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Leontini. Lo spazio sacrificale dell’Heraion di Scala Portazza
Fabrizio Sudano
Il santuario
Il santuario di Scala Portazza si trova alla
periferia occidentale dell’abitato moderno di
Lentini e ad un paio di chilometri a NW del sito
collinare della colonia fondata dai Calcidesi di
Teocle nel 728 a.C. (fig. 1, A)1. L’area sacra extraurbana fu messa in luce nel 1999 durante i
lavori di spianamento con mezzi meccanici per
la costruzione di un quartiere residenziale in una
zona che, fino ad allora, non aveva mai destato
sospetti dal punto di vista archeologico e che
era stata quindi dichiarata edificabile. Le massicce operazioni edili, al momento dell’intervento
di emergenza, avevano già arrecato diversi danni sia alle strutture sepolte, con l’asportazione di
interi filari dell’alzato dei muri, che alla stratigrafia archeologica, dato l’abbassamento considerevole dell’originario piano di calpestio.
Dopo un primo intervento di pulizia nel
1999, tra il 2000 e il 2001 fu condotto uno scavo
stratigrafico dalla Soprintendenza di Siracusa in
collaborazione con la cattedra di Archeologia
della Magna Grecia dell’Università di Catania e
diretto rispettivamente da B. Basile e M. Frasca.
L’indagine mirava soprattutto alla conoscenza
dell’effettiva estensione del santuario, data anche la relativa vicinanza dell’area sacra di Alaimo, individuata e scavata alla fine degli anni ’80 Fig. 1. L’ubicazione dei santuari rispetto all’abitato, alle principali vie terrestri e ai
e che insieme a Scala Portazza rimane sinora fiumi.
l’unica traccia dei culti extraurbani praticati nella A) Santuario extraurbano di Scala Portazza; B) Santuario extraurbano di Alaimo;
c-d) Vie terrestri verso i Campi Leontini e l’entroterra indigeno; e) Via verso il Sicolonia di Leontini (fig. 1, B)2.
meno e Katane; F) Tempio del Colle San Mauro; G) Tempio della Metapiccola
Del muro di temenos (fig. 2), costituito da (da FRASCA 2005).
una possente struttura in blocchi di calcare
accostati sia per testa che per largo, rimangono, allo stato attuale delle ricerche, i tratti occidentale e settentrionale,
individuati rispettivamente per una lunghezza di 30 e 65 metri circa3. In entrambi sembrano aprirsi due ingressi: il più
largo e forse principale sul muro occidentale, perfettamente in asse con l’altare monumentale; l’altro, di minori dimensioni, sul muro settentrionale, sempre nei pressi dell’ara sacrificale.
* Il contributo è stato presentato in forma di poster al XVII Congresso Internazionale di Archeologia Classica, Roma 22-26 settembre 2008, sul tema “Incontri tra Culture nel Mondo Mediterraneo Antico”.
1
Per una rassegna della storia degli studi su Leontini si veda RIZZA 1990 e RIZZA 2004. Per le notizie preliminari sullo scavo del
santuario vedi BASILE 2004, FRASCA 2005 e FRASCA-SUDANO 2009.
2
GRASSO 2008.
3
Dei muri degli altri lati non si hanno notizie certe anche se quello orientale è molto probabilmente perso a causa della presenza
di una strada e di numerose abitazioni.
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Fig. 2. Pianta generale del santuario.
L’area sacra all’interno del recinto si
estendeva almeno su due grandi terrazze (fig.
2). Quella bassa, a settentrione, era occupata
a oriente da un altare monumentale, mentre
ad occidente era una fornace a pianta rettangolare allungata (m 5,50 x 1,60), preceduta da
un ampio vano circolare e un basamento in
blocchi di calcare di incerta funzione4.
Nella terrazza meridionale erano altri edifici, tra i quali forse quello templare, indiziati
dalla presenza di strutture murarie orientate
diversamente rispetto al muro di temenos e
messe in luce solo parzialmente.
L’identificazione con un Heraion è stata
proposta in base ad alcuni frammenti di vasi
(fig. 3) con incise le lettere HE (iniziali di Hera?) e potrebbe essere confermata sia dalla
posizione topografica extraurbana che dal
ruolo preminente e con funzione di archegete
di tale divinità nelle fondazioni calcidesi5.
