e
separate da una colonnina, con una semplice cornice marcapiano. Le finestre al
pianterreno sono piccole e alte da terra e lo schema del palazzo è quello di un
rettangolo che racchiude un cortile centrale, a pianta quadrata, che serve a dar luce e
aria e che di solito è anche munito di pozzo, che consente all’edificio, in caso di
tumulti durevoli, di disporre del proprio fabbisogno d’acqua, mentre le finestre esterne
possono essere chiuse e sbarrate.
§ Palazzo Davanzati a Firenze.
Oggi è sede del museo della Casa fiorentina, la sua costruzione risale al tardo
Trecento.
La sua derivazione dal modello classico è palese perché consiste di un vasto
pianterreno occupato da locali destinati a negozi e magazzini, mentre nei piani
superiori si trovano gli ambienti destinati ad abitazione.
Si innalza su una superficie limitata, ha un cortile con il solo spazio per le scale e
un’ampia loggia all’ultimo piano. L’edificio consta di cinque piani, compresa la loggia;
l’altezza dei primi quattro va riducendosi salendo, così da creare una proporzione
graduata fra ciascun piano, essendo il pianterreno non soltanto più alto, ma anche
messo in risalto dal bugnato rustico che gli conferisce un’aria di maggiore
compattezza. Le tre grandi porte dei magazzini, inscritte in archi a sesto leggermente
acuto, sono sistemate simmetricamente con finestrelle sovrapposte nell’ammezzato.
Gli altri tre piani hanno cinque finestre disposte simmetricamente sopra le tre grandi
aperture del pianterreno, ed era in queste stanze che la famiglia abitava. Il primo
piano, o piano nobile, è il più comodo, essendo per la sua altezza al riparo dai rumori e
dalla polvere della strada e meno caldo del piano sotto il tetto. Questo è il motivo per
cui veniva chiamato piano nobile e vi venivano sempre sistemati i principali saloni di
rappresentazione e gli appartamenti del capo famiglia. Il secondo piano veniva di
solito occupato dai bambini e da membri meno importanti della famiglia, mentre
l’ultimo piano, caldo d’estate e freddo d’inverno, era destinato alla servitù.
La grande crisi politica del 1433 culminò nell’espulsione da Firenze di Cosimo de’
Medici e della su famiglia, ma a causa della fuga di capitali da Firenze, fu necessario
revocare il bando d’esilio e nel 1434, Cosimo de’ Medici rientrò a Firenze per diventare
l’effettivo signore durante i successivi trent’anni.
Uno dei risultati del lungo governo, cui succedettero il figlio e il nipote fin quasi alla
fine del secolo, fu che a partire dal 1434 circa molte famiglie furono in grado di
spendere nella costruzione di eleganti palazzi soldi ed energie.
Pienza.
Divenuto papa col nome di Pio II nel 1458, l’umanista Enea Silvio Piccolomini cominciò
a ristrutturare il suo borgo natio, che dal suo nome ribattezzò Pienza.
Elevata a rango di città, Pio II si accinse a realizzare un complesso urbanistico mirabile
durante il suo pontificato.
Lui stesso sovrintese al progetto, che fu eseguito dall’architetto fiorentino Bernardo
Rossellino.
Costruirono un complesso, basato sulla centralità della Cattedrale: Canonica, Palazzo
Vescovile, Palazzo dei Priori, Palazzo Ammannati, Palazzo Piccolomini, San Francesco.
Roma.
Roma nella prima metà del quattrocento aveva scarsa importanza politica e artistica.
Quindi, furono eretti solo due edifici di rilievo, in cui si nota l’influenza dell’Alberti,
nonostante non si possa affermarne l’appartenza vera e propria.
§ Palazzo Venezia a Roma.
Il cortile incompiuto del palazzo risale agli anni 1467-71 ed è il primo importante
edificio civile dopo un lungo periodo. Offre una soluzione al problema sollevato da
Alberti riguardo agli angoli del cortile.
Gli archi della loggia non sono sorretti da singole colonnine, bensì da solidi pilastri, con
semicolonne addossate collocate su alte basi, adoperate come elemento decorativo
piuttosto che strutturale come nei due prototipi romani. Ciò offre il vantaggio di
conferire agli angoli, mediante la forma a L dei pilastri, un aspetto di maggiore solidità,
oltre a consentire una migliore distribuzione delle colonne, poiché le loro proporzioni
possono essere adattate alle basi sottostanti.
§ Palazzo della Cancelleria a Roma.
E’ un enorme palazzo iniziato per il cardinale Riario e successivamente occupato dalla
Cancelleria apostolica.
Costituisce uno dei più grandi misteri dell’architettura italiana. Sembra sia stato
progettato e compiuto fra il 1486 e il 1496. E’ su scala gigantesca e denota l’influenza
dell’Alberti, sebbene non possa materialmente essere opera sua perché morì prima
dell’inizio della costruzione.
La tradizione lo attribuisce a Bramante per l’eleganza, ma questi non si era ancora
recato a Roma.
