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Hera a Leontini

STUDI E MATERIALI DI ARCHEOLOGIA MEDITERRANEA 3 MEGALAI NHSOI Studi dedicati a Giovanni Rizza per il suo ottantesimo compleanno a cura di ROSSELLA GIGLI Volume II CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE I.B.A.M. - Sezione di Catania Catania 2005 Hera a Leontini MASSIMO FRASCA Quasi nulla si conosce del Pantheon dell’antica città di Leontini. Nella tradizione letteraria si hanno soltanto la menzione di un antichissimo culto dei Dodici Dei, presso il cui altare l’ecista di Leontini, Teocle, promise di effettuare un sacrificio, nel caso del buon esito della sua impresa,1 e il ricordo del passaggio nel territorio leontino di Eracle che in segno di gratitudine per gli onori ricevuti avrebbe lasciato delle testimonianze immortali della sua presenza.2 Le raffigurazioni di Apollo sulle emissioni monetali di V secolo a. C., di Demetra ed Artemide su quelle di età romana3 e l’accenno in autori romani a Demetra e Persefone4 sono le uniche ulteriori testimonianze storico-letterarie sui culti praticati nella colonia calcidese. Le indagini archeologiche avviate negli anni ’50 del secolo scorso5 hanno consentito la loca- Sono particolarmente lieto di offrire questo contributo al Professore Giovanni Rizza, cui sono grato per avermi avviato allo studio dell’Archeologia di Lentini, luogo al quale ci accomunano affetti e ricordi personali. 1 Polyaen., 5,5. Diod. 4,24,1. Il Ciaceri (E. C IACERI, Culti e miti nella storia dell’antica Sicilia, Catania 1911, p. 283) non escludeva la possibilità di una relazione tra il leone effigiato sulle monete dei Leontini e il leone associato ad Eracle, suggerendo l’esistenza di un culto dell’eroe nella città. 3 A. CORRETTI, in BTCGI, VIII, Pisa-Roma 1990, s.v. Lentini. Fonti numismatiche, p. 531 sg. 4 Ov., Fasti, 4,467; Sil., 14, 125. 5 Nella città aveva effettuato una campagna di scavo già l’Orsi, che aveva messo in luce un tratto della cinta 2 lizzazione di due aree sacre all’interno della città antica: una, sul colle San Mauro, indiziata dalla presenza di terrecotte architettoniche nei pressi della Casa Aletta (Fig. 1, F) e di due ambienti scavati nella roccia, ritenuti di destinazione sacrale da D. Adamesteanu;6 l’altra, sul colle della Metapiccola, dove furono messe in luce le fondazioni di un tempio (Fig. 1, G) e parte di una ricca stipe votiva.7 In nessuno di questi casi, però, sono emerse indicazioni utili per l’identificazione delle divinità cui erano dedicate le aree sacre. Esiti più fortunati, da questo punto di vista, hanno avuto le ricerche più recenti condotte all’esterno della città descritta da Polibio e ubicata sui colli della Metapiccola e di Sa n Mauro. Alla fine degli anni ’80, in contrada Alaimo, alla periferia ovest del moderno abitato di Lentini, fu in parte scavata un’area sacra extraurbana (Fig. 1, B). Del santuario, fondato muraria sul colle San Mauro (P. ORSI, Scavi di LeontiniLentini, in AttiMemMagnaGr, III, 1930, pp. 3-39). Sulle campagne di scavo dirette da G. Rizza negli anni ’50, v. G. RIZZA, in BTCGI, VIII, Pisa-Roma 1990, s.v. Lentini. B. Storia della ricerca archeologica, pp. 533-538. 6 D. ADAMESTEANU, Lentini. Scavo nell’area sacra della città di Leontini, in NSc, 1956, p. 402 sgg.; perplessità in merito sono espresse in G. R IZZA, Osservazioni sull’archi tettura e sull’impianto urbano di Leontini in età arcaica, in Architettura e Urbanistica nella Sicilia Greca Arcaica (CronA, XIX, 1980), Palermo 1994, p. 120 sgg. 7 G. R IZZA, Stipe votiva sul colle di Metapiccola a Leontini, in BdA, 1963, p. 342 sgg. 138 Massimo Frasca Fig. 1. - L’ubicazione dei santuari rispetto all’abitato, alle principali vie terrestri e ai fiumi. A) Santuario extraurbano di Scala Portazza. B) Santuario extraurbano di Contrada Alaimo. c-d) Vie terrestri