Papers by Leonardo Lovari
Japan Society of Powder and Powder Metallurgy, Mar 5, 2018
Una visione generale di Picola della Mirandola della magia, ricostruita nei termini metodologici ... more Una visione generale di Picola della Mirandola della magia, ricostruita nei termini metodologici sopra esposti, si sviluppa, nel pensiero pichiano, su talune linee direttive di base, strettamente collegate tra loro, che possiamo presentare sinteticamente nei termini seguenti: 1. La magia, intesa come magia naturalis, è una forma legittima di sapere, considerata come carica di valore di verità (sia teoricoconoscitivo che pratico-operativo e morale-spirituale) e come pienamente compatibile ed integrabile con gli insegnamenti dogmatici dell'ortodossia cristiana. 2. La magia, rettamente assunta e praticata (come magia naturalis), entra di diritto nell'articolato organigramma universalistico delle vetuste tradizioni sapienziali che convergono tra loro e conducono all'unico Vero. 3. Nella visione sinfonica del sapere sostenuta da Pico, la magia cui è dedicata notevole attenzione, è presentata come una doctrina autonoma. Come tale, essa è una delle molteplici vie che concorrono a far risplendere nell'anima il fulgore di verità: le religioni ebraica e cristiana (" misteri mosaici " e " misteri cristiani "), e la " teologia degli antichi " : la religione greca, la filosofia assunta nelle sue varie scuole ed articolazioni, il pitagorismo, il pensiero caldaico-zoroastriano, l'ermetismo, l'orfismo, la magia, la cabala ebraica (vista come tradizione iniziatica e nucleo dottrinale profondo della religione ebraica). In questa visione universalistica e concordista, resa possibile da potenti filtri ermeneutico-speculativi, la magia, pur connessa ad altri saperi, presenta una propria specificità dottrinale, un statuto autonomo che la distingue dalle altre doctrinae o philosophiae in cui si manifesta la sapienza universale.
Una visione generale di Picola della Mirandola della magia, ricostruita nei termini metodologici ... more Una visione generale di Picola della Mirandola della magia, ricostruita nei termini metodologici sopra esposti, si sviluppa, nel pensiero pichiano, su talune linee direttive di base, strettamente collegate tra loro, che possiamo presentare sinteticamente nei termini seguenti:
La base delle credenze Egizie sulla salvezza era la natura divina che gli Egiziani attribuivano a... more La base delle credenze Egizie sulla salvezza era la natura divina che gli Egiziani attribuivano al loro re, che era considerato il figlio di Ra, il dio cosmico. Questo particolare rapporto tra Dio e il re si manifestava nei tre eventi speciali della vita: la santa nascita del sovrano, l'unzione all'incoronamento, e la resurrezione dopo la morte. Gli Egizi credevano che, mentre l'elemento spirituale lasciava il corpo al momento della morte, questo sarebbe tornato in futuro, se il corpo rimaneva al sicuro e protetto, ed è per questo che gli Egiziani dedicavano tanta cura nella mummificazione e cercando tome sicure. Osiride era considerato un antico re, ucciso dal fratello Seth, che ha smembrato il suo corpo. Tuttavia, la moglie / sorella Iside, fu in grado di raccogliere le sue spoglie e, con un rituale magico, riassemblò di nuovo il suo corpo e lo restituì alla vita, non sulla terra, ma nel mondo sotterraneo, dove divenne il dio e giudice dei morti.
Il Libro di Enoch è un testo apocrifo di origine ebraica la cui versione definitiva risale al pri... more Il Libro di Enoch è un testo apocrifo di origine ebraica la cui versione definitiva risale al primo secolo a.C., raggiunto oggi in pieno in una versione in lingua Ge'ez (antica lingua Etiope), da cui il nome Enoch etiopico.
