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Lo sviluppo della cultura delle differenze

2017, RELAZIONE SULLA CONDIZIONE DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA IN ITALIA 2012-2015

La presente edizione della Relazione periodica sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza sviluppa i temi al centro dell'attenzione dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e del Piano nazionale d'azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva.

RELAZIONE SULLA CONDIZIONE DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA IN ITALIA 2012-2015 Temi e prospettive dai lavori dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza Presidenza del consiglio dei ministri Dipartimento per le politiche della famiglia Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza Istituto degli Innocenti di Firenze RELAZIONE SULLA CONDIZIONE DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA IN ITALIA 2012-2015 Temi e prospettive dai lavori dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza La presente edizione della Relazione periodica sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza sviluppa i temi al centro dell’attenzione dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e del Piano nazionale d’azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva. Membri dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza Pasquale Andria, Lorella Baggiani, Laura Baldassarre, Valter Baruzzi, Serena Battilomo, Antonietta Bellisari, Giovanna Boda, Mario Borgioni, Maria Burani Procaccini, Giampietro Chiamenti (invitato permanente), Maria Luisa Chiofalo, Adriana Ciampa, Stefania Congia, Giovanni Corsello, Pasquale D'Andrea, Gianfranco De Lorenzo, Tancredi Di Iullo, Francesca Elia, Luisella Fanni, Carla Garlatti, Rita Gelmini, Lidia Giannotti, Marco Griffini, Giacomo Guerrera, Maria Guidotti, Anna Lucchelli, Giuseppe Magno, Alessandra Maggi, Maria Pia Mannino, Liviana Marelli, Angelo Mari, Valter Martini, Dario Merlino, Paola Milani, Silvana Mordeglia, Elisabetta Musi, Francesco Nardocci, Gianni Nuti, Maria Assunta Paci, Anna Maria Palmieri, Samantha Palombo, Gino Passarini, Maria Grazia Pellerino, Rossella Petrali, Daniela Piscitelli, Salvatore Poidomani, Emanuele Rampelli, Linda Laura Sabbadini, Raffaele Salinari (invitato permanente), Arianna Saulini, Paola Scarsi, Ermenegilda Siniscalchi, Silvia Stefanovichj, Maria Teresa Tagliaventi, Raffaele Tangorra, Samantha Tedesco, Luisa Tiberio, Mario Tonini (invitato permanente), Alfrida Tonizzo, Pierpaolo Triani, Maurizio Valiante, Maria Rita Venturini, Valentina Verduni. Hanno curato il rapporto Cristina Berliri, Erika Bernacchi, Donata Bianchi, Cristina Calvanelli, Adriana Ciampa, Ermenegildo Ciccotti, Aldo Fortunati, Cristina Gabbiani, Paola Milani, Enrico Moretti, Joseph Moyersoen, Tessa Onida, Maurizio Parente, Anna Passannanti, Mariagrazia Pellerino,Valentina Rossi, Marco Rossi-Doria, Arianna Saulini, Ermenegilda Siniscalchi, Federico Zullo Referente attività Centro nazionale di documentazione per l’infanzia e l’adolescenza Donata Bianchi Attività di supporto alla stesura della Relazione Maria Bortolotto Selezione dei dati statistici Enrico Moretti, Ermenegildo Ciccotti Coordinamento editoriale Antonella Schena Realizzazione editoriale Paola Senesi Pubblicato online nel mese di ottobre 2017 Istituto degli Innocenti di Firenze SOMMARIO PREMESSA .......................................................................................................................... 3 Capitolo 1 .............................................................................................................................. 7 Uno sguardo d’insieme sull’infanzia e l’adolescenza in Italia .............................................. 7 1. Un Paese povero di bambine e bambini ........................................................................ 7 2. Relazioni familiari in evoluzione e in crisi .................................................................. 12 3. Povertà e esclusione sociale dei bambini e delle famiglie........................................... 17 4. Bambine e bambini di cittadinanza straniera ............................................................... 23 5. La rete dei servizi socio educativi per la prima infanzia ............................................. 26 6. Le risorse per l’infanzia e l’adolescenza ..................................................................... 27 Capitolo 2 ............................................................................................................................ 35 La povertà dei bambini e delle famiglie, le misure di contrasto all’esclusione sociale ...... 35 1. Le misure e gli interventi in campo ............................................................................. 35 2. Il IV Piano nazionale infanzia ..................................................................................... 41 3. Le risorse per il Piano nazionale di contrasto alla povertà .......................................... 45 APPROFONDIMENTI ....................................................................................................... 47 La via dell'inclusione per tutti i bambini e ragazzi: contrastare povertà e povertà educativa .......................................................................................................................... 49 Ristorazione scolastica: opportunità educativa e strumento di coesione e inclusione sociale .............................................................................................................................. 60 Capitolo 3 ............................................................................................................................ 65 Il sistema dei servizi educativi all’infanzia in italia ............................................................ 