Libro Di Testo L'ARCHITETTURA DEL RINASCIMENTO ITALIANO

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L'ARCHITETTURA DEL RINASCIMENTO ITALIANO.

Peter Murray

Capitolo Primo. IL ROMANICO E IL GOTICO IN TOSCANA.


L'architettura italiana è stata influenzata dalla stessa storia d'Italia del Duecento e del
Trecento, senza contare che in questo periodo l'Italia stessa è un concetto astratto
ancora.
L'attuale Stato italiano durante tutto il Rinasciemento era costituito da numerose
piccole potenze indipendenti estremamente individualistiche. Venezia, Firenze, Napoli,
Milano e lo Stato pontificio erano grandi potenze, e questa frammentarietà è il motivo
principale delle grandi differenze tra l'arte veneziana e quella fiorentina, differenze
profonde.
L'eredità dell'antichità classica fu il primo fattore e di gran lunga il più importante nello
sviluppo delle arti in tutta Italia e questa perennità della tradizione classica è la
caratteristica fondamentale della stessa arte italiana. Essa, combinata con altri due
fattori operanti nel XIII secolo ( straordinaria espansione dei nuovi ordini religiosi e
l'influenza della fioritura del Gotico in Francia, modello architettonico per il resto del
mondo) origina l'architettura gotica italiana.
I nuovi ordini religiosi basati sulla predicazione spinsero alla necessità di costruire
molte chiese e di nuova tipologia, atta al contenimento di grandi folle di fedeli, che
potessero ascoltare il predicatore o vedere le sacre rappresentazioni, spesso allestite.
§ Duomo di Milano, 1386.
Fu un progetto portato avanti da architetti francesi e tedeschi accanto a maestranze
locali, rimanendo unico in Italia.
§ Abbazia di Chiaravalle Milanese, 1135.
E' uno dei primi esempi del tipo francese in territorio italiano, secondo il modello della
casa-madre di Citeau, vicino Digione.
E' ovvio che queste nuove tipologie cozzassero con il precedente assetto tipologico
romanico italiano.
§ Chiesa di S.Miniato a Firenze, 1090.
Ha una facciata databile al 1090, la cui forma con archi a tutto sesto sostenuti da
colonne e il timpano triangolare è un chiaro richiamo all'architettura antica.
Lo stile romanico è evidente anche nell'effetto contrastante del marmo biancastro e
quello verde scuro, quasi nero, nell'evidenziare le membrature architettoniche.
Il contrasto tra questi due stili è riscontrabile nella:
§ Basilica di Assisi. Basilica Superiore, 1253.
Consiste in un'unica navata molto ampia, ricoperta da una volta in muratura, il cui
peso è portato da costoloni che poggiano su colonne. L'assenza di navate laterali
rende lo spazio unico aperto e ampio, con pochissima enfasi sul verticalismo dei padri
francesi. Al posto delle grandi vetrate, troviamo qui spazi murari affrescati con un ciclo
di 28 scene tratte dalla vita di San Francesco, traducendo il tutto in una realtà
orizzontalistica.
La differenza tra architettura gotica francese e architettura gotica italiana:
–forma di ogni campata:
–rapporto tra larghezza, lunghezza e altezza degli spazi coperti da una sola volta
costolonata, definita in pianta dalle basi delle 4 colonne portanti (Italia);
–molto larga la campata in rapporto allo spazio tra le colonne sull'asse longitudinale
(Francia).
La campata quadrata divenne un modello del Gotico Italiano per le prime chiese
cistercensi.
§ Abbazia di Fossanova a Roma, fine Duecento.
Si attiene al modello della grande chiesa di Citeau: a croce latina terminante in un coro
quadrato, con piccole cappelle quadrate laterali e una crociera quadrata, ma con una
lunga navata centrale composta di campate rettangolari, notevolmente più larghe che
lunghe, collegate con le campate delle navate laterali che sono a pianta quasi
quadrata.
§ Abbazia di Casamari a Roma, fine Duecento.
La navata centrale è coperta da volte in muratura sostenuta da sottili colonne con
semicolonne addossate alla parete dell'arcata. Gli architetti italiani cercarono di
risolvere il problema dello scarico dei pesi in un modo alternativo rispetto a quello
francese, cercando di eliminare all'esterno archi rampanti e pinnacoli (contropesi) e
inserendo quindi dei contrafforti appoggiati alle pareti, più simili a pilastri classici che
ad archi rampanti, conservando così il gusto classico della semplicità delle linee.
§ Abbazia di S.Galgano vicino Siena, 1218.
Ne rimangono solo delle rovine. Si attiene fedelmente al modello dei cistercensi. La
sua importanza risiede nella sua funzione di tramite delle loro concezioni in Toscana a
ridosso della progettazione per eccellenza: Santa Maria Novella.
§ Santa Maria Novella a Firenze, 1246.
Prima chiesa veramente importante e indipendente in uno stile autenticamente
italiano.
Costruita per i domenicani ed eretta in parte a spese dello Stato fiorentino.
La data è oggetto di controversie ma è certo che la costruzione procedette a rilento:
–inizia nel 1246;
–la prima navata non prima del 1279;
–la facciata non prima del 1310, completata nel 1470.
L'interno e la pianta fanno di questa chiesa la più importante del suo tempo.
La scelta del tetto a volta in muratura invece di capriate scoperte dipese forse
dall'effetto grandioso che ne sarebbe derivato, dalla nuova voga francese e dalle
migliori qualità acustiche.
L'interno della chiesa, vasto e spazioso, è dominato da un senso di orizzontalità.
L'elemento principale è la campata a pianta quadrata fiancheggiata dalle campate
molto più lunghe che larghe delle navate laterali, equivalenti in larghezza circa alla
metà del quadrato centrale.
Tra gli elementi per niente gotici:
i due piani, di altezza all'incirca uguale, che creano un effetto ottico di ravvicinamento
tra linea del tetto e quella del suolo;
i capitelli e le semicolonne che sostengono gli archi delle arcate si avvicinano
moltissimo ai modelli classici;
l'effetto coloristico prodotto dall'uso della pietra serena grigia scura in contrasto con i
muri intonacati di bianco che richiama la tradizione romanica.
Santa Maria Novella rappresenta un compromesso tra i principi strutturali del gotico
francese e l'equilibrio e l'armonia dell'eredità classica italiana.
§ Chiesa di Santa Croce a Firenze, 1294.
Edificio ambizioso francescano, fu progettato per rivaleggiare con S.Maria Novella dei
domenicani.
Gli stessi francescani erano aspramente divisi perchè, mentre alcuni desideravano
osservare la regola originale che raccomandava estrema povertà, altri desideravano
emulare i domenicani, non altrettanto vincolati dalla loro regola. I francescani
riuscirono a procurarsi cospicue donazioni.
L'attuale edificio fu iniziato nel 1294 o nel 1295, ma la costruzione fu eccezionalmente
lenta e la consacrazione non ebbe luogo prima del 1442, per l'opposizione dei
francescani “osservanti”.
L'architetto è Arnolfo di Cambio.
L'attuale facciata è completamente ottocentesca.
Importanti caratteristiche sono:
–tetto a capriate scoperte, molto più leggero di quello a volta in muratura,
consentendo esili colonne e conferisce dunque una notevole ariosità all'ambiente;
–le campate delle navate centrale e laterali non sono a pianta quadrata: quelle laterali
sono lunghe, quella centrale è due volte più larga che lunga.
– Spiccata orizzontalità.
§ Santa Maria del Fiore, o Duomo di Firenze, 1294.
Il progetto base fu senz'altro di Arnolfo di Cambio.
La chiesa avrebbe dovuto superare tutte le altre per ampiezza e imponenza: le spese
furono addebitate alla Repubblica fiorentina.
Era stato previsto un tetto a volta in muratura ed una grandissima cupola. Il progetto
però subì una battuta d'arresto in seguito alla strage della grande peste del 1348.
Il problema della copertura riemersa: una soluzione troppo grande per essere
realizzata, finchè Brunelleschi non lo risolse. La pianta del Duomo fu notevolmente
rimaneggiata dal capomastro (dal 1351) Francesco Talenti, anche se la pianta minore
viene attribuita ad Arnolfo di Cambio, che venne solo ampliata da Talenti.
Arnolfo costruì anche una parte della facciata originale e parte delle pareti laterali e
progettò uan cupola con cui coprire la crociera.
Giotto, nominato capomastro nel 1334 non avendo preparazione architettonica, si
limitò a progettare il campanile, isolato come una torre accanto alla facciata. Il Duomo
fu interamente sottoposto a modifiche nel corso del Trecento. Molte alterazioni furono
apportate alla facciata del Talenti e numerosi progetti di ricostruzione furono avviati e
abbandonati in vari momenti, finchè, tra il 1876 e il 1886, Emilio De Fabris progettò e
costruì l'attuale facciata neo-gotica.
La pianta, nella sua forma attuale, consta di 4 campate centrali molto ampie con
campate laterali larghe metà delle campate centrali che, a loro volta, sono più larghe
che lunghe. Il tetto è a volta in muratura che necessita solidissimi pilastri.
Il corpo a tre navate sfocia in un ottagono fiancheggiato su tre lati da grande tribune
di forma absidale. Pertanto, l'effetto complessivo dell'interno è quello di un edificio
ottagonale a pianta centrale con spazi che si dilatano dall'ottagono, fra i quali vi è
anche la navata centrale.
L'idea interna è ancora quella dell'ariosità spaziosa, delle forme classiche dei pilastri e
dell'accentuata orizzontalità della cornice.
Le caratteristiche dello stile romanico toscano sono chiaramente manifeste all'esterno,
sia nell'uso di rivestiementi marmorei policromi che nella scelta di un ottagono a
cupola sulla crociera che ha come evidente riferimento vicino il Battistero.
E' difficile datare il Battistero di Firenze, forse risalente all'VIII secolo, ma sappiamo da
fonti contemporanee che nel Trecento veniva tradizionalmente ritenuto un tempio di
Marte adattato per uso cristiano.
Il problema più grosso fu coprire l'apertura di circa 43 metri di diametro del tamburo
ottagonale; sappiamo dagli affreschi nel Cappellone degli Spagnoli a S.Maria Novella
che almeno un progetto non ufficiale, in cui la cupola era leggermente a sesto acuto e
senza tamburo, fu preparato intorno al 1367, ma in effetti non se ne fece nulla finchè il
problema, all'inizio del Quattrocento, non divenne urgente. L'apertura ottagonale del
tamburo del Duomo era pronta già nel 1412 o 1413, misurava 43 metri ed era a circa
60 metri da terra; era quindi impossibile costruire un'armatura di legno
sufficientemente robusta da poter sostenere il peso della cupola. Non fu infatti
possibile trovare tronchi abbastanza grandi da coprire l'apertura e, quand'anche si
fosse riusciti a procurarsene, il peso del legname avrebbe spezzato la centina
prim'ancora che le pietre fossero state poggiate su di essa.
Il Romanico toscano fu essenziale ai fini dell'origine dell'architettura del Rinascimento
italiano.

Capitolo Secondo. BRUNELLESCHI.


Filippo Brunelleschi (1377-1446) ha la fama di essere stato il creatore dello “stile
rinascimentale”, in realtà, egli fu il primo a capire il sistema strutturale
dell'architettura classica e ad attarne i princìpi alle esigenze moderne.
§ La Cupola del Duomo di Firenze.
Nel 1418 i sovrintendenti alla fabbrica del Duomo di Firenze bandirono un concorso
pubblico e nel 1420 sia Brunelleschi che Ghiberti, insieme ad un muratore, furono
eletti provveditori alla costruzione della cupola.
La costruzione ebbe inizio il 7 agosto 1420 e fu completata il 1° agosto 1436, e dal
1425 Ghiberti fu estromesso dal progetto. Quando la costruzione ebbe inizio, i due
problemi principali da affrontare furono quello dell'impossibilità di adoperare uan
centina del tipo tradizionale e quello dell'esistenza, a complicare le cose, di un
tamburo sopra l'ottagono. Non avendo questo tamburo sostegni esterni, qualsiasi peso
su di esso avrebbe dovuto esercitare una spinta laterale minima. E' questo il motivo
strutturale che condiziona la forma a sesto acuto della cupola. Il problema dei sostegni
rese necessaria l'adozione di una cupola a sesto acuto, le cui spinte laterali sono molto
inferiori a quelle esercitate da un emisfero a costoloni. Non rimaneva quindi che una
soluzione: quella di costruire una cupola a sesto acuto in sezione sostenuta da
costoloni con una intelaiatura intermedia della massima leggerezza.
Vi sono otto costoloni maggiori che nascono dagli angoli dell'ottagono e sedici
costoloni minori sistemati a coppie tra ogni paio di costoloni maggiori. L'ossatura è
completata da archi orizzontali che riuniscono i costoloni maggiori a quelli minori e
assorbono le spinte laterali. La cupola è a doppia calotta per preservarla da umidità e
conferirle maggiore magnificienza.
Gli otto costoloni maggiori sono chiaramente visibili dall'esterno, mentre i costoloni
minori si possono vedere soltanto all'interno della doppia calotta, dove è anche
collocato il passaggio che conduce alla lanterna.
Nella parte superiore Brunelleschi tentò di alleggerire la calotta sostituendo alla pietra
i mattoni. La soluzione del problema apparentemente insolubile della centina
consistette nel costruire una cupola col procediemento dei corsi orizzontali; ogni corso
veniva allineato sul precedente in maniera tale che fosse autoportante e
sufficientemente robusto da sorreggere il lavoro che sarebbe stato eseguito sul corso
successivo. Si può osservare inoltre un disegno a “spinapesce” nei corsi in muratura.
Quando la cupola fu terminata, i costoloni vennero a convergere verso un anello di
circa 6 metri di diametro. E' curioso che, nonostante fosse stato necessario mantenere
la cupola della massima leggerezza, le forze che agivano su quest'anello erano tali che
gli stessi costoloni tendevano a piegarsi verso l'esterno sui propri fianchi e, quindi,
spalancare l'anello. Per risolvere questo problema, la lanterna, avendo funzione di
“tappo”, dovette essere relativamente pesante: ciò spiega le dimensioni e
l'elaboratezza dell'attuale lanterna.
Come ultimo tocco decorativo al Duomo, tra il 1439 e il 1445, Brunelleschi costruì al di
sotto del tamburo 4 piccole esedre, che riflettono il cambiamento del suo stile intorno
agli anni 1430.
§ L'Ospedale degli Innocenti.
Fu costruito tra il 1419 e il 1424 e considerato il primo brefotrofio del mondo, eretto a
spese dell'Arte della Seta e degli Orafi.
Dal punto di vista di Brunelleschi, la parte importante dell'edificio è la loggia esterna,
poiché l'ospedale fu completato dai suoi seguaci, dato che lui era troppo impegnato
alla costruzione della cupola, dovette abbandonare qualsiasi altro impegno.La loggia
consta di una teoria di archi a tutto sesto, sormontati da un elemento orizzontale e da
una volta, composta di piccole cupole sorrette dalle colonne e dalle mensole
addossate alla parete dell'ospedale.
Le campate, coperte con volte non a crociera, ma del tipo classico semplice, sono a
pianta quadrata. Il profilo (la fronte interna) degli archi è piatto e non a sezione
triangolare. Ciò dipende dal fatto che gli archi sono archivolti, vale a dire trabeazioni
dell'antichità classica piegate a formare archi semicircolari. Colonne, capitelli e
mensole sono tutti, ugualmente del tipo classico, mentre fra i capitelli e la base delle
volte sono inseriti dei pulvini. Al di sopra degli archi a tutto sesto, corre una
trabeazione sorretta alle estremità da grandi lesene; essa tuttavia si discosta
radicalmente dai modelli classici alle estremità dell'edificio, dove l'architrave d'un
tratto si curva verso terra.
§ Chiesa di San Lorenzo a Firenze.
E' la chiesa parrocchiale dei Medici, iniziata nel 1419.
Trattandosi di un edificio monastico, erano necessarie molte cappelle.
La forma base è una vasta croce latina con una crociera centrale a pianta quadrata, un
coro a pianta quadrata con ai lati cappelle anch'esse a pianta quadrata, ma di
dimensioni minori.
Articolò le cappelle intorno ai bracci del transetto e ottenne dieci cappelle all'estremità
orientale, ed ogni singola cappella ha un rapporto proporzionale sia con il coro che con
le navate.
!!!L'unità base è il quadrato della crociera. Esso è ripetuto esattamente per formare il
coro e i due bracci del transetto e la navata centrale ha la lunghezza di quattro
quadrati.
Le campate delle navate laterali sono rettangolari ed esattamente metà della
larghezza delle campate a pianta quadrata nella navata centrale. Gli angoli lasciati
vuoti dalle cappelle furono utilizzati costruendo due sacrestie, dette la Sacrestia
Vecchia e la Sacrestia Nuova. La Sacrestia Nuova fu costruita solo 100 anni dopo,
mentre la Sacrestia Vecchia fu iniziata nel 1419, quando venne preparato il progetto
per la ricostruzione della chiesa, e costruita con rapidità fra l'agosto del 1421 e il
1428.
L'edificio nel suo insieme ha la forma di un cubo perfetto.
Su un lato, la parete è suddivisa in tre parti uguali e nella parete centrale si apre il
vano di una piccola cappella con altare, anch'essa a pianta quadrata e coperta, come
la Sacrestia, da una cupola emisferica.
La Sacrestia Vecchia consta di due blocchi cubici correlati, pur se il vano minore non è
un vero e proprio cubo, essendone l'altezza condizionata da quella del vano maggiore.
In sezione viene evidenziata la suddivisione della parete in tre zone orizzontali uguali,
di cui le due inferiori sono le metà inferiore e superiore della parete quadrata divisa
dalla trabeazione. Essendo, inoltre, l'interno della cupola che copre la sacrestia
emisferico, il suo raggio è necessariamente pari alla metà della larghezza della parete
e quindi le tre zone uguali sono chiaramente visibili. La cupola è sorretta da
pennacchi, ossia triangoli sferici che partono dagli angoli della parete in modo da
trasformare la pianta quadrata in un cerchio all'attacco della cupola. Le decorazioni
sono ristrette a dei medaglioni sulle superfici curve dei pennacchi e lesene che
sorreggono una trabeazione elaborata.
La cupola, esternamente consiste in un alto tamburo coperto da un tetto conico a
tegole, ma all'interno è un emisfero del tipo classico puro, sebbene sostenuto da
costoloni. Questo tipo di cupola, detto “a padiglione” verrà usato fino al Cinquecento.
La cupola è illuminata da finestre aperte, all'esterno, nel tamburo e, all'interno, alla
base degli spicchi formati dai costoloni. Il progetto fu completato nel 1446. Nella
revisione del 1440 furono apportate modifiche, dettate dall'esigenza di nuove
cappelle, che furono ricavate abbattendo il muro esterno delle navate laterali che
vennero ampliate in modo da formare spazi rettangolari dalla superficie pari alla metà
di quella delle campate delle navate laterali a pianta quadrata che, a loro volta, hanno
una superficie pari a un quarto della superficie dell'unità a pianta quadrata della
crociera.
§ Chiesa di S.Spirito a Firenze.
Analoga alla precedente, essa però adotta risoluzioni ai problemi irrisolti nella
precedente opera.
Una di queste difficoltà è riscontrabile nell'uso dei pulvini fra capitelli e imposte delle
arcate della navata mediana e dipende dal fatto che le volte la cupola delle navate
laterali sono sorrette, da un lato, da lesene e, dall'altro, dalle colonne della navata
mediana. Lesene e colonne devono essere della stessa altezza, ma essendo il
pavimento all'ingresso delle cappelle rialzato, le lesene partono da un piano più alto
rispetto alle colonne e quindi rimane uno spazio fra il vertice della colonna e l'imposta
dell'arco.
Le differenze stilistiche riscontrate in questa chiesa sono derivanti dal cambiamento
stilistico dello stesso Brunelleschi verso il 1435.
Sorge nel povero quartiere d'Oltrarno al posto di una chiesa che vi esisteva fin dalla
metà del Duecento.
Il progetto fu disegnato per la ricostruzione e fu approvato da una Commissione nel
1434 e la prima pietra fu posta nel 1436. Ma fu fatto molto poco e 10 anni dopo
Brunelleschi morì, avendo eretto solo la prima colonna e la chiesa fu completata solo
nel 1482.
Nella facciata vi sarebbero dovute essere 4 porte e non 3, come le attuali.
Il sistema delle campate con volta a cupola delle navate laterali che corre tutt'intorno
all'estremità orientale della chiesa avrebbe dovuto proseguire dietro alla parete
occidentale di modo che ogni porta sarebbe venuta ad aprirsi in una delle piccole
campate a pianta quadrata, e la linea esterna della chiesa avrebbe dovuto assumere
una forma insolita con le pareti semicircolari delle cappelle laterali espresse in curve
convesse all'esterno invece di essere riempite in modo da formare una parete piana,
come è attualmente.
Le nicchie semicircolari delle cappelle vengono ripetute come contro-curve nelle
semicolonne all'ingresso delle cappelle stesse, che a loro volta corrispondono
direttamente alle colonne della navata centrale. Le proporzioni all'interno della chiesa
sono compiutamente svolte: il rapporto tra l'altezza dell'arco e quella del piano
sovrastante (che sono uguali).
Le campate delle navate laterali hanno volte a cupola, mentre il soffitto della navata
centrale è piatto e a finti cassettoni; ma le campate delle navate laterali qui sono alte
e larghe la metà delle campate della navata centrale, con rapporto 1 a 2. Lo stupendo
effetto spaziale creato dal grande anello di colonne che si sviluppa lungo l'intera
chiesa è ammirabile solo all'interno.
§ La Cappella Pazzi.
E' una delle sue opere più famose: il Capitolo del convento attiguo alla chiesa di
S.Croce, un piccolo edificio eretto nel chiostro nel 1430 o 1433.
L'edificio rimase incompiuto per 40 anni.
Lo schema planimetrico è un quadrato centrale coperto da una cupola e con un lato
aperto per dar luogo al coro, anch'esso quadrato ma di dimensioni minori.
Il quadrato del coro è compensato da un atrio quadrato che si dilata sui due lati in
corrispondenza con le estensioni laterali, che accennano a due bracci di transetto,
attigue allo spazio centrale.
La facciata solleva un problema: piccola e di scarso effetto artistico sia nel particolare
che nel senso delle proporzioni, pur se nella parte inferiore consiste di colonne
splendide nella loro gravità che sorreggono la volta a botte dell'interno dell'atrio, ha
un'imponenza e una classicità estrema.
§ La Rotonda degli Angeli a Firenze.
Opera iniziata nel 1434 e abbandonata incompiuta nel 1437.
Lo schema è il primo vero schema centrale del Quattrocento e consta di un ottagono
coperto da una cupola centrale circondato da cappelle radiali che ne spalancano i lati.
Qui le forme sono concepite come solide masse scolpite avvolte d'aria.