Il primo libro di Enoch è un apocrifo dell'Antico Testamento, non incluso nella Bibbia ebraica, non è parte della Bibbia in Greco chiamato dei (Settanta) e non è parte di, almeno oggi, anche della Bibbia Cristiana. Gli storici
Ebrei Flavio Giuseppe e Filone di Alessandria non lo menzionano tra i libri canonici del giudaismo nel primo secolo d.C., anche se sappiamo che in passato è stato spesso utilizzato nel mondo ebraico e anche i primi padri
della Chiesa Cristiana, ci sono infatti alcune analogie tra passi e idiomi caratteristici del Nuovo Testamento, e questo libro. In epoca medievale si sono perse le tracce misteriosamente tranne qualche rara citazione, come
quelli di Sincello e Cedreno del IX secolo non è più stato utilizzato, e 1 Enoch è rimasto un testo sconosciuto e misterioso fino a '700. La tradizione dice il patriarca Enoch autore di oltre trecento sessantasei libri. I più
famosi sono il primo libro di Enoch, il secondo libro di Enoch (chiamato anche Libro dei Segreti di Enoch) e il terzo libro di Enoch (Enoch o l'Apocalisse). Secondo gli storici questi libri in realtà non contengono parole
attribuite direttamente all’antico patriarca biblico descritto nella Genesi, perché avrebbe teoricamente vissuto qualche migliaio di anni prima che apparisse nei libri a lui attribuiti. Perché 1 Enoch viene anche definito pseudoepigrafo, o uno scritto attribuito a un antico patriarca con un espediente letterario per conferire un'aura di autenticità e l'autorità conteneva. Enoch significa in ebraico "l'iniziato." Secondo il libro di Enoch Genesi è un discendente di Seth, il terzo figlio di Adamo ed Eva nati dopo l'assassinio di Abele. Da non confondere con il figlio di Caino, chiamato anche Enoch.
Manetone, lo storico egiziano, vissuto nell’era tolemaica, è la principale fonte di informazione ... more Manetone, lo storico egiziano, vissuto nell’era tolemaica, è la principale fonte di informazione sull’invasione degli Hyksos. Alcune pezzi di informazione che si occupano dell’invasione sono conservati da Giuseppe Flavio, Eusebio e Sesto Giulio Africano. Giuseppe Flavio, ha conservato una gran parte del secondo libro dell’Egitto di Manetone.
Un ingegnere chimico Joseph Davidovitz indagando sui blocchi delle Piramidi di Giza, notò la pres... more Un ingegnere chimico Joseph Davidovitz indagando sui blocchi delle Piramidi di Giza, notò la presenza di un capello e di una conchiglia fossile inseriti dentro una grande blocco di calcare. Questo poteva dimostrare che la pietra non era di origine naturale, ma poteva essere fatta da un particolare tipo di calcestruzzo. Di calcare intorno alle Piramidi ne esiste in grandi quantità, e si mise in ricerca, questa ricerca lo portò sull’Isola di Seel, nei pressi di Elefantina.
A Mosè è legata l’idea del monoteismo. Però colui che ha incarnato questa idea è il faraone della... more A Mosè è legata l’idea del monoteismo. Però colui che ha incarnato questa idea è il faraone della XVIII° Dinastia Akhenaton (Amenofi IV). Di Mosè non siamo così certi che sia mai esistito, ma la sua presenza nelle sacre scritture ci ha accompagnato sino ad oggi. Di Akhenaton sappiamo come e quando è vissuto, alla sua morte però i suoi detrattori condannarono la sua memoria addirittura cancellando i sigilli reali su tutti i monumenti dell’Egitto, soltanto ai giorni nostri è stato possibile ridare lustro alla sua riforma religiosa e innovativa.
L’unificazione di tutti i territori del Nilo si riunirono sotto il controllo di unico sovrano. Ci... more L’unificazione di tutti i territori del Nilo si riunirono sotto il controllo di unico sovrano. Ci sono diversi reperti archeologici che, in un modo o nell’altro, si riferiscono a tale processo. Si tratta di scene incise come decorazioni sulla superficie di manici di coltelli, tavolette per la preparazione di cosmetici e teste di mazza.