Fig. 3. Frammenti di vasi con iscrizione graffita.
4
Per l’ipotesi di un basamento per sostenere un monumento votivo, vedi BASILE 2004: 107; per l’ipotesi di una base per un simulacro, vedi FRASCA 2005: 142.
5
FRASCA 2005: 144-145.
2
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Lo spazio sacrificale e le fasi dell’area sacra
La zona dell’altare, oggetto di uno studio sfociato nella tesi di specializzazione in Archeologia classica discussa presso la Scuola di Specializzazione di Matera nel 2007, è quella che ha permesso la prima ricostruzione delle
vicende del santuario6.
Anche se lo scavo di tutta l’area sacra non è stato ultimato, dai dati finora in nostro possesso, possiamo comunque individuare quattro distinte fasi cronologiche, entro un periodo compreso tra la fine dell’VIII e il III sec. a.C.
È proprio l’ampio spazio sacrificale (fig. 4) che ci aiuta in tale distinzione. Una prima fase pre-monumentale,
datata tra la fine dell’VIII e la prima metà del VII sec. a.C. è caratterizzata da un probabile altare di ceneri, indiziato
dalla presenza di uno strato di bruciato, con cenere frammista a numerosi e minuti frammenti ceramici e ossei, resti
di probabili sacrifici. Tale strato, fortemente intaccato dai mezzi meccanici durante i lavori edilizi, è stato purtroppo
scavato parzialmente ma ha comunque restituito piccoli crateri e dinoi subgeometrici, assimilabili a prodotti euboicocicladici della seconda metà dell'VIII sec. a.C., e coppette corinzie di fine VIII-inizi VII sec. a.C.. Materiali così antichi, contemporanei alla data di fondazione della città, hanno fatto pensare ad una precoce presa di possesso del
territorio da parte dei primi coloni guidati da Teocle. Come a Naxos, dove il primo atto della presenza greca fu quello
di dedicare un altare ad Apollo Archegetes, anche a Leontini i coloni potrebbero aver “segnato” il territorio con la
fondazione di questo primitivo altare di ceneri, all’indomani dell’occupazione dei due colli o addirittura come prima
azione sul suolo leontino7. Infatti le prime esperienze di culto nell’Occidente greco sembrano privilegiare l’attività rituale più che la qualificazione architettonica dello spazio sacro, dove altari più o meno stabili sembrano essere le
attestazioni più antiche8.
Fig. 4. Pianta della zona dell’altare monumentale.
All’interno del VII sec. a.C., probabilmente nella seconda metà, è possibile datare la seconda fase del santuario, che prevede la costruzione di un primo altare in pietra (figg. 4, 5, 6). Questo, individuato all’interno di quello che
sarà il corpo centrale del successivo impianto monumentale, era costituito da blocchi di calcare squadrati. Di questa
struttura si conserva un solo muro N-S, per una lunghezza di circa 14 m, costituito da almeno due filari dei quali il
superiore caratterizzato da una netta risega. Non apprezzabile interamente a causa della mancata conclusione dello
scavo, doveva tuttavia consistere in una struttura rettangolare allungata, sul modello ad esempio dell'altare della
Malophoros a Selinunte9, con la risega forse funzionale all'alloggiamento degli elementi che costituivano il piano sa6
Si ringraziano la dott.ssa B. Basile e il prof. M. Frasca per aver permesso lo studio dei materiali e il prof. M. Osanna, direttore
della Scuola di Specializzazione di Matera, per l’opportunità di farne oggetto della tesi.
7
FRASCA 2005: 145.
8
LIPPOLIS, LIVADIOTTI, ROCCO 2007: 117-118.
9
GABRICI 1927.
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Fig. 5. Sezione A-A’ trasversale all’altare monumentale.
crificale con il braciere o, come nel
primo altare di Apollo a Cirene, allo
smaltimento del sangue della vittima10. Questo primo apprestamento
monumentale, che si sostituisce al
primitivo cumulo di ceneri ma che
mantiene inalterato il luogo del sacrificio, si mantiene in vita almeno
fino alla metà del VI sec a.C., data
nella quale viene intrapreso il lavoro
di rifacimento e monumentalizzazione dell'intera area.
