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L'attuale crisi economico-finanziaria non allenta la morsa sul mondo occiden-tale e in particolare in Europa. I suoi effetti negativi non accennano a mitigarsi: la crescita economica è sempre più flebile, se non negativa, e mette a dura prova la stabilità finanziaria degli stati. Ciò ha inevitabilmente deviato l'atten-zione dell'opinione pubblica su temi economici in senso stretto: Pil, occupa-zione, prestazioni dello stato sociale, e su altri problemi di natura materialista. In questo quadro, era abbastanza prevedibile che l'immigrazione vedesse scal-fita la propria salienza nell'arena politica ed elettorale e i dati forniti da son-daggi (Eurobarometro, 2012a) che hanno sondato le preoccupazioni dell'opi-nione pubblica europea confermano questa tendenza. Di lì, ci si attendeva an-che una riduzione nelle prestazioni elettorali dei partiti appartenenti all'area della cosiddetta destra populista, radicale o estrema , che per lungo tempo hanno tratto linfa v...
L'obiettivo di questo capitolo è mettere in luce la salienza che l'immigrazione ha avuto in Italia nel 2013, con particolare riferimento - nella prima parte - alle elezioni per il rinnovo del parlamento nazionale, alle elezioni regionali anticipate di Lazio e Lombardia e a quelle comunali di Roma. Il focus si è concentrato prevalentemente sul dibattito politico e sulle dichiarazioni dei vari esponenti dei singoli partiti e/o schieramenti. in virtù del suo carattere divisivo che spesso ha portato alla contrapposizione delle opposte fazioni in maniera radicale, ancorché sterile, è utile fare una ricognizione di quanto spazio l'immigrazione abbia effettivamente occupato nei programmi elettorali delle recenti elezioni in Italia. Successivamente, oltre alla nomina di Kyenge nel governo Letta, un secondo evento cruciale, molto seguito per la sua portata storica, è stato il viaggio di Papa Francesco I a Lampedusa, lembo di terra che idealmente lega Africa e Unione Europea, nonc...
http://www.istitutoeuroarabo.it/DM/gerarchie-di-diritti-migrazioni-e-contraddizioni-2/
Europa: che fare?, 2019
Nel quadro di una politica degli Stati europei di contenimento dei flussi migratori, assistiamo a una doppia, divergente spinta: una crescita di domanda di lavoro a basso costo e il blocco, attraverso un sistema restrittivo dei visti e permessi di soggiorno, di nuovi residenti nei territori di destinazione. Tale apparente paradosso costituisce in realtà uno strumento particolarmente utile per aggirare le tutele sociali e del lavoro, in linea con la flessibilità capitalistica e con politiche economiche di diminuzione della spesa pubblica, veicolate dalle istituzioni UE in assenza di alcuna rappresentatività democratica. Il paper intende porre l’accento su tali procedure decisionali e sulle conseguenze in termini di governo del fenomeno migratorio dettate dallo svuotamento delle strutture e dei luoghi “formali” di composizione e risoluzione politica. L’attuale processo di governance europea punta a una esternalizzazione dei controlli alle frontiere. A partire dalla cd. crisi dei rifugiati, nel 2015, e dalla conseguente adozione dell’Agenda europea sulla migrazione si è infatti assistito all’affermarsi della cooperazione con i Paesi terzi come strumento privilegiato di gestione delle migrazioni. In tale contesto, un ruolo di primo piano è svolto dalla Commissione e dal Consiglio, mentre nessun potere è attribuito al Parlamento. Ciò, peraltro, è dovuto alle caratteristiche strutturali del processo, prevalentemente basato non su accordi da concludersi secondo la ripartizione delle competenze e le procedure previste dai Trattati, ma su documenti di soft-law. Sono i cd. “patti”, previsti dall’Agenda europea e dalla Comunicazione sul quadro di partenariato con i Paesi terzi del 2016, ma anche i Programmi di sviluppo e protezione regionale, privi di portata giuridica obbligatoria. Il processo di trasferimento ai Paesi terzi della responsabilità nel controllo delle frontiere, con l’uso dei fondi per lo sviluppo, è dotato peraltro di scarsa trasparenza nelle modalità di conclusione delle intese e comporta il condizionamento degli equilibri interni degli Stati terzi, rafforzandone la dipendenza verso l’Europa.
