Egittologia

La civiltà egiziana, fiorita lungo le rive del Nilo per circa 3000 anni, fu una delle più straordinarie e durature del mondo antico.
Ancora oggi, trascorsi due millenni dal suo tramonto, essa continua a esercitare un notevole fascino. Gli Egizi hanno lasciato molte tracce della loro cultura, grazie anche al clima secco del deserto che le ha conservate nei secoli. La Sfìnge e molte piramidi, le mummie, le maschere funerarie, le decorazioni sepolcrali, i papiri, sono così state preservate dalla distruzione, la sorte comune di tante antiche vestigia. L’Egitto è infatti noto anche con il nome di “dono del Nilo”, perché le piene del fiume depositavano sui campi uno strato di fertile limo, vitale per la crescita delle colture. Già in età preistorica, i primi abitanti impararono a seminare e piantare le loro messi nei campi ancora coperti dal limo dopo che le acque si erano ritirate. I raccolti, quasi sempre abbondanti, permisero a quella civiltà di prosperare e di raggiungere uno splendore mai conosciuto prima. Gli antichi Egizi chiamarono la fertile valle del Nilo kemet, “terra nera”, e se stessi remet-en-kemet, “il popolo della terra nera”, mentre il deserto che circonda il paese fu detto deshret, “la terra
rossa”.

…ma dentro siamo sempre gli stessi! Rinnovarsi è necessario se vogliamo trovare nuovo entusiasmo e cambiare è d' obbligo quando in corso d' opera si modificano e si ampliano gli obiettivi che ci eravamo dati. Il magazine era nato con il preciso intento di pubblicare articoli relativi all' antico Egitto -e il suo originario nome tradisce questa vocazione -ma è con grande piacere che abbiamo accolto al suo interno materiale relativo all' archeologia del Mediterraneo, spingendoci fin nelle lontane Americhe e passando senza indugio per la via di Samarcanda. Continuare perciò a chiamare questo strumento di divulgazione "EM-Egittologia.net Magazine", non sarebbe più in linea con quelli che sono i suoi attuali contenuti. Abbiamo così deciso di adeguarci al cambiamento, modificando il nome in un più appropriato "Mediterraneo-Antico", ripensando per l' occasione l'intera progettazione grafica. Rimarrà netta la prevalenza degli argomenti legati all'Egitto antico, così come inalterato rimarrà lo stretto rapporto che lega il magazine al sito www.egittologia.net, dal quale e per il quale è nato. E qui occorre che mi soffermi il tempo necessario per ringraziare con tutto il cuore colei che ha saputo realizzare uno dei miei sogni, Paola Inzolia. Senza di lei, e non è retorica, il magazine non sarebbe mai nato e anche l' evoluzione che oggi sta vivendo non avrebbe mai avuto luogo. Ha saputo raccogliere un'idea ancora in embrione e dargli una forma concreta e insieme abbiamo partorito sette "figli", senza parto cesareo o l' epidurale e senza nessun compenso economico. Grazie Grazie Grazie! Nel nuovo corso degli eventi sarò affiancato e rinfrancato -già a partire da questo numero -dallo staff di comunikare.it, coordinato dalla Direttrice Creativa Manuela Fisichella, che metteranno gratuitamente a disposizione del magazine la loro esperienza e la loro competenza. La nuova grafica e il nuovo logo è già opera di comunikare.it.

Le fonti 26 novembre 2020 di Beatrice BarberisModifica È stata una delle più grandi e note battaglie del mondo antico, narrata da molti testi e raffigurazioni, entrata nellʼimmaginario antico e moderno, eppure ne conosciamo solo una versione, che fornisce un quadro distorto di una sostanziale parità. Dei due contendenti, infatti, è lʼEgitto che ci ha lasciato le sole notizie, magnificandone lʼesito, mentre la versione ittita della storia, non avendo ritrovato quella che allʼepoca per un breve periodo è stata la capitale, non ci è giunta.