Capitolo Terzo. ALBERTI.


Leon Battista Alberti, nato a Genova, probabilmente nel 1404, ricevette un’eccellente
educazione, prima all’Università di Padova (greco e latino) e, in seguito, all’Università
di Bologna (diritto).
Intorno al 1428, egli ritornò a Firenze insieme alla famiglia; qui incontrò Brunelleschi e
forse anche Donatello e Ghiberti. Dopo aver presi gli ordini minori, entrò a far parte
dell’amministrazione pontificia.
Dopo il 1430, stabilitosi a Roma, iniziò i suoi studi sulle rovine dell’antichità classica,
soprattutto con interesse alla comprensione del loro sistema strutturale.
Fu il primo teorico della nuova arte umanistica e dallo studio delle rovine classiche si
propose di desumere quelle che egli considerava le leggi immutabili che governano le
arti.
Scrisse tre trattati:
- “De Pictura”: delinea le basi teoriche della pittura, dedicando l’opera a
Brunelleschi, Donatello, Ghiberti, Luca della Robbia e Masaccio; mostra
l’interesse dell’Alberti per la proporzione e la prospettiva.
- “De re edificatoria”: si ispirà all’opera del Vitruvio. Lo scopo fu quello di scrivere
i principi fondamentali dell’architettura.
Alberti sviluppò la prima coerente teoria dell’uso dei cinque ordini dai tempi classici.
Elaborò un progetto per il piano della città e per una serie di case adatte alle diverse
classi.
Svolse anche una coerente teoria della bellezza e dell’ornato in architettura fondata
essenzialmente su un sistema matematico di proporzioni armoniche, poiché egli
definisce la bellezza come “un’armonia ed una concordia di tutte le parti, a cui non
potrebbe essere aggiunto o sottratto alcunché senza guastarla”.
Questa bellezza, in modo alquanto illogico, può essere migliorata dall’ornato che viene
sovrapposto alla proporzione armonica. L’ornamento principale per lui è la colonna, ed
è quindi evidente che egli ignorava la natura funzionale della colonna nell’architettura
greca, considerandola semplice ornamento della parete portante.
§ Palazzo Rucellai a Firenze.
Iniziato dopo il 1446, è il primo coerente tentativo di applicare gli ordini classici alla
facciata di un palazzo e perché l’intero edificio assume un aspetto più
consapevolmente antico. E’ una costruzione raffinatamente elaborata per la varietà
della sua trama compositiva e per alcuni sottili accorgimenti con cui viene dato risalto
alle campate principali. Ha due porte disposte in modo che la facciata possa essere
letta AABAABAA. Le campate in cui sono collocate le porte sono leggermente più
ampie delle altre e contrassegnate dagli stemmi elegantemente scolpiti al di sopra
delle finestre del primo piano.
Il ritmo alterno è complesso a causa dell’innovazione degli ordini adoperati per
suddividere l’edificio sia orizzontalmente che verticalmente. La suddivisione
orizzontale è ottenuta mediante trabeazioni finemente decorate, in cui i motivi
decorativi formali di un corretto ordine classico vengono sostituiti dalle armi dei
Rucellai. Ogni cornice funge da davanzale delle finestre. Queste suddivisioni orizzontali
vengono sorrette da lesene correttamente proporzionate e l’intero schema è
chiaramente desunto dal Colosseo.
Il pianterreno ha lesene di tipo tuscanico, il piano nobile di tipo corinzio di forma
alquanto ricca, e l’ultimo piano di tipo corinzio più semplice e più corretto. Al
pianterreno viene data l’altezza necessaria in base alle lesene, che sono basse e
pesanti, mediante l’aggiunta dello zoccolo di notevole dimensioni a forma di lungo
sedile dallo schienale in muratura in cui è scolpito un reticolato a rombi ad imitazione
dell’opus reticolatum romano. Usando le lesene come elemento principale dell’intera
facciata, gli era precluso adoperare il bugnato.
L’effetto di ricca tessitura è raggiunto mediante il contrasto ottenuto dalle scanalature
del bugnato nelle superfici murarie principali, dalle marcate scanalature dei contorni
delle finestre a tutto sesto e dagli ulteriori contrasti creati dalle lesene lisce e dall’opus
reticolatum che funge da basamento (era oltretutto l’equivalente della moderna
tecnica del cemento armato).
Il cornicione risulta altissimo, commisurato all’ordine dell’ultimo piano, ma gli diede un
fortissimo aggetto e fece poggiare le parti sporgenti su una serie di mensole classiche
inserite nel fregio: lo spettatore che guarda il palazzo dal livello della strada può
considerare il cornicione come parte organica a un tempo dell’ultimo piano e
dell’edificio nel suo complesso.
§ Tempio Malatestiano a Rimini.
Questa chiesa che egli costruì per Sigismondo Malatesta, tiranno di Rimini, era
un’antica chiesa dedicata a S.Francesco. Fu ricostruita dopo il 1446 da Sigismondo che
intendeva trasformarla in un mausoleo per sé, la moglie Isotta e i membri della sua
corte.
L’importanza di questo tempio sta nel fatto che è il primo esemplare moderno in cui
viene data una soluzione classica al problema presentato dalla facciata occidentale di
una normale chiesa cristiana: ossia, un’alta navata centrale affiancata da navate
laterali più basse, coperte da tetto a spiovente. La forma alquanto scomoda che ne
derivava non era una forma classica comune, poiché il tempio classico tradizionale
constava di un portico che precedeva una cella unica. Il fine così palese del tempio
Malatestiano di celebrare la gloria di un principe terreno potrebbe avere suggerito la
soluzione adottata, ossia la trasformazione dell’originaria parete terminale occidentale
della chiesa in una struttura fondata sulla tipologia dell’arco trionfale classico, così da
esprimere all’ingresso della chiesa l’idea della vittoria sulla morte. Bisognava però
risolvere il problema della maggiore altezza della navata centrale e poiché gli archi
trionfali sono invariabilmente a un piano unico, tutt’al più sovrastato da un attico,
bisognava ricorrere a qualche altra forma e adattarla alla parte superiore dell’edificio.
L’edificio rimase incompiuto e l’interno conserva una struttura prevalentemente
gotica, ma è possibile cogliere le intenzioni dell’Alberti dal frammento che esiste e da
una medaglia coniata da Matteo de’ Pasti (l’aiuto dell’Alberti a Rimini) intorno al 1450.
In una lettera a Matteo de’ Pasti del 18 novembre 1454, l’Alberti spiega alcune delle
sue idee, fornisce la conferma che egli intendeva costruire un’ampissima cupola,
emisferica come quella del Pantheon, ma sorretta da costoloni come la Cupola del
Duomo di Brunelleschi.
La soluzione proposta per la parte superiore della facciata prevedeva la reiterazione
dell’ampio vano ad arco sopra l’ingresso, in cui sarebbe stata inserita una finestra
fiancheggiata da colonne o lesene, le cui basi sono visibili nell’edificio esistente. Il
tetto delle navate laterali doveva essere nascosto da bassi semitimpani curvi con
motivi decorativi. Questo sistema generale, caratterizzato dall’uso dei due ordini
sovrapposti al centro, diventò una delle forme più comuni dell’architettura religiosa
occidentale.
Per quante classiciste fossero le intenzioni dell’Alberti, il tempio Malatestiano nei
particolari riprende forme più vicine al gotico veneziano che all’antichità romana. Ciò
dipende probabilmente dal fatto che Alberti progettava l’edificio per corrispondenza e
Matteo e le maestranze edili locali adoperavano gli apparati decorativi settentrionali
con cui avevano maggior dimestichezza.
§ Facciata della chiesa di Santa Maria Novella a Firenze.
Fu realizzata tra il 1458 e il 1470.
Il progetto era condizionato dal preesistente edificio e, in questo caso, è stata
avanzata l’ipotesi secondo cui Alberti si sarebbe avvalso di alcune delle forme gotiche
delle parti più antiche dell’edificio e avrebbe inteso giungere ad un compromesso con
lo stile più antico.
Alberti divide lo spazio in modo tale che l’altezza dell’edificio sia pari alla sua
larghezza, formando così un unico vasto quadrato, a sua volta suddiviso a metà della
sua altezza dalla base delle volute con cui nasconde il tetto spiovente delle navate
laterali. La parte inferiore, divisa in due dal portale, forma due quadrati, ciascuno dei
quali ha una superficie pari a un quarto di quella del quadrato grande. Il piano
superiore che nasconde la parte terminale della navata centrale e che è sormontato
da un timpano triangolare classico ha esattamente le stesse misure dei due quadrati
della parte inferiore.
§ Chiesa di San Sebastiano a Mantova.
A croce greca, fu iniziata nel 1460, ma rimase incompiuta alla morte dell’Alberti, nel
1460.
L’attuale edificio è il risultato di un fedele restauro.
Secondo Wittkower, la chiesa sarebbe dovuta essere eretta su un’alta scalinata con sei
lesene che sorreggono una trabeazione.
La pianta manifestava l’idea dell’Alberti che la pianta centrale fosse simbolo di
perfezione divina.
§ Chiesa di Sant’Andrea a Mantova.
A croce latina, fu progettata due anni prima della morte dell’Alberti, ma la costruzione
iniziò nel 1472 e le idee albertiane furono realizzate da un aiuto. Gran parte della
chiesa fu terminata soltanto nel Settecento e l’aspetto attuale della facciata non
corrisponde alle intenzioni dell’Alberti se non fino al frontone.
Non vi sono qui navate laterali, ma una successione di spazi maggiori e minori
alternatisi che si aprono ad angolo retto sulla navata centrale. Gli spazi maggiori sono
adibiti a cappelle e, stando nella navata centrale, allo spettatore si presentano due
direzioni assiali: l’uno consistente in un ritmo di spazi minore-maggiore-minore che
corre lateralmente lungo le pareti della navata centrale, e l’altra longitudinalmente
verso l’estremità orientale, data dall’aspetto a galleria della navata centrale stessa.
La navata di S.Andrea, molto buia, sorregge una volta a botte a cassettoni dipinti,
larga circa 17m. Poiché l’immenso peso di questa volta doveva essere
necessariamente sorretto da grandissimi sostegni, Alberti ricorse ad enormi piloni, che
potevano essere scavati per formare allo stesso tempo vani ad angolo retto con gli
assi principali. Così i massicci piloni possono essere scavati in modo tale da formare gli
spazi minori e maggiori delle cappelle senza che venga indebolita la loro resistenza
alla spinta della volta.
Questo tipo di pianta a croce latina, con la sua alternanza ritmica e la possibilità di
usare un tetto a volta in muratura, fu largamente copiato successivamente.
La facciata mostra la capacità dell’Alberti di modificare il sistema interno e ripeterlo
all’esterno, mediante una di un arco trionfale classico con la fronte di un tempio
classico.
La facciata è formata da quattro grandi lesene poste su alte basi, coronate da un
basso frontone triangolare; l’arco trionfale consta dell’ampia apertura a tutto sesto
immediatamente al di sotto del frontone, fiancheggiata da lesene sormontate da una
propria trabeazione che scorre dietro le quattro lesene principali. L’arco a sua volta
termina in una piccola porta a pianterreno aperta fra due lesene, seguita da un’ampia
apertura a tutto sesto e, quindi, dalla ripetizione della piccola porta. Viene ripreso il
ritmo alterno di cappelle maggiori e cappelle minori, elemento costruttivo base
dell’interno.

Capitolo Quarto. L’ARCHITETTURA DEI PALAZZI A FIRENZE, VENEZIA E


ALTROVE.