verso i Campi leontini e l’entroterra indigeno. e) Via verso il Simeto e Catane. F) Ubicazione del tempio di Colle San Mauro; G)Ubicazione del tempio della Metapiccola. Hera a Leontini agli inizi del VII sec. a. C., non si rinve n n e ro stru t t u re, ad eccezione di un modesto ambiente q u a d r a n g o l a re destinato a custodire i vasi offerti alla divinità. Un’iscrizione graffita su un vaso attico attesta un culto dei Di o s c u r i8 nella seconda metà del V secolo a. C.; non si hanno però al momento indicazioni per affermare che il santuario fosse dedicato ai Dioscuri sin dall’ i n izio o se la attestazione di un culto dei gemelli divini, più tarda rispetto alla fase principale di attività del santuario (VII-VI sec. a. C.), si inserisse all’interno di un’area dedicata ad altre divinità.9 Ancora più di recente, tra gli anni 1999 e 2001, è stata individuata ed in parte esplorata una seconda area sacra extraurbana, in contrada Scala Portazza, a ca. 400 metri a Nord del santuario di contrada Alaimo (Fig. 1, A).10 L’occasione dell’intervento fu fornita dal rinvenimento di numerosi blocchi di calcarenite di notevoli dimensioni e di frammenti di terrecotte architettoniche in un terreno già adibito ad agrumeto ed in corso di trasformazione in quanto destinato ad area edificabile. Lo scavo consentì di accertare che lo strato archeologico era stato quasi del tutto asportato ancor prima dell’impianto dell’agrumeto e che le strutture erano conservate quasi esclusivamente a 8 RIZZA, Lentini. Storia della ricerca cit., p. 538; ID., La liberazione di Hera in un vaso attico da Lentini, in Archeologia del Mediterraneo. Studi in onore di Ernesto De Miro, Roma 2003, pp. 579-590. 9 Il santuario di Alaimo è in corso di pubblicazione da parte di Lorenza Grasso; per le prime anticipazioni v. L. GRASSO, Il Santuario di Alaimo. Primi risultati dello studio della Stipe, in Leontini, il mare, il fiume, la città, a cura di Massimo Frasca, Siracusa 2004, pp. 117-122. 10 Lo scavo, condotto in collaborazione tra la Soprintendenza ai Beni Culturali di Siracusa e la cattedra di Archeologia della Magna Grecia dell’Università di Catania, è stato diretto dalla dott. Beatrice Basile e da chi scrive. Allo scavo hanno attivamente partecipato i laureandi in Archeologia della Magna Grecia, C. Giarrusso, M. Gusmano, F. Sudano e T. Saitta. Sui risultati preliminari delle campagne di scavo a Scala Portazza, v. B. B ASILE, Il Santuario di Scala Portazza. Prime indagini, in Leontini, il mare, il fiume la città cit., pp. 99-116, cui si rimanda per i particolari. 139 livello di fondazione. La distruzione del contesto archeologico era stata inoltre intensificata, nella parte settentrionale dell’area, dall’asportazione dello strato vegetale mediante mezzi meccanici, avvenuta subito prima dell’inizio degli scavi archeologici. L’area, in lieve pendio verso Nord, era stata terrazzata già in antico e delimitata da un muro di recinzione in blocchi di calcarenite. Lo scavo è stato effettuato soprattutto nella parte settentrionale dell’area recintata ed ha messo in luce delle strutture riferibili ad una fornace per la fabbricazione di terrecotte architettoniche e tegole, ad un altare monumentale nella terrazza inferiore e ad edifici di natura non precisata nella parte più alta (Fig. 2). Temenos L’area sacra era delimitata a Nord e ad Ovest da due lunghi muri di recinzione, raccordati a formare l’angolo nord-ovest del santuario. Non si conoscono i limiti orientali e meridionali del santuario; è probabile che la parte orientale dell’area sia stata irrimediabilmente distrutta dalle abitazioni moderne esistenti al limite dell’area archeologica. I muri sono conservati solo a livello di fondazione, ottenuta da filari di blocchi accoppiati posti di fianco e da filari di blocchi posti di testa, rispettivamente per