La lunghissima facciata consiste di un alto basamento su cui si innalzano due piani,
scanditi da un ritmo binario di lesene. La suddivisione orizzontale in tre parti è
semplice e lineare grazie all’omissione delle lesene al pianterreno. Il bugnato e le
finestre relativamente piccole del pianterreno formano un imponente basamento su
cui poggiano i due piani superiori, anch’essi rivestiti in bugnato, ma trattati in maniera
diversa. Il piano nobile ha finestre più imponenti, mentre l’ultimo piano ha due finestre
in ogni campata, invece dell’unica grande finestra del piano sottostante. La grande
massa muraria è spezzata sia verticalmente che orizzontalmente alle estremità della
facciata da sporgenze, che però mancano della profondità necessaria a renderle
pienamente efficaci. L’articolazione orizzontale è efficace e studiata.
Qui il ritmo della facciata si fa più complesso per l’alternarsi di una campata stretta
priva di finestre racchiusa fra lesene binate e di una campata più ampia con finestra e
il ritmo ABABAB.
I davanzali delle finestre e le basi delle lesene sono mantenuti distinti dalla cornice
dell’ordine sottostante. L’introduzione di campate larghe e campate strette porta a un
nuovo tipo di proporzione: quella irrazionale della SEZIONE AUREA. Così, per
esempio, la larghezza di un’intera unità di 4 lesene sta alla sua altezza come l’altezza
di una delle finestre principali sta alla sua larghezza, e la stessa proporzione regola la
larghezza delle campate più strette e di quelle più larghe.
La facciata sul cortile è direttamente esemplificata sul tipo di prospetto del Colosseo,
con colonne nei piani inferiori e lesene all’ultimo piano. Presenta un duplice ordine di
loggiati sostenuti da colonne, mentre il terzo piano presenta una variante sostituendo
le lesene binate con lesene singole, che danno al ritmo interno un andamento AAA.
Urbino.
§ Palazzo Ducale a Urbino.
Fu costruito in gran parte intorno al 1460 per Federico da Montefeltro, duca di Urbino.
Anche questa costruzione presenta problemi di attribuzione e datazione, anche se
alcune parti, le più importanti sono certamente state realizzate da Luciano Laurana (di
cui si sa poco, solo che si recò a Urbino dal 1465-66 e morì a Pesaro nel 1479).
Il cortile, maggior titolo di gloria del palazzo, può essere datato tra il 1465 e il 1479, è
ragionevole supporre che sia, insieme alla facciata, opera del Laurana.
Fu probabilmente terminato da Francesco di Giorgio ma nessuno sa chi lo avesse
iniziato.
L’unico documento certo risale al 1468, in cui Federico da Montefeltro parla di Laurana
come architetto capo.
Anche qui si tenne conto della stupenda vista e sul fianco più ripido furono innalzate 2
alta torri cilindriche che racchiudono 3 archi a tutto sesto, che formano su ognuno dei
3 piani una loggia che si apre sulle montagne.
La fronte dei torricini può essere esemplificata sul tipo dell’arco trionfale.
Le parti più significative del palazzo attuale sono cortile e facciata in cui si apre
l’ingresso principale, sebbene l’interno dell’edificio con ampie sale nude, camini
raffinatamente scolpiti, porte ornate di intarsi, sia uno dei più belli pervenutici. Il
Palazzo oggi ospita la Galleria Nazionale delle Marche e una collezione di dipinti.
La facciata del Palazzo vista dalla piazza principale è deludente: crivellata da piccoli
fori destinati ai pali delle impalcature, con alcune delle finestre principali murate e
alcuni dei portali dalle dimensioni ridotte, in quanto essa è chiaramente incompleta.
La facciata d’ingresso principale ha 3 porte e 4 finestre principali ed è totalmente
diversa dall’altra sia nelle dimensioni che nella disposizione delle finestre; sull’altro
fronte principale abbiamo finestre ad arco tondo e alcune bifore.
La facciata principale è disposta con estrema perizia.
Il basamento a bugnato con lesene agli spigoli ha 3 ampi portali architravati alternati a
finestre architravate. Nel piano nobile si aprono 4 finestre, di tipo simile ai portali,
fiancheggiate da lesene sovrastate da trabeazioni orizzontali fortemente modellate
che fungono da modanature sporgenti sopra le finestre. Sopra questo piano,
l’architetto deve aver progettato un attico, ma allo stato attuale possiamo solo
immaginarlo.
La disposizione consueta delle 4 finestre principali, collocate tra i 3 grandi portali, crea
un ritmo a zig-zag: il vano della finestra posto in corrispondenza della campata
rivestita di bugnato e il vano della porta sistemato tra le due finestre.
La forma rettangolare delle finestre è qualcosa di innovativo rispetto allo stile
fiorentino.
