NORMANNI IN SICILIA MODIFICA (Salvataggio Automatico)
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tempo in cui essa era dominata da potentati e governatori musulmani. Il primo regno dell’isola avrà inizio nel 1130 con Ruggero
II e si concluderà con la morte dell'ultima esponente della famiglia degli Altavilla di Sicilia, Costanza, nel 1198.
all'architettura romanica, che si era sviluppata a partire dal X secolo e che caratterizza pianta e
aspetto generale di chiese e monasteri di nuova fondazione;
all'arte bizantina da cui provengono in particolare le ispirazioni per le decorazioni a mosaico e gli
edifici a pianta centrale;
all'architettura araba per gli elementi decorativi e i palazzi regali.
Altri elementi, come i frequenti riferimenti all'antichità classica, si devono alla mediazione dei tre stili citati e
alla presenza di un ricco patrimonio architettonico, sfruttato spesso come riserva di materiale per le nuove
costruzioni.
Questi diversi influssi vennero tuttavia fusi in un linguaggio originale e crearono un'architettura prettamente
siciliana.
La Cattedrale di Cefalù
La Sicilia è stata da sempre un fertile crocevia di popoli e di culture, alla cui dominazione si sono succeduti i Bizantini (che vi
si insediarono fin dal 535), gli Arabi (che dopo varie vicissitudini la annetterono al loro impero a partire dall’896) e, dopo el 1061,
i Normanni.
La Cattedrale di Cefalù riflette con evidenza la complessità di una tradizione architettonica fortemente condizionata da
tecniche costruttive e motivi ornamentali fra loro molto diversi, ma che in essa, non meno che in moltre altre chiese romaniche dell’isola,
hanno saputo convivere fondendosi in modo creativo e armonioso.
Nella notte di Natale del 1130 Ruggero II d’Altavilla (figlio di Ruggero il Gran Conte) si fa incoronare primo Re di Sicilia. Viene
creato il primo grande stato unitario italiano post-imperiale: il Regnum Siciliae. Egli ha capitale a Palermo e regna su parte dell’Abruzzo,
su Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, sulle coste dell’Ifriqiya (attuale Tunisia) ed ha, inoltre il controllo del canale d’Otranto.
La prima grande realizzazione dell’epoca del Regno è la costruzione della cattedrale di Cefalù. La posa della prima pietra del gigantesco
Duomo cefaludese avvenne il giorno di Pentecoste del 1131 - per volere di Ruggero II - e si presume sia stato portato a termine soltanto fra il 1166
ed il 1170. Egli l’aveva concepito come mausoleo per sé e, forse, per i suoi discendenti destinandolo ad accogliere le sepolture regali. Infatti, nel
1145, fece collocare nel coro della chiesa due sarcofagi in porfido, marmo riservato alla dignità degli Imperatori di Costantinopoli. Queste grandi
arche - fra le più pregevoli opere di scultura del XII secolo - non accolsero mai le sue spoglie che furono inumate, invece, nella cattedrale di
Palermo. Successivamente, nel 1125, Federico II fece traslare i sarcofagi a Palermo. Il Duomo occupa una posizione isolata rispetto al centro
urbano ed ha per sfondo la Rocca di Cefalù - possente formazione rocciosa - che mette in evidenza la maestosità delle sue architetture.
La chiesa è preceduta da un ampio sagrato che si eleva sul livello della piazza ed al quale si accede per mezzo di una scalinata realizzata con
blocchi squadrati di pietra calcarea (la cosiddetta “lumachella”, materiale proveniente dalla stessa Rocca). Lafacciata della Cattedrale è incastonata
tra due alti campanili che, per la loro mole, somigliano più a torri di difesa, essendo costituiti da un alto blocco parallelepipedo a base quadrata -
senza cornici intermedie - che continua con un blocco terminale più piccolo, posto in rientranza e coronato da cuspide. Al centro, tra i due campanili
e sotto il portico, si apre la «Porta Regum», con un bellissimo portale a cinque ghiere concentriche riccamente scolpite.
L’esterno del Duomo denuncia gli elementi delle varie fasi di realizzazione; di grande rilievo storico-architettonico è il prospetto absidale del
Duomo; esso evidenzia le interruzioni, le riprese ed i mutamenti subiti dal progetto. Dal punto di vista volumetrico, la chiesa ed in particolare il
transetto non mostrano le proporzioni spaziali che caratterizzano l’architettura siciliana del XII secolo, ma il netto contrasto delle masse crea un
evidente richiamo all’architettura anglo e franco normanna del XII secolo. La modifica del progetto originario, con la riduzione dell’altezza
inizialmente prevista, provocò un cambiamento totale nella realizzazione del corpo longitudinale della basilica.