This paper deals with new discoveries about Girolamo Segato, a XIXth century traveller from Belluno. Unpublished drawings regarding his life in Egypt (1818-1823) are presented for the first time. They come from unpublished manuscripts kept in the Libraries of Lucca and Siena. Their importance resides both in the opportunity of: 1) studying artistic techniques and new details, 2) comparing lost sketches and drafts with their final version.

Il nome e il cognome registrati all’anagrafe nel 1783 sono quelli di Agostino Bozzi, milanese; però, già da giovane, egli manifesta la propria anglofilia appropriandosi di un’ascendenza parentale inglese che gli permette di raddoppiare il cognome: Bozzi Granville. Da adulto, poi, l’inserimento compiaciuto nella high society della Londra georgiana e la graditissima nomina a membro della Royal Society fanno sì che nel registro di quest’ultima il cognome italiano venga accorpato al nome proprio reso aulico, mentre il cognome inglese resta unico, come si conviene a un personaggio completamente anglicizzato: Augustus Bozzi Granville.

La nostra conoscenza di Manetone è incerta, ma possiamo affermare tre cose che sono: la sua patria, il suo sacerdozio a Eliopoli e la sua attività per l’introduzione del culto di Serapide. Il nome Manetone (Μανεθώς, spesso scritto Μανέθων) si può spiegare come “La verità di Thoth“, e sotto la XIX Dinastia è descritto come “Primo Sacerdote della Verità di Thot”. “Manetone” è dal copto “sposo” “mandriano” “cavallo”,
ma la parola non sembra comparire altrove come un nome proprio. Sotto il nome di Manetone, la Suida sembra distinguere due scrittori: Manetone di Mendes in Egitto, capo sacerdote che scrisse sulla realizzazione del Kyphi e Manetone di Diospoli o Sebennytus, opere “A Treatise on Physical Doctrines” e “Apotelesmatica” (or Astrological
Influences), in versi esametri, e altre opere astrologiche. Egli si descrive come “Alto sacerdote e scriba dei santuari sacri d’Egitto, nato a Sebennytus e dimorato a Eliopoli”. A Manetone dobbiamo la suddivisione in trenta dinastie della storia dell’antico Egitto, tale suddisione è in parte confermata anche da altre fonti come il Canone Reale. In realtà l’opera di Manetone, Aegyptiaca, non ci è pervenuta e ne
conosciamo solamente alcuni frammenti attraverso le opere di storici posteriori che scrissero delle epitomi utilizzando l’opera manetoniana.

Nell’Antico Egitto siamo di fronte a una riflessione medica profonda che si autoalimenta nel tempo perché ricca di riflessioni e concetti, e che, a un certo punto della propria storia, in base a idee originali, innesca l’arte per mezzo di una neonascente semeiotica e di una «tecnica» precisa. È una riflessione «illuminata», matrice di una medicina che abbraccia le due facce del pensiero medico: quella strettamente razionale e quella, dai confini sfumati, emotiva ed empatica.