65 1. Il quadro europeo ......................................................................................................... 65 2. Il quadro italiano.......................................................................................................... 66 APPROFONDIMENTI ....................................................................................................... 75 Il coordinatore di sistema come agente promotore della qualità dei servizi educativi per l’infanzia .......................................................................................................................... 77 Lo sviluppo della cultura del valore delle differenze ...................................................... 84 Il sistema dei servizi alla luce della legge 107/2015 ....................................................... 93 Capitolo 4 ............................................................................................................................ 97 Bambini e ragazzi nei processi di integrazione e di inclusione sociale: la situazione italiana tra normativa, aspetti sociologici e psicopedagogici ........................................................... 97 1. L’inclusione nella scuola ............................................................................................. 99 2. L’integrazione/inclusione sociale dei minorenni e delle famiglie rom, sinti e caminanti ....................................................................................................................................... 111 3. I minori non accompagnati ........................................................................................ 116 4. L’inclusione delle persone di minore età entrate nel circuito penale ........................ 121 APPROFONDIMENTI ..................................................................................................... 125 I minori stranieri non accompagnati, richiedenti e non richiedenti protezione internazionale ................................................................................................................ 127 Giustizia riparativa e diritto minorile ............................................................................ 137 L’inclusione dei minorenni italiani e stranieri con disabilità e Bes .............................. 148 Capitolo 5 .......................................................................................................................... 155 Sostegno alla genitorialità e sistema dell’accoglienza ...................................................... 155 1. Premessa .................................................................................................................... 155 2. 2012-2015: uno sguardo internazionale, europeo e nazionale .................................. 159 3. Questioni emergenti e linee strategiche .................................................................... 164 APPROFONDIMENTI ..................................................................................................... 173 Genitorialità: un concetto in transizione ....................................................................... 175 Dall’accoglienza all’autonomia: sfide attuali e del futuro ............................................ 193 2 Approfondimenti Lo sviluppo della cultura del valore delle differenze 1 Introduzione Promozione del valore delle differenze, uguaglianza di genere, pari opportunità, promozione della parità: sono i termini più utilizzati negli interventi educativi volti a promuovere i diritti delle donne, di gruppi sociali e minoranze storicamente discriminate, tra cui minoranze e gruppi etnici diversi da quelli maggioritari, persone con disabilità, gruppi LGBT 2. Uguaglianza e parità da un lato, rispetto e sviluppo della cultura delle differenze dall’altro possono sembrare obiettivi diversi. Sarà quindi utile innanzitutto fare chiarezza rispetto all’utilizzo dei termini in questione. Con il termine uguaglianza si fa generalmente riferimento all’universo dei valori (dell’eguale valore e dignità di ogni persona) che si traduce in ambito giuridico nell’eguaglianza di diritti sancita nelle costituzioni e nelle convenzioni internazionali sui diritti umani che proibiscono la discriminazione razziale, etnica, sulla base del sesso, dell’orientamento sessuale, o della disabilità. Con il termine “differenza” o “differenze” ci si riferisce invece a un universo descrittivo che riconosce nella società la presenza di gruppi diversi accomunati da alcune caratteristiche come ad esempio il sesso, l’orientamento sessuale, l’elemento etnico, la disabilità e così via che per ragioni storiche o sociali sono state discriminate e hanno interesse a portare avanti le proprie specifiche istanze sia dal punto di vista giuridico, che sociale e culturale. In ambito didattico la promozione del valore delle differenze è particolarmente importante dove il sistema dell’istruzione è chiamato a rappresentare la pluralità delle rappresentazioni culturali e non solo veicolare quelle della maggioranza della popolazione. Tale specifica attenzione alla cultura del valore delle differenze è presente nel IV Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva adottato il 31 agosto 2016. In particolare, nell’ambito della sezione riguardante i servizi socio educativi per la prima infanzia e qualità del sistema scolastico viene previsto il seguente Obiettivo: “Sviluppare la cultura del valore delle differenze - Contrastare stereotipi e discriminazioni basate sulle diversità di genere, cultura, abilità e orientamento sessuale”. Il Piano d’azione declina quindi l’attenzione alle differenze rispetto ad alcuni degli assi di discriminazione più rilevanti nelle società contemporanee chiedendo alle scuole di progettare assieme alle famiglie