Baccio Bandinelli

Baccio Bandinelli admired and competed with the older Michelangelo all his life but never escaped the great man's shadow. When the Republican government of Florence decided to order Hercules and Cacus as a companion piece for David at the entrance to the Palazzo della Signoria, they originally gave the commission to Michelangelo. A decade later, after a change of government, the marble ended up in Bandinelli's hands. This, then, is the story of what he sculpted.

Reviewed by Salvatore Settis, in "Sole 24 ore", 289, 20 ottobre 2019, p. 19 http://www.stmoderna.it/Rassegna-Stampa/DettagliQuotidiani.aspx?id=17434

Reviewed by Desmond O'Grady in "Internazionale", 1335, 29 novembre 2019, p. 90

Reviewed by Andrea Salvatore in "Politica e società", 3/2019, pp. 424-428
https://www.rivisteweb.it/doi/10.4476/95764

Reviewed by Giuseppe Crimi in "Roma nel Rinascimento", 2021, pp. 221-226.

This study is devoted to the emotional experience of the famous Renaissance sculptor, goldsmith, and writer, Benvenuto Cellini (1500–1571), as it is portrayed in his life writing, the Vita. Providing the variety of arguments on the connection between the artist and contemporary intellectuals, who attended the Florentine Academy (1540–1583) together, I demonstrate that Cellini’s literary production can be examined productively against the background of Neoplatonic thought. In particular, Marsilio Ficino’s On Love, first published in the vernacular Italian in 1544, helps to establish an explanation of what Cellini meant when he decided to play the cornet while falling in love simultaneously with a young boy and girl, or  how he justified kicking or punching his servants, or why he did not kill his adversary, the artist Baccio Bandinelli, when he had the chance. These cases of radical affectivity are inscribed into Ficino’s concept of the “melancholy genius” manifesting melancholic madness. In Cellini’s Vita, the latter can not only turn humans almost into beast, literally (for example, in a bat); but, properly tempered by the means of music and poetry, as well as of individual and collective magic, it elevates one’s soul “on high,” which corresponds to the Neoplatonic concept of divine madness.
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Table of Contents
Introduction
Chapter 1.  Benvenuto Cellini and the Florentine Academy
1.1 Why did the Italian academies emerge?
1.2 Academic movement before the Florentine Academy
1.3 The Florentine Academy
1.4 Benvenuto Cellini’s writings in the context of the Florentine Academy
Chapter 2.  “Essendo io per natura malinconico”: Benvenuto Cellini and the Ficinian Legacy
2.1 “Grand theories” and “grounded” early-modern artists
2.2 Marsilio Ficino’s On Love
2.3 “Melancholy genius” concept
2.4 (Neo)Platonic love
Chapter 3.  “Tu ten sei gito a contemplar su ’n Cielo l’alto Fattore”: Benvenuto Cellini Ascending on High
3.1 Esoteric knowledge and censorship
3.2 “Furor divino” and “diabolico furore”
3.3 Different kinds of furor divino in the Vita
Conclusion

RESUMEN:  El 24 de febrero de 1530, Carlos V recibía en la ciudad italiana de Bolonia la corona de emperador de manos del pontífice Clemente VII. El acontecimiento, de largo alcance y significación, constituyó la más contundente afirmación del poder y la fuerza imperiales. Engalanada la ciudad como trasunto de Roma, el alborozado pueblo boloñés, acudido en masa al evento, vio desfilar por entre arcos de triunfo, galerías y columnas all’antica, trofeos monumentales y colosos escultóricos, al soberano del mundo y su imponente cortejo: un sinfín de cardenales, obispos, príncipes y caballeros venidos de todas las naciones del occidente cristiano para honrar al flamante césar y una infinita selección de sus victoriosas y variopintas mesnadas, revestidos todos para la ocasión con los más ricos uniformes y atavíos.

He aquí el testimonio literario y visual de aquella deslumbrante celebración y aquella colorista cabalgata: el relato que debía guardar inmortal registro del acontecimiento, escrito por el polígrafo humanista colonés Enrique Cornelio Agripa de Nettesheim († 1535), teólogo, jurista, médico, alquimista, nigromante y por entonces también cronista del emperador; y el espectacular friso calcográfico de la cabalgata –restaurado digitalmente para la ocasión y presentado en un largo desplegable de seis metros–, obra del pintor y grabador muniqués Nicolas Hogenberg († 1539). Completan esta edición el estudio introductorio y las notas del doctor en Historia del Arte y especialista en las relaciones entre arte y poder en la Edad Moderna Rubén López Conde.