un tratto di m 30 (ovest) e di m 64 (nord). Il muro nord presenta nel tratto più orientale dei caratteri tecnici ed un orientamento differenti, che lo fanno ritenere pertinente ad una distinta fase edilizia del temenos. Uno strato archeologico sottile di terra chiara, databile nei primi decenni del V secolo a. C., conservato solo per una breve estensione sopra i blocchi della fondazione del muro ovest, fornisce un importante dato cronologico e storico, in quanto indica che l’elevato del muro deve essere stato asportato in antico. Fornace Nei pressi dell’angolo nord - ovest del santuario era una fornace per la realizzazione di tegole e di terrecotte architettoniche destinate ad edifici del santuario stesso (Fig. 3). La forna- 140 Massimo Frasca Fig. 2. - Pianta del Santuario di Scala Portazza, dopo la campagna di scavi 2000-2001 (Rilievo M. Caffi - F. Sudano). ce era incassata nel terreno alluvionale e presenta una forma re t t a n g o l a re stretta e lunga (m 5,00 x 1,60 all’esterno e m 0,80 all’interno). Essa era preceduta da un ampio vano ribassato a pianta circ o l a re che serviva come area di lavorazione. La parte più interna (per una lunghezza di m 3,50) costituiva la camera di cottura ed era rivestita lungo le pareti da uno strato di argilla cotta. Alle pareti interne erano accostate due cassette architettoniche non finite, come indica il motivo a treccia solo disegnato e non rifinito dal riempimento in colore rosso e nero. Il fondo della fornace era formato da una serie di grandi tegole piane di tipo corinzio disposte con cura. Il vano antistante la bocca della fornace presentava un riempimento di vari strati di scarico, comprendenti coppi di tipo corinzio, n u m e rose terrecotte architettoniche e ceramiche di uso comune e fine, che forniscono un utile elemento per la cessazione dell’attività della fornace, il cui periodo di uso va compreso tra il secondo e il terzo quarto del VI secolo a. C. 141 Hera a Leontini Fig. 3. - La fornace vista da Nord; in primo piano i blocchi della base. Al di sopra del riempimento del vano di accesso alla fornace fu edificato un basamento rettangolare formato da un unico filare di sette blocchi di calcarenite, conservato solo in fondazione. Non vi sono elementi per ipotizzare quale sia stata la funzione del basamento; la sua posizione, presso l’ingresso occidentale del temenos e in asse con l’altare, può far pensare che potesse costituire la base per una statua o per un monumento votivo. Altare In posizione centrale nella terrazza settentrionale, in asse con l’ingresso che si apriva nel muro ovest del temenos, era un grande altare monumentale (Fig. 4). L’altare, a pianta rettangolare allungata in senso nord-sud, misura m 25 x 6 ed era formato da una bassa scalinata composta da tre gradini e da una breve piattaforma antistante all’altare vero e proprio. Il parapetto dell’altare era decorato da triglifi, sia all’interno come all’esterno, sormontati da una cornice modanata; il parapetto si prolungava sulla scalinata formando due brevi ante. All’interno dell’altare, fra il muro di fondo e quello orientale, era uno spesso strato di cenere con frammenti di ossa animali bruciate, relative ai sacrifici. L’altare era stato preceduto da un altare più antico, indiziato dalla presenza di un muro posto tra i muri del corpo dell’altare monumentale. Di questo muro più antico è stato messo in luce soltanto il tratto centrale, per una lunghezza di circa m 15, conservato per due assise costituite ciascuna da un solo filare di blocchi disposti per testa. Gli scarsi elementi utili per la cronologia dell’altare monumentale si ricavano da un piccolo lembo di battuto, relativo al piano di calpestio del santuario, risparmiato dall’azione dei mezzi meccanici che sono intervenuti pesantemente in quest’area. I frammenti ceramici presenti in esso