La ricerca di una vita felice oltre la morte è sempre stata una delle aspirazioni maggiori dell'umanità e nel mondo antico per questo motivo si è fatto ricorso a pratiche rituali e devozionali capaci di assicurare una sopravvivenza ultraterrena. Molte sono state le divinità a cui sono state attribuite straordinarie capacità escatologiche e salvifiche e alle quali sono state tributate pratiche devozionali particolari, con un'accentuazione della tendenza al culto monoteistico nei loro confronti che si manifesta a partire da un momento piuttosto avanzato della repubblica romana, allorché si diffondono sempre più nell'Occidente romanizzato i culti orientali. In effetti, le divinità orientali, con gli aspetti del rituale legati ai misteri e alle iniziazioni, sembrano soddisfare meglio l'anelito e l'aspirazione della società alla vita oltre la morte. In particolare questi aspetti sono prevalenti nel culto dedicato a Iside, la grande dea egizia amata e allo stesso tempo avversata a Roma dagli stessi imperatori: la devozione a Iside si diffonde in Italia dal II secolo a.C., allorché venne introdotto in Campania dai mercanti alessandrini che commerciavano con Pozzuoli. E in Campania, oltre che a Roma, si rinvengono più numerosi i santuari dedicati alla dea: tra i più importanti era senza dubbio quello dedicato dall'imperatore Domiziano nell'89 d.C. a Benevento, al ritorno dal suo viaggio in Egitto. La dedica dell'imperatore è contenuta nelle iscrizioni in geroglifico presenti sui due obelischi superstiti che erano collocati nel santuario. Le testimonianze di questo grande santuario sono state recuperate a partire dal 1903, nel corso di lavori edilizi nella Caserma dei Carabinieri, presso l'ex convento di Sant'Agostino, sotto le mura longobarde della città. Le sculture isiache risultano riutilizzate come materiale di riempimento per le fondamenta delle mura stesse. Già nel 1892, però, nel giardino del palazzo De Simone venne ritrovato un frammento di obelisco e, in una casa di piazza Piano di Corte, risultano murati alcuni frammenti di sfinge. Nel 1936 e nel 1952, poi, altre sculture vennero scoperte nel complesso di Santa Sofia. Gli altri rinvenimenti di statue egizie, compreso il più recente avvenuto nel 2008, sono localizzati in piazza Orsini, nelle vicinanze del Duomo e del Palazzo Arcivescovile, e nei pressi di piazza Cardinal Pacca. Le modalità di ritrovamento delle testimonianze del luogo di culto non consentono né una precisa collocazione topografica dello stesso, né tanto meno la sua ricostruzione planimetrica: alcuni studiosi ritengono che a Benevento fossero presenti (H.W. Müller) tre santuari distinti legati al culto di Iside: un tempio più antico, di stile ellenistico-romano, dedicato a Iside-Pelagia; un santuario di Osiride-Canopo e di Iside, menzionato in una iscrizione di carattere celebrativo oggi perduta; un grande santuario voluto da Domiziano nell'88-89 d.C., nei pressi dell'attuale Palazzo Arcivescovile, all'incrocio fra la via Appia e la via Latina. Secondo un'altra ipotesi (A. Meomartini), poiché Iside protegge i viaggiatori, l'Iseo doveva collocarsi originariamente nei pressi dell'Arco di Traiano, monumentale ingresso Dea Iside epoca tarda basalto grigio Museo Egizio, Firenze

Prendere l' aereo per raggiungere l'Egitto, questa volta, ha un sapore del tutto diverso e anche il bagaglio non è lo stesso, né per tipologia né per quantità. Due grosse valige viaggeranno nel ventre dell' aereo con le mie cose e alcune parti tecniche dell' attrezzatura fotografica, mentre a bordo con me viaggerà uno zaino tecnico con le parti più preziose e delicate: i corpi macchina e le ottiche. Dopo molti anni e molti viaggi nella terra dei Faraoni, assaporo di nuovo l' emozione di una "prima volta": mi aspetta una missione archeologica della quale sono membro in qualità di fotografo. E' il Min-Project, la Missione Canario-Toscana codiretta dalle egittologhe Mila Alvarez Sosa e Irene Morfini, che opera in una delle aree archeologiche più prestigiose del mondo, la Valle dei Nobili, nella West Bank di Luxor. Mi porterà laggiù l'Egypt Air, che decolla da Fiumicino in perfetto orario, purtroppo. Al Cairo dovrò aspettare per diverse ore l'unico volo pomeridiano che collega la capitale a Luxor, sostando nella desolata aerea destinata alle tratte interne, e rosicchiare parte di quell' attesa nell' aeroporto italiano non mi sarebbe dispiaciuto. Arriva anche l' ora di lasciare il Cairo. L' atterraggio all' Aeroporto Internazionale di Luxor è piuttosto brusco e mi risveglia da quel torpore che da qualche ora mi ha sopraffatto.