A questo periodo (terza fase)
ascriviamo il circuito murario di delimitazione del temenos, che forse riprende, ampliandolo, un tracciato
precedente e orientato diversamente11 e le strutture presenti a oriente, la fornace e il basamento in
calcare nei pressi dell’ingresso occidentale. La fornace in realtà sarebbe stata costruita appositamente Fig. 6. L’altare monumentale visto da sud.
per la produzione di terrecotte architettoniche e quindi molto probabilmente per la ristrutturazione di un edificio sacro, forse quello ipotizzato sulla terrazza meridionale, come dimostrano i numerosi scarti rinvenuti e alcuni elementi laterizi di copertura ancora in situ
all’interno della struttura. L’ampio vano antistante la camera di cottura, scoperto e di forma circolare, si trovava
riempito di materiale di scarico costituito da ceramiche, terrecotte architettoniche e da ossa animali. Questo strato di
riempimento era inoltre nettamente coperto dai blocchi in calcare del basamento posto nei pressi dell’ingresso del
temenos. Ciò dimostrerebbe come la fornace abbia avuto una funzione limitata al cantiere per la monumentalizzazione del santuario e che sia stata subito obliterata e defunzionalizzata con materiale di vario tipo che, studiato ancora in modo preliminare, permette di datare appunto alla metà del VI sec. a.C. l’inizio di questa fase monumentale12.
Forse a causa dell'incremento dei sacrifici e del conseguente innalzamento dei resti di ceneri, ossa e offerte,
anche lo spazio del rito sacrificale subisce sostanziali modifiche, con il primo altare rettangolare che viene inglobato
nella costruzione di uno più grande e monumentale. In base alla consuetudine sulla stabilità e inamovibilità del pun-
10
PARISI PRESICCE 1991.
Come lascia presagire il tratto terminale del muro settentrionale che, nei pressi della zona dell’altare, piega leggermente verso
l’interno e che potrebbe essere più antico anche per la diversa fattura e disposizione dei blocchi.
12
Per uno studio preliminare delle terrecotte provenienti dallo scavo, vedi FRASCA 2006.
11
4
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Fabrizio Sudano ● Leontini. Lo spazio sacrificale dell’Heraion di Scala Portazza
to originario prescelto per lo svolgimento dei sacrifici13. Questo secondo impianto mantiene lo stesso orientamento
del primo ma si sviluppa sia in lunghezza che probabilmente in larghezza. La pianta quasi integrale delle fondazioni
e parte del crollo dell’alzato, hanno fornito utili indicazioni per una sua ipotetica ricostruzione. A pianta rettangolare,
orientato N-S (m 18,7 x 6,8 circa con un rapporto di circa 2,75:1) con ante laterali e scalinata di tre gradini sul lato
occidentale, dei quali l’ultimo costituito dalla prothysis, rientra nel tipo F5 (“Socle en pi; Socle quadrangolaire à avancées latérales”) della classificazione Cassimatis-Etienne-Le Dinahet14, nel tipo VIII (Long Rectangular Altars with
Steps in Antis) e X (“Elevated altars with a rectangular plan and with the staircase in antis on the front face”) delle
classificazioni di Rupp 15, e nella classica denominazione “Stepped Monumental Altars” di Yavis 16. Della monumentale ara sacrificale rimanevano in situ i blocchi di fondazione e il primo filare di conci del muro di fondo, uno dei lati
corti e la parte iniziale dell’altro, una porzione della scalinata e alcuni lembi del riempimento di ceneri, ossa e frammenti ceramici del corpo centrale della struttura (figg. 4, 5, 6).
Fig. 7. Sezione ricostruttiva dell’altare monumentale.
Impostata sulla sezione di scavo EW (fig. 5), l’ipotesi di ricostruzione (fig. 7),
oltre a considerare in situ il crollo degli
elementi dell’alzato individuato a N della
struttura, sfrutta le informazioni ricavabili
dalle linee di riferimento incise sulla superficie dei blocchi rimasti, fondamentali
per il posizionamento delle assise superiori e per il calcolo numerico dei conci soprastanti (fig. 8). Se il primo filare sia del
muro di fondo che dei muri laterali può essere perfettamente ricostruito, il secondo
filare si ipotizza interrotto all’altezza del
parapetto della mensa, immaginando una
semplice cornice a coronamento delle anFig. 8. Particolare di un blocco in calcare del muro
di fondo dell’altare con le linee di riferimento incise.