riconducono allo stesso orizzonte cronologico dello strato di abbandono del muro ovest del temenos (primi decenni del V sec. a. C.). Terrazza meridionale A Sud della terrazza dell’altare furono messe parzialmente in luce le fondazioni in blocchi pertinenti verosimilmente a più edifici, separati da un breve spazio. È probabile che nel tratto più prossimo al muro ovest del temenos si conservino 142 Fig. 4. - L’altare monumentale visto da Sud. i resti di un edificio templare, indiziato da una diversa cura nella messa in posa dei blocchi di fondazione e dall’orientamento lievemente divergente rispetto a quello degli altri muri della terrazza meridionale (Fig. 2). Le vicende del santuario, allo stato attuale delle conoscenze, possono essere delineate nel modo seguente: A) È probabile che l’area sacra venne delimitata sin dai primi momenti della fondazione della colonia. I più antichi frammenti di ceramica raccolti nello scavo indicano infatti che nel VII secolo a. C. l’area sacra era già in funzione. In questa prima fase il santuario si doveva configurare come un semplice “altar-temenos”, secondo la terminologia introdotta da B. Bergquist,11 costituito cioè da uno spazio delimitato da un 11 B. BERGQUIST, The Archaic Temenos in Western Greece. A Survey and two Inquiries, in Le Sanctuaire Grec (Entretiens sur l’Antiquité Classique, XXXVII), Genève Massimo Frasca muro di peribolo, all’interno del quale doveva essere un altare di ceneri. Unici resti di questa prima fase sono le fondazioni del tratto del muro di recinzione sul lato nord-est, il muro riferibile al primo altare e una vasta area di bruciato con ossa di animali e frammenti di vasi.12 Appartiene a questa prima fase la realizzazione della fornace per la fabbricazione di tegole e terrecotte architettoniche da utilizzare nel santuario. B) Nel corso della seconda metà del VI secolo a. C. il santuario venne monumentalizzato e, p robabilmente, ampliato. Nella terrazza settentrionale venne edificato il grande altare monumentale che occupava lo spazio centrale, nel posto dell’altare della fase precedente. In asse con l’altare e con l’ingresso principale, ad Ovest di esso, nello spazio in precedenza occupato dalla fornace, venne edificata la base quadrangolare probabilmente destinata a sostenere un monumento o un simulacro.13 Nella terrazza meridionale fu eretto probabilmente un edificio templare.14 1990, p. 126 e sgg. Secondo la studiosa svedese al momento della colonizzazione il luogo di culto predominante in Grecia doveva essere costituito dal “simple altar temenos”, cioè da un altare posto di solito al centro di un’area di teme nos tendenzialmente quadrata delimitata da un recinto o da un muro di peribolos. 12 Per l’altare più antico (D 1) vedi BASILE, Il Santuario di Scala Portazza cit., p. 107 sgg. 13 Sul basamento poteva forse trovare posto la statua della divinità che così poteva essere resa partecipe dei sacrifici che avevano luogo nell’altare posto di fronte: così nell’Heraion di Samo, dove su uno speciale piedistallo all’area aperta veniva collocata temporaneamente l’immagine di culto, che in questo modo presenziava ai sacrifici, v. A. SCHACHTER, Policy, Cult, and the Placing of Greek Sanctuaries, in Le Sanctuaire Grec cit., p. 46. 14 Si tratterebbe di uno degli esempi di temenos in cui il tempio non è in asse con l’ a l t a re ma fa da sfondo allo spazio sacrificale. L’area sacra di Scala Portazza mostre re bbe, così, forti analogie con il temenos di Afrodite (o di Hera) di Na xos dove, dopo una prima fase del tardo VII sec. a. C. in cui un muro bordava l’ a rea con un altare orientato NO-SE quasi al centro della metà sud, agli inizi del VI sec. a. C. fu edificato il primo tempio orientato NE, posto non assialmente all’ a l t a re, ma a No rd di esso (BERGQUIST, The Archaic Temenos cit., p. 128 sg.). Per