Le lettere di El Amarna (talvolta chiamate anche "la corrispondenza di Amarna" o "le tavolette di Amarna") sono un archivio, redatto su tavolette di argilla, composto prevalentemente dalla corrispondenza diplomatica tra l'amministrazione egizia ed i suoi rappresentanti nella terra di Canaan e nel regno di Amurru durante il Nuovo Regno. Le lettere furono rinvenute nell'Alto Egitto a Tell El-Amarna, appunto, nome moderno dell'antica capitale egiziana di Akhetaten (El-Amarna), fondata dal faraone Akhenaton (1350-1330 a.C.) durante la XVIII dinastia dell'Egitto.

Come le altre pratiche di divinazione, quella egizia aveva il compito di inquadrare e cercare di prevedere eventi futuri che risultavano di difficile interpretazione; tuttavia, al contrario di altre realtà antiche, la pratica divinatoria egiziana assunse connotati di spiccata originalità in quanto fortemente inserita nel profondo e fondamentale rapporto di dualismo tra le componenti dell'ordine e quelle del caos così caratteristiche della civiltà del Nilo.
In particolare, il lavoro descrive e analizza le forme e i contenuti divinatori praticati inserendoli in un contesto di maggior respiro come la realtà socio - antropologica locale e lo spettro più ampio della religione egizia

Sono raccolti i primi articoli della rivista "Il Radiologo" (2010-2018).
La paleoradiologia si usa per rispondere alle domande che l’antichità – o meglio il passato, talvolta anche quello prossimo – ci pone. A queste domande rispondono, insieme, gli archeologi, i medici, i biologi, gli antropologi, gli storici. Sono i nuovi paleoimager che studiano le tante questioni che la bioarcheologia presenta.
Una importante differenza di carattere lessicale, talvolta origine di incomprensione, deriva dal fatto che nei paesi anglosassoni il termine bioarchaeology riguarda esclusivamente lo studio dei resti ossei umani, mentre per noi la «bioarcheologia» è la disciplina che si occupa in senso lato dello studio dei resti organogeni, sia animali che vegetali, recuperati in un contesto archeologico.

"Seth, 'lord of the Oasis': Some aspects of his cult in the area of the Western Desert".
Università Ca' Foscari, Venezia - Laurea Triennale in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali, curriculum archeologico ( 2018 / 2019 ).
Relatore: Prof. Emanuele M. Ciampini; Correlatrice: Dott.ssa Francesca Iannarilli.
Votazione: 110 e lode.

La tesi intende presentare una panoramica generale delle caratteristiche geografiche, cronologiche ed iconografiche del culto di Seth nelle oasi del deserto occidentale (Dakhla, Kharga, Bahariya, Siwah) attraverso l'analisi delle fonti ritrovate in tale contesto - qui inoltre presentate in appendice all'interno di un breve catalogo - approfondendo in particolare temi come la connessione del dio con le aree desertiche e liminali, l'importanza della lotta di Seth contro Apophis, i cambiamenti nell'iconografia ed i tentativi di eradicazione del culto a partire dalla XXV dinastia. ​

e keywords Introduzione Capitolo 1 -Nascita e sviluppo dell'egittomania Capitolo 2 -Nascita dell'egittologia e delle collezioni europee ed italiane Capitolo 3 -Creazione di una rete museale italiana Conclusioni 2 Abstract Questo approfondimento si propone di fare un sunto di quello che è stato il percorso dell'egittomania sia in territorio nazionale che in ambito internazionale. Si è cercato di individuare quelli che sono stati i motori propulsori di questa corrente stilistica e non solo e di come i rapporti con l'Egitto, le scoperte scientifiche, archeologiche e le conseguenze che queste hanno creato all'interno dell'Europa abbiano portato alla nascita delle maggiori collezioni egittologiche nei grandi musei europei ed italiani ma anche di piccole collezioni private e non, disseminate su tutto il territorio nazionale italiano. Su questo punto si propone la creazione di un vero e proprio circuito museale a livello nazionale che possa unire queste piccole e grandi realtà all'interno di un vortice di scambi reciproci di vantaggi, che possa aiutare nella valorizzazione, conservazione e conoscenza di reperti e contesti archeologici attualmente spesso non accessibili agli studiosi e quindi poco o per nulla conosciuti.