Firenze.
L’evoluzione della società italiana fu molto diversa da quella del resto dell’Europa: la
società era imperniata in parte sulla chiesa, in parte sulle città che avevano avuto un
precoce sviluppo.
Le città fondate dai romani continuavano a essere i centri più importanti del paese.
L’ascesa delle classi mercantili fu particolarmente evidente in alcune delle città più
grandi come Firenze (divisa tra Guelfi e Ghibellini), che nel Quattrocento assunse la
direzione economica del paese.
Nel 1250 fu instaurata una nuova repubblica fiorentina e nel 1293 furono redatte le
Ordinanze di giustizia, una specie di costituzione repubblicana. Il potere politico veniva
conferito alle grandi corporazioni o Arti (in tutto 21). Le Arti poi si dividevano in: Arti
Maggiori (7), che detenevano il potere politico ed economico, e Arti Minori (14). Nel
Quattrocento ogni grande impresa commerciale apparteneva ad una famiglia
fiorentina; a questa ristretta cerchia di potentissima si opponeva una grande massa di
popolazione, il “popolo minuto”, che non esercitava alcun potere. Allora, moltissime
dimore di famiglie agiate tendevano a diventare “semi-fortezze” e questa tendenza si
accentuò per il fatto che ogni famiglia abitava sopra i locali in cui svolgeva i propri
affari.
Di conseguenza, il mercante fiorentino preferiva costruire palazzi ad un tempo ufficio e
magazzino. Ciò che conferisce importanza al palazzo fiorentino è l’aver fissato un tipo
architettonico, tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento.
§ Palazzo Vecchio o della Signoria a Firenze.
Era il municipio, risale agli anni fra il 1298 e il 1340, con modifiche ed aggiunte
riferibili a un periodo successivo. Il disegno è attribuito ad Arnolfo di Cambio.
Esternamente presenta l’aspetto di fortezza e presenta una torre campanaria, poiché
la campana a martello era un mezzo ufficiale che doveva dare l’allarme o per
richiamare a raccolta i cittadini.
§ Il Bargello a Firenze.
Iniziato nel 1255, era la residenza ufficiale del podestà. Esternamente presenta
l’aspetto di fortezza e presenta una torre campanaria, poiché la campana a martello
era un mezzo ufficiale che doveva dare l’allarme o per richiamare a raccolta i cittadini.
Lo schema è semplice: a bugne rustiche, con bifore inscritte in un arco a sesto acuto e
separate da una colonnina, con una semplice cornice marcapiano. Le finestre al
pianterreno sono piccole e alte da terra e lo schema del palazzo è quello di un
rettangolo che racchiude un cortile centrale, a pianta quadrata, che serve a dar luce e
aria e che di solito è anche munito di pozzo, che consente all’edificio, in caso di
tumulti durevoli, di disporre del proprio fabbisogno d’acqua, mentre le finestre esterne
possono essere chiuse e sbarrate.
§ Palazzo Davanzati a Firenze.
Oggi è sede del museo della Casa fiorentina, la sua costruzione risale al tardo
Trecento.
La sua derivazione dal modello classico è palese perché consiste di un vasto
pianterreno occupato da locali destinati a negozi e magazzini, mentre nei piani
superiori si trovano gli ambienti destinati ad abitazione.
Si innalza su una superficie limitata, ha un cortile con il solo spazio per le scale e
un’ampia loggia all’ultimo piano. L’edificio consta di cinque piani, compresa la loggia;
l’altezza dei primi quattro va riducendosi salendo, così da creare una proporzione
graduata fra ciascun piano, essendo il pianterreno non soltanto più alto, ma anche
messo in risalto dal bugnato rustico che gli conferisce un’aria di maggiore
compattezza. Le tre grandi porte dei magazzini, inscritte in archi a sesto leggermente
acuto, sono sistemate simmetricamente con finestrelle sovrapposte nell’ammezzato.
Gli altri tre piani hanno cinque finestre disposte simmetricamente sopra le tre grandi
aperture del pianterreno, ed era in queste stanze che la famiglia abitava. Il primo
piano, o piano nobile, è il più comodo, essendo per la sua altezza al riparo dai rumori e
dalla polvere della strada e meno caldo del piano sotto il tetto. Questo è il motivo per
cui veniva chiamato piano nobile e vi venivano sempre sistemati i principali saloni di
rappresentazione e gli appartamenti del capo famiglia. Il secondo piano veniva di
solito occupato dai bambini e da membri meno importanti della famiglia, mentre
l’ultimo piano, caldo d’estate e freddo d’inverno, era destinato alla servitù.

La grande crisi politica del 1433 culminò nell’espulsione da Firenze di Cosimo de’
Medici e della su famiglia, ma a causa della fuga di capitali da Firenze, fu necessario
revocare il bando d’esilio e nel 1434, Cosimo de’ Medici rientrò a Firenze per diventare
l’effettivo signore durante i successivi trent’anni.
Uno dei risultati del lungo governo, cui succedettero il figlio e il nipote fin quasi alla
fine del secolo, fu che a partire dal 1434 circa molte famiglie furono in grado di
spendere nella costruzione di eleganti palazzi soldi ed energie.

§ Palazzo Medici a Firenze.


La costruzione ebbe inizio nel 1444 e fu terminata nel 1459 circa, ad opera di
Michelozzo Michelozzi.
All’esterno le uniche modifiche di rilievo apportate in epoche successive sono la
chiusura delle arcate degli angeli mediante finestre, disegnate da Michelangelo
all’inizio del Cinquecento, e l’enorme ampliamento del palazzo lungo via Larga,
realizzato quando fu acquistato dai Riccardi all’inizio del Settecento.
Non presenta innovazioni.
I piani costituenti sono tre, coronati da un enorme cornicione classico, che ha lo scopo
di gettare ombre sulle pareti quando vi batte il sole. Il cornicione di palazzo Medici è di
forma classica, poiché poggia su una trabeazione classica ed è proporzionato
all’altezza dell’intero palazzo. E’ alto circa 3m, mentre le pareti del palazzo hanno
un’altezza di 25m. Ciò significa che la sporgenza del cornicione deve essere
controbilanciata assicurando, mediante solidi incastri, i blocchi al tetto, per ottenere
ciò che architetti posteriori avrebbero considerato un solecismo architettonico,
essendo il cornicione privo di architrave o fregio su cui poggiare e di colonne che lo
accompagnassero. Inoltre, l’altezza e la sporgenza del cornicione sono commisurate
all’intera altezza del palazzo e non a quella dei singoli piani, con il risultato che
l’ultimo piano, preso a sé, ne risulta alquanto schiacciato. Il pianterreno ha ampie
arcate contornate da conci dalle connessure fortemente marcate, l’interno e l’esterno
delle quali sono concentrici e non, leggermente a sesto acuto.
Queste arcate a tutto sesto sono collocate simmetricamente in una parete rivestita da
un pesante bugnato rustico, il cui aspetto irregolare conferisce al pianterreno un
carattere particolarmente grezzo. Fra il pianterreno e il piano nobile corre una piccola
cornice marcapiano a guisa di un modiglione classico, che serve anche da davanzale
per le finestre del piano nobile.
Queste finestre, come le arcate del pianterreno, sono sistemate simmetricamente, ma
non sono correlate, di modo che i centri delle finestre del piano nobile non
corrispondono alle arcate sottostanti. Le finestre sono contornate da conci molto simili
a quelli del pianterreno, ma il vano è diviso in due luci da un’unica colonnina
sormontata da archi a tutto sesto. Il piano nobile nel suo insieme è più piccolo del
pianterreno e se ne discosta fortemente per il bugnato del paramento non più a bugne
grezze, ma con semplici scanalature lungo i giunti. L’ultimo piano è identico al piano
nobile salvo che ha superfici completamente levigate, di modo che vi è una marcata
gradazione nel rivestimento dall’uno all’altro piano, con l’effetto ottico di far sembrare
il palazzo molto più grande di quanto non sia in realtà.
La sistemazione dell’interno è simile all’esterno in quanto consiste nella rielaborazione
di un tipo tradizionale con attenzione a simmetria e proporzioni. Lo schema base
dell’edificio è un quadrato intorno a un vasto cortile centrale aperto che a pianterreno
forma un’arcata a giorno molto simile al chiostro di un monastero.
La pianta è quasi simmetrica, con il portone principale al centro del fronte che
immette, attraverso un lungo atrio a galleria, nell’asse centrale del cortile. Le
divergenze nella simmetria appaiono sulla pianta, dove è evidente che la parte
terminale del cortile più larga degli altri lati e che la sistemazione degli ambienti non è
affatto simmetrica sugli assi. Il cortile interno non è altro che la facciata
dell’Ospedale degli Innocenti piegata a formare un quadrato vuoto al centro.
§ Palazzo Pitti a Firenze.
Il suo aspetto attuale risale al XVI e al XVII secolo. Originariamente constava di sette
campate (le sette campate centrali dell’attuale facciata) e la sua costruzione sarebbe
stata iniziata per carico di Luca Pitti dopo la metà del secolo. Si attribuisce l’opera sia
a Brunelleschi che all’Alberti, ma, nonostante la costruzione sia di scala magnifica, la
costruzione dovrebbe essere cominciata non prima del 1458, dodici anni dopo la
morte del Brunelleschi, ma tuttavia lo stile non è confacente a quello dell’Alberti; per
cui chiunque sia l’autore si pensa che non abbia costruito altro.
§ Palazzo Pazzi-Quaratesi a Firenze.
Viene collegato al nome di Brunelleschi, ma il bugnato rustico del pianterreno e lo
schema generale del palazzo ne riflettono lo stile in termini molto generici.
D’altro canto, gran parte della costruzione sembra risalire agli anni 1462-70, mentre
l’apparato decorativo scolpito può essere attribuito a Giuliano e a Benedetto da
Maiano.
§ Palazzo Gondi a Firenze.
Fu iniziato nel 1490 e ultimato nel 1498. E’ opera di Giuliano da Sangallo (1443-1516).
Di grandi dimensioni, ma semplice nello stile, la sua caratteristica architettonica di
maggior interesse è la trasformazione delle bugne rozzamente sbozzate in bugne dalla
superficie arrotondata, più o meno della stessa misura e collocate ad intervalli
regolari. Questa tendenza a livellare le ruvidezze è ulteriormente accentuata dai
disegni introdotti sulla superficie muraria del primo piano in forma di piccole croci fra
le finestre o dal disegno che formano i conci nel contorno dei portali a pianterreno.
§ Palazzo Strozzi a Firenze.
Di dimensioni ampissime, anche questa costruzione presenta l’uso delle bugne
arrotondate, con uso esteso a tutta l’altezza della facciata. Anch’esso opera di Giuliano
da sangallo, fu iniziato nel 1489 e l’immenso cornicione fu progettato dal Cronaca
prima del 1504, sebbene il palazzo fu terminato nel suo insieme prima del 1536.

Pienza.
Divenuto papa col nome di Pio II nel 1458, l’umanista Enea Silvio Piccolomini cominciò
a ristrutturare il suo borgo natio, che dal suo nome ribattezzò Pienza.
Elevata a rango di città, Pio II si accinse a realizzare un complesso urbanistico mirabile
durante il suo pontificato.
Lui stesso sovrintese al progetto, che fu eseguito dall’architetto fiorentino Bernardo
Rossellino.
Costruirono un complesso, basato sulla centralità della Cattedrale: Canonica, Palazzo
Vescovile, Palazzo dei Priori, Palazzo Ammannati, Palazzo Piccolomini, San Francesco.

§ Palazzo Piccolomini a Pienza.


Esso fu deliberatamente situato in modo da essere in relazione con la Cattedrale.
La fronte sul giardino a sud, si affaccia verso la veduta sul monte Amiata. Proprio in
questo fronte lo stile simmetrico e classicista tipico dell’Alberti si discosta dal modello,
introducendo invece un loggiato a tre ordini prospiciente il giardino e le montagne
sullo sfondo.

Roma.
Roma nella prima metà del quattrocento aveva scarsa importanza politica e artistica.
Quindi, furono eretti solo due edifici di rilievo, in cui si nota l’influenza dell’Alberti,
nonostante non si possa affermarne l’appartenza vera e propria.
§ Palazzo Venezia a Roma.
Il cortile incompiuto del palazzo risale agli anni 1467-71 ed è il primo importante
edificio civile dopo un lungo periodo. Offre una soluzione al problema sollevato da
Alberti riguardo agli angoli del cortile.
Gli archi della loggia non sono sorretti da singole colonnine, bensì da solidi pilastri, con
semicolonne addossate collocate su alte basi, adoperate come elemento decorativo
piuttosto che strutturale come nei due prototipi romani. Ciò offre il vantaggio di
conferire agli angoli, mediante la forma a L dei pilastri, un aspetto di maggiore solidità,
oltre a consentire una migliore distribuzione delle colonne, poiché le loro proporzioni
possono essere adattate alle basi sottostanti.
§ Palazzo della Cancelleria a Roma.
E’ un enorme palazzo iniziato per il cardinale Riario e successivamente occupato dalla
Cancelleria apostolica.
Costituisce uno dei più grandi misteri dell’architettura italiana. Sembra sia stato
progettato e compiuto fra il 1486 e il 1496. E’ su scala gigantesca e denota l’influenza
dell’Alberti, sebbene non possa materialmente essere opera sua perché morì prima
dell’inizio della costruzione.
La tradizione lo attribuisce a Bramante per l’eleganza, ma questi non si era ancora
recato a Roma.
La lunghissima facciata consiste di un alto basamento su cui si innalzano due piani,
scanditi da un ritmo binario di lesene. La suddivisione orizzontale in tre parti è
semplice e lineare grazie all’omissione delle lesene al pianterreno. Il bugnato e le
finestre relativamente piccole del pianterreno formano un imponente basamento su
cui poggiano i due piani superiori, anch’essi rivestiti in bugnato, ma trattati in maniera
diversa. Il piano nobile ha finestre più imponenti, mentre l’ultimo piano ha due finestre
in ogni campata, invece dell’unica grande finestra del piano sottostante. La grande
massa muraria è spezzata sia verticalmente che orizzontalmente alle estremità della
facciata da sporgenze, che però mancano della profondità necessaria a renderle
pienamente efficaci. L’articolazione orizzontale è efficace e studiata.
Qui il ritmo della facciata si fa più complesso per l’alternarsi di una campata stretta
priva di finestre racchiusa fra lesene binate e di una campata più ampia con finestra e
il ritmo ABABAB.
I davanzali delle finestre e le basi delle lesene sono mantenuti distinti dalla cornice
dell’ordine sottostante. L’introduzione di campate larghe e campate strette porta a un
nuovo tipo di proporzione: quella irrazionale della SEZIONE AUREA. Così, per
esempio, la larghezza di un’intera unità di 4 lesene sta alla sua altezza come l’altezza
di una delle finestre principali sta alla sua larghezza, e la stessa proporzione regola la
larghezza delle campate più strette e di quelle più larghe.
La facciata sul cortile è direttamente esemplificata sul tipo di prospetto del Colosseo,
con colonne nei piani inferiori e lesene all’ultimo piano. Presenta un duplice ordine di
loggiati sostenuti da colonne, mentre il terzo piano presenta una variante sostituendo
le lesene binate con lesene singole, che danno al ritmo interno un andamento AAA.

Urbino.
§ Palazzo Ducale a Urbino.
Fu costruito in gran parte intorno al 1460 per Federico da Montefeltro, duca di Urbino.
Anche questa costruzione presenta problemi di attribuzione e datazione, anche se
alcune parti, le più importanti sono certamente state realizzate da Luciano Laurana (di
cui si sa poco, solo che si recò a Urbino dal 1465-66 e morì a Pesaro nel 1479).
Il cortile, maggior titolo di gloria del palazzo, può essere datato tra il 1465 e il 1479, è
ragionevole supporre che sia, insieme alla facciata, opera del Laurana.
Fu probabilmente terminato da Francesco di Giorgio ma nessuno sa chi lo avesse
iniziato.
L’unico documento certo risale al 1468, in cui Federico da Montefeltro parla di Laurana
come architetto capo.
Anche qui si tenne conto della stupenda vista e sul fianco più ripido furono innalzate 2
alta torri cilindriche che racchiudono 3 archi a tutto sesto, che formano su ognuno dei
3 piani una loggia che si apre sulle montagne.
La fronte dei torricini può essere esemplificata sul tipo dell’arco trionfale.
Le parti più significative del palazzo attuale sono cortile e facciata in cui si apre
l’ingresso principale, sebbene l’interno dell’edificio con ampie sale nude, camini
raffinatamente scolpiti, porte ornate di intarsi, sia uno dei più belli pervenutici. Il
Palazzo oggi ospita la Galleria Nazionale delle Marche e una collezione di dipinti.
La facciata del Palazzo vista dalla piazza principale è deludente: crivellata da piccoli
fori destinati ai pali delle impalcature, con alcune delle finestre principali murate e
alcuni dei portali dalle dimensioni ridotte, in quanto essa è chiaramente incompleta.
La facciata d’ingresso principale ha 3 porte e 4 finestre principali ed è totalmente
diversa dall’altra sia nelle dimensioni che nella disposizione delle finestre; sull’altro
fronte principale abbiamo finestre ad arco tondo e alcune bifore.
La facciata principale è disposta con estrema perizia.
Il basamento a bugnato con lesene agli spigoli ha 3 ampi portali architravati alternati a
finestre architravate. Nel piano nobile si aprono 4 finestre, di tipo simile ai portali,
fiancheggiate da lesene sovrastate da trabeazioni orizzontali fortemente modellate
che fungono da modanature sporgenti sopra le finestre. Sopra questo piano,
l’architetto deve aver progettato un attico, ma allo stato attuale possiamo solo
immaginarlo.
La disposizione consueta delle 4 finestre principali, collocate tra i 3 grandi portali, crea
un ritmo a zig-zag: il vano della finestra posto in corrispondenza della campata
rivestita di bugnato e il vano della porta sistemato tra le due finestre.
La forma rettangolare delle finestre è qualcosa di innovativo rispetto allo stile
fiorentino.
Attraversando l’ultima delle 3 porte, ci troviamo nel cortile del palazzo: un pianterreno
composto di un chiostro aperto con volte a crociera sostenute da colonne; sopra, il
piano nobile, è chiuso ed ha finestre corrispondenti agli archi sottostanti. Le finestre
sono distribuite in modo tale da lasciar posto a un ordine di lesene corrispondenti alle
colonne del pianoterra. Laurana collocò gli angoli pilastri a forma di L, ai quali addossò
semicolonne che sostengono gli archi del pianterreno. Il pilastro ha inoltre lesene
addossate che si incontrano negli angoli e che sorreggono una trabeazione su cui
corre un’iscrizione latina che decanta le virtù del duca Federico. Abbiamo le due linee
orizzontali fortemente marcate della parte inferiore e della parte superiore della
trabeazione, mentre le campate d’entrambi i piani sono definite da un uso coerente
delle colonne e delle lesene. L’effettivo rapporto tra i vani delle finestre e lo spazio
delimitato dalle lesene è un significativo esempio della sensibilità percettiva
dell’architetto.