Attraversando l’ultima delle 3 porte, ci troviamo nel cortile del palazzo: un pianterreno
composto di un chiostro aperto con volte a crociera sostenute da colonne; sopra, il
piano nobile, è chiuso ed ha finestre corrispondenti agli archi sottostanti. Le finestre
sono distribuite in modo tale da lasciar posto a un ordine di lesene corrispondenti alle
colonne del pianoterra. Laurana collocò gli angoli pilastri a forma di L, ai quali addossò
semicolonne che sostengono gli archi del pianterreno. Il pilastro ha inoltre lesene
addossate che si incontrano negli angoli e che sorreggono una trabeazione su cui
corre un’iscrizione latina che decanta le virtù del duca Federico. Abbiamo le due linee
orizzontali fortemente marcate della parte inferiore e della parte superiore della
trabeazione, mentre le campate d’entrambi i piani sono definite da un uso coerente
delle colonne e delle lesene. L’effettivo rapporto tra i vani delle finestre e lo spazio
delimitato dalle lesene è un significativo esempio della sensibilità percettiva
dell’architetto.
Venezia.
Lo schema del palazzo veneziano è assolutamente diverso dai precedenti.
La scarsa superficie della terraferma fa sì che tutti i più grandi palazzi sono costruiti su
palafitte piantate nell’acqua e privi si cortile centrale aperto. Inoltre, la stabilità
economica e politica di Venezia rendeva meno necessario fortificare i palazzi e quindi
diventava superfluo il cortile centrale.
Il palazzo veneziano ha la forma di un blocco unico, eretto in uno stile destinato ad
essere profondamente cambiato dalle vicende commerciali di Venezia: ebbe
moltissima influenza l’arte bizantina e quella gotica.
Il tipico palazzo veneziano consta di un ampio porticato a livello dell’acqua che si apre
su un vestibolo, fiancheggiato da alcuni stanzoni adibiti a magazzini, da dove parte la
scalinata. Il piano nobile, quindi, viene ad assumere un’importante maggiore, da ciò
deriva la tendenza a suddividere la facciata in 3 elementi verticali.
Il vano principale del primo piano è il “gran salone”, che occupa tutto il centro della
facciata, mentre gli ambienti più piccoli ai suoi lati, si esprimono all’esterno mediante
finestre di dimensioni minori.
Le finestre del gran salone devono essere a loro volta della massima grandezza per
poter illuminare l’interno, che non ha altra fonte di luce.
Caratteristica quindi del palazzo veneziano è la grande superficie occupata al centro
della facciata dei vani delle finestre.
Prato.
§ Santa Maria delle Carceri.
Opera di Giuliano da Sangallo, fu iniziata nel 1485 e lasciata incompleta nel 1506.
Essa è una pura croce greca, quindi, segue il tema a pianta centrale.
L’interno presenta una cupola a costoloni sorretta da pennacchi, e l’esterno ha due
ordini sovrapposti dalle proporzioni estremamente infelici.
Tuttavia, gli ideali di leggerezza e purezza classica del primo Rinascimento
raggiungono il loro apogeo.
Michelozzo.
§ Cappella Portinari a Milano.
Fa parte della Basilica di S.Eustorgio, ma può essere considerata un edificio a sé
stante.
Viene attribuita a Michelozzo, ma non si ha una certezza.
Lo schema base della cappella è a pianta quadrata coperta da una cupola sorretta da
pennacchi con quattro piccole torri ai quattro angoli, tipiche delle concezioni
ornamentali lombarde.
§ Palazzo del Banco Mediceo a Milano.
Non ci è noto che dal portone principale, conservato nel Castello Sforzesco di Milano, e
da un disegno di Filarete. Si nota la fusione tra forme fiorentine, o brunelleschiane, e di
elementi ornamentali gotici, come testimoniano le finestre a sesto acuto.
Leonardo da Vinci.
Soggiorna a Milano dal 1482 al 1499.
Tenta di scrivere un Trattato di Anatomia, ricollegandosi a disegni architettonici.
Prende in esame alcuni organismi a pianta centrale e, muovendo dalla primitiva
semplice forma, sviluppa forme sempre più complesse, che difficilmente avrebbero
potuto essere costruite e sono chiaramente esercizi di teoria architettonica.
Donato Bramante.
Soggiornò a Milano dal 1481 al 1499.
1481_incisione “a Milano”_ruderi di un edificio in stile gotico lombardo decorato.
§ S.Maria presso S.Satiro a Milano.
Si tratta di una RICOSTRUZIONE!
Un piccolo edificio milanese risalente al IX secolo.
Probabilmente egli iniziò i lavori durante il decennio 1470-80.
Nella parete terminale orientale viene introdotta un’illusione prospettica.
Questo senso dello spazio architettonico concepito come una serie di pieni e vuoti,
come in pittura, distingue il Bramante. In effetti, la parete terminale della chiesa non
poteva essere eretta nella maniera consueta in quanto una stretta strada ne sbarrava
lo sviluppo verso levante. La volta fu decorata a cassettoni.
In realtà la chiesa originale di S.Satiro è rappresentata da una piccola cappella.
Bramante diede una nuova sistemazione soprattutto all’esterno, ma la pianta (croce
greca in un quadrato inscritto in un cerchio) è un tipico disegno paleocristiano e fu
adattata dal Bramante al battistero di S.Satiro.