del Doni, partito in piu ragionamenti, ne quali si tratta della scoltura et pittura; de colori, de getti, de modegli, con molte cose appartenenti a quest'arti, et si termina la nobiltà dell'una et dell'altra professione. Con historie, essempi, et sentenze, et nel fine alcune lettere che trattano della medesima materia, In Vinetia, appresso gabriel giolito di Ferrarii, 1549. 2 Autore???, Dialogo di pittura di messer Paolo Pino. Nuouamente dato in luce, In Vinegia, per pauolo [!] gherardo, 1548 (colophon: In Vinegia, per comin da trino di monferrato, 1548). 3 J. von schlosser, Die Kunstliteratur: ein Handbuch zur Quellenkunde der neueren Kunstgeschichte, Wien, Kunstverlag anton schroll & co., 1924; trad. it. (di F. rossi) La letteratura artistica: manuale delle fonti della storia dell'arte moderna, Firenze, la nuova Italia, 1977 2 , pp. 245-246. 4 cfr. Z. Waźbiński, L'Accademia Medicea del Disegno a Firenze nel Cinquecento: idea e istituzione, 2 voll., Firenze, leo s. olschki, 1987, vol. I, p. 71 5 cfr. m. pepe, Svolgimenti nella concezione del disegno in Anton Francesco Doni: dalla «diceria» al Montorsoli del 1546 al trattato del 1549, in a. Forlani tempesti e s. prosperi Valenti rodinò (a cura di),

0 0 MADDALENA SPAGNOLO RAGIONARE E CICALARE D'ARTE A FIRENZE NEL CINQUECENTO: TRACCE DI UN DIBATTITO FRA ARTISTI E LETTERATI ESTRATTO DA OFFICINE DEL NUOVO Sodalizi fra letterati, artisti ed editori nella cultura italiana fra Riforma e Controriforma Atti del Simposio internazionale, Utrecht 8-10 novembre 2007 a cura di Harald Hendrix e Paolo Procaccioli Vecchiarelli Editore Manziana 2008 Per un disguido tecnico, la versione in volume del contributo di Maddalena Spagnolo non ha tenuto conto della revisione di bozze dell'autore. Il presente estratto si intenda come sostitutivo del testo edito. 1 MADDALENA SPAGNOLO RAGIONARE E CICALARE D'ARTE A FIRENZE NEL CINQUECENTO: TRACCE DI UN DIBATTITO FRA ARTISTI E LETTERATI In una lettera a Paris Bordone stampata in calce al suo Disegno, Anton Francesco Doni manifestava, con il suo stile vivace e colorito, una preoccupazione per come sarebbe stato accolto il suo libriccino: Che si dirà adunque havendo dato in publico quest'opera, che tratta della Scoltura & Pittura, che io per mia fede non saprei fare un beveratoio da pulci con lo scarpello, ne col pennello una testa [...] di grillo; & pure gratia dei, n'ho cicalato non so quante carte. Potrei esser calumniato che io l'havessi rubata. 1 Il motivo di non saper maneggiare gli strumenti del mestiere rappresenta un topos negli scritti d'arte di autori che non praticavano la professione d'artista; così come, per converso, negli scritti di artisti si incontra lo stesso motivo specularmente ribaltato, le scuse, cioè, relative all'incapacità a maneggiare bene la penna. Come tutti i luoghi comuni anche questo, nella sua duplice accezione, nascondeva in realtà un nucleo di verità, un riferimento a un dibattito, che si fece particolarmente vivace nel corso del Cinquecento, riguardo alle competenze necessarie per scrivere di questioni relative alle arti figurative. 2 È stato spesso notato che non fu facile per gli artisti vestire i panni degli scrittori e perseguire quel riconoscimento letterario e sociale che la loro professione non garantiva. 3 Ma si è riflettuto meno sul percorso inverso, quello cioè che dovettero compiere i letterati che, pur non essendo praticanti del mestiere, ambissero a scrivere sull'arte. In questo contributo vorrei evidenziare, limitatamente alla situazione che si delinea a Firenze nel Cinquecento, come la conquista di uno spazio di credibilità e di autorità nella