specifiche azioni sul tema. Il Piano dedica inoltre un’attenzione particolare al tema delle differenze di genere sostenendo l’importanza di una formazione degli insegnanti su questa tematica. Anche nell’ambito della legge 13 luglio 2015, n. 107, Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti – cosiddetta “riforma della buona scuola” – un’attenzione specifica viene dedicata al tema delle differenze sia relativamente alla promozione della parità di genere che in ottica interculturale. Rispetto al primo tema la legge prevede che: «Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei princìpi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni» anche con riferimento alla legge 119/2013 sul contrasto alla violenza di genere, cosiddetta legge sul femminicidio. Per quanto riguarda il secondo tema la legge di riforma indica tra gli obiettivi formativi prioritari che le istituzioni scolastiche sono chiamate a implementare lo “sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica attraverso la valorizzazione dell’educazione interculturale e alla pace, il rispetto delle differenze e il dialogo tra le culture, il sostegno dell’assunzione di responsabilità nonché della solidarietà e della cura dei beni comuni e della consapevolezza dei diritti e dei doveri”. 1 A cura di Erika Bernacchi. Sigla che sta per “lesbiche, gay, bisessuale e transessuale”. A volte si utilizza anche l’acronimo LGBTQI aggiungendo il riferimento alle categorie di intersessuale e queer. 2 84 Approfondimenti Sul tema della prevenzione della violenza di genere una chiara indicazione viene anche dalla normativa europea e nazionale in materia. A livello europeo l’Italia ha recentemente ratificato la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica che contiene anche misure educative di prevenzione, come pure, a livello nazionale la già citata legge 119/2013. È proprio per dare attuazione alla legge che nel 2015 è stato adottato il Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere che contiene, tra le altre, iniziative di prevenzione culturale della violenza sessuale e di genere, soprattutto sul fronte dell’educazione e del recupero. Educazione alle differenze di genere: i motivi di una necessità Il presente contributo si concentrerà in particolare sul tema delle differenze di genere sia per motivi di brevità che per la rilevanza assunta dalla tematica nel periodo attuale. A questo proposito non è un caso che la riforma della buona scuola leghi gli interventi sull’educazione alla parità tra i sessi e alla prevenzione della violenza di genere che anche recentemente ha registrato la presenza di alti tassi in Italia. Ad esempio nell’anno 2013 l’Eures ha registrato 179 femminicidi 3, il numero più alto finora registrato in Italia. Secondo l’indagine Eures, in 7 casi su 10, i femminicidi sono stati commessi nel contesto familiare, un dato che è rimasto costante nel periodo tra il 2000 e il 2013 (70,5%). Inoltre nella maggior parte dei casi, i femminicidi sembrano essere la conseguenza della decisione della donna di lasciare il proprio partner. Per questo motivo un’educazione alla parità di genere, al rispetto dell’autonomia individuale in ambito educativo fin dalla giovane età risulta fondamentale. Anche dall’indagine Istat del 2015 emergono dati significativi rispetto alla violenza sulle donne; Istat ha stimato che il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale durante la propria vita e, anche secondo questa indagine, sono i partner o ex partner a commettere le più gravi forme di violenza (il 62,7% di stupri sono commessi da un partner attuale o ex partner). Se la prevenzione della violenza di genere rappresenta il motivo più pressante rispetto alla necessità di lavorare alla parità di genere, in senso più ampio questa risponde alla possibilità di dare a ciascuno e ciascuna la possibilità di esprimere appieno le proprie potenzialità andando oltre i condizionamenti sociali e culturali che vogliono uomini e donne confinati in ruoli prestabiliti. Per dirla con le parole di Elena Gianini Belotti: «L’operazione da compiere, che ci riguarda tutti ma soprattutto le donne perché a esse è affidata l’educazione dei bambini, non è quella di tentare di formare le bambine a immagine e somiglianza dei maschi, ma di restituire a ogni individuo che nasce la possibilità di svilupparsi nel modo che gli è più congeniale, indipendentemente dal sesso cui appartiene». (Gianini Belotti, 1973, p. 8). Nonostante il lungo cammino per la parità di genere in Italia abbia segnato tappe fondamentali che hanno assicurato l’eguaglianza giuridica di uomini e donne, oltre a una serie di misure per incoraggiare l’eguaglianza de facto, i cambiamenti culturali richiedono sempre tempi lunghi e sono spesso soggetti ad arretramenti. Inoltre, è proprio in ambito educativo che, nonostante gli enormi passi avanti fatti dalle studentesse che hanno raggiunto livelli di successo scolastico superiori a quelli maschili, si assiste spesso alla riproposizione di modelli di genere stereotipati. Come suggerisce Biemmi (2009), siamo davanti a un paradosso per cui a una scuola con studentesse che raggiungono ottimi risultati e un corpo insegnante prevalentemente femminile non ha corrisposto una rivisitazione del sapere in un’ottica di genere e la scuola ha troppo spesso teso a riprodurre modelli educativi di genere di carattere “tradizionale”. Questo è evidente ad esempio nelle immagini presenti nei testi scolastici della scuola primaria, come evidenziato nella ricerca svolta da Biemmi (2010), dalla quale emerge che, mentre le donne vengono rappresentate a svolgere un totale di sole 15 professioni, gli uomini sono ritratti nello svolgimento di ben 50 3 Con il termine femminicidio non si intende connotare solo il sesso della persona ucciso, ma il movente che ha portato all’uccisione, vale a dire i casi di omicidio doloso o preterintenzionale in cui una donna viene uccisa da un uomo per motivi basati sul genere. 