La chiesa si sviluppa su tre piani: il piano inferiore è di forma cilindrica con profonde
nicchie collocate fra due lesene e alternate a superfici murarie lisce. La pianta centrale
è accentuata da 4 bracci della croce greca che, innalzandosi sopra il cilindro,
compongono il secondo piano. Ciascuno di questi bracci contiene una finestra e il tetto
è a due falde. Il punto in cui le falde si incontrano è trasformato in un piano
supplementare, che forma un quadrato su cui si innalza il tamburo ottagonale con
finestre che si alternano tra singole lesene. Infine, sopra il tamburo si eleva la piccola
lanterna circolare.
§ S.Maria delle Grazie a Milano.
I lavori iniziarono probabilmente prima del 1490 e proseguirono tutto il decennio, e
non completati quando poi Bramante si recò a Roma.
L’aspetto esteriore dell’edificio non è molto felice: esso infatti consiste di una lunga
navata centrale alquanto bassa e di navate laterali costruite da un altro architetto
intorno al 1460, cui venne aggiunta nella parete terminale orientale una vastissima
tribuna sormontata da un grande tamburo poligonale e da una piccola lanterna. Vi
sono proiezioni absidali sui tre lati liberi, due delle quali formano il transetto, mentre la
terza racchiude il coro.
Lo scopo del Bramante era quello di creare un edificio indipendente a pianta centrale
collegato in maniera alquanto sciolta a una chiesa con lunga navata.
Infatti, la sezione e la pianta mostrano la forzatura del punto di congiungimento.
L’aspetto interno è più soddisfacente: l’effetto dell’interno è di grande leggerezza e
luminosità, con disegni geometrici, come le finestre dipinte a finte ruote.
§ I tre chiostri per S.Ambrogio a Milano.
La Porta Canonica.
E’ su un lato della chiesa e consta di una successione di archi a tutto sesto sorretti da
colonne, con un arco molto più ampio al centro sorretto da pilastri quadrati con lesene
addossate.
Lo schema base deriva dalla fusione della tipologia del chiostro con il colonnato
romano.
Grande interesse presenta un particolare minore: la presenza di curiose escrescenze
sui fusti di numerose colonne che le fa assomigliare a tronchi d’albero diramati.
Il Chiostro Dorico e Chiostro Ionico.
Furono iniziati prima che Bramante lasciasse Milano, ma non furono portati a
compimento se non molto dopo.
Fanno parte dell’antico monastero di Sant’Ambrogio, che ospita ora l’Università
Cattolica di Milano.
Il Chiostro Dorico. E’ una delle sue opere più eleganti e mature. Le volte del chiostro
sono sorrette da pulvini collocati sopra le colonne che, a loro volta, sono collegate da
un basamento continuo. Il porticato non è rafforzato negli angoli da un pilastro, ma
gira attorno su una colonna creando un effetto meno infelice che negli esemplari
fiorentini, soprattutto grazie al rapporto studiato con estrema accortezza tra le
ampissime arcate del pianterreno e il piano superiore molto più basso, suddiviso in
due piccole campate che sormontano ciascuna delle ampie campate del pianoterra.
Grazie a questi accorgimenti le finestre non vengono a coincidere con il centro
dell’arco, che è invece contrassegnato da piccole lesene che separano le finestre.
I contorni piatti e netti delle lesene, le arcate cieche, le finestre architravate, gli archi
dei chiostri, sono lontanissime dall’affastellamento decorativo e sono le tipiche forme
dell’”ultima maniera” di Bramante, la sua maniera romana.
Capitolo Sesto. BRAMANTE A ROMA: SAN PIETRO.
Dopo la caduta di Ludovico il Moro, Bramante lascia Milano e si reca a Roma (1499),
dove vi trascorrerà il resto della vita.
Nel 1492, Roma tornò ancora una volta ad avere importanza politica, tendenza
rafforzata dal pontificato di Giulio II.
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§ Basilica di S. Pietro a Roma.
Giulio II fu sicuramente un grande mecenate, tanto da riuscire ad assumere
contemporaneamente Bramante, Michelangelo e Raffaello, assegnando loro lavori che
mettevano in risalto le loro più alte qualità.
Fin dalla metà del Quattrocento, cominciarono a manifestarsi le pessime condizioni della
vecchia basilica di
S. Pietro, allora più che millenaria.
Niccolò V diede iniziò alle fondamenta per la ricostruzione del coro, ma i lavori furono
ripresi dopo l’elezione di Giulio II nel 1503. Anche allora l’interesse sembrava quello di
proseguire i lavori di puntellamento della vecchia basilica e la ricostruzione solo delle parti
estremamente bisognose.
La vecchia basilica era luogo di venerazione per i suoi legami con il primo imperatore
cristiano e perché ospitava la tomba di San Pietro. Verso l’estate del 1505, Giulio II e
Bramante decisero di ricostruire San Pietro, da ciò che si desume dalla medaglia coniata
per commemorare la posa della prima pietra il 18 aprile 1506 (che presenta l’iscrizione
“templi petri instauracio” ) e dal disegno che è considerato il progetto di Bramante.
