Raffaello
Uno dei maggiori geni della storia dell’arte. Nasca ad Urbino e a soli 11 diventa responsabile della bottega paterna, per via della morte di quest’ultimo. Approfondisce lo studio dei pittori marchigiani, umbri e toscani – in particolar modo Perugino e Pinturicchio.
Il suo modello principale, in età giovanile, fu Perugino: ne studiò le composizioni, la resa psicologica dei personaggi, la visione ideale ed armonica.
Col passare del tempo, oltre a rendere sempre più aggraziate e dolci le composizioni dei maestri, Raffaello si rese conto di non essere più attratto dalle tradizionali forme spaziali.
Si stabilì a Firenze nel 1594 e venne attratto dallo stile di Leonardo, nel quale trova un’energia mai vista prima. Il maestro, infatti, si accosta ai temi religiosi con inventiva e personalità, oltre che con una notevole sensibilità nei confronti della luce. Al contempo, Raffaello guarda anche alla pittura di Michelangelo. Qua a Firenze, dove rimarrà per 4 anni, decide di dedicarsi esclusivamente alla propria crescita professionale – nonostante fosse già abbastanza affermato in ambito artistico – arricchendo enormemente il proprio linguaggio.
Un artista che ebbe moltissima importanza nel percorso artistico di Raffaello fu Baccio della Porta, o Fra Bartolomeo. Il suo stile è caratterizzato da equilibrio ed armonia, i movimenti sono naturali e si fondono con il paesaggio arioso. Supera gli schemi rigidi della maniera quattrocentesca nella sua Visione di San Bernardo di Chiaravalle. Raffaello tuttavia se ne distaccherà, per seguire maggiormente le orme di Michelangelo.
Negli ultimi anni toscani si cimenta con le rappresentazioni drammatiche – come le battagli di Leonardo e Michelangelo.
A Roma lavorò per papa Giulio II, in particolare si dedicò alla decorazione delle Stanze Vaticane. Qui, grazie al genio, riuscì anche a diventare urbanista ed architetto, oltre che responsabile della fabbrica di San Pietro.
Da papa Leone X, umanista aristocratica della famiglia Medici, gli venne affidato il compito di sovraintendere agli scavi archeologici della capitale e tutore delle antichità romane. Questo fu una svolta per la storia dell’arte: per la prima volta un papa si preoccupava di mantenere le opere antiche invece che usare come nuovo materiale.
Sposalizio della Vergine
Fra le prime opere dipinte da Raffaello, quando si trovava ancora in Umbria.
Mostra di essersi perfettamente appropriato del lessico di Perugino, creando delle figure nobili e soavi. Le fisionomie dei volti, infatti, ripetono perfettamente i tipi del maestro nella gestualità ordinata e pacata.
Anche in questa composizione, così come in quella del Perugino, troviamo il motivo del giovane pretendente deluso che spessa il rametto.
MODELLI: la precisa scenografia, prende spunto da Piero della Francesca.
Rispetto a Perugino possiamo notare una maggiore naturalezza; i protagonisti appaiono meglio inseriti e più connessi al fondale. I personaggi, rispetto a quelli di Perugino, sono anche in scala maggiore.
Al contrario di Perugino, i personaggi si dispongono seguendo una sorta di linea concava (come possiamo notare nella disposizione dei piedi). Anche il tempio, non è sullo sfondo, ma al centro di ampio spazio circolare, che si conclude con le colline in lontananza. È proprio questo spazio a determinare la profondità della scena.
Al contrario degli austeri personaggi di Perugino, quelli di Raffaello appaiono percorsi da un ritmo vitale: la testa del sacerdote, ad esempio, è inclinate e questo ne rende meglio la naturalezza della posa e la spontaneità del gesto.
Il tempietto a 16 lati sullo sfondo, oltre ad essere un grande esempio di maestria prospettica, tradisce anche la conoscenza e lo studio del Tempietto di San Pietro in Montorio a Roma, opera del Bramante.
Sogno di Scipione o del cavaliere
Eseguito nei primi ani del 1500; si ispira al contenuto moraleggiante del De Repubblica: un cavaliere deve scegliere fra Venere e Minerva, o l’amore o la sapienza.
Ritratto di Agnolo Doni e della moglie Maddalena Strozzi
Commissionato da un ricco mercante fiorentino.
MODELLI: si rifà ai ritratti di Perugino (in particolare il Ritratto di Francesco delle Opere) nella tipologia a mezzo busto su sfondo ampio e con paesaggio sereno. Guarda anche alla Gioconda ed ai modelli Leonardeschi, specialmente per quanto riguarda la fusione fra personaggio e paesaggio.
Le figure sono a mezzo busto, lievemente di tre quarti, e dominano incontrastate lo spazio secondo un notevole equilibrio fra primo e secondo piano.
L’immagine femminile ha una espressione molto ben caratterizzata e alcuni lievi difetti nel viso: tutto ciò ci dimostra la grande vene ritrattistica di Raffaello.