Cattedrale di Cefalù, Esterno
All’interno questo contrasto tra la pianta grandiosa del transetto ed il corpo longitudinale, tanto più basso, è chiaramente visibile in
corrispondenza dell’arco trionfale.
L’imponente costruzione, alta a dominare l’intero abitato, è a croce latina immissa e presenta una pianta basilicale a tre navate, scompartite
da otto colonne per lato, con capitelli corinzi di spoglio risalenti al II secolo. Questi sorreggono archi a sesto acuto rialzati su alti piedritti. Tale
soluzione conferisce alla navata una verticalità maggiore rispetto a quella che i fitti intercolunni avrebbero consentito in caso di utilizzo di semplici
archi romanici a tutto sesto.
Da un lato e dall’altro della navata centrale, al di sopra degli archi, si eleva la liscia parete superiore, con le finestre ciascuna in asse con le
sottostanti arcate. Sia la navata centrale che quelle laterali, hanno una copertura a tetto, con travature a vista; nelle travi, su di un fondale a stelle e
disegni geometrici, sono dipinti, oltre a scene di danza, di musica e di lotta, animali ed esseri ibridi. Ma è quando si arriva all’ampio transetto che
sono chiaramente visibili i segni delle varianti apportate alla primitiva idea progettuale della chiesa; esso infatti presenta un doppio arco trionfale, di
cui quello più esterno fu concepito anteriormente per la basilica di dimensioni maggiori, ma mai realizzata. Proprio in questo punto si può
chiaramente notare il mancato nesso tra la navata principale e la parte absidale. E’ comunque certo che il transetto è la parte più importante di
tutto l’intero edificio, in quanto conserva la maestosa disposizione, originariamente progettata. Nelle due cappelle laterali che comunicano con il
presbiterio, sono pochi gli elementi architettonici originari superstiti, in quanto ambedue in periodo barocco furono ricoperte da stucchi.
Dall’interno del Duomo, attraverso una porta che si apre all’inizio della parete della navata sinistra, si scende al chiostroannesso al lato
settentrionale della chiesa. Il chiostro quadrangolare era costituito originariamente da semplici file di colonne binate che sorreggevano archi ogivali
e poggiavano su un basamento continuo. In esso, come poi sarà ripreso nel chiostro di Monreale (il chiostro di Cefalù è stato anche nei dettagli
modello e fonte di ispirazione per quello di Monreale) è presente la soluzione della fonte angolare. I fusti delle colonne sono prevalentemente lisci,
ma di tanto in tanto si incontrano anche esemplari diversi: fusti con decorazioni a zig-zag e fusti decorati con racemi ed elementi figurati.
Il Duomo di Cefalù va dunque guardato alla luce del grande desiderio e della fervida devozione di Ruggero. Si tratta di un monumento
dove confluiscono tutte le esperienze artistiche europee più antiche e più mature e che rimane come documento indiscusso dell’altezza e della forza
espressiva della cultura medievale siciliana. La commistione degli stili in esso presente rispecchia la vera natura dell’edificio; Cefalù, infatti, doveva
rappresentare l’autorità regia in riferimento a tutte le componenti del Regnum: quella latina, quella greca e quella magrebina. A partite dalla
proclamazione del Regno i cantieri per la costruzione di edifici chiesastici e monastici si moltiplicano investendo l’intero territorio dell'Isola.
DUOMO DI MONREALE
Cristo Pantocratore
Il Duomo di Monreale si colloca al termine del percorso italiano dell’architettura normanna anteriore all’avvento di Federico II.
Questo percorso si sviluppa attraverso tappe significative che vanno dagli esordi pugliesi, caratterizzati da influssi lombardi, alla
contaminazione normanno-bizantina di Cefalù, dal sincretismo degli edifici reali di Palermo spalancati agli influssi bizantini, arabi e
persiani, alla sintesi estrema di Monreale. Componente significativa di questa sintesi sono i mosaici delle pareti interne della
cattedrale realizzate da artisti veneziani.