This book explores the organisation of labour in Egypt during the Middle Kingdom (ca. 2050–1700 BCE) through a combination of written sources (main source: the Lahun Papyri) and archaeological evidence. Major lines of inquiry are the social profile and human activity of those strata of society liable to conscription, type of employments and temporality of work, management and administrative procedures in labour organisation. The written sources and archaeological record are first examined in two independent chapters. Then in the final chapters the results reached by the separate study of the different types of evidence are combined and compared by subject matter in order to identify patterns of outcome.

Tre riflessioni sulla costruzione della grande piramide Un'opera "colossale" come L'Anphytheatrum Flavium, fu realizzata in circa 8 anni (72 d.C -80 d.C.) con tecnologie di oltre 2500 anni più avanzate di quella Egizia all'epoca della costruzione della grande piramide (i Romani conoscevano la ruota, la carrucola, il ferro ed altri leveraggi combinati) e con il massimo sforzo dell'ingegneria Romana, per realizzarla nel più breve tempo possibile. Sotto, due foto satellitari nelle giuste proporzioni di scala, che mettono a confronto le due opere: Sotto, due disegni (sezioni mezzeria) per confrontare l'altezza :

Ipotesi sulla correlazione tra il Mosè biblico ed il Viceré di Kush "Merymose".
Possibile identificazione sulla base dei resoconti tratti dal "Contro Apione" e "Antichità Giudaiche" di Giuseppe Flavio, sulle gesta e sulle tracce lasciate da Merymose.

Il Papiro Tulli è un testo sfuggente, che circola in una trascrizione geroglifica da un originale ieratico che si dice perduto, e attorno al quale sono fioriti numerosi interessi extra-accademici in virtù del suo contenuto: l'avvistamento di cerchi infuocati in cielo al tempo (forse) di Thutmosis III. Il volume ricostruisce la storia di questo curioso documento, oggi generalmente ritenuto falso, tra egittologia e ufologia, tra esoterismo e ipotesi complottiste, cercando infine di ritrovare la verità dietro la finzione: chi lo avrebbe creato, e per quale motivo?

This paper presents the Middle Kingdom funerary stela Edinburgh A.1951.344, commemorating the scribe of the ḫnrt wr Senebeni, in its association with other monuments recording Senebeni and his son, the scribe of the ḫnrt wr Sobekhotep: Cairo CG 20145, Guimet C8, Marseille 228, and Tübingen 458. These stelae are important sources for the exploration of kinship ties and working relationships of individuals associated with different administrative units during the late Middle Kingdom. Special emphasis will be given to the institution ḫnrt wr, whose roles can be better defined by examining the type of function titles held by relatives and colleagues of Senebeni and Sobekhotep.

Alla metà del XIV secolo a.C. l’Egitto fu sconvolto dall’ascesa al trono di Amenhotep IV, il quale, nel quinto anno di regno, cambiò il proprio nome in Akhenaten. Si inaugurava una politica religiosa votata esclusivamente al culto del dio sole Aten, che apparve già ai contemporanei in contrasto con la oramai millenaria tradizione della civiltà egiziana. La scelta dei testi pubblicati in Appendice, tradotti dagli originali geroglifici, aiuta a comprendere uno dei momenti più originali della storia egiziana, dominato dalla figura di un sovrano sempre in bilico tra l’essere ritenuto un idealista e il primo monoteista della storia, o un opportunista che ammantò una rivoluzione politica di aspetti religiosi.