I documenti e le tavolette aiutano a farsi un’idea del processo da cui sorse la I dinastia, sono stati ritrovati non molto tempo fa un paio di sigilli cilindrici all’interno di un cimitero di Abydos (uno appartiene al re Den e l’altro a Qaa) misero fine alle congetture sul numero e sull’ordine di successione dei suoi sovrani. In due serie distinte entrambe aperte dallo stesso sovrano, i nomi dei re si susseguono in una genealogia completa: Narmer, Aha, Djer, Djet, la regina madre Merneith, Den, Andyib, Semerkhet e Qaa.
I primi filosofi dell’antica Grecia si dedicavano esclusivamente ai loro pensieri e alle loro ide... more I primi filosofi dell’antica Grecia si dedicavano esclusivamente ai loro pensieri e alle loro idee, cercando di contemplare il mondo con il loro intelletto. Sicuramente la loro professione di filo-sofi (“amanti della sapienza”) li faceva spesso apparire come personaggi particolari: è per esempio il caso di Socrate, che Aristofane, Senofronte e Platone concordano nel presentarci come non bello di aspetto, sempre attento a osservare gli Ateniesi, facendo a loro un sacco di domande.
Comunque tutte le scuole filosofiche avevano studenti di ogni tipologia sociale e ebbero un ruolo chiave nello sviluppo della cultura del tempo. Alcuni dei primi filosofi furono estremamente solitari, suscitando ammirazione o disprezzo. Nelle Vite dei Filosofi Diogene Laerzio riferisce riprendendo una tradizione risalente a Erotodo, egli racconta che Pitagora di Samo si rinchiuse in una grotta e che quando uscì gridando di essere uscito dall’inferno, la gente vide in lui qualcosa di divino. Un altro racconto di Diogene Laerzio cita di quando Empedecle si gettò nell’Etna, per far credere di essere diventato un dio: le fiamme lanciarono in aria uno dei suoi sandali, provocando la ilarità degli spettatori per lo spettacolo grottesco della scena.
La favola di Amore e Psiche scritta da Lucio Apuleio all’interno delle Metamorfosi, è una vera e ... more La favola di Amore e Psiche scritta da Lucio Apuleio all’interno delle Metamorfosi, è una vera e autentica fiaba, dove esistono atmosfere magiche e incantate come nella tradizione popolare. Un racconto da tutto il mondo conosciuto, di cui sono state date le più disparate interpretazioni, ma che affascina i lettori da quasi duemila anni. Del suo autore Apuleio, nato nel 125 d.C. nell’odierna Algeria, sappiamo che veniva da una famiglia molto ricca, si formò a Cartagine, studio filosofia ad Atene. Ritornato in Africa dove svolse attività di avvocato, conobbe Pudentilla, madre di un suo compagno di studi che sposò.
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La civiltà egiziana, fiorita lungo le rive del Nilo per circa 3000 anni, fu una delle più straord... more La civiltà egiziana, fiorita lungo le rive del Nilo per circa 3000 anni, fu una delle più straordinarie e durature del mondo antico.
Ancora oggi, trascorsi due millenni dal suo tramonto, essa continua a esercitare un notevole fascino. Gli Egizi hanno lasciato molte tracce della loro cultura, grazie anche al clima secco del deserto che le ha conservate nei secoli. La Sfìnge e molte piramidi, le mummie, le maschere funerarie, le decorazioni sepolcrali, i papiri, sono così state preservate dalla distruzione, la sorte comune di tante antiche vestigia. L’Egitto è infatti noto anche con il nome di “dono del Nilo”, perché le piene del fiume depositavano sui campi uno strato di fertile limo, vitale per la crescita delle colture. Già in età preistorica, i primi abitanti impararono a seminare e piantare le loro messi nei campi ancora coperti dal limo dopo che le acque si erano ritirate. I raccolti, quasi sempre abbondanti, permisero a quella civiltà di prosperare e di raggiungere uno splendore mai conosciuto prima. Gli antichi Egizi chiamarono la fertile valle del Nilo kemet, “terra nera”, e se stessi remet-en-kemet, “il popolo della terra nera”, mentre il deserto che circonda il paese fu detto deshret, “la terra
rossa”.