85 Approfondimenti mestieri diversi. Le donne sono inoltre spesso rappresentate nel loro ruolo di madri e mogli, e quando svolgono un mestiere vengono spesso criticate in quanto questo va a incidere negativamente sul loro ruolo materno. Gli uomini sono invece ancora ampiamente i detentori dello spazio pubblico, secondo modelli di maschilità e femminilità non soltanto rigidi, ma soprattutto anacronistici in quanto non rispecchiano l’odierna realtà, come sarebbe invece compito dei libri di testo. Differenze di genere: alcune precisazioni teoriche e terminologiche I modelli di genere maschile e femminile si formano molto presto, già all’età di 3-4 anni. Due grandi scuole di pensiero hanno tentato di dare una spiegazione a questo dato: la prospettiva naturalista o essenzialista e quella culturale o costruttivista (Ruspini, 2009). Secondo la prima, le differenze di comportamento tra uomini e donne sono il risultato di differenze di carattere “naturale”, vale a dire genetiche e ormonali, mentre nella seconda prospettiva, queste stesse differenze sono ampiamente il frutto di comportamenti appresi, vale a dire sono di natura culturale. È questa seconda prospettiva che sta alla base di quelli che si definiscono studi di genere e degli interventi educativi che intendono promuovere la parità di genere, anche se all’interno di questa prospettiva esiste una grande pluralità di teorie e filoni di pensiero. A questo proposito appare utile innanzitutto fare qualche precisazione sul termine “genere” dato il dibattito che questo ha suscitato dando luogo talora a posizioni fondate su una scorretta comprensione dello stesso. Il termine “genere” (traduzione dell’inglese “gender”) è stato introdotto da Rubin nel 1975 in opposizione al termine “sesso”. Mentre il termine “sesso” sta a indicare le differenze biologiche dell’essere femmina o maschio (o intersessuale), il termine “genere” indica quegli attributi, comportamenti e opportunità associate all’essere uomo o donna, alle relazioni tra uomini e donne e tra bambini e bambine. In questa prospettiva, tali attributi, comportamenti e opportunità emergono come costruzioni sociali che vengono apprese durante i processi di socializzazione. Variano quindi nel tempo e nello spazio in base alla società di appartenenza. A sua volta è necessario distinguere i ruoli di genere dall’identità di genere. I ruoli di genere, infatti, fanno riferimento a comportamenti e caratteristiche che in una determinata società si attribuiscono comunemente agli uomini e alle donne definendo quello che si considera appropriato per ognuno/a. Con identità di genere si intende invece la percezione di sé, precoce e profonda, in quanto uomo o donna, che se nella maggioranza della popolazione corrisponde al sesso biologico, per le persone transessuali di un determinato sesso biologico (es. maschio) corrisponde a un sentimento di appartenenza all’altro genere (es. donna). Ancora diverso è l’orientamento sessuale che designa l’attrazione affettivo/sessuale verso persone dello stesso sesso, del sesso opposto o di entrambe. Secondo Rubin la società patriarcale usa alcuni elementi riguardanti la biologia maschile e femminile (cromosomi, anatomia, ormoni, capacità riproduttive) come base per costruire identità di genere maschili e femminili che conducono all’oppressione delle donne. È quindi l’eliminazione della discriminazione di genere l’obiettivo principale degli interventi educativi volti a promuovere le differenze di genere. Al tempo stesso, se tradizionalmente la società patriarcale viene vista come fortemente oppressiva per le donne e le bambine, studi più recenti – ad esempio il filone dei men’s studies – hanno evidenziato come anche gli uomini e i bambini siano limitati nelle loro potenzialità da questo tipo di società. Ciò che è importante rilevare infatti è che il risultato del sistema sesso/genere è la creazione di un sistema binario e gerarchico che prevede caratteristiche e relativi comportamenti antitetici per uomini e donne. Se tradizionalmente le donne sono considerate sensibili, accudenti, empatiche, passive, associate alla natura e all’ambito privato, gli uomini sono forti, indipendenti, competitivi, attivi, associati alla scienza e alla sfera pubblica. Tale sistema binario ha come conseguenza di limitare fortemente le potenzialità e aspirazioni personali di donne e uomini quando non vanno nella stessa direzione dei percorsi prestabiliti. Inoltre, l’attuale sistema socio-economico penalizza 86 Approfondimenti in modo particolare le donne che tradizionalmente scelgono percorsi formativi e professionali ai quali viene dato minore valore sia in termini sociali che economici. Inoltre questi modelli caratteriali e comportamentali rigidamente divisi per genere sono alla base degli stereotipi legati al genere che possono essere ulteriormente suddivisi in stereotipi sessuali e sessisti. Gli stereotipi sessuali si basano sul sesso biologico delle persone per spiegare i comportamenti, i tratti di personalità, le competenze ma, anche, i differenti ruoli di uomini e di donne nella società, in altri termini rinviano a un’immagine ideale (Le ragazze sono sensibili e emotive). Gli stereotipi sessisti sono invece la parte più potente e violenta degli stereotipi sessuali. Generalmente veicolano una concezione negativa delle donne o hanno un intento discriminatorio (es. Gli uomini sono superiori alle donne). Se il ruolo negativo degli stereotipi sessisti è evidente, gli stereotipi sui ruoli genere possono essere ugualmente pericolosi in quanto forzano le persone a riconoscersi in modelli ideali e per questo difficilmente raggiungibili e portano alla discriminazione di coloro che non si conformano a tali modelli. Come