Raffaello. Gli occhi le mani i versi lo sguardo
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Un riferimento non solo nella storia dell'arte ma in tutti i processi artistici, letterari, estetici e di pittura metafisica dal Rinascimento ad oggi.
In questo testo, grazie al contributo di alcuni studiosi di arte e di culture comparate e arti visive e sperimentali, viene portato alla luce tutta la complessità di un artista caposaldo del 500, anche attraverso analisi letterarie e antropologiche.
Gli studiosi che hanno firmato i loro lavori si sono addentrati con una precisa originalità nel mondo raffaellita. Ognuno, con la propria formazione ed esperienza, ha posto al centro il ruolo di una identità che diventa eredità culturale.
Il tempo, lo spazio e la luce sono le coordinate che danno senso ai volti, alle mani e ai tratti fisici delle donne e dei personaggi in un incastro tra carnalità e spiritualità, tra forma e immagine.
Il Raffaello classico e della tradizione, quello delle innovazioni e dei linguaggi sommersi è tutto ben incastonato in questo testo che ha visto la cura e l'introduzione di Pierfranco Bruni. Un testo che percorre il vissuto artistico di Raffaello in una visione in cui la bellezza diventa centrale. Un utile strumento didattico che permette di penetrare gli stili di una dimensione artistica nella quale si incontra, certamente, il Rinascimento, in un attraversamento tra le diverse civiltà ed epoche.
Contrubuti: Admira Brahja, Maria José Cerda Bertoméu, Micol Bruni, Marilena Cavallo
Neria De Giovanni, Patrizia De Luca, Davide Foschi, Arjan Kallço, Adriana Mastrangelo, Annarita Miglietta, Francesca Poretti, Stefania Romito,Valeriano Venneri.
I contributi di questi studiosi, alcuni non italiani, altri italiani ma che vivono all’estero, molti appartenenti ad Istituti di cultura e di ricerca, compiono un viaggio nella storia della civiltà rinascimentale e, quindi, del mondo raffaellita, con una metodologia che apre ad una pedagogia del bene culturale grazie all’attrazione dello sguardo e alla percezione delle immagini. Esperienze a confronto per comprendere di più Raffaello.
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Anteprima del libro
Raffaello. Gli occhi le mani i versi lo sguardo - Pierfranco Bruni
Paesi.
Introduzione
Pierfranco Bruni[1]
A 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio. Nasce ad Urbino il 28 marzo o 6 aprile del 1483. Muore a Roma il 6 aprile del 1520. Aveva soltanto 37 anni.
Raffaello usa la parola come se fosse un tratto di colore. L’immaginario ha una sua logica
che appare già come un sentimento definito. Nei suoi Sonetti ogni parola nasce come immagine che attraversa sia la musicalità che la sensualità del suono. Il ritmo diventa importante perché richiama gli echi di una metafora che è quella stilnovista in cui però l’amore dialoga con un classicismo che ha attraversato Petrarca ed ha superato il senso del popolare che vive in Boccaccio.
Raffaello ha nella parola sia Ficino che Poliziano. Quest’ultimo resta fondamentale anche se Raffaello è già Cinquecento nella forma e nella visione semantica. L’uso della metafora ha un incastro epidemico che sigilla la parola alle immagini. In alcuni versi dei sonetti, dove il visionario
è più marcato, sembra vedere i contorni e i dettagli che affiorano nei dipinti della donna velata o della fornarina
. È una fase particolare di Raffaello nella quale la indecisione del verso, a volte, trova la decisa pennellata nella pittura. Il poeta e l’artista sono un costante dialogo.
Si nota una consapevolezza del suo lavoro in un incidere espressivo caratterizzato dal dato ermeneutico forte. Raffaello trovava nella donna non più la fisionomia dai lineamenti dolcistilnovisti, ma la figura con una sua incastonata fisicità. Si è oltre ogni forma di malinconia. La parola non è una rimembranza, bensì un presenziare la contemporaneità e il tempo della conoscenza dagli eufemismi. Il poeta definisce l’artista. L’artista è già definito dal poeta. Un tempo in cui la bellezza è una rilevante confessione dell’essere. Una cornice nella quale si incastona l’uomo Raffaello.