La nostra conoscenza di Manetone è incerta, ma possiamo affermare tre cose che sono: la sua patri... more La nostra conoscenza di Manetone è incerta, ma possiamo affermare tre cose che sono: la sua patria, il suo sacerdozio a Eliopoli e la sua attività per l’introduzione del culto di Serapide. Il nome Manetone (Μανεθώς, spesso scritto Μανέθων) si può spiegare come “La verità di Thoth“, e sotto la XIX Dinastia è descritto come “Primo Sacerdote della Verità di Thot”. “Manetone” è dal copto “sposo” “mandriano” “cavallo”,
ma la parola non sembra comparire altrove come un nome proprio. Sotto il nome di Manetone, la Suida sembra distinguere due scrittori: Manetone di Mendes in Egitto, capo sacerdote che scrisse sulla realizzazione del Kyphi e Manetone di Diospoli o Sebennytus, opere “A Treatise on Physical Doctrines” e “Apotelesmatica” (or Astrological
Influences), in versi esametri, e altre opere astrologiche. Egli si descrive come “Alto sacerdote e scriba dei santuari sacri d’Egitto, nato a Sebennytus e dimorato a Eliopoli”. A Manetone dobbiamo la suddivisione in trenta dinastie della storia dell’antico Egitto, tale suddisione è in parte confermata anche da altre fonti come il Canone Reale. In realtà l’opera di Manetone, Aegyptiaca, non ci è pervenuta e ne
conosciamo solamente alcuni frammenti attraverso le opere di storici posteriori che scrissero delle epitomi utilizzando l’opera manetoniana.
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Il primo libro di Enoch è un apocrifo dell'Antico Testamento, non incluso nella Bibbia ebraica, non è parte della Bibbia in Greco chiamato dei (Settanta) e non è parte di, almeno oggi, anche della Bibbia Cristiana. Gli storici
Ebrei Flavio Giuseppe e Filone di Alessandria non lo menzionano tra i libri canonici del giudaismo nel primo secolo d.C., anche se sappiamo che in passato è stato spesso utilizzato nel mondo ebraico e anche i primi padri
della Chiesa Cristiana, ci sono infatti alcune analogie tra passi e idiomi caratteristici del Nuovo Testamento, e questo libro. In epoca medievale si sono perse le tracce misteriosamente tranne qualche rara citazione, come
quelli di Sincello e Cedreno del IX secolo non è più stato utilizzato, e 1 Enoch è rimasto un testo sconosciuto e misterioso fino a '700. La tradizione dice il patriarca Enoch autore di oltre trecento sessantasei libri. I più
famosi sono il primo libro di Enoch, il secondo libro di Enoch (chiamato anche Libro dei Segreti di Enoch) e il terzo libro di Enoch (Enoch o l'Apocalisse). Secondo gli storici questi libri in realtà non contengono parole
attribuite direttamente all’antico patriarca biblico descritto nella Genesi, perché avrebbe teoricamente vissuto qualche migliaio di anni prima che apparisse nei libri a lui attribuiti. Perché 1 Enoch viene anche definito pseudoepigrafo, o uno scritto attribuito a un antico patriarca con un espediente letterario per conferire un'aura di autenticità e l'autorità conteneva. Enoch significa in ebraico "l'iniziato." Secondo il libro di Enoch Genesi è un discendente di Seth, il terzo figlio di Adamo ed Eva nati dopo l'assassinio di Abele. Da non confondere con il figlio di Caino, chiamato anche Enoch.
I documenti e le tavolette aiutano a farsi un’idea del processo da cui sorse la I dinastia, sono stati ritrovati non molto tempo fa un paio di sigilli cilindrici all’interno di un cimitero di Abydos (uno appartiene al re Den e l’altro a Qaa) misero fine alle congetture sul numero e sull’ordine di successione dei suoi sovrani. In due serie distinte entrambe aperte dallo stesso sovrano, i nomi dei re si susseguono in una genealogia completa: Narmer, Aha, Djer, Djet, la regina madre Merneith, Den, Andyib, Semerkhet e Qaa.