Purtroppo la storia della fabbrica di S.Pietro è estremamente complicata e non possediamo
documenti relativi ai primi anni.
Non avendo ricevuto commissioni specifiche se non quelle di rispettare la simbolicità
dell’edificio, si crede che il progetto preliminare del Bramante fosse quello di un edificio a
pianta centrale poi impostogli a croce latina dal clero. Purtroppo però Bramante non lasciò
ai successori (Raffaello) alcun progetto definitivo da poter seguire. Poco era stato fatto
oltre le fondamenta dei piloni principali e la messa in opera dei grandi archi che li
collegano. Tuttavia, la sua inesperienza lo portò a progettare piloni del tutto inadeguati a
sostenere i pesi che vi avrebbe voluto collocare.
Quando, nel 1514, Bramante morì, gli succedettero Raffaello e Peruzzi: tutti e due
prepararono le piante varianti tramandate da Serlio, ma nessuno dei due sembra aver
fatto progredire l’effettiva costruzione.
Il Sacco di Roma nel 1527 fece interrompere ogni attività edilizia, fino a che nel 1530
Antonio da Sangallo il giovane, iniziò a ristrutturare l’edificio nel suo complesso e a
riparare i danni provocati dal lungo abbandono.
La distribuzione dello spazio centrale era fissata dai piloni bramanteschi, che Sangallo
ingrandì; egli poi disegnò una cupola di forma nuova, simile ad un alveare, facile da
costruire. Ma, nel 1546 l’esecuzione fu impedita dalla morte del progettista.
Il successore fu Michelangelo, dal 1 gennaio 1547 a lavoro.
Michelangelo espresse l’intenzione di ritornare alla forma bramantesca e l’attuò col ridurre
in maniera complessa e ingegnosa la pianta del Bramante a una combinazione della pianta
centrale con la croce latina espressa in un linguaggio manieristico. Egli fece ruotare il
quadrato della pianta e pose uno degli angoli in corrispondenza dell’ingresso principale,
ottenendo la sagoma di un diamante. Adoperò lo spigolo come facciata principale,
dandogli risalto smussandone la punta e aggiungendovi un ampio porticato. Egli adoperò
una contrazione dimensionale complessiva, aumentò le dimensioni dei piloni principali e
ridusse gli spazi aperti fra i piloni stessi e le pareti esterne, garantendo la stabilità
dell’edificio e procurando un adeguato sostegno alla cupola.
Quando morì, nel 1564, una parte notevole della basilica era stata già eretta, e il tamburo
era stato completato fino all’attacco della cupola.
La cupola fu costruita fra il 1585 e il 1590 da Giacomo della Porta e Domenico Fontana
(ingegnere), seguendo il progetto di Michelangelo, ossia una cupola emisferica con
costoloni fortemente evidenziati, corrispondenti alle linee principali della sua sistemazione
muraria: si tratta di una soluzione più dinamica rispetto a quella della calotta liscia
prevista dal Bramante.
La pianta fu tuttavia sottoposta a profonde modifiche e la struttura a croce latina
dell’edificio attuale è il risultato di una trasformazione attuata nella prima metà del
Seicento da Carlo Maderno, che non si limitò alla decorazione interna della basilica, ma
prolungò e modificò la pianta del Michelangelo, aggiungendo una lunga navata e la
facciata.
Con il completamente del piazzale antistante, e il sublime effetto teatrale del colonnato
tuscanico sormontato da file di statue su scala gigantesca, progettato dal Bernini e
costruito dal 1656 in poi, questa basilica divenne uno dei capolavori del barocco.
Capitolo Settimo. RAFFAELLO E GIULIO ROMANO.
Raffaello Sanzio.
Sia come pittore che come architetto, Raffaello sembra, negli ultimi anni della sua vita,
discostarsi dal sereno classicismo per esprimersi in uno stile più ricco e drammatico,
che segna l’inizio del manierismo.
§ Cappella Chigi a S. Maria del Popolo.
Costruita per il banchiere senese Agostino Chigi, presenta una grande ricchezza.
§ Palazzo Vidoni-Caffarelli a Roma.
Esiste ancora, seppure ampliato.
I suoi elementi base sono: basamento a bugnato rustico e piano nobile con colonne e
attico.
§ Palazzo Branconio dell’Aquila a Roma.
Probabilmente fu progettato nel suo ultimo anno di vita, 1519-20; ci è noto solo
tramite disegni e un’incisione.
Si nota la grandissima ricchezza della trama compositiva e della decorazione applicata
in superficie: questa decorazione non ha nulla di strutturale.
Le colonne sono state trasferite dal piano nobile al pianterreno, cosa in sé abbastanza
logica visto che si potrebbe osservare che le colonne sorreggono la parte superiore
dell’edificio. Tuttavia, è esattamente ciò che non fanno: al di sopra di ogni colonna c’è
una nicchia vuota e proviamo un senso di disagio di fronte a un sostegno massiccio
sormontato da un vuoto.