Venezia.
Lo schema del palazzo veneziano è assolutamente diverso dai precedenti.
La scarsa superficie della terraferma fa sì che tutti i più grandi palazzi sono costruiti su
palafitte piantate nell’acqua e privi si cortile centrale aperto. Inoltre, la stabilità
economica e politica di Venezia rendeva meno necessario fortificare i palazzi e quindi
diventava superfluo il cortile centrale.
Il palazzo veneziano ha la forma di un blocco unico, eretto in uno stile destinato ad
essere profondamente cambiato dalle vicende commerciali di Venezia: ebbe
moltissima influenza l’arte bizantina e quella gotica.
Il tipico palazzo veneziano consta di un ampio porticato a livello dell’acqua che si apre
su un vestibolo, fiancheggiato da alcuni stanzoni adibiti a magazzini, da dove parte la
scalinata. Il piano nobile, quindi, viene ad assumere un’importante maggiore, da ciò
deriva la tendenza a suddividere la facciata in 3 elementi verticali.
Il vano principale del primo piano è il “gran salone”, che occupa tutto il centro della
facciata, mentre gli ambienti più piccoli ai suoi lati, si esprimono all’esterno mediante
finestre di dimensioni minori.
Le finestre del gran salone devono essere a loro volta della massima grandezza per
poter illuminare l’interno, che non ha altra fonte di luce.
Caratteristica quindi del palazzo veneziano è la grande superficie occupata al centro
della facciata dei vani delle finestre.

§ Basilica di San Marco a Venezia.


Simbolo del potere e della ricchezza della Repubblica.
Risale all’829, fu ricostruita nel 1063 e consacrata nel 1094, ma gran parte della
facciata può essere datata all’inizio del Quattrocento.
§ Palazzo dei Dogi a Venezia.
Simbolo del potere e della ricchezza della Repubblica, fissa il modello futuro per
l’architettura veneziana.
Fu eretto nel trecento, ma il fianco che si affaccia sulla piazzetta, ossia parallelo alla
facciata di San Marco, risale all’incirca al 1424-42.
§ Ca’ d’Oro a Venezia.
Costruita tra il 1427 e il 1436, presenta un duplice arcata con ampie aperture a
pianterreno e aperture minori sovrastanti. Essa è eretta in parte sul Canal Grande, in
parte sulla sua sponda, quindi il palazzo è privo di cortile centrale e il pianterreno
risulta totalmente inabitabile.
§ Palazzo Corner-Spinelli a Venezia.
Iniziato nel 1480 dall’architetto Mauro Codussi.
Permane il raggruppamento centrale delle finestre, ma quelle nelle campate laterali
sono state disposte simmetricamente e riproducono nella forma e nelle dimensioni
quelle centrali. Il ritmo della facciata è ABBA.
§ Palazzo Vendramin-Calergi a Venezia.
Iniziato intorno al 1500 e terminato nel 1509, per opera di Mauro Codussi.
Permane il raggruppamento centrale delle finestre, ma quelle nelle campate laterali
sono state disposte simmetricamente e riproducono nella forma e nelle dimensioni
quelle centrali. Il ritmo della facciata è ABBBA.
Qui, abbiamo una maggior padronanza e abilità nell’uso degli elementi classici:
sistemazione delle colonne addossate. La tradizionale disposizione delle finestre è
accentuata dal fatto che le campate laterali constano di due colonne, una finestra e di
nuovo due colonne, mentre le 3 finestre del gran salone sono separate soltanto da una
colonna.
§ Chiesa di San Michele in Isola a Venezia.
Prima opera veneziana del Codussi, iniziata nel 1469 e completata nel 1479, eretta
nell’isola di S.Michele di Murano. Ha il carattere di cappella funebre piuttosto che di
chiesa parrocchiale. Forse per questo, presenta uno stile semplice e sobrio.
§ Chiesa di San Salvatore a Venezia.
Costruita tra il 1507 e il 1534, da croce latina viene trasformato in un tipo che deriva
da S. Marco.
La lunga navata è costituita da 3 settori indipendenti a pianta centrale, ciascuno dei
quali coperto da cupola maggiore circondata da 4 cupole minori.
La croce latina è ottenuta mediante l’aggiunta del transetto e delle absidi. Il suo
progetto sarebbe di Giorgio Spavento, ma la sua esecuzione si deve a uno dei
Lombardo e a Jacopo Sansovino.
Lombardia.
§ Cappella Colleoni a Bergamo.
Opera di Giovanni Antonio Amedeo, fu eretta fra il 1470 e il 1475.
Presenta un alto tamburo ottagonale sormontato da una cupola e una lanterna.
La facciata mostra la costante prevalenza di elementi decorativi su principi
matematici.
§ Cattedrale di Como.
Risale alla fine del secolo.
§ Certosa di Pavia.
Fu disegnata intorno al 1481, ma fu portata a termine solo dopo 50 anni.
Sebbene la decorazione marmorea della facciata sia di qualità raffinatissima,
l’impressione che se ne trae è di eccessivo affastellamento. Infatti la semplicità delle
linee essenziali del disegno è talmente soverchiata dai rivestimenti policromi e dalle
sculture ornamentali da produrre nell’insieme un effetto di un classicismo mal
assimilato.

Prato.
§ Santa Maria delle Carceri.
Opera di Giuliano da Sangallo, fu iniziata nel 1485 e lasciata incompleta nel 1506.
Essa è una pura croce greca, quindi, segue il tema a pianta centrale.
L’interno presenta una cupola a costoloni sorretta da pennacchi, e l’esterno ha due
ordini sovrapposti dalle proporzioni estremamente infelici.
Tuttavia, gli ideali di leggerezza e purezza classica del primo Rinascimento
raggiungono il loro apogeo.

Capitolo Quinto. MILANO: FILARETE, LEONARDO, BRAMANTE.


La famiglia Sforza dominò la scena politica del 1450, quando Francesco Sforza fu fatto
duca di Milano, fino al 1499; questa fu una famiglia di mecenati delle arti. A seguito
dell’alleanza politica fra Francesco Sforza e Cosimo de’ Medici, molti artisti fiorentini
lavorarono a Milano, come Brunelleschi.

Michelozzo.
§ Cappella Portinari a Milano.
Fa parte della Basilica di S.Eustorgio, ma può essere considerata un edificio a sé
stante.
Viene attribuita a Michelozzo, ma non si ha una certezza.
Lo schema base della cappella è a pianta quadrata coperta da una cupola sorretta da
pennacchi con quattro piccole torri ai quattro angoli, tipiche delle concezioni
ornamentali lombarde.
§ Palazzo del Banco Mediceo a Milano.
Non ci è noto che dal portone principale, conservato nel Castello Sforzesco di Milano, e
da un disegno di Filarete. Si nota la fusione tra forme fiorentine, o brunelleschiane, e di
elementi ornamentali gotici, come testimoniano le finestre a sesto acuto.

Antonio Averlino detto il Filarete.


§ Ospedale Maggiore a Milano.
La sua costruzione iniziò nel 1456 ed è sopravvissuto fino a oggi, rimanendo il
principale ospedale cittadino: oggi fa parte dell’Università Statale di Milano.
Prima di dare avvio ai lavori, egli visitò gli ospedali di Firenze e Siena.
Il suo edificio si prefiggeva di riunire in un unico corpo le numerosissime fondazioni pie
che erano allora sparse dentro Milano.
Si tratta di uno schema a croce inscritta in un quadrato, con al centro del disegno,
all’incrocio dei bracci della croce la cappella dell’ospedale, anch’essa a pianta centrale
e con quattro torri agli angoli. Alcune parti sussistenti dell’edificio mostrano che
Filarete tentò di imporre forme classiche agli artigiani locali formati nella tradizione
gotica, ma non riuscì a raggiungere il suo scopo.
Trattato.
Scritto tra il1461 e il 1464.
Una versione del 1465 è dedicata a Piero de’ Medici.
L’opera è composta da 25 libri divisi in base a diversi filoni di pensiero.
I libro: trattato lineare fondato sulle teorie dell’Alberti.
Seconda parte: complesso racconto irreale su una città immaginaria chiamata
Sforzinda.
XI libro: descrizione Ospedale Maggiore milanese.
XIV: descrizione del “Libro Aureo” rinvenuto negli scavi per le fondamenta di Sforzinda,
nella tomba del re Zogalia.

Leonardo da Vinci.
Soggiorna a Milano dal 1482 al 1499.
Tenta di scrivere un Trattato di Anatomia, ricollegandosi a disegni architettonici.
Prende in esame alcuni organismi a pianta centrale e, muovendo dalla primitiva
semplice forma, sviluppa forme sempre più complesse, che difficilmente avrebbero
potuto essere costruite e sono chiaramente esercizi di teoria architettonica.

Donato Bramante.
Soggiornò a Milano dal 1481 al 1499.
1481_incisione “a Milano”_ruderi di un edificio in stile gotico lombardo decorato.
§ S.Maria presso S.Satiro a Milano.
Si tratta di una RICOSTRUZIONE!
Un piccolo edificio milanese risalente al IX secolo.
Probabilmente egli iniziò i lavori durante il decennio 1470-80.
Nella parete terminale orientale viene introdotta un’illusione prospettica.
Questo senso dello spazio architettonico concepito come una serie di pieni e vuoti,
come in pittura, distingue il Bramante. In effetti, la parete terminale della chiesa non
poteva essere eretta nella maniera consueta in quanto una stretta strada ne sbarrava
lo sviluppo verso levante. La volta fu decorata a cassettoni.
In realtà la chiesa originale di S.Satiro è rappresentata da una piccola cappella.
Bramante diede una nuova sistemazione soprattutto all’esterno, ma la pianta (croce
greca in un quadrato inscritto in un cerchio) è un tipico disegno paleocristiano e fu
adattata dal Bramante al battistero di S.Satiro.
La chiesa si sviluppa su tre piani: il piano inferiore è di forma cilindrica con profonde
nicchie collocate fra due lesene e alternate a superfici murarie lisce. La pianta centrale
è accentuata da 4 bracci della croce greca che, innalzandosi sopra il cilindro,
compongono il secondo piano. Ciascuno di questi bracci contiene una finestra e il tetto
è a due falde. Il punto in cui le falde si incontrano è trasformato in un piano
supplementare, che forma un quadrato su cui si innalza il tamburo ottagonale con
finestre che si alternano tra singole lesene. Infine, sopra il tamburo si eleva la piccola
lanterna circolare.
§ S.Maria delle Grazie a Milano.
I lavori iniziarono probabilmente prima del 1490 e proseguirono tutto il decennio, e
non completati quando poi Bramante si recò a Roma.
L’aspetto esteriore dell’edificio non è molto felice: esso infatti consiste di una lunga
navata centrale alquanto bassa e di navate laterali costruite da un altro architetto
intorno al 1460, cui venne aggiunta nella parete terminale orientale una vastissima
tribuna sormontata da un grande tamburo poligonale e da una piccola lanterna. Vi
sono proiezioni absidali sui tre lati liberi, due delle quali formano il transetto, mentre la
terza racchiude il coro.
Lo scopo del Bramante era quello di creare un edificio indipendente a pianta centrale
collegato in maniera alquanto sciolta a una chiesa con lunga navata.
Infatti, la sezione e la pianta mostrano la forzatura del punto di congiungimento.
L’aspetto interno è più soddisfacente: l’effetto dell’interno è di grande leggerezza e
luminosità, con disegni geometrici, come le finestre dipinte a finte ruote.
§ I tre chiostri per S.Ambrogio a Milano.
La Porta Canonica.
E’ su un lato della chiesa e consta di una successione di archi a tutto sesto sorretti da
colonne, con un arco molto più ampio al centro sorretto da pilastri quadrati con lesene
addossate.
Lo schema base deriva dalla fusione della tipologia del chiostro con il colonnato
romano.
Grande interesse presenta un particolare minore: la presenza di curiose escrescenze
sui fusti di numerose colonne che le fa assomigliare a tronchi d’albero diramati.
Il Chiostro Dorico e Chiostro Ionico.
Furono iniziati prima che Bramante lasciasse Milano, ma non furono portati a
compimento se non molto dopo.
Fanno parte dell’antico monastero di Sant’Ambrogio, che ospita ora l’Università
Cattolica di Milano.
Il Chiostro Dorico. E’ una delle sue opere più eleganti e mature. Le volte del chiostro
sono sorrette da pulvini collocati sopra le colonne che, a loro volta, sono collegate da
un basamento continuo. Il porticato non è rafforzato negli angoli da un pilastro, ma
gira attorno su una colonna creando un effetto meno infelice che negli esemplari
fiorentini, soprattutto grazie al rapporto studiato con estrema accortezza tra le
ampissime arcate del pianterreno e il piano superiore molto più basso, suddiviso in
due piccole campate che sormontano ciascuna delle ampie campate del pianoterra.
Grazie a questi accorgimenti le finestre non vengono a coincidere con il centro
dell’arco, che è invece contrassegnato da piccole lesene che separano le finestre.
I contorni piatti e netti delle lesene, le arcate cieche, le finestre architravate, gli archi
dei chiostri, sono lontanissime dall’affastellamento decorativo e sono le tipiche forme
dell’”ultima maniera” di Bramante, la sua maniera romana.
Capitolo Sesto. BRAMANTE A ROMA: SAN PIETRO.
Dopo la caduta di Ludovico il Moro, Bramante lascia Milano e si reca a Roma (1499),
dove vi trascorrerà il resto della vita.
Nel 1492, Roma tornò ancora una volta ad avere importanza politica, tendenza
rafforzata dal pontificato di Giulio II.

§ Chiostro adiacente S.Maria della Pace a Roma.