Manetone, lo storico egiziano, vissuto nell’era tolemaica, è la principale fonte di informazione sull’invasione degli Hyksos. Alcune pezzi di informazione che si occupano dell’invasione sono conservati da Giuseppe Flavio, Eusebio e Sesto Giulio Africano. Giuseppe Flavio, ha conservato una gran parte del secondo libro dell’Egitto di Manetone.

Gli scavi archeologici effettuaci in Egitto dallo IEASM benefi ,
ciano di un laboratorio per il restauro a bordo della nave, aflìn ,
ché gli oggetti possa no essere tratt ati nel momento stesso in
cui emergono dalle acque. Le prime fasi di conservazion e sono quindi
svo lte a bordo; gli interventi co mplementari , che richiedono attre zza ture
più adeguate, sono effettuati a terra, pre sso il laboratorio di Alessandria.

Paper presented at the Conference: an overview of the recent research on the cartonnage material (i.e. mummy masks, foot-cases, full body covers) from Kellis, Dakhleh Oasis, Egypt; the use of 3D modelling and photogrammetry; considerations about Cultural Heritage Preservation.
I also assisted with the Conference organisation and designed the book of abstracts and posters.
https://doi.org/10.26180/5c8b113380e5b

E' in una stretta valletta dell'Alto Egitto, di fronte all'odierna città di Luxor, sulla riva sinistra del Nilo, a Sud-Ovest dell'attuale villaggio di Sheik abd el-Qurna, racchiusa tra la collina di Qurnet Marrai ad oriente ed i pendii strapiombanti del limite orientale della catene libica ad occidente che agli inizi della XVIII dinastia, 1450 anni prima della nostra era venne fondato praticamente dal nulla ed in un arco di pochi anni, al riparo da occhi indiscreti quello che doveva essere la cittadina, sorta di quartiere operaio, che avrebbe ospitato per quasi cinquecento anni la comunità di operai più esclusiva dell'antico Egitto finora nota. Erano gli artefici delle splendide tombe reali del Nuovo Regno coloro che vi dimoravano assieme alle loro famiglie.

Alle seguenti coordinate geografiche: 21° 31’ 40” 00 N  70° 31’ 40” 00 E, sulla Penisola di Khatiawar, nell’India Occidentale, é stata individuato una complesso montagnoso di particolare interesse geologico.
Siamo convinti che questa zona chiamata Monte Girinagar o Girnar, presenti  caratteristiche geomorfologiche e storiche della civiltá scomparsa e citata dal filosofo greco Platone, nel 350 aC, la cosidetta: "Cittá perduta di Atlantide".
La presente scoperta necessita ulteriori ricerche per identificare eventuali presenze di insediamenti e manufatti storici; tuttavia pare importante sottolineare che i riscontri oggettivi ritrovati in India, sono sul piano geologico, zoologico, botanico, climatologico, sociologico e storico una conferma della tesi secondo la quale nella regione del Monte Girnar ci si trovi effettivamente in presenza della perduta civiltá di Atlantide.

Le sette meraviglie del mondo antico sono opere di scultura e architettura che gli antichi greci e romani decretarono come le più belle costruite dall'umanità. L'elenco fu cominciato nel III secolo a.C. come attestano diversi testi antichi tra cui la poesia di Antipatro di Sidone del II secolo a.C. All'epoca, le sette meraviglie del mondo erano: 1) i Giardini pensili di Babilonia; 2) il Colosso di Rodi; 3) il Mausoleo di Alicarnasso; 4) il Tempio di Artemide a Efeso; 5) il Faro di Alessandria in Egitto; 6) la statua di Zeus a Olimpia; 7) la Piramide di Cheope a Giza;

Apprendiamo dalla corrispondenza tra Amenhotep III e Kadashman-Enlil, che era uso per i viaggiatori giunti in Egitto, e precisamente proprio alla corte di Amenhotep III, essere riempiti di doni che avrebbero poi riportato nelle rispettive terre di appartenenza.