l’ a ttribuzione del santuario presso il fiume S. Venera ad 143 Hera a Leontini In questa fase il temenos era delimitato dal nuovo muro di peribolo dotato di robuste fondamenta che si raccordava, con un orientamento lievemente differente, e forse in parte sostituendolo, con il muro di recinzione della fase precedente. C) Nei primi decenni del V secolo a. C., il santuario sembra subire una radicale distruzione. I muri di recinzione furono divelti fino alle fondamenta e nello strato di terra sovrapposto ai blocchi di fondazione le ceramiche appaiono databili non oltre il 475 a. C. È da supporre che il santuario sia stato distrutto nel periodo in cui Leontini cadde sotto il dominio dei Dinomenidi. D) Non si hanno al momento dati su una continuità di frequentazione dell’area dopo la distruzione. Solo nel corso dell’ultimo quarto del V secolo a. C. si hanno tracce di frequentazione che preludono ad una ripresa dell’attività edilizia nel corso del IV secolo a. C. nell’area dell’altare monumentale e nella terrazza sud, dove grandi ambienti, con orientamento lievemente divergente rispetto a quello del presunto sacello, occupano una superficie molto estesa. La ripetizione del graffito su più vasi induce a ritenere che le due lettere possano essere interpretate come l’iniziale del nome della divinità venerata nel santuario.15 Un’identica iscrizione è presente su un frammento trovato a Morgantina negli strati più antichi del naiskos della Farmhouse Hill, ed è stata letta come l’iniziale del nome di Herakles, al cui culto rimanderebbe anche la decorazione architettonica della fase più tarda del naiskos.16 Altri graffiti identici rinvenuti a Cuma sono stati interpretati piuttosto come la forma abbreviata del nome Hera17 e a Gela, accanto ad esemplari con le due lettere iniziali del nome, sono attestati graffiti in cui compare per intero il nome di Hera.18 Ad Hera quindi potrebbero essere attribuite le iscrizioni presenti nel santuario di Leontini. Una possibile conferma che anche a Leontini le due lettere rappresentino l’inizio del nome della dea particolarmente cara agli Eubei,19 viene da un’altra iscrizione mutila rinvenuta nel santuario, “.RHS MN....N”, graffita sulla parte posteriore di una sima (Fig. 6), che si può forse sciogliere HRHS MNHMEION. Ricostruite nelle linee essenziali le vicende del santuario, in attesa che nuove indagini ne chiariscano l’estensione e l’articolazione interna, si pone il problema di individuare a quale divinità era dedicato il santuario, che per la sua posizione e la monumentalità delle sue strutture doveva occupare un posto di rilievo nel Pantheon dei Leontini. Tra i materiali rinvenuti nello strato di distruzione del santuario nei primi decenni del V secolo a.C., sono alcuni frammenti di vasi, due coppe ioniche tipo B2, una pateretta e un’olpetta, in cui si ripete lo stesso graffito formato da due lettere, il segno di aspirata (h e t chiuso) seguito da un’epsilon con tratti obliqui (Fig. 5). Il ductus ancora arcaico si accorda con la datazione della ceramica, tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a. C. A f rodite, v. PE LAGATT I, in B d A, 1972, p. 215 sg.; per l’ a ttribuzione ad Hera, v. N. VALENZA MELE, Hera ed Apollo nella colonizzazione euboica d’occidente, in M E F R A, 89, 1977, p. 504 sgg. Vi sono quindi fondati elementi per ritenere che il grande santuario extraurbano di Scala Portazza fosse un Heraion. Che a Leontini i coloni calcidesi, sin dai primi momenti della loro presenza sui colli già abitati dai Siculi, dedicassero un santuario ad Hera in prossimità della città non può certamente destare sorpresa. Il culto di Hera era fortemente radicato nell’isola di Eubea, che veniva indicata dalla tradizione come il luogo in cui la dea aveva trascorso la sua infanzia prima di diventare la sposa di Zeus; il nome stesso del- 15 Per altri esempi di abbreviazioni per troncamento di nomi di divinità, vedi M. GUARDUCCI, Epigrafia greca, I, Roma 1967, p. 398 sgg. 16 J. F. KENFIELD, An East Greek Master Coroplast at Late Archaic Mo r g a n t i n a, in Hesperia, LIX, 1990, p. 270 sg. 17 GUARDUCCI, Epigrafia greca cit., p. 399. 