Cosa è un disegno? Non si educa alla fantasia, tanto meno alla immaginazione. Non credo che possa esistere una educazione ad essere o diventare artisti e poeti. L’arte è sempre un mistero. Si può educare a tener bene una matita come si educa a scrivere bene in una lingua corretta. L’arte o ti piglia o no.
Essere artisti è essere altro rispetto a ciò che noi chiamiamo normalità. Raffaello viveva questa temperie. La normalità però non esiste. Esiste l’autenticità. Essere autentici è sempre una verità a rischio per chi sta dall’altra parte della barricata. Si disegna e si scrive mai per gli altri. Si disegna e si scrive per comprendersi. È una confessione del pensiero e delle mani alla propria anima. Può diventare un genere. Ma resta sempre un inquieto gesto di essere involontariamente, appunto, altro.
L’artista è figlio dell’altro ed erede di una idea. La sua libertà vera è il raggiungimento della elevatezza della solitudine a spirito e forma. Essere erede di una idea non significa essere principio di una volontà. Bensì di una creatività. La creatività è una magia che vive fino a quando l’incontro tra magia mistero e alchimia sono intercessione con lo sguardo di Dio. Non si diventa artisti. Si è!
L’uomo Raffaello di Raffaello però non conosce ancora il tragico che verrà dopo. Con Caravaggio, per dirla tutto. Infatti Caravaggio è la grande arte che dallo scetticismo entra nello gnostico per dare un senso cristiano al cattolicesimo vero e proprio.
In Raffaello i simboli sono elementi non prioritari anche se presenti. In Caravaggio, invece, si entra proprio nella simbologia degli archetipi. La metafora dello scudo della medusa in Caravaggio è il tentacolo del male che viene sconfitto dall’amore vincendo la morte. Con Caravaggio in arte il cattolicesimo teologico diventa cristianesimo mistico. In Raffaello il cattolicissimo è sguardo, specchio, armonia.
In Caravaggio i simboli trionfano oltre i riti superando completamente il simbolismo del Cavaliere e la morte di Dürer. Non siamo più alle Madonne e al Cristo di Raffaello e addirittura Giotto non esiste più. Entrano in campo la Ragione e l’Arte. Ovvero la scena viene completamente occupata da un Paolo, San Paolo, che rivoluzione l’arte stessa. Pietro liberato da Raffaello e Paolo che predica nelle piazze non interessano più Caravaggio perché in esso il cristianesimo è il conflitto perenne della centralità di Cristo trascinato dalle grinfie della medusa nel cattolicesimo. Ma Caravaggio è completamente eretico.
Raffaello è evangelico fino in fondo. Caravaggio ha lo sguardo inquietante.
Cosa che non era Leonardo e tanto meno Raffaello e più che mai Michelangelo. L’arte può dire ciò che la parola nasconde o nega perché sa usare i simboli. I maggiori rappresentanti di questa contraddizione forte sono Caravaggio appunto e Albrecht Dürer. Appunto la costellazione
di essere cristiani senza teologia. Caravaggio aveva assorbito profondamente il tragico greco.
Ciò che Nietzsche chiamerà il tragico della tragedia. Condanna la leggenda della medusa perché la vita è coraggio e bisogna allontanarsi dai tentacoli tentazioni per rispondere alla propria follia, ovvero alla propria coscienza come volontà di potenza. La filosofia di Nietzsche nasce proprio da qui come la musica di Wagner.
Raffaello è profondamente metafisico dentro un Rinascimento che prepara il Barocco. Per molti aspetti anticipa il Barocco e il neoclassicismo. Sia in arte che nei pochi sonetti. La lingua e la pittura di Raffaello vivono nel passaggio dalle Madonne alle donne. Non c’è più la rappresentazione fissa della Madonna-Donna. È l’interprete di un modello rivoluzionario anche in termini ontologici. Ciò lo si avverte anche nei sonetti.