I rapporti di alleanza tra la dinastia degli Altavilla e il papato si guastarono ben presto per la concezione assoluta della
monarchia maturata progressivamente dai sovrani normanni sul modello degli imperatori bizantini: per contrastare l’autorità del
vescovo di Palermo, che, al contrario, si adoperava per ribadire come la dignità regale fosse una concessione del papa agli
Altavilla, Guglielmo fondò una nuova diocesi a Monreale, con l’intento di farne il nuovo cuore della vita religiosa dell’isola, sotto stretto
controllo regio.
Sul luogo dove già esisteva un monastero benedettino e che era incluso nel vastissimo Parco Reale, il sovrano promosse la
costruzione di un grandioso complesso che comprendeva una nuova Abbazia, la nuova Cattedrale, il Palazzo Reale e quello
arcivescovile.
La Cattedrale riprende, sviluppandoli in chiave ancora più solenne e maestosa (102 x 40 m), i modelli della Cappella Palatina e
del Duomo di Cefalù, dando spazio, sulle pareti delle navate, del santuario e delle absidi ad uno straordinario ciclo a
mosaico,realizzato fra la fine del XIII secolo e i primi decenni di quello successivo, che comprende tutta la storia della salvezza,
dall’Antico al Nuovo Testamento.
Le successive trasformazioni non hanno infatti alterato il celebre duomo, che rimane il classico esempio del sincretismo
normanno per la compresenza di elementi settentrionali (le torri di facciata), islamici (il cromatismo e gli intrecci degli straordinari
archi absidiali esterni), bizantini (i mosaici che rivestono completamente gli interni).
Situato sulle pendici di Monte Capùto, nell’immediato entroterra palermitano, fu iniziato nel 1172, e venne consacrato già nel
1185, a dimostrazione dell’impegno profuso da Guglielmo che, in questo modo, intendeva forse ricalcare le orme del nonno Ruggero,
committente –come s’è visto- della Cattedrale di Cefalù.
Il duomo presenta una pianta basilicale a croce latina commissa, divisa in tre navate. Quella centrale, larga più del doppio
delle laterali, è ritmata da nove colonne per lato. Su di esse sono collocati alcuni capitelli romani di spoglio (forse provenienti
dall’Africa settentrionale) e preziosi pulvini di gusto bizantino, interamente rivestiti in mosaico, sui quali si impostano archi a sesto
acuto, con ghiere e intradossi egualmentemosaicati. I pulvini contribuiscono a rendere puù slanciato l’interno.
Navate, transetto e absidi sono rivestiti per intero da un apparato di decorazioni musive. La luce che penetra dalle
finestre illumina le pareti che sembrano annullare il loro spessore nello scintillio dell’oro; i mosaici che ricoprono ogni parte dell’edificio
lo rendono simile a uno scrigno prezioso.
Vi si può accedere da due eccezionali porte bronzee. Quella del bel portico rinascimentale laterale è di Barisano da Trani,
del 1179, con riquadri raffiguranti santi ed evangelisti di stampo orientale, simili a quelle del duomo della sua città natale e di quello di
Ravello. Il portale maggiore ospita invece i battenti con storie del Vecchio e Nuovo Testamento, importati via mare perché firmati nel
1186 da Bonanno Pisano, che supera le ascendenze bizantine nella solidità dei modellati dei personaggi essenziali intorno ai quali è
composta la scena.
La facciata principale, molto rimaneggiata, anche con la successiva aggiunta di un portico (1770), è stretta tra quanto resta
di due massicci torrioni quadrangolari di tradizione normanna. La decorazione della parte superiore, affine a quelladella Cattedrale
di Cefalù, presenta un delicato intreccio di archetti ciechi a sesto acuto.
Duomo di Monreale. Veduta della facciata con il
portico
Lo stesso motivo, del resto, di schietta derivazione araba, si dispiega con maggior vigore soprattutto nella zona
absidiale.
Le pareti esterne, infatti, conservano intatta la decorazione archiacuta (ripartita su tre registri sovrapposti nell’abside
mediana e su due in quelle laterali),ulteriormente impreziosita dalla ricercata policromia dei materiali impiegati soprattuttocalcare
bruno, laterizio rossastro e pomice lavica nera).
Il chiostro, di forma quadrata di circa 50 metri di lato, è tenuto a lussureggiante giardino e cinto da un quadriportico ad
archetti acuti dalle doppie ghiere lavorate, sorretti da coppie di colonnine (incise, dipinte, intarsiate a mosaico policromo o
ornate da ricchi bassorilievi) con capitelli fortemente differenziati, alcuni, come quello con l’Acrobata, scolpiti sotto l’influsso della
scultura romanica francese.