ricorda Michela Marzano (2015), il problema non è il corpo, non sono le innegabili differenze biologiche, ma i ruoli di genere che definiscono socialmente cosa è appropriato per un uomo e per una donna. Se tutto fosse già scritto nel DNA, ricorda l’autrice, non ci sarebbe bisogno di mettere in atto precisi dispositivi culturali, sociali ed educativi per indirizzare uomini e donne verso precisi comportamenti. Già nel 1949 scriveva in proposito Simone de Beauvoir: Donna non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l’aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell’uomo; è l’insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna. Interessante in proposito la posizione espressa da Elena Gianini Belotti (1973) nel suo famoso Dalla parte delle bambine a proposito dei ruoli di genere e predisposizione naturale: «Può darsi che la biologia c’entri, ma non potremo saperlo se non quando i condizionamenti secondo il sesso saranno scomparsi». Un’ulteriore prova del genere come costruzione sociale ci viene dalla storia e dall’antropologia che testimoniano dell’immensa varietà delle consuetudini di genere presenti nel tempo e nello spazio, dalle società matricentriche ancora presenti attraverso i continenti a quelle più rigidamente patriarcali (Campani, 2015). Studi di genere: una prospettiva plurale Nell’ambito degli studi di genere sono molte e diverse le teorie che riflettono sul rapporto tra sesso e genere e sulle basi del sistema patriarcale ed eteronormativo. Tra queste possiamo possiamo distinguere almeno i seguenti filoni. ‒ La prima ondata: il femminismo dell’uguaglianza ‒ La seconda ondata: il femminismo della differenza ‒ Femminismo postcoloniale e afro-americano ‒ Femminismo della terza ondata e teorie queer ‒ Femminismo dell’etica della cura ‒ Men’s studies (studi sulla mascolinità) Se il femminismo della prima ondata si concentra su una prospettiva emancipazionista fondata sulla richiesta di un’eguaglianza giuridica prima formale e poi anche de facto senza però mettere in discussione la costruzione del mondo in un’ottica maschile – chiedendo quindi alle donne di conformarsi in qualche modo a sistemi sociali, giuridici ed economici costruiti dagli uomini –, la prospettiva del femminismo della differenza pone una sfida più dirompente rivendicando per le donne la possibilità di costruire un ordine simbolico diverso. Tra le prime autrici che rivendicano un’uguaglianza di diritti, a partire da Mary Wollstoncraft, prevale l’idea di mostrare come la donna possa essere quanto l’uomo un essere umano razionale e morale autonomo, sulla base delle idee illuministe, e su questa base degna di essere titolari di diritti. Ciò è facilmente 87 Approfondimenti comprensibile sulla base del fatto che tradizionalmente le donne erano state escluse dalla sfera pubblica sulla base della convinzione che non fossero abbastanza razionali e le loro azioni fossero dettate dall’emotività e per questo inaffidabili. Il femminismo della seconda ondata rivendica al contrario, a partire dagli anni Settanta, proprio la differenza sessuale, non tanto in termini di caratteristiche femminili ma di distinta esperienza femminile del mondo. Si parte dall’idea che tradizionalmente la donna è sempre vista e valutata in relazione all’uomo, andando a rappresentare l’Altro per eccellenza. Al contrario, per le autrici e i movimenti femministi che si affermano dagli anni Settanta in poi prima negli Stati Uniti, e poi in Europa, la femminilità deve essere reinterpretata come un modo di essere che è indipendente dalla mascolinità – né derivativa, né dipendente. Nascono così le esperienze dell’autocoscienza e del separatismo che mirano a dare spazio a un’esperienza al femminile distinta in diversi settori dalla scrittura – come sostenuto dall’autrice francese Cixous – alla filosofia e la psicoanalisi – (Irigaray, Kristeva, Muraro), fino ad arrivare alla sessualità (Lonzi) e alla religione (Daly). Centrale nel femminismo della differenza è anche una diversa considerazione della maternità e dei diritti sessuali e riproduttivi. Le teorie del femminismo della differenza sono state tuttavia oggetto di critica in quanto potenzialmente tornano a veicolare un’idea essenzialista della donna attorno a una serie di qualità presunte femminili che le femministe liberali cercavano di smantellare: emotive, creative, amanti della pace, amorevoli, premurose, non-materialiste. Inoltre il concetto di “sorellanza globale”, portato avanti dal femminismo della differenza, vale a dire l’idea che tutte le donne sono sorelle e unite sulla base di una comune oppressione, è stata criticata dal femminismo postcoloniale e afroamericano (hooks, Brah, Mohanty, Spivak, Yuval Davis) che ha evidenziato come le differenze sulla base dell’appartenenza etnica, della classe e dell’orientamento sessuale e la loro intersezione possano andare a modificare profondamente la propria esperienza di donna, mettendo quindi in crisi l’esistenza stessa di un concetto unitario di donna. Tali autrici ricordano inoltre come le donne occidentali bianche non siano esenti dalla necessità di riconoscere le proprie responsabilità rispetto al portato della colonizzazione e della discriminazione razziale che per determinati gruppi di donne può costituire la forma di oppressione più significativa ancor prima di quella sessuale. Il femminismo postcoloniale si inserisce quindi nel solco della tradizione post-strutturalista che vede l’identità del soggetto come divisa, molteplice e mutevole e che si fonda su una critica al concetto illuminista di individuo come soggetto libero e autonomo. È in questa prospettiva che si sviluppa quello che è stato definito il femminismo della terza ondata che rispetto alle grandi battaglie dei movimenti degli anni ’70 predilige il ricorso a micro-politiche e all’uso di Internet e di