La classicità domina ampiamente. Si tratta però di un classicismo che vede alcuni tratti e tratteggi in movimento. Non è soltanto la classicità della tradizione occidentale che si impone, bensì la innovazione che si legge nei movimenti appunti dei tratti delle mani, della bocca, delle braccia, degli occhi.
Lo sguardo resta fondamentale all’interno di un tempo che è quello del Rinascimento. Sembra dire: lasciamo questo tempo ed entriamo in un tempo nuovo. In fondo la rivoluzione che compie Raffaello è una rilettura – innovativa sul piano estetico.
I volti assumono una attrazione attrattiva in termini di specchio bellezza. Non di riflesso. Ma di bellezza diretta. Anche il suo autoritratto ha la bellezza della malinconia contemplante. Il tragico assurgere degli sguardi verso un orizzonte è meta tragico per diventare tragico consapevole.
Nulla resta fermo, ma non è detto che tutto è in un costante movimento. Le ombre sono un chiaro senza nubi. Sono ombre in un attraversamento di chiari di luce. Anche le ombre sono un movimento. Anche le luci restano un movimento.
La tradizione che segna di un atteggiamento onirico le forme è una metafisica non più dello specchio o delle ombre, ma della luce. In Raffaello la metafisica della luce prende il sopravvento su tutto. È questa estetica metafisica che condurrà Raffaello nel tempio dell’infinito.
Universale e divino.
In questo studio, che vuole rendere omaggio a Raffaello nel quinto anniversario della morte, vengono illustrati i percorsi fondamentali di in Raffaello tra arte e devozione ai processi artistici.
Il testo si sviluppa con contributi notevoli che spingono ad una riflessione forte e matura sul senso dell’arte nei modelli che vanno dal classicismo alla modernità, dal linguaggio della poesia all’arte delle forme.
Un dialogare tra studiosi e tra esperienze che danno un senso all’arte nella storia e nelle letterature in una visione in cui l’arte stessa è letta nella sua conoscenza antropologica e nella coscienza del bello.
Il viaggio continua e la ricerca diventa interessante e fondamentalmente profonda.
[1]Direttore Archeologo – Roma .
Marìa Josè Cerdà Bertoméu[1]
Stili, correnti, tematiche, evoluzioni e rivoluzioni
Nella storia dell’arte si sono succeduti diversi momenti cruciali, caratterizzati da cambiamenti importanti di stili, correnti, tematiche, evoluzioni e, a volte, vere e proprie rivoluzioni. Non c’è dubbio che, per quanto riguarda la figura umana in generale e, in particolare, i ritratti, con Raffaello assistiamo ad una sferzata importante rispetto al passato.
La figura umana è stata studiata e dipinta da innumerevoli artisti che ne captano, secondo il periodo e la loro sensibilità, diverse caratteristiche: alcuni di loro l’hanno rappresentata come una dea; altri, soprattutto in epoca medievale, l’hanno interpretata in chiave religiosa rifacendosi alla figura della Vergine o delle sante. L’epoca artistica in cui la donna comincia ad avere un’importanza primaria è sicuramente il Rinascimento: le figure femminili che diventano per sempre protagoniste di memorabili capolavori dell’arte, nella maggior parte dei casi hanno un’identitá ben definita. Facendo alcuni esempi, cerchiamo di delineare questa evoluzione, che trasforma la donna da elemento quasi evanescente e perfetto a figura concreta, piena di personalità e carattere. Pensiamo, per esempio, all’Annunciazione di Simone Martini o alle figure femminili di Giotto; ai ritratti di Domenico Ghirlandaio, con l’opera dedicata a Giovanna degli Albizzi, e ad Antonio del Pollaiolo, con le sue dame. Sono artisti emblematici, che ci regalano figure molto ben eseguite, ideali, ma quasi irragiungibili e immateriali, non tangibili. Da queste si passa poi alle donne-muse, come per esempio, fu Simonetta Vespucci per Sandro Botticelli, che la dipinse sotto le spoglie di Venere, Marte, Flora e le Tre Grazie. Capolavori che sono impressi per sempre nella nostra memoria e nella storia dell’arte: armoniche, perfette, ma che dicono poco riguardo alla loro personalità.