Iniziato intorno al 1500 e terminato nel 1504.
E’ relativamente semplice. E’ articolato su due piani di altezza quasi uguali e subisce
l’influenza di edifici romani.
Il motivo più insolito è la colonna posta direttamente in corrispondenza con il centro di
ciascuna arcate del pianterreno, infrangendo così la norma del “vuoto su vuoto, pieno
su pieno”. Tuttavia, è evidente che, essendo l’altezza dei due piani condizionata dagli
edifici preesistenti, sarebbe stato impossibile proporzionare ciascuna arcata del piano
superiore a quelle del primo. Pertanto, ha adattato lo schema da lui stesso adottato
nel chiostro milanese eliminando il muro nel piano superiore e lasciando soltanto
l’elemento centrale che da lesena si è trasformato in una colonna. Era essenziale un
qualche tipo di sostegno in quel punto, altrimenti l’architrave non avrebbe potuto
sopportare il proprio peso.
L’effetto ottenuto nel chiostro è dovuto interamente a un sottile gioco di proporzioni e
a contrasti di luce e ombra.
§ Il Tempietto di S. Pietro in Montorio a Roma.
Costruita nel cortile della chiesa e del monastero di S. Pietro in Montorio.
Dovrebbe risalire al 1502.
Fu costruito per Ferdinando e Isabella di Spagna, nel luogo in cui la tradizione
collocava il martirio di san Pietro.
L’intenzione era di riorganizzare l’intero spazio del cortile in modo tale da far sì che la
minuscola chiesa a pianta centrale venisse a trovarsi al centro di un più ampio
chiostro, anch’esso a pianta centrale. Ma la scelta di un tempio circolare è di grande
importanza: si rifa agli antichi martyria.
Il resto è condizionato dal desiderio del Bramante di ricreare forme antiche da porre al
servizio di esigenze moderne.
Il tempietto consiste di due cilindri, il peristilio e la cella. Il primo basso e largo e la
seconda alta e stretta.
La larghezza del peristilio è uguale all’altezza della cella, con l’esclusione della cupola,
e questi semplici rapporti proporzionali si possono tracciare attraverso tutto l’edificio.
La cupola è emisferica internamente ed esternamente ed è pertanto proporzionata
all’altezza della cella.
Egli adoperò l’ordine tuscanico (che è una versione dell’ordine dorico romano) perché
lo ritenne più adatto al carattere di san Pietro, ma si spinse anche oltre
nell’elaborazione del fregio.
Bramante usa antiche colonne tuscaniche di granito cui fornisce nuove basi e nuovi
capitelli marmorei.
Il fregio è decorato con metope e triglifi a ritmo alterno.
§ Un palazzo detto “Casa di Raffaello” a Roma.
E’ andato perduto nel Settecento, e ci rimangono solo disegni e incisioni.
Rispecchia il carattere classico, dell’insula romana, ossia un blocco di appartamenti
costruito sopra una fila di botteghe. Le botteghe ai lati dell’asse centrale sono
identiche. Il pianterreno a bugnato rustico è separato mediante una cornice
marcapiano di pietre lisce dal piano nobile, che si distingue per l’uso dell’ordine dorico
e di finestre a edicola. Vi è un unico ordine e i piani superiori sono stati eliminati, così
da dare il massimo rilievo al contrasto fra botteghe e abitazioni. Ogni elemento è
nettamente distinto dall’elemento vicino: le finestre con i loro balconi non toccano le
colonne che le affiancano e si discostano dalla cornice marcapiano sottostante.
L’elemento base definito nel frontone triangolare viene ripetuto immutato su tutte le
finestre.
Questi principi (simmetria, reiterazione di elementi identici, chiarezza delle funzioni)
costituiscono il maggiore apporto del Bramante all’architettura dei palazzi.
§ Ristrutturazione e progettazione della nuova basilica di S. Pietro a Roma.
Purtroppo gran parte dei suoi lavori sono andati rimaneggiati e dunque irriconoscibili.
§ Anfiteatro per Giulio II a Roma.
Bramante volle imitare consapevolmente sia l’anfiteatro classico che la villa classica.
Egli concepì una serie di cortili scalati a tre livelli diversi che si estendono dal palazzo
vero e proprio in salita verso una casetta estiva chiamata la palazzina del Belvedere.
Lo schema nel suo insieme aveva una lunghezza di 300m ed era cinto da due lunghe
ali di edifici, la cui altezza (tre piani sul lato del palazzo) diminuiva man mano che si
avvicinavano al Belvedere (piano unico). I livelli intermedi erano collegati da un
complesso sistema di gradinate e rampe e lo schema si concludeva in un enorme
nicchione che conduceva nella palazzina del Belvedere. La palazzina esisteva già e la
grande esedra serviva a dissimulare lo strano angolo formato nel punto di incontro
della parete terminale del Bramante con la villa.
L’intero vasto schema non fu portato a compimento e fu molto rimaneggiato nel
Cinquecento.
Il successivo inserimento nei cortili di parte dei Musei Vaticani e della biblioteca non
consente ora di osservare lo schema delle Stanze decorate da Raffaello, come doveva
essere negli intendimenti del Bramante.
L’aspetto più importante è il modo in cui Bramante seppe disciplinare una vastissima
estensione di parete muraria piana. Il tessuto delle pareti laterali è ravvivato dal
contrasto tra le giunture scanalate della massa muraria e le superfici lisce degli archi e
delle lesene sovrastanti.
Le lesene sono binate e la trabeazione forma su esse un’ininterrotta sporgenza.
Fra ogni coppia di lesene vi è un arco a tutto sesto, la cui larghezza è proporzionata
allo spazio fra le stesse, in maniera che lo spazio viene diviso secondo la seziona
aurea.
§ Chiesa di SS. Celso e Giuliano a Roma.
Progettata come prova preliminare di S. Pietro.
Riproduceva uno schema a pianta centrale, ma sembra che fosse dato molto risalto a
uno dei lati così da trasformarla in una “pianta centrale direzionata” ossia in una
pianta con un marcato orientamento.
§ Chiesa di S. Biagio alla Pagnotta a Roma.
Progettata come prova preliminare di S. Pietro.
Simile alla precedente, ma con una vera navata centrale, lunga due campate,
attaccata allo spazio centrale a cupola.
§ Chiesa di S. Eligio degli Orefici a Roma.
Probabilmente progettata insieme a Raffaello, ma terminata dal Peruzzi.

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§ Basilica di S. Pietro a Roma.
Giulio II fu sicuramente un grande mecenate, tanto da riuscire ad assumere
contemporaneamente Bramante, Michelangelo e Raffaello, assegnando loro lavori che
mettevano in risalto le loro più alte qualità.
Fin dalla metà del Quattrocento, cominciarono a manifestarsi le pessime condizioni della
vecchia basilica di
S. Pietro, allora più che millenaria.
Niccolò V diede iniziò alle fondamenta per la ricostruzione del coro, ma i lavori furono
ripresi dopo l’elezione di Giulio II nel 1503. Anche allora l’interesse sembrava quello di
proseguire i lavori di puntellamento della vecchia basilica e la ricostruzione solo delle parti
estremamente bisognose.
La vecchia basilica era luogo di venerazione per i suoi legami con il primo imperatore
cristiano e perché ospitava la tomba di San Pietro. Verso l’estate del 1505, Giulio II e
Bramante decisero di ricostruire San Pietro, da ciò che si desume dalla medaglia coniata
per commemorare la posa della prima pietra il 18 aprile 1506 (che presenta l’iscrizione
“templi petri instauracio” ) e dal disegno che è considerato il progetto di Bramante.
Purtroppo la storia della fabbrica di S.Pietro è estremamente complicata e non possediamo
documenti relativi ai primi anni.
Non avendo ricevuto commissioni specifiche se non quelle di rispettare la simbolicità
dell’edificio, si crede che il progetto preliminare del Bramante fosse quello di un edificio a
pianta centrale poi impostogli a croce latina dal clero. Purtroppo però Bramante non lasciò
ai successori (Raffaello) alcun progetto definitivo da poter seguire. Poco era stato fatto
oltre le fondamenta dei piloni principali e la messa in opera dei grandi archi che li
collegano. Tuttavia, la sua inesperienza lo portò a progettare piloni del tutto inadeguati a
sostenere i pesi che vi avrebbe voluto collocare.
Quando, nel 1514, Bramante morì, gli succedettero Raffaello e Peruzzi: tutti e due
prepararono le piante varianti tramandate da Serlio, ma nessuno dei due sembra aver
fatto progredire l’effettiva costruzione.
Il Sacco di Roma nel 1527 fece interrompere ogni attività edilizia, fino a che nel 1530
Antonio da Sangallo il giovane, iniziò a ristrutturare l’edificio nel suo complesso e a
riparare i danni provocati dal lungo abbandono.
La distribuzione dello spazio centrale era fissata dai piloni bramanteschi, che Sangallo
ingrandì; egli poi disegnò una cupola di forma nuova, simile ad un alveare, facile da
costruire. Ma, nel 1546 l’esecuzione fu impedita dalla morte del progettista.
Il successore fu Michelangelo, dal 1 gennaio 1547 a lavoro.
Michelangelo espresse l’intenzione di ritornare alla forma bramantesca e l’attuò col ridurre
in maniera complessa e ingegnosa la pianta del Bramante a una combinazione della pianta
centrale con la croce latina espressa in un linguaggio manieristico. Egli fece ruotare il
quadrato della pianta e pose uno degli angoli in corrispondenza dell’ingresso principale,
ottenendo la sagoma di un diamante. Adoperò lo spigolo come facciata principale,
dandogli risalto smussandone la punta e aggiungendovi un ampio porticato. Egli adoperò
una contrazione dimensionale complessiva, aumentò le dimensioni dei piloni principali e
ridusse gli spazi aperti fra i piloni stessi e le pareti esterne, garantendo la stabilità
dell’edificio e procurando un adeguato sostegno alla cupola.
Quando morì, nel 1564, una parte notevole della basilica era stata già eretta, e il tamburo
era stato completato fino all’attacco della cupola.
La cupola fu costruita fra il 1585 e il 1590 da Giacomo della Porta e Domenico Fontana
(ingegnere), seguendo il progetto di Michelangelo, ossia una cupola emisferica con
costoloni fortemente evidenziati, corrispondenti alle linee principali della sua sistemazione
muraria: si tratta di una soluzione più dinamica rispetto a quella della calotta liscia
prevista dal Bramante.
La pianta fu tuttavia sottoposta a profonde modifiche e la struttura a croce latina
dell’edificio attuale è il risultato di una trasformazione attuata nella prima metà del
Seicento da Carlo Maderno, che non si limitò alla decorazione interna della basilica, ma
prolungò e modificò la pianta del Michelangelo, aggiungendo una lunga navata e la
facciata.
Con il completamente del piazzale antistante, e il sublime effetto teatrale del colonnato
tuscanico sormontato da file di statue su scala gigantesca, progettato dal Bernini e
costruito dal 1656 in poi, questa basilica divenne uno dei capolavori del barocco.
Capitolo Settimo. RAFFAELLO E GIULIO ROMANO.

Raffaello Sanzio.
Sia come pittore che come architetto, Raffaello sembra, negli ultimi anni della sua vita,
discostarsi dal sereno classicismo per esprimersi in uno stile più ricco e drammatico,
che segna l’inizio del manierismo.
§ Cappella Chigi a S. Maria del Popolo.
Costruita per il banchiere senese Agostino Chigi, presenta una grande ricchezza.
§ Palazzo Vidoni-Caffarelli a Roma.
Esiste ancora, seppure ampliato.
I suoi elementi base sono: basamento a bugnato rustico e piano nobile con colonne e
attico.
§ Palazzo Branconio dell’Aquila a Roma.
Probabilmente fu progettato nel suo ultimo anno di vita, 1519-20; ci è noto solo
tramite disegni e un’incisione.
Si nota la grandissima ricchezza della trama compositiva e della decorazione applicata
in superficie: questa decorazione non ha nulla di strutturale.
Le colonne sono state trasferite dal piano nobile al pianterreno, cosa in sé abbastanza
logica visto che si potrebbe osservare che le colonne sorreggono la parte superiore
dell’edificio. Tuttavia, è esattamente ciò che non fanno: al di sopra di ogni colonna c’è
una nicchia vuota e proviamo un senso di disagio di fronte a un sostegno massiccio
sormontato da un vuoto.
Le finestre del piano nobile, con frontoni semicircolari alternati a frontoni triangolari,
fanno parte della superficie muraria e sono unite da una trabeazione che non è
sorretta da un ordine bensì dalle colonne delle stesse finestre a edicola.
La disposizione del piano nobile presenta un ritmo estremamente complesso di
nicchie, finestre e frontoni triangolari o semicircolari, nonché festoni decorativi. Questa
estrema ricchezza unita a una deliberata inversione delle funzioni degli elementi
architettonici sono caratteristiche di una tendenza stilistica, iniziata ai tempi di
Raffaello e destinata a dominare tutte le arti in Italia per il resto del secolo.
§ Palazzo Pandolfini a Firenze.
L’edificio è destinato a sorgere alla periferia della città, vicino a Porta San Gallo.
Da una parte si ispira alle ville romane, dall’altra anticipa una categoria di edifici che
deriva direttamente dai principi palladiani, comprese le case di campagna inglesi.
§ Villa Madama fuori Roma.
Iniziata nel 1516, in collaborazione con Antonio Sangallo il Vecchio e Giulio Romano.
Sita sulle pendici del Monte Mario, non fu mai terminata se non per metà.
L’intenzione originaria era quella di ricreare una villa classica con un enorme cortile
circolare al centro e con un immenso giardino che si sviluppava sul fianco della collina
simile a un anfiteatro a terrazza.
La loggia retrostante, ora chiusa da vetrate, contiene la più stupenda decorazione
pervenutaci. Questa consiste di 3 campate: quelle alle estremità sono coperte da volte
quadripartite e quella centrale da una volta a cupola.
A un’estremità la parete forma una rientranza nella collina creando una profonda
concavità simile a un’abside sormontata da una mezza cupola riccamente decorata.
Tutta la decorazione è realizzata con bassorilievi dai colori forti e brillanti che
contrastano col bianco smagliante dell’intonaco.

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Il termine Manierismo fu coniato quando apparve evidente che lo stile essenziale


classicista del Bramante, di Raffaello e del Peruzzi all’inizio delle loro carriere non era
più, nelle intenzioni, lo stesso stile adoperato da Giulio Romano o da Raffaello e dal
Peruzzi nei loro ultimi anni di vita.
Molti fattori influirono nella diffusione di questo stile tormentato:
- L’idea di non poter più superare le opere di stampo classico e il rifiuto di
limitarsi a copiarle;
- Tesi marxista diffusasi.
E’ utile come strumento di lavoro per distinguere quella fase transitoria fra la
consapevole armonia classicista e l’appassionata drammaticità dello stile barocco.
La maggior parte della produzione artistica è sofisticata, irrequieta e nevrotica.
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Giulio Romano.
§ Palazzo Cicciaporci a Roma.
§ Palazzo Maccarani a Roma.
§ Palazzo del Tè a Mantova.
Costruito nel 1524 e completato nel 1534, è considerato il più eleganti di tutti gli
edifici manieristici.
Anche qui si riflette il tentativo di ricreare una villa suburbana classica.
Qui, Federigo Gonzaga pensava di sistemare i quartieri generali del suo allevamento di
cavalli.
La villa, distando solo un miglio o poco più dal palazzo Gonzaga in città, non ha
camere da letto.
La pianta riflette il tipico impianto della villa romana, ossia quattro corpi lunghi e bassi
che racchiudono una corte centrale quadrata: ciò viene confermato dall’aspetto della
facciata con l’ingresso.
Si nota subito che non si tratta di un edificio semplice, ma che anzi ha una struttura
estremamente sofisticata.
Dalla pianta è evidente che il principio di simmetria non è rispettato: i quattro corpi
dell’edificio sono diversi e l’asse del giardino e della fronte principale sul giardino
conduce a una porta laterale, mentre l’asse dell’ingresso principale è ad angolo retto
con il giardino.
Gran parte delle regole architettoniche vengono deliberatamente e ironicamente
infrante per indurre sensazioni di orrore misto a stupore nell’osservatore.
Elementi di una fronte vengono ripetute nelle due altre, ma trasformati.
La fronte dell’ingresso principale è un blocco lungo e basso con al centro tre archi
uguali e ai lati quattro campate in cui si aprono finestre apparentemente simmetriche
fra loro. La parete in bugnato è articolata da lesene tuscaniche che sorreggono una
trabeazione riccamente scolpita. A tre quarti dell’altezza delle lesene c’è un
marcapiano piatto che funge da davanzale per le finestre del piano superiore: il
marcapiano è allo stesso livello del fronte delle lesene ed è attaccato alla chiave
dell’arco delle finestre del piano principale.
Lo spazio fra le lesene non è uguale. A destra degli archi di ingresso c’è un’ampia
campata; la campata a sinistra non soltanto è più stretta ma presenta una finestra
decentrata.
Le tre campate dell’ingresso sono fiancheggiate da tre campate con finestre cui fa
seguito una cesura nella forma di due lesene binate che racchiudono una piccola
nicchia scavata nella superficie muraria liscia. Segue una campata normale con
finestre e infine la facciata è chiusa da lesene binate. A una lettura che parta dall’arco
centrale dell’ingresso, il ritmo è AABBBCB.
Il disegno risulta frutto di sottilissimi accorgimenti e consapevolmente asimmetrico,
tuttavia, la sofisticatezza di quest’architettura può essere colta solo spostandosi
davanti alla fronte laterale dove veniva applicata un’articolazione simile con campate
con nicchia che incornicino l’arco unico dell’ingresso.
La facciata sul giardino si articola intorno a tre vasti archi centrali; il tessuto murario è
rivestito di bugnato solo fino all’altezza del ponte sul fossato, ora asciutto.
Il piano principale è liscio e non ha attico, ma la sua trama produce un effetto diverso
ottenuto da una serie di archi a tutto sesto sorretti da pilastri e da colonne in un ritmo
complesso. I tre archi più grandi al centro sono ulteriormente messi in rilievo dal
frontone triangolare che li sovrasta.
I lati del cortile interno non corrispondono a nessuno dei lati interni, ma hanno
cadenze e complessità proprie.
Alcune delle chiavi dell’arco delle finestre danno l’impressione di scivolare nello spazio
dello stesso arco, in contrasto con quel senso di stabilità che la chiave dell’arco
dovrebbe dare. Quest’impressione di instabilità si fa più palese nella trabeazione
all’interno del cortile.
Questo malaise è il marchio del manierismo.
All’interno del Palazzo vi è la Sala dei Giganti, decorata brutalmente dal 1532 al 1534.
Consta in una piccola stanza, quasi priva di luce, in cui gli angoli del pavimento, i muri
e il soffitto sono stati smussati e affrescati in modo tale da creare una prima
impressione di smarrimento, non essendo facile capire dove finiscano le pareti e dove
cominci il soffitto.
L’intero soffitto è coperto dalla raffigurazione di un vasto tempio circolare che si libra
sulla testa dello spettatore, in cui si svolge l’assemblea degli dei, mentre Giove scaglia
una saetta contro la terra. La scena è caotica, la ribellione dei Giganti contro l’Olimpo
e i giganti soccombono sotto enormi blocchi di pietra, edifici e rocce che gli dei dal
soffitto hanno scagliato su di loro.
§ Cattedrale di Mantova.
§ Palazzo Ducale di Mantova.
§ La casa di Giulio Romano a Mantova.
Se la costruì poco prima della morte, nel 1546.
Sembra la parodia della casa di Raffaello del Bramante.
Il marcapiano al centro dell’edificio viene a formare una specie di frontone triangolare
incompleto, che, a sua volta, preme sulla chiave dell’arco sottostante dalla curva
appiattita. Stessa operazione si ripete nelle strane cornici delle finestre incassate tra
gli archi di scarsa profondità che sono leggermente troppo piccoli per contenerle e
sovrastati da una trabeazione riccamente decorata non sorretta da colonne.

Capitolo Ottavo. PERUZZI E ANTONIO DA SANGALLO IL GIOVANE.