blog per portare avanti le proprie istanze che si caratterizzano in ogni caso per una grande pluralità interna. In questo ambito si collocano anche le teorie queer, termine inglese originariamente utilizzato in maniera dispregiativa per indicare tutte le forme di sessualità (non solo l’omosessualità) considerate “devianti” rispetto alle norme eterossessuali, successivamente utilizzato per andare a designare un campo di studi che si interroga su questi temi e sui diritti alla non discriminazione dei gruppi LGBT. Accanto a questi filoni che si collocano nell’ambito post-moderno convivono riflessioni e teorie che per certi versi ricordano alcuni temi del femminismo della seconda ondata, come ad esempio il femminismo dell’etica della cura (Gilligan, Kittay). Le esponenti di questo filone ritengono che le donne siano a livello mondiale e trans-istorico coloro che si occupano della cura e sostengono la necessità di una rivalutazione del lavoro e delle capacità di cura delle donne. Esse richiedono inoltre politiche basate sull’idea che tutte le persone svolgano una giusta parte di lavoro di cura in modo che tutti possano vivere delle vite degne. Infine, negli ultimi anni si sono sviluppati gli studi sulla maschilità o men’s studies che propongono un’analisi critica dei concetti di uomo, mascolinità e relazioni di genere e dei meccanismi sociali e culturali che permettono la costruzione della maschilità. Anche in Italia tali studi hanno conosciuto un recente sviluppo (Bellassai, 2004; Ciccone, 2009; Deriu, 2004) assieme alla costituzione di alcune associazioni di uomini che si interrogano sul rapporto tra mascolinità, violenza, potere e patriarcato 4. 4 Si veda in proposito l’esperienza dell’associazione Maschile plurale (http://www.maschileplurale.it/) 88 Approfondimenti In conclusione il campo degli studi di genere emerge come particolarmente variegato e si contraddistingue per la presenza di teorie diverse, talora in aperta contraddizione le une con le altre e quindi lontane dall’idea che possa esistere un’ideologia gender. Differenze di genere: gli interventi in ambito educativo Negli ultimi anni, e già a partire dagli anni Ottanta-Novanta, molti progetti sono stati finanziati in Italia – al fine di promuovere la parità di genere, la non discriminazione e l’eliminazione della violenza – sia da parte di organismi centrali quali il Miur e Dipartimento pari opportunità, che da parte di organismi regionali e locali e associazioni. Ad esempio, all’ultimo convegno realizzato dalla rete nazionale Educare alle differenze hanno aderito circa 250 associazioni a dimostrazione di quanto questi tipi di progetti siano ampiamente sviluppati anche a livello locale 5. A livello nazionale un importante progetto da ricordare è il progetto Po.li.te (Pari opportunità nei libri di testo) finanziato nell’ambito del Quarto programma di azioni comunitaria a medio termine per le pari opportunità 1996-2000 che aveva come scopo quello di promuovere una cultura delle pari opportunità nei libri di testo. Il progetto ha dato luogo a un codice di regolamentazione e due vademecum contenenti importanti contributi sull’insegnamento di diverse materie in ottica di genere 6. Il progetto Po.li.te ha rappresentato un fondamentale passaggio nella promozione di un’educazione alla parità di genere in quanto va alla radice del problema in ambito educativo, vale a dire si propone una revisione dei curriculum e delle modalità di insegnamento che tradizionalmente hanno invece rappresentato il veicolo di trasmissione degli stereotipi di genere. Attualmente è in discussione una ripresa del progetto Po.li.te dalla quale si attendono quindi nuovi importanti sviluppi nell’ambito dell’autoregolamentazione dei libri di testo. Inoltre varie altre iniziative sono state realizzate o promosse a livello nazionale, tra cui campagne sulla violenza contro le donne, anche attraverso attività teatrali e percorsi musicali, attività formative rivolte al personale scolastico, concorsi rivolti agli studenti e alle studentesse e progetti pilota sviluppati a livello locale7. Su questo tema i progetti più innovativi sono quelli che hanno teso a coinvolgere in modo specifico la popolazione maschile, sia di adulti che di ragazzi, come ad esempio la web serie #cosedauomini 8 promossa dal Dipartimento per le pari opportunità e la campagna Il fiocco bianco9. Quest’ultima preveda la formazione di studenti maschi sulla violenza contro le donne al fine di divenire essi stessi mentori nei confronti dei propri compagni di scuola. Tra le nuove forme di violenza, molti sono i progetti che dedicano un’attenzione particolare al tema del bullismo e cyberbullismo che, come rilevato dalla recente indagine Istat del 2014, coinvolge in maniera frequente il 20% di studenti e studentesse dagli 11 ai 17 anni, cifra che sale al 50% se si considerano ragazzi e ragazze che hanno subito sporadicamente atti di bullismo. 5 http://www.scosse.org/educare-alle-differenze-3-bologna-24-25-settembre-2016/ Il primo vademecum contiene una serie di indicazioni circa le differenze di genere negli studi su apprendimento e sviluppo (a cura di Anna Maria Ajello); sul principio di uguaglianza nella storia della filosofia nell’ambito dei manuali scolastici (a cura di Adriana Cavarero) e una serie di riflessioni sul rapporto tra la lingua e l’identità di genere (a cura di Cecilia Robustelli). Il secondo vademecum affronta il tema del maschile, sia visto nella sua accezione di onnipresenza nella storia che rispetto ai i condizionamenti e stereotipi esercitati sul genere maschile (a cura di Sandro Bellassai); la decostruzione del diritto da parte della critica femminista(a cura di Tamar Pitch); l’insegnamento della disciplina economica in un’ottica attenta alle differenze di genere (a cura di Lia Migale e Maria Indelicato), le differenze di genere nell’orientamento dei ragazzi/ragazze sia dal punto di vista scolastico e professionale, sia da quello esistenziale (a cura di Gigliola Bozzi Tarizzo e Barbara Mapelli); l’introduzione di una prospettiva di genere nei testi di storia(a cura di Maura Palazzi) e nella lingua francese (a cura di Valeria Pompejano). 