Da tutto l’insieme nasce un sottile movimento fantasioso che culmina, in un angolo, in un piccolo recinto quadrangolare,
delimitato da tre arcate per lato: al centro è unafontana, la cui acqua sgorga da una colonnina arabeggiante, a fusto con forma di
tronco di palma, dal disegno stilizzato, di incredibile bellezza e grazia. E’ come un piccolo chiostro, intimo, riservato, e, al tempo
stesso, comunicante, attraverso gli archetti, con il chiostro maggiore. Si può immaginare, qui più che altrove, il significato dei giardini
arabo-normanni nella fertile piana di Palermo, con i loro infiniti recessi e il mormorio delle acque in mezzo al rigoglio della vegetazione.
Il ciclo di mosaici comprende tutta la storia della salvezza, dall’Antico al Nuovo Testamento. Nel catino dell’abside maggiore
giganteggia la figura a mezzo busto di Cristo benedicente, nel registro mediano la Madonna col Bambino affiancata da Angeli e
Apostoli, in quello inferiore figure di Santi.
Duomo di Monreale. Veduta della zona presbiteriale e
absidale
Gli episodi narrativi, in cui hanno uno spazio particolare le Storie della Genesi e le Storie evangeliche, si snodano lungo la
navata centrale mentre le due absidi laterali sono dedicate ai Santi Pietro e Paolo, rappresentati a figura nei due catini e
accompagnati, sulle pareti contigue del santuario, da episodi delle rispettive vite. Infine sopra il trono regale una brano di dedica
con Guglielmo II che riceve la corona da Cristo e sopra la cattedra episcopale Guglielmo II che offre la Cattedrale alla Vergine Maria.
Orientata verso est, la chiesa ha un impianto a croce commissa e una rigorosa forma geometrica chiusa.
Il campanile, che si sviluppa sul braccio occidentale del transetto, ha tre ordini di finestre.
Sulle pareti laterali della chiesa si aprono delle finestre ogivali, originariamente coperte da transenne di gesso arabescate (ne
resta nel sito solo una copia).
Il modulo costruttivo interno della chiesa è dato da una struttura cubica sormontata da una cupola. Tale modulo si ripete
cinque volte: due nelle campate dell’unica navata, tre nel transetto. L’accostamento del quadrato, che rappresenta la terra, al cerchio,
che rappresenta il cielo, ricorre sia nella cultura islamica fatimita sia in quella bizantina.
San Giovanni degli Eremiti, faciata
Nelle volte la struttura quadrata trapassa nella cupola semisferica per mezzo di nicchiette angolari, che sono il solo elemento
decorativo di un interno lineare semplicissimo.
La chiesa palermitana di San Giovanni degli Eremiti è un piccolo edificio, nudo e geometrico, con finestrelle arcuate e
un campanile squadrato, le cui aperture si allargano progressivamente dal basso verso l’alto: l’ultima è incorniciata da una triplice
ghiera, lievemente archiacuta, che toglie peso alla spoglia massa costruttiva. Sui tetti si alzano cupole rosse estradossate, il cui
colore si giustifica, come già nei templi greci con l’intensa luminosità meridionale.
PALAZZO REALE
Il Palazzo Reale (noto anche come Palazzo dei Normanni) sorge nel nucleo più antico della città, sopra un insediamento punico ubicato
sotto le sale del Duca di Montalto.
Durante la dominazione araba viene edificato il primo corpo del palazzo tra i fiumi Kemonia e Papireto, denominato Qasr, termine che
sta a indicare oltre che un castello, anche una fortificazione dai prioritari compiti militari. Con l’arrivo dei Normanni a Palermo, nel 1072,
ebbero inizio i lavori di ricostruzione ed ampliamento che avrebbero condotto nel 1130, dopo l’incoronazione di Ruggero II d’Altavilla,
alla trasformazione della fortezza in Palazzo Reale e centro nevralgico del potere. All’interno del palazzo normanno esistevano un
opificio ed un laboratorio tessile per produrre manufatti di unica bellezza. In tale contesto le corti di Ruggero II, di Guglielmo I e di
Guglielmo II riuscirono nel miracolo di far convivere e contaminare culture profondamente diverse tra loro.