Il mio intervento si prefigge di leggere i Ragionamenti delle regole del disegno di Alessandro Allori, allievo di Agnolo Bronzino, non solo quale testimonianza quanto mai significativa dell’importanza del valore didattico esercitato dall’Accademica fiorentina delle Arti del Disegno (fondamentale sia per creare i nuovi maestri sia per fornire una conoscenza dell’arte, comprensiva della pratica del disegno, anche ai «nobilissimi gentiluomini» del tempo) ma pure di inserire lo scritto di Allori nel panorama più ampio della trattatistica artistica di pieno Cinquecento.
In tale ottica, i Ragionamenti saranno posti a confronto con testi coevi incentrati sulla tematica (pubblicati o rimasti manoscritti), da alcuni passi delle Vite vasariane al Discorso sopra l’arte del disegno di Benvenuto Cellini, fino alle ampie disamine di Raffaello Borghini e dell’Armenini, in modo da enucleare gli elementi peculiari e innovativi introdotti dal pittore fiorentino nella sua riflessione teorica.

s c u l p t o r s ' dr aw i ng s f ro m r e n a i s s a nc e i t a ly Edited by m ich a e l w. col e with essays by m ich a e l w. col e • dav i de ga spa ro t t o • a l i na pay ne ol i v e r t os t m a n n • l i nda wol k-si mon s c u l p t or s ' dr aw i ng s f rom r e n a i s s a nc e i ta ly Curated by Oliver Tostmann and Michael W. Cole at the Isabella Stewart Gardner Museum, Boston

Gli ultimi venti anni della carriera di Guglielmo della Porta furono costellati da una serie di imprese mai portate a termine: tra queste era anche la sistemazione dell'altare maggiore della nuova basilica di San Pietro. Per quel progetto, mai davvero preso in esame dalla critica, l'artista si rifece al disegno che un altro grande scultore e dilettante di architettura, Baccio Bandinelli, aveva messo in opera in Santa Maria del Fiore (poi in gran parte smantellato a partire dal Settecento, prima con la rimozione delle statue, e poi, nel 1842-43, con interventi più radicali sulla struttura architettonica (figg. 1-2) 1 . Non sappiamo con certezza se Guglielmo vide di persona il coro monumentale eretto sotto la cupola del duomo fiorentino, ma certamente il suo progetto per la basilica petrina doveva essere ispirato a quel prototipo, puntualmente descritto nelle Vite vasariane ancor prima di essere portato a termine ed ufficialmente inaugurato nel 1572. L'ambizioso progetto dellaportiano per San Pietro prevedeva anche la realizzazione di tre pale d'altare a rilievo e di una serie di figure a tutto tondo degli Apostoli, senz'altro ispirate al complesso di sculture del duomo di Orvieto.

Several contemporary sources suggest that Vincenzo de' Rossi (1525-1587) the well-known pupil of Baccio Bandinelli (1493-1560) was active as an architect, alongside his better-known work as a sculptor in Rome and Florence. A recently acquired drawing at the Metropolitan Museum of Art confirms that the artist did, indeed, work as an architect, and sheds light on a building project in the Pantheon in Rome that has hitherto gone unnoticed.

Niccolò Machiavelli, as it is commonly believed, is a thinker who founded the ‘realist’ approach of the Modern political theory. The article questions that view, analyzing the several concepts of Machiavellian “Prince” which very likely alluded to the traditions of humoral medicine, astrology, sympathetic magic, and alchemy. I argue that in concern to the “fox” and “lion” the author presumes not the direct imitation of their habits, but a fairly elaborated ‘secret’ doctrine or even “technique of the self” (Michel Foucault). Very likely, the images of “lion” and “fox” were to be grasped by the reader through the interplay of the literary, profane, and even "secret" contexts of the Renaissance knowledge.
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Принято считать, что Никколо Макиавелли был одним из тех мыслителей, которые заложили основы «реалистического» подхода, свойственного политической теории Модерна. В исследовании Ю.Руднева, опирающегося на достижения современной интеллектуальной истории, представлена и обоснована альтернатива такой точке зрения. Анализируя некоторые концепты языка «Государя», отсылающие к традициям гуморальной медицины, астрологии, симпатической магии и алхимии, автор приводит аргументы в пользу того, что, говоря об уподоблении лисе и льву, Макиавелли имел в виду не просто подражание их качествам, но определенную «тайную науку» или же «технику себя», как ее понимал Мишель Фуко. По его заключению, «лев» и «лиса» – это образы, которые должны были раскрываться потенциальному читателю трактата именно за счет игры контекстов (более явных и «тайных»), к которым он был причастен как человек эпохи Возрождения.