Comunque tutte le scuole filosofiche avevano studenti di ogni tipologia sociale e ebbero un ruolo chiave nello sviluppo della cultura del tempo. Alcuni dei primi filosofi furono estremamente solitari, suscitando ammirazione o disprezzo. Nelle Vite dei Filosofi Diogene Laerzio riferisce riprendendo una tradizione risalente a Erotodo, egli racconta che Pitagora di Samo si rinchiuse in una grotta e che quando uscì gridando di essere uscito dall’inferno, la gente vide in lui qualcosa di divino. Un altro racconto di Diogene Laerzio cita di quando Empedecle si gettò nell’Etna, per far credere di essere diventato un dio: le fiamme lanciarono in aria uno dei suoi sandali, provocando la ilarità degli spettatori per lo spettacolo grottesco della scena.
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Ancora oggi, trascorsi due millenni dal suo tramonto, essa continua a esercitare un notevole fascino. Gli Egizi hanno lasciato molte tracce della loro cultura, grazie anche al clima secco del deserto che le ha conservate nei secoli. La Sfìnge e molte piramidi, le mummie, le maschere funerarie, le decorazioni sepolcrali, i papiri, sono così state preservate dalla distruzione, la sorte comune di tante antiche vestigia. L’Egitto è infatti noto anche con il nome di “dono del Nilo”, perché le piene del fiume depositavano sui campi uno strato di fertile limo, vitale per la crescita delle colture. Già in età preistorica, i primi abitanti impararono a seminare e piantare le loro messi nei campi ancora coperti dal limo dopo che le acque si erano ritirate. I raccolti, quasi sempre abbondanti, permisero a quella civiltà di prosperare e di raggiungere uno splendore mai conosciuto prima. Gli antichi Egizi chiamarono la fertile valle del Nilo kemet, “terra nera”, e se stessi remet-en-kemet, “il popolo della terra nera”, mentre il deserto che circonda il paese fu detto deshret, “la terra
rossa”.
ma la parola non sembra comparire altrove come un nome proprio. Sotto il nome di Manetone, la Suida sembra distinguere due scrittori: Manetone di Mendes in Egitto, capo sacerdote che scrisse sulla realizzazione del Kyphi e Manetone di Diospoli o Sebennytus, opere “A Treatise on Physical Doctrines” e “Apotelesmatica” (or Astrological
Influences), in versi esametri, e altre opere astrologiche. Egli si descrive come “Alto sacerdote e scriba dei santuari sacri d’Egitto, nato a Sebennytus e dimorato a Eliopoli”. A Manetone dobbiamo la suddivisione in trenta dinastie della storia dell’antico Egitto, tale suddisione è in parte confermata anche da altre fonti come il Canone Reale. In realtà l’opera di Manetone, Aegyptiaca, non ci è pervenuta e ne
conosciamo solamente alcuni frammenti attraverso le opere di storici posteriori che scrissero delle epitomi utilizzando l’opera manetoniana.
Il primo libro di Enoch è un apocrifo dell'Antico Testamento, non incluso nella Bibbia ebraica, non è parte della Bibbia in Greco chiamato dei (Settanta) e non è parte di, almeno oggi, anche della Bibbia Cristiana. Gli storici
Ebrei Flavio Giuseppe e Filone di Alessandria non lo menzionano tra i libri canonici del giudaismo nel primo secolo d.C., anche se sappiamo che in passato è stato spesso utilizzato nel mondo ebraico e anche i primi padri
della Chiesa Cristiana, ci sono infatti alcune analogie tra passi e idiomi caratteristici del Nuovo Testamento, e questo libro. In epoca medievale si sono perse le tracce misteriosamente tranne qualche rara citazione, come
quelli di Sincello e Cedreno del IX secolo non è più stato utilizzato, e 1 Enoch è rimasto un testo sconosciuto e misterioso fino a '700. La tradizione dice il patriarca Enoch autore di oltre trecento sessantasei libri. I più
famosi sono il primo libro di Enoch, il secondo libro di Enoch (chiamato anche Libro dei Segreti di Enoch) e il terzo libro di Enoch (Enoch o l'Apocalisse). Secondo gli storici questi libri in realtà non contengono parole
attribuite direttamente all’antico patriarca biblico descritto nella Genesi, perché avrebbe teoricamente vissuto qualche migliaio di anni prima che apparisse nei libri a lui attribuiti. Perché 1 Enoch viene anche definito pseudoepigrafo, o uno scritto attribuito a un antico patriarca con un espediente letterario per conferire un'aura di autenticità e l'autorità conteneva. Enoch significa in ebraico "l'iniziato." Secondo il libro di Enoch Genesi è un discendente di Seth, il terzo figlio di Adamo ed Eva nati dopo l'assassinio di Abele. Da non confondere con il figlio di Caino, chiamato anche Enoch.