13
PARISI PRESICCE 1991: 160.
CASSIMATIS, ETIENNE, LE DINAHET 1991.
15
RUPP 1974; RUPP 1991.
16
YAVIS 1949.
14
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te. Al di sopra dei soli fianchi laterali, in
modo da sottolineare il loro valore funzionale di riparo del fuoco dal vento, vengono posizionati gli elementi prelevati dal
crollo, consistenti in un blocco con fregio
dorico (A1, LxHxP: 113,9x61,6x 40,5 cm;
fig. 9) con triglifo e metopa liscia e in tre
blocchi di cornice a tre fasce aggettanti
(B1-B3, rispettivamente cm 96,1x69x
25,7; 97,4x77,1x28,4; 57,4x39,6x 28,1;
fig. 10).
Anche per la gradinata centrale
sono state utili, ai fini della ricostruzione,
le linee di riferimento incise sulla superficie dei blocchi e delle lastre che la componevano. Si sono così ricostruiti tre gradini, tutti intonacati, l’ultimo dei quali
costituisce il piano della prothysis sulla
quale era impostato il parapetto della
mensa. Su quest’ultimo il sacerdote compiva il sacrificio, utilizzando le piastre in
terracotta (C1-C5, lungh. cm 19,5; fig. 11),
rinvenute all’interno del riempimento di
ceneri, come braciere sul quale ardevano le parti di carne e ossa riservate alla
divinità.
Quest’altare monumentale, così come altre zone del santuario, soprattutto i
muri del peribolo sacro, mostrano un’interruzione di vita databile entro il primo
quarto del V sec. a.C., come dimostrano i
reperti ceramici (soprattutto una serie di
coppette su alto stelo a vernice nera databili all’inizio del V sec. a.C.) provenienti
dall’unico strato di abbandono individuato
che copre in particolare la rasatura del
Fig. 9. Particolare del blocco di fregio dorico (A1).
Fig. 10. Particolare dei tre blocchi di cornice (da destra a sinistra, rispettivamente B1, B2
e B3.
muro occidentale del temenos.
Se tale fenomeno di distruzione o abbandono è da ricondurre con
buona probabilità all’azione di contrasto dei Dinomenidi nei confronti
delle città calcidesi, è evidente, in base all’evidenza archeologica, una
ripresa della frequentazione di tutta l’area, sempre con scopo cultuale,
verso la metà del V secolo, forse dopo aver sostituito il culto della dea
cara ai calcidesi con quello di Demetra, caro ai Dinomenidi. Il cambiamento di culto non è infatti raro in questo periodo: pensiamo all’area
sacra conosciuta finora dalla nota stipe votiva di Piazza S. Francesco a
Catania17 ma, soprattutto, al vicino santuario di Alaimo, dove, al culto originario di Artemide, sembra succedere quello dei Dioscuri, giustificato
dalla dedica sul noto cratere attico del 430 a.C.18 A Scala Portazza il
culto sembra comunque continuare, senza soluzione di continuità, almeno fino al III sec. a.C., come provano diverse classi di materiali. Tra
Fig. 11. Particolare del frammento più integro (C1) di braciere in terracotta.
17
Dove si nota una netta cesura tra le offerte del VI sec. .C. e quelle dei secoli successivi, cfr. RIZZA 1960: 247 ss. Anche qui si è
pensato, per gli stessi motivi, alla sostituzione del culto preesistente, forse di Hera, con quello di Demetra, cfr. VALENZA MELE
1977: 507.
18
GRASSO 2008: 152 ss.
6
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questi, la coroplastica, rappresentata da una testina femminile di IV sec. a.C., avvicinabile, per la fiaccola (?) a culti
ctoni, la testa di papposileno, di IV-III sec. a.C. e infine, la laminetta arrotolata di piombo, che, se iscritta al suo interno, potrebbe gettare luce non solo sulla divinità titolare del santuario, ma anche su fondamentali aspetti del suo culto.