Sacra famiglia Canigiani (Sacra famiglia con Santi Elisabetta e San Giovannino)
MODELLI: è evidente l’attento studio del cartone con la Sant’Anna di Leonardo nei ritmi morbidi, nella composizione e nell’interazione psicologica e di sguardi fra i personaggi. I volti ed il moto esprimono perfettamente l’interiorità dei protagonisti.
Madonna del cardellino e La bella Giardiniera (Madonna con Bambino e San Giovannino)
MODELLI: in questo caso sembra ispirarsi alla monumentalità del Tondo Doni di Michelangelo (fermezza dei volumi, plasticità). Resta comunque la volontà di perseguire la naturalezza e armonia leonardesche.
Madonna Tempi
I teneri personaggi sono sintetizzati in una precisa composizione geometrica, la quale però crea un’idea di assoluta naturalezza e concretezza umana.
È il punto di arrivo delle ricerche su Michelangelo e Leonardo.
Madonna del baldacchino
Unica pala d’altare da lui dipinta per Firenze.
Rompe la staticità della composizione simmetrica (tipica della pittura quattrocentesca), la rende naturale grazie alle pose rilassate e alla gestualità espressiva ma, soprattutto, rende la scena monumentale attraverso la creazione di uno scenario architettonico grandioso (baldacchino) e attraverso la resa della profondità dei personaggi.
Questo capolavoro venne lasciato incompiuto dall’artista e terminato solo nel 700, ossia quando venne aggiunta la volta cassettonata sopra la Madonna.
Diverrà un vero e proprio modello per le future pale d’altare fiorentine.
Trasporto di Cristo
Dipinto per una ricca famiglia perugina.
MODELLI: il dinamismo della composizione deriva certamente dalla pittura di Michelangelo, così come la forte espressività da quella di Leonardo. Possiamo vedere anche un richiamo di arte classica, per quanto riguarda il pathos: il terzo personaggio che sorregge cristo sulla sinistra ricorda, nell’espressione, il Laocoonte (ritrovato in quegli anni). Riprende, inoltre, nella donna accovacciata che sta per accogliere la Madonna svenuta, la torsione del copro presente nella Vergine del Tondo Doni.
Ormai Raffaello è pienamente drammatico, lontano dalla pacatezza delle Madonne fiorentine.
Madonna di Foligno
Lo stesso equilibrio fra composizione studiata e naturalezza dei gesti lo troviamo anche in questa pala d’altare.
Notiamo un certo patetismo nella figura di San Francesco, con gli occhi rivolti verso il cielo e una mano rivolta verso l’esterno, e nel San Giovanni Battista che con schiettezza si rivolge allo spettatore indicandogli la Madonna con il Bambino.
Il bellissimo paesaggio centrale è sicuramente influenzato dalla pittura veneziana, per i timbri cromatici e l’attenzione ai fenomeni naturali (forse presi da Sebastiano del Piombo).
Stanza della Segnatura
Prima stanza, delle Stanze Vaticana, alla biblioteca papale.
Il tema era quello delle 4 facoltà universitarie medievali: teologia, giurisprudenza, filosofia e poesia. Nella volta si trovavano le personificazioni di queste, sottoforma di allegorie, mentre sulle pareti erano rappresentati i maggiori esponenti di ciascuna materia.
Riprende nelle figure la monumentalità della sua precedente Madonna del baldacchino. Conferisce, a ogni personaggio ed anche all’insieme, una perfetta armonia: segno della conciliazione e della complementarità delle materie del Sommo Bene.
Questa stanza divenne la massima celebrazione dei papi e della loro conciliazione fra cultura classica e cultura cristiana.
Nelle scene con la Disputa del Sacramento e la Scuola di Atene, si confrontano teologia cristiana e filosofia classica. In entrambe la grandezza le verità dei contenuti si manifestano nella grandiosità e nel rigore della composizione.
In tutte e due le scene l’impostazione è centralizzata e simmetrica
Nella Disputa del Sacramento il centro focale prospettico si trova nell’ostia consacrata
Nella Scuola di Atene il centro focale prospettico si trova nelle figure dei due massimi filosofi classici, Platone e Aristotele (il primo indica il cielo – idealismo – mentre il secondo indica la terra – realismo).
Nella Disputa del Sacramento, l’asse centrale raduna in alto anche le figure del Padre, del Figlio, della Vergine e di San Giovanni. Si trova al centro anche lo Spirito Santo, i cui raggi creano un legame fra la Trinità ed il simbolo Eucaristico. La scena è divisa da tre emicicli sovrapposti, in questi si trova una folla di personaggi terresti e divini tutti riuniti nella celebrazione.
Nella Scuola di Atene, una gigantesca navata scoperchiata crea una suggestione architettura caratterizzata da volte una dietro l’altra. Tutti i sapienti sono disposti con una incredibile naturalezza di pose e di gesti.