7 Per un approfondimento sui progetti di promozione delle pari opportunità si veda il sito del Miur “Noi siamo pari” (www.noisiamopari.it). 8 La web serie è visualizzabile all’indirizzo: http://www.cosedauomini.eu/ 9 Per maggiori informazioni si veda il sito web: http://www.fioccobianco.it/index.html 6 89 Approfondimenti Per quanto riguarda in senso più ampio i progetti di promozione della parità di genere, troviamo varie tipologie di interventi da quelli che intendono promuovere in generale la non discriminazione a quelli che si focalizzano su obiettivi specifici, quali ad esempio la decostruzione degli stereotipi e la decodifica delle immagini sessiste. Tra questi troviamo ad esempio, il progetto europeo realizzato dall’associazione Du coté des filles che ha portato alla creazione della Guida degli stereotipi sessisti negli albi. Quante donne puoi diventare? Particolarmente istruttivo è l’esperimento condotto con gruppi di bambini e bambine tra i 7 e i 10 anni (per un totale di 109 bambini e 95 bambine) attraverso la somministrazione di immagini apparentemente non connotate per genere. Si è scelto di mostrare a bambini e bambine le immagini di un orso ritratto in diverse occupazioni o con diversi tipi di abbigliamento chiedendo ad alunni e alunne se l’immagine corrispondeva a quella di un uomo o di una donna. Ad esempio quando l’orso indossa un grembiule è per la stragrande maggioranza dei ragazzi una mamma in quanto «i maschi non mettono il grembiule, perché il grembiule è da femmine» o «i papà non cucinano. Se fosse il papà andrebbe a comprare una pizza!». Quando invece l’orso è seduto a leggere il giornale è riconosciuto come maschio da un numero ancora maggiore di bambini in quanto «la mamma non ha il tempo di leggere. Deve fare i lavori…». Altri progetti si concentrano sull’analisi e la decostruzione degli stereotipi veicolati dai mass media e dalle pubblicità da cui emergono nuovamente stereotipi sessisti particolarmente forti, nonostante le attività svolte dall’Istituto di autodisciplina pubblicitaria. Nelle pubblicità infatti la donna è di frequente oggetto di sessualizzazione e oggettivazione attraverso l’utilizzo frequente di rappresentazioni del corpo femminile, a volte mostrato solo in alcune sue parti, che rimandano alla passività e alla disponibilità sessuale e, nei casi più gravi, che sono stati talora censurati, sono un rimando esplicito alla violenza. In altri casi la donna è invece ritratta come “angelo del focolare” ed è interessante notare come in alcuni casi questa supposta “predisposizione” ai lavori domestici venga tramandata alle figlie. Al contrario non sono rare le pubblicità che mostrano gli uomini come incapaci nella realizzazione di lavori domestici e nell’accudimento dei bambini. In questo ambito un progetto che ha avuto ampia diffusione a livello nazionale è il programma di formazione ai media creato da Lorella Zanardo e rivolto sia a studenti e studentesse che a formatori a partire dal suo documentario-denuncia Il corpo delle donne nel quale l’autrice ha mostrato la vastità di immagini e programmi violenti e denigratori dell’immagine femminile presenti nella televisione italiana 10. La relazione tra la diffusione di immagini discriminatorie e lesive della donna sui media con il livello di parità e sensibilità di genere nella società è stata di recente messa in luce anche nel rapporto del Parlamento europeo Women and girls as subjects of media’s attention and advertisement campaigns: the situation in Europe: best practices and legislations. Una posizione simile era già stata espressa nella risoluzione del Parlamento europeo sull’impatto del marketing e della pubblicità sulla parità tra donne e uomini (2008) e in quella sull’eliminazione degli stereotipi di genere nell’Unione Europea (2013), secondo le quali la pubblicità offensiva rappresenta un ostacolo per la creazione di una società moderna e paritaria. Esistono poi una serie di progetti che si concentrano sulla promozione di quelle aree di attività in cui donne e uomini sono sotto-rappresentati, ad esempio la promozione delle STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) per le ragazze e l’area della cura per i ragazzi. Esistono infatti numerosi studi che mostrano non solo uno squilibro nella presenza di ragazzi e ragazze 11 in queste aree del sapere e professionali, ma anche un bias inconscio degli insegnanti che tendono a scoraggiare o valutare in maniera peggiore le prestazioni delle ragazze nell’area delle STEM (Euridyce, 2010; European Parliament, 2015). In questo ambito il Miur ha avviato una serie 10 Per un approfondimento si veda: http://www.ilcorpodelledonne.net/nuovi-occhi-per-latvformazione/ 11 In Italia la percentuale delle studentesse che indirizzano il proprio percorso formativo verso le discipline STEM è pari al 38% ed è comunque più alta rispetto ad altri Paesi europei. 