18 P. ORLANDINI, Due graffiti vascolari relativi al culto di Hera a Gela, in RendLinc, XI, 1954, pp. 454-457. 19 Sulle fonti che collegano Hera all’Eubea, dove secondo alcune testimonianze la dea avrebbe trascorso la sua fanciullezza, v. VALENZA MELE, Hera ed Apollo cit., p. 493 sg. 144 Massimo Frasca Fig. 5. - Frammenti di vasi con coppia di lettere graffite. Fig. 6. - Iscrizione graffita sulla parte posteriore di una sima. l’isola è posto in relazione con i buoi, animali considerati sacri ad Hera.20 Ma, al di là dell’importanza rivestita dalla dea nella madrepatria, i lavori di N. Valenza Mele e di F. De Polignac21 hanno efficacemente chiarito il ruolo di Hera nella fondazione delle colonie euboiche, al punto da farla considerare “la véritable archégète des fon dation eubéennes”.22 La localizzazione stessa del santuario di Scala Portazza appare pienamente conforme alle caratteristiche dei santuari dedicati alla grande dea. L’ubicazione dei santuari di Hera era solitamente «presso il luogo di sbarco dei coloni e presso la foce dei fiumi» che, come ha messo in evidenza C. Parisi Presicce, «non erano solo il sito più favorevole per la realizzazione delle strutture portuali della città, ma anche il punto di partenza e di arrivo della abituale direttrice espansionistica verso l’interno».23 La posizione del santuario di Scala Portazza sembra rispondere a tali prerogative. Esso si trova, infatti, su un declivio nelle immediate vicinanze del fiume Lisso-S.Eligio, proveniente insieme al suo affluente Carrunchio dalle due valli che fiancheggiano i colli sede della città greca, subito prima della sua confluenza con il fiume Reina-San Leonardo (l’antico Terias), che costituiva la via fluviale che permetteva il collegamento tra la colonia e il mare.24 Nei pressi di 20 Vedi in proposito i riferimenti in M.-P. LOICQBERGER, M. RENARD, Sur les traces d’Héra-Junon en Occident, in APARCAI. Studi in onore di P. E. Arias, Pisa 1982, pp. 97-103 e in C. PARISI PRESICCE, L’importanza di Hera nelle spedizioni coloniali e nell’insediamento primiti vo delle colonie greche, in ArchCl, XXXVII, 1985, p. 59. 21 VALENZA MELE, Hera ed Apollo cit., p. 503; F. DE POLIGNAC, Héra, le navire et la demeure: offrandes, divinité et société en Grèce archaïque, in Héra. Images, Espaces, cultes (Coll. CJB, 15), Naples 1997, pp. 113-122; ID., Navigations et fondations: Héra et les Eubèens de l’Egèe à l’Occident, in Euboica. L’Eubea e la presenza euboica in Cal cidica e in Occidente, a cura di M. Bats e B. D’Agostino, Napoli 1998, pp. 23-29. 22 DE POLIGNAC, Héra, le navire cit., p. 119. 23 PARISI PRESICCE, L’importanza di Hera cit., p. 63. Il fiume era navigabile in età medievale, cfr. Edrisi, in M. AMARI, Biblioteca Arabo-sicula, Torino 1880, p. 72; per la navigabilità del fiume fino alle porte di Lentini ancora nell’800, vedi il contributo di M. CAFFI, Il porto fluvia le di Lentini, in Leontini, il mare, il fiume, la città cit. pp. 71-77. Per una ricostruzione del percorso dei fiumi di Leontini nell’abitato moderno, vedi F. VALENTI, Note pre liminari sulla topografia di Lentini dalla conquista romana all’Età Tardo Antica, in SicA, XXXII, 1999, p. 169 sg. 24 Hera a Leontini questo luogo, inoltre, convergevano le principali vie terrestri che conducevano a Nord (in direzione Armicci-Valsavoia-Bonvicino), verso il fiume Simeto e la chora di Catane (Fig. 1, e) e verso Ovest, in direzione dei Campi Leontini, della valle del Gornalunga e dei centri indigeni dell’entroterra (Fig. 1, d,c). La posizione del