L' articolo analizza le fonti stilistiche e iconografiche di alcune opere di Baccio Bandinelli e del suo rivale Benvenuto Cellini.
La loro azione creativa, volta anche alla fondazione di una scuola "medicea" di scultura, prevedeva  riferimenti moderni alla bottega romana di Raffaello, per esempio Polidoro da Caravaggio.
Questi riferimenti si mischiavano con altri, più diretti e nazionali, a Donatello e a Michelangelo. Tutto ciò avveniva come una disputa davanti agli occhi del duca Cosimo de' Medici, alla cui effige i Nostri contribuirono, soprattutto durante la gioventù e la prima maturità del signore di Firenze.
Altre annotazioni vagliano il rapporto di alcuni "giovani" scultori,  tra cui Vincenzo de' Rossi e Giovanni Bandini, con i due mostri sacri Baccio e Benvenuto.

Lo studio si sofferma su una serie di testi poetici anonimi apposti sui piedistalli di alcune statue a Firenze nel corso del Cinquecento: in particolare sull'Ercole e Caco di Baccio Bandinelli e su altre statue dello stesso artista facenti parte dell'ornamentazione del Coro del Duomo (oggi dispersa), come l'Adamo ed Eva, il Dio Padre e il Cristo morto con un angelo. Si offrono aggiustamenti filologici ai testi, se ne correggono le interpretazioni e si formula una possibile attribuzione di uno di essi a Benvenuto Cellini. Si prende in considerazione come testo 'pasquinesco' anche il celebre epigramma michelangiolesco della Notte, scritto in risposta a quello di Giovanni Strozzi: la possibilità di una tale rilettura è avvalorata dall'individuazione di una fonte dell'epigramma in una pasquinata. Ciò induce a ripensare il Michelangelo comico alla luce della tradizione burlesca, dominante a Firenze, evitando anacronistici e limitativi confinamenti dell'artista-poeta in un iperuranio platonico avulso dalle 'cose'.

L'autore analizza il colossale Ercole e Caco, che Baccio Bandinelli progettò e scolpì tra il 1525 e il 1534, alla luce della committenza medicea dell'epoca, i cui protagonisti furono papa Clemente VII e il duca di Firenze Alessandro de'Medici.  Si propone anche un inquadramento stilistico dell'opera tanto nel contesto artistico coevo quanto quale apice della carriera di Bandinelli: in quel momento quasi un 'rivale' di Michelangelo.

A partire da un’indagine condotta su alcuni esemplari conservati in biblioteche francesi, l’articolo propone lo studio di un cancel reperibile nel terzo volume dell’edizione giuntina delle Vite di Giorgio Vasari (1568). Localizzabile nel mezzo foglio esterno del fascicolo Lll, il cancellans elimina tra l’altro un importante dettaglio biografico della vita dello scultore Baccio Bandinelli di cui è latore l’unico esemplare oggi noto del cancellandum. La qualità testuale della modifica fa credere che si tratti di un intervento riconducibile alla volontà dello stesso Vasari, e invita a ulteriori esplorazioni sulla storia bibliografica della Giuntina.

Il confronto fra antIchI e modernI nel collezIonIsmo dI cosImo I: mIchelangelo, sansovIno, cellInI, BandInellI di Stefano Pierguidi dall'inventario dei beni di cosimo I in Palazzo vecchio del 1553 risulta che il duca aveva collocato nella "quarta camera" al "piano della sala dei 200" quattro importanti statue moderne di sua proprietà, il cosiddetto Apollo-David -in realtà senz'altro un Apollo -di michelangelo Buonarroti ( ), il Bacco di Jacopo sansovino ( , il Ganimede che Benvenuto cellini (con l'aiuto di Willem van tetrode) aveva ricavato da un torso antico ( ), e il Bacco di Baccio Bandinelli ( ; le prime tre sculture sono oggi al museo nazionale del Bargello; la quarta a Palazzo Pitti). 1 la critica non sembra aver mai davvero rilevato l'eccezionalità di quell'insieme nella storia del collezionismo di sculture moderne, né ha riconosciuto il rapporto privilegiato che legava le opere di Bandinelli e cellini al capolavoro di sansovino, giunto in Palazzo vecchio proprio immediatamente prima che i due artisti rivali si mettessero all'opera sui rispettivi marmi. Il motivo del braccio 'spiccato' del Bacco sansoviniano, la cui difficoltà ancora stupiva Benedetto varchi nel 1547, sarebbe stato ripreso sia da cellini sia da Bandinelli. Più in generale, quello della figura eroica maschile nuda era certamente, fin dai tempi del David di donatello, uno dei temi principi della scultura rinascimentale; il confronto fra i due giganti posti di fronte a Palazzo vecchio, il David di michelangelo e l'Ercole e Caco di Bandinelli, aveva poi appassionato tutta la cittadinanza di firenze, che nel 1534 si era prodotta in una serie di sonetti ingiuriosi rivolti contro il più recente dei due, messo alla berlina per la raffigurazione di una muscolatura fin troppo risentita. Il tema della conoscenza della notomia maschile sarebbe stato ancora al centro dello scontro tra Bandinelli e cellini che, intorno al 1548/49, con il Bacco e il Ganimede, si sarebbero misurati con lo scultore che più di ogni altro aveva legato il proprio nome alla raffigurazione degli ignudi, ovvero il Buonarroti, e con quel capolavoro di sansovino che era stato giudicato come l'unica risposta di pari livello e l'unica valida alternativa ai modelli michelangioleschi di statue all'antica.