90 Approfondimenti di iniziative nel quadro della strategia di attuazione del comma 16 della legge 107/2015 tra cui il mese delle STEM 12. Parallelamente altri progetti si focalizzano sul lavoro di cura sia al fine di rendere visibile il contributo non pagato che tradizionalmente le donne hanno apportato in questo ambito sia per incentivare un’assunzione maschile di responsabilità in questo settore che per incoraggiare i ragazzi che vogliono intraprendere professioni nell’ambito dei servizi educativi (in particolare per la prima infanzia dove gli uomini presenti sono un’esigua minoranza) e di cura. Altri progetti si soffermano sulle differenze di genere in relazione ad altre categorie, quali l’appartenenza etnica e culturale, affrontando il tema di come cambino le caratteristiche e gli attributi sociali richiesti a uomini e donne in diverse società. Si pensi ad esempio a quanto sono differenti i codici di abbigliamento e di comportamento richiesti alle donne a seconda del contesto sociale e religioso di appartenenza e a quanto questo possa dare adito ad atteggiamenti fondati sul razzismo oltre che sul sessismo. Un esempio emblematico, a questo proposito, è quello delle donne musulmane velate che nel discorso dominante sono considerate l’incarnazione di valori antitetici a quelli occidentali. In questo ambito, associazioni interculturali, in particolare quelle femminili, hanno realizzato interventi educativi nelle scuole volti a mostrare come forme diverse di discriminazione e violenza operate sulle donne e sul loro corpo presenti in varie società si rispecchino le une con le altre. Un esempio sono le attività educative realizzate da associazioni interculturali di donne, come Almateatro, che mettono a confronto la condizione della donna in Italia con quella di altri contesti culturali. Ad esempio, nello spettacolo Chi è l’ultima Almateatro propone una riflessione sulle mutilazioni genitali femminili, presenti soprattutto in alcuni Paesi africani e nella popolazione emigrata, e la chirurgia estetica vaginale che si realizza in alcuni Paesi occidentali. Oppure nello spettacolo Chador e altri foulard dove il velo islamico diviene il punto di partenza per una riflessione sul diverso modo di esteriorizzare il corpo delle donne in società differenti. Infine, un’ulteriore tipologia di interventi si concentra sul tema collegato, anche se diverso, della promozione della non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale. Il legame con il concetto di genere esiste in quanto una caratteristica fondamentale delle società patriarcali è quella che Rich ha definito “l’eterosessualità obbligatoria”. Chi esce da questo canone viene quindi stigmatizzato e discriminato per non essere “abbastanza uomo” o “abbastanza donna”. Questo vale in modo particolare per i ragazzi maschi per i quali il distanziarsi dall’omosessualità è considerato elemento fondante dalla propria maschilità, come insegnano i men’s studies (Connell, 2006). Questo spiega, ad esempio, perché una serie di termini denigratori che designano l’essere omosessuale maschio vengono utilizzati come offese comuni. A questo proposito, una serie di ricerche recenti hanno messo in luce quanto il bullismo omofobico sia diffuso anche in Italia. Ad esempio, una ricerca di Prati (2010) su un campione di 3.600 studenti delle scuole secondarie del Centro-Nord Italia afferma che circa l’80% degli studenti ha sentito utilizzare termini volgari omofobici per offendere i coetanei e che oltre il 40% ha assistito ad atti di bullismo nei confronti di persone che non mostrano le caratteristiche di genere tradizionali. Un’altra ricerca di Mauceri (2015) condotta su un campione totale di 920 studenti in 10 scuole romane ha identificato proprio nell’adesione acritica alla norma eterosessista della cultura dominante la causa principale del pregiudizio omofobico in quanto porta i ragazzi a considerare l’omosessualità come innaturale, e quindi da stigmatizzare. Conclusioni In conclusione, gli interventi educativi volti a promuovere il valore delle differenze e la parità di genere rispondono innanzitutto all’esigenza di vivere liberi dalla violenza e di ridare a ognuno e ognuna la possibilità di perseguire le proprie aspirazioni e talenti liberi da pregiudizi e stereotipi. Inoltre, questi interventi intendono promuovere una riflessione sulle maggiori forme di 12 Si veda in proposito il comunicato http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/ministero/cs040316 91 del Miur accessibile su Approfondimenti discriminazioni a cui sono soggette donne e bambine in Italia e in diversi contesti socio-culturali, prima fra tutte la violenza di genere, come pure sui condizionamenti e sulle restrizioni a cui sono soggetti i ragazzi. Per questo accanto a progetti che si propongono in generale di affrontare il tema delle differenze di genere, altri si concentrano sulla promozione di aree di studio e professioni non tipiche sulla base del genere, come ad esempio l’area delle STEM per le ragazze e le professioni di cura per i ragazzi. Altri progetti propongono metodologie per imparare a codificare le immagini sessiste e violente, presenti sia nei testi scolastici che nei media e in misura sempre maggiore nei social media. Un’ulteriore tipologia di interventi si focalizza sulla non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, che emerge come un’altra area da affrontare con urgenza a causa del bullismo omofobico. Infine, oltre a specifici progetti e interventi rivolti sia agli studenti che al personale docente, la sfida che emerge forse come più rilevante è la revisione dei curricula scolastici stessi sia al fine di evitare la presenza di immagini e rappresentazioni stereotipate e discriminanti dei ruoli dei sessi sia al fine di includere i contributi storici, filosofici, letterari e di altre discipline apportate nel corso dei secoli dalle donne, non sufficientemente rappresentate nei percorsi scolastici classici. A questo fine la ripresa del progetto Po.li.te appare come particolarmente rilevante. Gli women’s studies sono nati propri sulla base dell’esigenza di dare visibilità al contributo femminile e al punto di vista delle donne nella storia e ambiscono quindi a una revisione della conoscenza nel suo complesso. Del resto questa stessa operazione è altrettanto urgente nell’ambito della promozione del valore delle differenze in altre aree, ad esempio in ottica interculturale. 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