La politica per l'immigrazione europea è sempre stata condizionata dai limiti e dalle vicissitudini degli Stati membri, secondo un modello di gestione "concorrente", tra legislazione e politiche comunitarie e norme e azioni di carattere nazionale, con il risultato di essere spesso incoerente e incapace di affrontare un fenomeno che ormai assume sempre più i caratteri dell'emergenza e dell'eccezionalità, da una parte, e dell'approccio globale ai temi della sicurezza, dei diritti e della partnership con gli altri Paesi vicini, dall'altra. L'articolo intende analizzare i principali elementi della politica comunitaria in tema di immigrazione partendo da una valutazione storica delle azioni intraprese in ambito comunitario, strettamente collegate alle necessità demografiche, ai cambiamenti geo--politici, ai flussi e alle caratteristiche socio--economiche dei migranti. Dall'analisi storica si è proceduto, di seguito, ad una disamina del quadro normativo e legislativo nel quale si inserisce l'azione comunitaria anche alla luce delle modifiche ai Trattati comunitari e delle indicazioni emerse nei numerosi Consigli Europei degli ultimi anni. Tutto ciò al fine restituire un quadro quanto più completo possibile dello stato dell'arte della politica migratoria comunitaria e comprendere come affrontare il problema dell'immigrazione in modo adeguato rispetto ai cambiamenti in atto. Affrontare il tema dell'immigrazione, significa, infatti, confrontarsi con un fenomeno profondamente complesso, che più di ogni altro mette in relazione gli aspetti demografici, economici, sociali e culturali di una società. "Mettere in relazione" significa, appunto, rinunciare a una politica nazionale o comunitaria settoriale che confini e riduca il fenomeno a mera gestione amministrativa, ma lo collochi all'interno di una strategia di sicurezza, di diritti, di integrazione e di gestione del ruolo di attore globale dell'Unione Europea, soprattutto nei confronti dei Paesi vicini, in grado di rilanciare il progetto comunitario in un mondo globale. In questi termini si intende suggerire come una politica per l'immigrazione non debba essere solo quella di trovare soluzioni semplici o rapide ai problemi contingenti che la presenza di soggetti immigrati porta nella società di accoglienza, ma di inserire questo fenomeno strutturale e inevitabile all'interno di un processo di crescita e di sviluppo della società. In questa prospettiva la politica comunitaria per la gestione dei flussi migrazione deve legarsi alle politiche di cooperazione allo sviluppo, di sicurezza e di partnership soprattutto con i Paesi vicini. Con quest'approccio si è analizzato, infine, il fenomeno migratorio in Europa, attraverso i numerosi studi e dati disponibili, così da fornire un quadro organico e aggiornato delle politiche comunitarie suggerendo altresì nuove e ulteriori ipotesi di lavoro e di azione.
ReShape Online Papers Series no. 14/16 – February 2016
Costituzionalismo.it, 2020
Sommario: 1. Introduzione; 2. Lo scomodo ruolo del costituzionalista;
La Commissione europea ha recentemente pubblicato una comunicazione (del 27 settembre 2017, COM(2017)558 def.) sullo stato di attuazione dell'Agenda europea sulla migrazione. Quest'ultima, presentata dall'esecutivo UE nel maggio 2015, è il documento sulla cui base è stata sviluppata la gran parte delle misure legislative e non legislative, di breve e di medio-lungo periodo, dirette ad affrontare la c.d. "crisi dei migranti" che ha interessato i Paesi europei a partire proprio dal 2015. A distanza di due anni e mezzo, la Commissione tira le somme delle misure già introdotte nonché delle iniziative avviate ma non ancora portate a termine e, soprattutto, traccia la rotta degli sviluppi futuri che, nonostante l'evidente "ottimismo della volontà", non sembrano innovare rispetto al passato inducendo, quindi, al "pessimismo dell'intelligenza".