Dal disegno alla pittura. "Invenzioni" di Baccio Bandinelli per dipinti e incisioni | 475 Negli ultimi mesi del 1557, giunto ormai alla fine di una carriera che lo aveva consacrato come indiscusso protagonista della scena artistica fiorentina nonché favorito del mecenatismo di Cosimo I de' Medici, Baccio Bandinelli confessava, in una delle numerose lettere indirizzate a Eleonora di Toledo, la sua particolare predilezione per l' arte del dipingere, diretta e naturale conseguenza delle alacri esercitazioni sul disegno: «… i' tuto mi sono dato a la pitura a ciò che 'l mio disegnio no' muoia, a(n)chora per vedere se 'i qualche modo di vertù poso guadagniare tanto che posa fare la dota a mia figliuole» 1. Chissà se, al momento di vergare la carta per la duchessa, Bandinelli non avesse voluto rievocare le riflessioni di Leonardo riguardo la preminenza intellettuale della pittura sull'«essercizio meccanichissimo» della scultura, teorie che Baccio intese, forse, negli anni della sua primissima giovinezza, quando il Vinci, nel corso dell'ultimo soggiorno fiorentino prolungatosi fino alla primavera del 1508, prodigò all' ancora provetto scultore, a quel tempo apprendista del Rustici, i suoi consigli professionali ed esistenziali sulla strada da intraprendere, lodando le sue prime prove grafiche e additandogli l' esempio insuperato di Donatello 2. Ben prima che l' annosa disputa sul primato delle arti richiamasse le attenzioni di Benedetto Varchi e dell' ambiente accademico, Leonardo aveva sintetizzato i caratteri specifici delle due pratiche, evidenziandone le insite peculiarità: secondo la teoria vinciana «lo scultore conduce le sue opere con maggior fatica di corpo […] accompagnato spesse volte da gran sudore, composto di polvere e convertito in fango, con la faccia impastata e tutto infarinato di polvere di marmo, che pare un fornaio, e coperto di minute scaglie, che pare li sia fioccato adosso»; il pittore invece «conduce l' opere sue con maggior fatica di mente […] con grand' aggio siede dinanzi alla sua opera ben vestito, e move il levissimo penello con li vaghi colori, et ornato di vestimenti come a lui piace, e l' abbitazione sua piena di vaghe pitture e pulita, et accompagnata spesse volte di musiche o lettori di varie e belle opere, le quale senza strepito di martelli o d' altri rumori misto, sono con gran piacere udite» 3. L'ideale profilo di pittore abbozzato dal Vinci sembra trovare un' eco nell' effigie bandinelliana preservata dal ritratto dell'Isabella Stewart Gardner Museum di Boston, in cui il nostro è raffigurato con al collo l' emblema aureo dei cavalieri di San Giacomo, titolo nobiliare conferitogli dall'imperatore

Botticelli’s portrait known as Smeralda Bandinelli was treated in the paintings conservation studio of the Victoria and Albert Museum in 2013–14 with the support of the Friends of the V&A. The painting had been identified for treatment in preparation for the recent Botticelli Reimagined exhibition (fig.1.15). While removal of the highly discoloured natural resin varnish was recommended to re-establish the cooler tonality of Botticelli’s original composition, the history of the painting and its ownership by Dante Gabriel Rossetti (1828–82), a founding member of the Pre-Raphaelite Brotherhood, complicated matters. Technical examination was undertaken to understand fully the condition of the painting and the interventions that had taken place to restore it in the past, shedding new light on Botticelli’s creation of the work as well as on its subsequent history. Ultimately we were able to go ahead with the cleaning and conservation treatment of the work, which revealed it to be a particularly beautiful example of Botticelli’s portrait oeuvre