Federico II di Svevia, figlio di Enrico IV Hohenstaufen e di Costanza d’Altavilla, fu continuatore della politica del nonno Ruggero II e,
nonostante abbia soggiornato nella reggia palermitana solo in giovane età, vi organizzò l’attività amministrativa e quella culturale
(Scuola Poetica Siciliana).
Dopo un periodo di oblio, durante le dominazioni angioina e aragonese, il Palazzo Reale riacquista il proprio prestigio nella seconda fase
del XVI secolo per merito dei viceré spagnoli. Vennero realizzati nuovi elementi architettonici sia di stampo militare sia di
rappresentanza, tra cui i due cortili principali Fontana e Maqueda.
I Borbone di Sicilia ristrutturarono il Palazzo Reale, commissionando pure le nuove decorazioni della Sala d’Ercole, ambiente utilizzato
oggi per le riunioni dell’Assemblea Regionale Siciliana (Parlamento Regionale).
alle pareti delle navate laterali sono raffigurati episodi della vita di San
Pietro e di San Paolo,
negli intradossi degli archi e nei pilastri sono rappresentati più di 130
medaglioni di Santi e Padri della Chiesa.
La parete del trono sul lato opposto all'altare è stata rifatta in periodo aragonese.
CATTEDRALE DI PALERMO
La Storia
Attorno al 1170, durante il regno di Guglielmo II, l’arcivescovo di Palermo l’inglese Walter Off the Mill, dalla tradizione ricordato col
nome di Gualtiero Offamilio, iniziò la costruzione di un nuovo Duomo. Si trattò in realtà della ricostruzione di una preesistente antica
cattedrale gravemente danneggiata dal terremoto del 1169.
La Cattedrale gualteriana cronologicamente costituiva la terza delle chiese succedutesi nel sito; in questo luogo infatti sorgeva, già in
età paleocristiana (IV secolo), una basilica distrutta intorno alla metà del V secolo durante le persecuzioni vandaliche, sulle cui rovine fu
costruita dal vescovo Vittore e per volontà di San Gregorio Magno nel 590, la “Sanctae Mariae Basilica”, consacrata nell’anno 604.
Durante l’occupazione saracena nel IX secolo, la chiesa venne ristrutturata ed ampliata per essere trasformata in una grande moschea.
Con l’avvento dei normanni la chiesa fu restituita all’originale culto cristiano (1072) e reintegrato il vescovo Nicodemo che, in
clandestinità, durante la dominazione araba aveva continuato ad esercitare il culto cristiano.
Il progetto edilizio dell’arcivescovo era molto ambizioso, la sua realizzazione richiedeva ingenti risorse, e la tradizione popolare spiega le
possibilità economiche dell’Offamilio con il ritrovamento di un mitico “gran tesoro” fuori le mura della città, tesoro che servì per la
costruzione della chiesa e del monastero cistercense di Santo Spirito ed il cui rimanente fu speso per la nuova “Majuri Ecclesia”
palermitana.
L’Architettura
Opera grandiosa, l’originaria costruzione gualteriana si sviluppava su un impianto basilicale suddiviso in tre navate, innestato ad un
“santuario” costituito dall’assemblaggio del transetto con un corpo a tre absidi, di cui quella centrale di dimensioni maggiori.
L’impianto era a croce latina e presentava una teoria di dieci archi a sesto acuto rette da gruppi di quattro colonne di granito egizio,
provenienti da costruzioni di età classica (probabilmente ricavati dal materiale di spoglio dell’antico tempio nicodemiano) per ognuno dei
lati della navata maggiore, più un gruppo di colonne binate dello stesso ordine, alle due estremità.
Venti finestre bifore per lato illuminavano la navata maggiore e altrettante le navate laterali. Il coro riceveva luce attraverso le arcate
del “Cleristorio”, loggiato architettonico di origine nordico, che si apriva in alto nelle volte del presbiterio. Il tetto della navata maggiore
era ligneo e strutturato a capriate, “riccamente decorato e sorretto da diciannove travi dipinte” (Mongitore).
In asse alla navata centrale era la porta maggiore ed in asse alle navate
minori erano le due porte laterali, aperte come la prima nel muro di prospetto occidentale, sull’antica “discesa della Madre Chiesa”,
l’odierna via Matteo Bonello. Altre due porte di accesso alla chiesa erano aperte nei muri d’ambito, una a mezzogiorno e l’altra a
settentrione.