Le finestre del piano nobile, con frontoni semicircolari alternati a frontoni triangolari,
fanno parte della superficie muraria e sono unite da una trabeazione che non è
sorretta da un ordine bensì dalle colonne delle stesse finestre a edicola.
La disposizione del piano nobile presenta un ritmo estremamente complesso di
nicchie, finestre e frontoni triangolari o semicircolari, nonché festoni decorativi. Questa
estrema ricchezza unita a una deliberata inversione delle funzioni degli elementi
architettonici sono caratteristiche di una tendenza stilistica, iniziata ai tempi di
Raffaello e destinata a dominare tutte le arti in Italia per il resto del secolo.
§ Palazzo Pandolfini a Firenze.
L’edificio è destinato a sorgere alla periferia della città, vicino a Porta San Gallo.
Da una parte si ispira alle ville romane, dall’altra anticipa una categoria di edifici che
deriva direttamente dai principi palladiani, comprese le case di campagna inglesi.
§ Villa Madama fuori Roma.
Iniziata nel 1516, in collaborazione con Antonio Sangallo il Vecchio e Giulio Romano.
Sita sulle pendici del Monte Mario, non fu mai terminata se non per metà.
L’intenzione originaria era quella di ricreare una villa classica con un enorme cortile
circolare al centro e con un immenso giardino che si sviluppava sul fianco della collina
simile a un anfiteatro a terrazza.
La loggia retrostante, ora chiusa da vetrate, contiene la più stupenda decorazione
pervenutaci. Questa consiste di 3 campate: quelle alle estremità sono coperte da volte
quadripartite e quella centrale da una volta a cupola.
A un’estremità la parete forma una rientranza nella collina creando una profonda
concavità simile a un’abside sormontata da una mezza cupola riccamente decorata.
Tutta la decorazione è realizzata con bassorilievi dai colori forti e brillanti che
contrastano col bianco smagliante dell’intonaco.
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Giulio Romano.
§ Palazzo Cicciaporci a Roma.
§ Palazzo Maccarani a Roma.
§ Palazzo del Tè a Mantova.
Costruito nel 1524 e completato nel 1534, è considerato il più eleganti di tutti gli
edifici manieristici.
Anche qui si riflette il tentativo di ricreare una villa suburbana classica.
Qui, Federigo Gonzaga pensava di sistemare i quartieri generali del suo allevamento di
cavalli.
La villa, distando solo un miglio o poco più dal palazzo Gonzaga in città, non ha
camere da letto.
La pianta riflette il tipico impianto della villa romana, ossia quattro corpi lunghi e bassi
che racchiudono una corte centrale quadrata: ciò viene confermato dall’aspetto della
facciata con l’ingresso.
Si nota subito che non si tratta di un edificio semplice, ma che anzi ha una struttura
estremamente sofisticata.
Dalla pianta è evidente che il principio di simmetria non è rispettato: i quattro corpi
dell’edificio sono diversi e l’asse del giardino e della fronte principale sul giardino
conduce a una porta laterale, mentre l’asse dell’ingresso principale è ad angolo retto
con il giardino.
Gran parte delle regole architettoniche vengono deliberatamente e ironicamente
infrante per indurre sensazioni di orrore misto a stupore nell’osservatore.
Elementi di una fronte vengono ripetute nelle due altre, ma trasformati.
La fronte dell’ingresso principale è un blocco lungo e basso con al centro tre archi
uguali e ai lati quattro campate in cui si aprono finestre apparentemente simmetriche
fra loro. La parete in bugnato è articolata da lesene tuscaniche che sorreggono una
trabeazione riccamente scolpita. A tre quarti dell’altezza delle lesene c’è un
marcapiano piatto che funge da davanzale per le finestre del piano superiore: il
marcapiano è allo stesso livello del fronte delle lesene ed è attaccato alla chiave
dell’arco delle finestre del piano principale.
Lo spazio fra le lesene non è uguale. A destra degli archi di ingresso c’è un’ampia
campata; la campata a sinistra non soltanto è più stretta ma presenta una finestra
decentrata.
Le tre campate dell’ingresso sono fiancheggiate da tre campate con finestre cui fa
seguito una cesura nella forma di due lesene binate che racchiudono una piccola
nicchia scavata nella superficie muraria liscia. Segue una campata normale con
finestre e infine la facciata è chiusa da lesene binate. A una lettura che parta dall’arco
centrale dell’ingresso, il ritmo è AABBBCB.
Il disegno risulta frutto di sottilissimi accorgimenti e consapevolmente asimmetrico,
tuttavia, la sofisticatezza di quest’architettura può essere colta solo spostandosi
davanti alla fronte laterale dove veniva applicata un’articolazione simile con campate
con nicchia che incornicino l’arco unico dell’ingresso.
La facciata sul giardino si articola intorno a tre vasti archi centrali; il tessuto murario è
rivestito di bugnato solo fino all’altezza del ponte sul fossato, ora asciutto.
Il piano principale è liscio e non ha attico, ma la sua trama produce un effetto diverso
ottenuto da una serie di archi a tutto sesto sorretti da pilastri e da colonne in un ritmo
complesso. I tre archi più grandi al centro sono ulteriormente messi in rilievo dal
frontone triangolare che li sovrasta.