Ricostruzione delle dinamiche cultuali
Basandosi sui materiali recuperati, è stato possibile ricostruire le dinamiche cultuali nel tentativo di cogliere significati e funzioni di ogni singolo oggetto in relazione con il manufatto architettonico. Partendo dalle vittime sacrificali, un campione di ossa proveniente dal riempimento di ceneri all’interno dell’altare, ha permesso di riconoscere la
presenza di ossa riferibili soprattutto a bovini ma anche a suini e ovicaprini (fig. 12).
Grafico 1
9%
1%
35%
27%
7%
12%
9%
Bos Taurus
Ovis vel Capra
Sus scrofa domesticus
Ovis Aries
Indeterminati
Costole
Vertebre
Fig. 12. Campione di ossa proveniente dallo strato di cenere all’interno dell’altare.
Oltre alle ossa combuste, cenere e terra, il riempimento ha restituito anche materiale ceramico e metallico. Si
nota infatti la presenza di numerosi frammenti di ceramica fine da mensa, di tipo ionico e attica, sia a vernice che a
figure nere. L’estrema frammentarietà di questo materiale ceramico proveniente dal riempimento e l’assoluta prevalenza di forme aperte, farebbe alludere alla pratica della rottura rituale di manufatti utilizzati nel corso delle cerimonie
sacre che prevedevano un pasto in comune19. Alla sua consumazione e alla presenza di offerte cruente e non
cruente, possono rifarsi poi i frammenti di mortai e di ceramica da fuoco. I primi erano utilizzati per la preparazione
di cibi, quali cereali e vegetali, che prevedano il loro preliminare sminuzzamento. Gli esemplari di ceramica da fuoco,
ed in particolare quelli di una pentola, testimoniano invece le diverse procedure di cottura non solo delle carni, ma
anche delle altre offerte che si dedicavano alla divinità. Pensiamo alle focacce o alle puree, preparate nei mortai e
cotte in olle e casseruole. L’elevata quantità di anfore non farebbe altro che confermare definitivamente sia i pasti in
comune che le pratiche libatorie, dato che, tra tutte quelle presenti, numerose sono state attribuite a contenitori vinari. La presenza di louteria rimanda inoltre ad un uso rituale dell’acqua, dato che queste ampie vasche potevano essere posizionate sia nei pressi dell’ingresso al temenos con funzione purificatrice, sia nell’area dell’altare con funzioni legate strettamente al rito, in particolar modo alle pratiche preliminari il sacrificio. L’ampia categoria di bacili,
oltre a fornire un ottimo pendant al louterion, fa pensare ad un versatile utilizzo all’interno del santuario, sia come
contenitore di acqua lustrale che come eventuale sphagheion, il vaso-raccoglitore del sangue della vittima. Infine,
oltre ai materiali per i quali è ipotizzabile l’utilizzazione durante il rito sacrificale, si devono considerare tutti i reperti
che rimandano al mondo degli ex-voto e che provengono da tutti gli strati superficiali. Pensiamo non solo alla coroplastica, presente con pochi esemplari, ma anche ai pesi da telaio e ai vari oggetti in metallo, come per esempio una
19
Per altri esempi di rottura rituale di manufatti ceramici, OSANNA 2002: 60 e, in generale, BOUMA 1996. Per altri esempi di
ricostruzione delle dinamiche cultuali vedi, tra gli altri, Osanna 2005 con ampia bibliografia e Grasso 2008: 148 ss.
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Fabrizio Sudano ● Leontini. Lo spazio sacrificale dell’Heraion di Scala Portazza
punta di freccia e, soprattutto, la laminetta bronzea iscritta sulla quale si leggono sei nomi propri con patronimico,
probabilmente gli offerenti di un ex-voto ormai scomparso20.
Anche se abbastanza chiara, la situazione dello spazio sacrificale dell’Heraion di Scala Portazza, considerata
la sua stretta relazione con gli altri elementi costituivi del santuario, necessita di una auspicabile ripresa dei lavori.
Non solo per dimostrare la ricostruzione dell’impianto monumentale, magari con un progetto di restauro che preveda
la sua anastilosi, ma soprattutto per indagare le fasi precedenti, solo in parte individuate nella prima campagna ma
che sicuramente contengono ancora informazioni fondamentali per capire lo sviluppo dell’intera Leontini, in un periodo, quello arcaico, per il quale le fonti letterarie sono avare di notizie.
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20
Già pubblicata in MANGANARO 2004.
8
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