Baldassarre Peruzzi.
§ Villa Farnesina a Roma.
Cominciata nel 1509 e terminata nel 1511, per il banchiere senese Chigi.
Di dimensioni piccole, è il primo esempio del tipo di villa a blocco centrale con due ali
che si avanzano sulla fronte principale. L’aspetto esterno è stato molto modificato
dalla chiusura con vetrate delle quattro campate al pianterreno della facciata con
l’ingresso, in seguito alla quale è andato completamente perduto l’effetto ottenuto dal
contrasto tra vuoti e pieni. Ma queste vetrate furono rese necessarie dalla stupenda
serie di affreschi di Cupido e Psiche nella loggia, opera di Raffaello e dei suoi discepoli.
La facciata è stata corrosa, alterando gli affreschi che originariamente decoravano la
sua superficie piana. Ciò spiega la discrepanza fra la nudità delle pareti e la ricchezza
del fregio scolpito sotto le gronde, con festoni e cherubini alternati alle minuscole
finestre dell’attico.
L’architettura è semplice e il senso di disagio creato dalla lesena centrale che divide la
parete terminale delle ali in due campate piuttosto che in tre è uno dei motivi
dell’aspetto alquanto anacronistico dell’edificio.

§ Basilica di S. Pietro a Roma.


Fu capomastro dopo la morte di Raffaello, nel 1520.
Potè fare molto poco: fu reso prigioniero nel 1527 durante il sacco di Roma.
Riuscì tuttavia a fuggire a Siena, dove lavorò per un certo periodo prima di tornare a
Roma.
Riconfermato nella carica nel 1530, non fissò la propria dimora a Roma prima del
marzo 1535 e vi morì il 6 gennaio del 1536.
§ Palazzo Massimo a Roma.
Ultima opera del Peruzzi, fu costruita per i fratelli Pietro e Angelo Massimo.
Fu costruito sull’area di un palazzo appartenente alla famiglia, incendiato durante il
sacco di Roma.
Peruzzi ebbe l’incarico di costruire due palazzi separati per i due fratelli, situati su
un’unica area.
L’impianto planimetrico denota la sua abilità nel distribuire numerose sale di
rappresentanza, tutte di forma rettangolare, su un’area disagevole, e nel disporle con
apparente simmetria intorno agli assi principali.
Dalla pianta appare evidente la leggera deviazione degli assi, non percettibile però
guardando l’edificio.
Il palazzo sulla destra della pianta, con la facciata più maestosa, è quello di Pietro
Massimo, mentre quello a sinistra è il palazzo di Angelo, molto più semplice.
La pianta riflette un’altra singolarità, unica per quel tempo, nell’andamento convesso
del prospetto, dovuto all’esigenza di sfruttare al massimo lo spazio esiguo.
E’ difficilissimo avere una veduta soddisfacente della facciata, poiché è eretta su una
curva e di fronte a un incrocio in forma di T che impedisce allo spettatore di potersi
allontanare quanto basta per potere abbracciare con lo sguardo l’intero edificio,
circostanza che forse spiega il diverso modo in cui vennero trattate le facciate dei due
palazzi. La facciata del palazzo di Pietro Massimo è quella in cui si sono voluti
individuare elementi manieristi. Un pesante basamento separato da una cornice
fortemente marcata dal sovrastante piano nobile cui si sovrappongono due
ammezzati. Le colonne sono state spostate dal piano nobile al pianterreno e il bugnato
riveste l’edificio in tutta la sua altezza. Inoltre, le stesse colonne sono sistemate a
ritmo alterno, così che vi sono campate con finestre racchiuse tra lesene, seguite da
una campata con una lesena e una colonna intera, e infine sull’asse centrale nel
portico d’ingresso vi sono campate con colonne binate.
La disposizione complessiva è simmetrica.
Al di sopra della cornice dell’ordine vi è una seconda fascia in pietra che unisce i
davanzali sporgenti delle finestre, mettendo in tal modo in rilievo la fascia orizzontale
che corre lungo il palazzo a circa un terzo dell’altezza totale. La facciata ha un aspetto
alquanto sovraccarico derivante dalla suddivisione tripartita della massa muraria di
bugnato al di sopra di questa fascia mediante le ampie finestre del piano nobile e le
due file di finestrelle di identiche dimensioni negli ammezzati.
Questa infrazione alla normale prassi,ossia ridurre gradualmente le dimensioni delle
finestre a misura che si avvicinavano al tetto, conferisce al palazzo un’aria goffa.
I cortili principali dei due palazzi sono progettati sul modello dell’atrio romano. Peruzzi
superò con grande abilità le difficoltà incontrate nel dare una sistemazione al cortile:
l’ordine inferiore è sormontato da una volta forata che consente di illuminare il portico
interno, ma riduce anche enormemente l’apparente discrepanza fra la sua altezza e
quella del loggiato del piano di sopra. L’espediente prospettico riesce a convincerci
che i due piani siano visivamente uguali. Il loggiato del primo piano ha una ricca
decorazione, come è consono al piano nobile.

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Antonio da Sangallo il Giovane.


La sua architettura ufficiale, accademica, basata su un codice di norme è quindi
facilmente suscettibile di trasmissione: fu una specie di grammatica.
Quest’architettura semplice e banale ha molti pregi come base didattica.
§ S. Spirito in Sassia a Roma.
Costruita da Sangallo nel 1530, ha una facciata a due piani.
§ Palazzo Baldassini a Roma.
Costruito intorno al 1503, l’edificio riflette già il suo stile massiccio, ma alquanto privo
di fantasia.
§ Palazzo Farnese a Roma.
La costruzione iniziò nel 1513 per commissione del cardinale Farnese.
I lavori procedevano a rilento, ma quando nel 1534 il cardinale Farnese divenne papa
Paolo III l’intera pianta fu enormemente ampliata e alterata.
Il palazzo divenne quartier generale della famiglia Farnese, arricchitasi.
Il vasto progetto fu portato avanti dal Sangallo fino alla vigilia della sua morte, nel
1546.
Dopodichè, il papa imbandì un concorso per il disegno del cornicione: fu deciso di
usare un progetto di Michelangelo, mortificando Antonio.
Michelangelo completò gran parte del palazzo, apportando modifiche al progetto
originario.
Il palazzo enorme occupa l’intero lato di una grande piazza ed è ideato come un vasto
blocco di roccia, la cui facciata principale è alta quasi 30 metri e lunga 60. La pianta
consta di un blocco isolato, di forma approssimativamente quadrata, distribuito intorno
a un cortile centrale quadrato. Quasi tutta la parte retrostante del palazzo, compresa
la grande loggia aperta con veduta sul Tevere, fu portata a compimento alla fine del
Cinquecento. Non vi è alcun tentativo di spezzare la vasta superficie muraria mediante
un basamento a bugnato sovrastato da ordini. La tessitura è ottenuta mediante
rivestimenti di conci a bugnato rustico agli spigoli degradanti verso l’alto e la
collocazione e distribuzione dei vani delle finestre.
I piani sono suddivisi da cornici orizzontali fortemente marcate e da fasce di pietra che
corrono sopra i balconi al livello della base delle piccole colonne che inquadrano i vani
delle finestre. Questo tipo di finestra a edicola inserita nella massa muraria omogenea
e compatta si deve a Sangallo ma vi sono due tocchi michelangeliani nella facciata
principale: il cornicione fortemente aggettante, eretto qualche metro più in alto di
quanto avrebbe voluto Sangallo, per evitare che l’ultimo piano apparisse soffocato; il
modo in cui venne trattata la finestra centrale sovrastata dal colossale stemma con le
armi dei Farnesi, posto sopra il portale a bugnato rustico.
In questo modo, la finestra viene messa in risalto dalle ridotte dimensioni e dalla sua
apparente maggior profondità nella superficie muraria: un tipo di enfasi a rovescio
tipica del manierismo di Michelangelo.
Si entra nel palazzo da un unico arco che conduce in n atrio imponente con antiche
colonne di granito che separano il passo carraio centrale dai marciapiedi laterali. Il
cortile, che richiama il Colosseo e il Teatro Marcello, è racchiuso da tre ordini
sovrapposti di loggiati ad arco. E’ evidente che il pianterreno e il primo piano, opera di
Sangallo, dovevano essere semplici loggiati, mentre l’ultimo piano, tutt’altro che
semplice, non è un loggiato e nella sua estrema sofisticatezza è di Michelangelo.
Sembra che il progetto originale di Sangallo prevedesse tre loggiati con archi sostenuti
da pilastri e con un ordine sovrapposto di colonne doriche, ioniche e corinzie inteso più
o meno come motivo decorativo. A un certo punto si manifestò la necessità di
chiudere i loggiati dei due piani superiori ed è evidente che l’ultimo piano fu
progettato da Michelangelo. E’ anche probabile che egli disegnasse il fregio “eretico”
sopra l’ordine ionico, come pure le cornici delle finestre inserite nelle arcate del primo
piano. Si possono vedere ancora oggi uno o due punti in cui i balconi sono stati murati
e sono state inserite delle finestre in quella che una volta era un’arcata a giorno.
Capitolo Nono. MICHELANGELO.
Nacque nel 1475 e morì nel 1564.
Fu architetto, pittore, scultore ma anche poeta e grande religioso.
Affrescò la Cappella Sistina e disegnò il monumento funerario a Giulio II.
§ Progetto per la facciata della chiesa di S. Lorenzo del Brunelleschi a
Firenze.
L’incarico arrivò nel 1516, e consumò vari anni nella progettazione, ma non fu mai
realizzato il progetto.
Ci sono noti descrizioni, disegni e un modello ligneo del progetto, secondo cui
Michelangelo avrebbe voluto disegnare un vasto frontespizio come cornice per un gran
numero di sculture, piuttosto che una facciata che esprimesse la struttura dell’edificio
in termini architettonici.
§ La Cappella Medicea e la Sacrestia Nuova a Firenze.
La progettazione iniziò nel novembre 1520 fino al 1527, in cui venne interrotta dalla
cacciata dei Medici da Firenze, ma proseguì nel 1530, finchè nel 1534 Michelangelo si
stabilì a Roma, lasciando incompiuta sia la cappella che la biblioteca Laurenziana.
L’idea è quella dell’edificio inteso come estensione della scultura.
La cappella era destinata ad accogliere le tombe dei membri della famiglia: fu ideata
come mausoleo o cappella funeraria.
Il progetto complessivo, mai completato, assume il suo pieno significato solo tenendo
conto che le statue dei defunti, dei santi patroni della famiglia, della Madonna col
Bambino e la stessa architettura presuppongono una lettura unitaria che andrebbe
attuata da un punto di vista dietro l’altare e verso l’estremità della cappella, dove si
trova la statua della Madonna.
I due sepolcri portati a compimento, di Lorenzo e di Giuliano de’ Medici, rappresentano
rispettivamente la Vita Contemplativa e la Vita Attiva. La figura contemplativa di
Lorenzo: il capo reclino sulla mano, guarda in basso, verso la Madonna, come anche fa
Giuliano, seppur in atteggiamento più vigoroso.
Le statue sono poste su sarcofaghi simbolici, ciascuno ornato con figure giacenti.
Quelle che rappresentano l’Aurora e il Crepuscolo accompagnano la figura di Lorenzo
mentre il Giorno e la Notte quella di Giuliano. Il progetto originario prevedeva altre due
statue supine a livello del pavimento che avrebbero dovuto correggere l’impressione
che le figure scivolino dal coperchio del sarcofago, e creando una composizione
triangolare possente, culminante con le figure dei componenti de’Medici.
La sistemazione architettonica, con partizioni verticali in tre campate di cui le laterali
hanno nicchie vuote sovrastate da ampi frontoni semicircolari gravita intorno all’effigie
della campata centrale, che riceve un’enfasi negativa dall’essere rinserrata fra lesene
binate, ma che non è sormontata e accentuata da un frontone. La stessa nicchia è più
profonda delle altre vuote ai lati.
A prima vista, abbiamo di fronte la semplicissima struttura di un’edicola che racchiude
una nicchia vuota ed è a sua volta incorniciata da ampie lesene corinzie. Ma più
attentamente, notiamo che il frontone è leggermente troppo largo per lo spazio che
racchiude, così da apparirci malamente schiacciato fra le lesene laterali.
Lo spazio all’interno dell’edicola è più complesso: l’edicola consiste di un frontone
semicircolare che poggia su lesene che però non corrispondono a nessuno degli ordini
classici e hanno inconsueti pannelli incassati sulla fronte; il frontone semicircolare è
doppio alla sommità dell’arco, dove una seconda forma arcuata è sovrapposta al
frontone originale; lo stesso frontone è interrotto alla base e la nicchia sembra
espandersi oltre i propri limiti nello spazio del frontone, mentre la parte inferiore
sembra spinta verso l’esterno dall’inserimento di un blocco di marmo privo di
significato; la parete piana della nicchia è arretrata per poter accogliere una patera e
un festone elegantemente scolpiti.
Gli elementi del lessico classico sono stati trattati brutalmente e rifusi per comporre un
repertorio di forme uniche.

§ La biblioteca Laurenziana a Firenze.


Probabilmente commissionatagli nel dicembre del 1523 o nel gennaio del 524, e nel
1524 furono sottoposti vari progetti alternativi.
Dopo il trasferimento di Michelangelo a Roma nel 1534, l’opera fu portata avanti
dall’Ammannati.
Alcune difficoltà sorsero nel vestibolo, poiché Clemente VII respinse la proposta di
illuminarlo dall’alto, quindi fu costretto ad elaborare una soluzione che tenesse conto
dell’ordine del papa che vi fossero finestre alle pareti laterali. Il livello del pavimento
della biblioteca è notevolmente più alto di quello del vestibolo, essendo sorretto dai
pilastri dei sottostanti edifici monastici preesistenti.
Fu necessario aumentare l’altezza delle pareti del vestibolo per potervi aprire normali
finestre.
Il risultato fu un vano molto più alto che lungo o largo e occupato in quasi tutta la
superficie dal gigante scalone tripartito alla base, che sembra dilagare dal piano della
biblioteca spargendosi sul pavimento come una colata di lava. Le pareti interne del
vestibolo sono trattate come tante facciate, quasi si curvino su se stesse a racchiudere
lo scalone. Le edicole hanno una forma bizzarra, ma la vera bizzarria è il modo in cui le
colonne danno l’impressione di essere incassate rispetto alla parete, anziché sporgere
in fuori; sembrano sorrette da immense mensole inginocchiate: ciò risponde ad una
funzione statica, essendo stata la biblioteca costruita sul preesistente muro maestro
che era l’unica struttura di sostegno delle colonne.
Lo scalone fu completato tra il 1550 e il 1560 dal Vasari e dall’Ammannati, ma non si
sono attenuti alle idee originali di Michelangelo.
§ Basilica di San Pietro a Roma.
Fu il lavoro di maggior impegno, che lo vide impegnato dal 1546 fino alla morte e che
egli considerò la più grande impresa della vita, rifiutando anche il compenso.
§ Campidoglio a Roma.
Centro del governo dell’Urbe, riferito come al centro del mondo, al Caput Mundi,
necessitava di ristrutturazione e di rivisitazione dell’assetto, che ora doveva essere più
consono e doveva assumere un significato politico di grande importanza.
Nel 1538 vi fu trasferita la statua equestre di Marco Aurelio.
Michelangelo iniziò a preparare i disegni dal 1546, ma i lavori procedettero con
estrema lentezza e dopo la morte di Michelangelo, Giacomo della Porta vi apportò
delle modifiche.
Dai disegni si desume che Michelangelo volesse cingere l’intero spazio in uno schema
trapezoidale con la base maggiore del trapezio chiusa dal Palazzo Senatorio, effettiva
sede del governo di Roma, e quella minore aperta sulla scalinata che scende giù per la
collina.
Questo schema trapezoidale viene evidenziato dal disegno ovale della pavimentazione
nello spazio centrale che gravita attorno alla statua di Marco Aurelio; la revisione di
Della Porta del disegno complessivo modificò le forme e alterò la gravitazione verso
l’interno in un’espansione verso l’esterno, mutando il disegno della pavimentazione e
sostituendo con 4 strade che si aprono ai 4 angoli le 3 proiezioni della pianta di
Michelangelo.
Recentemente la pavimentazione è stata risistemata secondo il disegno originale di
Michelangelo, mantenendo comunque le 4 vie, con il risultato più confuso di prima.
Della Porta modificò anche i palazzi prospicienti introducendo l’ordine gigante: una
lesena o una colonna che abbraccia due piani.
Qui le lesene poggiano su alte basi, ma servono per raccordare i due piani dell’edificio,
nel primo dei quali vi è un altro motivo nuovo nelle colonne sovrastate da una
trabeazione invece che da un’arcata. Il rapporto fissato tra l’ordine gigante di lesene,
le colonne al pianterreno e le colonnine affiancate alle finestre a edicola nel piano
superiore ha un’estrema complessità che si discosta dalle semplici proporzioni tipiche
del Quattrocento.
Appartengono al Manierismo i particolari delle finestre, o il pannello su cui poggia
apparentemente l’ordine gigante.
§ Cappella Sforza nella Basilica di S. Maria Maggiore a Roma.
Notevole è il tentativo sofisticato di volta.
§ Prospetto di Porta Pia a Roma.
La porta fortificata fu iniziata nel 1562, ma eseguita in gran parte dopo la morte di
Michelangelo.
Egli tramandò tre disegni del progetto, in cui le forme sono divenute ancor più
complesse, come, per esempio, nell’inserimento di un frontone curvo spezzato in un
frontone ininterrotto triangolare.
Egli mostra interesse per i contrasti della trama compositiva, espressi nelle superfici
murarie lisce della parte centrale e nella muratura grezza delle campate laterali.
Altra inventiva è presentata nelle finestre cieche.

Capitolo Decimo. SANMICHELI E SANSOVINO.


Sanmicheli e Sansovino furono funzionari stipendiati della Serenissima.