I documenti e le tavolette aiutano a farsi un’idea del processo da cui sorse la I dinastia, sono stati ritrovati non molto tempo fa un paio di sigilli cilindrici all’interno di un cimitero di Abydos (uno appartiene al re Den e l’altro a Qaa) misero fine alle congetture sul numero e sull’ordine di successione dei suoi sovrani. In due serie distinte entrambe aperte dallo stesso sovrano, i nomi dei re si susseguono in una genealogia completa: Narmer, Aha, Djer, Djet, la regina madre Merneith, Den, Andyib, Semerkhet e Qaa.
Comunque tutte le scuole filosofiche avevano studenti di ogni tipologia sociale e ebbero un ruolo chiave nello sviluppo della cultura del tempo. Alcuni dei primi filosofi furono estremamente solitari, suscitando ammirazione o disprezzo. Nelle Vite dei Filosofi Diogene Laerzio riferisce riprendendo una tradizione risalente a Erotodo, egli racconta che Pitagora di Samo si rinchiuse in una grotta e che quando uscì gridando di essere uscito dall’inferno, la gente vide in lui qualcosa di divino. Un altro racconto di Diogene Laerzio cita di quando Empedecle si gettò nell’Etna, per far credere di essere diventato un dio: le fiamme lanciarono in aria uno dei suoi sandali, provocando la ilarità degli spettatori per lo spettacolo grottesco della scena.
Ancora oggi, trascorsi due millenni dal suo tramonto, essa continua a esercitare un notevole fascino. Gli Egizi hanno lasciato molte tracce della loro cultura, grazie anche al clima secco del deserto che le ha conservate nei secoli. La Sfìnge e molte piramidi, le mummie, le maschere funerarie, le decorazioni sepolcrali, i papiri, sono così state preservate dalla distruzione, la sorte comune di tante antiche vestigia. L’Egitto è infatti noto anche con il nome di “dono del Nilo”, perché le piene del fiume depositavano sui campi uno strato di fertile limo, vitale per la crescita delle colture. Già in età preistorica, i primi abitanti impararono a seminare e piantare le loro messi nei campi ancora coperti dal limo dopo che le acque si erano ritirate. I raccolti, quasi sempre abbondanti, permisero a quella civiltà di prosperare e di raggiungere uno splendore mai conosciuto prima. Gli antichi Egizi chiamarono la fertile valle del Nilo kemet, “terra nera”, e se stessi remet-en-kemet, “il popolo della terra nera”, mentre il deserto che circonda il paese fu detto deshret, “la terra
rossa”.
ma la parola non sembra comparire altrove come un nome proprio. Sotto il nome di Manetone, la Suida sembra distinguere due scrittori: Manetone di Mendes in Egitto, capo sacerdote che scrisse sulla realizzazione del Kyphi e Manetone di Diospoli o Sebennytus, opere “A Treatise on Physical Doctrines” e “Apotelesmatica” (or Astrological
Influences), in versi esametri, e altre opere astrologiche. Egli si descrive come “Alto sacerdote e scriba dei santuari sacri d’Egitto, nato a Sebennytus e dimorato a Eliopoli”. A Manetone dobbiamo la suddivisione in trenta dinastie della storia dell’antico Egitto, tale suddisione è in parte confermata anche da altre fonti come il Canone Reale. In realtà l’opera di Manetone, Aegyptiaca, non ci è pervenuta e ne
conosciamo solamente alcuni frammenti attraverso le opere di storici posteriori che scrissero delle epitomi utilizzando l’opera manetoniana.