I lati del cortile interno non corrispondono a nessuno dei lati interni, ma hanno
cadenze e complessità proprie.
Alcune delle chiavi dell’arco delle finestre danno l’impressione di scivolare nello spazio
dello stesso arco, in contrasto con quel senso di stabilità che la chiave dell’arco
dovrebbe dare. Quest’impressione di instabilità si fa più palese nella trabeazione
all’interno del cortile.
Questo malaise è il marchio del manierismo.
All’interno del Palazzo vi è la Sala dei Giganti, decorata brutalmente dal 1532 al 1534.
Consta in una piccola stanza, quasi priva di luce, in cui gli angoli del pavimento, i muri
e il soffitto sono stati smussati e affrescati in modo tale da creare una prima
impressione di smarrimento, non essendo facile capire dove finiscano le pareti e dove
cominci il soffitto.
L’intero soffitto è coperto dalla raffigurazione di un vasto tempio circolare che si libra
sulla testa dello spettatore, in cui si svolge l’assemblea degli dei, mentre Giove scaglia
una saetta contro la terra. La scena è caotica, la ribellione dei Giganti contro l’Olimpo
e i giganti soccombono sotto enormi blocchi di pietra, edifici e rocce che gli dei dal
soffitto hanno scagliato su di loro.
§ Cattedrale di Mantova.
§ Palazzo Ducale di Mantova.
§ La casa di Giulio Romano a Mantova.
Se la costruì poco prima della morte, nel 1546.
Sembra la parodia della casa di Raffaello del Bramante.
Il marcapiano al centro dell’edificio viene a formare una specie di frontone triangolare
incompleto, che, a sua volta, preme sulla chiave dell’arco sottostante dalla curva
appiattita. Stessa operazione si ripete nelle strane cornici delle finestre incassate tra
gli archi di scarsa profondità che sono leggermente troppo piccoli per contenerle e
sovrastati da una trabeazione riccamente decorata non sorretta da colonne.
Baldassarre Peruzzi.
§ Villa Farnesina a Roma.
Cominciata nel 1509 e terminata nel 1511, per il banchiere senese Chigi.
Di dimensioni piccole, è il primo esempio del tipo di villa a blocco centrale con due ali
che si avanzano sulla fronte principale. L’aspetto esterno è stato molto modificato
dalla chiusura con vetrate delle quattro campate al pianterreno della facciata con
l’ingresso, in seguito alla quale è andato completamente perduto l’effetto ottenuto dal
contrasto tra vuoti e pieni. Ma queste vetrate furono rese necessarie dalla stupenda
serie di affreschi di Cupido e Psiche nella loggia, opera di Raffaello e dei suoi discepoli.
La facciata è stata corrosa, alterando gli affreschi che originariamente decoravano la
sua superficie piana. Ciò spiega la discrepanza fra la nudità delle pareti e la ricchezza
del fregio scolpito sotto le gronde, con festoni e cherubini alternati alle minuscole
finestre dell’attico.
L’architettura è semplice e il senso di disagio creato dalla lesena centrale che divide la
parete terminale delle ali in due campate piuttosto che in tre è uno dei motivi
dell’aspetto alquanto anacronistico dell’edificio.
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Michele Sanmicheli.
Nel 1527 tornato a Verona, iniziò una lunga carriera come architetto militare della
Repubblica.
§ Porta del Palio a Verona.
Ha un rivestimento esterno a bugnato interrotto per mettere a nudo un secondo strato
di bugnato, creando un’impressione di scabra solidità in deliberato contrasto con il
porticato della facciata interna verso la città.
La parte esterna, esposta al tiro dei cannoni, è anch’essa trattata con una tale
ricchezza nell’ordine dorico.
§ Porta Nuova a Verona.
Anch’essa sembra inespugnabile grazie agli attenti accorgimenti usati nel rivestimento
a bugnato, nella scanalatura delle colonne e nelle pesanti chiavi sopra i piccoli archi.
§ Palazzo Pompei a Verona.
Iniziato forse intorno al 1530.
Esso consta di 7 campate con l’ingresso principale collocato in quella centrale,
leggermente più larga di quelle laterali con finestre. Agli angoli dell’edificio è racchiuso
da una colonna e una lesena binate e l’articolazione diventa regolare, ma con lievi
accentuazioni del centro e degli spigoli.
Il pianterreno è parte integrante del palazzo, cioè non è adibito a botteghe
commerciali.
§ Palazzo Canossa a Verona.
L’impianto planimetrico riflette un allontanamento dal tipo romano.
Il retro declina verso il rapidissimo Adige rendendo inutile un quarto muro, sì che il
cortile a tre lati si apre sul fiume.
L’ingresso principale presente una triplice arcata e il pianterreno gode di finestre a
mezzanino.
La facciata nel complesso riflette la tipica suddivisione in un basamento a bugnato e in
un piano nobile liscio, in cui si aprono ampie finestre separate da lesene binate. Le
finestre del mezzanino vengono ripetute anche nel piano nobile, risolvendo il problema
dello spazio abitabile a scapito di una certa nettezza formale.