Michele Sanmicheli.
Nel 1527 tornato a Verona, iniziò una lunga carriera come architetto militare della
Repubblica.
§ Porta del Palio a Verona.
Ha un rivestimento esterno a bugnato interrotto per mettere a nudo un secondo strato
di bugnato, creando un’impressione di scabra solidità in deliberato contrasto con il
porticato della facciata interna verso la città.
La parte esterna, esposta al tiro dei cannoni, è anch’essa trattata con una tale
ricchezza nell’ordine dorico.
§ Porta Nuova a Verona.
Anch’essa sembra inespugnabile grazie agli attenti accorgimenti usati nel rivestimento
a bugnato, nella scanalatura delle colonne e nelle pesanti chiavi sopra i piccoli archi.
§ Palazzo Pompei a Verona.
Iniziato forse intorno al 1530.
Esso consta di 7 campate con l’ingresso principale collocato in quella centrale,
leggermente più larga di quelle laterali con finestre. Agli angoli dell’edificio è racchiuso
da una colonna e una lesena binate e l’articolazione diventa regolare, ma con lievi
accentuazioni del centro e degli spigoli.
Il pianterreno è parte integrante del palazzo, cioè non è adibito a botteghe
commerciali.
§ Palazzo Canossa a Verona.
L’impianto planimetrico riflette un allontanamento dal tipo romano.
Il retro declina verso il rapidissimo Adige rendendo inutile un quarto muro, sì che il
cortile a tre lati si apre sul fiume.
L’ingresso principale presente una triplice arcata e il pianterreno gode di finestre a
mezzanino.
La facciata nel complesso riflette la tipica suddivisione in un basamento a bugnato e in
un piano nobile liscio, in cui si aprono ampie finestre separate da lesene binate. Le
finestre del mezzanino vengono ripetute anche nel piano nobile, risolvendo il problema
dello spazio abitabile a scapito di una certa nettezza formale.
La facciata, racchiusa agli angoli da lesene sovrapposte, è scandita da lesene binate e
ampie finestre a tutto tondo.
Queste sono impostate su una modanatura fortemente aggettante che prosegue
lateralmente fino alle lesene, raccordate da una sorta di pannello piatto che collega
due campate attigue passando dietro le lesene stesse. L’effetto che ne deriva è
marcatamente orizzontale.

§ Palazzo Bevilacqua a Verona.


Di difficilissima datazione, ma probabilmente risalente al decennio 1540-50.
La facciata presenta un gioco estremamente complesso di intreccio di motivi.
Il basamento a bugnato è pesantemente intessuto mediante riquadrature taglienti, ha
un ordine di lesene bugnate e vi sono chiavi d’arco raffinatamente scolpite al vertice
delle finestre.
Gli stessi vani delle finestre e della porta scandiscono un ritmo alterno ABABA di
campate piccole e grandi, il che comporta che le campate del piano nobile debbano
seguire questo schema alterno e non possono avere identiche dimensioni. Ciò ha
portato all’adozione nel piano nobile del motivo ad arco trionfale in modo tale da avere
un piccolo arco sormontato dalla piccola finestra dell’ammezzato seguito da un grande
arco e di nuovo una piccola fienstra.
Le campate compongono un ritmo ABA, ma vi sono contrappunti introdotti dai piccoli
frontoni sopra gli archi minori alternativamente triangolari e semicircolari. Pertanto, la
facciata dovrebbe essere letta ABCBCBA, basandosi sul fatto che l’intenzione originaria
fosse di collocare l’ingresso principale sull’asse centrale e non nella seconda campata
di sinistra, dove è attualmente. Si è spesso avanzata l’ipotesi che il palazzo sia
incompleto ( 11 campate al posto di 7).
Il tessuto delle colonne che separano le campate nel piano nobile presentano tutte
una scanalatura a spirale, e l’ordine e la trabeazione sono molto decorati; ma le
scanalature hanno un ritmo proprio che, partendo dall’angolo sinistro, è rettilineo, a
spirale verso sinistra, a spirale verso destra, rettilineo, rettilineo: ABCAABCA,
sovrapposto al ritmo delle campate con finestra, e nella sua forma attuale il palazzo è
simmetrico con la sola eccezione della campata con l’ingresso, che è decentrata.
Nelle campate minori i frontoni sopraelevati sono sormontati dalle piccole finestre del
mezzanino, mentre i pennacchi sono decorati con raffinate sculture.
Il senso di disagio derivante dalle finestrelle del mezzanino, dalle sculture
estremamente ornate e dal cornicione, nonché dal rivestimento in bugnato del
pianterreno ha adottato palazzo Bevilacqua tra i palazzi manieristici.
§ Cappella Pellegrini a Verona.
La pianta è la riproduzione quasi letterale del Pantheon.

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Jacopo Sansovino.

§ Statue di Marte e Nettuno a Venezia.


Si innalzano gigantesche a simbolizzare la potenza veneziana in terra e in mare alla
sommità della scala dei Giganti nel palazzo ducale.
Risalgono alla fine della sua carriera.
§ Biblioteca Marciana a Venezia.
Occupa il lato della piazzetta di S. Marco di fronte al palazzo ducale.
Il nucleo originale fu donato nel 1468 dal cardinale Bessarione a Venezia in segno di
gratitudine.
Solo dopo si decise di erigere un maestoso edificio che potesse accogliere i volumi,
così nel 1537 Sansovino iniziò i lavori.
La biblioteca fu terminata dopo la sua morte (1583-88) da Vincenzo Scamorzi.
Il 18 dicembre 1545, in seguito a una forte gelata, parte della volt crollò e Sansovino
fu imprigionato.
Sansovino fu chiamato a disegnare un edificio di fronte alla basilica di S. Marco e al
palazzo ducale, che fosse all’altezza di entrambi, senza venire in urto con essi né
minimizzare la loro importanza.
Doveva inoltre sistemare la biblioteca in modo tale che formare la parte essenziale
della piazzetta e di piazza S. Marco.
La soluzione si basa su una lunghissima e ininterrotta facciata che corre parallela alla
lunga facciata del palazzo ducale e che ha una corrispondente facciata di risvolta sul
lato che fiancheggia la laguna.
Mantenendo la linea del tetto più bassa di quella del palazzo ducale, evita di dominare
la scena ma, concedendo largo spazio alle decorazioni scolpite e attraverso un gioco
chiaroscurale raffinato, riesce a rivaleggiare con l’eleganza e il colore la basilica di S.
Marco e il palazzo ducale.
Aggiunse poi pesanti pilastri agli angoli e diede alla metopa una forma leggermente
più larga del solito, adeguandola alla larghezza del pilastro.
Il piano nobile ha un ordine ionico ed è quindi più alto del portico del pianterreno, il
quale però non fa parte dell’edificio in quanto è inteso come riparo per i pedoni.
La biblioteca vera e propria è al primo piano e la differenza di proporzioni è occupata
dagli archi più piccoli delle finestre della biblioteca sorretti da un ordine separato e più
piccolo.
Queste colonne ioniche più piccole sono scanalate, in maniera da non contrapporsi
troppo alle colonne più grandi e lisce accanto a loro. L’ordine più grande è sovrastato
da una trabeazione con un fregio troppo alto in rapporto all’ordine sottostante; fra le
eleganti sculture del fregio si aprono gli occhi ovali dell’attico.
L’effetto complessivo è di grande semplicità di linee, poiché gli archi sono ripetuti sulla
lunga facciata fino alla piazzetta, ma allo stesso tempo la trama della superficie
muraria e il contrasto fra luce e ombra sono della massima ricchezza.
§ La Loggetta del Campanile a Venezia.
Fu ideata in modo tale da armonizzare fra loro la verticalità della torre e l’orizzontalità
della lunghissima facciata della biblioteca.
La forma è quella di un unico portico sormontato da un attico, diviso in pannelli e
ornato dai rilievi.
L’uso del ritmo dell’arco trionfale con nicchie occupate da statue si lega nell’insieme
alla facciata della biblioteca.
La loggetta attuale (l’originale andò distrutta nel crollo del campanile) è una
ricostruzione del 1902.
§ La Zecca a Venezia.
Iniziata nel 1537 e terminata nel 1545, è attigua alla biblioteca sul lato che dà sulla
laguna, all’estremità opposta.
Originariamente era a due soli piani.
Introdusse, con questa costruzione estremamente solida, l’ordine rustico a Venezia,
grazie alle pesanti colonne bugnate.
§ Palazzo Corner a Venezia.
Iniziato nel 1537 e terminato solo dopo la sua morte, su committenza di una famiglia
privata.
Qui viene ripreso il basamento a bugnato con il grande portale a triplice arcata.
Al pianterreno si aprono piccole finestre sormontate dalle finestrelle dell’ammezzato, e
il piano nobile e quello superiore sono trattati allo stesso modo.
Le finestre al centro della facciata,che illuminano il gran salone sono indistinguibili
dalle due paia di finestre ai loro lati, che sono collocate fra semicolonne binate,
separate dallo stipite delle finestre stesse da uno spazio esiguo. Le finestre laterali
hanno balconi autonomi, mentre le tre finestre del gran salone danno su un balcone
unico.

Capitolo Undicesimo. SERLIO, VIGNOLA E IL TARDO CINQUECENTO.

Sebastiano Serlio. trattatista


Nel 1537 pubblicò il prospetto di un Trattato di Architettura in sette libri + un ottavo e
diede alle stampe il Libro Quarto, intitolato “Regole generali di architettura (..) sopra le
cinque maniere degli edifici (..) con gli esempi delle antichità, che per la maggior parte
concordano con la dottrina di Vitruvio.”
Il più importante fu il Libro Extraordinario.
Costituisce il primo manuale pratico dell’arte architettonica.
E’ il primo libro illustrato, nel senso che al testo è la funzione di spiegare solo le
illustrazioni.

Giacomo Barozzi da Vignola. trattatista


Fissò due nuovi tipi di chiesa nel momento in cui la Controriforma dava un forte
impulso all’edilizia ecclesiastica.
Importante fu il disegno per Gesù, la chiesa madre della compagnia di Gesù.
1535-eseguiva disegni degli antichi monumenti romani.
§ Villa per Giulio III a Roma.
Dopo il 1550, concepita come il Belvedere di Giulio III, in contrapposizione l Belvedere
di Giulio II del Bramante.
§ Villa Giulia.
§ Palazzo Farnese a Caprarola, vicino Viterbo.
§ S. Andrea in via Flaminia.
Fu terminata nel 1554.
E’ il primo esempio di edificio religioso con cupola ovale, che deriva dalle tombe
romane (tomba di Cecilia Metella). Egli ha preso una pianta quadrata sormontata da
una cupola circolare e l’ha allungata su un asse, ottenendo uno schema che “a pianta
centrale allungata”.
L’interno della chiesa, con i suoi semplici ed austeri pannelli, mostra come la pianta si
venne trasformando da un quadrato sormontato da un cerchio in un rettangolo
coperto da una cupola ovale.
§ S. Anna dei Palafrenieri in Vaticano.
Ora inaccessibile.
Fu iniziata tra il 1572-73 e portata a compimento dal figlio del Vignola. La facciata
rimane piana nonostante la cupola ovale sia espressa internamente su pianta.
§ Chiesa del Gesù a Roma.
La chiesa non fu iniziata prima del 1568: fu progettata per contenere vaste
congregazioni di fedeli che fossero tutti in grado di ascoltare le prediche.
Dalla lettera del cardinale Farnese, Vignola ebbe desunto di dover disegnare un
edificio con ampia navata e una volta a botte per motivi acustici.
L’impianto planimetrico è caratterizzato da cappelle laterali che sostituiscono le
navate.
La parte absidale con la grande cupola sulla crociera fu concepita per consentire che
l’altare maggiore e quelli laterali, dedicati a S. Ignazio e a S. Francesco Saverio,
fossero inondati di luce.
L’interno risale quasi completamente alla fine del seicento e all’Ottocento.
La costruzione non aveva raggiunto l’altezza del cornicione quando nel 1573 Vignola
morì e le sue intenzioni originali subirono alterazioni, anche per quanto riguarda la
facciata.
Opera di Giacomo Della Porta, la facciata offre una soluzione meno soddisfacente di
quella del Vignola, a due piani, con il corpo verticale centrale fortemente in risalto.

1562-Trattato “Regola delli cinque ordini d’architettura” su modello di Serlio, che si


occupa solo di particolari degli ordini classici.

§ Porta degli Orti della Farnesina a Roma.


Demolita nel 1880, ma se ne conservano le pietre ed è stata ricostruita a Roma.

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Giacomo Della Porta.


“Architetto del popolo romano”
Influenzato dal Vignola, sviluppò uno stile classicista asciutto e privo di inventiva e
precisione.
§ facciata Chiesa del Gesù a Roma.
§ S. Atanasio a Roma.
Importante per le sue due torri.

Giacomo Del Duca.


Figura misteriosa.
Probabilmente siciliano, operò a Messina, con il risultato che le sue opere furono
distrutte dal famoso terremoto.
Pertanto, unica testimonianza del suo stile è a Roma.
§ S. Maria di Loreto a Roma.
Cominciata da Antonio da Sangallo il Giovane, cui egli succedette nel 1577.
Spezzò il frontone e vi inserì un’ampia finestra sormontata da un tamburo e da una
cupola, con il risultato che la parte superiore nel suo insieme è sproporzionatamente
grande.
Evidenti sono i possenti costoloni e la proiezione delle colonne all’esterno dell’anello
alla sommità della cupola.

Guidetto Guidetti.
§ S. Caterina dei Funari a Roma.
Datata 1564.

Domenico Fontana.ingegnere
Al servizio di papa Sisto V, con cui decise di trasformare Roma.
1585-trasportò l’obelisco su un lato di S. Pietro nell’attuale posizione, dinanzi alla
chiesa.
L’immenso obelisco di granito fu sollevato verticalmente, adagiato su rulli, trascinato
fino alla piazza e lì di nuovo eretto.
Gli fu conferito un titolo nobiliare.
Scrisse un libro sull’impresa.
Eresse numerosi altri obelischi agli incroci delle grandi strade di Roma;
Portarono anche acqua supplementare a Roma: ciò consentì la costruzione di interi
nuovi quartieri, nonché il sorgere delle numerose e famose fontane romane.
Un’idea infelice, fortunatamente mai realizzata, fu quella di trasformare il Colosseo in
una filanda.
Gran parte degli attuali palazzi vaticani e del Palazzo Laterano sono del Fontana.
Dopo la morte del suo patrono, Fontana si trasferì a Napoli e qui morì nel 1607.
Era zio di Carlo Maderno.

Capitolo Dodicesimo. I MANIERISTI FIORENTINI E PALLADIO.


Tardo Cinquecento.
Ammannati.
§ Villa Giulia a Roma.
Insieme al Vasari e al Vignola.
§ ampliamento e modifica di Palazzo Pitti a Firenze.
Tra il 1558 e il 1570, su commissione di Cosimo I.
Ad egli sono attribuite le vaste ali retrostanti e la sistematica estensione all’intero
complesso di un rivestimento rustico dall’effetto monumentale schiacciante.
Gli aspetti più evidenti del suo stile sono l’ordine rustico del cortile e l’effetto di trama
serrata.
§ Ponte di S. Trinità sull’Arno.
Distrutto da un’alluvione, fu ricostruito fra il 1566 e il 1569 su archi piatti.
Il ponte fu poi vergognosamente distrutto nel 1944, poi ancora ricostruito.
§ Fontana di Nettuno in piazza della Signoria a Firenze.
1563-1574.
Giorgio Vasari.
1550-“Vite dei più eccellenti pittori, scultori e archi tettori”.
§ Villa Giulia a Roma.
Insieme all’Ammannati e al Vignola.
§ S. Maria Nuova vicino Cortona.
1554.
§ Palazzo degli Uffizi a Firenze.
Dal 1560 alla morte, nel 1574, su commissione di Cosimo I.
Ospita la Galleria degli Uffizi, un tempo era destinato ad accogliere gli “uffizi”
amministrativi dello Stato toscano.
Lo successe Buontalenti.
Buontalenti.
§ Villa di Pratolino.
Costruita per i Medici, ora distrutta.
§ Palazzo degli Uffizi a Firenze.
Attivo qui dal 1574.
Qui disegnò la Porta delle Suppliche.
Sormontata da un frontone spezzato in due segmenti addossati.
§ Scala dell’altare della SS.Trinità a Firenze.
Ora a S.Stefano. Progettata nel 1574.
§ Casino Mediceo.
Sito accanto a S. Marco. Diede l’avvio ai lavori nel 1574.

§ Nuova facciata della SS.Trinità a Firenze.