Il sacro edificio, consacrato nel 1185, in onore di Maria Santissima Assunta, era ancora incompiuto alla morte del suo committente (e
probabile architetto), avvenuta nel 1190, appena un anno dopo di quella del grande re Guglielmo II. La morte impedì all’arcivescovo la
completa realizzazione del suo grandioso progetto, ma è probabile che anche i mezzi finanziari di cui disponeva non furono sufficienti.
Fin dalle sue origini, la Cattedrale di Palermo ebbe funzioni di culto e di fortezza, e anche quella di tempio funerario riservato ai re, alle
loro famiglie e agli arcivescovi. Furono infatti riservati a tal fine due spazi simmetrici nel “santuario” ai lati del coro.
La Cattedrale palermitana, la cui storia riflette e sintetizza quella della città, ha subito, attraverso i secoli, continui rimaneggiamenti,
restauri, aggiunte e modifiche, di cui talune a volte discutibili. Alla prima metà del XV secolo, risale il prezioso portico della facciata
meridionale, mirabile manufatto architettonico-scultoreo del maestro della fabbriceria del Duomo, il “Magister Marammae” Antonio
Gambara.
Il portico, ritenuto un grande capolavoro dell’arte siciliana, rimarca fortemente i caratteri stilistici dell’architettura catalana in gotico
Nei continui tentativi di adeguare l’antico edificio allo stile architettonico dei tempi, nel 1767 don Ferdinando Fuga, regio ingegnere alla
corte dei Borboni, su commissione dell’arcivescovo Filangeri, elaborò un grandioso progetto di totale trasformazione e
ammodernamento della chiesa. Accantonato per molti anni, il progetto fu ripreso e affidato alla direzione degli architetti Giuseppe
Venanzio Marvuglia e Salvatore Attinelli, che vi lavorarono dal 1781 al 1801. Questi lavori comportarono la cancellazione di almeno tre
quarti della primitiva architettura: gli interni dell’antica fabbrica furono totalmente riconfigurati, vennero smembrati i gruppi di colonne
tetrastili, per fare posto ad una severa sequenza di grandi pilastroni intercalati da archeggiature a tutto sesto della più severa
concezione neoclassica. Profonde alterazioni subirono le navate, sia quella centrale che quelle laterali. La trasformazione più evidente
riguardò l’area presbiteriale, modificando nelle proporzioni l’originale “titulo” (coro) ed “antititulo” dell’antica basilica gualteriana. Il coro
modificato fu prolungato fino all’abside maggiore, si ricostruì il transetto e nel contempo fu innalzata una solenne cupola neoclassica, la
cui altezza doveva sovrastare tutte le altre della città. La Basilica normanna venne pesantemente deturpata e si trasformò in
un’austera chiesa della controriforma, abolendo così ogni ricordo di quella che fu la più grande delle Cattedrali normanne di Sicilia.
Anche l’esterno subì delle trasformazioni, in analogia alla riconfigurazione dei volumi originari dell’interno, mantenendo comunque
sempre una impronta non priva di raffinatezze architettoniche. La decorazione esterna originaria, caratterizzata da una ricca
decorazione a tarsie bicrome (in cui la pietra chiara è alternata con pietra lavica) venne in parte occultata: la parte absidale del
prospetto orientale, è quella più originale (XII secolo), presenta una decorazione ad intreccio di archi ciechi, a tarsia lavica, con motivi
geometrici che si intersecano dando vita al tipico disegno a doppia archeggiatura, analoghi motivi ornamentali si ritrovano parzialmente
anche nelle absidi del Duomo di Monreale. Del suo attuale aspetto, assieme al portico del fronte meridionale, questa è la parte della
Cattedrale più suggestiva, di più elevato fascino architettonico e che colpisce più il visitatore.