santuario dei Leontini in questo luogo significativo, “jalonnant le passage entre l’espace de la cité et l’univers extérieur”,25 secondo l’efficace espressione di De Polignac, appare del tutto confacente al significato profondo del duplice aspetto della figura di Hera, delineato dal De Polignac, quale divinità del matrimonio “forme primordiale et ressort fondamental de l’èchange èquilibrè, de la règulation et de l’har monisation des relations entre deux entitès d’abord ètrangéres l’une a l’autre mais se pliant à des lois communes fondatrices d’une nouvelle communautè”,26 che al contempo presiedeva ai processi di scambio legati alla navigazione e ai processi di stabilizzazione sociale e territoriale, regolando le relazioni tra la città e il mondo esteriore.27 Il santuario di Scala Portazza veniva così a costituire per i Calcidesi di Leontini, forse nello stesso modo che per i Calcidesi di Naxos l’altare di Apollo Archeghetes, non soltanto il primo luogo fisico della città, per chi si accostava ad essa dal mondo esterno, dal mare come dall’entroterra indigeno, ma soprattutto il luogo in cui, sotto il patrocinio della divinità, si concretizzava il 25 DE POLIGNAC, Héra, le navire cit., p. 118 sgg. ID., Navigations et fondations cit., p. 28. 27 De Polignac (Navigations et fondations cit., p. 29) sottolinea che, sebbene l’Hera Euboica appaia più strettamente collegata a quella “egea” di Samo connessa al mondo della navigazione, i cui santuari sono posti in prossimità di fiumi abbordabili o di porti, sarebbe errato pensare ad una contrapposizione eccessivamente rigorosa all’Hera achea, più strettamente derivata dall’Hera argiva e perciò più legata al controllo del territorio. 26 145 primo atto dell’integrazione dell’elemento estraneo nell’ordinamento sociale della città. L’importanza rivestita dal santuario presso i coloni calcidesi che diedero vita alla città di Leontini è forse all’origine delle vicende subite da esso. Come detto precedentemente, il santuario appare essere stato radicalmente distrutto verso la fine del primo venticinquennio del V secolo a. C. È questo il momento in cui i tiranni dinomenidi attuano la loro politica ai danni delle città calcidesi, che vede la rifondazione di Catane con il nome di Aitna da parte di Ierone e il trasferimento dei cittadini calcidesi di Naxos e Catane a Leontini. Non è da escludere che rientrasse in quest’ottica politica anche un offuscamento della figura della grande dea cara ai calcidesi e la sua sostituzione con altre figure divine.28 Non è forse casuale che nelle emissioni monetali di Leontini, iniziate con l’adozione dei tipi siracusani sotto i Dinomenidi, dopo la serie con la testa del leone, simbolo parlante della città, poco prima della metà del V secolo (ca. 460 a. C.) come divinità principale della città sarà effigiato Apollo Pizio.29 28 Una sostituzione del culto di Hera con quello di Demetra ad opera di Ierone di Siracusa, ierofante delle divinità eleusine, viene ipotizzata per il santuario di Catania, di cui è nota la grande stipe di Piazza San Francesco: v. LOICQ-BERGER - RENARD, Sur les traces d’Héra cit., p. 98. Sulle funzioni del culto di Hera e di Demetra nello sviluppo della religiosità dei coloni, cfr. PARISI PRESICCE, L’ i m p o rtanza di Hera cit., p. 73: “La nuova comunità... affida sempre più a Demetra la tutela nella acquisizione di nuove terre da coltiva re... mentre Hera si specializza nella tutela degli aspetti della vita e dell’attività femminile, nell’ambito sia della vita coniugale sia della procreazione e dell’ a l l e vamento degli infanti”. 29 Sulla monetazione di Leontini nel corso del V secolo a. C., v. C. BOEHRINGER, Zur Münzgeschichte von Leontinoi in klassischer Zeit, in Studies in Greek Numismatics in Memory of Martin Jessop Price (R. Ashton - S. Hurter edd.), London 1998, pp. 43-53.