1593-94
§ Loggia de’ Banchi a Pisa.
Iniziata nel 1605.
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Andrea Palladio.
1570- Trattato “Quattro libri dell’architettura”
Gli elementi classici del suo stile derivano dallo studio diretto dei monumenti superstiti
a Roma, dove si recò a varie riprese.
§ rivestimento della vecchia basilica o Palazzo della Regione a Vicenza.
Presentò un modello ligneo che fu approvato dal Consiglio dei Cento nel 1549.
Risolse il problema della stabilità della vecchia basilica sostenendola all’esterno
mediante un duplice loggiato.
Gli elementi usati sono della massima semplicità e la soluzione base fu
necessariamente condizionata dall’uso degli ordini: dorico a pianterreno e ionico al
piano superiore.
I grandi pilastri con le colonne addossate fungono da sostegno e gli spazi fra questi
punti di sostegno possono essere presi da ampi archi e colonne più piccole (motivo
palladiano).
L’effetto architettonico dipende dal gioco chiaroscurale negli archi, in contrasto con le
solide masse murarie, ma anche dagli accorgimenti nella scelta delle aperture e degli
elementi architettonici.
Egli interruppe la trabeazione all’altezza di ogni colonna dandole un forte aggetto,
mettendo in risalto le sporgenze piuttosto che l’orizzontalità, che costituisce un
aspetto marcato della biblioteca.
Le proporzioni degli archi, gli spazi rettangolari più piccoli ai lati e le aperture circolari
sopra di essi sono stati tutti oggetto di attente considerazioni ed un ultimo tocco è
dato dal modo in cui i motivi agli angoli hanno aperture laterali più strette per mettere
in risalto le colonne binate che inquadrano la facciata e per dare un’apparenza di
maggiore solidità e pesantezza agli spigoli dell’edificio.
§ Palazzo Porto a Vicenza.
1552.
La pianta deriva dal tipo antico di casa con blocchi disposti simmetricamente sui due
lati di un grande cortile quadrato circondato da un ordine gigante di colonne, in cui
viene riprodotto l’atrio classico.
La pianta rivela un susseguirsi di ambienti di forme diverse, ciascuno proporzionato a
quello dell’ambiente vicino. Guardando la parte sinistra della pianta abbiamo una sala
centrale di 30 piedi quadrati, che conduce su ciascuno dei fianchi, in un ambiente di
30x20 piedi, che a sua volta immette in un vano di 20 piedi quadrati.
§ Palazzo Chiericati a Vicenza.
Iniziato dopo il 1550, ideato come parte di un foro, di modo tale che gli attuali
colonnati avrebbero dovuto inserirsi in un più vasto disegno urbanistico anziché
appartenere a un edificio isolato, come ora.
Il palazzo oggi ospita il museo civico vicentino, è relativamente piccolo e le grandi
logge a giorno occupano uno spazio sproporzionato.
§ Palazzo Thiene a Vicenza.
Eretto nel 1556, presenta una pianta con ambienti proporzionati tra loro ma variegati
nella forma.
Una peculiarità è data dall’idea di una serie di festoni a livello dei capitelli, eliminata
nell’esecuzione dell’edificio.
§ Palazzo Valmarana a Vicenza.
Eretto nel 1566, presenta il manierismo estremo della campata terminale, con una
finestra sormontata da un frontone e affiancata da una statua, mentre le altre
campate del piano nobile hanno tutte finestre rettangolari racchiuse fra le paraste
dell’ordine gigante.

L’uso dell’ordine gigante è accompagnato al pianterreno da piccole lesene che


sostengono una trabeazione diritta. Anche qui troviamo la trama del bugnato.
§ Palazzo dei Porto detto “Casa del Diavolo” a Vicenza.
1571, frammento di palazzo.
§ Teatro Olimpico a Vicenza.
Negli ultimi mesi della sua vita, progettò un teatro per l’Accademia vicentina.
Si basa sull’antico principio romano di uno scenario architettonico fisso e complesso
preceduto da un palcoscenico. La cavea ha andamento semicircolare o semiellittico,
con una ripida gradinata che si eleva fino al livello di un colonnato che circonda il retro
del teatro.
E’ coperto da un tetto e ha il soffitto piano con la finzione pittorica del cielo e delle
nuvole.
Lo scenario fisso dietro il palcoscenico, eseguito dallo Scamozzi, discepolo del Palladio.
Dando una leggere pendenza ascensionale al retroscena e restringendo i passaggi in
modo da accentuare la profondità illusionistica delle strade, si ottiene in uno spazio
esiguo un complesso effetto prospettico.
§ facciata Chiesa di S. Francesco della Vigna a Venezia.
Sovrapposizione di due distinte fronti di tempio.
La navata centrale viene trattata come un tempio alto e stretto, con quattro grandi
colonne poggiate su un alto basamento che sostengono un frontone fortemente
marcato. Queste colonne sembrano interrompere la continuità della cornice che forma
la parte inferiore di un secondo frontone, molto più ampio, sorretto da numerose
colonnine, che si estende sull’intero prospetto della chiesa.
§ Chiesa di S. Giorgio Maggiore a Venezia.
Fu iniziata nel 1566.
Sovrapposizione di due distinte fronti di tempio.
La navata centrale viene trattata come un tempio alto e stretto, con quattro grandi
colonne poggiate su un alto basamento che sostengono un frontone fortemente
marcato. Queste colonne sembrano interrompere la continuità della cornice che forma
la parte inferiore di un secondo frontone, molto più ampio, sorretto da numerose
colonnine, che si estende sull’intero prospetto della chiesa.
Fu creato uno schermo aperto al di là del quale lo spettatore può vedere dalla navata il
coro monastico.
Quest’effetto fu raggiunto forando una parete piana e facendola poggiare su due
colonne collocate dietro l’altare maggiore.
§ Chiesa del Redentore a Venezia.
Fu eretta nel 1576, come offerta votiva per la cessazione di un’epidemia di peste.
Sovrapposizione di due distinte fronti di tempio.
Ha tre frontoni, di cui quello ampio del settore centrale è addossato a un attico alto e
rettangolare.
L’effetto complessivo è di estrema compattezza e di crescente ascesa verso la cupola.
Le parti laterali della chiesa non sono vere e proprie navate, ma soltanto pareti
terminali delle cappelle laterali.
Fu creato uno schermo aperto al di là del quale lo spettatore può vedere dalla navata il
coro monastico.
Qui la forma semicircolare del colonnato dà allo spettatore l’impressione di guardare
attraverso l’abside della chiesa. L’effetto dell’alternarsi di spazi vuoti e pieni è
fortemente accentuato dalle colonne sporgenti che chiudono la navata così che lo
spettatore che sosta in quel punto, si trova in uno spazio rettangolare circoscritto a
levante dai gradini e dalle colonne e dai muri fortemente sporgenti, dietro i quali la
crociera viene percepita come uno spazio circolare chiuso che si innalza verso la
cupola ed è riaperto nella parte terminale orientale del diaframma di colonne.
Il gioco della luce cambia continuamente nel semplice, pallido interno, creando effetti
spaziali, che mutano in base all’ora e alle stagioni.
Capitolo Tredicesimo. LE VILLE: VIGNOLA E PALLADIO.

La villa suburbana era nata dal desiderio di fuggire dalla città.


C’è differenza tra la villa (fattoria) e la villa suburbana.
Quest’ultima era sempre costruita al di fuori delle mura cittadine ed era ideata come
luogo di delizie in cui trascorrere brevi soggiorni.
Erano in genere così vicine alla città che non disponevano di camere da letto ed erano
concepite come luoghi in cui passare nella quiete e nella pace una giornata di
eccessiva calura. Appartenevano a famiglie abbienti ed erano spesso autosufficienti
nel senso che l’annessa fattoria forniva al palazzo di città il fabbisogno d’olio, grano e
vino.
Un tipo totalmente diverso di villa è rappresentato dagli uffici che alcuni cardinali e
alcuni papi cominciarono a farsi costruire sui colli romani. Differiscono per la loro
maggiore complessità e per gli stupendi giardini che spesso le circondano.

Giacomo Barozzi da Vignola


§ Villa Giulia a Roma.
Fu costruita nella periferia romana per Giulio III ed è ora sede del Museo di Antichità
etrusche.
I lavori furono realizzati tra il 1550 e il 1555 e sappiamo che vi collaborarono
l’Ammannati e Vasari, che sembra fungesse da sovrintendente, mentre lo stesso
pontefice e Michelangelo avrebbero dato una mano al progetto.
Sembra tuttavia che la palazzina sia del Vignola, mentre il giardino e gli edifici qui
eretti siano dell’Ammannati.
Una medaglia del 1553 mostra che nella sua esecuzione l’edificio rispetta
sostanzialmente il disegno originario, sebbene siano state eliminate due piccole
cupole.
Il marcato contrasto fra l’esterno e l’interno della villa, quale emerge dalla pianta, è
mantenuto nel prospetto.
La facciata dell’edificio è austera e semplice, scandita da finestre dalle cornici
alquanto elaborate e con una marcata enfasi sull’elemento verticale centrale che
riproduce un doppio arco trionfale.
L’ingresso principale, anch’esso a forma di arco trionfale, è contornato da un pesante
bugnato e questo rivestimento rustico, unito al formalismo dei motivi dell’arco
trionfale, conferisce alla facciata un tono severo. La villa vera e propria, o casino, è
piccolissima non essendo destinata a essere abitata per la sua vicinanza ai palazzi
vaticani. Una volta varcato l’ingresso principale, si è colpiti dal contrasto tra la facciata
esterna e quella interna, che consta di un colonnato semicircolare sormontato da una
superficie liscia trattata a pannelli. Il nesso fra facciata interna ed esterna viene
stabilito dalla ripetizione del motivo dell’arco trionfale al centro e dai grandi archi alle
due estremità.
Il colonnato vero e proprio è sovrastato da trabeazioni dirette portate dalle colonne.
La forma semicircolare e l’eleganza plastica della villa contrastano con il porticato, o
ninfeo, posto al centro del giardino. Il ninfeo, opera dell’Ammannati, il ninfeo ripete la
disposizione della villa nella facciata piana con una profonda curva rientrante nel retro,
che è occupata da due scalinate che portano nel giardino ornato con giochi d’acqua.
§ Castello di Caprarola vicino Viterbo.
Residenza estiva del presidente della Repubblica.
Iniziata nei primi anni del secondo decennio del Cinquecento da Antonio da Sangallo il
Giovane e dal Peruzzi, era destinata ad accogliere i quartieri generali della famiglia
Farnese arricchitasi di recente.
Situato al centro dei loro vasti possedimenti, il poderoso edificio deve probabilmente a
questa sua posizione la inconsueta pianta pentagonale, che all’epoca era il tipo di
pianta più diffuso nella costruzione di fortilizi.
I primi architetti, cui succedette nel 1559 il Vignola (che lavorò all’edificio fino alla
morte nel 1573), fissarono sia questo tipo di pianta che il cortile interno
completamente circolare.
Il prospetto mostra enormi bastioni e sagoma pentagonale fissata dai primi architetti,
che probabilmente progettarono anche il porticato sottostante le grandi scalinate.
Il portale d’ingresso è probabilmente del Vignola, come anche la parte superiore, oltre
il piano nobile.
La suddivisione in elementi verticali con superfici neutre alle estremità e l’intelaiatura
decorativa ottenuta mediante il rivestimento di conci agli spigoli sono caratteristiche
del suo stile; come pure tipicamente suoi sono l’effetto piatto, quasi si trattasse di
pannelli, prodotto dalle lesene e dalle modanature della loggia del primo piano. Alle
due estremità della loggia c’è una campata chiusa con una finestra sovrastata da
elementi decorativi.
La parte superiore dell’edificio consiste di un piano sormontato da un ammezzato
raccordato al piano nobile da lesene sistemate in corrispondenza con quelle
sottostanti. La facciata denuncia la distribuzione disagevole e contratta degli ambienti
e questi piani superiori sono stranamente congegnati per potersi inserire dietro le
lesene.
Si dovette affrontare il problema di predisporre un numero di ambienti sufficiente ad
accogliere il numerosissimo seguito che accompagnava i Farnese nelle loro visite, oltre
a quello della sistemazione di coloro che vi risiedevano abitualmente.
Questa non è proprio una villa, ma un castello. Il cortile interno si basa di nuovo sulle
descrizioni di un cortile rotondo di Plinio.
Il pianterreno è rivestito da bugnato e il sovrastante piano nobile ha colonne alternate
ad archi.
Le campate constano in una piccola apertura rettangolare fiancheggiata da
semicolonne e seguita da un’ampia apertura a tutto tondo. Il cornicione si spezza
formare una sporgenza su entrambe le colonne, mentre le basi sono separate. La
superba scalinata a spirale è ricca di decorazioni.
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Michelozzo.
§ Villa Medicea di Careggi.
Originariamente Careggi era una fattoria trecentesca, che Michelozzo modificò nel
Quattrocento.
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Giuliano da Sangallo.
§ Villa Medicea di Poggio a Caiano.
Giuliano da Sangallo, fra il 1480 e il 1490, la trasformò.
L’attuale scalinata a ferro di cavallo risale al Seicento, ma nell’ampio colonnato,
sproporzionato, sormontato da un frontone, troviamo la prima applicazione a una villa
della fronte classica di un tempio.
La planimetria è rigorosamente simmetrica.
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Sanmicheli.
§ Villa Soranza.
Fu costruita intorno al 1545-55, ma è andata distrutta.
Si sa che il blocco principale di edifici era collegato con dei muri alla fattoria.
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Sansovino.
§ Villa Garzone.
Risale al 1540 circa.
Consiste di una doppia loggia con due avancorpi sistemati con criteri di simmetria.
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Trissino.
§ Villa Cricoli.
Fu costruita intorno al 1536-37, basata sulle descrizioni di Vitruvio e sull’illustrazione
nel trattato del Serlio di Villa Madama.
Consiste di una doppia loggia, incorniciata da due torri leggermente sporgenti, e la
forma base della pianta è simile a quella della Farnesina, salvo nella sporgenza delle
ali.
La pianta mostra una rigida simmetria della disposizione e la distribuzione degli
ambienti è effettuata in modo tale che non soltanto ciascuno di essi abbia una propria
proporzione matematica, che faccia parte di un insieme di ambienti che si susseguono
a formare un’armonia matematica globale. Ciascuno dei tre ambienti ai lati ha la
stessa larghezza, mentre le lunghezze variano, così che se la sala centrale è quadrata
gli ambienti laterali hanno un rapporto approssimativo di 3:2 in ciascun caso.
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Andrea Palladio.
§ Villa Godi a Lonedo.
Qui il principio di collegare la casa padronale alla fattoria è realizzato nella pianta
mediante muri e colonnati, mentre il principio della varia successione degli ambienti si
desume dalle cifre 16:24:36 che condizionano le dimensioni degli stessi ambienti.
La parte mediana, composta da una scalinata che conduce all’ingresso a tre archi della
loggia, è rientrata, ma nella facciata opposta il settore mediano sporge quanto rientra
l’altro, sicchè nel complesso la forma è quasi cubica. Qui è assente la sovrapposizione
della fronte di un tempio classico a una casa di campagna.
Tuttavia, la loggia a tre archi dell’ingresso esprime questo concetto seppur in forma
rudimentale, presente in tutte le piante sviluppate.
§ Villa Malcontenta.
Eretta nel 1560.
Il portico erto su un alto basamento fiancheggiato da scalinate sui due lati è il motivo
principale della villa.
Lo schema planimetrico mostra una tipica disposizione di vani basata su un blocco
della larghezza pari a una volta e mezza la sua profondità, con una vasta sala centrale
cruciforme ed ambienti distribuiti intorno ai bracci della croce in una proporzione
ritmica attentamente studiata.
§ Rotonda a Vicenza.
Fu costruita negli anni 1567-69 e completata dopo la morte del Palladio dal discepolo
Vincenzo Scamozzi.
E’ la più rigidamente simmetrica delle ville palladiane, si trova appena fuori Vicenza.
La pianta indica che la casa è completamente simmetrica intorno a una sala centrale
circolare, e la simmetria è sviluppata fino al punto che il portico dell’ingresso
principale viene effettivamente ripetuto sui tre lati.
La sala principale è posta sull’asse centrale ed è illuminata da una cupola.
Scamozzi alterò la forma della cupola ed eresse l’attico.
§ Villa Mocenigo sul Brenta.
Progettata e mai eseguita per Leonardo Mocenigo.
Il disegno si presenta complesso: consta di un vasto blocco cubico con un portico su
ogni fronte e con un atrio al centro della villa. Gli edifici annessi sono collegati al
blocco principale da quattro colonnati quadrati disposti simmetricamente. Le vedute
principali sono due: una dal lato con il portico sistemato fra due blocchi rettangolari, e
l’altra, la più importante, dal retro e dalla frutta in cui i colonnati si spalancano come
braccia, quasi ad accogliere il visitatore.

§ Villa Barbaro a Maser.


Risale all’incirca al 1560 e offre un esempio ben conservato del tipo semplice della
fattoria.
E’ importante per la serie di affreschi illusionistici del Veronese: è uno dei primi esempi
moderni di pittura paesaggistica su vasta scala fine a se stessa, sebbene simili
affreschi abbiano certamente decorato le ville antiche; quest’incontra tra grande
architettura e grande pittura segna uno dei momenti più felici del Rinascimento
italiano. Proprio questa capacità di fondere due o più arti era destinata a diventare una
delle caratteristiche dello stile barocco.
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Vincenzo Scamozzi.
1615-Trattato “Dell’idea dell’Architettura universale”.
§ Procuratie Nuove a Venezia.
E’ l’elemento principale di piazza S. Marco a Venezia, di fronte alla Biblioteca del
Sansovino.
§ Villa Molin vicino Padova.
Eretta nel 1597.
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Giacomo Della Porta.
§ Villa Aldobrandini.
Costruita tra il 1598 e il 1603.
La stessa villa con un enorme frontone spezzato offre un efficace esempio dello stile
manierista del Della Porta; ma la sua bellezza deriva in massima parte dalla sintesi tra
la ricchezza decorativa delle opere scultoree, la semplicità delle sue forme
architettoniche, il verde della natura e quelle meravigliose fontane la cui musica
riecheggia nella notte romana.

§ Villa d’Este a Tivoli.


Risale alla metà del Cinquecento.
E’ famosa per i suoi stupendi giardini ornati da numerosissime fontane e file di
cipressi.
§ Villa Mondragone.
Appartiene agli anni ’70.
Altro meraviglioso esempio della collocazione di un edificio semplice in modo tale da
ottenere il massimo effetto dalla ripida scarpata e dalla fusione della bellezza naturale
con la bellezza architettonica.

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