Lo scopo di questo contributo è ri ettere sul racconto della politica nell'Unione Europea odierna, ossia il discorso della politica sulla politica europea. La classe politica produce un racconto sull'Europa unita, un componimento retorico di carattere narrativo che, seppur creazione politica esso stesso, tende a presentare i fatti narrati come concreti e fondati nella realtà. Ciò accade perché la classe politica non giusti ca il proprio potere col solo possesso di fatto dei mezzi di governo, bensì sulla base di credenze e concezioni generalmente riconosciute e accettate nelle società europee 1 . Quali caratteristiche dominanti ha questo racconto? In quale modo deve essere conosciuto? Cosa lo speci ca e quali ca agli albori del ventunesimo secolo? Sono queste le domande che guideranno un'indagine giocoforza sintetica e insuf ciente, riguardante i fondamenti della vita europea trasmessi nella narrazione resa dal racconto della politica. Questo racconto, occorre chiarirlo, non è un racconto qualunque. Esso narra, o pretende di narrare, l'esistenza della polis europea in termini attuali e potenziali. È un discorso sul presente e sul futuro, al tempo stesso. In questo racconto realtà e narrazione della realtà si presentano in un intreccio programmaticamente ambiguo. Ma che cos'è il racconto della politica?
2015
Thick migration flows have reached Europe for these last decades, so the EU and its Member States (especially the ones that are “the Europe-an External Border”, like Italy or Greece) have to face the problems con-nected to this phenomenon. This contribution analyses the Resolutions voted by the European Parliament about refugees and migration and considers the European Agenda on Migration, communicated on 13th May: these documents try to carry out the principles of solidarity and shared responsibility (contained in the Article 80 of the Treaty on the function-ing of the European Union), even if some Member States show to be un-certain about these fundamental ideals (at the bases of the first project of United Europe).
2018
ANNO XIX -Bari, dicembre 2018 L'indubbia crisi che sta vivendo l'Europa ci deve preoccupare? Quali scenari, infatti, potrebbero aprirsi se nei Paesi membri andassero progressivamente al potere forze di estrema destra del tipo presente in Ungheria, con la costante cancellazione del sistema di valori che hanno caratterizzato la ricostruzione del secondo dopoguerra? E quali conseguenze si avrebbero se le prossime elezioni del Parlamento europeo nel maggio del 2019 esprimessero una maggioranza caratterizzata da tali forze? In realtà, la conseguente nascita di una "Europa degli Stati nazionali", con probabili richiami alla "Europa delle Patrie" di Charles De Gaulle, appare oggi una contraddizione in termini considerato, tra l'altro, che l'alternativa Europa federale non si propone assolutamente di cancellare le identità nazionali ("Unita nella diversità"). È, invece, a tutti evidente che sarebbe segnata la fine dell'integrazione europea, ridimensionata al massimo nei termini di un'area di libero scambio se non ad un neo-feudalesimo economico, con tanti saluti ai sogni di un Continente liberato per sempre, sulla base della solidarietà e di valori fondamentali condivisi, dalla guerra e dagli egoismi nazionali. Questi ultimi, peraltro, risorgerebbero in realtà solo formalmente in quanto ricollocati in una dimensione di apparente autonomia statale ma di sostanziale dipendenza da parte di ciascuno Stato membro dai reali detentori a livello mondiale delle redini del potere politico (vedi Russia, Stati Uniti, Cina) ed economico (più o meno indistinti soggetti multinazionali). Come i quattro capponi di manzoniana memoria -"le quali (bestie) intanto s'ingegnavano a beccarsi l'una con l'altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura" -ci ridurremmo a scannarci per il classico tozzo di pane. In realtà, una delle ragioni più significative nell'appartenenza all'integrazione europea, considerati i nostri precedenti storici, era data dalla garanzia che
Societies, 2023
Research, Society and Development, 2020
Uluslararası Sosyal ve Beşeri Bilimler Araştırma Dergisi, 2024
Quintana: revista do Departamento de Historia da Arte
Rationality and the Good, 2007
Tezkire, 2022
Polymers for Advanced Technologies, 2012
Nature Communications, 2021
Polymer Testing, 2000
Journal of Ecology, 2009
Kasetsart Journal of Social Sciences, 2018