Tantissime e pregevoli sono le opere d’arte che si conservano nel Duomo, soprattutto del periodo rinascimentale. Tra le tante preziose
testimonianze d’arte oggi esistenti nel tempio, si devono ricordare la cappella del Sacramento, con un prezioso ciborio secentesco in
lapislazzuli, l’altare del Crocifisso in cui si venera un antichissimo simulacro di Cristo, di grande intensità drammatica, dono di Manfredi
Chiaramonte nel XIV secolo, le acquasantiere della navata centrale opere di Domenico Gagini e Giuseppe Spatafora, un fonte
battesimale di forma ottagonale, opera degli scultori Filippo e Gaetano Pennino, la Madonna Libera Inferni, opera di immateriale
bellezza di Francesco Laurana e tantissime altre opere di grandi artisti. Infine la famosa cappella di Santa Rosalia, luogo di venerazione
per i palermitani, posta nell’abside minore del transetto di destra, che conserva i resti mortali della Santa Patrona della città racchiuse
in una preziosa urna d’argento, pregevolissimo lavoro di abili artisti siciliani del seicento su disegno di Mariano Smiriglio. Le statue della
tribuna del Gagini, che erano state lungo tempo all’esterno, alla fine dell’ultima guerra, sono state riportate nell’interno e addossate ai
pilastri della navata maggiore. Occorre inoltre, far cenno sia del tesoro, ricco di preziosi paramenti e suppellettili, argenti sacri e paliotti
d’altare, i cui pezzi di maggiore interesse sono la corona e i gioielli tratti dal sepolcro di Costanza d’Aragona, sia della cripta (che
secondo molti studiosi appartiene all’antica fabbrica nicodemiana), ricca di antichi sarcofagi di cui alcuni paleo-cristiani.
Le tombe reali
Posti in un angolo della Cattedrale, a sinistra dell’ingresso del portico meridionale, troviamo gli avelli regali, che originariamente, come
già accennato, erano situati nel coro. Caratterizzati da una semplicità grandiosa e solenne i sepolcri dei monarchi siciliani sono una delle
maggiori attrattive per chi visita la Cattedrale. Nel primo vano troviamo la tomba dell’imperatore Enrico VI di Hohenstaufen realizzata
in porfido massiccio e baldacchino sempre in porfido a forma di tempio. Simile alla prima è la tomba della moglie, l’imperatrice
Costanza d’Altavilla, mentre il baldacchino è in marmo bianco e presenta una decorazione musiva con tessere d’oro: incassata nella
parete di fondo della cappella troviamo il sarcofago in marmo bianco di epoca romana, dell’imperatrice Costanza d’Aragona, figlia di
Alfonso II d’Aragona e prima moglie di Federico II, nel cui fronte è scolpita una piacevole scena di caccia. Nel secondo vano si trova il
monumento sepolcrale del grande Federico II, tutto in porfido rosso appoggiato su un basamento formato da due coppie di leoni che
sostengono l’urna nella curva dei loro dorsi: il sarcofago di Federico reca scolpiti sul coperchio, dei tondi dove sono rappresentati i
quattro evangelisti, il Redentore e una Madonna con Bambino. Il sarcofago contiene altri due corpi, quello di Pietro III d’Aragona e
quello di una giovane donna la cui identità è ancora avvolta nel mistero (forse la nipote Beatrice, figlia di Manfredi). Dietro la tomba di
Federico si trova il sarcofago di Ruggero II, primo re di Sicilia, costruito in lastre di porfido squadrate sostenuto da telamoni scolpiti in
marmo bianco, è coperto da un baldacchino marmoreo con decorazione musiva, molto simile a quello della figlia Costanza d’Altavilla:
nella parete di sinistra che delimita la cappella con la tomba di Federico, troviamo il sarcofago di Guglielmo d’Aragona duca di Atene e
figlio di Federico III d’Aragona. Due dei sarcofagi di porfido sono quelli che re Ruggero II fece sistemare nel Duomo di Cefalù per
accogliere le sue spoglie e quelle del suo successore. Il nipote, l’imperatore Federico II, non rispettando le volontà del nonno, con un
atto di prepotenza nel 1215 li fece traslare nella Cattedrale di Palermo, dove accolsero le salme dei suoi genitori, Enrico VI e Costanza
d’Altavilla. Al sepolcro di Federico provvide il figlio Manfredi. Alcuni studiosi sostengono invece, che il sarcofago di Federico sia uno dei
due “cefaludensi” e che l’altro sia quello di Enrico.
Prima di concludere questo sguardo sulla Cattedrale di Palermo, occorre ricordare che nella sua lunga e tormentata vita, la nostra
“Chiesa Madre” è stata silenziosa testimone della vita del popolo palermitano e anche di tantissime vicende storiche. Oggi più che un
monumento, rappresenta una preziosa testimonianza di espressioni artistiche e architettoniche diverse, e visitarla è come sfogliare della
pagine di storia e di arte.
Anche la Cattedrale di Palermo fa parte del percorso arabo-normanno destinato a divenire patrimonio mondiale dell’Unesco.