Madonna Sistina
Evidente la volontà di coinvolgere direttamente lo spettatore grazie allo sguardo diretto della Madonna e del Bambino, il gesto del vescovo e degli ammiccanti angioletti in primo piano.
Il tono soprannaturale dell’immagine è accentuato dal forte vento che scompiglia la veste di Maria, intenta a camminare su una nuvola, e dalla totale assenza di paesaggio. Notevole anche il panneggio verde che si apre agli angoli, proprio come un sipario.
Trionfo di Galatea
Affrescato nella villa della Farnesina, opera di Peruzzi. Si rifà a dipinto classico perduto.
Raffaello mostra di aver compreso perfettamente il soggetto sensuale del mito classico e anche di aver rivalutato la rappresentazione di forme terrene: ciò è ben visibile nelle forme tornite, delicate e giocose della donna immersa nello scenario marino.
Stanza di Eliodoro
Seconda stanza delle stanze vaticane. Le sconfitte militari di Giulio II e l’incertezza politica del papato inducono alla scelta di temi che riflettano l’appoggio divino alla Chiesa. Questa sala era usata per le udienze.
Raffaello abbandona la chiarezza della Stanza della Segnatura per affrontare soggetti storici con forte drammaticità – accentuata dai contrasti chiaroscurali.
MODELLI: questo cambio di rotta deriva anche dall’osservazione degli affreschi michelangioleschi della Sistina; le forme sono infatti più dinamiche.
Nella scena con la Cacciata di Eliodoro viene resa la profondità dello spazio attraverso lo sfondamento della cupa navata; la prospettiva centrale attira lo spettatore nella scena. La scena si sviluppa in due parti precise: quella di sinistra, dove i personaggi osservano l’azione, e quella di destra con i messi divini che atterrano Eliodoro. Il dinamismo ed il pathos sono altissimi.
Nella scena con la Liberazione di San Pietro dal carcere la luce è tratta in modo molto suggestivo. Vi sono anche diversi tipi di luce, tutti protagonisti: la luce lunare, la luce delle fiaccole riflesse nelle armature, lo splendore dell’angelo, le tenebre della cella. La composizione è libera – non sono più necessari schemi geometrici.
MODELLI: per questa scena sembra ispirarsi, nel cielo nuvoloso, a Tiziano e Giorgione.
Nella scena con la Messa di Bolsena il registro è drammatico: il miracolo dell’ostia sanguinante avviene di fronte ad un prete che dubitava dell’Eucarestia. Il papa inginocchiati e gli altri personaggi sottolineano l’incredibile vena ritrattistica di Raffaello.
Stanza dell’incendio
Terza stanza delle Stanza Vaticane, destinata ai banchetti cerimoniali. I soggetti qui, mirano a rafforzare l’idea di papa Leone X come quella di pacificatore.
La scena con l’Incendio di Borgo raffigura l’intervento prodigioso di Leone IV che grazie alla benedizione spegne l’incendio nel quartiere romano. La scena è rappresentata seguendo momenti cronologici differenti: in secondo piano vediamo il pontefice intento ad impartire la benedizione, entro una loggia; in primo paino si svolge l’incendio, come possiamo intuire dalla disperazione delle donne e dalla figura del giovane con il padre sulle spalle, che ricorda la figura di Enea.
La composizione architettonica, con la fila di colonne in primo piano e San Pietro in secondo, è disorganica e poco tridimensionale. Ricorda molto le quinte di un teatro: si tratta di un effetto voluto. L’obiettivo di Raffaello, ormai, è quello di accentuare al massimo l’espressività e la drammaticità della scena anche andando a discapito della composizione organica.
Villa Madama
Lo straordinario edificio rimase incompiuto; era ispirato alle antiche ville classiche (terme, teatro, ippodromo…).
STRUTTURA: la pinta avrebbe dovuto essere quadrata e con un cortile circolare al centro; ogni lato doveva presentare una fronte diversa, seguendo un preciso gioco di asimmetrie.
DECORAZIONE: l’interno è decorato con una decorazione a grottesche, opera di Giulio Romano e Giovanni da Udine.
Trasfigurazione
Rimasta incompiuta per via della morte dell’artista, in competizione con la pala d’altare che in quegli stesi anni (anni Venti del 500) stava dipingendo Giorgione.
L’impegno che Raffaello pone in questa opera è dimostrato dal fatto che non vi sono interventi da parte degli allievi, come spesso avveniva per le commissioni in età avanzata.
La scena p divisa in due momenti: in cima si trova Cristo lievitante, con introno Mosè ed Elia, alla presenza di San Pietro, Giovanni e Giacomo. Al di sotto, invece, troviamo rappresentata la guarigione dell’ossesso; la scena avviene in mezzo ad una folla di personaggi, caratterizzati in modo magistrale dal punto di vista dell’espressività e gestualità.
La doppia narrazione è necessaria per sottolineare il rapporto fra Cielo e Terra, Spirito e Materia ed è, allo stesso tempo una trasgressione rispetto alla tradizione.