Il cambio, indubbiamente, avviene con Donatello in scultura e con il grande Leonardo: sono loro i primi che infondono una linfa nuova a queste figure. Leonardo e Raffaello poi , in pittura, sembrano dare personalità forti,tangibili alle figure, rendendole concrete.
Questa evoluzione si fa particolarmente evidente con Raffaello: l’artista di Urbino, nei suoi innumerevoli lavori, ci offre una nuova tipologia di figura, che, in qualche modo, rompe con le figure ideali degli artisti precedenti e che avrà il suo approdo nelle figure reali di Caravaggio.
Come arriva Raffaello a questo prodigio della perfezione figurativa?
Raffaello va studiato nella sua totalità, vanno comprese le sue influenze artistiche, territoriali e sociali. Nasce in una piccola città, permeata da uno stimolante e vivo ambiente culturale. La corte di Federico da Montefeltro spicca per fervore culturale sul territorio italiano.
Il suo primo maestro è il padre Giovanni, ma i grandi maestri ai quali lui si ispira sono Piero della Francesca, Perugino e Pinturicchio.
Dagli ultimi due assorbe la grazia delle figure, che troviamo, soprattutto, presente nei volti angelici e nelle bocche dolci e delicate, molto ben delineati.
A Firenze inizia quello che sarà il suo cursus honoris, a contatto con i due artisti più importanti dell’epoca e anche della storia dell’arte: Leonardo e Michelangelo ma attingendo anche da artisti come Donatello, Masaccio.
Gli incarichi che esegue a Firenze lo mettono in contatto, soprattutto, con il genio da Vinci. Ritratti e Madonne con Bambino e San Giovanni, si susseguono con un ritmo incessante.
Raffaello è, a mio parere ma non solo, il più squisito ritrattista della storia dell’arte.
I suoi ritratti fanno parte della storia dell’arte universale, verranno presi come esempi da grandi artisti futuri, come Dalì e Ingres.
Questa meritata e giusta considerazione ha una spiegazione evidente: il Divino Raffaello scava in quello che è il personaggio e ne delinea perfettamente i tratti del carattere , sia esso un cardinale, un Papa, una cortigiana, un banchiere o se stesso, nel suo autoritratto.
I ritratti di Leonardo sono meravigliosi, ma i suoi personaggi ci lasciano qualcosa di misterioso, di enigmatico: lasciano trapelare lo stato d’animo, e il movimento della vita e il paesaggio sembrano prevalere sulla figura.
In Raffaello, i personaggi diventano veri e concreti, possiamo intuire con una certa sicurezza il carattere della persona ritratta. Le figure raffaellesche, in questo prodigio della perfezione, sono avvicinabili da parte del fruitore, ed è esattamente questo uno dei grandi contributi di Raffaello alla storia dell’arte: creare volti leggiadri, perfetti però concreti e quasi reali nella loro idealizzazione.
Raffaello arriva a questa rivelazione dei caratteri dei suoi personaggi grazie allo studio e alla riflessione di chi l’ha preceduto, e quando si parla dei predecessori,cui guarda, si parte dal classicismo fin a giungere ai suoi contemporanei.
Raffaello conosce perfettamente il suo mestiere e il talento innato lo supporta: in tutte le figure che lui crea, siano esse religiose, civili o legate alla mitologia, traspare una rivelazione nuova, concreta su quello che è il personaggio. Arriva a questa perfezione, per esempio, scindendo il ritratto dal paesaggio; mentre in Leonardo il ritratto si integrava perfettamente. I colori che Raffaello usa sono meticolosamente preparati ed usati per mettere in evidenza caratteristiche del personaggio: lo sguardo, talune volte, profondo, serio, fermo, dolce e delicato ci fa entrare in dialogo con la figura in questione.
Questa vicinanza è un’altra grande novità che trova la sua massima espressione nelle figure di Maddalena Doni e di un soggetto di cui non sappiamo l’identità, la Dama con Liocorno: possiamo avere e immaginare una comunicazione con loro. Raffaello ci permette, grazie a trucchi del mestiere
(che possono essere gioielli, uno sguardo e un sorriso accennato, uno sguardo fiero