La facciata, racchiusa agli angoli da lesene sovrapposte, è scandita da lesene binate e
ampie finestre a tutto tondo.
Queste sono impostate su una modanatura fortemente aggettante che prosegue
lateralmente fino alle lesene, raccordate da una sorta di pannello piatto che collega
due campate attigue passando dietro le lesene stesse. L’effetto che ne deriva è
marcatamente orizzontale.
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Jacopo Sansovino.
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Guidetto Guidetti.
§ S. Caterina dei Funari a Roma.
Datata 1564.
Domenico Fontana.ingegnere
Al servizio di papa Sisto V, con cui decise di trasformare Roma.
1585-trasportò l’obelisco su un lato di S. Pietro nell’attuale posizione, dinanzi alla
chiesa.
L’immenso obelisco di granito fu sollevato verticalmente, adagiato su rulli, trascinato
fino alla piazza e lì di nuovo eretto.
Gli fu conferito un titolo nobiliare.
Scrisse un libro sull’impresa.
Eresse numerosi altri obelischi agli incroci delle grandi strade di Roma;
Portarono anche acqua supplementare a Roma: ciò consentì la costruzione di interi
nuovi quartieri, nonché il sorgere delle numerose e famose fontane romane.
Un’idea infelice, fortunatamente mai realizzata, fu quella di trasformare il Colosseo in
una filanda.
Gran parte degli attuali palazzi vaticani e del Palazzo Laterano sono del Fontana.
Dopo la morte del suo patrono, Fontana si trasferì a Napoli e qui morì nel 1607.
Era zio di Carlo Maderno.
Trissino.
§ Villa Cricoli.
Fu costruita intorno al 1536-37, basata sulle descrizioni di Vitruvio e sull’illustrazione
nel trattato del Serlio di Villa Madama.
Consiste di una doppia loggia, incorniciata da due torri leggermente sporgenti, e la
forma base della pianta è simile a quella della Farnesina, salvo nella sporgenza delle
ali.
La pianta mostra una rigida simmetria della disposizione e la distribuzione degli
ambienti è effettuata in modo tale che non soltanto ciascuno di essi abbia una propria
proporzione matematica, che faccia parte di un insieme di ambienti che si susseguono
a formare un’armonia matematica globale. Ciascuno dei tre ambienti ai lati ha la
stessa larghezza, mentre le lunghezze variano, così che se la sala centrale è quadrata
gli ambienti laterali hanno un rapporto approssimativo di 3:2 in ciascun caso.
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Andrea Palladio.
§ Villa Godi a Lonedo.
Qui il principio di collegare la casa padronale alla fattoria è realizzato nella pianta
mediante muri e colonnati, mentre il principio della varia successione degli ambienti si
desume dalle cifre 16:24:36 che condizionano le dimensioni degli stessi ambienti.
La parte mediana, composta da una scalinata che conduce all’ingresso a tre archi della
loggia, è rientrata, ma nella facciata opposta il settore mediano sporge quanto rientra
l’altro, sicchè nel complesso la forma è quasi cubica. Qui è assente la sovrapposizione
della fronte di un tempio classico a una casa di campagna.
Tuttavia, la loggia a tre archi dell’ingresso esprime questo concetto seppur in forma
rudimentale, presente in tutte le piante sviluppate.
§ Villa Malcontenta.
Eretta nel 1560.
Il portico erto su un alto basamento fiancheggiato da scalinate sui due lati è il motivo
principale della villa.
Lo schema planimetrico mostra una tipica disposizione di vani basata su un blocco
della larghezza pari a una volta e mezza la sua profondità, con una vasta sala centrale
cruciforme ed ambienti distribuiti intorno ai bracci della croce in una proporzione
ritmica attentamente studiata.
§ Rotonda a Vicenza.
Fu costruita negli anni 1567-69 e completata dopo la morte del Palladio dal discepolo
Vincenzo Scamozzi.
E’ la più rigidamente simmetrica delle ville palladiane, si trova appena fuori Vicenza.
La pianta indica che la casa è completamente simmetrica intorno a una sala centrale
circolare, e la simmetria è sviluppata fino al punto che il portico dell’ingresso
principale viene effettivamente ripetuto sui tre lati.
La sala principale è posta sull’asse centrale ed è illuminata da una cupola.
Scamozzi alterò la forma della cupola ed eresse l’attico.
§ Villa Mocenigo sul Brenta.
Progettata e mai eseguita per Leonardo Mocenigo.
Il disegno si presenta complesso: consta di un vasto blocco cubico con un portico su
ogni fronte e con un atrio al centro della villa. Gli edifici annessi sono collegati al
blocco principale da quattro colonnati quadrati disposti simmetricamente. Le vedute
principali sono due: una dal lato con il portico sistemato fra due blocchi rettangolari, e
l’altra, la più importante, dal retro e dalla frutta in cui i colonnati si spalancano come
braccia, quasi ad accogliere il visitatore.